I Massive
Ecosystems : Imagine [1971]
Imagine all the people Sharing all the world
Raw concept
21 settembre 2006 Ultima revisione
29 gennaio 2010
Massive Ecosystems Fondamentalmente, il modo in cui si guarda alle singole applicazioni tende a porre al centro sempre l’obiettivo di allargare l’area di quanti possono condividere la sedimentazione di conoscenza, attraverso strumenti in grado di aggregare competenze anche latenti, e restituire ipotesi strutturate su argomenti topici. Intese quali rizoma, ecosistemi di conoscenza, tracciati come altrettante espressioni di intelligenza rizomatica. Nello specifico SSN aiuta le persone a cercarsi e ritrovarsi. Assume cioè un approccio incardinato alle risorse immateriali e finalizzato alla valorizzazione del patrimonio umano, quale asset fondamentale di strategie fondate sullo scambio di conoscenze: intese in quanto know how e quale sedimentazione di esperienze personali da aprire alla condivisione. Non il generico chiacchiericcio ma l'esatto opposto: ambienti aperti per competenze tracciate, per aiutarsi o sapere che ci sono persone in grado di aiutarti. Ovvero per fornire analisi e soluzioni puntuali a questioni volta a volta differenti. A partire da quanto testimonia chi ci è passato. Una forma di knowledge management in cui l'informazione divenga essa stessa valore relazionale, da scambiare e condividere. Vediamo come. Giuseppe Nenna
Social Social Network - CTV A cosa ed a chi serve strutturare nuovi modelli di servizio welfare to knowledge, a partire da dinamiche di knowledge management applicate agli ambienti di social networking, per la promozione ed a supporto della cultura della gratuità Una premessa
Cambia il modo in cui le informazioni sono distribuite, cambia l’ampiezza e la densità della conoscenza diffusa, effetto della scolarizzazione di massa e dell’innalzamento medio delle competenze acquisite; sembra non cambiare l’approccio organizzativo al mutato contesto da governare. In più sovviene un tentativo d’interpretazione di come i processi di condivisione sedimentano le esperienze, accostando l’evoluzione degli ecosistemi di conoscenza ai processi sì antropologici, ma ancor meglio e di più ai sistemi viventi. Cioè intelligenza rizomatica [o distributed cognition] che è combinazione di talenti innati e pressione dell’ambiente, come alveo evolutivo di un individuo e - contemporaneamente - pressione ed espressione dei sistemi viventi in cui cresce o decade [entropizza]. Creatura all’interno di un biosistema, esso stesso organismo vivente: noosfera, l’avrebbe definito il paleontologo gesuita Pierre Teilhard de Chardin. Se pertanto l’informazione, quindi la conoscenza, si distribuiscono secondo leggi biologiche, anche le organizzazioni possono e debbono assumere questo elemento per evolvere come sistemi complessi dotati di propria singolarità. Come già accade in fieri in quegli ambienti che definiamo di social networking. È la medesima direzione assunta dall’architettura dei sistemi informativi in forma di cloud computing [grandi collettori di memoria che sono gestiti da risorse distribuite e facilmente condivisibili]. I, Come agevoliamo questa transizione organizzativa, allo scopo di valorizzare il patrimonio umano che ivi agisce? II, Come permettiamo ad un individuo di cedere e ricevere esperienza e conoscenza, a servizio dell’evoluzione del sistema in cui agisce?
Come, cioè, utilizziamo le tensioni e le ostilità tra individui per ricondurle a negoziati ed infine alla collaborazione, sotto forma di un’unità più vasta [è il processo evolutivo di base di tutta le forme-vita del nostro pianeta, secondo Elisabeth Sahtouris, biologa evolutiva, ripresa anche dal rapporto Censis « Dall'adattamento all'exaptation » http://www.censis.it/277/280/305/6828/6832/cover.ASP]. È il più recente approccio applicato ai sistemi economici che emerge, negli Stati Uniti, ben prima del default finanziario, dalle ricerche condotte da Elinor Ostrom, Nobel per l’economia 2009: “Per la sua analisi della governance economica, in particolare dei beni collettivi”. Il mondo non ci è indifferente, ciascuno di noi non è indifferente al mondo.
concept designer | a.u.p.t. Innovation carrier 12 ottobre 2009
I
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I Massive Ecosystems : Imagine II IV Fossé temporel : abitare il tempo V VII Una via al Welfare to knowledge VII XI Social Social Network - CTV XI XII Un Canale Tematico per il Volontariato XIII XIV Sintesi CTV : FAQ XV Human Innovation Carrier
Abitare il tempo
Nella sua saggia meditazione su come abitare il tempo, Joël de Rosnay distingue non solo due ma ben tre tipi di tempo: lungo, corto e largo. Descrive il tempo «corto» come quello del brivido, incluso lo zapping, il surfing, le sequenze brevi, i clip, per non parlare degli spot e degli slogan elettorali forniti dalla nostra dose quotidiana di media. De Rosnay introduce anche il concetto di fossé temporel, ovvero il gap creato dall'accelerazione delle economie avanzate, come potenziale pericolo per quelle che, invece, rimangono indietro. Questo gap temporale si aggiunge al ben pubblicizzato gap tra chi ha e chi non ha, a causa dell'effetto vorticoso della concentrazione di così tanta energia in così poche e così ristrette aree del pianeta. Questo effetto ciclotronico sta continuamente svuotando le regioni impoverite del mondo dei loro talenti locali, energie e risorse che vengono inevitabilmente attratte verso i centri del potere e della ricchezza. In un altro suo saggio De Rosnay ci dà questo giusto monito sul prestare attenzione alle profonde implicazioni delle differenze temporali nelle velocità culturali: «La più grande sfida del futuro non sarà di carattere tecnico, ma sociale. La grande scelta che il genere umano sta affrontando è quella di rallentare il cieco volo dei pochi privilegiati e di organizzare la nostra società e il nostro pianeta per il benessere di tutti gli uomini e le donne. Le scelte formative di domani non riguarderanno un’eventuale sincronizzazione dei diversi tempi secondo gli standard dettati da un’elite, ma l ’armonizzazione di quei tempi. La condivisione, la solidarietà e l’armonizzazione dei tempi col rispetto delle differenze saranno le nuove regole, le nuove modalità di un’umanità simbiotica» [Joël de Rosnay, La conquista del tempo. Società e democrazia nell’era della rete, Editori Riuniti | 2003 ISBN 88-359-5330-8]. Come esplicitato da Joël de Rosnay il tema abbozzato in questa rassegna può essere dedotto dalla descrizione sintetica: Come modificare l’ambiente organizzativo tradizionale allo scopo di valorizzare il patrimonio umano endogeno, a partire da dinamiche di knowledge management applicate ai processi di social networking.
Per quanto complicato sia, soprattutto al Sud, impostare politiche che avvicinino un futuro più civile a tempi più consoni [ma il discorso vale per l’Italia più in generale], introdurre innovazioni feriali che incidano sulla qualità della vita delle persone normali, e quindi sulla qualità del consenso che
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quelle persone sono disposte a riconoscere all’azione di governo, non può che far leva su due elementi normalmente ricacciati nelle retrovie delle cose utili, dalle pseudo-elite territoriali [quelli che decidono per tutti, per intenderci]: A, B,
l’inversione delle priorità a favore degli asset immateriali la valorizzazione del patrimonio umano endogeno, ad ineludibile corollario.
Scrivo di patrimonio umano endogeno perché il tema non è semplicisticamente “meritocratico” o, peggio, “tecnocratico”. È invece conseguenza di un’azione coordinata che punta a far emergere le attitudini per, sistemicamente, porle a disposizione della cittadinanza. Non c’è merito nel talento. C’è capacità di far emergere l’attitudine, il talento, per migliorare l’ambiente sociale in cui agisce, e con esso la qualità delle relazioni umane che ivi si instaurano consuetudinariamente. In questa chiave le leve necessarie a dispiegare tali scelte sono riconducibili ad alcuni fattori mai presi in considerazione dai policy maker, se non per evidenziare, tragicamente, solo dati quantitativi che quasi mai hanno reale incidenza sui processi sociali: I, articolare nuove politiche significa predisporre nuovi strumenti II, quegli strumenti incideranno fortemente sugli ambienti organizzativi,
sul sistema delle relazioni, senza sostituirsi sic et simpliciter al modello gerarchico-funzionale prelavalente, affermandosi invece per condivisione III, il tema centrale è come valorizzo i processi di conoscenza facendoli diventare base sostanziale dei processi decisionali e delle implicazioni organizzative ordinarie, senza imporre dall’alto modelli rigettati dal senso comune o dalle consuetudini agite nella pratica quotidiana. L’affermarsi di tecnologie open source e servizi free e dei relativi modelli di consumo [wiki, social, mobile] rende paradossalmente più semplice l’adattamento degli ambienti organizzativi alla nuova realtà. Semplicemente perché ciascuno, i più, certamente i più giovani e i più scolarizzati [ovvero la schiacciante maggioranza della popolazione compressa, talvolta complice delle regole non scritte della cooptazione] già li usa nel proprio tempo libero o nell’organizzare le proprie dinamiche personali. Più spesso è la governance dei processi l’anello debole: il policy maker non sa dove mettere le mani e non studia le soluzioni più appropriate ad acquisirne i vantaggi, incamerandone il consenso che non sa o non riesce a misurare, lontano dagli schemi tradizionali. Anche perché non è in grado di ascoltare, attraverso l’interazione, la domanda selezionata e qualificata che i nuovi assetti organizzativi e le nuove dinamiche relazionali, degerarchizzate ma non casuali, lasciano affiorare. E pertanto nemmeno è in grado di spendere in termini di comunicazione politica tali acquisizioni. Semplicemente perché trascura il vero motore di tale approccio, che è una cosa vecchissima come il passaparola, che però transita per una miriade di diversi canali totalmente indipendenti, spesso abitati da piccole comunità.
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Da questo punto di vista, la campagna di Obama ed anche il suo approccio da Presidente - pur in un contesto in cui la tecnologia è ben più di un asset tra i tanti, costituendo l’epicentro dei processi d’innovazione che negli USA agiscono - sono una vera e propria scuola di come l’interazione sociale mediata, semplificata dalla tecnologia, abbia ricadute concrete e feriali nella motivazione delle persone, che è stata la chiave di successo del proprio messaggio politico. Da outsider prima, da candidato poi, ed oggi da inquilino della Casa Bianca. Ed alla base dell’enorme, inedita mobilitazione che lo supporta anche in termini di composizione dell’agenda politica: quali priorità, ma soprattutto per quali set di scelte entro cui definire la decisione politica, imprimendo direzione alla governance. In obbedienza, da «ob audire», saper ascoltare, porsi nella condizione dell’ascolto. E con responsabilità, mettendoci la faccia. Come
Proporrò alcuni schemi d’intervento. Fondamentalmente, il modo in cui si guarda alle singole applicazioni tende a porre al centro sempre l’obiettivo di allargare l’area di quanti possono condividere la sedimentazione di conoscenza, attraverso strumenti in grado di aggregare competenze anche latenti, e restituire ipotesi strutturate su argomenti topici. Intesi quali distinti ecosistemi di conoscenza, tracciati come altrettante espressioni di intelligenza rizomatica. Vediamo come.
Rhizome Navigation is a framework for building graph based interactive environments and interfaces for a broad range of applications. The samples below include blogosphere visualizations, text mining, genealogy visualizations and prototypes of interfaces for graph based knowledge management.
[ http://www.metaportaldermedienpolemik.net/blog/Blog/2006-09-14/Rhizome%20Navigation ]
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Una via al Welfare to knowledge A cosa ed a chi serve strutturare nuovi modelli di servizio welfare to knowledge
Chiudiamo gli occhi. Per un momento immaginiamo un Paese, ed un sistema Paese, in linea con i criteri di Maastricht: conti a posto ed economia solida, se non florida. La crisi finanziaria mondiale alle spalle. Sarebbe meno urgente immaginare un’organizzazione dei servizi più aderente alla domanda latente? Cosa insegna la gestione dell’emergenza terremoto in Abruzzo? Quale peso hanno assunto le reti informali, canalizzate da ambienti come Facebook? Ove un tempo le strutture rigide erano - e sono state effettivamente - la risposta, oggi quelle medesime risorse costituiscono, invece, il problema. Ora riapriamo gli occhi. Il Sistema Paese è ben lontano dai parametri di Maastricht: rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3% | rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60% | tasso d'inflazione non superiore dell'1,5% rispetto a quello dei tre Paesi più virtuosi | tasso d'interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi [gli ultimi 2 erano - erano - gli unici indici rispettati, prima della deflagrazione della bolla speculativa coltivata in vitro dalla finanza tossica, quasi solo per premio riscosso in funzione della forza della Moneta Unica, nel frattempo introdotta quale divisa comune]. Ma i conti pubblici sono tutt’altro che a posto e l’economia è in pesantissima recessione. Una condizione frutto di scelte mancate, oltre che della fine del ciclo della supply side economics, figlia della curva di Laffer [altrimenti detta reaganomics, non ancora assurta a turbocapitalismo - int0rno al 2000 -, per traino dei mercati finanziari globalizzati ed iperderegolati]. Cosa c’entra tutto questo con quanto descritto, molto sinteticamente, immediatamente dopo? C’entra nel senso che tutto il sottotesto a quanto definisco welfare to knowledge è, in realtà, il tentativo di mettere a frutto ed a sistema - senza mutarne la natura - la capacità pragmatica di auto-organizzazione che la società italiana paradossalmente conserva al di sotto della sua pesante cappa di immobilità intra-generazionale. Immaginando cosa esattamente? Un ASSET IMMATERIALE a disposizione dell’auto-organizzazione delle reti sociali che integri le datate politiche [ed i connessi strumenti] di welfare, pensate sulle dinamiche delle società fordiste. Un modello che in parte già funziona, ma in base ad uno scambio di simulacri: lo Stato Italiano non riesce a finanziare a debito la propria inadeguatezza e cede un pezzo di governance, a chi si candida a sostituirne le funzioni a basso costo.
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La transizione corretta sarebbe: prendo atto che non posso sostenere la spesa storica ed integro la mia deficitaria condizione di finanza pubblica valorizzando in maniera moderna il capitale relazionale di cui il Paese, nonostante tutto, ancora abbonda: esiste il patrimonio umano, esiste un radicato senso di prossimità, esistono le tecnologie per spingere le reti a dialogare tra di loro. Ma persiste un’elevata rigidità delle strutture operative [che conservano assetti fortemente burocratici] a riorganizzarsi in funzione della domanda reale di servizio e non, semplicisticamente, di quella registrata dalle serie storiche. Le quali, ovviamente, sono in parte irrigidite dalle convenienze economiche cresciute a partire da un modello negoziale non governato. Ovvero dall’errore strutturale di partenza, commesso senz’alcuna malafede, in pura e colpevole energia inerziale. Sul punto, tra le altre, la tesi propugnata da anni da Fabio Folgheraiter [docente di Metodi e tecniche del servizio sociale presso l’Università Cattolica di Milano]: «Il modello logico di welfare che - quando lo si vede attuato con coerenza - evidenzia il maggior grado di qualità sociale è quello che va sotto il nome di welfare societario relazionale [welfare society], sottintendendo che il benessere è funzione della società intera, con un virtuoso sinergismo tra elementi istituzionali e comunitari». In questo senso intercettare le esperienze significa fluidificare anche le strutture organizzative analogiche, tradizionali, grazie alla transizione delle informazioni. Quindi della conoscenza. E pertanto di quanto riconduco al concetto di welfare to knowledge, estensione dell’ecosistema di conoscenza generato dal welfare societario relazionale. Il tema è: come organizzo questa INFRASTRUTTURA IMMATERIALE, che contiene in sé tecnologie, processi e linguaggi, in funzione dello sviluppo di un ambiente di social networking? Vale a dire: semplice da usare ma capace di accelerare i processi di conoscenza condivisa, riducendo fortemente i costi di struttura. A beneficio del dinamismo che la capacità pragmatica di autoorganizzazione della società italiana alimenta spontaneamente. A livello macro: si pensi alla Caritas Italiana. O micro: il pulviscolo di associazioni di auto-aiuto che innervano le comunità locali. Con l’occhio dell’analista economico, altrettanti mercati di nicchia. Al termine di questa necessaria introduzione siamo esattamente a questo punto. Omettendo, in questo contesto, indicazioni di tipo tecnico e di budget che emergeranno in fase di audit preoperativo. Ma a partire da un elemento paradigmatico: è la transizione delle informazioni il reale vettore dell'innovazione. Corollario: occorre popolare [dal basso] ambienti relazionali multicanale [web, mobile, sat, DTT], knowledge shared [Imagine | all the people, sharing all the world]. Che agiscano sulla riduzione delle asimmetrie informative, per rendere più utile e profonda l’informazione circuitata. Obiettivo, pertanto, è accelerare l’effetto moltiplicatore del social networking sulla: 1. autorevolezza nella transizione e ricombinazione delle informazioni 2. accuratezza delle chiavi di ricerca.
VI
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I temi sono almeno 2: I. come integro la struttura rigida della spesa sociale per migliorare l’efficacia delle infrastrutture immateriali no-cost che già agiscono nella realtà italiana [volontariato, rapporti di vicinato, passaparola, capitale sociale] II. come utilizzo questo giacimento di attitudini per migliorare la risposta istituzionale e quella dei servizi alla persona [finanziati prevalentemente dalla spesa privata], riducendo l’impatto delle strutture rigide sulla spesa pubblica [migliori prestazioni, a minor costo, a maggior controllo sociale]. Il terzo tema sarebbe riassumibile più o meno in questo modo: come, a partire da una sagace riconnessione delle RETI IMMATERIALI ed utilizzando asset tecnologici in funzione di business model mutuati dal web, è possibile valorizzare l’azione degli individui e delle organizzazioni. Limitando l’apporto di spesa pubblica - ma più qualificata e selettiva. Adottando i modelli organizzativi che supportano la multicanalità . Il mondo bancario e la stessa Poste Italiane, ad esempio, sono già orientati ai servizi VAS ed E-GOV: sarebbe possibile connettere ed integrare quelle reti, in funzione di spinta ai portafogli servizi dei conferitori privati che condividano tale approccio. Che altresì esporrebbero fini riconducibili alla Responsabilità sociale d’impresa. Migliorando per questa via percezione [DI BRAND] e coesione sociale [EFFICACIA DEI PRESIDI DI EROGAZIONE DEI SERVIZI ACCESSIBILI SUL TERRITORIO].
Keyword CONDIVIDERE relazioni umane capitale sociale dorsali di servizio social networking asset immateriale knowledge management disseminazione tecnologica crossmedialità & contenuti best practices & learning mobile culture esperienze ferialità sobrietà prossimità conflitto ascolto gratuità
Social Social Network [ un Canale Tematico per il Volontariato ] SSN - CTV intende pertanto utilizzare le diffuse soluzioni rese disponibili dall’innovazione per rafforzare le reti sociali territoriali, non in quanto sostitutive dell'azione pubblica sui LEA [livelli essenziali di assistenza], quanto a potenziamento dell'auto-organizzazione sociale, spontanea e tracciata. Cioè mappata e riconnessa in un ambiente social network. Potremmo dire, un social social network [a partire da un Canale Tematico per il Volontariato], con ovvia componente knowledge. Altresì volta a promuovere il volontariato per e dal volontariato [e/o dal Terzo Settore]. Il valore dell’autonomia del volontariato, della struttura gestionale e del modello di governance per un social social network endogeno ai volontariati sono già stati affrontati nel delineare lo schema sintetizzato. E riconosciuti coerenti alla promozione di uno strumento di crescita del movimento, da restituire alla sua propria piena rappresentanza dentro la filosofia illustrata: presso l’OSSERVATORIO NAZIONALE PER IL VOLONTARIATO, struttura consultiva del Ministero del Welfare [soggetto aderente/patrocinatore, con propria nota n° 4402|G|07 | Agosto 07].
VII
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Massive Ecosystms va letto come paradigma: è il primo strumento di interazione, orientato anche per il livello istituzionale, pensato per comunicare ascoltando. Ovvero per mappare, all’interno di un paesaggio urbano, i distinti ecosistemi di conoscenza che si muovono più o meno sottotraccia. Welfare to knowledge va letto quale variante concepita antecedentemente. Come è stato possibile rilevare già nel corso della V Conferenza Nazionale del Volontariato [Napoli, 13|15 aprile 2007], in quanto approccio di sistema all’aggiornamento delle politiche sociali, implementate da logiche di knowledge sharing, a servizio della ricostruzione delle relazioni personali. Vale a dire un ASSET IMMATERIALE a disposizione dell’auto-organizzazione delle reti sociali. Il paradigma e la variante lavorano su 5 elementi: 1. ridurre le asimmetrie informative, a parità di tempo per la decisione 2. dare valore e visibilità alle nicchie [i bisogni latenti e le relative risposte sottotraccia, promosse in forma più e meno auto-organizzata] 3. ordinare la presentazione dei risultati per reputazione 4. qualificare l’estrazione degli eventi tracciati 5. favorire le connessioni tra gli ecosistemi di conoscenza. Un impianto che incorpora logiche di information mining, reso confidenziale attraverso interfacce grafiche [o vocali, per talune categorie di utenza - anziane o diversamente abili] molto semplici da usare. Ponendo implicitamente il tema del superamento della dimensione analogica delle organizzazioni. Potremmo anzi affermare che lo schema concettuale definito come CTV, UN CANALE TEMATICO PER IL VOLONTARIATO, è integralmente immaginato in questa prospettiva. Al fine di cogliere 3 vantaggi principali [anche in condizioni emergenziali]: 1. un’organizzazione che si ridefinisce in funzione delle informazioni [contenuti] che riceve e restituisce, pertanto non burocratica e soprattutto utile alle ODV - le organizzazioni di volontariato - ed ai cittadini|utenti; 2. un’organizzazione che è in grado di costruire servizi più vicini ai bisogni di chi già agisce nel volontariato ma in grado di parlare ai cittadini|utenti, anche modificando sensibilmente il modo di attrarre nuovi volontari; 3. un’organizzazione che mette al centro della propria azione il patrimonio umano endogeno e valorizza le risorse umane, rendendo accessibili a tutti le proprie fonti di conoscenza, impegno, esperienza pratica e quotidiana. Il corollario di questa terza leva è in quella specializzazione di alcune funzioni interne alle reti istituzionali di servizio al volontariato [ad esempio i CSV, i centri di servizio al volontariato] che possono a loro volta diventare rilevante bacino occupazionale, in relazione allo sviluppo atteso nel mercato dei servizi alla persona, mediati dalle INFOTECNOLOGIE: verso i cittadini|utenti, verso l’impresa sociale e verso la pubblica amministrazione.
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Pertanto un ASSET IMMATERIALE più efficace, molto più efficace, nel declinare quanto è indicato come welfare to knowledge: ovvero come la transizione dei flussi di informazioni [contenuti] incide sulle relazioni personali al fine di riammagliarle, riavvicinarle, renderle più prossime. In particolare il CTV è pensato per accentuare la percezione di prossimità ed un forte e continuo contatto delle associazioni con ampie fasce di popolazione che vogliano o si trovino nella necessità di ridurre il gap determinato da asimmetrie informative, spesso in presenza di più o meno acute condizioni di bisogno [riducendo i tempi di decisione, ma non solo]. Il flusso delle informazioni rileva pertanto i tre attori in gioco: associazioni, volontari e persone. Non ultima, ottimizza la tempestività dell’informazione, che deve essere assicurata a prescindere dagli attori in gioco ed immediatamente. Per avvicinare ai cittadini le attività svolte dalle ODV attraverso una struttura professionale che non distolga i volontari dal proprio impegno ordinario, ma ne rafforzi la presenza e la visibilità sui territori, secondo le opportunità offerte dalla comunicazione digitale, anche in voce [allo scopo di annullare il divario digitale, ove utile]. Quanto definito tecnicamente interoperabilità cross-platform di contenuti cross-media. In sintesi, sulla linea di faglia analogico|digitale insiste una delle chiavi per ricostruire il luogo dell’arte della negoziazione degli interessi comuni [Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Roma - Bari, Laterza, 2003, pg. 118, 119]. Il mondo evolve, le tecnologie evolvono, le organizzazioni si ridefiniscono, lo spazio fisico tende ad essere assorbito [non esaurito] nello|dallo spazio virtuale. Da analogici si è irrimediabilmente OUT. Da digitali si rischia l’alienazione [OUT] ma si è ben piantati nel processo storico [IN]. Occorre dare gambe e strumenti, di facile ed immediato utilizzo, a policy che corrodano l’estraneità che inquina le relazioni personali più ordinarie. Quelle policy passano per la puntuale ed accurata transizione delle informazioni [contenuti] da mediare. Il core della proposta è esattamente in questo elemento: 1. come semplifico la raccolta dell’esperienza personale per riaggregarla in indici significativi, senza perdere in profondità dell’informazione [articolare nuove politiche significa predisporre nuovi strumenti] 2. su quali basi differenzio e combino le competenze necessarie a collaborare ad un progetto di organizzazione digitale che supporti la migliore transizione delle informazioni [contenuti], coltivando il vivaio autoriale ed aprendo gli sviluppi dello strumento a comunità creative commons o wiki, anche in ottica prosumer [contributors] 3. cosa intendo per W2CPHP [web 2.0 CROSS PLATFORM HYBRID PURPOSE] e come costruisco un modello di business originale, che aspiri - sia studiato per, ed almeno aspiri - all’autofinanziamento sostenibile delle attività connesse al funzionamento ordinario del CTV.
IX
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Analisi di scenario: OSSERVAZIONI DI CONTESTO Attenuazione delle relazioni personali Intensificazione delle relazioni liquide ed utilitaristiche Solitudini Denatalità e nuovi panorami interetnici Riduzione della copertura sociale garantita dallo stato assistenziale Dinamiche di impoverimento, invecchiamento della popolazione ed incremento della domanda di servizi alla persona Ruolo attivo nel controllo delle prestazioni rivendicato dai cittadini Domanda di rassicurazione Frammentazione dei tempi personali Limiti della riproduzione sociale, burocratizzata e - spesso - ingessata Protezione attiva dei drop out e dei minori a rischio di esclusione sociale Lenta emersione di modelli alternativi di riproduzione sociale: né burocratizzata, né pervasiva. Keyword: RESTITUZIONE Valorizzare il protagonismo personale nella condivisione delle esperienze, da restituire alla più ampia cognizione e/o inclusione, dentro schemi partecipativi non dichiarati: né rigidi, né ideologici, né costrittivi. Realizzare infrastrutture di servizio ai volontariati allo scopo di fluidificare i legami sociali spontanei, a partire dalla condivisione di informazioni ed esperienze, da profilare secondo processi dinamici e verificabili. Item 1 Interoperabilità|Accessibilità Intermediazione di informazioni puntuali ed interoperabili, acquisite mobilitando il protagonismo personale, nel perimetro di contesti comunitari che subiscono l’impatto di relazioni impoverite, liquide. Da riammagliare per adesione e non per vincoli costrittivi, innescando nuovi processi culturali. Item 2 Index Consolidare indici significativi, dinamici, in grado di rilevare l’evoluzione degli oggetti di osservazione [nel caso specifico ODV, organizzazioni di volontariato, e reti sociali]. Incrociando, sovrapponendo, mappando la georeferenziazione di domanda ad offerta di prossimità. Catturando i feedback al picco massimo di ascolto, al culmine della soglia di attenzione. Item 3 Google like Disegni complessi [non inutilmente complicati] per strumenti di aggregazione usabili, semplici, intuitivi, belli da vedere ed interagire.
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Item 4 Mobile services over IP Puntare sugli apparati mobili e la voce per limitare gli effetti del divario digitale e sterilizzare la soglia minima d’accesso alle informazioni. Secondo lo schema di aggregazione/storage SOIP [services over ip, ovvero la fornitura ad un pubblico sempre più frammentato di servizi personalizzati di nuova generazione].
Un Canale Tematico per il Volontariato - CTV CTV è un HUB che acquisisce, aggrega, customizza, comunica e distribuisce informazione. Lo fa declinando un modello organizzativo che assume l’interoperabilità cross-media e cross-platform per ridisegnare i flussi di informazione in ingresso ed in restituzione. Allo scopo di renderne universalmente disponibile l’utilizzazione sia a quanti hanno confidenza con i device digitali, sia avvicinandoli alle persone in divario digitale.
La sua articolazione prevede una linea SOIP ed una filiera CONTENT. La funzione servizi è declinata secondo l’approccio services over ip che emerge dall’evoluzione dei modelli di business nei mercati TLC. Quanto sintetizzato dall’acronimo W2CPHP [web 2.0 CROSS PLATFORM HYBRID PURPOSE], a partire da dinamiche di knowledge management applicate agli ambienti di social networking. La funzione content punta a coltivare il vivaio autoriale chiamato ad alimentare la produzione di contenuti crossmediali nativi, intervenendo sui processi di aggregazione e distribuzione degli user generated content e standardizzando le modalità di trattamento degli oggetti da distribuire su piattaforme differenziate. Ovvero operando sullo stile di narrazione ed in quello di adattamento al supporto digitale di destinazione [come da schema C5 VISUAL CONTENT MANAGEMENT, al momento non integrato]. Si tratta di uno sviluppo atteso, che implica l’affermarsi di processi di comunicazione in larga misura spontanei. Ed, in buona parte, indotti dalla velocità e dalle finalità attribuite ai processi di comunicazione innescati. Lo stile di narrazione, la cura delle inquadrature, il rispetto per le storie e le persone, la despettacolarizzazione, la disciplina tecnica e deontologica delle teche, il repertorio dei contenuti, l’organizzazione delle fonti dal territorio. Lo studio dei formati per device, l’attenzione - massima - alle interfacce grafiche, alle dinamiche d’interazione, lo studio dei testi e del mix testo|immagine|suono. Tutto questo concorre al VISUAL CONTENT MANAGEMENT
Come la forza dell’immagine, accanto, illustra con sguardo acuto e poesia. XI
MANI II di Enzo Berti 2007 - Foto 120 x 80 cm Innovation carrier s.r.l., vico Noce n. 8 - 82100 Benevento, P. IVA 01049370628 massive.ecosystems@innoware.mobi | www.innoware.mobi
Gli effetti innervati attecchiranno prevedibilmente in alcune aree sensibili: 1. aiuteranno le associazioni di volontariato a meglio giovarsi, sul piano organizzativo, delle opportunità aperte dalla mobile culture. Parimenti, l’integrazione a sistema di tali reti, immateriali, insegna quanto agiscano: A. in funzioni di coordinamento e di primo soccorso in caso di calamità, più e meno naturali [è il caso della rilevanza assunta dai sistemi satellitari e di georeferenziazione, come dalla stessa “inadatta” piattaforma Facebook, nella gestione dell’emergenza terremoto in Abruzzo]; B. nel preservare la tenuta sociale a seguito di shock esogeni, effetto di crisi proprie dei sistemi economici [quella finanziaria in corso fa caso di scuola], o in fasi di accelerato cambiamento degli equilibri, a seguito di movimenti epocali [i fenomeni migratori indotti dalla globalizzazione, ad esempio].
2. attrezzeranno una dorsale di servizio georeferenziata che, per condivisione in forma di social networking, renda visibile il lavoro associativo all’interno ed all’esterno dell’arcipelago che si muove nel mondo vasto del volontariato|dei volontariati. Allo scopo di sostenere: riproduzione di capitale sociale, potenziando le vocazioni associative; circolazione delle buone pratiche, spingendo l’emulazione positiva tra associazioni, nel disporre di esperienze in presa diretta da aggregare in librerie di contenuti e di risorse tracciate e georeferenziate; C. la formazione certificata per il mondo del volontariato, anche di livello universitario. A. la B. la
3. disegneranno un social social network che sommi le potenzialità del knowledge management con la capacità di diffusione della cultura della gratuità. Vale a dire, riportando al centro della comunicazione da e per il volontariato il valore invisibile delle relazioni umane. Con un’insistenza che aggiorni la modalità di trasmissione di valori che radicano nella pratica feriale. E secondo un limite che dia anche il senso di servizio che l’approccio intende declinare: non investimenti faraonici ma molta sobrietà, verso un idoneo, originale, endogeno modello di gestione. Per una ricaduta, ovvia, nel terreno proprio della propagazione di competenze e creatività esperte a disposizione dei volontariati e che del volontariato, in particolare delle organizzazioni minori e più periferiche, possano costituire l’interfaccia esterna e lo strumento di cui disporre per imparare a comunicarsi in autonomia.
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FAQ
Chiarire il potenziale d’innovazione dell’impianto concettuale associato al profilo d’uso del CTV implica la previa comprensione del mutamento di paradigma tecnologico in cui lo strumento si inserisce [come da schema C2 TECNOLOGIE INTEROPERABILI, al momento non integrato]. Per essere estremamente schematici utilizzeremo un approccio FAQ, a domande e risposte sintetiche. Quale parola può sintetizzare l’approccio promosso dal CTV? CONDIVIDERE: la
condivisione di informazioni che nascono dall’esperienza concreta delle persone è il terreno [sharing] per sviluppare modelli organizzativi, approcci stilistici e routine di lavoro da implementare indifferentemente su media digitali e attraverso reti di servizio dedicate [come da schema C1 MODELLO ORGANIZZATIVO, al momento non integrato]. Nel nostro caso si tratta delle reti spontanee individuate dalla legge quadro sul volontariato, n° 266/’91 [grandi e piccole ODV e centri servizi al volontariato CSV], la cui interfaccia sono i cittadini. Invitati a restituire la propria esperienza concreta in veste di informazione, da immagazzinare e rilasciare attraverso indicatori sintetici: VINCE OGGI CHI CONDIVIDE MEGLIO, NON CHI ESCLUDE DI PIÙ. CTV
è un progetto tecnologico?
No, se si ritiene la tecnologia dominante sui processi che orientano le modalità di acquisizione, aggregazione e distribuzione delle informazione recuperate dall’esperienza quotidiana delle persone. È anche un progetto tecnologico, nella misura in cui assume la produzione e gestione di contenuti digitali come massa critica per promuovere nuovi servizi in grado di rafforzare le reti sociali ed i legami di prossimità [come da schema C3 MODELLO DI BUSINESS SOIP, al momento non integrato]. CTV
è un progetto di welfare to knowledge?
Si, nella misura in cui rafforza l’autonomia dei corpi sociali intermedi e l’auto-organizzazione dei cittadini, nell’economia di una presenza pubblica che tende a sguarnire i livelli di copertura assistenziale. Si, introducendo meccanismi di controllo diffuso sulle medesime reti di volontariato, che sono oggetto della valutazione indipendente dei cittadini che vi entrano in relazione. Si, dal momento che attenua il criterio burocratico nel processo di estrazione delle informazioni, puntando a valorizzare l’esperienza viva delle persone maturata nella realtà ordinaria, allo scopo di favorire il consolidamento di indicatori significativi.
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Chi paga? L’approccio che si prospetta, pur nella necessità di approfondire il raffinamento di un modello di business originale, punta all’autofinanziamento sostenibile delle attività connesse al funzionamento ordinario del CTV. Come? Accrescendo il valore aggiunto delle informazioni intermediate. Che diventeranno learnign object, advertise, servizi SOIP, format autoriali, frame di politiche pubbliche di nuova generazione. Rimanendo rigorosamente nell’alveo del no-profit in termini di vivaio di talenti, competenze e promozione di nuovi modelli di servizio [come da schema C4 ASSETS & REVENUE SOIP, al momento non integrato]. Il valore è segnatamente nelle persone che alimentano un ambiente collaborativo degerarchizzato, e nella conoscenza che esse sedimentano, interagendo incessantemente dentro flussi di relazione pensati per massimizzare lo scambio di esperienze. Non semplicemente sul versante socio assistenziale, ma - ad esempio - anche nella promozione delle filiere corte e dei presidi spontanei di integrazione del reddito, come i GAS, i Gruppi di Acquisto Solidali, in quanto nuove forme di auto aiuto. Con quale strumento? La legge quadro sul volontariato affida ai comitati di gestione CO.GE. la destinazione delle risorse che le fondazioni bancarie devono riservare alla promozione dei volontariati. Uno strumento come quello delineato va aperto contestualmente alle reti di volontariato ed alle reti di competenza. Anche private, cioè promosse dai soggetti imprenditoriali che agiscono nel mercato degli infoservizi in multicanalità, indipendentemente dalla dimensione [secondo lo schema suggerito in Scheda 2., GOVERNANCE, al momento non integrata].
Con l’adesione ed il patrocinio del Ministero del Welfare
Sia per favorire rapporti di scambio tra il soggetto gestore ed i soggetti economici che decidano di esserne anche committenti [a regime, riuniti presumibilmente in una fondazione di scopo], sia per creare uno spazio di riflessione condivisa che traduca in modelli organizzativi le migliori spinte determinate dal mercato profit. Curando di preservare il valore dell’informalità nelle ODV [che non equivale a disorganizzazione] ma molto elevata la qualità organizzativa dei processi promossi lato HUB, o dorsale di servizi ai volontariati. Articolata dal e nell’esperienza del CTV. Giuseppe Nenna concept designer | a.u.p.t. Innovation
Una via al Welfare to knowledge XIV
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Social Social Network - CTV A cosa ed a chi serve strutturare nuovi modelli di servizio welfare to knowledge, a partire da dinamiche di knowledge management applicate agli ambienti di social networking, per la promozione ed a supporto della cultura della gratuitĂ
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