1 News 2 bre 2012 Settem
Sommario 1. E se la scuola fosse oltre? 2. Sei capace di ascoltarmi con il cuore? 4. Una sc. attenta all’integrità della persona 5. La scuola che voglio, la scuola che non voglio 6. La peer education alla scuola di Barbiana 7. Una rete per superare la DS
E se la scuola fosse oltre? ssaggio primo a n u i v o ratorio Ecc de labo ario n ra g l e d in to il sem che è sta he mi piace” la c “La scuo a Barbiana svoltosi re. ettemb a inizio s ro, to nume ta Su ques nta rima pu solo la p .. ..
L’anello m ancanze dell’educ azione sc olastica:
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Ripartiamo. Per dove? Solita confusione da inizio anno, soliti tagli, soliti registri che arrivano in ritardo. Qualche novità, più sui giornali che di fatto. Può darsi che la scuola migliorerà con tutti i tablet che devono arrivare e le aule 2.0... può darsi. “Nulla è impossibile a Dio” e i miracoli accadono. Mentre aspettiamo, però, ci dobbiamo occupare del resto, in gabbie di norme e decreti che appartengono sempre meno all’educare e quando ci portano parole di speranza, puzzano di bugia. Dove sta il senso di tutto questo andare? E soprattutto, che ci stiamo a fare noi insegnanti con questi ragazzi più o meno sgarruppati che ci capitano a tiro? Per ritrovare il senso e ritrovarci, abbiamo proposto un seminario interattivo nei pressi di Barbiana: con nostra sorpresa, da tutta la penisola, dal Pollino alla val di Fiemme, sono arrivati professori, educatori e genitori. Insieme, in modo molto informale, ma intenso, abbiamo lavorato, ascoltato, raccontato, condiviso, sognato. E poi abbiamo camminato adagio sulla salita di Barbiana, in quella desolata solitudine rievocata così bene dall’ attore Jonny Voltan, nello spettacolo di apertura del seminario: “Un viaggio lungo un mondo”. I passi ripercorrono la storia di un maestro, esiliato lontano, senza allievi nè scuola. C’è qualcosa di più triste? La solitudine, la precarietà, il nonsense, la paura, lo sconforto... ma in quel nulla... si aprono le orecchie e gli occhi all’ascolto del contesto, alla comprensione di
un bisogno che non viene espresso perchè mancano le parole e la consapevolezza. E poi, nel nulla, si osa sognare un orizzonte diverso, un “oltre”verso cui lanciare quei ragazzi... ci vuole tanta determinazione, il coraggio di non mollare, la caparbia, la passione tradotta in impegno costante, nessun programma pre-definito, si parte ogni giorno da quello che c’è negli occhi e nel cuore, da quello che c’è intorno. Una proposta di scuola impossibile, la definiranno in molti, troppo vera ed efficace, troppo liberante e trasformativa. Meglio che sia messa a tacere. Ancora oggi. Nel cimitero di Barbiana. Eppure c’è sempre qualcuno che passa, singoli, gruppi, nuovi insegnanti alle prime armi, vecchi educatori un po’ zoppicanti che credono ancora e genitori con bambini che possono sognare. Si arriva, si ascolta quel silenzio denso di parole, la pedagogia della parola che ancora volteggia nell’aria e quel senso profondo che ri-significa l’esperienza di un maestro, di tanti maestri che non mollano, nonostante il nulla intorno. Se dal nulla è nata Barbiana, se nonostante la contestazione e la diffamazione, ancora oggi trasmette parole di profezia, possiamo ben sperare. Al di là dei “Profumi” che vanno e vengono, tocca a noi, prima di tutto a noi trovare il senso profondo dell’ in-segnare. I ragazzi da sempre aspettano maestri. G.L.
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Il binocolo
News insegnanti Gruppo Abele
Sei capace di ascoltarmi con il cuore? Si chiama DIADE: un esercizio di ascolto empatico, in assenza di giudizio. Lo hanno sperimentato a Barbiana 60 insegnanti ed ducatori, sotto la guida di Chiara Ramon. E dall’ascolto profondo di sè e dell’altro che acquistiamo CONSAPEVOLEZZA e impariamo a vivere da protagonisti. Adulti e bambini delle scuole dovrebbero apprenderlo.
Ascoltare se stessi vuol dire fermarsi a comprendere quali reazioni scaturiscono in me nella relazione con l’altro e quale legame quella reazione ha con la mia storia e la mia vita, al di là dell’altro. Vuol dire accettare le proprie ombre, i limiti e le sofferenze non ancora integrate. “ Vi chiedo di ascoltare con apertura e con l'intenzione di sentire quello che io sento, di comprendere oltre le parole. Lasciate se potete, il giudizio. Giudicate alla fine”. Ecco la proposta di Chiara Ramon al seminario “La scuola che mi piace” appena concluso a Barbiana. “Sembra una cosa difficile il non giudizio: noi siamo stati educati, e continuiamo ad esserlo, a pane e giudizio. La mente ha sempre qualcosa da ridire... crede di sapere. Possiamo anche dire che la mente è il giudizio stesso. Ma noi possiamo anche decidere di ascoltare, sentire interiormente e cercare di comprendere, senza farci travisare dal giudizio. Possiamo lasciare che il pensiero giudicante passi nella nostra mente, possiamo guardarlo per un istante, ma poi sospenderlo. Lascarlo lì. Vedere ciò che va a innescare, ma non permettere che condizioni il nostro libero ascolto. Nell'antica Grecia la sospensione del giudizio veniva chiamata Epochè. La comprensione coinvolge tutta la persona, non solo la mente, anche le emozioni, il corpo, la coscienza. Giudizio o discernimento? Il giudizio è necessario nel nostro processo evolutivo, ma non sempre è utile. Dobbiamo distinguere tra giudizio e discernimento. Apparentemente hanno la stessa funzione: la valutazione di qualcosa o di qualcuno, o di situazioni della vita. In realtà fanno cose diverse. Se mettiamo una lente d'ingrandimento, vedremo che il giudizio, nella sua valutazione della realtà, si basa sul già-vissuto soggettivo e collettivo; parte da uno spa
zio mentale che crea modelli fissi e tende a negare l'altro. E' facile identificarsi con esso. Capita a tutti e ci condiziona. Può essere costruttivo, ma facilmente tende verso la critica distruttiva: è un dire qualcosa con l'intento di negare, condannare e ferire l'altro, per un proprio tornaconto personale, seppur a volte invisibile, come il fare comunella con qualcuno. Il discernimento invece lascia liberi se stessi e gli altri. Parte da uno spazio mentale interiore più elevato rispetto a quello del giudizio: è lo spazio dell'essere o della consapevolezza, uno spazio in cui è possibile percepire la libertà di scelta individuale che permette l'integrazione di pensieri e posizioni differenti dalle proprie, senza scartarle a priori e senza la necessità di una condivisione globale. Nosce te ipsum. A volte capita di avere la sensazione di camminare con i piedi incastrati nelle rotaie del tram: la strada che dobbiamo seguire è obbligata. In realtà non è così. Ogni cosa può cambiare, sempre, anche in modo radicale. Dipende da noi. Proprio per questo è necessario partire da noi: avere coscienza di Sé, dei meccanismi mentali che ci accadono, dei giudizi che affollano la nostra mente e condizionano le nostre relazioni sociali, dello spazio della trascendenza che ci appartiene, “in cui ogni possibilità trasformativa è fattibile all'uomo”. “Possiamo chiamarlo Nosce te Ipsum, conosci te stesso, la frase impressa sul tempio di Delphi: “Uomo, conosci te stesso e conoscerai l'Universo e gli Dei”.
Chiara Ramon conduce il laboratosio “EDUCARE ALL’UNITA’ DELLA PERSONA” all’Università degli Studi di Torino - Scienze della Formazione Per avere informazioni sui corsi di formazione alla DiADE, inviate una mail a: educarericerche@libero.it
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Il binocolo
Apprendere ad essere La relazione è un elemento centrale: l'altro ci mostra un'altra strada, la sua, se sappiamo aprirci e vederla. Riconoscere parti di sè nell'altro è un passo fondamentale per crescere. L’anello mancante nell’educazione. “Consapevolezza è il termine che normalmente si usa per definire la Conoscenza, quella con la C maiuscola. E' la sintesi di due modalità conoscitive: la conoscenza oggettiva o scientifica e la conoscenza soggettiva”. Il sapere ha sempre fatto riferimento a queste due modalità conoscitive che sono caratteristiche dell'Homo sapiens sapiens (uomo consapevole di essere consapevole) Per prendere coscienza di sé e dei processi interiori da cui si originano reazioni impulsive o azioni dettate dal discernimento e dalla scelta, dobbiamo imparare ad osservarci. “Lo sviluppo della propria consapevolezza (l'area interiore preposta alla sintesi che accoglie e pacifica in sé, in un sentire e un vedere unitario, le conflittualità interpretative della mente duale) dovrebbe essere un intento pedagogico promosso nelle nostre scuole, ma non viene atteso. Le nostre scuole favoriscono la conoscenza scientifica, non la consapevolezza”. Ecco l'anello mancante nei nostri metodi educativi! Apprendere ad essere. “In realtà l’osservazione di se stessi è una cosa sconosciuta ai più”. Per questo, nelle nostre società si creano facilmente situazioni di disagio, emarginazione, distanza, dispersione, nonsense.
“Nella scuola, molti insegnanti credono di saper osservare i propri allievi in modo oggettivo, ma quasi sempre non hanno intrapreso lo sforzo di osservare se stessi, processo che non avviene in modo automatico. Bisogna educarsi, bisogna volerlo”. Educarsi alla consapevolezza Ascoltare se stessi vuol dire osservare come funziona la propria mente, vedere le emozioni e i giudizi che “partono” come frecce quando ci mettiamo in relazione con altri. Chi intraprende il cammino della consapevolezza (adulto o bambino che sia) inizia a notare pensieri ricorrenti, preoccupazioni, fantasticherie e discorsi accesi che si scatenano nella mente e impediscono di cogliere ciò che accade nel momento presente. Allenandosi a questo esercizio, l’essere umano impara a muoversi nella vita al di là della reazione immediata in cui lo costringerebbe la mente; agisce con padronanza di sè, vincendo chiusure, aggressività, ossessioni, senso d’inadeguatezza o esclusione; riesce a stare in relazione, in modo positivo, piacevole, democratico e collaborativo. Può finalmente incontrare “l’Altro” così com’è, “uno specchio che permette di vedere cose di me ancora inesplorate”.
Appunti liberamente tratti dalla dispensa di studio “Educare all’unità della persona” di C. Ramon - Università di Torino - Pedagogia Un innovativo paradigma educativo: http://www.aliceproject.org/blog/wp-content/uploads/2010/05/TESI-corretta-Alice-Project.pdf
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La collezione
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Una scuola attenta all’integrità della persona. Nel 1972 un rapporto dell’UNESCO proponeva un’ interessante riflessione sull’educare: Edgar Faure ne fu il curatore. Ecco la sua denuncia sullo stato dell’arte, ancora attualissima. "Il fine ultimo dell'educazione è l'integrità fisica, intellettuale, affettiva ed etica dell'uomo nella sua interezza". In realtà si verifica un processo contrario “Tutto ciò che circonda l’uomo sembra incoraggiare la dissociazione degli elementi nella sua personalità: la divisione della società in classi, l'alienazione dal lavoro e la sua natura frammentata, l'opposizione artificiale tra manuale e intellettuale del lavoro, la crisi delle ideologie, la disintegrazione dei miti accettati e le dicotomie tra corpo e mente o valori materiali e spirituali. Il modo in cui funziona l'istruzione e viene proposta agli adolescenti, la formazione offerta ai giovani e l'informazione di massa che nessuno può evitare. …A quest'opera di dissociazione della personalità umana contribuiscono, intenzionalmente o no, anche la scuola e l'insegnamento così come funzionano oggi, nonché la formazione che i giovani ricevono e l'informazione a cui l'uomo non può sottrarsi. Per le esigenze dell'istruzione è stata arbitrariamente ritagliata una sola dimensione dell'uomo, quella intellettuale cognitiva e sono state dimenticate o trascurate le altre, che regrediscono a un livello embrionale o si sviluppano in modo anarchico. Sotto il pretesto della ricerca scientifica o della specializzazione, viene mutilata la formazione integrale di molti giovani." Edgar Faure (1908-1988), Rapporto UNESCO del 1972
“Quello che salta agli occhi evidente dalle parole di Faure è che la nostra scuola educa l'intelletto. Il Rapporto sulle strategie dell'educazione da cui sono tratte queste frasi, è nato dal lavoro di un Organismo Internazionale che ha osservato il problema dell'educazione su scala mondiale. Edgar Faure, Presidente della Commissione, attraverso questo importante documento, faceva un appello ai governanti di tutto il mondo occidentale denunciando l’inadeguatezza dei metodi e degli strumenti educativi adottati per le future generazioni nella cultura dell’incertezza della civiltà post-industriale che stava avanzando a grandi passi. Era urgente allora, e ancor di più lo è oggi, quarant'anni dopo, mettere a punto delle strategie educative in grado di ricondurre la Persona a prendere coscienza dell’essere unico ed esclusivo che ogni individuo custodisce in sé, per recuperarne identità e ruolo”. C.Ramon Per approfondire: Faure, E., Rapporto sulle Strategie dell'Educazione, Roma, Editore Armando/Unesco, 1973
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C’è posta per...
La scuola che voglio e quella che non voglio. Una lettera scritta da un “maestro” ad un altro “maestro”. Una lettera che parla di passione e impegno in tanti anni dedicati ad in-segnare. Eccone alcuni stralci. Un insegnante non ha potuto partecipare al seminario di Barbiana. Ecco la riflessione che ci ha inviato: “Mi dispiace non poter essere con voi ... In questi giorni, leggendo il programma, riflettevo sulla scuola che mi piace. Potrei disegnare con la fantasia chissà quale scuola e chissà quali obiettivi, ma... Non dobbiamo andare molto lontano per vedere una scuola vera e concreta. Un esempio ce l’ha dato Don Lorenzo e poi... Non ho avuto la fortuna di conoscere la scuola di Barbiana, ma ho avuto il piacere di conoscere quella di Lamezia. Un progetto di vita e di scuola che darà frutti importanti in un territorio dominato dalla ‘ndrangheta. Ecco la scuola che voglio, la scuola dell’educazione e della formazione, dove al centro c’è l’interesse di tutti gli alunni ...Ho notato il rispetto e la centralità degli insegnanti nella scuola che ti ho descritto e sono convinto che solo così si potrà avere un reale sviluppo. Caro Mauro, vado ancora a scuola per imparare e fare sì che essa sia veramente quel percorso educativo che tutti evocano, ma che molti dimenticano. Sin da piccolo scelsi di insegnare... Dalla materne alle superiori, dai convitti agli istituti professionali con alunni di tutte le estrazioni sociali fino a dei ragazzi carcerati che, ogni mattina, mi venivano affidati dai carabinieri. ...La “ Scuola come centro di ricerca”. La scuola di tutti aveva come centralità la formazione e la condivisione degli obiettivi. Gli insegnanti, la specificità di un compito importante. Se oggi riesco ad essere seguito è perché queste esperienze mi hanno forgiato. Riesco a rendere bello ciò che dico e la Filosofia e la Storia vengono contestualizzate e chiarite con riferimenti concreti alla nostra attualità storica e filosofica. Mi dispiace constatare, però, che centrale ormai è l’Istituto. Il Preside, ora Dirigente, nel chiuso della presidenza emana circolari, quasi decreti ai quali bisogna ubbidire... Gli alunni sono un prodotto confezionato con tanto di etichetta sulla quale si legge la data di produzione con gli ingredienti: tanto di latino, tanto di greco
un po’ di matematica e fisica, filosofia e storia e poi un tantino di questo e quell’altro. Qualche bel progetto e il prodotto è pronto. I programmi, uguali per tutti, senza insegnamento individualizzato e senza continuità didattica, gli incontri scuola famiglia a scadenza precisa, le regole scritte e affisse in bella mostra in bacheca. Un’ efficienza straordinaria. Finita la scuola del confronto e del dialogo si è passati, purtroppo, alla scuola gestita dall’alto...con novità stabilite da cervelloni che hanno studiato come risparmiare, come evitare gli sprechi, trasformando la scuola in una specie di fabbrica dove gli insegnanti sono quegli operai che bene aveva descritto Charlie Chaplin... Leggendo il programma che mi hai mandato ho sospirato con gioia: finalmente gli insegnanti si riuniscono e si confrontano con persone che hanno un grande rispetto dei docenti. Sono stanco di vedere decidere i percorsi e i problemi della scuola a burocrati o politici che spesso non hanno mai insegnato. Vorrei una scuola vera, dove stanno a cuore l’educazione ( nel senso etimologico del termine) e la formazione. Sono stufo di sentire che ...questi docenti hanno bisogno... dei corsi di aggiornamento svolti da “esperti” ( questi sì esperti) che ti dicono quello che devi fare, come devi insegnare, come e cosa devi spiegare e come devi essere valutato... Sono sicuro che dal confronto nasceranno delle idee vere per potere dare fiducia alla nostra società e tanto incoraggiamento ai colleghi in questo momento difficile. S.R.
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Lo stuzzicadenti
La peer education alla Scuola di Barbiana. . rbiana a B a i tornat ogno di à Siamo mo bis a essenzialit a v e v ll A ue ento, q so profondo nti m la o quell’is rovare il sen icare per ta nif o. per rit può sig n nuovo ann la o u c s u che la che iniziano i z z di raga conto i c a r il id ato ri alliev itto ascolt lt o a i m d ia r e Abb sualdi o desc e n n G a h le a. Miche ilani, che ci arbian B i d M la o Lorenz ore la scuo col cu
Passione, intensità e benessere per tutti in una scuola attiva, dove il problema degli altri riguarda tutti. Quando un insegnante è in difficoltà, che cosa fa? La maggior parte di noi si arrovella in solitudine cercando una soluzione oppure... dà voce alle “lamentazioni” che decantano le difficili condizioni in cui si deve operare. Il Maestro di Barbiana, invece, chiede aiuto ai ragazzi, sì, proprio ai suoi allievi! In questo modo attiva una delle prime peer education (dopo don Bosco). Quell’esperienza cooperativa lancerà gli allievi ad un grande salto di maturazione. Nell'anno 1962 unificarono le medie e alzarono l'obbligo scolastico ai 14 anni. Mentre a Barbiana si continuava a proporre un apprendimento vivo e coinvolgente, nelle scuole pubbliche dei dintorni si fece una vera e propria strage: il 54% dei ragazzi della prima media furono bocciati. A Barbiana arrivarono così 40 ripetenti. Fino a quel momento la scuola della canonica raccoglieva i figli dei contadini delle cascine sparse nel Mugello, quelli che alla scuola pubblica non ci andavano di certo e se ci andavano, venivano messi ai margini. Che fare con 40 ragazzi in più? Il priore radunò i suoi primi allievi, sei ragazzini di 13/14 anni circa che da quattro anni frequentavano la canonica, e disse loro: "Da domani sarete professori. Sceglietevi la materia in cui vi sentite più afferrati e datevi da fare a insegnarla a questi nuovi compagni. Io da solo mica posso far tutto! Mi occuperò solo di lingua e lingue." “A Barbiana i bocciati della prima media di Vicchio iniziarono così la loro nuova avventura e prima di tutto scoprirono una cosa che neanche immaginavano: a scuola si va per imparare!
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Fino a quel momento tutti loro sapevano che a scuola si andava per essere giudicati; ogni mattina, infatti, la maestra saliva in cattedra e sentenziava la condanna: “Tu sei da tre, verrai bocciato. Tu da quattro e mezzo, non puoi pretendere nulla. Tu invece da otto, diventerai dottore come tuo padre”. A Barbiana invece, chi non aveva imparato, veniva preso per mano da tutti che lo aiutavano affinché imparasse quello che ancora non sapeva; solo quando il bambinello raggiungeva il livello dagli altri, allora tutti riprendevano ad andare avanti. Così i nuovi insegnanti (oggi li chiameremmo peer educator) si misero all'opera”. Michele scelse di fare l’insegnante di matematica. Il primo giorno da professore, visto che era stato nominato in cattedra, pretese d'averne almeno una e andò a prendere coi nuovi allievi il tavolo che stava nella cucina di Barbiana. Era di marmo pesantissimo. Un ragazzino chiese: "Chissà quanto pesa?!! " A Michele venne da rispondere: "Se mi seguite per quattro mesi e fate gli esercizi che vi dico, peseremo questo tavolo con carta e penna e senza bilancia! " La sfida li prese nell'animo e quel gruppo di ragazzini iniziò a seguire le lezioni senza perdersi una parola per arrivare all'obiettivo: pesare senza bilancia!
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Dopo quattro mesi di calcoli, radici quadrate, potenze, geometrie, superfici e solidi, si arrivò ai volumi e ai pesi specifici ...e venne il gran giorno in cui si provò a pesare il tavolo con carta e penna. A tutti i ragazzi il conto dava 54kg. Così si andò a verificare. Si costruì una pesa con una trave e si misero il tavolo da una parte e i pesi dall'altra. Michele aveva molto timore in cuor suo: "Che Dio me la mandi buona! Che con l'approssimazione delle misure delle parti del tavolo, il calcolo sia esatto"! La pesa segnò 54,4 kg. Quasi giusto, ma non perfetto! Michele fece notare ai ragazzini che andava tolta la tara della trave... Pesarono anche quella: proprio 400 grammi da togliere! “Fu un successo. Tutti i ragazzi si diedero a misurare ogni cosa, a partire dai mobili di casa, poi con carta e penna a calcolarne il peso. I genitori, stupiti, non sapevano che dire. Pensavano che a Barbiana fosse accaduto un miracolo: la passione per la matematica aveva catturato quei somarelli!” A Barbiana accadeva sempre che si accendessero le passioni. Il priore sapeva che i ragazzi hanno bisogno d'essere spinti oltre, debbono “appassionarsi”. Per questo riteneva che il maestro debba parlare ai ragazzi di grandi ideali proprio in quegli anni in cui hanno bisogno di infiammarsi.
Lo stuzzicadenti
Molti studiosi degli ultimi quarant’anni hanno cercato di capire le strategie della pedagogia milaniana, ma non ne vengono a capo per poterla delineare. Infatti è impossibile da definire in una programmazione didattica rigida e uguale per tutti. La vera caratteristica del maestro Lorenzo è quella di stare di fronte ad ogni allievo nella sua unicità, comprendendo di ciascuno ciò di cui ha bisogno per essere portato oltre le consuetudini e spinto alla conoscenza che esplora, cerca, ragiona, collega, avanza, cioè va oltre. Un vero maestro spinge l'allievo verso grandi valori, anche esagerando, lo lancia verso scopi alti: per questo Lorenzo spingeva i suoi allievi ad aiutare gli altri e migliorare il mondo. Anche altri allievi, quelli che sono rimasti solo un anno, ci raccontano del maestro, ma quando chiediamo loro: "Perché i marmocchi facevano km di cammino a piedi in mezzo ai boschi per andare a Barbiana dove c’era un maetro esigente e severo?" gli allievi del priore rispondono: " Certo che ci andavamo! A Barbiana si stava veramente bene! Si imparava tanto, tantissimo, ma in un clima molto bello, intenso si, ma piacevole". Come attualizzare il suo metodo nelle nostre scuole? "Non spaventatevi" - dice Michele - "Barbiana non si può copiare. E’ un esempio unico, una luce speciale che indica la strada ad una scuola che vuole in-segnare " davvero.
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Una rete per superare la dispersone scolastica. M. Rossi Doria, a Torino, durante un convegno che ha denunciato costi e rilanciato prospettive sulla dispersione scolastica, ha ricordato i ragazzi che entrando nella scuola si chiedono: “Perché sono qui?”. Sarebbe bello poter rispondere come ha detto il prof. Charmet: “Voi potete salvare il pianeta…”.
Ricco di spunti, esperienze ma anche prospettive il convegno che si e' svolto a fine settembre a Torino, organizzato dalla Fondazione per la scuola e Ufficio Pio dell’Istituto Bancario San Paolo e dal progetto “Provaci ancora Sam” del Comune di Torino. Ormai il tema della dispersione non può più essere circoscritto nei contesti del volontariato, nelle elite dei maestri professori e dirigenti più illuminati, nelle scelte degli educatori... Gli allarmanti dati sociali (media del 18,8% in Italia) hanno portato il focus su una realtà da cambiare, modificare, sulla quale è ncessario incidere prioritariamente. Alcune idee-chiave: -La dispersione scolastica è quasi totalmente derivante dalla povertà economica e culturale - La dispersione ci costa 70 miliardi, cioè circa il 4% del PIL - In alcune regioni (Puglia), attraverso investimenti regionali i livelli di in-cultura si sono drasticamente ridotti - I progetti di lotta alla dispersione necessitano di reti locali. - I dati ci dicono che è importante lavorare sulla prevenzione.
Alcune idee-chiave: - L’Europa ci chiede di abbassare il tasso di dispersione sotto il 10% entro il 2020. - C’è necessità di intervenire di più a livello personale con i ragazzi in difficoltà - E’ fondamentale la metodologia che parta dalle situazioni dei ragazzi - E’ necessario costruire “alleanza educativa” tra insegnanti, genitori, educatori, realtà del territorio: un’ “orchestra multidisciplinare”. - Bisogna attivare un’anagrafe degli studenti Molto significativa la presenza costante e costruttiva del sottosegretario al'istruzione Marco Rossi Doria in questo convegno che ha coinvolto i partecipanti in una due giorni intensa e arricchente. Tutti gli interventi, i contributi internazionali e Italiani, hanno considerato la situazione attuale in profonda crisi economica, sottolineando che può trasformarsi in una grossa occasione se si attivano altre risorse, coinvolgendo e responsabilizzando più “attori”. Per gli atti che saranno disponibili tra breve tempo o per il materiale già disponibile: http://www.provaciancorasam.it A.E.
Cari colleghi, sulla prossima news presenteremo altri contributi del laboratorio “La scuola che mi piace” di Barbiana: le intense riflessioni di Monica Lazzaretto, Maria Grimaldi, Cesare Moreno... Se volete partecipare sui temi trattati nella news o nel seminario, siamo lieti di pubblicarvi! Nell’intento di raccogliere positività che educano davvero, il nostro viaggio nelle scuole che ci segnalate e il nostro impegno di “cantastorie” prosegue . Scrivete a scuola@gruppoabele.org. Buon lavoro a tutti! G.A.