per educare un bambino
ci vuole un villaggio
N° 26 - Aprile 2013
S’impara... nonostante la scuola! Che belle le nuove indicazioni per il curriculum verticale! La prima volta che sono state presentate dalla voce di Giancarlo Cerini, membro del nucleo redazionale, durante un convegno del Forum delle Scuole del Piemonte, hanno suscitato commozione in chi aveva alle spalle più o meno 30 anni di servizio. Dopo un ventennio di parcelizzazione dell’ apprendimento, queste giungono portando aria fresca e restituiscono funzione sociale alla scuola. Lo fanno partendo da un dato di realtà piuttosto crudo, scritto nella premessa: “Per acquisire competenze specifiche spesso non vi è bisogno dei contesti scolastici. La scuola non ha più il monopolio delle informazioni e dei modi di apprendere. Le discipline e le vaste aree di cerniera tra le discipline sono tutte accessibili ed esplorate in mille forme, attraverso risorse in continua evoluzione”. La Scuola non serve più per conoscere! E allora a cosa serve??? Un attimo di silenzio prima di tentare una risposta. Il silenzio fa bene, ma lo abbiamo dimenticato. Prendiamoci una pausa per immaginare che la scuola sparisca del tutto: via edifici, aule, scale fredde e mura scostate; via libri e banchi mezzi rotti e via materie, professori delle materie... I ragazzi escono per strada la mattina, concentrati sul loro ultimi cellulari con connessione internet incorporata e sanno tutto! Cosa manca loro? L’immaginazione mi porta indietro nel tempo, ai primi anni della mia carriera in una super-pluriclasse in aperta campagna. La grammatica era un optional, ma la matematica era utile ai piccoli contadini. Venivano a sedersi nei banchi con gli orecchi tesi alle
finestre per captare l’arrivo della mietitrebbia. Sapevano tutto di semine e raccolti, mi insegnavano ogni giorno qualcosa del loro mondo e io con fatica cercavo di portarli oltre, verso orizzonti che non avevano mai considerato. Andammo a vedere il mare, perché sconosciuto, ma anche a spasso nelle loro terre a fotografare i rigagnoli d’acqua dove finivano gli anticrittogamici che loro distribuivano copiosamente sulla terra dopo la semina. Osservavamo molto, aprivamo finestre e ci confrontavamo, facevamo collegamenti, raccoglievamo le nuove conoscenze in grandi mappe che cercavamo di non chiudere mai. Il loro mondo era di terra; io dovevo pormi in ascolto e imparare quel “sapere” per poi riuscire a parlare loro d’acqua e di cielo, di ecosistemi ed equilibri. A partire dalle loro competenze, costruivamo insieme tutte le altre. Finivano gli anni ‘80. Vygotskij era un faro... Poi, le attenzioni della scuola si sono concentrate sulle singole discipline; ognuna è diventata un mare in cui tuffare gli allievi, senza il tempo di capire le connessioni tra una materia e le altre, tra la scuola e la vita. Nell’ottica di questa modalità di apprendimento, gli studenti hanno trovato altri maestri: i loro magici Iphon pronti a fornire tantissimi saperi veloci e spezzati. A loro basta. Non se ne fanno più nulla di insegnanti sapientoni in cattedra. E ce lo dicono apertamente. Anche le indicazioni per il curriculum affermano che i ragazzi hanno bisogno d’altro. Troveranno maestri capaci di aiutarli a osservare e ascoltare, fermarsi e confrontare, riflettere e discernere, includere e collegare, collaborare e costruire insieme? “Fare scuola oggi significa mettere in relazione la complessità con un’opera quotidiana di guida, attenta al metodo”. Vygotskij è tornato. Ce n’era bisogno! Possiamo ripartire. G.L.
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Nuove Indicazioni per il Curriculum
Comunità che provano... Il Decreto n. 254, del 16/11/ 2012, pubblicato il 5/02/2013, detta il regolamento con le NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI PER IL CURRICOLO della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione. Alcune riflessioni per facilitarne la lettura e l’applicazione. rsegue La scuola pe linea ia p p o d una a formativ : verticale e orizzontale. icale La linea vert enza sig esprime l’e una re a st o p di im formazione oi che possa p o ng lu re ua contin l’intero arco della vita; ntale quella orizzo essità c ne la a indic a nt e di un’att fra ne zio ra collabo ori tt a li g e la la scuo n o c i ic extrascolast rio va a funzioni tive: titolo educa la famiglia o. in primo luog ag.8 D.P.R. 254 - p
Oggi 400 mila insegnanti lavorano negli istituti comprensivi. Se un tempo ogni insegnante era concentrato sugli obiettivi della sua materia per l’anno in corso, oggi non è più pensabile lavorare così. Le indicazioni per il curriculum che entrano in vigore presentano il profilo del 14enne e le competenze ATTESE. Il profilo non riguarda le indicazioni della terza media, ma riguarda tutti gli insegnanti che lo accompagnano dalla scuola dell'infanzia fino a quell'età. Nell'incontro con questo ragazzo 14enne dovrebbe apparire in filigrana il percorso coerente fatto in tanti anni di scuola, attraverso i quali lui è stato aiutato ad esplorare, giocare, incontrare, riflettere e scoprire una conoscenza che è entrata in lui gradualmente grazie al contributo e all'aiuto di molti. Questo documento ha quindi una forte dimensione verticale che non va banalizzata pensando a qualche obiettivo per la continuità. Pensare in “verticale” significa immaginare insieme come aiutare il ragazzo a crescere, imparando per la prima volta, come adulti con profili professionali diversi, a lavorare in equipe verticale per sostenerlo nel raggiungimento di alcune imprescindibili competenze. Il focus comune: favorire un apprendimento non inerte. In altre parole: ciò che resta nell’allievo quando suona la campanella!
Le nuove indicazioni per il curricolo del primo ciclo d’istruzione ci ricordano la verticalità del crescere e ci regalano un pensiero globale che restituisce prospettiva all’apprendere. “La premessa dà la chiave di lettura a tutto il documento: non azzera il lavoro fatto finora, ma chiede di rivederlo in una luce nuova. Attenzione però: la lettura deve essere collegiale! Sarebbe sbagliato costituire una commissione che analizza il testo e scrive il curriculum. Tutto il collegio ha l’opportunità di diventare un laboratorio che riflette, ragiona, discute.... Questa è un'occasione incredibile di confronto.” 1 Noi abbiamo letto e ripreso per voi alcune frasi essenziali della premessa. Eccovene un assaggio. Per riprendere in mano le redini di una scuola alla deriva e trasformarla in una comunità educante dove si apprende volentieri, si può partire da qui. 1-
Premessa del Forum per le Scuole - Torino 23/1/2013
Un esempio concreto? Se il 14enne deve raggiungere la capacità di problem solving, cosa farà la comunità educante per farlo crescere in questa competenza dai 3 ai 14 anni? Quali stimoli potrà fornirgli dai 3 ai 6 anni? E dai 6 ai 9? E dai 9 agli 11? E dagli 11 ai 14? Come si può evolvere in questa competenza attraverso la matematica, la lingua, l’arte, le scienze…? Quali attenzioni e processi dobbiamo mettere in moto per raggiungere quelle abilità? Un piccolo esempio, un grandissimo lavoro d’equipe. Ecco il compito dei docenti! o obsolete nel mpetenze diventan “Le tecniche e le co ttivo della scuola ni. Per questo l’obie volgere di pochi an uire lo sviluppo eg rattutto quello di ins non può essere sop scenario, alla e tal In . nze e compete di singole tecniche rire agli stuoff e: une finalità specifich e dei linscuola spettano alc eri sap i de to apprendimen isiscano qu denti occasioni di ac nti se; far sì che gli stude a seleere guaggi culturali di ba nd pre ap r pe ero necessari la canti gli strumenti di pensi de stu i; promuovere negli no in sia e zionare le informazion ch e ori teg e metodi e ca orire fav li; pacità di elaborar na rso ssola negli itinerari pe la do tan grado di fare da bu en ori , nti ero degli stude da e rtir pa l’autonomia di pensi a costruzione di saperi propria didattica alla .R. 254 -Pag. 7) D.P ( i”. tiv ma concreti bisogni for
http://www.giuntiscuola.it/scuoladellinfanzia/media/allegati-indicazioni-nazionali-SHMV88ZW.pdf
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... a pensare in verticale!
“Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione. Particolare cura è necessario dedicare alla formazione della classe come gruppo, alla promozione dei legami cooperativi fra i suoi componenti, alla gestione degli inevitabili conflitti indotti dalla socializzazione. La scuola si deve costruire come luogo accogliente, coinvolgendo in questo compito gli studenti stessi. Sono, infatti, importanti le condizioni che favoriscono lo star bene a scuola, al fine di ottenere la partecipazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educativo condiviso”. (D.P.R. 254 -Pag. 7) “La storia della scuola italiana, caratterizzata da un approccio pedagogico e antropologico che cura la centralità della persona che apprende, assegna alla scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione un ruolo preminente (...) attribuisce grande importanza alla relazione educativa e ai metodi didattici capaci di attivare pienamente le energie e le potenzialità di ogni bambino e ragazzo. Al tempo stesso la scuola italiana ha imparato a riconoscere e a valorizzare ap-
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“Nonostante tagli e limiti, o di riposarsi un po’ e queste indicazioni permetton nostro mestiere. riprendere in mano il valore del care dagli stimoli toc i Se siamo disposti, però, a farc icazioni ci ind ste que e dalle opportunità che offrono. lto lontano da ciò Ciò che accade a scuola è mo o: ent che viene pensato nel docum famiglie, le con ti por stanchezza, difficili rap di progetti bio cam in ole scu gadget dati alle frammentati... a che ci sia Un curriculum presuppone l'ide pensata e ola scu un obiettivo comune, una la comunità dal iale leg col a progettata in form e rivista nella sua professionale e continuament realizzazione. decisioni che Nel “curriculum” ci sono quelle come comunità nti ava tare por ci impegniamo a cui operiamo. professionale per la scuola in sare bene pen Prendiamoci un triennio per ! are a dove vogliamo and sola. Le indicazioni ci danno la bus riquadri che ci 25 di, uar trag o son ci All'interno ngere”. giu pongono delle tappe da rag G.Cerini
prendimenti diffusi che avvengono fuori dalle sue mura, nei molteplici ambienti di vita in cui i bambini e i ragazzi crescono e attraverso nuovi media”. (pag.12) “La scuola italiana sviluppa la propria azione educativa in coerenza con i principi dell’inclusione delle persone e dell’integrazione delle culture, considerando l’accoglienza della diversità un valore irrinunciabile. Questo processo richiede attività di studio, di formazione e di ricerca da parte di tutti gli operatori scolastici ed in primo luogo da parte dei docenti. Determinante al riguardo risulta il ruolo del dirigente scolastico per la direzione, il coordinamento e la promozione delle professionalità interne e, nello stesso tempo, per favorire la collaborazione delle famiglie, degli enti locali, e per la valorizzazione delle risorse sociali, culturali ed economiche del territorio”. (pag.16) “La presenza di comunità scolastiche, impegnate nel proprio compito, rappresenta un presidio per la vita democratica e civile perché fa di ogni scuola un luogo aperto, alle famiglie e ad ogni componente della società, che promuove la riflessione sui contenuti e sui modi dell’apprendimento, sulla funzione adulta e le sfide educative del nostro tempo, sul posto decisivo della conoscenza per lo sviluppo economico, rafforzando la tenuta etica e la coesione sociale del Paese”. (D.P.R. 254 -Pag. 17)
rammi o solo i prog n ia b m a c si “Se nti, nei docume teste, che figurano he sono nelle c lli e u q e ir lf nze senza sca per compete l’approccio un futuro” non ha ness P. Perrenoud
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quello le – senza esserne sommerso tura cul zio spa lo nel i ars lloc co delle “trappole” della so“Come un individuo riuscirà a corre essere ben consapevoli Oc le. na rso pe rtà libe sua lla è lo spazio de ll’apprendimento pervasivo), cietà della conoscenza (o de ateriali, noscenze, informazioni, beni imm co ti tut di ta rta po alla tte me apche apparentemente lle conoscenze un ragazzino le de % l’80 ai orm o, ver E’ io. cin pensare che il 20% che quasi senza bisogno di un tiro modo informale, ma possiamo in , ola scu alla i ern est sti nte gli strumenti prende in co ore strategico, fondativo: dia resta alla scuola abbia un val rarchie, mappe, ge ire ggi, per costru ssa me i de ità otic ca la nel ine per mettere ord ovo” che si incontra. are quanto già si sa con il “nu lleg co r pe e, sion ren mp co di i ret rmazioni e di saperi. Per connettere diversi tipi di info che una testa ben piena”.
Si privilegia, dunque, una “testa
ben fatta” piuttosto
Indicazioni di Gia (Fonti e riferimenti per le nuove
“Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi contenuti. Nel processo di apprendimento l’alunno porta una grande ricchezza di esperienze e conoscenze acquisite fuori dalla scuola (...) mette in gioco aspettative ed emozioni, si presenta con una dotazione di informazioni, abilità, modalità di apprendere che l’azione didattica dovrà opportunamente richiamare, esplorare, problematizzare. In questo modo l’allievo riesce a dare senso a quello che va imparando. Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità, per fare in modo che non diventino disuguaglianze. In questa prospettiva, la problematizzazione svolge una funzione insostituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi, a sollevare domande, a mettere in discussione le conoscenze già elaborate, a trovare appropriate piste d’indagine, a cercare soluzioni originali. Incoraggiare l’apprendimento collaborativo. Imparare non è solo un processo individuale. La dimensione sociale dell’apprendimento svolge un ruolo significativo. In tal senso, molte sono le forme di interazione e collaborazione che possono essere introdotte (dall’aiuto reciproco all’apprendimento cooperativo, all’apprendimento tra pari), sia all’interno della classe, sia attraverso la formazione di gruppi di lavoro con alunni di classi e di età diverse”.
ncarlo Cerini)
“Occorre che l’alunno sia attivamente impegnato nella costruzione del suo sapere e di un suo metodo di studio, sia sollecitato a riflettere su come e quanto impara, sia incoraggiato a esplicitare i suoi modi di comprendere e a comunicare ad altri i traguardi raggiunti. Ogni alunno va posto nelle condizioni di capire il compito assegnato e i traguardi da raggiungere, riconoscere le difficoltà e stimare le proprie abilità, imparando così a riflettere sui propri risultati, valutare i progressi compiuti, riconoscere i limiti e le sfide da affrontare, rendersi conto degli esiti delle proprie azioni e trarne considerazioni per migliorare. Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio, se ben organizzato, è la modalità di lavoro che meglio incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare, realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri, e può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento”.(D.P.R. 254 -Pag. 26/27)
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Diventare Comunità Professionale
Comunità non si nasce, si diventa! Se si vuole davvero lavorare in equipe, bisogna essere disposti a cambiare. Molti gruppi di professionisti dell’educare lavorano in equipe, verificano metodicamente il loro operato con la supervisione di una figura super partes con cui confrontare e comprendere meglio risorse e strategie. Gli insegnanti sono ancora lungi dall’essere equipe di lavoro... Possono, però, anzi devono ininziare! Cinzia Mion ci dà qualche idea: Atteggiamenti necessari per iniziare a ragionare su un curriculum verticale che sia un vero cammino : 1) Imparare ad auto-percepirsi e autovalutarsi. Scegliere un apprendimento rielaborativo e trasfomativo. Quando noi apprendiamo un modo, esso continua ad agire in noi. 2) Cambiare paradigma: accettare la multi-logica: essere disposti a tenere insieme idee contrastanti, c ontrariamente alla logica della linearità che risponde alla visione binaria: o questo o quello. 3) Superare la polarità: vuol dire accogliere e coniugare aspetti congruenti che possono stare insieme. Quindi: la fatica di pensare! 4) Il dubbio: che rapporto ho io col dubbio, l'incertezza, l'errore. Se accettiamo di metterci in contatto col nostro limite possiamo iniziare a lavorare insieme su un curriculum verticale che sia un vero cammino. Superare l'accusa, il puntare il dito, il voler vedere la causa di un deficit dell'apprendimento nel collega che ci ha preceduto o affiancato. 5) Il confronto: per saperci confrontare veramente dobbiamo essere capaci di ascoltare. (L'arte di ascoltare)
Invece d del ma i ascrivere la ncato appre responsabilit non s'i ndime mpeg à tota na nto le che no n lo se e non studia al ragazzo c guono si auto e ai s u he ,p -o oi la prop sserva e imp rima l'insegn genitori ante ara a rie rou conos tin La valu cere tazion e. e form che m ativ et profes te in moto tu a è l'insegn sionale a tta la s ua com nte p proce ssi che er vedere s peten ep possan z a supe o aiuta uò attivare a rare q uella d re l'allie Quind ifficoltà ic vo . dell’ in i vuole una profon segna d nte ch che de e si ch a riflessività v iede: c e meto o cambiare 'è q ne d Cosa p ologico che l modello re ualcosa la o h E’ fond sso cambia o messo in m zionale re? amen o to? tale gabbie ripetitiv uscire dalle Le pro proprie ve ogg e. ettive la dec ch im dove s ologia servo e ci ha sugg e ta la c no a c la ompre rito Il lavor ndere o inizia sse. dopo, da q u el quand o per ins dato per ve dere c io parto egnar e meg osa m ettere lio. in atto Vertec chi
Ritornare alla Metacognizione.
E’ fondamentale insegnare come si affronta un compito, pensando a voce alta . L'adulto esperto, l’ insegnante , mette a disposizione degli allievi la sua capacità di svolgere un compito (esempio una traduzione di lati no) ovvero ragiona a voce alta: " Allora ragzzi, qui vedo molte proposizioni, quindi devo cercare qua l è quella principale e quali le subordinate. Bene, dobbiamo vedere dove troviamo..." Condividiamo coi ragazzi il pro cesso che mettiamo in moto, poi chiediamo a loro che vengano a provare a far gli insegnanti. Le prove oggettive correggon o la soggettività dei modi di correzione delle prove. Ma non vanno incontro a ciò che denunciav a don Milani cioè ad aiutare il minore a superare le difficoltà. Cinzia Mion
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Queste indicazioni sono un invito a diventare una vera comunità professionale. Riprendiamoci in mano il mestiere, ritorniamo ad essere professionisti appassionati e orgogliosi del proprio compito! Dobbiamo essere disponibili, però, ad elaborare il lutto per la perdita del programma! La scuola ha bisogno di professionisti riflessivi. Insegnanti capaci di chiedersi: quanto spazio per il pensiero riflessivo coi ragazzi? Oppure solo spazio per pensiero riflettente?
Cinzia Mion
Forum regionale per l’educazione e la scuola del Piemonte: http://nuke.forumscuolapiemonte.it/
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Mettersi in gioco per primi Ci sono modi e modi per imparare. Spesso ci dimentichiamo che non siamo fatti solo di parola e pensiero. S’ impara anche, e più profondamente, a partire dal corpo, dal movimento, dall’ascolto interiore, sentendo e percependo un cambiamento dei nostri paradigmi ad un livello più profondo. Un apprendimento chenon si dimentica più. Gli stage di teatro-ascolto, che il Gruppo Abele attiva da qualche anno per insegnanti ed educatori, restituiscono questa abilità relazionale agli adulti perchè possano farla sperimentare ai ragazzi a scuola o nei gruppi di appartenenza. Una condizione è necessaria però: non bisogna aver paura di mettersi in gioco!
Non è facile incontrare professionisti capaci di zittire le parole, sospendere il giudizio e mettersi in gioco in prima persona! Nell’ultimo stage un gruppo meraviglioso!
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tratta
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Imparare sulla pelle... prima di insegnare. Due te st di TdO imonianze c i ra e impara ci ricordano ccontano c os’è u re tant che p no os o faceva mo da e senza rigid siamo anco stage ra ità com bamb ini. e
Ho deciso di partecipare ad una formazione "strana". Me ne aveva parlato un collega: " Devi provare - mi aveva sollecitato - questi laboratori sono avanti anni luce!" Tutto qui, non era riuscito a dirmi altro: " Difficile da spiegare con le parole" Così parto: tuta, calze antiscivolo. Nessun foglio, computer, cellulare. Nel salone-palestra col pavimento di parquet ci accoglie la musica e un conduttore che ha più l'aspetto di un giullare che di un formatore. Un cerchio e s'inizia: zittiamo le parole, qui non servono. Anche la vista: e' assai inquinata. Occhi chiusi e iniziamo ad esplorare. La mia mente s’affolla di pensieri: “Che ci faccio qui, chi sono questi strani individui che ho intorno? Ci sarà da fidarsi? Se fossimo tutti vittime di un tranello: ho bisogno di una bella formazione, non di perdere tempo a "giocare". Devo dire che ci vuole coraggio la prima volta. Mi guardo intorno sbirciando sottecchi: tutti ci stanno, molti sorridono sereni. Solo io avrò dubbi? Che fare? La serenità degli altri mi permette a poco a poco di lasciarmi andare: chiudo gli occhi anch'io e... Il resto accade: e' conoscenza profonda, apprendimento, comprensione di meccanismi interiori e sociali, intuizione di soluzioni. Qualcosa accade quando spengo i sensi più utilizzati o quando ritorno al gioco, come facevo da bambina: esploro spazi, visi, contatti, ritrovo energia e silenzi, osservo visi, posture, intuisco azioni e direzioni da intraprendere. Le parole che riportiamo alla luce solo nelle condivisioni in cerchio faticano a spiegare cosa e' appena accaduto: comprensioni intense tra colleghi sconosciuti. Scopro che si può imparare moltissimo dall'osservazione silenziosa della realtà; scopro che nel gioco affiorano le mie ombre e i miei limiti ma altrettanto esplodono le mie mille possibilità di andare oltre la consueta e spesso triste realtà.
Intravedo potenzialità da mettere in campo, atteggiamenti facilitanti e relazioni efficaci e meravigliose che possiamo costruire. Il corpo parla. Non siamo solo cervello. Due giorni di full immersion così mi catapultano oltre le mie piccole certezze e i miei saperi certi. Mi si aprono orizzonti altri che invitano ad essere approfonditi. Vengo poi a sapere dai miei compagni di ventura che accade proprio così: chi sperimenta il teatro dell'oppresso scopre che la conoscenza non passa attraverso le parole, ma attraverso il sentire di tutti i sensi dove la parola diventa “essenziale”, esiste nella sua funzione sintetica ed e' l'ultima a poter dire la sua, senza dominare. Ho fatto così tante formazioni seduta per ore e ore di fronte a relatori preparatissimi ed ero affascinata. Poi tornavo nella mia realtà e dimenticavo. Qui ho ascoltato silenzi, mani, corpi, relazioni, interconnessioni,forze contrapposte che mi hanno "parlato" di com’è il mondo che mi circonda. E mi hanno fatto apprendere con decisione quanto io sia in relazione agli altri, soggetto attivo di una interrelazione che può solo tradussi in cooperazione perché vivere interconnessi e' semplicemente meraviglioso. Scusate se poco. Per il mio mestiere poi… Ho dimenticato di dirvi che sono un insegnante.
Vivere sulla p ropria pelle la comunica tranelli, i voli zione e i suo e le cadute, i la fiducia e il realtà e l'inte dubbio, la rpretazione, l'ego e l'altro è stato entu ... si a sm ante, semi nuovi c he avremo c ura di coltiva ognuno nel re p ro p rio a mbiente ma uniti da questa favo losa esperien Grazie di cu za. ore per quest o dono! L.S.
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Le scuole di comunità, un sogno realizzato Un genitore di Roma, impegnato da anni in un bellissimo progetto scolastico del suo quartiere, ci propone una tesi interessante per far funzionare la scuola in questo tempo di crisi: il modello della gestione condivisa. Una gestione che mette in comune le risorse di una comunità, dando spazio a tutti i cittadini: un enorme capitale sociale che - l’esperienza insegna - è disponibile a mobilitarsi gratuitamente per il bene comune "scuola".
Il cuore del problema che voglio affrontare è il seguente. Le scuole non possono più funzionare con il modello di delega allo Stato ed ai suoi rappresentanti. Da diversi decenni si aspettano riforme che non arrivano e da almeno dieci anni i tagli hanno messo in crisi gli stessi servizi educativi ed il diritto allo studio sancito dalla Costituzione. Inoltre, con la crisi economica, è ormai chiaro che la manutenzione degli edifici scolastici è abbandonata alla provvidenza. La gestione condivisa richiede alla scuola e alla sua comunità di incontrarsi e confrontarsi per definire insieme il suo sogno, ed un sogno condiviso può contare su risorse inaspettate, creative, forse infinite La crisi della scuola viene da più lontano della crisi economica che, tuttavia, oggi è l'occasione per fare un passo avanti. Il fatto che la pubblica amministrazione non è più in grado di assolvere da sola alla gestione e al funzionamento della scuola pubblica non dipende dai tagli ma dalla debolezza del modello della delega che è rimasto incastrato in meccanismi che non hanno nulla a che fare con il bene comune "scuola". Se si chiede ai cittadini italiani su cosa operare i tagli quasi tutti salverebbero la scuola; ma ciò non è rappresentato nel modello della delega che uniforma la scuola alle altre voci di spesa del bilancio dello Stato. Il tempo della delega è scaduto anche per la scuola Potremmo dire con uno slogan attuale: non è più il tempo della delega! Ma poi dovremmo porci il problema di quali
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alternative, leggere la realtà in trasformazione e comprendere che tempo è venuto. Ed allora dobbiamo riconoscere con onestà cosa funziona e cosa no in questo tempo che viviamo. Non funziona lasciare la scuola ai soli "addetti ai lavori"; i lavoratori della scuola sono necessari e fanno la differenza ma non sono più sufficienti. Dopo l'unità d'Italia e per circa un secolo, con la forte spinta per l'alfabetizzazione che porta la scuola italiana a farsi carico anche delle condizioni di miseria di molti bambini, che vengono tenuti a scuola tutto il giorno e portati in vacanza nelle colonie per tenerli lontano dalle strade, la scuola ha avuto un ruolo straordinario di cambiamento a fronte della inadeguatezza culturale delle famiglie di allora. Ma oggi, di fronte alle nuove sfide questo non è più sufficiente, servono altre strategie per dare un futuro alle giovani generazioni. Non ha neppure funzionato, più recentemente, mettere la scuola in mano ai tecnici/manager perché le risorse umane sono vincolate, non ci sono capitali da gestire, né profitti da massimizzare. Né peraltro si è investito sulla formazione delle risorse umane che sono state abbandonate a se stesse. Si è giocato facile andando a tagliare le risorse senza dare alternative e affidandosi di fatto alle riserve di umanità diffusa nella scuola dove di fronte al disagio ed alle difficoltà non si possono "chiudere le attività". (Continua a pag. 9)
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Un nuovo modello di gestione condivisa (Continua da pag. 8) I modelli tradizionali Il limite più importante è che i due modelli (statalista ed aziendalista) sono modelli gerarchici che partono dallo stesso principio: pensano di poter fare da soli senza il coinvolgimento attivo delle persone. Ed è per questo principalmente che hanno fallito. Perché la scuola è fatta principalmente di capitale sociale e la risorsa più importante a disposizione è da sempre la gratuità che segue le regole della condivisione, della partecipazione attiva, del cambiamento personale e collettivo. Per fortuna abbiamo anche esperienze che hanno funzionato ed a cui possiamo riferirci per immaginare un modello diverso. Si tratta innanzitutto dell'esperienza dei decreti delegati che hanno scritto una pagina importante negli ultimi decenni sperimentando una scuola partecipata dai genitori e dagli studenti. Il modello della gestione condivisa Poi negli ultimi anni con riferimento all'ultimo comma dell'art.118 della Costituzione sono cresciute le esperienze di "sussidiarietà", di sostegno, di partecipazione e di scambio all'interno della comunità scolastica e con il territorio. Una ulteriore chiarezza che abbiamo recuperato con la crisi economica è che è necessario guardare a modelli sostenibili; molte esperienze di sussidiarietà di questi ultimi anni hanno proprio questa caratteristica. Allora un modello sostenibile oggi per la scuola è la "gestione condivisa": una gestione che metta in comune le risorse che una comunità ha e che chiama in causa tutti i cittadini e non solo i rappresentanti dello Stato. Si tratta di partire da ciò che c'è: i locali scolastici di proprietà comunale/statale, il personale docente e non docente comunale (infanzia) o dello Stato, i genitori, i nonni, gli operatori che già frequentano le scuole quotidianamente, i progetti educativi, sociali, culturali, sportivi intorno alla scuola sostenuti dagli enti locali, da enti no-profit del terzo settore e fondazioni. E immaginare una gestione condivisa che sostenga le necessità educative e la manutenzione con le risorse che la comunità mette a disposizione. Che non sono solo economiche. Anzi è necessario partire dalle riserve di gratuità e pensare alle risorse economiche solo come uno degli strumenti a disposizione. Passare dal modello (spesso deviato) di "quello che si può fare con i soldi disponibili" al modello (in genere più sano)che si fa quello che è dovuto ai giovani, con o senza i soldi disponibili.
L'amministrazione condivisa permette una gestione più trasparente e quindi più attenta delle risorse pubbliche. E scelte più consapevoli sugli investimenti da fare. Può allora accadere in modo molto naturale che una comunità scelga di avere "una strada in meno" e dedicare le risorse pubbliche per "una scuola in più" o per la manutenzione di quella che c'è. O forse, investita del problema, troverà il modo, se sono entrambe importanti, di fare tutte e due! La conclusione di questo percorso è che se i soldi sono una risorsa e non l'obiettivo la comunità riesce a realizzare i suoi sogni senza che essi siano un ostacolo. Si apre anzi un nuovo scenario: l'amministrazione condivisa richiede alla scuola e alla sua comunità di incontrarsi e confrontarsi per definire insieme il suo sogno, il progetto di sviluppo, di miglioramento, di cambiamento per il futuro. Ed un sogno condiviso può contare su risorse inaspettate, creative, forse infinite. Una nuova strada per la scuola pubblica Sono arrivato dove già molti studiosi ci hanno indicato negli ultimi anni. I beni comuni sono una miniera aperta, una risorsa intorno alla quale la comunità può trovare le risposte al proprio futuro mantenendo la qualità della vita ed il soddisfacimento dei bisogni di ognuno. E' per questo che credo in questa strada nuova per la scuola che va rafforzata nelle esperienze, portata a conoscenza nei territori e resa "praticabile" a chi opera nella scuola (lavoratori e altri soggetti). Se questa strada ha un cuore andrà avanti; se non si pretende di "far da soli" ma si permette al mondo della scuola di aprire esperienze multiple, ricche di sfumature e di soluzioni appropriate ai diversi contesti, questa strada può accompagnare le trasformazioni in corso verso la scuola del futuro. 8 aprile 2013 -Gianluca Cantisani - www.labsus.org
Il sogno delle scuole di comunità Con questa nuova impostazione si è scoperto in molte esperienze che la comunità ha un enorme capitale sociale disponibile a mobilitarsi gratuitamente per il bene comune "scuola" ed accanto ad essa; genitori e nonni, pensionati e cittadini attivi, studenti delle scuole secondarie e universi tari, amministratori e funzionari pubblici che guardano al futuro della loro comunità. Per tutte queste persone è chiaro che la scuola è il futuro ed è necessario investire su di essa. Con conseguenze immediate sul piano della gestione delle risorse economiche collettive. Cosa succede infatti dei nostri soldi con questo nuovo approccio di gestione delle scuole?
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News insegnanti Gruppo Abele
stuzzicadenti... Lettera a unaLo professoressa
Ho 16 anni e sono “nullafacente”. S. è un ragazzo incontrato dagli operatori del Gruppo Abele che seguono il progetto "Stradivaris" di educativa di strada, attivo da 5 anni nei quartieri Madonna di Campagna e San Paolo di Torino. Tra una partita a biliardino e due tiri a pallone, S. ha raccontato agli educatori il suo travagliato rapporto con la scuola. S. è v e nuto a sa aveva aperto pere che la NEWS voglio una ru no scriv brica ai raga ere ai Così è lor zzi a di stra rrivato un gio o professori. che da co rno da nc gli in un p arco d ui gioca mo educatori lti pom tarsi. i Torino e , decis o a ra riggi Lo ring cconraziam o ci scuo te, ci in per la sua te s tantiss terpell im a, ci ric timonianza: orda ad inte i altri S. che la re Ognun ssare e perd scuola non riesce o di lo e per s ro ha t con af un pro rada. fetto... f spesso basta. , però, che ricorda uno so I tanti lo non S. tera c hanno bisog omunit n o di à edu cante trovare un’in . -
Mi chiamo S., ho 16 anni, sono un “nullafacente”. Cerco lavoro come muratore, nell’ultimo anno ho lavorato con mio padre in questo settore, occasionalmente. Ho frequentato la prima media per due volte, sono stato bocciato anche in seconda e poi ho preso la licenza media tramite il corso “PROVACI ANCORA SAM “, a quindici anni. Si tratta di un corso che prevedeva alcune ore di elettricista insieme alla scuola media. Dopo la licenzia media non ho continuato perché non avevo più voglia, pensavo che fosse una perdita di tempo e che non facesse per me. I motivi erano diversi: problemi a casa, compagnie sbagliate... Ricordo che già alle elementari la scuola non mi piaceva; io ero ribelle, non accettavo le regole imposte, già da piccolo ero addirittura minaccioso verso gli insegnanti. In particolare, avevo un insegnante di religione che mi chiamava per cognome anziché per nome e a me dava molto fastidio. Ero l’unico ad essere chiamato così, non solo in tutta la classe, ma in tutta la scuola. Il rapporto con le maestre non era semplice, insomma…
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A partire dalla quinta elementare ho frequentato un centro diurno dove venivo aiutato a fare i compiti ed ero seguito da alcuni educatori. Alle medie la situazione non è cambiata, anzi è peggiorata. La cosa che più mi infastidiva era dover sottostare a quanto mi dicevano gli insegnanti. Io ho sempre ascoltato solo me stesso, non ho mai voluto fare quello che mi dicevano gli altri, anche a casa. L’unica cosa che mi piaceva della scuola era far casino con i compagni… Ora capisco che il mio atteggiamento era sbagliato, se potessi tornare indietro non rifarei gli stessi errori… A pensarci bene, c’era una materia che mi piaceva: artistica. Mi è sempre piaciuto disegnare e penso di essere bravo. Prendevo dei buoni voti, ma purtroppo facevano media con le prove di storia dell’arte. Quello che mi piaceva del disegno era poter creare delle cose a partire dalla mia fantasia e dalla mia immaginazione, senza troppe costrizioni imposte da qualcun altro. (Continua a pag.11)
News insegnanti Gruppo Abele
Lettera a una professoressa ... Lo stuzzicadenti
(Continua da pag.10) Una volta, sempre nelle ore di artistica , ho fatto un disegno di un uccello con uno sfondo alberato che è venuto benissimo. Ero molto orgoglioso, secondo me avrebbero dovuto esporlo… Alle medie ho avuto comunque dei prof con cui mi sono trovato bene, come ad esempio quella di matematica: mi sapeva prendere e io ricambiavo. Mi capiva. Era una con cui si poteva parlare. Io la percepivo come una persona presente, vicina, era più di una prof per me. Come dicevo, oggi mi rendo conto di aver comunque sbagliato, non rifarei gli stessi errori. Il prossimo anno conto di iscrivermi a un corso da tornitore meccanico. Sono determinato a prendere una qualifica, per potermi costruire un futuro nel mondo del lavoro. Che tipo di scuola spero di trovare il prossimo settembre? Una scuola che sappia apprezzare le mie capacità creative e dei prof capaci di ascoltare e di capire le mie “difficoltà” senza fare “muro contro muro”, come la mia prof di mate delle medie, che quando non facevo i compiti a casa mi dava la possibilità di farli in classe, anziché mettermi una nota come facevano altri… S.
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L’isola che c’è lo stuzzicadenti
Crisi = pericolo e opportunità Un’ultima riflessione tratta dal blog lascuolaciriguardatutti. In tempo di crisi, un post augura ai lettori di riscoprirci...e riscoprire. Quando ciò che sta accade nella società è la perdita totale di capacità politica (= abilità a governare il bene comune), andiamo alla ricerca di piccole perle di saggezza e di azioni di grande responsabilità sociale agita nel quotidiano che ci rincuorano e fanno risorgere la speranza.
uola deve ce che la sc vo n ra g a e Si dic i più vero. Si n c'è nulla d o n E i . re ia b cam ento a chi c o cambiam st e u q ve e e d d o ie rich quest è chiaro che governa. Ed re perché un a tt bbiamo lo o d e ire n e iusta colloavv trovi la sua g la o u sc la o ende politigiorn osiddette ag c lle e n e n o cazi che. ero se non bierà davv m a c lla u n egniamo in Ma se non ci imp i, o n i o m ia b cam ere ciò di cu a comprend a n o o rs is e b p a ro e prim davv gazzi hanno i bambini, i ra ola una vera u sc re nella va o tr r e p o gn luogo che li er trovare un p , e ità n u rt o p op persone, ch e individui e m o se c , a ltà lg o o c ic ac diff storie e le loro rispetti le loro . Senza l'imre a g o o interr m ia sc la i c n no ogni riforma nuno di noi g o i d o n g pe . nitore vuoto sarà un conte ogare non ha mai finito terr a Chi si lascia in zza e grazie con l’incerte ti n in o i c rs i e tt re e fa di am , forse riuscirà questo, però mbiamento a c l e d n il rischio o c o rt o p p ra ente gli ripro i continuam n va ia io b g m i a c e ch del ver paura A . ire o d n l o o g n vu o p uovo, splorare il n remento, di e onte ad una fr i d li so i n va io lo di lasciare i g al nostro ruo re ia c n u rin , imaltà difficile le, non deve ta e m o c , tre adulto che iovane, men ffiancare il g a a m , ..) e (. rr . o p rada erca la sua st i. a tentoni ric ettono in cris m i c e i ris c in o onnoÈ vero, son avere una c ò u p i ris c in eri ciMa essere a. Nei caratt tiv si o p lto o tazione m rmata dalla la crisi è fo ro a p i che la si e n ideogramm e u d i d e n o olo" e combinazi cano "peric ifi n g si te n e separatam ". "opportunità nzo Emilia De Rie
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Cari colleghi, Vi ricordiamo che il settore insegnanti del Gruppo Abele è a disposizione per un supporto a insegnanti e consigli di classe che devono affrontare situazioni complesse. Inoltre organizza stage di formazione partecipata su vari temi: la relazione, l’ascolto empatico, il cooperative learning, la gestione del gruppo-classe... E’ sufficiente telefonare allo lo sportello d’ascolto attivato ad hoc. A tutti voi buon lavoro!
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