INSEGNAREDUCANDO . N°24 febbraio 2013

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N° 24 2013 Gennaio

Sommario 1. Mi manchi di rispetto 2. Vogliamo gettare la spugna? 3. Non mi fai paura. Ti vengo a cercare! 4. Insegnare ad Ampleto... 5. ...che si crede scarafaggio. 6. Il teatro che affascina i ragazzi. 7. Il virus di Barbiana: curiosi di sapere. 8. Quando i genitori vanno a scuola 9. Cose che nessuno sa. 10. Educare la mente e il cuore 11. SOS insegnanti: uno sportello d’ascolto

Mi manchi di rispetto! o pur n o v e i “Si d i bruch e r a t r soppo ogliono se si v re vede lle... a f r a f le ì no cos ia s o n Dico belle!” upéry aint-Ex S e d e Antoin

Scrive scuola@gru te a ppoabele .org per indica rci la scuola comunità educante che conosc ete. Andremo a “viverla” p e r un giorno in p rim per poterla a persona, “racconta re” a tutti i lett ori della new s.

Cari colleghi, Al rientro dalle vacanze natalizie, riceviamo diverse telefonate di insegnanti delle medie: chiedono aiuto perché non sanno come districarsi con classi difficilissime, allievi impossibili che non hanno alcun rispetto. Che cosa sta succedendo? Non siamo nel bronx di qualche malfamata città. Siamo al nord, in zone tranquille. Eppure accadono le stesse cose che abbiamo visto nelle classi di Chance quando il progetto dei maestri di strada di Napoli era ancora attivo. Con una differenza: qui gli insegnanti non sanno da dove cominciare. L’SOS viene lanciato dall’ultimo arrivato, il supplente di turno buttato allo sbaraglio in quella classe segnata a dito da tutto l’Istituto, dopo che il dirigente l’ha preso in disparte per dirgli: “Si prepari alla battaglia, vedremo se ne uscirà vivo”. La classe degli appestati è quindi un’arena. Il prof un domatore. Quell’insegnante nella fossa dei leoni, coraggiosamente chiama il Gruppo Abele per confrontarsi con chi è abituato trovare strategie nei drammi della strada: “Tutto il mio sapere – ci dice – gli anni spesi all’università e nel dottorato di ricerca, mi sono di poca utilità di fronte a questa banda di ragazzini strafottenti che fanno il loro meglio per rompere le scatole”. Ecco. Il nodo cruciale che viene a galla: rompere!

Ragazzini di 12 anni che mettono in scacco una scuola perché riescono a dimostrare a tutti la loro abilità distruttrice. Cos’ avranno nella testa? Solitamente chi rompe ha una visione ROTTA della sua immagine. Ci sono mille motivi per sentirsi così: drammi familiari, malattie, abusi o più semplicemente disequilibri nella relazione affettiva in casa, ma anche a scuola, dove si trascorre il quotidiano e ci si gioca la faccia. Alcuni ragazzini si assumono il compito di fare da cartina di tornasole e far saltare un sistema che ha qualcosa che non va. Si, cari colleghi, anche se è molto più facile dare la colpa agli allievi e ai loro genitori per la grande maleducazione, sforziamoci di non banalizzare e proviamo ad andare al cuore del problema. La Scuola italiana è in grado di recuperare la sua funzione educativa? E noi insegnanti possiamo fare qualcosa o rinunciamo? I ragazzi fanno ciò che hanno imparato a fare. Ma noi possiamo fargli cambiare idea! I “rotti” hanno bisogno di adulti integri, che non hanno paura, che stanno bene con se stessi e che sanno trasformare la provocazione in occasioni di alleanza. Adulti che sanno guardare negli occhi e parlare col cuore, dicendo loro I CARE. Se non lo facciamo noi, chi lo farà? (continua a pag. 2/3)

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