Insider magazine nov dic2013 luxury&lifestyle

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Circonvallazione Clodia, 78/80 • Roma • Tel. 06 3243556 • info@chemoto-roma.it


Editore Insider Srl Largo Messico, 15 - 00198 Roma +39 06 98353089 Presidente Angela Grimaldi angela.a.grimaldi@insidermagazine.it

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Rapporti Istituzionali Alessandro La Rocca alessandrolarocca@insidermagazine.it Amministratore Delegato Raimondo Cappa amministrazione@insidermagazine.it direttore responsabile Francesca d’Aloja direzione@insidermagazine.it direttore editoriale Mariela A. Gizzi redazione@insidermagazine.it

Cover Nel segno dell'eleganza ph ©Donatella Codonesu

coordinamento REDAZIONE Donatella Codonesu redazione2@insidermagazine.it

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progetto grafico e impaginazione info@csgraphicdesign.it grafica@insidermagazine.it hanno collaborato Alessandra Vittoria Fanelli Andrea Cimbrico Antonella De Santis Carlotta Miceli Picardi Enrico Tonali Ester Maria Lorido Fabio Colivicchi Fabrizio Galazzi Francesco Mantica Gianni Perotti Irene Cappa Laura Di Cosimo Laura Mocci Luisa Espanet Maria Laura Perilli Monia Innocenti Stefano De Angelis Valentina Ughi Valeria Penna Violante Di Palma Vittoria di Venosa William Mattei

travel

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Palazzo Zorzi-Liassidi

Val d’Isère

meraviglie del mondo

L’Hotel dei Congressi è il primo albergo costruito nel cuore dell’Eur nel 1958, e ristrutturato in gran parte nel 2013. Tranquillità, sobria eleganza e servizio accurato ne fanno uno degli alberghi più rinomati ed esclusivi della zona.

RELAZIONI ESTERNE Paolo Carrazza www.cpcagency.it stampa Printer Group Italia Srl www.printergroup.it ANNO 5 - NUMERO 41 Periodicità bimestrale novembre/dicembre 2013

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Cappotti chic

Registrazione presso il Tribunale di Roma al n. 58/2009 del 25/2/2009 Iscrizione del marchio presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti è vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da: INSIDER Srl

Carolina Kostner

La Tognazza

PER LA TUA PUBBLICITà info@insidermagazine.it Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

chef

design

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Kotaro Noda

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i luoghi del benessere

festivity

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HARRY’S BAR ROMA

www.vanni.it

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Hotel dei Congressi Viale Shakespeare, 29 - 00144 Roma Tel +39 06 5926021 - Fax +39 06 5911903 Prenotazioni +39 06 5911923 info@hoteldeicongressiroma.com www.hoteldeicongressiroma.com


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Sout h Africa

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iamo orgogliosi di annunciare che in occasione del “Italian Ambassador’s Perennial Trophy” il 23 novembre viene lanciato a Cape Town il numero zero di Insider Magazine South Africa. La storica regata è un’iniziativa a scopo di beneficenza, indetta per promuovere il valore e la conoscenza a favore di bambini e ragazzi meno fortunati nell’area del Capo. È un evento importante, che merita di essere sostenuto dall’impegno congiunto di persone, istituzioni e media. Insider Magazine è una rivista raffinata dedicata alla cultura dell’eleganza e al meglio del Made in Italy. Da oltre quattro anni racconta la realtà che ci circonda attraverso storie di viaggi, arte, design, sport secondo un personalissimo stile di Free Press e con uno sguardo a storie positive. A rilanciare l’avventura italiana, è con grande piacere che annunciamo oggi un numero zero di Insider Magazine South Africa, nato per veicolare il Made in Italy in una zona del mondo che apprezza enormemente la nostra cultura e più in generale quanto viene dal nostro Paese.

Nata sotto l’egida dell’Ambasciata e del Consolato Italiano, questa nuova edizione della Free Press si focalizza su figure e storie italiane che hanno conquistato il successo in Sudafrica. Un nuovo emozionante viaggio editoriale, un progetto ambizioso che punta a mettere in luce i successi conquistati dagli italiani nel mondo. Questo numero zero conferma la volontà di continuare a procedere sostenendo persone e prodotti che tengono alta la nostra bandiera anche all’estero. Costruita grazie all’integrazione della redazione romana con una neonata redazione a Cape Town, coordinata da Alessia Cabib, la rivista racconta dunque storie italiane in Sudafrica e immagini dell’Italia più interessante per i lettori all’estero. In ultimo, ma non meno importante, vogliamo ringraziare i nostri partner Morgenster, Southern Wind Shipyards, Ferrero, Viglietti e Giuricich, che ci hanno offerto il loro supporto ed hanno creduto nell’iniziativa rendendo possibile questo nuovo progetto ◆

Under the patronage of the Italian National Olympic Committee


relais con vista

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l piccolo relais si trova comodamente inserito al sesto e settimo piano di un palazzo nella zona del Colle Oppio. Un ambiente intimo e raffinato che ospita sole sei stanze, tutte diverse, tutte luminose, eleganti, con pezzi di arredo antichi in armonia con gli spazi lineari e freschi. I dettagli curati, gli oggetti scelti con amore nelle camere come negli spazi comuni. Ogni ambiente racconta un frammento di storia diversa e gode di un affaccio differente sulla cittĂ : Colosseo, Campidoglio, Piazza Venezia, e tutto intorno Roma con la sua bellezza sospesa nel tempo. Un incanto di cui godere anche dalla bella terrazza, scenario ideale per la colazione o per un aperitivo al tramonto.

Luxury in Rome Via delle Terme di Tito, 92 Tel. + 39 064820723

www.relaistermeditito.com


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Nel segno dell’eleganza Il senso estetico della cultura giapponese pervade ogni aspetto della vita quotidiana di raffinata essenzialità. A partire dal cibo Testo e foto di Donatella Codonesu

Himeji, Castello dell’Airone Bianco

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llungato su una serie di isole che vanno dalla latitudine della Siberia a quella di Taiwan, il Giappone presenta una grande varietà di climi e scorci affascinanti. Laghi, vulcani, giardini zen, aironi bianchi su distese innevate sono i soggetti di antiche stampe su seta, oggi visibili negli arredi delle molte case-museo, specchio di una cultura sofisticata e di una raffinata essenzialità artistica. Il periodo in assoluto migliore per visitarlo è la primavera, fra maggio e giugno, quando ogni anno si assiste alla fioritura dei ciliegi e un manto rosa tenue tinge il paesaggio. Atterrando all’aeroporto di Tokyo si viene catapultati in uno scenario fantascientifico, in cui architetture futuristiche lasciano improvvisamente il posto ad antiche pagode o alla calma rarefatta dei giardini zen. Un mondo affollato e caotico dove fra luci al neon, psichedeliche sale da pachinko (le folli e rumorose slot machine che tanto attraggono la gioventù nipponica) e personaggi da fumetto può apparire la sottile e raffinata silouhette di un kimono che sfila a piccoli passi verso uno Shinkanzen, l’ipertecnologico treno ad altissima velocità. Immagini anacronistiche e contraddittorie, che rendono perfettamente l’animo di un Giappone da sempre chiuso al mondo esterno, che ha conservato una forte individualità sia nei confronti della vicina Asia che rispetto al lontano Occidente. Un paese sospeso fra antichissime tradizioni e un futuro che ne riprende i raffinati estetismi proiettandoli su navicelle spaziali. La vasta capitale è la città che meglio incarna questa dualità, con i suoi molti quartieri dalle diverse anime. L’animata Shinjuku, con la trafficata stazione centrale, centro degli affari e dello shopping, la zona della baia, con il celebre mercato del pesce, la vita notturna di Roppongi, l’esclusivo quartiere di Ginza, i ristorantini di Akasaka e la città elettronica di Akihabara, dove si incontrano personaggi manga in carne ed ossa, sono i mille volti di una metropoli che non smette di stupire.

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Sakè all’ingresso di un tempio scintoista

Takayama

Takayama, preghiere all’ingresso del tempio

Kyoto, geisha

Kyoto, tessitura a mano

Se Osaka è più piccola e più omogenea nella sua modernità, Kyoto è invece rimasta per buona parte più intatta. Qui è ancora possibile girovagare in quartieri di piccole costruzioni, i nuovi edifici non sono necessariamente grattacieli e non è infrequente incontrare qualche geisha a passeggio, riparandosi dal sole con il suo prezioso ombrellino di seta. Sono per lo più modelle truccate per servizi fotografici, probabilmente, ma il loro fascino è comunque seducente. Il resto del paese è essenzialmente rurale e cosparso di piccoli centri ben conservati e antichi complessi di templi buddisti, regolarmente frequentati. L’estensione del Giappone non permette una visita esaustiva, ma spostandosi in treno lungo il tragitto che va da Tokyo all’isola di Miyajima, lungo le regioni di Hokkaido e Kansai, si possono cogliere molte suggestioni. A Nikko si arriva in giornata dalla capitale per un’escursione fra antichi templi in legno scolpito e dipinto. La zona di Hakone, sulle pendici

del gigantesco vulcano Fuji, offre la possibilità di passeggiate intorno al lago e bagni nelle onsen, le sorgenti di acqua termale. Qui come altrove, sostare in un ryokan è un’esperienza indimenticabile: si tratta di b&b tradizionali, dove si dorme sui tatami, si mangiano cene di innumerevoli micro-portate e… si parla praticamente solo giapponese! Verso nord si incontrano Kamakura, sovrastata da un Budda gigante, Takayama, con le case di legno e le fabbriche di sakè, Kanazawa, famosa per le antiche case da tè, regno delle geishe. A Kyoto fra le molte vestigia del passato è imperdibile il padiglione d’oro, soggetto dell’omonimo racconto capolavoro di Yukio Mishima. Nara si raggiunge in giornata dalla città, per passeggiare ancora fra i templi ma insieme a centinaia di cervi allo stato brado, ammirando la collezione di mille antiche lanterne in metallo. Ad Himeji vale la pena visitare l’imponente castello dell’airone bianco, ispirazione di celebri set come quello di un noto 007 e de “L’ultimo Samurai” con Tom Cruise.

cover story


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Tè verde

Nara

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Kyoto, negozio di bacchette

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Tutte vestigia imperdibili, ma le immagini del Giappone sono indubbiamente legate ad senso estetico raffinato ed essenziale anche nella cucina, che è un’esperienza a sé e della quale il noto sushi rappresenta solo l’aspetto fast food. La prelibata carne di mucca kobe o wagyu, massaggiata fino a sciogliere il grasso per renderla incredibilmente morbida, si mangia in costose steack house. Qui, come nei sushi bar e in molti altri ristoranti, ci si può sedere al banco ed osservare la perizia degli chef mentre preparano i piatti

su piastre di metallo incandescenti e li servono in elaborate composizioni. Il tofu, tanto insipido da noi, è un formaggio di soia delicato, che può assumere consistenza e sapore molto diversi ed interessanti. Articolata e multiforme, la gastronomia giapponese è tanto varia da essere organizzata in ristoranti dedicati: kobe, tempura, tofu, ramen, soba, udon, tori sono i “temi” dei molti locali e le molte possibili declinazioni di un’arte culinaria che tiene in gran conto la presentazione dei piatti.

Takayama, produzione di sakè


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Lo street food può costituire una piacevole alternativa, ma la quintessenza dell’esperienza gastronomica in Giappone è senz’altro la cena in un ristorante tradizionale, in ginocchio sul tatami, serviti da ossequiose cameriere in kimono che retrocedono per non darvi le spalle. Preceduti dal liquore di prugna (aperitivo) e accompagnati dal saké, i molti assaggi di cibo che costituiscono il menù sono disposti come

su una tavolozza di pittore. Le tecniche di cottura sono elaborate ma attente a non alterare il sapore della materia prima, e il gusto delicato delle pietanze risulta quasi sempre ottimo anche per il palato occidentale. Il carattere di questa cucina, più che di ogni altra, è imprescindibile dalla vista e l’esperienza di un viaggio in Giappone passa innanzitutto per i suoi piatti ◆

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VAL D’ISèRE

LE ALPI FRANCESI DELLA SAVOIA nella regione del Rodano-Alpi, l’importantissima stazione invernale ha una forte vocazione turistica, sportiva e di ospitalità di Alessandra Vittoria Fanelli ph Andy Parant - www.andiparant.com

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egno della neve, vero oro bianco, Val d’Isère posta nella Savoia a 1.850 metri d’altezza, racchiude in sé tutti gli ingredienti per gli appassionati della montagna, della natura e dello ski. Situata al di là delle Alpi a pochi chilometri dal confine italiano, è una stazione sciistica famosa per essere il villaggio dove è cresciuto la leggenda vivente dello sci di tutti i tempi, Jean-Claude Killy. Già campione della X° edizione dei Giochi Olimpici invernali di Grenoble 1968, Val d’Isére e la vicina Tignes hanno dedicato al suo nome il villaggio Espace Killy e la pista più affascinante, ideale solo per i provetti sciatori, naturalmente! Val d’Isère, una della più note destinazioni internazionali per gli sport invernali, dispone di tutto ciò che è necessario per una vacanza-neve perfetta. D’inverno poi vive la sua intensa stagione, sia per la diverse attività sciistiche quali sci alpino e di fondo, parapendio, biathlon, ice-climbing, pattinaggio, partite di polo, sia per il mondanissimo après-ski: bar, ristoranti, diversi shopping centre e del nuovo Centre Aquasportif, un vero universo di benessere per adulti e bambini. La sua stagione invernale si inaugura ufficialmente durante il weekend del 30 novembre/1° dicembre con l’evento ‘Premières Traces’, che permette di iniziare bene l’attività sciistica con l’offerta di due notti in hotel, due giorni di ski pass, mezza giornata alla scoperta del comprensorio sciistico con istruttori diplomati e un ingresso alla piscina del centro Oxygent, a tariffe particolarmente agevolate. Val d’Isère è anche un concentrato di stelle Michelin per la gustosa cucina savoiarda e i nuovi indirizzi gourmand come l’Atelier d’Edmond curato da Benoit Vidal. Come esperienza veramente unica, non può mancare una sosta al ristorantestalla (sì, proprio così, lo spazio ristorante è stato ricavato dalla stalla perfettamente funzionante) l’Etable d’Alain dove si gusta ovviamente la ‘raclette’, tipica ricetta della Savoia, mentre dall’altra parte dell’ampia vetrata divisoria, si percepisce lo sguardo delle mucche che ci osservano con indifferenza mentre si cibano del loro mangime.


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Raclette piatto tipico - ph F. Cavazzana

Non a caso il ristorante è sempre superprenotato da famiglie con bimbi che si divertono a guardare le mucche piuttosto che cenare. A Val d’Isère la cultura dell’accoglienza è il valore aggiunto per l’ampia e diversificata offerta di ospitalità: chalet, hotel, bed&breakfast, residences, appartamenti per tutte tasche. Però per regalarsi una vera vacanza di lusso ecco tra i più rinomati hotel della zona il cinque stelle Avenue Lodge Hotel, che si contraddistingue per il concept di design curato da Jean-Philippe Nuel per il gruppo di Michel Bouvier, esperto in hotellerie e proprietario di altri hotel di design a Parigi. Situato in pieno centro e distante solo 300 metri dalle piste, l’hotel presenta un’atmosfera anni ‘50, omaggio al periodo del massimo sviluppo degli sport invernali.

Le 54 camere (che includono due suites) presentano tipologie differenti: materiali naturali, legni caldi, copriletti di pelliccia, biancheria di Pierre Frey. I colori delicati del grigio dei rivestimenti e degli arredi sono animati dal tocco rosso della parete divisoria tra la camera e la stanza da bagno, dotata, naturalmente, di vasca Jacuzzi. La struttura dispone di un bistrot-ristorante curato dallo chef Patrick Duclos, che propone piatti della cucina savoiarda ma non dimentica di offrire la classica ‘terrine di fois gras de volaille’ o il celebre piatto di ostriche e champagne per i più esigenti. Nella sala-lounge il grande camino sempre acceso e le comode poltrone rivestite in cavallino creano un ambiente caldo e rilassante dove passare la serata dopo la giornata passata sulle piste.

Hotel Avenue Lodge

La bellezza dell’hotel si esprime attraverso la sua spa progettata sempre da Jean-Philppe Nuel, che ha utilizzato materiali quali l’ardesia, il legno e pietre naturali con la stesa cromia di colori che si trovano nelle parti comuni, dominate, appunto, dal rosso. Particolarmente affascinanti i lampadari a led realizzati con le corna di cervo che sovrastano la grande piscina Jacuzzi riscaldata. Dunque perchè non approfittare della ‘Magie de Noel’ quando il villaggio si riempe di luci, viene avvolto dal bianco della neve e illuminato delle piste accese con le torce e dai concerti che si tengono in tutta la valle? Val d’Isère e Avenue Lodge Hotel: uno spettacolo semplicemente meraviglioso ◆

INFO Italia Atoutfrance - www.rendezvousenfrance.com Francia Ufficio del Turismo Val d’Isère - www.valdisere.com Viaggiare In treno: da Milano per Val d’Isère, stazione di Chambery + pullman di linea In aereo: da Roma per Lyon o Ginevra con Alitalia, Air France e Swissair + pullman di linea Dormire Avenue Lodge Hotel - www.hotelavenuelodge.com Cenare Etable d’Alain: l’Androit, Val d’Isère

Val d'Isere Atmosfera natalizia


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L’IMMUTATO FASCINO DELLA SERENISSIMA è quanto si ritrova nel quattrocentesco palazzo Zorzi-Liassìdi ora splendido Palace Hotel di grande bellezza e perfetta ospitalità di Alessandra Vittoria Fanelli

Ingresso hotel dal canale

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legante esempio di architettura gotico veneziana il Liassìdi Palace Hotel, contraddistinto da una facciata dominata da un’esafora coronata da decorazioni in marmo, è situato sulla storica Riva degli Schiavoni, cuore di una Venezia ancora autentica, ed ha mantenuto la propria identità veneziana che ricorda l’immutato fascino dei Dogi. Affacciato sul Canal San Lorenzo il Liassìdi Palace Hotel è tra i pochi hotel di Venezia a essere vicino alla Chiesa di San Giorgio dei Greci con i suoi capolavori di arte bizantina e alla Scuola di San Nicolò con la splendida collezione di icone. Liassìdi prende il nome della famiglia cipriota, proprietaria del

palazzo fino ai primi del ‘900. Un altro legame unisce la storia di questo edificio all’isola di Cipro: nel 1436 fu acquistato dalla famiglia Zorzi-Corner che già dagli inizi del ’500 aveva un ruolo di primo piano nella vita economica e politica della Serenissima Repubblica, annoverando tra i suoi membri la famosa Caterina Cornaro che fu appunto regina di Cipro. Questo palazzo di antica storia e di grande bellezza è stato riconvertito nel 2003 in hotel dalla famiglia Caputo, noti imprenditori di hôtellerie (non solo a Venezia), e sotto la sapiente guida di Stefano Caputo è stato recentemente restaurato, riportato all’antico splendore e dotato delle più moderne tecnologie in materia di sicurezza e comfort per i propri ospiti.

L’ingresso da Calle della Madonna introduce nella corte, un vero piccolo salotto tra gelsomini e piante di limone sul quale si affaccia la hall dell’albergo, unione tra il design italiano e l’eleganza di un’antica dimora veneziana. L’entrata, per i più romantici con la gondola e per gli uomini d’affari via motoscafo, si effettua direttamente dal Canal San Lorenzo. Cuore di questo esclusivo hotel a Venezia, diventato nel frattempo membro dei Small Luxury Hotels of the World, è l’ampio salone situato al piano nobile, che a richiesta può trasformarsi in una affascinante conference hall per matrimoni, convention aziendali o eventi culturali personalizzati. I suoi alti soffitti, decorati da travi a vista e da bei lampadari di Murano, gli eleganti arredi e la splendida esafora affacciata sul canale ne fanno un ambiente esclusivo e signorile. All’ultimo piano l’hotel dispone di un’elegante sala, che il vetro smerigliato delle ampie finestre e le pareti in noce nazionale rendono particolarmente accogliente e ideale per piccole ed esclusive riunioni di lavoro. Ognuna delle 26 stanze dell’hotel è dotata di una propria personalità, scaturita dall’unione di design ed eleganza con la tradizione, in un unico equilibrio grazie all’inconsueto abbinamento dei materiali: il rovere chiaro si sposa con l’oro delle testiere intagliate, le sfumature scure del noce nazionale con il colori caldi delle stoffe. Le linee morbide ed eleganti di questi arredi si fondono con le forme contemporanee delle cornici in metallo satinato e delle console in ottone e vetro. Il cuore moderno di questi piccoli universi è racchiuso in armadi rivestiti in piccoli specchi, nelle lampade di design e nelle grandi tele che riproducono alcune tra le opere di

pittura più importanti degli ultimi due secoli. Il terrazzo alla veneziana impreziosisce alcune stanze del piano nobile, le venature chiare del parquet creano una calda atmosfera nelle altre camere distribuite su tre piani. Alcune offrono una romantica intimità, altre, dalle alte pareti, sono arricchite da finestre gotiche o da un’elegante trifora. L’hotel è anche dotato di un comodo ascensore accessibile ai clienti con difficoltà motorie in modo che possano raggiungere senza difficoltà il piano nobile. Al piano terra gli ospiti sono accolti nelle due sale adibite a colazione. In queste sale affacciate sul Canale San Lorenzo viene servito un ricco buffet accompagnato dallo sciabordio delle acque mosse dalle gondole. In questa rilassata atmosfera si accede al Liassidi Bar dove si può gustare il tradizionale spritz, che il barman del Liassidi prepara con particolare perizia. È l’aperitivo alcolico italiano di origini veneziane a base di vino bianco, o prosecco, bitter e seltz, conosciuto in tutto il mondo, e non si può lasciare Venezia senza averlo bevuto almeno una volta. Riservatezza e cortesia caratterizzano lo staff del Palace Hotel Liassidi, a completa disposizione degli ospiti per rendere il loro soggiorno veneziano indimenticabile: consigliare il tradizionale ‘bacaro’ per gustare le pietanze tipiche del luogo come le sarde in saór a base di cipolle in agrodolce (sardèè in saór) o prenotare un concerto di Vivaldi nella vicina chiesa di Santa Maria della Visitazione o della Pietà, secondo la denominazione popolare, una gemma dell’architettura veneziana dove Vivaldi scrisse le famose ‘Quattro Stagioni’ o al teatro La Fenice completamente ristrutturato.


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Superior Suite

resort

Non solo: una breve passeggiata è sufficiente per gli ospiti dell’Hotel per raggiungere a piedi e senza incontrare alcun ponte la stupefacente piazza San Marco, dominata dalla facciata marmorea del XII secolo della Basilica e dall’impressionante campanile, il ‘paron de casa’, come lo chiamano i veneziani. O per raggiungere la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, dove si può ammirare il famoso ciclo pittorico di Carpaccio, scoprire i tesori della Chiesa di San Zaccaria o quelli di San Giovanni in Bragora, una delle più antiche chiese della città. Il Liassìdi Palace Hotel è facilmente raggiungibile sia dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia sia da Piazzale Roma e dal Tronchetto con i comodi vaporetti della linea 1,per chi desidera assaporare il fascino veneziano attraverso le bellezze del Canal Grande. E nella magica atmosfera delle prossime festività veneziane, attende i suoi ospiti con la consueta accoglienza per un soggiorno veramente unico ◆ www.liassidipalacehotel.com

Sala colazioni di fronte al canale Salone nobile al primo piano

A Venezia l’Osteria Oliva Nera per riscoprire i sapori dei Dogi Adiacente al Liassidi Palace Hotel, sempre nel sestiere di Castello, si trova l’accogliente Osteria Oliva Nera, vero gioiello gourmand ideale per riscoprire i tipici sapori veneziani. Il locale è piccolo e arredato con gusto e il suo dehor, che si apre sulla Salizada dei Greci, è ambito da tutti gli avventori perchè lì si respirano ancora le atmosfere della Serenissima, accolti con simpatia dai proprietari e dall’estroversa Isabella che descrive con innata competenza i menu. Ecco per i lettori di INSIDER magazine una tipica ricetta veneziana facile da realizzare tra le mura domestiche: il ‘Fegato alla veneziana’. Appassire su burro e olio di oliva molto lentamente il fegato rigorosamente di vitello con cipolle bianche e quando le cipolle risultano dorate aggiungere il fegato tagliato sottile e alla fine guarnire con pinoli e polenta. www.olivanera.com


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MASSERIA POTENTI

vacanze di charme in Puglia di Laura Di Cosimo

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a Puglia, quest’antica terra laboriosa, è sicuramente tra le mete vacanziere più apprezzate dagli italiani e dai turisti

provenienti da tutte le parti del mondo. La sua storia antica, i capolavori artistici, i paesaggi naturali, le sue spiagge da sogno, insieme ai colori e agli intensi sapori della sua cucina,

narrano di una regione che esprime tutto il calore del Sud, generoso e accogliente. E le masserie pugliesi, antiche realtà rurali spesso trasformate in resort di charme, raccontano

bene il fascino genuino di un’area, così piena di tanti e nuovi luoghi da scoprire. La masseria Potenti, nel comune di Manduria, racchiude tante di queste peculiarità pugliesi,


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accogliendo gli ospiti in una rilassata atmosfera conviviale e facendoli sentire da subito “come a casa propria”. La masseria è stata restaurata e curata nei minimi particolari dalla sua affascinante proprietaria Maria Grazia Di Lauro Tommasino, che è riuscita a mantenerne intatto tutto il fascino originario da dimora contadina, con soluzioni semplici ma davvero raffinate, molto curate in ogni singolo aspetto. Le stanze sono arredate ognuna da tanti piccoli particolari che ne fanno una diversa dall’altra, da scegliere in base alle proprie preferenze, apprezzando soprattutto la quiete e il silenzio di tutte. Davanti all’edificio si ammirano succulente piante di fichi

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d’India, ma sono soprattutto la distesa di ulivi ed i vigneti di proprietà circostanti, a creare quella giusta atmosfera che richiama alla terra e al “duro” lavoro di campagna. Infatti, la Masseria Potenti oltre ad essere un elegante resort, ha sempre mantenuto la sua operosa funzione agricola, producendo olio e vino di qualità, rimanendo aperta durante tutto l’anno con varie attività che seguono il ritmo delle stagioni: in estate si privilegiano soprattutto il mare, con visita alle meravigliose spiagge, con escursioni nella natura incontaminata delle riserve marine o godendosi il relax nella bella piscina scoperta, circondati da alberi e profumi odorosi di macchia mediterranea.

In inverno, compreso il periodo delle feste natalizie, la masseria diventa una grande e accogliente casa di campagna, dove è possibile prendersi cura di sé stessi, alla ricerca di rigenerante tranquillità. Per Natale, ad esempio, si organizzano dei corsi di Cucina Mediterranea, legata alle materie prime del territorio, insieme a Corsi di decorazione della tavola, soprattutto nelle occasioni di festa. Inoltre, legandosi alla ricerca del benessere, proprio in questo periodo si organizza una settimana di full immersion nella disciplina yoga, circondati dal silenzio della natura, alternando questa attività a delle lunghe camminate nel verde. Su richiesta, è anche possibile organizzare passeggiate a cavallo nei boschi che circondano la vasta proprietà. Tra i momenti più belli della giornata, rievocando le nostre migliori tradizioni, c’è il “magico” riunirsi intorno alla tavola, sempre curata nel dettaglio con deliziosi centritavola realizzati con erbe aromatiche, frutta di stagione, oppure oggetti scovati nei viaggi dalla dinamica proprietaria.


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Nelle calde e luminose vacanze estive o in inverno, magari davanti a un meraviglioso camino acceso, il cibo genuino, il vino, i profumi della campagna, il silenzio, le gentili persone del luogo che curano le squisite preparazioni culinarie insieme alla padrona di casa, aiutano a trascorrere il tempo con il ritmo giusto, che ci ritempra dalle nostre vite spesso troppo frenetiche, facendoci assaporare appieno l’incantevole ospitalità di questo angolo della Puglia ◆

MASSERIA POTENTI

Contrada Potenti - 740424 Manduria (TA) Tel. 099 9735408, Cell. 3387369777 Email ptommasino@hotmail.it La masseria è aperta tutto l’anno


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CASTELLO DELLA MANTA

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Ph © Giorgio Majno

l Castello della Manta, nei dintorni di Saluzzo, sorge su una delle colline della valle Varaita, in vista del Monviso. L’antica struttura, nata nel corso del XII secolo come semplice avamposto militare, venne probabilmente trasformata tra il Duecento e il Trecento in una vera e propria roccaforte. Fu nel corso del XV secolo che la fortezza iniziò a subire un’importante svolta in senso residenziale. L’aspetto attuale del complesso è frutto quindi di rimaneggiamenti e aggregazioni operate durante i secoli, tanto che ancora oggi sono ben individuabili i tre blocchi che compongono la struttura castellana: il primo, più antico, voluto da Valerano Saluzzo della Manta nel Quattrocento, il secondo commissionato da Michele Antonio Saluzzo dopo la metà del Cinquecento e l’ultimo, aggiunto per volere di Valerio Saluzzo nel corso del XVI secolo. Fu Valerano a commissionare la realizzazione degli affreschi che adornano il Salone baronale: uno dei più importanti cicli pittorici profani di epoca tardo-gotica. Le pitture murali, eseguite da un artista noto come “Maestro della Manta”, esprimono pienamente la passione della società aristocratica del tempo per la cultura cavalleresca, con i suoi miti, i suoi ideali e i suoi codici di comportamento. La Sala infatti era un luogo di rappresentanza, dove il signore celebrava il proprio potere attraverso il fasto e l’esibizione di una cultura comune alle altre corti europee. La scelta del soggetto fu ispirata dal poema cavalleresco in lingua francese Le chevalier errant. Sulla parete è rappresentato uno straordinario corteo di nove prodi (tre pagani, tre ebrei e tre cristiani) e di nove eroine della mitologia e della storia antica, tutti abbigliati secondo la più ricca moda parigina del tempo. Sulla parete opposta compare invece il mito del tardo medioevo della Fontana della giovinezza: la miracolosa sorgente che, secondo la

tradizione, possedeva la virtù di ringiovanire gli anziani, ridare bellezza alle dame e preservare dalle malattie. L’arte manierista del Cinquecento trova invece una notevole testimonianza nel Salone delle grottesche che, insieme all’attiguo Corridoio delle Fatiche di Ercole, costituivano l’appartamento di rappresentanza voluto intorno al 1560 da Michele Antonio della Manta. Il salone presenta un soffitto finemente dipinto e decorato con stucchi, rovine antiche, architetture rinascimentali e “grottesche”: decorazioni ispirate alle Logge Vaticane di Raffaello a Roma, frutto della cultura classicista dell’Italia centrale di quel periodo. La piccola Chiesa Castellana, edificata da Valerano e un tempo parte integrante della proprietà dei Saluzzo, ospita nell’abside uno splendido ciclo di affreschi quattrocenteschi raffiguranti la Passione di Cristo, della stessa epoca del Salone baronale. Il Castello della Manta è oggi proprietà del FAI - Fondo Ambiente Italiano, grazie alla donazione effettuata nel 1984 dalla sua ultima proprietaria, Elisabetta De Rege Provana che, assieme al marito Francesco De Rege, ha così voluto assicurare la protezione e il futuro del Castello, permettendo a tutti di visitarlo e ammirarlo ◆ www.fondoambiente.it


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Biblioteca Apostolica Vaticana, Sala stampati

BIBLIOTECHE, MERAVIGLIE DEL MONDO Patrimoni inestimabili, fra storie centenarie e sfide al futuro: le cattedrali del sapere sono anche luogo di aggregazione sociale

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Biblioteca Apostolica Vaticana, Salone Sistino

eggere, leggere, e poi ancora leggere. Il futuro di tutti noi passa anche da qui, dalla lettura e dai luoghi pensati e costruiti perché ciò possa accadere: le Biblioteche, ovvero spazi pubblici in evoluzione, vere e proprie sfide al futuro e progetti di riqualificazione urbana. Nell’ultima classifica stilata dal settimanale Panorama delle biblioteche più belle del mondo, dalle più antiche e con una grande tradizione secolare fra gli scaffali alle più moderne votate al design, non potevano mancare la Biblioteca Oratoriana dei Girolamini di Napoli e la Biblioteca Apostolica Vaticana a Roma. Dagli Stati Uniti all’Europa passando per l’Asia, il destino di tutte queste biblioteche è lo stesso, destare meraviglia in grandi e piccoli appena si varca la soglia d’ingresso e trasmettere un messaggio chiaro: la cultura dev’essere al centro ogni qual volta si vuole costruire una società più equa e democratica, ma anche una economia più forte.


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Biblioteca Centro Cultura Nembro

Biblioteca Nazionale Braidense, Sala Teresiana

Nell’elenco di queste stupefacenti cattedrali del sapere un posto particolare va riservato alla colossale Biblioteca di Pechino che contiene 29 milioni di libri, conta una superficie di 250mila metri quadrati, è aperta tutti i giorni dell’anno ospitando ogni giorno 12mila lettori, ed è la seconda biblioteca più grande del mondo, dopo la Library of Congress di Washington con la sontuosa ‘Great Hall’. Senza dimenticarsi naturalmente della nuova Biblioteca Pubblica di Amsterdam, diamante grezzo a livello mondiale: disegnata dall’architetto olandese Jo Coenen, si presenta con 28mila mq quadri disposti su dieci piani e 1200 confortevoli postazioni di lettura di cui la metà con computer naturalmente connesso a Internet, la possibilità di accesso sette giorni su sette dalle dieci del mattino alle dieci di sera e il prestito completamente automatizzato; o ancora La Biblioteca del Trinity College di Dublino fondata nel 1712. In Italia invece destano interesse la Biblioteca Oratoriana dei Girolamini di Napoli, con un patrimonio librario di circa 159.700 unità tra volumi ed opuscoli, tra i quali 137 stampati musicali, 5.000 edizioni del Cinquecento, 120 incunabili, 10.000 edizioni rare e di pregio, e la Biblioteca Apostolica Vaticana, che custodisce un ricchissimo patrimonio composto di circa 180.000 volumi manoscritti e d’archivio, 1.600.000 di libri stampati, circa 9000 incunaboli, 300.000 tra monete e medaglie, 150.000 fra stampe, disegni e matrici, e oltre 150.000 fotografie antiche.

Biblioteca Centro Cultura Nembro

Le biblioteche sono patrimoni inestimabili, non solo per la loro funzione di tutela della conoscenza, ma perché svolgono uno straordinario ruolo di aggregazione sociale, bandendo differenze culturali, religiose o politiche. E se al livello internazionale le biblioteche sono rappresentate dall’IFLA (International Federation of Library Associations and Institutions), in Italia è compito dell’AIB (Associazione Italiana Biblioteche) promuoverle sottolineando il valore professionale dei bibliotecari, anche organizzando eventi nazionali. Tra le moltissime manifestazioni, un ruolo decisamente trasversale ha assunto negli ultimi due anni il BiblioPride. Dopo Napoli 2012 è toccato a Firenze portare in piazza l’orgoglio delle biblioteche con una grande festa il 5 ottobre scorso nella splendida cornice di Piazza Santa Croce. A Napoli guest star era stato lo scrittore Andrea Camilleri, a Firenze è toccato al filologo e saggista Luciano Canfora, per ribadire che investire nelle biblioteche significa investire nel futuro: ‘Deve cambiare la struttura del bilancio dello Stato, ad oggi perverso e fondato su valori capovolti. Andiamo a portare chissà quale contributo militare ai quattro angoli del pianeta, compriamo aerei costosissimi e già desueti, quando per costruire un Nuovo Ordine la lettura pubblica, in tutte le forme possibili, con i supporti più nuovi e più sofisticati possibili, è l’architrave’ ◆

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Biblioteca Tiraboschi

A ROMA IL 58° CONGRESSO NAZIONALE Si svolgerà il 28 e 29 novembre nell’Aula Magna dell’Università Roma Tre di Roma il 58° Congresso Nazionale delle Biblioteche, sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica. Titolo del convegno ‘Quale lavoro in biblioteca?’ sul tema del lavoro in biblioteca per i giovani e sul ruolo fondamentale e il valore professionale dei bibliotecari. Per maggiori informazioni sul programma www.aib.it


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Africa

il futuro prossimo dell’economia di William Mattei - Responsabile Ufficio Studi Genesi Uln Sim SpA

Anticipare le mode finanziarie Quando l’Occidente cerca di farsi un’idea dell’Africa, l’immagine mentale che si forma è quella legata a conflitti sanguinari senza termine o a luoghi di vacanza. Coloro che puntano ad individuare le potenzialità insite in un investimento nei paesi africani, si possono rendere conto in tempi stretti che la scommessa finanziaria sul continente è ancora agli albori. Il lancio dei fondi comuni di investimento dedicati all’economia africana è stato finora guidato solo da un ristretto numero di grandi case di investimento. In questa scheda, dedicata alle idee di investimento, abbiamo voluto sintetizzare i punti di forza che stanno alla base del successo del continente africano. Alcuni numeri Il continente africano ospita 53 paesi. Negli ultimi tre decenni il numero di nazioni con regimi democratici è passato da 10 a 33. Il continente ha quasi un miliardo di abitanti, il 30% in più dell’Europa, Russia inclusa. Si tratta di una popolazione giovane in costante crescita, un enorme potenziale per il futuro. L’Onu segnala che la popolazione che vive con meno di 1,25 Usd (il limite della povertà estrema) raggiunge picchi del 51% nell’Africa sub sahariana. Il PIL passerà dal 5,1% del 2012 al 5,4% questo anno e nel 2014 toccherà il 5,7%. Secondo le Nazioni Unite, la crescita della popolazione in africa verso il 2015 è prevista accelerare più velocemente che in qualsiasi altra parte del mondo, ad un tasso del 2,2%. Come risultato ci si attende che l’Africa diventi il luogo dove risiederà la popolazione più giovane del mondo e, le interessanti opportunità di investimento arriveranno nel momento in cui i giovani lavoratori spenderanno i propri guadagni. Le risorse Da non trascurare la ricchezza di risorse naturali che caratterizza questo continente: il 30% dell’oro mondiale proviene da qui, così come almeno il 50% dei diamanti, per non parlare del platino. E che dire del petrolio? L’oro nero africano appare spesso sottovalutato o sottostimato, come se il suo valore fosse inferiore a quello proveniente dal Medio Oriente. Non dimentichiamoci che la Nigeria è il sesto esportatore mondiale e che nel Golfo della Guinea, nell’area saheliana e nel Sudan, sono presenti riserve non quantificate perchè ancora da esplorare interamente. L'Africa

è ricca di materie prime, ma ora punta anche su altri settori. Il Ruanda, per esempio, sta investendo nella crescita nel settore Information Technology con l'ICT Park di Kigali, la capitale. Nell'ottobre dello scorso anno è nato il mercato comune africano, che raccoglie 26 stati, dalla fusione del COMESA (Mercato Comune dell'Africa Orientale e Australe), l'EAC (Comunità Economica Africana) e la SADC (Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale). Il Fmi ha aumentato fino a 1,5 miliardi di dollari le risorse destinate al continente, il doppio dell'anno scorso. Anche la Harvard Business Review ha inserito gli investimenti in Africa fra i consigli di business per il 2009. Paul Collier, direttore del Centro Studi sull'Economia Africana di Oxford e Jean Louis Warnholz, ricercatore presso lo stesso istituto, hanno fatto notare come i propri studi su 954 compagnie africane quotate hanno presentato, fra il 2002 e il 2007, un ritorno medio sul capitale fra il 65% e il 70%, superiore a quello dei competitors in Cina, India, Indonesia e Vietnam. Terra di conquista La Cina rappresenta il 20% degli investimenti complessivi realizzati in Africa, allo stesso livello dell’India, che vanta due secoli di operatività nell’area. La Cina continua ad investire nel continente africano, nel quale è già presente in paesi come Angola, Etiopia, Nigeria, Sudan, Zambia e Zimbawe. L’obiettivo del paese asiatico non è esclusivamente quello di importare materie prime e risorse energetiche (dall’Africa importa già il 20% del fabbisogno energetico nazionale) ma anche lo sviluppo di buone opportunità in campo industriale, nel settore delle infrastrutture e in quello agricolo. Tra gli ultimi progetti cinesi realizzati in Africa vi è la costruzione di cinque Zone Economiche Esclusive (Zes) realizzate con capitali cinesi e sfruttate da imprenditori cinesi. Le società australiane stanno riuscendo ad arginare la marcia africana della Cina. Oggi circa il 40% dei progetti minerari africani è controllato da aziende australiane, per un totale di 500 siti ed esplorazioni minerarie che coprono 40 paesi. ‘L'Australia - ha commentato Gina Rinehart, presidente di Hancock deve fare di tutto per restare competitiva sul mercato mondiale e per incoraggiare investimenti nel paese. C'è un grande focus ora sui paesi dell'Africa Occidentale, che va combattuto a tutti i costi’. Le borse valori Negli ultimi 12 anni, il numero delle borse del continente africano è aumentato notevolmente. La capitalizzazione complessiva è dominata dalle quattro piazze maggiori. La piazza borsistica di maggior rilevanza è il Johannesburg Stock Exchange, con l'indice di All Share Index 40, che riunisce i primi 40 titoli in listino; seguono Egitto, Marocco e Nigeria. Questi 4 paesi rappresentano il 60% del Pil totale africano. Tra i paesi di “ultra frontiera” troviamo Algeria, Botswana, Mauritius e Tunisia. Sulla borsa sudafricana prevalgono le aziende attive nel settore minerario e delle risorse naturali. La crescita del numero di piazze borsistiche

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in Africa ha indotto alcuni investitori a prevedere che molte economie del continente si affermeranno come la prossima generazione di mercati emergenti (BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Il Sudafrica si distingue dagli altri mercati nell’Africa subsahariana in quanto appartiene alle file dei mercati emergenti piuttosto che ai mercati di frontiera. L’evoluzione è avvenuta grazie a mercati finanziari ben regolamentati ed evoluti, che si sono sviluppati nel corso della sua lunga storia come leader mondiale in molti rami del settore minerario. Il Paese produce da solo oltre un terzo del reddito continentale, grazie soprattutto alle risorse minerarie (oro, diamanti, platino, ferro, cromo, carbone) e alle industrie collegate. Molte aziende sudafricane hanno caratteristiche che vanno oltre le loro qualità domestiche, ed alcune hanno portata globale. Le società estrattive rappresentano circa il 6% di tutto il PIL sudafricano e danno lavoro a circa 500 mila persone, rivestendo un’importanza fondamentale nel sistema sudafricano, non solo da un punto di vista economico ma anche sociale. Altre aziende stanno cercando di soddisfare una crescente domanda di prodotti al consumo, dal momento che la crescita economica in tutto il continente aumenta il reddito disponibile consumatori. Le società sudafricane sono importanti protagoniste nei mercati delle telecomunicazioni in tutto il continente africano. Anche le aziende al dettaglio sono state attive nel creare attività fiorenti nei mercati africani fuori dal Sudafrica, come hanno fatto alcune società finanziarie. Il Sudafrica vanta uno dei costi più bassi al mondo dell’energia elettrica, circa 42 centesimi di rand (0,035 euro) per kilowatt ora, circa il 93% dell'energia è di origine termica. Tutte queste ragioni spingono a pensare che il Sudafrica possa essere un trampolino per l’esposizione al resto del continente. Come investire Assumere un’esposizione in Africa può essere interessante per l’investitore, ma le disparità geopolitiche implicano scelte non facili. Nonostante i progressi compiuti, la maggior parte dei mercati azionari africani sono ancora piccoli e poco sofisticati. Le società quotate sulla maggior parte delle borse africane sono poche e di dimensioni modeste. In effetti, la capitalizzazione di mercato dell'intero continente è pari a soli 540 miliardi di dollari. Molti mercati africani sono illiquidi e piccoli, percorribili dall’investitore retail solo a patto di affidarsi ai fondi comuni commercializzati dalle grandi società di gestione internazionali o mediante alcuni Etf che tuttavia, essendo costruiti per capitalizzazione, sono fortemente concentrati su poche aziende e particolarmente sbilanciati su settori quali quello minerario e bancario. Ricordiamo comunque che ogni investimento su questa area geografica si caratterizza per un elevato livello di rischio, per cui è opportuno limitarne il peso in portafoglio con un approccio strategico di investimento di lungo periodo ◆


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Recoup: successo USA, made in Italy Due italiani, un’ottima idea di business e la determinazione necessaria per metterla in atto. Ecco come due amici di vecchia data vincono con il cause-marketing. A Washington DC

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laudio Bazzichelli e Gianluca Pivato, romani classe ’67, si conoscono da sempre e da sempre hanno un mito che li unisce: l’America. Potrebbe essere un sogno banale, e invece no. Perché loro lo hanno realizzato. Non solo sposandosi e trasferendosi negli Stati Uniti, ma oggi anche creando una nuova formula di e-commerce che sembra avviata ad un grande successo e che li ha premiati come “Hottest startup in DC”. A riprova che il business e la creatività hanno qualcosa in comune. E che l’Italia ha talenti in ogni campo. Claudio, pilota, laureato in Ingegneria Meccanica ed Aerospaziale alla Cornell University, diviene poi consulente per Accenture e quindi imprenditore, lanciando una casa di moda insieme alla moglie, la stilista newyorkese Alison Miller. A Washington oggi lavora con la comunità Italiana per mantenere intatte cultura e lingua e sogna un giorno di “avere un piede di qua ed uno di là”. Luca, esperto di software e

architettura IT da sempre, è approdato a Washington oltre quindici anni fa per espandere la sua società internazionale. Nel 2012 hanno varato un progetto comune che si chiama Recoup: la prima piattaforma eCommerce dove il concetto del cause-marketing viene commercializzato per connettere aziende, onlus e consumatori al fine di un vantaggio reciproco. In sostanza si tratta di un sito web che mette insieme aziende e associazioni no-profit, commercializzando prodotti di ogni genere (dall’elettronica ai viaggi, passando per gioiellerie, ristoranti e teatri) “scelti in base a qualità, prezzo e affidabilità del commerciante”. L’acquisto, a prezzi scontati, genera una donazione (10% minimo) alla onlus prescelta dall’acquirente stesso. Un’operazione che avvantaggia tutti: le aziende, che promuovono il loro marchio raggiungendo nuovi clienti; le onlus, che ricevono donazioni, maggiore visibilità e entrano in un nuovo canale “social”; i consumatori, che trovano prodotti a prezzi competitivi e possono al tempo

stesso effettuare donazioni (in USA deducibili fiscalmente). Un’operazione accolta con entusiasmo, a giudicare dai numeri totalizzati nel primo anno: 300,000 utenti USA, una rete di 300 partner ONG (Doctors Without Borders e Save the Children, fra gli altri), donazioni per oltre $100,000. “Il modello commerciale si basa su un margine di circa il 20% rispetto al prezzo di vendita e non abbiamo costi di magazzini, inventario e gestione merce”, spiega Claudio, “in questo modo Recoup può gestire una crescita istantanea ed esponenziale”. Due Italiani che come molti hanno scelto di Stati Uniti: una meta o una fuga? “Un’opportunità. Il luogo di lavoro è sempre in funzione degli obiettivi professionali. La fuga invece è un’azione temporanea e oltre un certo periodo di sosta è necessaria in ambedue le direzioni”. Amici da sempre, hanno saputo fondere la vita personale con quella lavorativa, convinti di un fondamentale vantaggio: “Ci si capisce a volo e si parla onestamente e apertamente” e poi, conclude Claudio, “...eventualmente lo posso mandare a quel paese senza che si offenda più di tanto”. L’idea è partita nel maggio 2011, a ottobre il lancio del test e a luglio 2012 il lancio del sito attuale, ma il progetto è in continua evoluzione: dei tempi record rispetto all’Italia, ma loro sono convinti che l’idea possa andar bene anche qui. “Il concetto è abbastanza universale e funziona ovunque, perché - afferma Claudio - alla fine siamo tutti consumatori e quasi tutte le aziende sostengono una spesa notevole per poterci raggiungere; parte di quella spesa può essere recuperata per scopi filantropici”. Così il prossimo obiettivo, una volta che Recoup avrà raggiunto un buon posizionamento nel mercato Americano, sarà quello di

“portare il modello in Europa adattandolo al mercato locale: siamo già alla ricerca di partner locali”. A breve termine, però, “l’obiettivo principale è quello di trovare investitori che ci permettano di raggiungere velocemente un’economia di scala: l’idea è di innescare una reazione a catena dove maggiori entrate generano maggiori donazioni che a loro volta invogliano utenti e ONLUS ad aumentare il loro coinvolgimento. È un ecosistema che una volta innescato cresce in maniera esponenziale”. Un’idea vincente, le giuste capacità e una grande determinazione. Che consiglio dareste a chi abbia progetti potenzialmente buoni da realizzare? “Crea la squadra vincente e dai motivo a tutti di essere completamente coinvolti ed appassionati. Meglio una fetta piccola di una torta grande che una fetta grande di una torta piccola” ◆ DC



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Supercar: le più desiderate dagli italiani Tra le interessanti novità del mercato delle automobili di lusso solo tre vetture A contendersi l’ambito trono nella nicchia delle supercar, le auto a prestazioni di altissimo livello in tutti i termini di Francesco Mantica

Ferrari F12 Berlinetta

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ono tre le auto di altissimo livello che si fanno preferire dagli italiani. Tre, per tre modi diversi di intendere il concetto di quattro ruote: l’eleganza della Aston Martin, l’esclusività della Ferrari e la cattiveria della Lamborghini si mettono a confronto in tre modelli, top della gamma, che chiunque vorrebbe avere nel proprio garage.

Aston Martin Vanquish

Aston Martin Vanquish Con questo suo carattere così irrimediabilmente sportivo ed elegante, la Vanquish versione 2013 è la cabrio più potente mai costruita dalla Aston Martin. Non arriva chiaramente ai livelli della concorrente di cui sopra (573 cv), ma in cambio offre una duttilità senza precedenti: in una perfetta sintesi mette insieme tecnologia avanzata, lusso estremo e prestazioni che ne fanno la miglior GT presente sul mercato. Differentemente dalla Berlinetta non spicca tanto per la guida veloce e andrenalinica, ma è l’auto perfetta per affrontare molti chilometri in totale relax e, di tanto in tanto, lasciarsi andare portandola al limite per ottenere prestazioni di alto livello.

Lamborghini Aventador

Ferrari F12 Berlinetta Il rosso Ferrari non manca mai, quando si parla di auto di massima eccellenza. Il non plus ultra della produzione del Cavallino Rampante stupisce in particolare per il layout “tranquillo” associato ad una dinamica esotica ispirata alla Formula1, che ne fa un’auto a metà tra la Gran Turismo e la supercar: nessuno, prima, aveva mai avuto il coraggio di inserire 740 cavalli in un’auto da usare tutti i giorni. Il dato principe di una vettura come queste, l’accelerazione da 0 a 100, è pertanto sorpassato: si valuta direttamente lo 0-200 km/h, raggiunto dalla Berlinetta in poco più di 8 secondi. La guida potrebbe sembrare difficile in queste condizioni, ma un apparato tecnologico fuori scala a supporto del conduttore gli permette di tenere a bada senza troppi problemi quest’auto così esclusiva.

Lamborghini Aventador Un mostro dell’asfalto, di quelli con il rumore e la personalità del passato, che richiama un’epoca in cui i migliori piloti avevano braccia grosse e muscolose e il ruggito del motore era più importante delle specifiche tecniche. La Aventador non ha né la duttilità su strada della Aston Martin né la tecnologia fuori livello della Ferrari, eppure piace perché è genuina, diretta, irresistibile. Con i suoi 700 cv e quel muso in su che la lancia sull’asfalto come un’arma di impressionante velocità e virilità, è sicuramente l’auto più aggressiva delle tre: non a caso, il nome è preso da una razza di toro da combattimento ◆

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Il Made in Italy Oltre la passione di Gianni Perotti Maserati Ghibli

Non contenti delle 4 ruote sportive l’AlfaRomeo ha abbinato altre due ruote: una bici che porta lo stesso nome della coupé, 4C IFD. Una due ruote da corsa di soli 6,9 Kg, telaio in carbonio, prezzo da 3.500 a 9.500 euro a seconda dei componenti scelti. La ‘maison Maserati’ Tradizionale portavoce del Made in Italy nel Mondo, la Casa Maserati afferma la sua storica eccellenza sportiva anche nelle 4 porte. La Nuova Ghibli presentata a Shanghai ha un carattere più sportivo della più grande Quattroporte e, per esaltare i suoi contenuti stilistici, si è rivolta ad una altro Marchio di grande appeal. La Casa Zegna ha vestito gli interni, curato i particolari dei tessuti e delle pelli con una operazione di taglio e cucito che non va a toccare le caratteristiche tipiche di una vettura Maserati. Abbassi l’aletta del parasole e controlli la fodera della tua giacca in un gesto che sintetizza il meglio. Altra stupefacente novità: motore parsimonioso, un diesel 6 cilindri a V, 3 litri turbo, 330 cv, 260 Km/h, 0-100 Kh in 5,6 secondi. È un diesel, è vero, ma vi si ritrovano lo stile e la sportività della Ghibli SS Coupé del 1967, stessa potenza e stessa velocità di 260 Km/h. Allora aveva un motore benzina piuttosto affamato di quasi 5 litri di cilindrata ma la linea aggressiva e filante fa ancora muovere qualcosa dentro.

Virtus 63

Vespa 1946

Vespa 2014

AlfaRomeo Spyder 4C

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ui si parla di prodotti di cui val la pena parlare, prodotti che nascono da un serbatoio di idee capaci di creare meraviglia e divertimento. Ma la passione a volte non basta. Ci vuole cultura, competenza, tradizione, know-how più una buona dose di fantasia. L’eccellenza nasce da un cocktail perfetto di tutte queste qualità ed è di questa creatività che si alimentano i sogni. L’Italian Style non è una etichetta per tutti i giorni. I must dello stile italiano hanno fatto il giro del mondo perchè soddisfano in modo totale la nostra immaginazione. Le immagini di questa passerella collegano le icone che sono state alla base del Made in Italy con quei prodotti attuali che non hanno tradito lo spirito e la qualità delle idee originali ma hanno seguito una linea evolutiva che non ha mai smesso di stupirci: sempre uguali e sempre all’avanguardia del gusto e della tecnica. Sono l’espressione di gente molto speciale, capace di farti emozionare quando riconosci uno stemma o indovini un design che à già dentro di te. Italian Style: non un giorno come un altro.

Il ‘fattore Alfa’ La nuova coupé 4C non poteva che nascere a Modena, patria di vetture di prestigio, terreno fecondo di eccellenze, di sport, di bellezza. Simbolo di rilancio mondiale del marchio, la 4C si rifà alla mitica ‘osso di seppia’ 1° serie (1966) e alla Giulia Spider Duetto del film ‘Il Laureato’ con Anne Bancroft e Dustin Hoffman. Sarà lanciata sul mercato mondiale il 1° gennaio 2014 ed è l’auto destinata a far rivivere la vera vettura sportiva. ‘Non è uno status symbol - ci tiene a precisare Luis Carl Vignon, a capo di AlfaRomeo - ma un’auto accessibile, da godere tutti i giorni’. Dentro non è affatto spartana e fuori è semplicemente esaltante. L’esatto allestimento dipende dall’elasticità del portafoglio del cliente. E questa versatilità è già una bella novità. Telaio in carbonio, motore centrale, trazione posteriore, 240 cv, rapporto peso/potenza 4:1, 0-100 Kh/h in 4,5 secondi, 1750 cc, 896 Kg, 260 km/h. 1969 AlfaRomeo Spider Duetto

Un mare di bellezza Alcune icone del Made in Italy rivelano la loro perfezione gradualmente, altre colpiscono subito con la forza di un pugno nello stomaco e altre fanno venire le pelle d’oca. È il caso dei motoscafi più famosi del Mondo, i Riva di ieri e di oggi. Sexy e per niente arroganti, si distinguono d’istinto, anche da lontano come un’apparizione di bellezza. Lanciato nel 1962, nello spirito de ‘La Dolce Vita in Mare’, l’Acquarama, capolavoro senza tempo di Carlo Riva, rivive nelle linee del Virtus 63’, il più grande open realizzato dai Cantieri Riva, frutto della collaborazione tra Officina Italiana Design e Advanced Yacht Technology, centro di ricerca e di progettazione navale del Gruppo Ferretti. L’alternanza tra i toni chiari del rovere e quelli più scuri del cuoio e tra le laccature opache e quelle lucide, crea un gioco di stile che dona al nuovo modello un ulteriore tocco di modernità, senza dimenticare la tradizionale eleganza di tutte le imbarcazioni Riva. Gli ambienti spaziosi permettono di vivere la barca in compagnia. Il sedile di guida composto non dal solito scranno solitario, ma da un comodo divano a tre posti consente all’armatore di condividere le gioie e le emozioni del viaggio. Due motori MAN da 1360 mhp assicurano al Virtus elevate prestazioni con una velocità massima di oltre 40 nodi grazie alla sua carena a tunnel direct shaft line. Le nuove frontiere della tecnologia sono qui presenti: silenziosità, leggerezza e delicatezza.

Vespa chi mangia le mele Sempre uguale ma sempre nuova e intrigante la Vespa della ‘motorizzazione a due ruote’ dell’Italia del 1946 non finisce di stupire. Il progetto di Corradino d’Ascanio è talmente semplice e definitivo che a quasi 70 anni dal lancio risulta più appetibile che mai. La versione da 9.000 euro,appena uscita sul mercato mondiale, si chiama 946 ABS, è monocilindrica 4 tempi, 125 cc, avviamento elettrico, cambio automatico, cerchi da 11 pollici. Con un peso di poco più di 100 Kg percorre 55 km con un litro di carburante. Le parti portanti sono in alluminio: Valentino Rossi la adora e fra 50 anni sarà ancora l’icona dell’evasione e del divertimento ◆

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Velasco 43, lo yacht per famiglie La casa costruttrice Janneau, leader a livello mondiale nella produzione di barche a vela e a motore, ha presentato la nuova imbarcazione di lusso del segmento “flybridge”, già nominato a Barca dell’anno 2014

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nnovativo, elegante, potente ma al tempo stesso rassicurante, il Velasco 43 rappresenta un nuovo approccio alla realizzazione di yacht destinati alla famiglia. Disegnato per crociere regolari e sicure ma ad alte velocità, si tratta di un “poweryacht” confortevole ed efficiente in qualsiasi condizione di crociera, grazie soprattutto alle soluzioni tecniche pensate per effettuare con poco sforzo qualsiasi tipo di manovra. La yacht si divide in tre zone: la prima, di governo dell’imbarcazione, con sedili trasformabili in lettini per prendere il sole per gli accompagnanti; la seconda, con

yacht

tavolo, mobile cucina e sofà a “u”; la terza, a poppa, con solarium e doccia. L’imbarcazione offre due solari a prua e accesso diretto alla cabina di comando dal corridoio di tribordo. All’interno presenta una cucina completa con numerosi spazi di stiva. Dispone inoltre di una gran deposito a livello di capacità di immagazzinamento acqua e di combustibile, cabine separate e sei letti. Con il Velasco 43, Jeanneau prende un nuovo senso innovatore nel mondo del disegno del yacht del motore del flybridge. Lo stile contemporaneo e la distribuzione degli spazi viventi interni ed esterni provocano una resa estetica notevole e allo stesso tempo un livello inatteso e superiore di comodità, con una disposizione che è particolarmente ben adattata per le odierne famiglie multi generazionali ◆ FM


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Enrico Fiorenzi

Che Moto! Orgoglio italiano

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l punto esclamativo indica meraviglia e soddisfazione. È di buon auspicio, ma - a dire il vero - è anche la reazione reale di chi entra e si trova davanti tutti i brand del Gruppo Piaggio. Sarà che a Roma più che altrove lo scooter fa differenza, di giorno e di notte... E Piaggio è lo scooter per eccellenza. Concessionari esclusivi dagli anni ’50, la terza generazione della famiglia Fiorenzi prosegue l’attività dei nonni, portandola da Orvieto a Roma nel 2009 e promuovendo con convinzione quello che oggi è divenuto un Gruppo importante a livello internazionale. Enrico Fiorenzi, responsabile della sede romana recentemente trasferita in Circonvallazione Clodia - parla di almeno tre buoni motivi che spiegano la passione e l'orgoglio con cui si dedica al’impresa di famiglia: ‘Piaggio porta il Made in Italy nel mondo, perchè vende veramente ovunque; oggi è un grande Gruppo ed è dunque in grado di offrire una gamma di prodotti molto ampia, inoltre ormai

ha sviluppato una tecnologia sofisticata e all’avanguardia’. La concessionaria oltre a commercializzare tutti i brand del Gruppo cura anche l'usato, esclusivamente ricondizionato, cioè riportato a nuovo per la massima efficienza, e naturalmente garantito secondo gli obblighi di legge. Scelta necessaria, ‘perchè il settore è maturo - spiega - e il mercato della sostituzione interessa grandi numeri: oggi il 40-50% dei nostri clienti possiede già un usato, quindi non trattarlo significherebbe escludere una fetta importante del business’. Che Moto! È dunque una vetrina completa ed importante per tutti i prodotti del Gruppo Piaggio, ma ovviamente l’entusiasmo di Fiorenzi si accende per l’ultimo nato. La novità di fine anno è la Vespa Primavera, remake del mito anni ’70. ‘Completamente rinnovata e con dimensioni di poco maggiori, richiama nelle linee estetiche l'iconica 946: curatissima, con pneumatici più grandi, nuove sospensioni e impianto luci, frecce a led e una gamma di ben sei colori’. Di sicuro un bel regalo natalizio ◆

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Il nuovo iPad è finalmente una realtà

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on si tratterà, come molti pensavano, del modello numero 5 dell’omonima linea, ma di uno strumento tecnologico decisamente differente, enormemente performante dal punto di vista della grafica, della durata e, soprattutto, della leggerezza. Non a caso Tim Cook, salito sul palco il 22 ottobre a San Francisco per presentarlo, ha utilizzato un nome differente a quello che tutti si aspettavano: iPad Air. Dotato di un processore A7 a 64 bit, che lo avvicina a livello di potenza a un computer, è già disponibile in Italia. È uno strumento clamorosamente veloce, per la precisione otto volte di più rispetto a quello uscito nel 2010. Il dispositivo è più sottile del 20% rispetto alla versione precedente e pesa 450 grammi, a confronto con i 640 del suo predecessore. In parallelo è stato presentato anche l’iPad Mini, con display

Retina e lo stesso processore A7 del fratello maggiore. Rispetto all’iPad 4, il nuovo modello ha una performance grafica ben 72 volte superiore, 10 ore di autonomia e una fotocamera frontale da 5 Mp. Come ha avuto modo di dichiarare Jony Ive, designer dei prodotti della Apple, si tratta del “più sottile, il più leggero e il più potente iPad costruito finora”. Ma non basta: il nuovo sistema operativo, Mavericks, è disponibile gratuitamente sul dispositivo. Il nuovo tablet Apple si configura così come una sorta di grande finestra che si apre a 360 gradi su tutte le risorse veicolate attraverso Internet. Un dispositivo tutto nuovo e decisamente rivoluzionario, anche se, come apparenza e modalità di utilizzo, non si discosta molto dai modelli che l’hanno preceduto. Clamorosamente inferiori, invece, i prezzi: iPad Air parte da un prezzo di listino di 479 euro ◆ FM


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a stanza diversa è un luogo senza tempo in cui ogni oggetto è un racconto, ogni cosa ha la sua storia. È uno spazio in continuo divenire nel quale si è avvolti da un’atmosfera surreale, ma è anche il mondo delle possibilità, possibilità di immaginare, di reinvetare, di recuperare le tracce del nostro passato. L’insieme degli oggetti che compongono questo luogo onirico sono accuratamente selezionati, al fine di proporre diverse soluzioni per personalizzare gli ambienti in cui viviamo. L’architetto di interni Sandra Maria Galbo, mette a disposizione il proprio spazio per i prodotti in conto vendita, offre consulenza alla progettazione, all’arredamento ed offre una vetrina sul mondo dell’arte, con l’obbiettivo di coniugare la modernità e la tradizione. La collaborazione con artigiani e fornitori di materiali di finitura (tessuti, rivestimenti, pitture, ecc.) consente di accompagnare coloro che sono alla ricerca della qualità, dalla scelta dell’oggetto alla progettazione dello spazio che dovrà accoglierlo ◆ Valeria Penna

La stanza diversa Via Felice Giordano, 2a • 00197 Roma • +39 06 87652072 • +39 339 3882506 • info@lastanzadiversa.it • s.galbo@lastanzadiversa.it


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L’etica dell’ alta moda

ph Salvatore Scaduto

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angiari” vuol dire “cambiare” in calabrese e siciliano, sia in senso transitivo che riflessivo. Cambiare il mondo e cambiare sé stessi, per capirsi. Un nome che deriva dal preciso intento di promuovere una scelta etica, prima che un brand artigianale di alta moda. Ma la chiave di volta è proprio l’artigianalità: i tessuti sono prodotti al telaio a mano, secondo l’antica tradizione calabrese, e il marchio nasce proprio per tenere in vita questa tessitura. Un’arte di origine grecanica e bizantina, che oggi si unisce a ricerca e innovazione, creando prodotti unici con preziose rifiniture sartoriali, realizzati con materiali e colorazioni biologiche, per la massima sostenibilità ambientale (certificato GOTS). Tutte le fasi di produzione sono made in Italy, ma grazie alla direzione creativa di Paulo Melim Andersson (ex stilista per Martin Margiela, creative director di Chloé e design director di Marni) la collezione PrimaveraEstate 2014 di Cangiari, dopo aver sfilato ad Altaroma, ha debuttato a livello internazionale a Parigi a settembre scorso e si appresta ora ad essere distribuita in tutto il mondo. A caratterizzare gli splendidi modelli il design contemporaneo ed ecologico, coniugato con l’eccellenza della tessitura

ph Salvatore Scaduto

Cangiari, il primo marchio haute couture etico ed ecocompatibile in Italia

artigianale. Per questo autunno-inverno vengono proposte geometrie essenziali e linee sobrie ed eleganti, con giochi di contrasto materico e cromatico nei dettagli, come i bottoni rivestiti in tessuto al telaio a mano, e negli accessori personalizzati. Forme e volumi si sviluppano su un’idea di donna naturalmente aggraziata e la medesima autenticità si riscontra nei colori, strettamente legati alla natura: verde, giallo, arancio e vinaccia. Creato alla fine del 2009 con il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana, il marchio è frutto dell’esperienza di GOEL, un gruppo di cooperative sociali nate dalle piccole-grandi eccellenze della Calabria. Oltre a Cangiari, il Gruppo gestisce altre attività nell’ambito di turismo responsabile, agricoltura biologica, comunicazione e servizi sanitari. Tutte le azioni portate avanti sono tese a creare lavoro “pulito” in una terra difficile, prendendosi cura delle fasce più deboli e operando per il riscatto del territorio. Secondo un motto splendido e fattivo: “l’etica non deve accontentasi di essere solo giusta, ma deve diventare efficace” ◆ www.cangiari.it, www.goel.coop DC


Neil Barrett

chic da sottozero di Luisa Espanet

Moschino

Genny

Bottega Veneta - ph Marcus Tondo/InDigitalteam I Gorunway

I

l cappotto non è mai scomparso, ma non è neanche mai stato così presente sulle passerelle come negli ultimi due inverni. Difficile individuare una tendenza precisa, meglio parlare di alti e bassi. Meno presenti i trench, resistono però i paltò con cintura. D’attualità colli e bordi di pelliccia. Parità fra linee fascianti e modelli a mantella. Quanto ai colori c’è una prevalenza di toni scuri con una predilezione per i tessuti maschili e il tartan. Sempre con le dovute eccezioni. Come il bianco che esplode a sorpresa con tutto lo chic del caso. È senza collo, di linea a trapezio il cappotto bianco di Jenny. Con grandi revers in lana bouclé quello di Neil Barrett. Bottega Veneta lo propone con piccola cintura e profili neri. Da Trussardi è ampio, doppiopetto. È doppiopetto anche da Moschino, vagamente stile Chesterfield con collo, tasche e bottoni neri. Angelo Marani lo vuole avvolgente con interno, polsi e revers optical oppure aderente con grande collo e cintura. Molto ampio anche quello in tessuto operato nero. Pure Costume National sceglie il nero per la lunga redingote. Cintura e zip per i cappotti neri di Miu Miu. Aigner movimenta con inserti di seta. Come si diceva, la parte del leone la fanno i tessuti quadrettati di gusto maschile e gli scozzesi. Gioca sul “sweet and rough” il maxicappotto di Louis Vuitton in


Rochas

Louis Vuitton - ph Yannis Vlamos /Gorunway / indigital

fashion

Moschino

Calvin Klein

Angelo Marani Trussardi

Costume National - ph Filippo Fior / Gorunway / Indigital

pesante finestrato, con una spruzzata di paillettes sul fianco, per risplendere la sera. Doppiopetto con revers importanti per il cappotto di Marni in diversi toni del grigio. Quadrettato al limite con lo scozzese da Angelo Marani. Moschino, invece, sceglie i tartan più tradizionali. Quello rosso per il cappottino chiuso da cinturini in pelle, quello sul blu e verde per l’attillato doppiopetto con revers e bottoni rossi. Si conferma evergreen il cappotto cammello, anche se con le dovute interpretazioni. Da Calvin Klein è in tessuto peloso con cintura e collo extralarge. Da Rochas è oversize, doppiopetto o diritto allacciato fino al collo con listelli ai polsi. Moltissimi i cappotti di Rochas. Tra i più, a sorpresa, quello in seta con stampa floreale dal taglio anni Cinquanta. Seta con stampa floreale anche per il mantello lungo alla caviglia di Louis Vuitton, chiuso da una sottile cintura. In contro tendenza Iceberg punta sul turchese per il corto cappotto con cappuccio e maniche in maglia nera. Giallo forte da Versace per tingere la pelliccia stampa animalier. Pelliccia tinta in vari colori da Custo Barcelona e Angelo Marani. Pelliccia di rifinitura da Louis Vuitton.


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accessories

M AGA ZINE

Furla

Furla

Santoni Alberto Moretti

Romeo Santamaria

Romeo Santamaria

Pelliccia anche nell’accessorio. Stampa ghepardo su cavallino e vernice per la Tuxedo shoe di Santoni. Visone per il polacchino di Collection Privée. Volpe tinta in rosso per il sandalo Frou Frou di Alberto Moretti. Da Furla è di pelliccia il bauletto e con stampa maculato la borsa. Sempre attuale il rettile. Romeo Santamaria osa il pitone camouflage per la tracolla e nasconde il coccodrillo all’interno della shopping bag ◆


Tod’s

Corneliani

Joseph Abboud Burberry Prorsum

fashion

Santoni Uomo

Daks

Roberto Cavalli

asta con gli eccessi’ è il diktat per l’uomo, ormai da qualche stagione. E naturalmente i capi per il grande freddo rientrano in quest’ottica. Il cappotto è tornato sempre più prepotentemente alla ribalta. Molti modelli guardano al passato, ma sono in tessuti frutto di attente ricerche e con dettagli assolutamente innovativi. Sono doppiopetto, stile vagamente militare i cappotti di Giorgio Armani. Uno nero con vita segnata e bottoni metallici, l’altro nel tipico greige (grigio e beige) dello stilista, con interno in pelliccia. Di linea più slim, ma sempre ‘vagamente militare’ quello grigio di Diesel. È grigio, colore di stagione, anche il paltò dal taglio anni ’40 di Corneliani. E quello corto, diritto con piccoli revers di Joseph Abboud. Roberto Cavalli sceglie uno speciale punto di grigio per l’elegante cappotto con collo di pelliccia. Decisamente rétro, invece, il modello midnight blu con ampio collo di astrakan. Grigio antracite per il cappotto doppiopetto di Costume National. In alternativa, sempre attuale il beige, in tutte le sue sfumature fino al cammello, che si riconferma evergreen, anche per l’uomo. È doppiopetto, piuttosto aderente, il cappotto cammello di Burberry Prorsum. Immancabile in collezione il trench in un delicato beige su cui spiccano bottoni neri. Beige pallidissimo per il tre

Orciani

‘B

Giorgio Armani

Giorgio John Varvatos Armani

L’UOMO VENUTO DAL FREDDO

quarti, quasi un car coat, di Emporio Armani. Piuttosto lungo, ampio con abbottonatura nascosta il cappotto di Cerruti tinta tortora. Daks per il suo doppiopetto dal taglio oversize osa un giallo senape, mentre per l’attillato paltò in pelle propende per il marrone. DSquared non si smentisce e azzarda un rosso acceso per il suo doppiopetto. Per gli accessori, ma soprattutto per le scarpe, l’ispirazione è l’abbigliamento tecnico da montagna. Si chiama Everest lo scarponcino di Santoni (anche in versione camouflage). Ha i ganci per lacci come i polacchini da alpinista la stringata di Tod’s. Hanno la suola carrarmato le scarpe bicolore di Alberto Guardiani. Perfettamente in linea lo zaino di Orciani in pelle vintage ◆


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Ermanno Scervino Junior

Ermanno Scervino Junior

Fendi Kids

M AGA ZINE

kids

Eureka

Missoni

Missoni

S

e in estate la scelta del capo per bambino può essere condizionata dal colore, dalla forma originale, dal dettaglio divertente, per l’inverno bisogna puntare soprattutto sulla funzionalità. In particolar modo per cappotti e dintorni ci si deve orientare verso pezzi adatti ad affrontare temperature rigide. Il piumino si riconferma in pole position. Quello di Ermanno Scervino Junior per la bambina è lungo con coulisse in vita, in colori sgargianti. Con piumino interno invece il cappotto in pelle con collo di pelliccia. Ha il cappuccio il classico piumino corto di Geox, collezione In to the wild. Fendi Kids, per la bambina, propone il cappottino in panno grigio con bordo e polsi in pelle, da accessoriare con un cappello alla Davy Crockett. Mentre Missoni, per non smentirsi, crea caldi cappottini e poncho multicolori. Fondamentale anche la scelta delle scarpe. Vincente il polacchino. Modello basket in pelle quello di Santoni Junior, con ecopelliccia quello Ecogreen Soldini, in tessuto pied-de-poule, per le bambine più frivole, quello di Eureka ◆

Santoni Junior

Bim bi cald i cald i


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Carolina Kostner

Dal la l irica al le Ol im piad i di Fabrizio Galassi

È

appena terminato ‘Opera On Ice’, lo spettacolo che unisce la musica lirica al pattinaggio artistico su ghiaccio. Carolina Kostner è ancora lì a prendersi gli applausi dei 12.000 dell’Arena di Verona. È lei la madrina della manifestazione e sino ad una manciata di secondi fa stava volteggiando e saltando sulla pista con agli altri amici e colleghi. Ad accompagnarli i talenti emergenti della lirica, insieme al Coro e all’Orchestra della Fondazione Arena di Verona. Carolina non nasconde l’emozione di essersi ritrovata su quella speciale pista di ghiaccio, non per “fare sfoggio di virtuosismo tiene a sottolineare - ma per trasmettere una sensazione molto profonda che, attraverso un volteggio o un movimento fuso

insieme alle note della musica lirica, arriva dritta al cuore”. “È la percezione di calore immenso che cammina rasente sul ghiaccio freddo - continua la Kostner - una contraddizione apparente che rende un pò l’idea di quello che si prova a volteggiare sulle note di quelle arie speciali”. Le sue trottole e i suoi salti sono il sogno di tante bambine e ragazze che si identificano in lei e ne subiscono fortemente il fascino. A rendere ancora più suggestiva la sua performance e quella degli altri atleti contribuiscono i quindici costumi di scena creati unicamente per il cast. Quest’anno sono stati riprodotti gli abiti di scena delle arie con un stile che ha mescolato passato e presente come in un gioco di danze e colori.

In ‘Opera on Ice’, Carolina Kostner ha incantato il pubblico interpretando ‘La danza delle ore’ da ‘La Gioconda’ di Ponchielli, per proseguire con l’esibizione sulle note del ‘Va pensiero’ dal ‘Nabucco’ di Verdi e suggellare poi il gran finale insieme agli altri con il ‘Trionfo’ da ‘Aida’. Poi c’è stato il tributo al Maestro Luciano Pavarotti, un omaggio che ha coinvolto tutti gli atleti che saranno i protagonisti dei prossimi Giochi di Sochi 2014: oltre a Carolina, Evgeni Plushenko, Anna Cappellini e Luca Lanotte, Stefania Berton e Ondrej Hotarek, Meagan Duhamel e Eric Radford hanno interpretato l’aria ‘Nessun Dorma’ della ‘Turandot’ di Puccini, emozionando il pubblico dell’Arena che li ha ricambiati con grandi applausi e standing ovation. Spente le luci sul palcoscenico dell’Arena, Carolina è già sul piede di partenza. La attendono mesi di duro allenamento per affrontare al meglio gli altri appuntamenti della stagione, che culminerà con i Giochi Olimpici. “Andrò alle Olimpiadi senza sentire pressioni o annunciare traguardi. Non sarà la prima volta per me, so già come affrontarle”. La Kostner sa come rimanere tranquilla: la prima cosa da fare è tornare nel suo rifugio di Oberstdorf, in Germania, per allenarsi e per godersi il silenzio e la tranquillità del luogo che l’ha incantata fin da quando aveva 12 anni. La scoprì in occasione della partecipazione ad una Coppa delle Alpi. “Da allora - ricorda - mi innamorai follemente di quel luogo che ancora oggi mantiene intatti la naturalezza dei rapporti e la disponibilità del gruppo e delle persone con le quali si lavora: il tutto dentro una cornice di respiro internazionale che non consente distrazioni e che stimola a dare il meglio di sé” ◆


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un anno di grande vela Il 2013 è stato scandito da grandi momenti: l’America’s Cup fantascientifica di San Francisco, preceduta dagli eventi di Napoli (AC45) e Trapani (RC44), il circuito d’altura, i trionfi azzurri giovanili, le incredibili avventure in oceano, i grandi appuntamenti olimpici. Riassunto per emozioni, in previsione di un 2014 nel segno di questa disciplina...

È

stato un ricco 2013 per lo sport della vela. Un anno da ricordare e da rivivere, anche attraverso le emozioni di grandi barche e grandi velisti. Per tutti, anche i non appassionati di vela, è stato l’anno della XXXIV America’s Cup a San Francisco. Una Coppa America “estrema”, cresciuta tra polemiche e tragedie, ma terminata con uno spettacolo dal quale sarà difficile staccarsi. I super catamarani AC72 di Oracle Team USA e Emirates Team New Zealand, con le vele ad ala rigida e i foil che fanno uscire gli scafi fuori dall’acqua, “decollano” a 40 nodi nella baia di San Francisco, virano e strambano davanti ad Alcatraz, governati da velisti vestiti come piloti di Formula 1. Anche chi storceva il naso davanti alle esagerazioni di una Coppa America fantascientifica, si è dovuto ricredere, specie per l’andamento della finale, vinta dal defender USA

Prysmian ITA 747

per 9-8, al termine di una rimonta storica da 1-8 in favore dei kiwi. Una storia di sport che fa ancora discutere e nella quale resta molto da capire. Prima della Coppa c’era stata la Louis Vuitton Cup, con Luna Rossa in finale. La mancanza di dirette televisive (la RAI aveva in mano i diritti ma ha rinunciato all’ultimo minuto) ha solo in parte attenuato l’interesse del pubblico, perché le regate sono state tutte trasmesse in streaming su Internet: altro segno dei tempi. Luna Rossa in finale è la fotografia della vela italiana: in buona salute, tra le prime al mondo, in cerca dell’ultimo spunto per trionfare. Luna Rossa come simbolo delle potenzialità della nostra vela, e l’Italia come esempio di capacità di ospitare grandi eventi. Il 2013 ha visto il bagno di folla a Napoli: mezzo milione di fans per i più piccoli catamarani AC45 delle America’s Cup World Series, con Francesco Bruni, il velista italiano forse più

sport

di Fabio Colivicchi

44 Trofeo Princesa Sofia - Mapfre - ph MartinezStudio/Sofia Mapfre

popolare della stagione, grande protagonista. E si è ripetuto a Trapani per una tappa del tour mondiale della classe RC44, con Paul Cayard e tanti campioni, a riscaldare quella che non a caso si definisce “città della vela”. Non può essere altrimenti, con quel mare e quel vento, davanti alle isole Egadi. Il territorio italiano ha tutto per proporsi quale location ideale per la grande vela. Ma bisogna aiutarlo. Altri esempi del grande 2013 sono i campionati Europei delle classi olimpiche 470 (a Formia), e Nacra 17 (sul Lago di Como). Organizzazioni di livello internazionale, centinaia di concorrenti da tutti i continenti, interesse dei media, persino un pubblico di veri tifosi. Il segnale che qualcosa sta davvero cambiando nella crescita di popolarità della vela come sport olimpico. Adesso la parola spetta agli azzurri: dopo la delusione di Londra 2012 (a secco di medaglie), si

prepara Rio 2016. E il prossimo anno sarà decisivo per le prime qualifiche. Nel 2013 è ulteriormente cresciuto il circuito della vela d’alto mare, con numeri record di partecipazione a regate come la Rolex Giraglia e Middle Sea Race, lo spettacolo di instant classic come la 151 Miglia di Punta Ala e la Palermo-Montecarlo, la passione delle storiche Roma x Due a Riva di Traiano e Cinquecento Miglia in Adriatico. Tanto coinvolgimento dei velisti per le lunghe navigazioni, del resto, ha trovato riscontro anche nella crescita della vela oceanica anche da noi. Un numero di navigatori in aumento, spesso in solitario, perlopiù giovani, dalle coste italiane si è fatta strada fino ai templi dello yachting oceanico: il Canale della Manica e il Nord della Francia, Normandia e Bretagna. L’autunno ha portato due grandi eventi alla ribalta.


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Bet1128

La Mini Transat, incredibile successo per una regata-impresa che attraversa l’Atlantico in solitario con barchette di soli 6 metri e mezzo (autentiche macchine da corsa degli oceani), partita a fatica dopo molti rinvii per il maltempo da Douarnenez in Bretagna, vede al via ben 7 italiani. Uno di essi, il fiorentino Giancarlo Pedote, col suo Prysmian ITA 747 ha anche vinto la prima tappa, purtroppo annullata per l’arrivo di una burrasca. La pattuglia italiana che in questi giorni naviga verso l’arrivo a Point-a-Pitre in Guadalupa, è composta da Michele Zambelli, Alberto Bona, Federico Cuciuc, Andrea Iacopini, Federico Fornaro e Davide Lusso. Le Havre, città patrimonio dell’Unesco, è stata teatro della partenza di una grande classica come la Transat Jacques Vabre: 43 yacht tra trimarani e monoscafi IMOCA 60 e Class 40, al via in equipaggio doppio per una traversata leggendaria: 5400 miglia (diecimila chilometri) attraverso l’oceano con arrivo a Itajaì in Brasile. Al via 6 velisti italiani: Alessandro Di Benedetto e Alberto Monaco su Team Plastique (IMOCA60), Gaetano Mura su Bet1128, Pietro D’Alì e Stefano Raspadori su Fantastica (Class40), Andrea Mura su un trimarano francese. Anche in Francia, dove la vela oceanica è sport nazionale, cominciano a conoscere i nomi dei navigatori italiani. Un altro segno di crescita della nostra vela.

Ma il più bello dei segni di crescita è quello che arriva dai velisti più giovani, dagli azzurrini. Il 2013 ha portato trionfi e sorrisi, dalla conquista del titolo per nazione al Mondiale Youth ISAF, l’evento juniores clou della federvela mondiale, alla conquista del doppio titolo mondiale Youth del windsurf olimpico RSX a Civitavecchia, con Mattia Camboni e Marta Maggetti. Dopo un anno così, la vela è pronta per vivere uno strepitoso 2014 ◆


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Abbagnale: un nome d’oro Vincenzo, figlio del grande Giuseppe, si racconta a Insider Magazine dopo la vittoria ai mondiali Assoluti in Corea di Ester Maria Lorido

calo a causa di alcune controversie interne. Ora però - con mio padre alla guida - in soli 8 mesi c’è stato un incremento dei risultati sportivi, a cominciare dalla Corea, dove abbiamo vinto il medagliere. Ovviamente questo è un punto di partenza e non un arrivo, perché la strada per Rio è ancora lunga. L’obiettivo per una federazione è sempre l’Olimpiade. E immagino sia anche il tuo. Scommetto che è Rio l’impresa che vorresti raccontare un giorno ai tuoi nipotini davanti al camino... Per scaramanzia facciamo passare del tempo! So che è presto per competere con i più grandi vogatori di tutto il mondo, devo allenarmi ancora tantissimo. Poi vedremo dove riuscirò ad arrivare. Il due con di Vincenzo Abbagnale, Luca Parlato e Enrico D'Aniello (timoniere) in azione durante il mondiale di Chungju (Corea del Sud) - ph Mimmo Perna

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‘Il canottaggio con mio padre alla guida? Tutto è cambiato in meglio: la gestione, il modo di fare l’allenamento, i risultati’

orsi e ricorsi storici’, avrebbe sentenziato il filosofo Giambattista Vico. ‘Elementare, Watson’, avrebbe forse suggerito Sir Arthur Conan Doyle al suo Sherlock Holmes. Fatto sta che quando dalle acque spunta il nome di un Abbagnale, la medaglia è quasi scontata. Ed è d’oro. Orgoglio del canottaggio nostrano, oggi come 25 anni fa. Se allora la telecronaca di un emozionatissimo Giampiero Galeazzi faceva rabbrividire tutti gli italiani che assistevano con il fiato sospeso a un’impresa epocale, quella di Giuseppe Abbagnale e dei suoi compagni alle Olimpiadi di Seul, oggi il figlio Vincenzo dimostra di poter regalare le stesse emozioni. Il giovane talento campano ha solo 20 anni, ma ha schiaffeggiato come un veterano le acque coreane di Chungju, aggiudicandosi la finale dei Mondiali Assoluti nel Due con, insieme a Luca Parlato e al timoniere Enrico D’Aniello. La sua migliore qualità? Riuscire a fare dell’eredità paterna un tesoro e non un peso da cui è facile essere schiacciati.

Si ripete la storia, con un Abbagnale che vince una medaglia d’oro, a 25 anni di distanza. Fra 25 anni ti vedremo succedere a tuo padre nella guida della FIC? Per adesso guardiamo agli obiettivi a breve termine, per poi cercare di raggiungerne altri a lungo termine, come può essere Rio de Janeiro. Già navighi (almeno con la mente) verso le Olimpiadi? Il mio primo obiettivo era inserirmi nella categoria Assoluta, visto che sono ancora under 23. Ce l’ho fatta. Il secondo era iniziare con il piede giusto il quadriennio e ci sono riuscito: ci è andata bene con i due campionati del mondo e adesso puntiamo ai mondiali 2014. Anno per anno potremmo parlare di Rio, sperando di poterci essere. Com’è la situazione del canottaggio in Italia? Da quest’anno è cambiato un po’ tutto: la gestione, il modo di fare l’allenamento, i risultati. Il canottaggio italiano è sempre stato ai vertici, ma dal 2004 a oggi ha subito un forte

Ti sei mai allenato con tuo padre? Solo una volta, quando ero più piccolo, ci è capitato di fare una gara nazionale padre-figlio. La vincemmo. Da allora non siamo più usciti in barca insieme, ma cerco di rubare tutto ciò che posso dalla sua esperienza. In Corea, invece, l’aiuto del timoniere Peppino Di Capua è stato molto importante, perché è uscito varie volte con noi dandoci molti consigli. È come avere un allenatore in barca. Qual è il consiglio più prezioso che hai ricevuto da una leggenda del canottaggio come Giuseppe Abbagnale? Tante piccole cose, che riguardano la tecnica del canottaggio così come la vita quotidiana, che possono sembrare banali, ma che invece hanno una grande importanza. Spesso si tratta di consigli sull’alimentazione e sullo stile di vita. Viceversa, ti è mai capitato di dargli tu ogni tanto qualche consiglio? Come membro dello spogliatoio, mi è capitato ogni tanto di fargli notare qualcosa riguardo la squadra sportiva. Spesso sono stato il contatto tra presidente e squadra. Che rapporto hai con i tuoi compagni? Con i miei compagni di barca, Luca ed Enrico, c’è un bellissimo rapporto. Ci conosciamo da tantissimi anni e, allenandoci 6-7 ore al giorno, è come se convivessimo. Per fortuna, ci troviamo in forte sintonia. Anche con i compagni di squadra, sia del circolo che della nazionale, c’è un buon rapporto. Il clima nello spogliatoio, inoltre, da quest’anno è più sereno grazie alla fiducia nei nuovi metodi.

interview

Il due con dopo aver vinto il mondiale - ph Mimmo Perna

Da sx Vincenzo Abbagnale, Enrico D'Aniello, Luca Parlato

il Presidente della FIC Giuseppe Abbagnale (a sx) con il figlio Vincenzo dopo aver vinto il mondiale assoluto 2013 - ph Mimmo Perna

Hai 20 anni e un po’ di gossip sull’amore è quasi d’obbligo. Il canottiere è sempre un sex symbol? Se così lo possiamo definire, ma non posso certo essere io a dirlo! Al momento non sono fidanzato comunque...

Sei scaramantico? Il giusto. Come portafortuna ho una collana che raffigura un remo attorcigliato su se stesso. È da 5 anni che non la tolgo mai. Ad ogni modo, sono convinto che la fortuna conti, ma che alla fine le cose vadano sempre come devono andare. Se non avessi seguito le orme di tuo padre, cosa avresti fatto? Per il mio carattere credo che avrei comunque fatto sport. Ho cominciato con il calcio e me la cavavo anche benino, infatti ogni tanto lo rimpiango. Ma le soddisfazioni che dà il canottaggio non sono paragonabili a quelle di nessun altro sport ◆


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Open d’Italia: luci e ombre per gli italiani Mentre i grandi campioni hanno disputato una gara al di sotto delle aspettative, una nuova generazione di giovani italiani si sta pian piano facendo strada nel panorama golfistico internazionale di Francesco Mantica

Matteo Manassero - ph Scaccini

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golf

vevano fondate speranze di ottenere un buon risultato, ma purtroppo non è andata così: il 70° Open d’Italia Lindt, la massima manifestazione italiana di golf, inserita nel calendario dell’European Tour, che si è disputata sul percorso del Circolo Golf Torino, è stato vinto dal francese Julien Quesne con 276 colpi, mentre Francesco Molinari e Matteo Manassero, i due più forti giocatori di golf italiani presenti, sono rimasti molto più indietro. Molinari, dopo un buon inizio, è finito al 16° posto con 281 colpi mentre Manassero, al 42° con 285. Una nuova generazione tuttavia sta cominciando a venire fuori, rappresentata da Renato Paratore, del Parco di Roma, che ha concluso un’ottima prova arrivando 38° con 284, e Edoardo Raffaele Lipparelli, del circolo ospitante, 74° con 294. Molinari si è espresso in 75 (+3) colpi con due birdie, tre bogey e un doppio bogey: ‘Sono un po’ deluso. Ho sbagliato troppi colpi. Ero rientrato in corsa alla fine delle prime nove buche, ma gli errori nelle successive hanno vanificato il tentativo di rimonta’. Deluso anche Manassero: ‘È andata in maniera molto diversa da come mi attendevo. Non sono riuscito a trovare il giusto ritmo di gara dall’inizio. Ho creato poche occasioni da birdie e ho pagato a caro prezzo i piccoli errori commessi. Un insieme di componenti negative ha determinato il punteggio poco soddisfacente’.

Francesco Molinari

Renato Paratore

Contento invece il dilettante Renato Paratore, del Parco di Roma: ‘È stata una bella esperienza. Penso che devo fare un salto di qualità sotto il profilo mentale, acquisendo maggiore costanza. Per crescere non posso trascurare alcun particolare durante gli allenamenti. Ora vado in America a giocare e cercherò di fare del mio meglio per raggiungere risultati degni di nota. Questa partecipazione all’Open mi farà maturare molto e mi potrà dare la spinta per vincere un torneo’. Nel corso della premiazione finale, il presidente della Federazione Italiana Golf Franco Chimenti ha annunciato che nel 2014 l’Open cambierà data: avrà luogo dal 28 al 31 agosto 2014 e sarà l’ultima prova che assegnerà punti per la speciale classifica atta a designare alcuni componenti della squadra europea di Ryder Cup ◆ Julien Quesne e Franco Chimenti

...da 90 anni la tradizione della cucina romana nel cuore dei Parioli... Celestina ai Parioli, il più antico ristorante nel cuore dei Parioli, propone ogni settimana grandi serate di degustazione per i propri ospiti. Sono momenti particolari a tema, per proporre ai clienti percorsi eno-gastronomici che valorizzano le eccellenze regionali, accompagnati da una selezione di vini delle migliori cantine e birre artigianali. Queste serate offrono anche momenti di incontro tra i nuovi proprietari e gli ospiti, che hanno così l’opportunità di conoscerli meglio.

Viale Parioli, 184 • tel. 068078242 - 068079505 www.ristorantecelestina.it


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Autumn Test Matches 2013

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di Andrea Cimbrico

Cariparma Autumn Test Match 2010 - Modena, Ita vs. Fiji - ph Sport.it

Cariparma Autumn Test Match 2012 - Firenze Ita vs. Aus - ph Sport.it

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ome ogni novembre che si rispetti, anche per il 2013 la finestra internazionale d’autunno porta in Europa le regine del rugby dell’Emisfero Sud, in visita alle controparti boreali per i test-match che chiudono l’anno solare. Per l’Italia, novembre vuol dire Cariparma Test Match e, nelle settimane a venire, Parisse e compagni saranno impegnati in tre sfide di alto livello: si comincia il 9 novembre all’Olimpico di Torino contro l’Australia due volte campione del mondo per proseguire allo Zini di Cremona al debutto sul palcoscenico del rugby internazionale - per la partita contro Fiji che può valere il decimo posto nel ranking. Si chiude il 23 novembre allo Stadio Olimpico di Roma, casa degli Azzurri nell’RBS 6 Nazioni, dove la banda Brunel riceve per la prima volta i Pumas argentini nel più classico dei derby dei due mondi ◆ Biglietti disponibili su: listicket.it, ticket.federugby.it, call center 892.982 e ricevitorie Lottomatica


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Viareggio Beach Cup e Milano Autumn, così gioca il polo italiano di fine stagione Una spiaggia in Versilia e un’ex-piazza d’armi in Lombardia trasformate in perfetti campi su sabbia e su erba. Giocatori di livello mondiale e sponsor di grido hanno richiamato pubblico e personalità a seguire uno sport millenario e fascinoso di Enrico Tonali

sport Un palleggio al volo dell’azzurro Goffredo Cutinelli nel torneo di Viareggio ph Grasso

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rofei di Crystal Caviar, maglie de La Martina, Aston Martin in parata, la 5° Viareggio Polo Beach Cup ha avuto una sola parola chiave: eccellenza. Quella che con il fascinoso sport di palla e stecca si coniuga perfettamente. Un torneo sulla sabbia di spessore europeo che è stato preceduto il mese avanti dal 1° Milano Autumn Polo del circuito Audi Gold Cup, dedicato ad un altro must dei nostri giorni, il recupero ambientale. In questo caso quello di un’area militare e la restituzione alla metropoli lombarda di una grande area verde a dieci minuti dal Duomo. Il Milano Autumn - terza ed ultima tappa del ‘giro d’Italia’ che ha toccato le Alpi con il Cortina Winter e la Capitale per

Luca D’Orazio guida un attacco del team Versilia Congressi nel torneo di Viareggio ph Grasso

il Roma Summer - si è disputato sul rettangolo verde in cui il Milano Polo Club (in collaborazione con l’Associazione Arma di Cavalleria) ha trasformato la piazza d’armi della quasi centenaria Caserma Santa Barbara. Il torneo ha raccolto le adesioni di sei squadre - con giocatori provenienti da altrettante Nazioni d’Europa e d’America - le cui partite sono state seguite da un pubblico superiore alle aspettative. Il nuovo campo ha avuto per altro un ‘sacerdote’ celebre che lo ha tenuto a battesimo, il brasiliano Olavo Novaes. Il giocatore di San Paulo - dove si allena nel mastodontico Club Elvezia (50 campi da polo) e possiede 180 cavalli - ha mostrato intatta la classe di campione del mondo 1995 e 2001 (e vice

D’Orazio, Juan Cruz Greguoli, Silvestre Fanelli) per 5 a 4. Al termine di mezza settimana di libeccio e ondate che più volte hanno insidiato il bacino di gioco scavato nell’arenile davanti il Grand Hotel Principe di Piemonte, il sole ha deciso finalmente di assistere agli scontri decisivi della Viareggio Beach Cup insieme al pubblico accalcato dietro le transenne. Hanno inziato Esplanade e Gancia, un terzetto dell’Argentario guidato da Alberto Galantino. Il giocatore azzurro Goffredo Cutinelli (medaglia di bronzo agli ultimi Mondiali) ha impostato le discese migliori, firmando 5 goal dell’Esplande, coadiuvato dai golden-boys capitolini Irene Gianni e Giordano Magini. In campo opposto un altro teenager, Matias Bertola, ha cercato di correre ai ripari ma il risultato finale (7 a 3) è stato per la squadra della Capitale. Ancora più netto il verdetto conclusivo (10 a 3) a favore del Versilia Congressi - con in plancia il più blasonato capitano romano, Luca D’Orazio - che ha preso subito il largo nel primo tempo contro il Sina Hotels dello svizzero Piero Dillier per poi dilagare nel secondo con un irraggiungibile 8 a 1. Successo di misura (6 a 5) infine per Aston Martin su Fipa Group. Esplanade, Versilia Congressi e Aston Martin concludevano a successi pieni, ma il primo posto in classifica veniva assegnato ex-aequo alle squadre romane guidate da Cutinelli (goleador del torneo) e D’Orazio per differenza marcature. Coppe e cadeaux messi in palio dai numerosi sponsor (tra cui la OT Wines del fotografo Oliviero Toscani) sono stati consegnati anche da Cataldo D’Andria, presidente dell’antico Roma Polo Club, del quale sono soci tutti e sei i giocatori dei team vincitori. Alla serata di gala ha partecipato il tenore Andrea Bocelli presentando la sua Fondazione per bambini meno fortunati: ‘Aiutarli è sintomo di generosità ed intelligenza, due qualità che nei giocatori di polo non mancano’ ◆

1998). Le sue violente bordate e i dribbling vorticosi hanno creato scompigli fra gli avversari, costretti a marcarlo con due uomini. Gli uniformi valori in campo hanno suscitato scontri tesi ma equilibrati, con continui cambi di fronte e punteggi finali omogenei. La partita - in cui era in palio la Gold Cup - non poteva risentire della tensione accumulata durante il torneo. Lo stesso pubblico ha sottolineato con lunghi silenzi le azioni più decisive, soprattutto il tiro delle numerose punizioni che alla fine hanno deciso il risultato, con la vittoria di Audi (capitano il tedesco Hannes Huehnlein, Fabio Acampora, Miguel Amieva, Juan Ruiz Guinazu) su Monte Carlo (capitano il romano Rommy Gianni, Luca

Una particolare vista della premiazione dell’Audi nel Milano Autumn ph Polo Gold Cup-D. Bandion


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A Capannelle le Signore dell’Ippica La doppia manifestazione autunnale del 13° Premio e del 45° Premio di galoppo Lydia Tesio, vinto dall’italiana Charity Line di Enrico Tonali

L’italiana Charity Line supera la tedesca Path Wind nel Premio Lydia Tesio 2013 a Capannelle - ph Garofalo

C L’attrice Barbara De Rossi premiata come Signora dell’Ippica 2013 dal vicepresidente Longines Juan Carlos Capelli - ph HippoGroup-Puccini

ome cavalla, Barbara De Rossi, è stata una stacanovista: 73 corse in tre anni e mezzo a fine Novecento, anche 3 al mese. Da attrice è altrettanto instancabile, ha iniziato a fare cinema a 17 anni nel 1977. Ma soprattutto è uno dei pochi personaggi del set, teatro e tv italiani (nel 2005 il maschio De Sica vinse il Derby) il cui nome sia stato dato a un purosangue. Per questo - e per la sua passione dell’equitazione - la De Rossi è stata premiata come Signora dell’Ippica 2013, in una scintillante serata all’Ara Pacis di Roma, organizzata da Longines e HippoGroup Capannelle. Un riconoscimento che da 13 anni è abbinato al Premio Lydia Tesio di galoppo, appuntamento tutto al femminile che conclude la stagione rosa del turf europeo. Quest’anno il successo è tornato in mani italiane grazie alla classe della tre anni saura Charity Line, che è riuscita sul traguardo a reggere il furibondo assalto di tre sue quasi connazionali tedesche (il padre di Charity è il germanico Manduro). Una vittoria che ha premiato l’attesa - quasi una vendetta sognata per 12 mesi - della scuderia EffeVi, del trainer Stefano Botti e del jockey Fabio Branca che l’anno scorso erano giunti secondi con Cherry Collect dietro la teutonica Sortilege ◆


PEELING CHIMICO ALL'ACIDO MANDELICO

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l peeling è un trattamento medico estetico che permette di accelerare il fisiologico rinnovamento dell’epidermide e del derma favorendo l’esfoliazione dei suoi strati attraverso l’applicazione di un agente chimico sulla superficie cutanea. A seconda del tipo di agente peeling, della sua concentrazione e del modo con il quale alcuni di essi vengono tra loro modulati è possibile ottenere:
 Peeling superficiali indicati per ridonare freschezza e luminosità alla pelle; Peeling Medi indicati nella stimolazione della pelle invecchiata, nei casi di acne
od in presenza macchie cutanee; Peeling Profondi indicati quando il grado d’invecchiamento cutaneo è estremamente importante. Dopo il trattamento peeling anche gli strati più profondi del derma della pelle vengono stimolati a rigenerarsi con aumento della produzione di collagene.
Si verifica così un vero e proprio rinnovamento della pelle, l’epidermide vecchia è sostituita con una nuova più luminosa, più omogenea e più fresca.
Si attenuano le sottili rugosità.
La tendenza moderna del peeling è comunque quella di modulare l’azione degli acidi in modo da ottenere eccellenti risultati con il minor rischio possibile di effetti indesiderati.
Attraverso sedute successive di soft peeling, ottenute con l’applicazione di acidi di leggera-media potenza, è possibile raggiungere l’effetto del risultato in maniera progressiva riducendo gli effetti indesiderati.
Dal momento che il fisiologico processo d’invecchiamento cutaneo può essere accelerato dallo stile di vita e da abitudini talvolta errate, allo scopo di raggiungere e mantenere nel tempo gli effetti del peeling, molto importanti risulteranno i consigli ed i trattamenti domiciliari proposti dal medico.
Nella filosofia del softpeeling, attraverso la quale si vuole ottenere in modo poco aggressivo un progressivo miglioramento degli inestetismi, a seconda del tipo d'inestetismo cutaneo da trattare ed anche del tipo d'agente peeling utilizzato le sedute possono avere una cadenza settimanale, quindicinale o mensile.

I peeling all'Acido Mandelico rappresentano oggi la nuova generazione di peeling che meglio rispecchia la filosofia del “soft peeling”, nella quale l'associazione di acidi di leggera-media potenza consente di ottenere risultati eccellenti con il minor rischio possibile di effetti indesiderati.
L'acido mandelico è un agente peeling che di per sé presenta molteplici vantaggi:
non è fotosensibilizzante e quindi può essere utilizzato in tutti i periodi dell'anno, compresi la primavera e l'estate; pur avendo un'importante azione di stimolo sull'esfoliazione dell'epidermide e la rigenerazione del derma, è privo di quegli effetti collaterali fastidiosi, comuni ad altri agenti peeling, come il bruciore o l'eritema intensi.
Una volta associato ad altri agenti peeling notoriamente aggressivi come l'acido piruvico, l'acido salicilico o l'acido tricloroacetico, esso è in grado di frenarne l'azione aggressiva pur lasciandone intatte le specifiche proprietà terapeutiche sulla pelle.

 Dopo il trattamento peeling anche gli strati più profondi del derma della pelle vengono stimolati a rigenerarsi con aumento della produzione di collagene.
Si verifica così un vero e proprio rinnovamento della pelle, l’epidermide vecchia è sostituita con una nuova più luminosa, più omogenea e più fresca. Si attenuano le sottili rugosità.
La presenza nella soluzione peeling di sostanze ad azione depigmentante e l'associazione di un idoneo trattamento domiciliare permette l’attenuazione o la scomparsa delle macchie cutanee.
Dal momento che il fisiologico processo d’invecchiamento cutaneo può essere accelerato dallo stile di vita e da abitudini talvolta errate, allo scopo di raggiungere e mantenere nel tempo i risultati del peeling, molto importanti risulteranno i consigli ed i trattamenti domiciliari proposti dal medico. Infatti, fondamentale è ristabilire l'equilibrio idrico cutaneo e quindi utilizzare una serie di prodotti indicati come trattamenti domiciliari della superficie cutanea sottoposta a trattamento con peeling chimico ◆ www.wdresearch.com


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HONG KONG VIGANÓ

Ambiziosa, onesta ed innamorata del proprio lavoro, l’artista si racconta

ph Leonardo Angileri

di Irene Cappa

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hi la conosce dice che da sempre ha le idee chiare su tutto o quasi. Laureata in fashion design, sincera, un amore sfrenato per scarpe e vestiti, da piccola era molto introversa, e la timidezza la portava a stare spesso da sola disegnando e colorando... Probabilmente inizia proprio allora, dal tavolino da disegno, la vita da artista di Silvia Viganò, oggi trentacinque anni, una cascata di capelli rossi, e l’atelier a Carate Brianza. ‘Quando avevo circa sette anni un amico dei miei genitori mi regalò un cavalletto con tele e colori e mi disse: ‘da grande diventerai una grande artista’... spero di non deluderlo, ma ci sto ancora lavorando!’ La tua prima mostra? ‘Glam in pink’, nel 2008, presso la galleria Stragapede & Perini a Milano... ricordo l’emozione, l’ansia prima dell’opening e poi tutte quelle persone così colpite dai miei lavori, l’atmosfera piena di vibrazioni positive. Ancora oggi la mostra più importante della mia vita.

art

Se ti avessero detto che un giorno avresti conquistato Hong Kong... È successo veramente ed è stata una stupenda esperienza... a maggio durante la Link Art-Fair quando tutti i cinesi ‘impazzivano’ davanti ai miei quadri super colorati non mi sembrava vero... God bless Hong Kong! Che differenza c’è fra il mercato italiano e quello internazionale? All’estero l’approccio è più immediato, friendly, sincero. In Italia invece pochi hanno il privilegio di rischiare con noi giovani artisti. Russia, Giappone, Stati Uniti: mettili in ordine rispondendo alla domanda ’vorrei esporre a…’ Giappone al primo posto; quindi Stati Uniti, in particolare Miami e Los Angeles, città che conosco benissimo, luminose, positive e super easy; la Russia invece ancora non so…

Lady in Plastik

Self portrait

Fra una notte d’amore e una notte magica a dipingere, cosa scegli? Prendo tutte e due... senza amore non si ha nessuna ispirazione.

E il nome? Ho pensato al film del 1929 Coquette dove la protagonista gioca con l’eros usando furbizia e grazia per ottenere ciò che vuole.

Se dovessi andare via dall’Italia? Ibiza, un’isola magica, ogni volta mi coinvolge in un turbine di energie positive.

Ti piacciono di più le scarpe o i vestiti? Troppo entrambi… sono una vera fashion victim, non ci posso fare niente!

Qual è l’artista con cui vorresti lavorare? Sono una fan di Marco Grassi e sarebbe un onore collaborare con lui.

In quale spazio pubblico italiano ti piacerebbe esporre? Non saprei, però Palazzo Grassi a Venezia non sarebbe male.

Cosa sono per te moda e design? Parte della mia vita. Partendo dalla moda ho creato il mio stile, le mie prime tele rappresentavano in grande i figurini che realizzavo a scuola. Il design invece mi intriga. Come ti è venuta in mente l’idea di creare una sedia? Nel 2012 lavoravo all’opera Fashion victim, e una volta finita, ecco l’idea: la silhouette della donna era perfetta per uno schienale, così ho chiamato la mia amica designer Beatrice Novara che ha disegnato il prototipo. Dopo un anno Coquette era al Fuori Salone 2013 nella luxury boutique ‘Super’ di via San Marco. Amo Coquette perché è un progetto tutto al femminile e rappresenta le donne dei miei quadri, quindi sfiziose, maliziose, aggraziate, leggere ed elegantemente glamour.

Sei ambiziosa? Molto ambiziosa, ma arrivare in alto non mi spaventa. E non importa se capiterà di prendere porte in faccia. Ho pazienza e determinazione da vendere, quindi prima o poi lascerò il segno. Hai paura un giorno di poterti pentire di aver scelto di dedicare la tua vita all’arte? Impossibile, amo troppo quello che faccio. E se un giorno tuo figlio ti dicesse ‘Mamma da grande voglio fare l’artista’ cosa risponderesti? Ah ah ah… lo incoraggerei mettendolo in guardia su tutto. Per fare questo mestiere bisogna crederci, non cercare approvazione in giro, avere la mente recettiva perché non si finisce mai di imparare, essere onesti e, come regola di vita, comportarsi bene, perchè prima o poi paga ◆


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LILY YU di Maria Laura Perilli

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Alcune opere della precedente produzione di Lily trattano il tema del bacio e dell’abbraccio, argomento caro a Klimt, Schiele e Munch, quasi a rappresentare un amplesso in cui l’identità maschile poteva essere messa in crisi, risucchiata, da una donna mantide. I suoi corpi sono legati da amore e odio, ma, a differenza di Schiele, non sono fisici dilaniati, bensì lisci, quasi impalpabili, rarefatti e persi nell’oblio. Le foreste rappresentate sullo sfondo delle opere, poi, ricordano nella ramificazione l’albero rosso del 1909 di Mondrian e nella tessitura di grigi e neri la pittura di Rembrandt. Gli animali, rappresentati in queste ambientazioni naturalistiche, ricordano un artista famoso per la sua spontaneità naif, Henry Rousseu, che si distinse per il suo piacere di ricercare la fonte di ispirazione negli zoo e nei giardini botanici di Parigi. La sua pittura venne apprezzata da molti, soprattutto perché rappresentava una possibile fuga dal mondo moderno, come sorta di ancoraggio agli elementi primari della vita. Così, come nelle opere di Rousseau, anche in quelle di Lily Yu ogni elemento è allegorico: dai rami spezzati alla nebbia, alle acque torbide, o alla barca senza timoniere. Nelle opere di questa giovanissima e promettente artista, troviamo, stese sull’erba, immagini di statue femminili classiche, o, la presenza di un pianoforte nero, che sembra mimetizzarsi con i colori della foresta: è il mondo del sogno, un’immagine metafisica. Sono opere che attestano, palesemente, la

capacità dell’artista di fuggire dalla civiltà moderna attraverso l’immediatezza e l’interiorità, senza ricorrere ad immagini prepotenti, ingombranti e preponderanti. Dunque, definirei le sue opere vicine al realismo magico di Rosseau, ma con una chiave di lettura contemporanea, non lontana dagli elementi classici. I protagonisti di Lily sembrano, quasi, anime che viaggiano, fantasmi in cerca di una meta, ostinate nel loro cadenzato andare. Anime trasparenti e diafane; ma come si risolve la problematica di ciò che è trasparente, di ciò che è diafano? Nel diafano è sempre presente la problematica di ciò che è opaco, di ciò che è trasparente. Entrambi sono in realtà due concetti molto vicini; si passa dal trasparente puro che è vuoto, nullo, al diafano translucido che fa passare la luce, ma non definisce i contorni. I corpi di Lily Yu sono come coperti da un velo, uno schermo che, come diceva Émile Zola ‘ha sempre uno spessore che rifrange e trasforma gli oggetti’; Zola parlava di ‘una finissima polvere grigia’. Il diafano è la trasparenza in luce e quindi la leggerezza, quella leggerezza definita da Italo Calvino un parametro base del codice di comportamento letterario del terzo millennio. Calvino, da fine lettore dei classici la individua nel ‘De Rerum Natura’ di Lucrezio: ‘È la prima grande opera di poesia in cui la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della compattezza del mondo, percezione di ciò che è infinitamente minuto mobile e leggero. Lucrezio

art

L

e opere dell’artista Lily Yu si presentano all’osservatore come immagini silenziose e ovattate. Discrete incombono, quasi senza fare rumore, come passi nella notte, dove le uniche cose che percepisci sono grigi, neri, bianchi della luce, che filtrano da una finestra, nonché il respiro e il rumore leggero del camminare. Eteree e trasparenti le immagini si stagliano davanti all’osservatore; non dobbiamo, comunque, limitarci a percepire il diafano come caratteristica da ricondurre alle immagini incorporee e atmosferiche in opposizione ad immagini plasticamente strutturate. Siamo di fronte ad un percorso percettivo, dove le immagini, gradualmente, si svelano, si scoprono e dove il visibile si manifesta attraverso forme che non saranno mai precise e definite; sarà sempre un viaggio fatto di percezioni incomplete. È proprio in questa infinita e mancata percezione che si staglia il magico, il mistero nelle opere di Lily Yu; è qui che sembra annodarsi l’inquietante trama dei corpi tra amore e morte, tematica tanto cara ad Egon Schiele e a Klimt. Ritroviamo, infatti, riferimenti riconducibili all’oblio, alla ricerca dell’inconscio. In Lily sono evidenti i richiami a questi due artisti; non dimentichiamo che gli anni centrali della produzione di Klimt, furono quelli in cui Schnitzler descriveva nei suoi romanzi scenari visionari, quasi folli e Freud scopriva la nozione di inconscio e l’importanza della vita sessuale.

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vuole scrivere il poema della materia, esso ci avverte subito che la realtà di questa materia è fatta di corpuscoli invisibili. È il poeta della concretezza fisica, vista nella sua sostanza permanente e immutabile, ma per prima cosa ci dice che il vuoto è altrettanto concreto che i corpi solidi: la più grande preoccupazione di Lucrezio sembra quella di evitare che il peso della materia ci schiacci’. La leggerezza ha invaso tutto il nostro esistere dall’architettura alla pittura. In Lily Yu è elemento protagonista del suo linguaggio pittorico; la rende fortemente contemporanea proprio per quella sua sottile capacità di leggere nel passato, nel classico, come Calvino, traendone tutti i segni dell’attualità. Non a caso la trasparenza era presente nella scultura greca, dall’arcaismo a Fidia fino al Rinascimento con le danzatrici di Botticelli. I soggetti rappresentati da Lily Yu come il leone, il cavallo, la donna con il velo, sono ieratici; sovrastano la scena, trasparenti, seducenti, sfidando l’osservatore e, come una lama sottile, tagliando l’orizzonte che si palesa dinnanzi a loro. Chiunque si appresti a guardare le sue opere rintraccia la grande disponibilità dell’artista che concede a colui che guarda di diventare protagonista dell’opera, di far si che possa decidere di queste anime il loro destino, il loro percorso. Le sue opere sono ermeneutiche; i personaggi simboleggiano i suoi stati d’animo: la donna la sensualità celata dal velo, il leone l’aggressività, il coraggio, la fermezza, la presa di consapevolezza di sé, l’ancoramento alla terra e la concretezza. Questi soggetti si muovono all’interno di foreste, di alberi fitti, alti e schietti, attraverso i quali, come un fendente, passa la luce; soggetti vincenti che avanzano imponendosi con tutta la loro potenza e l’affermazione dell’io. La loro ‘sembianza assente’ è la possibilità di riconoscersi in essa in mille modi, secondo lo specifico stato d’animo che ci pervade in ogni momento della vita. Riconoscersi è attivarsi, prendere cognizione totale di sé stessi, capire che non possiamo vivere per il nulla, che siamo stati chiamati alla progettualità, ad operare incessantemente per la positività del vivere ovvero del ragionare, riflettere, proporre e ancor di più sapersi mettere in quella posizione di ascolto e comprensione che ci aiuta ad amare ◆


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“A Natale... Botteghiamo! scegli un Dono artigiano“ Insoliti percorsi della tradizione artigiana nel cuore di Roma, in risalto l’eccellenza e maestria della categoria artigiana con un calendario ricco di appuntamenti per passare insieme un sereno Natale di Valentina Ughi

L’

iniziativa rientra nel nuovo appuntamento di Botteghiamo, il progetto ideato da abc Project e promosso da Cna Roma Città Storica e Associazione Botteghe Storiche di Roma. Nel corso degli appuntamenti, che si svolgeranno dal 4 al 21 dicembre 2013, nei Rioni Ponte Parione e Regola e non solo, romani e turisti potranno scoprire angoli insoliti e conoscere gli artigiani e le botteghe storiche. A guidarli, il “Kit di Botteghiamo”: per il turista che arriva, resta e ritorna, e porta via con sé un ricordo della Città Eterna e per i romani a caccia di segreti nel centro storico. Una mappa interamente disegnata a mano dal cartografo Mario Camerini ed una preziosa guida illustrata. Due utili strumenti che suggeriranno ai nostri ospiti come muoversi nei rioni del centro storico e oltre: tra una degustazione di vino e un assaggio di prodotti tipici, i visitatori potranno apprezzare la qualità dello shopping artigianale e interagire con i negozianti di vicinato. Sullo sfondo un palcoscenico d’eccellenza invidiato nel mondo e animato dai nostri maestri artigiani. Nel progetto si inseriscono le iniziative: “Botteghiamo a Via dell’Orso... work in progress 36ima Mostra Mercato Artigianale”, promossa dall’Associazione Artigiani di via dell’Orso e vie adiacenti per il ripristino della rinomata Mostra sospesa da diversi anni. Maestri artigiani, giovani apprendisti ed appassionati potranno incontrarsi durante gli eventi impreziositi da ricercate esposizioni artigianali, degustazioni di qualità ed altri momenti di aggregazione. Il Made in Italy, quindi, come tratto distintivo della nostra cultura, dal quale è necessario ripartire in risposta ad un evidente periodo di crisi economica. Questo l’obiettivo del progetto Botteghiamo: tutelare, sostenere e valorizzare le botteghe storiche ed il commercio di qualità grazie al confronto diretto con il territorio ed i suoi protagonisti. Primo appuntamento mercoledì 4 dicembre 2013 per “Regalo d’Autore, Dono Artigiano”, evento realizzato in collaborazione con l’Arte dei Vinattieri. Nell’elegante cornice di Palazzo Brancaccio gli ospiti potranno degustare delizie, cioccolato, vini e distillati ed ammirare l’allestimento animato dagli artigiani di Botteghiamo che, attraverso la loro maestria e creatività, arricchiranno una tavola natalizia. Fra i manufatti in scena: piatti e bicchieri di ceramica, tovaglioli tessuti, segnaposti in vetro, portabottiglie in giunco, tovaglia in rete, cornice a foglia d’oro ed una composizione floreale.

A seguire, sabato 14 dicembre 2013, partenza e arrivo a via dell’Orso per la seconda “Camminata non Competitiva Botteghiamo”: originale percorso di 3km fra gli artigiani e le botteghe storiche del centro, per apprezzare il patrimonio artistico e culturale della città e la sapienza dei nostri Maestri, al fine di stimolare l’attenzione dei cittadini ad acquisti preferibilmente artigianali e rigorosamente Made in Italy. Proseguiranno, inoltre, i “Tour Botteghiamo”: emozionanti itinerari alla scoperta degli antichi mestieri artigianali. Segreti, arnesi, colori di una sapienza che gli stessi artigiani sveleranno ai partecipanti durante le tappe del Tour. Botteghiamo allora... e passaparola! ◆ Info e prenotazioni segreteria@botteghiamo.it facebook.com/botteghiamo twitter.com/botteghiamo Tel. 0668301041 www.botteghiamo.it


what’s on what’s on what’s on wh SPAZIO COSTRUITO

City Art, fino al 14 dicembre 2013 Presso City Art, spazio polifunzionale dedicato all’arte contemporanea che promuove eventi, workshop, esposizioni artistiche e incontri tematici, situato a nord est di Milano, è ospitata la mostra curata da Jacqueline Cerasoli su Nadia Galbiati. Artista rigorosamente concettuale, parte non da un volume-struttura immaginata, ma dall’analisi, dalla sintesi e dalla scomposizione e ricomposizione di soluzioni geometriche riscontrate in situ, in cui i vuoti e non i pieni assumono un ruolo determinante. www.cityart.it

Kitzbühel, il più trendy Si svolge ogni anno in Austria dal 30 novembre al 6 gennaio il mercato natalizio più affascinante e glamour d’Europa. Tra vin brulé e pan di zenzero, lucine e candele, l’avvento qui incarna tutta la magia del periodo, trasformando per oltre un mese via Hinterstadt nel set di un film suggestivo, destinato ad entusiasmare ogni fascia di età. E da quest’anno il mercatino sarà allargato per ricreare il Natale montanaro e il Villaggio di Bambin Gesù. Delizie culinarie, articoli tipici e idee regalo, ma il Natale è soprattutto la festa dei bambini e tante sono le proposte dedicate a loro: baby-zoo, racconti, bricolage e persino minicorsi di cucina con Michaela, che ogni sabato colora e inforna i biscotti con i più piccoli. La colonna sonora è affidata ai gruppi musicali, cori e cantanti della regione, che si esibiranno tra fiocchi di neve e le mille luci decorative. Kitzbühel è tra le destinazioni più glamour e alla moda dell’arco alpino tirolese, meta leggendaria dello sci alpino, che nel 1895 nacque proprio, è una cittadina trendy e raffinata, dove un pubblico internazionale arriva per gli impianti all’avanguardia e i 170 km di piste, ma anche per il clima vitaiolo, gli hotel di lusso, i ristoranti gourmet e le tante osterie tipiche che ne fanno il polo culinario del Tirolo. www.kitzbuehel.com

PIERO FORNASETTI - 100 anni di follia pratica

Triennale, fino al 9 febbraio 2014 In occasione del centenario dalla nascita di Piero Fornasetti la Triennale Design Museum presenta la prima grande e inedita mostra in Italia a lui dedicata. Curata dal figlio Barnaba, rende omaggio a questa figura per evidenziarne l’importanza e ricollocarla nell’ambito del dibattito critico e teorico sull’ornamento come elemento strutturale del progetto. Pittore, stampatore, progettista, collezionista, stilista, raffinato artigiano, decoratore, gallerista e ideatore di mostre, Fornasetti è stato una personalità ricca e complessa. Ha disegnato e realizzato circa 13.000 tra oggetti e decorazioni: un universo fatto di rigore progettuale, artistico e artigianale come di fantasia sfrenata, invenzione surrealista e poesia. www.triennale.org

Dolomiti - dedicato ai bambini

Val Gardena - i doni di San Nicolò A Santa Cristina il Natale magico dedicato ai bambini inizia il 5 dicembre, con l’arrivo di San Nicolò e del suo aiutante nel Mercatino di Natale, distribuendo sorprese a tutti i bambini. E si rinnova nel Presepe scolpito a mano più grande del mondo, visitabile con mamma e papà mentre gli scultori realizzano le loro opere. www.dolomiti.it/it/idee-vacanza/val-gardena-per-tutti

Natale

sulle

nevi

milano

BERENICE ABBOTT

Galleria Carla Sozzani, fino al 6 gennaio 2014 Ospitata nella celebre galleria di 10 Corso Como, la mostra di Berenice Abbott (1899-1991), omaggia questa artista di fama mondiale che ha dedicato la sua lunga vita e carriera alla fotografia, esplorando nozioni di fotografia documentaria e di realismo fotografico. La mostra presenta, tra l’altro, i suoi primi lavori dedicati a New York, che nel 1929 la Abbott ha iniziato a documentare con la stessa attenzione ai dettagli fornendo così una cronaca storica di molti edifici e isolati di Manhattan, purtroppo oggi demoliti. www.galleriacarlasozzani.org

IL VOLTO DEL ‘900 - Da Matisse a Bacon

Dolomiti di Brenta la casa di Babbo Natale Ad Andalo Babbo Natale aspetta i bimbi in un rifugio nel bosco dal 21 al 26 dicembre. Li accoglie con thè e biscotti appena sfornati, raccontando loro le fiabe natalizie mentre raccoglie la letterina dei desideri ricambiando con un piccolo dono. Poi tutti sulla sua slitta trainata dai cavalli per una gita tra le vie del paese, dove vengono organizzate tante altre attività come la gara di slittini, la caccia al tesoro, la gara di pupazzi di neve. E il 25 dicembre il “Big Christmas Party”, con musica, falò e cioccolata calda per tutti. www.dolomiti.it/it/idee-vacanza/dolomiti-di-brenta

Val di Fiemme - in monorotaia A Gardonè (1650 mt) Natale da brividi e forti emozioni sulla slittovia dell’Alpine Coaster. Un percorso di un chilometro sugli slittini a due posti insieme a mamma o papà: 40 km/h con una pendenza massima del 28%, due jump e un giro a 360 gradi fra abeti, larici e cirmoli del bosco del Latemar. Dai 5 anni in su. www.dolomiti.it/it/idee-vacanza/val-di-fiemme

I grandi capolavori del Centre Pompidou Palazzo Reale, fino al 9 febbraio 2014 La storia della rappresentazione della figura umana, dall’antico impero egiziano ad oggi, è al tempo stesso lunga e complessa e la selezione di opere provenienti dal Centre Pompidou di Parigi, esposte nel piano nobile di Palazzo Reale, racconta, attraverso una serie strepitosa di icone della pittura e scultura del XX secolo, un periodo fondamentale per l’evoluzione del concetto stesso di ritratto e autoritratto, messo in discussione e trasformato dai più celebri maestri dell’epoca, in seguito ai grandi cambiamenti della società e alle tragedie della storia umana. www.ilvoltodel900.it

40X40 Paolo Favaretto. Gli anni del design

Centro Culturale Altinate S. Gaetano, fino al 13 gennaio 2014 Architetto e designer, Paolo Favaretto interpreta la cultura italiana del bello, attraverso forme, materiali e colori, con uno spirito versatile, sempre attento a recepire i cambiamenti e di conseguenza a creare progetti e realizzare oggetti che durino nel tempo. Curiosità, rigore e passione per la ricerca sono da sempre nel dna di Paolo Favaretto, che quest’anno festeggia i 40 anni di attività professionale nell’industrial design e nella progettazione architettonica. www.favarettoandpartners.com

padova


what’s on what’s on what’s on wh CEZANNE E GLI ARTISTI ITALIANI DEL ‘900

Impressionisti a Palazzo Pitti 12 Capolavori dal Museo d’ Orsay

Galleria d’arte moderna, fino al 5 gennaio 2014 Frutto di uno scambio fra il Museo d’Orsay e Palazzo Pitti, la mostra porta a Firenze 12 capolavori impressionisti: due Degas, due Monet, due Cezanne, due Renoir, due Pissarro, un Fantin Latour e un’opera di Paul Guigou. Alla ricerca di possibili contaminazioni tra l’impressionismo francese e il movimento toscano dei “macchiaioli”, punto di riferimento essenziale anche per le esperienze del nostro novecento. La mostra è organizzata in due sezioni: l’En plein air, dedicata ai paesaggi ed al rapporto con la luce, e una seconda sezione dedicata agli interni. www.civita.it

firenze

ANTONELLO DA MESSINA/L’ALTRO RITRATTO

Mart, fino al 12 gennaio 2014 Due mostre legate da un fil rouge: una ricostruisce con puntualità e completezza l’attività del maestro che fu ponte tra la cultura fiamminga e la cultura italiana nel Quattrocento, raffinatissimo ritrattista e figura di riferimento per quanti lo conobbero; l’altra, pensata dal filosofo francese Jean-Luc Nancy, autore di numerosi testi sulle arti in generale e su singole opere di pittura, di fotografia e di cinema, si concentra sulle trasformazioni del ritratto contemporaneo, dagli ultimi decenni del XX secolo fino ai nostri giorni indagando tutte le tecniche artistiche (pittura, fotografia, video). Il filo conduttore del percorso espositivo è quello del mistero del ritratto, in cui apparentemente tutto si rivela ma dove, in realtà, tutto si nasconde, come già Antonello aveva mostrato. www.mart.trento.it

rovereto DA DONATELLO A LIPPI. OFFICINA PRATESE

Museo di Palazzo Pretorio, fino al 13 gennaio 2014 Lo splendore del Rinascimento italiano viene celebrato con una grande mostra che documenta il fervore artistico presente intorno alla fabbrica della futura cattedrale di Santo Stefano, quando, a metà Quattrocento, vennero chiamati Donatello, Michelozzo, Maso di Bartolomeo, Paolo Uccello, Filippo Lippi, e il figlio di questi, Filippino, che da Prato prese le mosse e a Prato tornò a lavorare da anziano. Attraverso la scelta e il confronto di alcune importanti opere, spesso provenienti dall’estero, con affreschi e rilievi ancora in situ, l’esposizione si propone di far luce sull’attività di questi importanti artisti è su quanto questa sia stata importante per la città. www.palazzopretorio.prato.it

prato

Complesso del Vittoriano, fino al 2 febbraio 2014 Cezanne e non solo alla grande mostra che apre la nuova stagione negli spazi espositivi al Vittoriano. Intorno a una ventina di capolavori del maestro francese vengono esposte alcune delle opere dei maggiori pittori italiani del primo ‘900 che dalla sua lezione furono influenzati. Da Boccioni a Soffici, da Morandi a Carrà, e poi Carena, Rosai, Sironi, Severini, Casorati, Pirandello, Donghi, Melli, Trombadori, grandi artisti che si sono confrontati con la rivoluzionaria lezione cezanniana e che da questa hanno tratto linfa vitale per la loro arte. L’esposizione costituisce un’occasione unica per valutare l’importanza della ricerca di verità del burbero e solitario maestro di Aix-en-Provence. www.museiincomuneroma.it

DUCHAMP. RE-MADE IN ITALY

Galleria Nazionale d’Arte Moderna, fino al 9 febbraio 2014 A cento anni da Ruota di bicicletta, primo ready-made, e a cinquanta dal primo viaggio in Italia di Roma celebra il Marcel Duchamp alla Galleria Nazionale d’arte Moderna. La mostra, che verte intorno al lascito di Arturo Schwarz, mette in luce, attraverso opere, documenti, film, fotografie, i rapporti che il maestro dadaista ebbe con galleristi, critici e artisti, tra i quali Enrico Baj, Sergio Dangelo e Gianfranco Baruchello e quanto forte fu la sua influenza. (L.M.) www.gnam.beniculturali.it

roma

VERSO IL 2015. LA CULTURA DEL VINO IN ITALIA

Complesso del Vittoriano/Ala Brasini, fino al 30 novembre Il vino raccontato attraverso letteratura, arti figurative, teatro, cinema, poesia, territori. A partire dai greci, che portarono la vite nella nostra terra (chiamandola poi Enotria, ossia paese del vino), e dai romani, che la diffusero in mezza Europa, facendo dell’Italia uno dei luoghi cardine di questa cultura. In mostra oltre novanta opere provenienti dal Muvit (Museo del Vino di Forgiano), organizzati in sei sezioni, inclusi reperti archeologici, incisioni a tema mitologico, ceramiche dal XIII al XX secolo e opere di artisti moderni come Picasso, Jean Cocteau, Gio Ponti. Curata da Massimo Montanari. www.museiincomuneroma.it

TACCHI MISTI

Teatro Belli, fino al 1° dicembre 2013 Tratto dal libro ‘Accessories’ dell’americana Gloria Calderòn Kellett, lo spettacolo diretto da Ferdinando Cerini racconta sedici paia di scarpe, ovvero altrettanti personaggi femminili. Quattro attrici (Carla Ferraro, Corinna Lo Castro, Valentina Martino Ghiglia e Silvia Siravo) portano sul palco una variegata ed irriverente serie di ritratti femminili, ciascuno con la propria ironica, graffiante, audace storia personale. La fidanzata, la casalinga, la cinica, la dea, la ladra, la prima donna vengono tirate in ballo… a partire dalle scarpe! www.teatrobelli.it

“Confusioni”

Teatro Trastevere, fino al 1° dicembre Dal genio comico di Alan Ayckbourn, un’effervescente commedia in cinque atti unici. Una metafora della precaria civiltà occidentale tratteggiata dall’inconfondibile humor anglosassone: situazioni surreali per raccontare vizi, virtù, nevrosi, ossessioni e incomunicabilità del mondo moderno. Dove azioni e parole sono inevitabilmente equivocate, incomprese e sotterrate sotto una coltre di perbenismo e imbarazzo. Diretto daAlessandro Londei, interpretato da Brunella Caronti, Mario Focardi, Alberto Mosca, Gabriella Petti, Doriano Rautnik. www.teatrotrastevere.it


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Quattro Riflessioni sul Taste of Roma

ph Andrea Di Lorenzo

Fabrizio Pagliardi - La Barrique e Remigio ph Andrea Di Lorenzo

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ph Andrea Di Lorenzo

l Taste of Roma è terminato, con la sua coda di commenti e la memoria dei piatti assaggiati. Come è andata questa seconda edizione? Lo abbiamo chiesto a tre persone che hanno, a diverso titolo, partecipato alla rassegna: Cristina Bowerman, tra gli chef della manifestazione, Fabrizio Pagliardi uno dei migliori uomini del vino di Roma (suoi La Barrique e Remigio) che ha tenuto alcuni appuntamenti del Wine&spirit Academy Trimani, e una visitatrice. A loro abbiamo fatto qualche domanda, per raccogliere alcune impressioni a caldo. Ve le raccontiamo ora.

ph Raffaella Midiri

Cristina Bowerman - ph Andrea Di Lorenzo

Belle novità di quest’anno Heinz Beck a un evento del genere penso sia la prova di un’apertura mentale che dovrebbe ispirare. Il prolungamento d’apertura nelle ore serali è stata una mossa vincente. Lo chef’s table, l’intelligente mini-ristorante privato.

Cristina Bowerman - Glass Hostaria

Cose che ti sono piaciute e che non ti sono piaciute L’organizzazione è davvero perfetta per la mole di lavoro che si presenta in così pochi giorni. Io personalmente ho presentato un piatto per celiaci allo stand preposto ma mi sono trovata in un ambiente caldissimo con spazio minimo e con attrezzatura quasi inesistente. Un suggerimento? Potenziare i cooking show, potrebbe aiutare a diffondere la cultura del cibo in quanto attrarrebbe più pubblico. Mi è piaciuta molto la pubblicizzazione dell’evento pre-evento. Ben fatta.

3 Piatti preferiti ◆◆ Foglia di grano, tonno rosso e misticanza di erbe di Roy Caceres (Metamorfosi) ◆◆ In un panino... - il pranzo nei campi - di Danilo Ciavattini (Enoteca la Torre a Villa Laetitia) ◆◆ Ricordo di uovo allo zabaione, granita di orzata e crumble al caffè (piatto per celiaci) di Francesco Apreda e Dairo Nuti (Imàgo all’Hassler)

Una bella scoperta La scoperta, o meglio, la riscoperta è stato Danilo Ciavattini. Molto suadente e preciso nella scelta dei piatti e ancora migliorato nel gusto rispetto a come me lo ricordavo. Il panino con le erbe di campo era da mangiare a quintali! Spero di andarlo a trovare presto nella sua nuova sede. Poi, però, lo devo dire, mi sono mancati i miei compagni dell’anno scorso e spero che il prossimo anno partecipino, in particolare mi è mancato Anthony Genovese!

Menu preferito Quello di Cristina Bowerman di Glass Hostaria: ◆◆ Wrap con piccione, caviale di frutti rossi e gastrique piccante ◆◆ Ravioli di amatriciana con guanciale croccante ◆◆ Insalata d’astice, semi e lassi indiano L’ho apprezzato soprattutto dal punto di vista operativo: era perfetto da gestire in una situazione del genere. I piatti preferiti ◆◆ Fico di foie gras, mosto cotto e brioche al grano arso di Roy Caceres (Metamorfosi) anche se concettualmente è già visto, mi riferisco al mandarino Blumenthal ◆◆ Insalata d’astice, semi e lassi indiano di Cristina Bowerman (Glass Hostaria): un piatto apparentemente semplice, equilibrato e di impatto ◆◆ Spaghetti cacio&pepe con gamberi bianchi marinati al lime di Heinz Beck (La Pergola dell’hotel Rome Cavalieri), anche se condizionato dall’esecuzione: al primo assaggio buonissimi ed esplosivi, provati una seconda volta un po’ sotto tono. Una bella novità Per me una scoperta è stato Danilo Ciavattini (Enoteca La Torre di Villa Laetitia), mi è piaciuto molto In un panino... (il pranzo nei campi). Dal punto di vista organizzativo? Organizzativamente molto meglio dello scorso anno, più efficienza, meno file per le ricariche e anche ai banchi, ma questo secondo me era dovuto anche ai ristoranti che, avendo alle spalle l’esperienza precedente, hanno presentato delle ricette più gestibili in una situazione come quella del Taste. E il vino? Come sempre in queste manifestazioni incentrate sul cibo il vino ne esce sacrificato e infatti le degustazioni, che pure erano ben organizzate, molto interessanti e con ottimi prodotti, hanno avuto poca affluenza. E anche la proposta dei punti vino di Trimani, notevole, non aveva la visibilità e non ha attirato l’interesse che avrebbe dovuto. Farei un cenno a Mauro Secondi, due chiacchiere con lui e qualche assaggio dei suoi ravioli, e capisci cosa è la pasta ripiena artigianale fatta da un professionista. L’unico limite? È troppo buona e potrebbe mettere in difficoltà la creatività del cuoco che la deve usare.

In un panino... (il pranzo nei campi) di Danilo Ciavattini (Enoteca la Torre a Villa Laetitia) - ph Andrea Di Lorenzo

Margherita Gentile Menu preferito Quello di Roy Caceres di Metamorfosi: ◆◆ Risotto in “pacchetto”, zafferano, caprino e chinotto (piatto vegetariano) ◆◆ Foglia di grano, tonno rosso e misticanza di erbe ◆◆ Fico di foie gras, mosto cotto e brioche al grano arso I piatti preferiti ◆◆ In un panino... (il pranzo nei campi) di Danilo Ciavattini (Enoteca la Torre a Villa Laetitia) ◆◆ Ricordo di uovo allo zabaione, granita di orzata e crumble al caffè (piatto per celiaci) di Francesco Apreda e Dario Nuti (Imàgo all’Hassler) ◆◆ Fico di foie gras, mosto cotto e brioche al grano arso di Roy Caceres (Metamorfosi) Una bella novità ◆◆ La presenza dei cuochi della JRE ◆◆ La scelta di introdurre piatti per vegetariani e celiaci. Bella scoperta Ristorante Il Tino - Daniele Usai - JRE Note positive e note negative? Mi è piaciuta molto la location. Si potrebbe migliorare la tipologia di biglietto: l’ingresso standard, 16 euro (non poco!) potrebbe comprendere, oltre il bicchiere vuoto, anche un calice di vino offerto o un dolcetto per chi è astemio ma goloso. Manca una libreria di settore e occorrerebbero più tavolini di appoggio e più attenzione alle barriere per disabili Mancano piatti kosher, il Taste of Roma potrebbe includere tradizioni ebraico-romanesche... è un suggerimento per il prossimo anno! ◆ ADS


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Roma città del gusto? di Antonella De Santis

Il Secchio e L’Olivaro

È

Massimo Riccioli

un panorama in fermento quello capitolino, che negli ultimi anni ha fatto registrare una sequenza di nuove aperture da vera metropoli. Locali che aprono e nuovi format che nascono, a comporre una scena golosa che non è fatta solo di grandi ristoranti, ma si articola in tante proposte diverse che tratteggiano un quadro vivace e in continuo movimento. Partiamo da un cambio di guardia nelle cucine di uno dei grandi alberghi della strada della Dolce Vita: al Majestic Massimo Riccioli ha dato il cambio a Filippo La Mantia nel ristorante che ora porta il suo nome. Riccioli, già alla guida de La Rosetta di Roma, è sinonimo di grande pesce. La Rosetta ha praticamente portato la cucina di mare a Roma, quasi 50 anni fa. Oggi Massimo, grande verve, intuito e professionalità, approda negli eleganti spazi del Majestic per portare la sua cucina. E non solo. Tanto pesce, come ci ha abituato negli anni, ma anche una proposta più ampia adatta a un pubblico internazionale con richiami alle tradizioni romane e, più in generale, italiane. Menu differenziati con proposte anche per il brunch della domenica, in un’ambiente di grande fascino, con la bella terrazza a fare da complemento a una location davvero suggestiva.

Stazione di Posta

Hostaria Luce

Passiamo a un’altra new entry in cucina. Il locale non è una vera novità, perché sta per compiere il suo primo anno di vita, ma Stazione di Posta, alla città dell’Alta Economia, solo da maggio ha trovato il suo assetto attuale, e ci ha pensato lo chef Marco Martini. Fresco di premiazione come Miglior Emergente d’Italia del 2013, Martini - classe 1985 e tante esperienza importanti alle spalle - conduce con mano certa questo spazio nel cuore del quartiere Testaccio: area all’aperto, cocktail bar di livello che permette anche di accompagnare l’intero pasto con miscelati in abbinamento. Stazione di Posta è un luogo che cambia volto e menu, secondo i momenti: la domenica a pranzo la proposta è per le famiglie, complice un cortile a misura di bambino e un’atmosfera particolarmente rilassata, il lunch durante la settimana è pensato per la pausa dal lavoro, snello e veloce, mentre la sera la proposta si veste e diventa gourmet. Creatività e intuizioni in bilico tra ieri e oggi, tra tradizioni nostrane e internazionali, come nei ravioli al vapore con pollo e brodo di patate arrosto o nelle capesante all’arrabbiata. Un locale luminoso, accogliente, moderno, molto intelligente dentro e fuori la cucina. Spostandosi di poco, verso il Circo Massimo, si incontra un piccolo chiosco che ricorda nei colori i vecchi tram: il Tram Depot è il classico baretto immerso nel verde, ma in versione

2013, nato dal team del Lanificio Cucina di Pietralata: proposte facili ma ottime, lieviti “seri” e panini gourmet firmati dal laboratorio Lac di Stefano Preli. Ci spostiamo verso via del Porto Fluviale, nuovo epicento del food & drink capitolino: di fronte al Porto Fluviale ha aperto la pizzeria Il Secchio e L’Olivaro, vecchia conoscenza di chi gravita in via Portuense, mentre negli spazi ex industriali che erano dei Mulini Biondi ha appena aperto Bibere Bistrot, una birreria che promette di diventare uno dei luoghi culto del panorama brassicolo romano. Tornando verso il Circo Massimo, nei locali che erano di un concessionario di moto da questa estate ha inaugurato Rosso, un locale big size (circa 400 mq) multifunzionale aperto dalle 7 di mattina all’una di notte. Dalle grandi vetrate che si affacciano su viale Aventino di scopre un ambiente punteggiato di rosso, dove si inseguono la pietra e il ferro, il legno del parquet, le stoffe delle poltroncine, rinfrescato da un piccolo orto verticale. Il bel bancone è destinato alla gastronomia: toast, panini, salumi in fila pronti per placare la fame a ogni orario, corollario di una cucina che alterna griglia e fornelli, con hambuger, insalate e fritti, primi piatti romani e secondi golosi, proposte dal forno e dal wok a opera di Matteo Chiappini.

Bibere Bistrot

gourmet

Tram Depot

Rosso

Attraversiamo il Tevere e arriviamo a via della Luce, per segnalare un trattoria che ha da poco cambiato gestione. L’Hostaria Luce rientra a pieno titolo nel novero delle neotrattorie: fresca, piacevole, arredata con gusto lieve, con una cucina di stampo mediterraneo ravvivata da tocchi, ingredienti e tecniche contemporanee, una proposta che si muove con disinvoltura tra carne e pesce, fresca e ricca di profumi, firmata dalla chef Ines Bertini. Seguendo il corso del fiume in direzione Prati, un cancello introduce a Villa Laetitia, boutique hotel di proprietà di Anna Venturini Fendi che ha letteralmente trascinato a Roma l’intero staff dell’Enoteca La Torre di Viterbo, Luigi Picca in sala, Danilo Ciavattini in cucina, recentemente affiancati dal sommelier Rudy Travagli. Un indirizzo di grande fascino all’interno di una residenza storica, con una cucina che non fa rimpiangere la vecchia sede, tutta tecnica, materia prima creatività e radici territoriali. Ancora a Prati, di nuovo birra nella costola street food di quel centro multifunzione che è Settembrini: Birra e Porchetta ha una proposta semplificata all’osso, ben raccontata dal nome. Puntiamo verso il quartiere Flaminio, passando per Ponte Milvio, dove Stefano Callegari (Sforno, Tonda e 00100) sta portando i suoi trapizzini in un locale tutto dedicato alle


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Enoteca La Torre

Il Sorpasso

Bibere Bistrot Via Antonio Pacinotti, 83 - tel. 065562738 www.biberebistrot.it Birra e Porchetta Via Ciro Menotti, 32 - tel. 06 236160 www.viasettembrini.it BistroT 64 Via Guglielmo Calderini, 64 - tel. 063235531 www.bistrot64.it Enoteca La Torre a Villa Laetitia Lungotevere delle Armi, 22 - tel. 0645668304 www.enotecalatorreroma.com Hostaria Luce Via della Luce, 44 - tel. 065814839 www.hostarialuce.it

Bistrot 64

sue creazioni più fortunate, quei triangoli di pizza farciti al momento con classici piatti romani: Trapizzino è il nome di questa golosità e quello del mini-locale che potrebbe essere il primo di una mini catena golosa tutta trapizzini, fritti, champagne e birre alla spina. Insieme a lui, in questo progetto, anche Paul Pansera, ristoratore di Baltimora, patron del noto locale Il Sorpasso in Prati, altra novità del panorama capitolino, da un po’ punto di riferimento anche per il bere miscelato. Ultima tappa di questo tour cittadino, un indirizzo alle spalle del MAXXI, Bistrot 64. Elegante senza essere pretenzioso, ha una cucina moderna, tutta equilibri e materie prime, una ricerca - quella del giovane Emanuele Cozzo - che ci auguriamo continui nel tempo senza perdere la strada della leggerezza e della tecnica, del sapore e dei contrappunti. Un bistrot, recita il nome, e forse lo è per i costi decisamente contenuti per una carta di questo livello, non certo per la proposta che mira molto in alto senza mai perdere di vista una piena godibilità ◆

Il Secchio e l’Olivaro Via del Porto Fluviale, 3 - tel. 065745897 www.ilsecchioelolivaro.it Il Sorpasso Via Properzio, 31-33 - tel. 068902455 www.sorpasso.info Massimo Riccioli Ristorante Bistrot Via Vittorio Veneto, 50 - tel. 0642144715 www.hotelmajestic.com ROSSO Viale Aventino, 32 - tel. 0664420656 www.rossoristora.it Stazione di Posta Largo Dino Frisullo (Testaccio) - tel. 065743548 www.stazionediposta.eu Tram Depot Via Marmorata snc - tel. 0641780081 www.facebook.com/tramdepotroma


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L’attore Gianmarco Tognazzi e lo chef Fabio Campoli: un’amicizia importante, le annotazioni di un indimenticabile gourmet ed un progetto gastronomico di eccellenza

E ADESSO, PREPARIAMO IL S’UGO di Carlotta Miceli Picardi

L

a ricerca, in un’epoca diversa, del gusto antico delle cose buone. Quella memoria degli odori e dei sapori che costituiscono l’inestimabile patrimonio della nostra arte culinaria: è l’obiettivo comune che ha reso subito entusiasmante la collaborazione tra ‘Il Circolo dei Buongustai’ e ‘La Tognazza Selezioni’. Il pretesto che ha riunito intorno ad un tavolo da pranzo e di piacevoli trattative Fabio Campoli, presidente dell’associazione e Gianmarco Tognazzi, figlio del grande Ugo, straordinario protagonista del cinema e della cucina italiana, per tracciare la mappa di un percorso. Un viaggio organizzato, ma non senza sorprese, dall’orto alla cantina, passando per frantoi e caseifici, che diventi documentario e certificazione della correttezza dei produttori e della genuinità dei prodotti scelti. E infine, il racconto di accostamenti nuovi e singolari tra vino e cibo. Interessante e gradevole il

In quale occasione vi siete conosciuti?

Cosa rappresenta per te ‘La Tognazza’, Gianmarco? Terra, famiglia, la nostra storia. La parte significativa di una biografia che dieci anni fa ho deciso di riprendere in mano e di rileggere con la testa e con il cuore, insieme a mia moglie Valeria. Riappropriandomi anche dei ricordi di un’infanzia vissuta più tra le vendemmie e i tini che sui set. Il profumo del mosto, del dragoncello, dell’erba cipollina... Il rito dell’assaggio, con papà che mi porgeva il cucchiaio di legno pieno della zuppa o della pietanza fumante da sperimentare e commentare... Sperava che un giorno io diventassi un agronomo, pensa!

Fabio: Ci hanno presentati nel corso di una serata informale. E si è stabilita un’intesa immediata, una forte empatia. Gli ho confessato di essermi ispirato spesso alle ricette di suo padre, un vero studioso, pieno di fantasia e di incredibili intuizioni, che mezzo secolo fa già discuteva di biologico. Lui mi ha parlato con soddisfazione dell’azienda agricola di Velletri, nata negli anni ’60, divenuta ormai attività primaria.

Fabio: Il palato di Gianmarco è geneticamente istruito ed esercitato a riconoscere la qualità di ciò che mangia e che beve. E sono sicuro che, in fondo a qualche cassetto, possa nascondersi ancora un elemento, un valore inespresso delle elaborazioni di Ugo, mai casuali. Frutto, anzi, di continui approfondimenti. Riusciva ad essere conservatore e rivoluzionario insieme.

contrasto tra le due ‘voci narranti’: profonda, educata al rigore della dizione e dei tempi recitativi l’una; incisiva, allenata alla spiegazione rapida delle modalità e dei tempi di cottura, l’altra. Un attore, uno chef: professioni che sembrano così distanti ed hanno, invece, molti punti di contatto: istrionismo, attenzione maniacale al dettaglio, estro e ansia, nell’attesa febbrile della messa in scena. Inevitabili, quindi, le affinità elettive...

Gianmarco: Mio padre era curioso e inarrestabile nella sua passione. Capace persino di tornare con un trancio di balena dalla Norvegia o con un filetto di ippopotamo dall’Africa e di prepararli in maniera egregia per i suoi ospiti più assidui: Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Pupi Avati, Paolo Villaggio... Aveva il culto dell’accoglienza. Ritagliava e disegnava le etichette per i vini che produceva sui fogli dei miei quaderni di matematica. Poi, scriveva col pennarello, in bella calligrafia, menù ed elenco degli ingredienti: erano dei quadri! A breve riediteremo il suo libro ‘La mia cucina’ proponendo, a fianco ad ogni ricetta originale, una rivisitazione di Fabio.

gourmet Attualmente a cosa state lavorando?

Fabio: Al perfezionamento di almeno quattro salse deliziose e saporite, il cui nome sarà ‘S’UGO’.


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Foto di M. Battistelli di prankster.biz - Art: Angelo De Mattia

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Carino! Stavolta, Gianmarco, ti è stato assegnato un ruolo… tra i fornelli. Sì, sono l’assistente! Prima mi limitavo a dare un parere. Oggi partecipo attivamente alla costruzione del piatto, seguendo le direttive dell’esigentissimo regista Campoli. Figurati che ho accantonato film e spettacoli per gettarmi in full-immersion nell’impresa, dall’inverno scorso! Mi rendo utile e olio e vino li porto da casa! Extra vergine Prematurato per condire e, nel bicchiere, un Tapioco bianco, un rosso Antani o, ancora, un pregiato ‘Riserva del conte Mascetti’. La Supercazzola! Sul serio?! Gianmarco: Sul serio! Impossibile non ricordare, vedi?! È un’idea vincente! -rideLa filosofia del Circolo dei Buongustai, Fabio? Si può riassumere nell’intento di mettere sul mercato il meglio dell’enogastronomia, attraverso un marchio collettivo di cultura, formazione e promozione, organizzando eventi, show cooking, appuntamenti a tema. Mentre ‘La Tognazza Selezioni’ come si propone? Gianmarco: Ti faccio un esempio semplicissimo: tu hai una marmellata, io il brand. Se la trovo squisita, ti concedo di adoperarlo. Due personalità, due mestieri, uno stesso itinerario: impressioni, strada facendo? Gianmarco: Fabio è voglia di apprendere e capacità di insegnare. Rappresenta il compagno di avventura ideale e coinvolgente per onestà intellettuale, sensibilità, disponibilità al rapporto emotivo. Fabio: Gianmarco mi ha dato modo di respirare quello che chiamo ‘il clima Tognazzi’: un’atmosfera davvero particolare, che ti lascia la sensazione di aggirarti per stanze spaziose e vissute, nelle quali puoi sempre trovare uno scrigno da aprire. Un bilancio positivo anche sul piano umano oltre che imprenditoriale, dunque... Gianmarco: Spesso definisco Fabio il mio ‘alter Ugo’ ◆

pasta ALL’INFURIATA Sono una specie di variante della “pasta all’arrabbiata” Ingredienti: ½ kg di pasta ½ kg di pomodori freschi pelati un bicchiere di vodka. Se poi trovate un certo tipo di Vodka che è in commercio, una Vodka polacca al peperoncino (formidabile, tremenda, fortissima, piccantissima, micidiale) potete eliminare il peperoncino naturale. Mettete a cuocere la pasta. Contemporaneamente versate l’olio in una padella con due spicchi d’aglio che toglierete quando saranno color marrone. Dopo aver tolto l’aglio, togliete anche la padella dal fuoco e buttate giù i pomodori freschi pelati insieme a due foglie d’alloro. Subito dopo versate anche il bicchiere di vodka. Questo, in caso di vodka al peperoncino. Se invece la usate nature, dovete metterlo giù prima. Quindi, ripetiamo velocemente: olio e aglio nella padella, ritirate l’aglio, mettete il peperoncino; tirate via il peperoncino; tirate via la padella; buttate i pomodori e l’alloro; buttate la Vodka, rimettere al fuoco. Fate cuocere ancora un po’, scolate la pasta, conditela, mangiatela. Questo piatto è sconsigliato agli ulcero-colitici. Per loro, versione in bianco “pasta della tranquillità”. Al burro. Dal libro “L’abbuffone”

Millefoglie di Daniele Tamburini da gustare in sala o in terrazza

Via dell’Ente, 27 • 00060 Formello (Roma) Tel. 06.9089420 • www.linvito.it • ristorante.invito@alice.it


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Kotaro Noda

Il ponte per l’Oriente La cucina dello chef, da 15 anni in Italia, cerca costantemente il punto di contatto fra oriente e occidente per materie prime, gusti e tecniche di cottura di Antonella De Santis

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i sono cucine che a volte paiono a distanze siderali, ma a ben guardare hanno più punti di contatto di quanto ci si potrebbe aspettare. Parola di Kotaro Noda, chef nipponico da 15 anni in Italia, un carnet di grande prestigio e una bella esperienza che muove dalla sua cucina d’origine per approdare a quella italiana, due realtà che, a sentir lui, nascondono molte possibilità di intreccio. In effetti quella nipponica è, tra le cucine orientali, quella più vicina a noi. Una differenza, però, nasce dalle nostre storie: ‘in Italia la cucina è soprattutto una questione domestica, in Giappone, invece, si è sviluppata una gastronomia legata alla corte, una cucina nobile, quella imperiale, come in Francia c’era quella del re’. Che significa, per noi, una tradizione familiare, quella delle mamme e degli affetti. Più semplice, più intima. Ma anche ricchissima, fatta di infinite sfumature, di varianti regionali quando non locali, di tanti prodotti diversi. Una cucina che il più delle volte ha una matrice povera, popolare, basata su un’intelligenza profonda, sul consumo consapevole che permette di sfruttare al massimo ogni ingrediente. Proprio gli ingredienti sono uno dei punti di contatto, dice Noda ‘la materia prima non è poi così diversa, in Giappone si lavora soprattutto il pesce, naturalmente, visto che è un

arcipelago’. Ma anche qui in molte zone esiste una forte cultura della cucina di mare. ‘Le differenze sono soprattutto nei condimenti e nelle tecniche’ continua. Per esempio il taglio. In Giappone il taglio è un’arte, per imparare quello del pesce la scuola dura circa 5 anni. La tradizione orientale delle lame e dei coltelli ne è un segnale evidente. Senza dimenticare che i coltelli in Oriente si usano in cucina ma non in tavola. I piatti, preparati in piccoli bocconi, non possono essere ridotti in pezzetti con le posate, ma devono arrivare già pronti per essere portati alla bocca. Il taglio incide in maniera determinante sul risultato finale: ‘tagliare una carne o un pesce senza tener conto dell’orientamento delle fibre significa preparare un piatto praticamente immangiabile’. E se un filetto ha una carne tenera, comunque sia tagliata, uno scamone, per esempio, se lavorato male diventa un piatto difficile da mandare giù. Poi naturalmente dipende dalla preparazione: c’è una differenza profonda tra una tartare e un carpaccio. Così il sashimi, che a un occhio distratto sembrerebbe una preparazione elementare, si basa su una grandissima conoscenza della materia prima e del modo di trattarla. Il taglio è quindi alla base di una buona riuscita di un piatto. Ma non solo. Fondamentale in cucina è anche la cottura.

Nella tradizione nipponica le cotture sono rapide, così da mantenere integro il valore nutrizionale del prodotto. Pensiamo alle verdure: una cottura millimetrica le fa rimanere croccanti e con un bel colore vivo, ricche e attraenti per gli occhi e per il palato. Un uso che solo negli ultimi anni è entrato nei ristoranti e ancor più nelle case italiane dove per molto tempo le verdure sono state maltrattate da cotture prolungate, un’attenzione che va di pari passo con il rispetto profondo per la materia prima. Non pensiate che la cucina giapponese sia solo pesce crudo. Il sushi, che rappresenta una parte, neanche la più importante, della cucina giapponese, non è solo realizzato con il pesce crudo, ma viene preparato anche con uova, verdure, funghi. E poi le alghe, ingredienti fondamentali. Nori, kombu, wakame, hijiki sono preziosissime per il loro contenuto di vitamine, iodio, fibre e antiossidanti e finalmente stanno prendendo piede anche in Italia, soprattutto nell’alta cucina. In Giappone sono indispensabili nell’alimentazione anche perché l’alto contenuto di proteine ne fa un buon sostituto del latte che in Giappone è quasi del tutto assente, anche nei suoi derivati. Se non avete mai assaggiato un formaggio made in Japan non è un caso, semplicemente nel Sol Levante non esiste alcuna tradizione in merito.

Proprio Noda invece usa, e con ottimi risultati, uno dei nostri migliori prodotti caseari, il parmigiano, per realizzare un brodo umami. L’umami è il quinto dei sapori percepiti dalla nostra lingua - insieme a dolce, acido, amaro e salato - non molto conosciuto in Italia è però utilizzato da decenni nell’industria alimentare, per esempio per i dadi da brodo. Sono sapori umami i funghi, il prosciutto stagionato, i semi di pomodoro, la colatura di alici, ma anche la salsa di soia e il parmigiano. Il brodo umami di Kotaro Noda è composto di porri, pomodoro, buccia di parmigiano, messi sottovuoto con acqua e sale e cotti a 70°. Il pubblico italiano riconosce il sapore del parmigiano, ma il gusto base è l’umami. Per Noda è un modo di unire tradizione italiana e conoscenza nipponica. In fondo, dice, si tratta di trovare un punto di contatto tra oriente e occidente: ‘si guarda da due posizioni diverse, ma si guarda la stessa cosa’. I risultati spesso non divergono molto ‘quando penso a un piatto italiano’ - continua - ‘lo faccio partendo dalla mia cultura gastronomica, che di base è giapponese, pur essendosi sviluppata in ristoranti italiani. Quindi il mio percorso si nutre di diverse suggestioni, si potrebbe definire una cucina italiana con un’interpretazione giapponese. Un piatto giapponese con ingredienti italiani? Non ha senso’.


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Ma non di solo crudo si vive in Giappone. Al contrario, dice Noda: nell’immaginario collettivo la cucina nipponica è identificata con sushi e sashimi, ma il consumo di crudo non è quotidiano, anche se il gusto contemporaneo ha esteso il consumo di cibi crudi anche ad alimenti che tradizionalmente si mangiano cotti, per esempio pollo, manzo, fegatini. A legare ulteriormente le due cucine c’è un filo rosso, quello della pasta, per la precisione gli spaghetti. Piatto iconico per eccellenza del Bel Paese, in oriente ha una grande diffusione. I più comuni sono ramen e udon, entrambi di farina di frumento, e soba, di grano saraceno. Si servono asciutti o in brodo, conditi in vario modo, con verdure, tofu, gamberi o alghe. Negli ultimi anni ha goduto di un’enorme popolarità in occidente il manzo di Kobe di razza Kuroge Wagyu, proveniente dalla zona di Hyogo. Particolarmente prelibato per la sua carne, saporita e molto tenera a causa delle infiltrazioni di grasso: una marezzatura che dipende dall’allevamento che leggenda vuole sia portato avanti con cura, integrando l’alimentazione con birra (per stimolare l’appetito ed evitare la diminuzione di peso nei periodi estivi) e massaggiando i capi per favorire la marmorizzazione delle carni. Un altro racconto vuole che nelle stalle sia diffusa musica classica per il benessere degli animali. Era, si dice, la carne destinata alla tavola dell’imperatore. Una carne straordinaria per sapore e consistenza. La differenza si gioca principalmente sui condimenti. In Giappone tradizionalmente gli equilibri dei piatti si basano sul bilanciamento del dolce e del salato: salsa di soia e

zucchero sono i due ingredienti base che accompagnano lo sviluppo del piatto, ma le contaminazioni hanno introdotto anche altri sapori. Gli ingredienti base per la preparazione dei piatti sono il katsuobushi (fiocchi filetti di tonno essiccato, fermentato e affumicato alla base del dashi, della zuppa di miso, della soba), wasabi, il sesamo, il miso (derivante dalla fermentazione dei semi della soia gialli), ma anche il sake, bevanda, sì, ma utilizzata in cucina sia come disinfettante che durante le cotture. L’Italia vira su una gamma di sapori più ampia: acido - il limone, l’aceto - salato, dolce, cui si aggiunge il piccante. ‘Il sale’ - dice Noda - ‘è l’esaltatore di sapore che preferisco: la salsa di soia è più invadente, e anche l’olio (che pure ha eletto come ingrediente feticcio) ha una personalità da protagonista’. Il sale è quindi un bene tutto occidentale, che in Giappone è praticamente assente. Testimonianza ne sia l’uso della fermentazione come tecnica di conservazione. In quasi tutti i paesi del bacino del Mediterraneo si procede per salatura, mentre in Giappone si usa far fermentare gli alimenti. Cosa che accade anche in Europa dell’est e in Germania che non hanno sbocchi sul mare, un fattore che nei secoli scorsi rendeva difficile e molto costoso l’approvvigionamento del sale. Facciamo il punto con il nostro ‘ponte per l’Oriente’ e chiediamo a Kotaro Noda come vede la cucina italiana contemporanea e come evolve la sua, di cucina. ‘Negli ultimi anni, come detto in precedenza, in Italia si sono assorbite alcune istanze che in oriente sono tradizionali: le cotture veloci, o comunque tese a preservare l’integrità del

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prodotto, che sta tornando protagonista in cucina rispetto a qualche anno fa. In Italia la ricchezza della materia prima a disposizione è enorme, tornare a metterla al centro delle preparazioni può essere visto come un tornare indietro, ma con la consapevolezza acquisita oggi. Per quanto riguarda me, sette anni fa, dopo diverse esperienze, sono arrivato a Viterbo. Una realtà diversa da quella delle grandi metropoli, in cui poteva esserci diffidenza verso un cuoco giapponese. Mi sono un po’ nascosto mandando avanti la cucina. I piatti che preparavo erano territoriali, in un territorio ricco di sapori e di tradizioni. Bisognava rispettare le tradizioni e far capire che quello che proponevo. Un piatto che per esempio univa la mia cultura a quella locale è stato il mont blanc di ceci. In Oriente la pasticceria usa spesso i legumi soprattutto i fagioli rossi, gli azuki, e in provincia di Viterbo c’è un dolce tradizionale realizzato proprio con i ceci. Ho unito queste due cose e proposto un dolce moderno che non spaventava le persone perché le riavvicinava alla loro cultura, mettendo un po’ anche della mia. Ora sono in un’altra fase, mi capita di pensare o provare un piatto italiano, e ritrovare in me un’eco di un’altra tradizione. Un esempio? Gli spaghetti burro

e alici, che preparo con colatura di alici katsuobushi e alghe. Un piatto povero ma anche molto ricco, in cui vedo un legame con la mia storia e i miei ricordi gastronomici, in cui armonizzo tutti i sensi, aggiungendo croccantezza e aromi, per comporre un piatto che parli di me, del mio cammino. Forse è arrivato il momento in cui non sento più l’esigenza di nascondermi’. A proposito di dolci vale la pena segnalare come sia difficile creare un dessert senza usare latte né derivati. Tra i dolci più diffusi in Occidente della tradizione nipponica ci sono gelati, gelatine e altre preparazioni che hanno come base gli azuki o il tè verde, ma ci piace ricordare i mochi, una sorta di grandi gnocchi preparati con farina di riso glutinosa, purea di azuki o salsa al tè verde. Non possiamo chiudere questo racconto senza fare un accenno all’importanza dell’aspetto estetico dei piatti che nell’uso giapponese vengono portati a tavola tutti insieme, sulle bellissime ceramiche orientali, creando un colpo d’occhio che gioca sulle forme, i colori, l’armonia che prima che dal palato deve essere recepita dall’occhio. Nei piatti si deve ricreare l’armonia del mondo, il movimento della natura ◆


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Salmone

il re dell’oceano

Crudo, cotto o affumicato, viene celebrato nelle tavole di tutto il mondo e in ogni preparazione riesce sempre ad aggiungere quel gusto in più di Violante Di Palma

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i fa presto a dire salmone, ma molto meno a sceglierlo… o almeno si dovrebbe! Sotto il termine salmone si raggruppa un’infinità di pesci e in realtà molti di questi, oltre ad alcune caratteristiche generali che riguardano principalmente la forma, hanno poco in comune per ciò che concerne la qualità e la consistenza della carne. Dunque, è bene fare un po’ di chiarezza partendo proprio dall’ambiente in cui i salmoni nascono e crescono, parliamo delle acque dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Pacifico. Nell’Oceano Atlantico si trovano unicamente i salmoni appartenenti alla specie Salmo Salar, che però una volta lavorati e affumicati presenteranno delle caratteristiche organolettiche che li renderanno differenti gli uni dagli altri. Ciò accade perché diversi sono i paesi bagnati dalle acque dell’Atlantico in cui avverrà poi il processo di lavorazione e affumicatura. Parliamo della Scozia, dell’Irlanda, della Norvegia e della Scandinavia, paesi in cui evidentemente sono diverse le correnti atlantiche, le stesse che costringono i salmoni a risalire le acque con particolare vigore sviluppando

disposizione, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Soprattutto quando si parla di utilizzo in cucina, visto che è uno dei pesci più usati dagli chef di tutto il mondo ed è veramente difficile non trovarlo nei menù dei ristoranti di ogni genere. Il consumo del salmone (fatta eccezione per i paesi nordici, in cui rimane da sempre uno dei alimenti più consumati per evidenti ragioni di reperibilità) sulle nostre tavole ha visto un picco di presenza negli ultimi trent’anni almeno. Chi di voi non ricorda le celeberrime pennette al salmone, meglio ancora se “impreziosite” con un goccio di panna? E gli antipasti in puro stile anni ’90, dove su un piatto da portata facevano bella mostra delle fette di salmone affumicato adagiate su un immancabile letto di rucola? Per fortuna l’uso del salmone in cucina è stato protagonista di diverse e più interessanti preparazioni e non solo nella sua versione affumicata! È sufficiente volgere lo sguardo verso

quindi una muscolatura e robustezza che conferiranno poi alle carni una consistenza estremamente compatta e soda. Per ciò che invece concerne la lavorazione, Scozia e Irlanda seguono scrupolosamente la tecnica manuale sia nella salatura che nell’affumicatura stressando al minimo le carni e ottenendo quindi un prodotto di altissima qualità. Viene utilizzato solo il filetto, che si presenta di colore rosa con le tipiche striature bianche, assolutamente ideale per ogni realizzazione sia essa cruda, come nel caso del sushi o del sashimi, ma anche cotta. Tutt’altro discorso invece per i salmoni nati e pescati nelle acque dell’Oceano Pacifico, qui infatti se ne trovano ben cinque categorie: Red King, Coho, Sockeye, Pink e Chum. Cinque varietà tutte diverse tra loro per sapore, colore e consistenza. Abbiamo dunque la morbidezza del King, la dolcezza del Coho, il rosso intenso delle carni del Sockeye e la poca compattezza del Chum, che risulta essere il meno pregiato ma anche il più consumato perché è presente sul mercato ad un prezzo inferiore rispetto agli altri. Evidentemente, quanto a tipologie di salmone a nostra

il Sol Levante, in Giappone, dove nella girandola colorata delle diverse proposte di sushi e sashimi non manca mai quello a base di salmone, nel primo caso, semplicemente accompagnato con del riso bianco o addirittura in purezza se si parla di sashimi. Del resto come spesso accade in cucina, quando il protagonista del piatto è il pesce, quello fresco e quello buono per davvero, ogni ulteriore ingrediente è un inutile orpello che nulla aggiunge alla eccelsa qualità della materia prima. Inoltre il salmone è alimento ideale da introdurre in un regime dietetico corretto e controllato, per almeno due ottime ragioni: ha infatti un alto contenuto di proteine che lo rende un ottimo sostituto della carne rossa e poi contiene i famigerati Omega 3, grazie ai quali contribuisce ad aumentare il colesterolo buono e a ridurre invece quello cattivo, esercitando un’azione protettiva sul sistema cardiovascolare ◆

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E CHE NON SI DICA PIU’ “IL SOLITO SANGIOVESE” I Vini Marta ValpIani ci hanno incuriosito al Vinitaly e siamo andate a trovarle: Marta ed Elisa, due donne straordinarie che hanno fatto dell’enocoltura una nuova ragione di vita di Monia Innocenti - ph Marta Valpiani

L’

avventura di Marta e della figlia Elisa è cominciata per caso: nel 1999 Marta e il marito Delio acquistano due ettari nelle colline di Castrocaro Terme per avere un ’piccolo paradiso a portata di mano e staccare dalla città’. Delio purtroppo le lascerà improvvisamente dopo due anni a causa di una malattia e Marta, da sola con il fratellino di Elisa, decide di trasferirsi definitivamente in questo luogo tanto amato dal marito. Comincia a frequentare dei corsi ed impara tutto il faticoso lavoro

della vigna. Nel 2009 Elisa, astemia, decide di aiutarla vista la burocrazia sempre più pressante e complessa. All’inizio si occupa di contabilità ma poi anche lei si lascia trascinare da questa terra e dalla magia dell’uva: comincia a ’pastrocchiare’ con il vino e vedere la materia che cambia davanti ai suoi occhi è come una folgorazione. Dopo un solo anno Elisa non solo non è più astemia, ma gestisce da sola la cantina mentre la mamma continua il suo lavoro in vigna. È precisa e meticolosa Elisa e questo si riflette al 100% nei vini Marta Valpiani.

Nel 2006 cominciano le prime prove di vinificazione fino ad arrivare all’attuale produzione. Per Elisa ’è come avere dei bambini. Non ho un vino preferito. Magari in un momento preferisco il Delyus, bianco, minerale e sapido grazie alla particolarità di questo territorio e dedicato a mio padre Delio, oppure il Sangiovese cru Castrum Castrocari: le uve vengono macerate a basse temperature per alcuni giorni e a seguire c’è una lunga e lenta macerazione delle bucce a temperatura controllata. Al gusto è molto avvolgente ma rotondo, ottimo con la carne e i formaggi’. In questa azienda abbiamo constatato una grande attenzione al territorio e ai trattamenti in vigna che sono ridotti al minimo. Credono fermamente che la materia prima debba essere eccellente e che il suolo non possa essere impoverito (è costituito prevalentemente da argilla e in minima parte

da limo e sabbia): ’l’humus significa vitalità’ ci confida Elisa. Lavorano completamente in purezza ed ogni appezzamento è vinificato separatamente. Attualmente gli ettari totali quasi 6 e nella produzione si sono aggiunti l’olio e la grappa barricata, realizzata esternamente, con le vinacce della vendemmia tardiva del passito. Elisa è anche la realizzatrice delle suggestive fotografie che potrete trovare su www.vinimartavalpiani.it e nella pagina Facebook. È possibile visitare l’azienda ed assaggiare non solo i vini ma anche le ottime merende romagnole che prepara personalmente Marta. Noi ve lo consigliamo al tramonto ◆

wine Per informazioni 0543.769598


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ICE-Q ristorazione ad alta quota A dicembre si inaugura in Tirolo il ristorante gourmand più alto d’Italia: design, cucina d’autore e cantina a oltre 3.000 metri di Donatella Codonesu

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i chiama ICE-Q e porta la filosofia del food&wine più esclusivo direttamente sulle piste da sci di Gaislachkogl, a oltre 3.000 metri di altitudine (3.048, per la precisione). L’avvenieristico progetto realizzato a Sölden, in Tirolo, è notevole per l’architettura all’avanguardia oltre che per la proposta enogastronomica. Sei mesi di lavori, iniziati a giugno scorso, e il ristorante più alto d’Italia sta per aprire i battenti (a dicembre), presentando una cucina alpina di alto livello e una cantina unica nel suo genere. Un fabbricato di 4 piani, che oltre al ristorante e alla cantina ospita una Top-Lounge dotata di

apparecchiature multimediali per presentazioni, meeting e altri eventi esclusivi. Dalla terrazza dell’ultimo piano, dove si gode di una vista mozzafiato sulle montagne circostanti, si raggiunge la cima del Gaislachkogl attraverso un ponte sospeso. Tutto l’edificio è accessibile anche per passeggini e diversamente abili. A realizzare questa incredibile opera, così come la cabinovia (da cui si accede direttamente al rifugio), lo studio tirolese Obermoser. Un lavoro di progettazione che ha richiesto attenzione particolare, a partire dalla scelta dei materiali: facciate in vetro e acciaio ispirate ai Séracs (blocchi di ghiaccio), per permettere una vista a 360° e ridurre

l’impatto visivo. ‘Per gli interni si sono invece usati materiali della tradizione locale - spiegano gli architetti dello studio come la pietra estratta dal vicino ghiacciaio per i pavimenti, il legno massiccio della regione coniugato secondo uno stile alpine chic, tessuti in loden e lana proveniente dagli allevamenti di zona’. Tra le molte difficoltà incontrate nella progettazione ad alta quota il ghiaccio perenne, l’incognita del tempo, l’accesso, la logistica e naturalmente il poco tempo a disposizione per i lavori (la stagione favorevole parte solo a maggio). Su un terreno aspro, caratterizzato

da temperature estreme, è stato necessario costruire fondamenta mobili, che rendono il fabbricato adattabile ai cambi di temperatura (la stessa tecnica utilizzata per la costruzione della stazione a monte della cabinovia). Costruendo in una zona alpina ‘vergine’, vincolanti sono stati anche i limiti legati all’impatto ambientale: ‘Per minimizzarlo abbiamo sfruttato al massimo l’esposizione solare, abbiamo previsto il riciclo dell’aria calda, che viene usata per il riscaldamento a pavimento, e quello del caldo derivante dai vari macchinari della gastronomia. Inoltre si utilizza l’acqua piovana per le acque nere’.


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La proprietaria Angelika Falkner con i collaboratori

A disposizione dei visitatori 132 posti a sedere al coperto e 80 posti sulle terrazze panoramiche, dove sarà possibile gustare le proposte gastronomiche dello chef Harald Rindler (2 cappelli Gault Millau). Una cucina che dovrà tener conto di specifiche esigenze dovute all’altitudine, ‘come il fatto che in quota l’acqua bolle prima, determinando differenti tecniche di cottura e rendendo ad esempio estremamente difficile la preparazione del risotto’. Il menu promette il meglio dell’Alpine Cuisine, accompagnata dai migliori vini austriaci e internazionali. Ma anche in cantina ci sono differenze: ‘il vino in quota matura più lentamente per via della diversa pressione e del minor quantitativo di ossigeno presente nell’aria. Tanto che spesso i produttori non riconoscono più il loro vino a tali altitudini’. Eppure la prima sfida è proprio quella del vino nel nuovo rifugio, dove è stata realizzata una speciale cantina con botti in legno per affinare Pino 3000, speciale cuvée di pinot nero creata appositamente dall’unione di tre vitigni provenienti da Italia, Austria e Germania. Quassù dal 24 al 27 aprile 2014 si svolgerà una tappa dell’evento ‘Vino in quota’, manifestazione aperta agli estimatori dei vini, della buona tavola e dello sci, che vedrà la partecipazione di noti produttori di vino e chef internazionali. A fare gli onori di casa, Gottfried Prantl, 2 cappelli Gault Millau (16 punti) chef di cucina del Das Central di Sölden. A Sölden, la località più nota dell’Ötztal, si scia da settembre a inizio maggio da quota 1.350 m fino a 3.250 m sulle nevi perenni dei ghiacciai di Rettenbach e Tiefenbach (ben tre vette oltre i 3.000 metri). Sui 150 chilometri di piste, collegate tra di loro da 35 modernissimi impianti di risalita, viene ospitata ogni anno la prima tappa europea di Coppa del Mondo di sci. E il panoramico percorso BIG 3, un itinerario di 50 km con un dislivello di 10.000 m, permette di esplorare le vette sulle futuristiche piattaforme d’acciaio e vetro appositamente create ◆


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AL CERSAIE I LUOGHI DEL BENESSERE Un appuntamento che propone la qualità estetica della ceramica tra design e progetto di Vittoria di Venosa

Axor Lamp Shower by Nendo

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voltasi a Bologna dal 23 al 27 settembre, l’edizione 2013 del grande salone internazionale della ceramica per l’architettura e l’arredo bagno ha posto l’accento sul wellness proponendo spa, saune, hammam dedicati al benessere del corpo. Soluzioni di grande impatto dove lo spazio bagno è stato l’assoluto protagonista. Ma anche i rivestimenti in ceramica, tra cui gli spettacolari pannelli di mosaico di Sicis e la collezione di accessori e complementi d’arredo dedicati alla sala da bagno di Gardenia Orchidea Ceramiche dalla forte identità e originalità stilistica firmati dall’inconfondibile décor di Versace Home, hanno contribuito a interpretare e vivere l’acqua in tutte le sue declinazioni.

Victor+Albert, vasca Cabrits per bambini

Più classici invece i mosaici impreziositi di Friul Mosaic, perfetti per rivestimenti che risaltano lo spazio abitativo e le sale da bagno. Destinata al wellness, nella sua accezione più ampia, la nuova sauna Rope e HSH (acronimo di Home Sweet Home) che Glass Idromassaggio ha costruito con il format Aggregati, un’installazione sonoro/visiva/olfattiva che ha creato un bosco virtuale dove i visitatori hanno sperimentato tre ‘verande bioclimatiche’. Da installare e provare! Non solo Versace ma anche altre grande firme del design sono state interpreti del ‘vivere’ il bagno e il suo rapporto tra uomo e acqua. Ad esempio il nuovo ‘sogno’ pensato dal giapponese Oki Sato, fondatore di Nendo, che ha stupito i visitatori di Cersaie.

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Fantini Acqua Zone

Glass Idromassaggio - Collezione Rope

Si tratta della lampada-shower Water Dream prodotta da Axor, il marchio di Hansgrohe, dove acqua e luce si fondono conferendo alla doccia una dimensione estetica e sensuale. In pratica una magia capace di rigenerarci a più livelli. E sempre di Hansgrohe ecco l’innovativa doccia Raindance-Rainmaker che ci inonda ancora di dinamici giochi d’acqua. Docce emozionali anche da Fantini, con il soffione a soffitto di ultima generazione Acqua Zone (design Franco Sergiani), dove acqua e luce avvolgono la persona e la nebulizzazione dell’acqua diventa impalpabile aumentandone la sensorialità. Da Vismaravetro ancora una collezione di cabine doccia dal gusto classico: la prestigiosa eleganza di Gold che sottolinea l’atmosfera sofisticata del made in Italy mentre Junior, di facile installazione e di più piccole dimensioni, è ideale per le case in montagna o al mare. Di sofisticata eleganza le collezioni Ergo e Meg11 disegnate da Antonio Pascale per Galassia. Ispirata alla purezza della ceramica, la prima esprime il ritorno alle necessità primordiali dell’uomo mentre con la seconda la vasca diventa un vera spa personalizzata che rinvigorisce lo spirito e il corpo. Victor+Albert, riconosciuta a livello europeo per la produzione di vasche freestanding, ha pensato anche ai piccini che desiderano fare il bagno con la mamma o il papà: Cabrits è la vasca compatta realizzata in Quarrycast ®, materiale brevettato costituito da roccia calcarea vulcanica finemente tritata e miscelata, perfetta fusione tra ergonomia e modernità dalle curve eleganti e sinuose, che consente posizioni comode per adulti e bambini.


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Simas - Collezione Lante

Le Stanze del Desiderio' - Milo Manara

L’incontro invece di due aziende votate all’estetica e all’innovazione narra la resa estetica della serie 130 e Titian delle Rubinetterie Stella, entrambe firmate dall’architetto Michele De Lucchi proposte con il lavabo, dalle linee smussate e tondeggianti, realizzato da Puraprietra (design Davide dell’Asia) brand nato nel 2012 dall’esperienza di Moscato Marmi. La ceramica, materia nobile e pura al Cersaie è stata proposta da diverse aziende di sanitari. Ad esempio da Simas, si è notata la seducente collezione Lante Collection, disegnata da Terry Pecora, che evoca le regolari geometrie di uno tra i più leggendari giardini italiani, quello di villa Lante a Bagnaia di

Viterbo, situata a pochi chilometri da Civita Castellana dove ha sede l’azienda che ha sempre impiegato per i suoi sanitari, la ceramica bianca e luminosa. Ideale per la stanza da bagno il rivestimento Colourline di Marazzi che esalta ancor più la purezza dei sanitari. Effetto sorpresa davanti ai pannelli componibili dell’estroverso maestro di fumetti Milo Manara, che per la divisione Fire delle Ceramiche Del Conca ha realizzato una serie di decori delle sue integranti e fantastiche fanciulle, come quello audace di 13 pannelli esposti nella mostra ‘Le Stanze del Desiderio’, che ha ovviamente incuriosito i molti dei visitatori dello stand.

design Rubinetterie Stella Serie Titian

Rubinetterie Stella Serie 130


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Il bagno immaginato

Pinnacle by Daniel Libeskind ph Valeria Portinari

In città, parallelamente al Cersaie si è svolto nei bellissimi spazi e chiostri dell’ex Ospedale dei Bastardini il Bologna Water Design, un evento dedicato all’acqua, curato da Valerio Castelli. Tra i diversi incontri da sottolineare il convegno ‘Il Bagno Immaginato’ con Philippe Daverio, critico d’arte, Michele De Lucchi a Daniel Libeskind, architetti. Quest’ultimo è stato anche l’indiscusso protagonista di Bologna Water Design grazie all’imponente installazione realizzata da Casalgrande Padana e di Muse, la vasca di idromassaggio shatzu prodotta da Jacuzzi. Il benessere ha quindi preso forma: una vasca, un massaggio, una sauna per tutte le età e per tutti i desideri. Buon bagno! ◆

“Italy” come Made in Italy poiché le sue forniture, maestranze e creatività provengono tutte dal contesto nazionale “Luxury” in quanto di pregio sono tutti i materiali e le finiture che utilizza “Design” per la grande cura riservata alla progettazione e pianificazione di ogni fase del lavoro

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DESIGN FESTIVITY Una seducente gift list per le feste

Wedgwood Xmas 2013

Herend collezione Forest

Murano Luxury Glass evento con con RobertoCavalli Home Collection

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cco ci siamo il Natale è in arrivo con il suo carico di sorprese per il living, la cultura della tavola e con nuovissime allegre decorazioni. Intanto arrediamo l’alberto con i piccoli decori in jasper di Wedgwood, la storica casa inglese di porcellane più quotata del mondo, che insieme ai prodotti di Waterford firma le sue porcellane e i suoi cristalli ispirate all’antichità classica ma rivisitate al gusto contemporaneo. Come le Christmas decorations caratterizzate dall’inconfondibile design e il

porta candele in cristallo finemente lavorato da Waterford Crystal, che diffonde una morbida luce creando un’atmosfera rilassante capace di trasformare lo spazio. Ispirati invece al decoro della collezione Rothschild è il servizio Foret prodotto dalla casa magiara Herend, i cui motivi fortemente evocativi sottolineano l’ambiente lussureggiante quasi a percepire la brezza del bosco. Distribuite in Italia da B.Morone di Milano, queste diverse linee sono idee-regalo perfette da regalare o da collezionare.

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di Vittoria di Venosa

Waterford Illuminology Candela Holiday Lifestyle


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Guzzini - collezione Belle Epoque

Di origine austriaca invece, ma sempre in cristallo di Baviera, la collezione di Nachtmann di accessori pensati per arredare la tavola nei colori delle feste: rosso e oro. Fortemente connotata dal talento di Jean-Marie Massaud, uno dei protagonisti del design francese contemporaneo, invece la collezione Silver Time formata da 19 pezzi che illustra lo spirito decisamente moderno di Christofle. Il noto marchio dell’art de la table offre un servizio completo per il brunch rispondendo ad una moda al passo con i tempi.

Nachtmann Crystal Christmas

Christofle brunch set by Jean Marie Massaud

Lampadario con cristalli Swarovski Hellbob by Windfall

Sempre dedicati alla tavola più moderna e allegra, ecco gli oggetti funzionali ed esteticamente piacevoli dei Fratelli Guzzini, storica azienda marchigiana che ha compiuto i suoi primi cento anni. Si tratta della collezione Belle Epoque che veste la tavola di contemporanea classicità firmata dal duo Angeletti-Ruzza arricchendo il già prestigioso parterre dell’azienda, conosciuta per le sue ‘plastiche emozionali’. Dopo aver ‘vestito la tavola’ arrediamo il living con il divano fluttuante Glider che Ron Arad ha firmato per Moroso, un’isola comoda che favorisce una comunicazione ‘in movimento’ molto concettuale.

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SmoonBirdieLight by Beau & Bien Lighting Sculptor

Christopher Guy

Murano Luxury Glass - chandelier

Passando poi per la camera da letto ecco il décor barocco di Christopher Guy, creatore di arredi dal design originale. Una filosofia e un concept che derivano dal suo background internazionale: nato in Inghilterra, cresciuto in Francia e Spagna, ora residente a Singapore dopo un periodo trascorso negli Usa. I mobili di Guy sono presenti in molti hotel di lusso e impiegati in note produzioni hollywodiane, tra tutte, gli interni del famoso film ‘Il Diavolo veste Prada’.

Moroso - divano Glider by Ron Arad

Anche nel campo dell’illuminazione si trovano elementi d’arredo per veri sognatori. Dalle lampade a sospensione come la SmoonBirdieLight lampada a led che vibra leggera come un uccellino che gioca con un gatto sornione pronto a spiccare il volo, proposta dall’azienda francese Beau & Bien Lighting Sculptor che può essere installata in qualsiasi ambiente fino al raffinato chandelier in vetro di Murano presentato da Murano Luxury Glass proprio nell’isola delle fornaci di vetro. Un evento proposto insieme ai ricchi e dorati accessori e complementi d’arredo di Roberto Cavalli Home Collection e ai vasi firmati Armani. Oro, incenso e... auguri per un seducente Natale sempre più ricco di sorprese ◆

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MY STORY, LA MIA STORIA Libro complesso ed esaustivo sul lavoro di una delle più significative artiste italiane, protagonista della Scuola di piazza del Popolo a Roma. Il progetto editoriale, curato personalmente dalla protagonista, è un collage intimo, un diario attraverso il quale l’artista si racconta e ci racconta le storie più semplici della vita, fatte di luoghi animati, affetti e presenze. Un volume completo che tra fotografie, disegni, dipinti e sculture svela il lato personale della Fioroni a partire dagli anni ’60 fino a oggi. Il volume è stato presentato in occasione della personale dell’artista alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (fino al 26 gennaio 2014). Autore: Giosetta Fioroni Editore: Corraini Editore www.corraini.it

IL GIARDINIERE INGLESE Lancelot ‘Capability’ Brown (1716-1783) disegnò il paesaggio inglese creando oltre 170 parchi sia per committenti privati sia per la Corte, che lo incaricò di sistemare i giardini reali di Windsor e di Hampton Court. Qui diede vita a una felice armonia di specchi d’acqua, colline, distese erbose e suggestioni architettoniche dell’antichità classica che rievocavano le atmosfere di Nicolas Poussin e di Claude Lorrain e preannunciavano la sensibilità romantica. Masolino d’Amico, giornalista, scrittore, sceneggiatore e traduttore, con la sua profonda conoscenza della letteratura e del gusto inglesi del ’700, costruisce con eleganza una trama raffinata e divertente, che ci conduce alla ricerca di questa singolare figura. Autore: Masolino d’Amico Editore: Skira Storia www.skira.net

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BACCARAT La cristalleria più prestigiosa al mondo ha recentemente presentato presso la libreria Rizzoli di New York il libro che celebra i suoi 250 anni. Universalmente acclamata e riconosciuta, Baccarat si distingue per l’assoluta purezza e lo scintillio del suo cristallo, l’eccellenza dei suoi artigiani e la raffinata eleganza delle sue creazioni. Costituita nel 1764 con decreto di Re Luigi XV, la Maison è stata sinonimo di ‘savoir faire’ unico per due secoli e mezzo conquistando monarchi, capi di Stato, celebrità e artisti di tutto il mondo. Il prestigio di questa firma non è secondo a nessuno, fin dal primo set di bicchieri commissionati da Luigi XVIII fino ai maestosi candelabri realizzati per lo Zar Nicola II. Manufatti di grande prestigio che ancora arricchiscono le tavole delle celebrities più importanti del mondo. Autori: Murray Moss e Laurence Benaim Editore: Rizzoli New York www.rizzoliusa.com

IL BASTONE DI EUCLIDE

Nel 642 d.C. da Medina il califfo Omar da l’ordine di eliminare tutti i testi che possono potenzialmente opporsi all’Islam. L’anziano filosofo cristiano Giovanni Filopono, il medico ebreo Al-Razi e soprattutto la bella e sapiente Ipazia, matematica e musicista, tenteranno di dissuadere Amrou dal distruggere il tempio del sapere universale. Per convincerlo gli racconteranno la vita degli scienziati, poeti e filosofi che hanno vissuto e lavorato tra le mura della Biblioteca di Alessandria. Sono stati veramente gli Arabi a bruciare la Biblioteca di Alessandria? Oppure semplicemente l’incendio è stato innescato da qualche altra anonima follia del tempo o dell’uomo? Indagine a ritroso nel tempo, prendendo spunto dalle vicende dell’anno 642 d.C. per riflettere con senso filosofico e sostanza scientifica sulla sapienza e le paure dell’uomo. Il volume è corredato da un’appendice scientifica curata dello stesso autore. Autore: Jean-Pierre Luminet Editore: La Lepre Edizioni www.lalepredizioni.com


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