Popsurrealismo di Max Ferrigno The Lifestyle Girls di Giorgio Ginelli “Paint Evolution” “ CuldeSac™” Storie di donne negli scatti di Sara Giannatempo Un art stylist dell’hair fashion mondiale Piero Bastiani
In foto acconciatura di Piero Bastiani
Anno 1 N.14 Gennaio 2012 - Periodico quindicinale - Editore e Proprietario: eBookservice srl C.F./P.I. : 07193470965-REA: MI-1942227. Iscr. Tribunale di Milano n. 324 del 10.6.2011.
numero 14
www.iocome.it
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sommario numero
Le Civette
di Nadia Ginelli
Collezionismo Russo tra Renoir e Matisse Brera
pag. 4
Artista
Max Ferrigno
Artista Popsurrealista
pag. 6 Designer del Capello
Acconciatura di Piero Bastiani
Cover Playboy
Piero Bastiani Un art Stylist dell’hair fashion mondiale pag. 16
di Giorgio Ginelli The Lifestyle Girls
Boudoir
The Waves
di Indira Fassioni Incontro con l’incanto Oh my dolls! pag. 30
Eventi del ½ mese Il luogo dove esistere di Gianni Cuomo
pag. 34
Fotografa
pag. 52 di Dina Nerino Bisogna prenedere i propri spazi scuri...
pag. 58
CuldeSac™
“Paint Evolution” per il brand “Valentine” Designers
pag. 64
PuntoG
Sara Giannatempo Storie di donne.
di Raffaella Silbernagl Q come qualità.
pag. 36 2
in copertina
pag. 78
Io ne vado matto, ne sono follemente innamorato, i suoi lavori mi stupiscono, mi entusiasmano, mi risolvono ma non risponde mai alle mie mail. Mi sembra di tornare a “Cercasi Susan disperatamente”… invece cerco lei, una delle pittrici/illustratrici più brave che io abbia mai visto e che si chiama Nicoletta Ceccoli. Nata nel piccolissimo stato di San Marino, scopre la passione per il disegno, poi per l’illustrazione e, infine, per la pittura. Adesso è una delle più importanti illustratrici al mondo. Il suo tratto, alla Tim Burton, mi fa impazzire: donne bambole sedotte da farfalle terrifiche, corvi si districano dai capelli di una fanciulla per volare via, per non parlare di draghi, serpenti e porcelli saltellanti sempre sedotti dalle sue streghe. Tante Alice nel paese delle meraviglie che evocano l’onirico e l’incanto di un modo mai roseo ma piuttosto plumbeo. Un eterno gioco di ruoli pieni di tensione che ci portano a riflettere sulla mitologia, la simbologia e l’inconscio.
giacomo momo gallina
editoriale
Non conosco la donna ma l’artista merita un occhio e un riguardo perché ne sentiremo a lungo parlare: www.nicolettaceccoli.com. Sedendo quietamente, senza fare nulla, Viene la primavera, e l’erba cresce da sé. Le montagne azzurre sono da sé montagne azzurre le bianche nubi sono da sé nuvole bianche. (dallo Zenrin Kushu)
GmG
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le civette COLLEZIONISMO RUSSO TRA RENOIR E MATISSE: BRERA INCONTRA IL PUSKIN.
Venti minuti ed una “sindrome di Stendhal” scongiurata…. Sarà aperta fino al 5 febbraio 2012 – domeniche escluse?? - la mostra sul collezionismo russo alla Pinacoteca di Brera. Più che una mostra, è uno scambio culturale; la Pinacoteca, infatti, ospiterà fino a tale data alcuni dei grandi capolavori delle collezioni Scukin e Morozov, normalmente site nel Museo Puskin a Mosca. A Mosca invece sono volati alcuni capolavori di Caravaggio, undici per la precisione, provenienti sia dallo Stato italiano che dal Vaticano. Grande è stata, però, la delusione per chi, domenica 15 gennaio, presentandosi alla biglietteria della Pinacoteca, voleva visitare la mostra e non ha potuto; era infatti chiusa per problemi non meglio specificati. Nessuna segnalazione sul sito della Pi4
nacoteca di Brera (www.brera.beniculturali.it), nè in nessun altro sito che riportava l’evento. Solo un piccolo cartello all’entrata della mostra: “Per cause non dipendenti dall’Amministrazione, la mostra Brera incontra Puskin oggi non sarà aperta al pubblico”. Bilingue, naturalmente. La Pinacoteca di Brera è di proprietà statale. La mostra è invece stata organizzata da un Ente privato, la Mondo Mostre. Il risultato di questo mix è che il servizio di apertura non è garantito durante le domeniche. E la domenica, notoriamente, è il giorno in cui si registra il più alto numero di affluenza ad una esposizione. Chissà se a Mosca, al Museo statale delle arti figurative Puskin, dove sono volate le opere del nostro Caravaggio, hanno le stesse problematiche, essendo anch’esso un Museo “statale” (w w w.ar ts-museum.ru /events/archive/2011/10/Caravaggio). Il nodo della questione è semplice: chi deve pagare il personale? Secondo l’Ente organizzatore, a sobbarcarsi l’onere degli stipendi dovrebbe essere il Ministero per i Beni e le Attività Culturali; la convenzione tra i due Enti, però, ancora non è stata firmata … Peccato aver precluso una visita che sarebbe stata sicuramente interessante, soprattutto per lo scambio da record, se non altro per l’alto valore assicurativo delle
opere. Ma un’altra delusione era alle porte, supposto che si fosse riusciti ad entrare all’esposizione: il tempo a disposizione per vedere le opere è di soli “20 minuti”; la storia delle collezioni e l’illustrazione delle opere viene fatta in una sala adiacente… Un po’ “inusuale”, per non dire paradossale; è come sfogliare un libro d’arte guardando soltanto le figure, e studiarne i contenuti dopo qualche giorno, confidando solo sulla memoria. Di certo non si correrà il pericolo di contrarre la “Sindrome di Stendhal”; non ce ne sarà il tempo, anche per l’esiguo numero di opere esposte: solo 17. Si ha più o meno un minuto e quindici secondi per ogni opera… Perché così poco tempo a disposizione? Forse una precauzione per non alterare la percentuale di umidità relativa alla temperatura, così da non mettere in pericolo la stabilità dell’opera d’arte? No; semplicemente una mera operazione di business: tanta gente che vuole assaporare le opere e poco tempo a disposizione. Sarebbe stato interessante riportare qui una breve recensione sulla mostra, se non altro per approfondire il tema del “collezionismo” e per citare qualche opera esposta. Ma tant’è … Non resta che visitarla durante la settimana. Nadia Ginelli
E ricordatevi: ALLA DOMENICA NON E’ GARANTITO CHE LA VEDRETE ! La stessa sorte potrebbe toccare anche ad un’altra mostra attualmente in corso, a Roma, “I Borghese e l’antico”; insomma, se c’è di mezzo un Ente statale, state all’erta… 5
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Artista
Max Ferrigno Max Ferrigno nasce tra le colline del Monferrato, esattamente a Casale Monferrato, il 14 novembre 1977, e la sua base operativa continua ad essere proprio lì in quella zona, anche se in realtà nel suo petto batte un cuore romano che pompa sangue tutto siciliano. La sua carriera è maturata sin dai primi giorni in cui ha conseguito il diploma artistico, grazie ad una bellissima esperienza come decoratore che gli ha fatto mantenere un fortissimo legame con l’arte che ha accresciuto in lui la voglia e il desiderio d’indipendenza espressiva. Così nel suo piccolo laboratorio “domestico” è riuscito a dare spazio al suo lavoro, proprio come aveva sempre desiderato, dando forma alle fantasie dei suoi, per fortuna sempre più numerosi, clienti, tra i quali ricordiamo Gardaland, Eurodisney, Halloween Party Chicago, Cowboy Guest e Minitalia. Il lavoro l’ha spinto, inoltre, a viaggiare molto dando modo alla sua
Max Ferrigno was born on 14th November 1977, on the Monferrato hills, in Casale Monferrato, which is now his base of operations in spite of his Roman heart which pumps Sicilian blood. Ferrigno’s career was already evident in the early days of his Art degree, thanks to a meaningful experience as a decorator, which will tie him to the artistic field, thus strengthening his desire for an expressive independence, and which will make him mount a workshop in his private home, where to exhibit his works just as he had always wanted, giving form to the fantasies of his fortunate growing number of clients, among whom it is worth remembering Gardaland, Disneyland, Halloween Party Chicago, Guest and Minitalia Cowboy Guest. Besides, his works made him travel consistently, bringing his personality to a mature point and to a solid relationship with himself, thus allowing a constant search for a 7
Artista
Max Ferrigno
personalità di crescere e svilupparsi rafforzando così il rapporto con se stesso ricercando una nuova sintesi di forma ed espressività. Una prima serie dei suoi lavori, non a caso, sono dedicati proprio a questa ricerca, molto introspettiva se vogliamo, che prende forma dall’ammirazione per la cultura messicana e per certe culture del Sud America e dell’Africa. Da questi viaggi corporali e spirituali parte la ricerca di questo suo senso di rinnovamento che non trova ancora una precisa forma. Max adora definire questo periodo “il passato”, una fase superata, che non rinnega, anzi, della quale è pienamente felice perché l’ha reso più forte e gli ha permesso di essere
new synthesis of form and expression. A first series of his works, not surprisingly, are just dedicated to this research – introspective indeed – which takes the form of an admiration for the Mexican, South American and African cultures. These physical and spiritual trips enhanced the research for a sense of renewal, which at this time has not reached a precise shape. Max likes to call this period “the past”, an period now gone yet not denied, fully happy because it made him stronger and allowed him to accomplish the state oh happiness he had sought for. This hope to see things in new and different ways, constantly trying to reestablish a new connection with the social aspects of reality, has been the catalyst for this new disillusionment that has definitely allowed (meglio “led”) Max find a shelter in the safe world of fantasy and euphoria, that of Japanese cartoons, that of “Anime”. One crucial phase of this period
quello che in questo momento è contento di essere. Questa speranza di vedere le cose in modo nuovo e altro, cercando costantemente di ristabilire una nuova connessione con il sociale, è stata il catalizzatore di questa nuova disillusione che definitivamente ha permesso a Max di rifugiarsi in un mondo sicuro, fatto di fantasia ed euforia, di cartoni animati giapponesi, di “anime” insomma. Una delle tappe fondamentali di questo passaggio risale al 2005 in occasione della mostra del maestro Murakami a Torino, dalla quale l’artista non si sente ancora del tutto uscito; egli è rimasto stregato dalla perfezione e dalla semplicità espressiva dell’artista giapponese tanto da percepire, con lungimiranza, che la sua completezza artistica avverrà solo nel momento in cui si sentirà pronto ad affrontare la terra nippo-
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was Murakami 2005 Exhibition in Turin. Ferrigno was captured by the great artist, by the perfection and simplicity of Japanese expressiveness, which hasn’t stopped to influence his views, to a point that will make him foresightedly believe that his artistic completeness could only take place once he would face the Japanese culture. This was quite an artistic shock, an impact so strong to signify his definitive break with the past, a sort of introspective schism which shares a few details with the first version of Max Ferrigno. Reopening certain drawers of his memory, even the most distant and intimate, has given him a hint of security and stability that have ignited a veritable explosion of ideas and work in progress. This will
nica. Una forte scossa artistica, talmente forte da essere di definitiva rottura con il passato, una sorta di scisma che vede nell’introspezione una nota di comunione con la prima versione di Max Ferrigno. Riaprire certi cassetti della memoria, anche quelli più lontani e intimi, gli ha donato un sentore di sicurezza e stabilità che ha dato il via ad una vera e propria esplosione di idee e progetti in continuo divenire. Questo è stato il definitivo passag-
Artista
Max Ferrigno
be the final phase of “Max Ferrigno pop surrealist artist”, where “active agents” are cartoon characters, snacks and games of a generation now gone, yet ready to come back to life in a blaze of bright colors, intense and dissonant, mixed together with a very expressive syna-
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Artista
Max Ferrigno
www.maxferrigno.com
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gio al “Max Ferrigno artista popsurrealista”, dove gli “attori attivi” sono i personaggi dei cartoni animati, le merendine e i giochi di una generazione ormai passata, ma che riprendono vita in un tripudio di colori accesi, intensi e dissonanti, che si mischiano ad una forza espressiva decisamente sinestetica. Da qui in avanti Max ha continuato a dipingere senza sosta e con nuova voglia di scoprire, la sua prima collezione New Pop di acrilici su legno ha visto la luce a Milano nel 2010, poi successivamente nel Maggio del 2011 un’esposizione a Torino presso Crim Shop, a Roma nell’Ottobre del 2011 è stato partecipe tra gli artisti di Mondo Bizzarro Gallery ad Italian Pop Surrealism e tra i progetti futuri ricordiamo la personale a Carrara presso il laboratorio creativo “EXP.” (www.iamexp. com) prevista per la fine di Novembre 2011.
esthetic. Since then Max has continued to paint tirelessly and with a renewed desire of discovery.His first collection of acrylic on wood, New Pop, took place in Milan in 2010, followed by Crim Shop, an exhibition in Turin in May 2010; in Rome, in October 2011, he was among the artists exhibiting in Mondo Bizzarro Gallery, on occasion of the Italian Pop Surrealism Expo. Among his future projects an exhibition for Carrara Creative Laboratory “EXP.” (www.iamexp.com) scheduled for the end of November 2011.
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Piero Bastiani
Designer del capello Con le ali del tempo, lo stile diventa arte. Avrebbe potuto essere un bravissimo parrucchiere, ne aveva tutti i numeri. Ma non aveva fatto i conti con il suo essere artista, con la sua filosofia di vita e di moda che lo hanno portato a superare se stesso. Con il tempo che trasforma lo stile in arte. Oggi è un art stylist dell’hair fashion mondiale... da Oscar, riconoscimento arrivato con il Beauty Modial Award assegnatogli nel 2004. Quando l’arte è dentro di noi, sfocia sempre, attraverso qualunque mezzo le capiti di fronte. Piero Bastiani, davanti a sé, aveva due mani, una forbice e una filosofia tutta sua. Testa, mani e cuore fra arte e cultura, creatore di geometrie perfette portatrici di armoniche espressioni, egli è il testimone metropolitano di questi tempi in vertiginosa evoluzione. 16
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Piero Bastiani
Designer del capello “Di una donna guardo lo stile, non la bellezza”. Piero Bastiani è l’artista che ruba con un colpo d’occhio la personalità nascosta delle sue modelle e gliela scolpisce addosso, con il solo uso delle mani ed un paio di forbici. I suoi tagli sono vere pagine di libro che raccontano la femminilità, l’aggressività, la forza e le fragilità che ogni donna porta dentro. Egli stesso, se fosse un libro sarebbe un best seller. Tutto ciò che ruota intorno a lui è fashion, cool, mood... puro stato d’animo che diventa materia attraverso i suoi tagli. “Il lusso è un prodotto per pochi, non per tutti. Non solo oggetti costosi, ma ricerca, qualità…”. L’eterno ragazzo dallo sguardo penetrante e pungente dal retrogusto dolce e pacato, questo oceano di idee in movimento, partì alla conquista del mondo ancora giovanissimo e non si è ancora fermato. Il pianeta immagine è ormai suo. Il suo essere anticonformista lo ha portato “oltre” il banale, lo scontato, il luogo comune che egli ignora. Ancora oggi cammina per la sua strada stringendo mani ai più grandi stilisti delle passerelle milanesi, suoi amici… ma senza mai distogliere lo sguardo dal suo percorso professionale ed artistico. Da Roma a Pechino... Parigi, passando per Milano e Londra, fino a New York. I teatri si riempiono alla notizia di un suo show, un suo passaggio che porti il vento del futuro nell’arte dei capelli nel taglio, si, ma anche nel gioco dei colori. Ogni donna ha i suoi colori, e lui sa sceglierli perfettamente, facendolo in armonia con la sua essenza. L’arte di Piero è sospinta da milioni di cellule di creatività che si evolvono di giorno in giorno, e che lo hanno portato, per esempio, ad essere il primo italiano a rappresentare l’Italia al Festival Mondiale di Parigi. Il colpo di genio, il design che si esprime con il colore, l’armonia tra taglio e 18
The wings of time turned style into art. Of course, he had everything to become an excellent hairdresser, but he did not take account of the fact that he is also a real artist and, his conception of life, his conception of fashion pushed him above and beyond that. The time has then turned style into art. He’s now a worldwide famous “art-hairstylist”, an Oscar Prize, he was awarded with this trophy in 2004 at the Global Salon Beauty Award. The art cannot remain concealed inside oneself. It makes its way through any channel, with every means. Piero Bastiani could count on his hands, his scissors and a philosophical approach to life typical of his own. His Heart, hands and brain between art and culture. Expressing harmony through geometrically perfect creations, he’s the “ testimonial” of our times, constantly in rapid evolution. “What do I note first in a woman? Her style, not her beauty”. Piero Bastiani, just one glance to his model is enough to catch her hidden side, her real ego, so as to reproduce it like a tailor made dress, just with the aid of a pair of scissor and his bare hands. His haircuts are like the pages of a book dealing about femininity, temperament and fragility typical of every woman. Certainly, had he himself been a book, he would have been a best seller. Everything around him is fashion, trend, being cool… pure mood materializing through his hair cuts. “Luxury is not for
everybody, but for a few, it’ s not all about expensive things, but research and quality.” A boy all life long, sticking glance despite his calm sweetness, an always wavy ocean of ideas, never at rest. He did mean to conquer the world and started the ball rolling when he was very young… and it’s still rolling. The world of beauty has no secrets for him. From Rome to Beijing, from Paris to Milan, passing through London and straight to New York. When his shows are in schedule any single theatre is overcrowded with people waiting for him to bring over a “breath of future” in this particular kind of art through haircutting and hair coloring. Nonconformist, a fierce enemy of banality, triviality and anything that’s obvious, he’s always avoided the commonplace. Of course, He keeps walking in Milan, shaking hands with the greatest fashion
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carattere, ne hanno fatto uno degli art hair più ambiti nel mondo del cinema e dello spettacolo, richiesto in spot pubblicitari – TIM, per citarne uno – e per prestigiose copertine “dedicate” in tutto il mondo. I suoi saloni sono diventati, nel tempo, punto di incontro tra cultura e immagine, sobrietà ed estrema creatività che sciorina e scatena le più latenti libertà d’espressione artistica. Nel silenzio angolo della sala artistica dove Piero Bastiani taglia una modella, l’aria diventa carismatica, profumata, densa. Lui è assorto, non distoglie lo sguardo, il suo viso prende l’espressione dell’emozione del momento. Poco dopo, una scultura si alza in piedi e cammina per strada.
Miracoli dell’arte, o frutto della genialità?
Piero Bastiani
Designer del capello
designers, friends of his, but without overlooking his profession and artistic vocation. Any single woman has her own colours, Piero is perfectly able to catch em, detect ‘em, spot them, all in perfect harmony with her inner essence. Every woman has her colors, and he knows how to choose them well, doing so in harmony with its essence. His “cells of creativity”, in constant evolution, prompt Piero to keep high this kind of art every day. This, for example, gained him the chance to be the first hairdresser representing Italy at the Mondial Coiffure Beautè in Paris (world hairdressing and beauty festival). Intuition, genius, the sense of design he expresses through the color, the harmony between haircut and temperament made him one of the most wanted hair stylist in the movie world and very busy in advertising. Just to make an example, he was chosen for the Telecom spot (among others), not to mention the several covers dedicated to him worldwide. With the time His salons have come to be a meeting point for cul21
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Piero Bastiani
Designer del capello
ture, style, sobriety and extreme creativity, where the most deeply hidden artistic freedom of speech comes to life. In the quiet corner of the room, where he artistically works on his model, the air gets dense of charisma, scented. His eyes are stuck on her head, he’s away, his face faithfully expresses his mood in that very moment of time. Shortly afterwards a living sculpture stands up and walk along the road. Is it a work of art, a miracle of art or is it the work of the genius? 23
Piero Bastiani
Designer del capello 24
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Piero Bastiani 26
Designer del capello
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Piero Bastiani
Designer del capello
www.pierobastiani.com
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on i Indira Fa ssi
Incontro con l’incanto
Boudoir
w
Indira Fassioni
saspinto.net o r . ww
I video alla stazione e le insegne pubblicitarie sono l’emblema delle nostre città e dello stile di vita che in esse si riproduce. Muoversi per le loro vie vuol dire aggirarsi tra questi multiformi, frastornanti e invadenti inviti a comprare qualcosa e a riconoscerne l’esigenza . Il carnevale delle merci cammina trionfante tra le macerie di un arte sempre più ai margini, sempre più sospettata di velleità ed inganno. Il mondo del consumo è quello che vuole mostrarsi come l’unico vero, mentre il resto non può che essere l’immagine flebile di un tempo passato o che forse non c’è mai stato. In ciò che sembra la condanna dell’arte, questa trova la sua vendetta. Il progetto Ohmydolls nasce dall’intento esplicito delle sorelle Rosanna e Ilaria Vista, di sviluppare l’arte non solo nelle sue forme convenzionali, ma anche trasferendola nel bene di consumo, rendendo esso stesso un’opera. Il lavoro delle due ideatrici consiste infatti nella realizzazione di prodotti artigianali in cui la funzione e l’aspetto rimandano l’una all’altro. Dall’anonimato avvilente della vita di tutti i giorni, il brand rintraccia l’esigenza di decorare la quotidianità attraverso la potenza drammatica e caleidoscopica dell’esperienza estetica.
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parlando di Ohmydolls
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parlando di Oh my dolls
Bambole dallo sguardo languido, dal corpo ora raccolto ora esibito con fierezza, figure fiabesche tinteggiate con intensità espressionistica, sono loro le assolute protagoniste della scena, enigmatiche teatranti il cui mistero si annuncia solo per celarsi nuovamente dietro una malchiusa porta. La linea di abiti e accessori Ohmydolls è
la manifestazione di una forma espressiva che non intende convincere o affermare, ma rivelare e rappresentare quella fitta trama di sentimenti vibranti, condizioni complicate e vivaci immaginari che costituiscono l’universo femminile. Non è dunque il semplice appello incondizionato di un’arte che vuole affermare sé stessa, quanto piuttosto il desiderio di mettere a nudo un preciso, ma allo stesso tempo ambivalente modo d’essere: bambola offesa e donna coraggiosa, sensibile spettatrice ed attrice creativa, vittima ed eroina di fronte alle fatiche e alle sfide di una presente invasivo. Indira Fassioni
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Gianni Cuomo fotografia di un’opera esposta
INFORMAZIONI E ORARI: Via Guglielmo d’Alzano, 2b | 24122 Bergamo | Italia www.galleriamarelia.it + 39 035 0603115 | + 39 347 8206829 | info@galleriamarelia.it Orario: lunedì | venerdì 14.00 – 20.00 | sabato 15.30 – 20.00 ingresso libero 34
evento del ½ mese nazionale GIANNI CUOMO “Il luogo dove esistere”
4 febbraio - 15 marzo 2012 Galleria Marelia arte moderna e contemporanea Le opere legate alla personale esperienza artistica rappresentano riflessioni sul mondo circostante, sui contesti in cui vive l’individuo, sui meccanismi di una società sempre più complicata e insicura dove è sempre l’uomo a doversi confrontare, e spesso faticosamente adattarsi per farne parte. Ma da un punto di vista estetico ed interpretativo, le opere non hanno una sola spiegazione, in quanto slegate da ogni condizionamento compreso quello intellettuale dell’artista. Le installazioni di volti deformati da stratificazioni di parti di altri volti, sono legate alla nostra storia individuale raccontata attraverso gli altri. Noi cerchiamo il contatto coi nostri simili, l’abbiamo sempre fatto, perché noi siamo il luogo dove esistere. Appunto i luoghi, indagati come spazi in cui l’individuo realizza se stesso e la propria dimensione. Tra i cementi delle metropoli oppure tra gli alberi, l’uomo si pone e si contrappone alla ricerca di se stesso e del proprio fine. La nascita degli “ominidi” chiamati così per definire una “specie” di umanoidi allo stato post-umano, è stata necessaria anche se casuale, per dar forma ad un’idea (forse visionaria) di come potremo apparire e immaginarci oltre domani. Queste presenze scultoree, spesso meditative e solitarie, sono specchi di noi stessi, dei nostri processi mentali consci ed inconsci, sembrano attendere domande a cui non seguiranno risposte, perché in realtà rivolte a noi. Il loro silenzio è il nostro, da riempire non con inutili rumori, ma di riflessioni capaci di svelarci in ogni nostra condizione e contraddizione. Il cartone da imballaggio, elemento predominante per la realizzazione degli ominidi, rappresenta concettualmente il recupero e la “nuova vita” del rifiuto, perché l’individuo si trova oggi di fronte a scelte radicali, il consumo selvaggio è una utopia, tutto ha un limite, compreso il nostro pianeta. La maculazione di segnali sconnessi e senza senso che inondano tutte le mie opere sono un “crash informatico”, nascono da un errore sistemico dei nuovi strumenti tecnologici da cui siamo ormai completamente dipendenti e forse assuefatti. Tale pelle però è solo lo strato superficiale di corpi che nascondono sentimenti, visioni e passioni, che vogliono liberarsi in uno spazio che va oltre alla dimensione del nostro incredibile e meraviglioso pianeta terra. 35
Andiam Andiam andiamo a Lavorar 2010 - 70x100 Stampa su tela, intervento manuale lucido
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La mia storia Cinema d’autore, cinema in costume, libri di storia, documentari storici, canzoni anni ‘60-’70, hardcore americano e italiano, grunge, erotismo, belle donne, abbigliamento vintage, new-wave anni ‘80, vinili, foto di moda, telefilm, foto d’epoca, installazioni, pittura grafica, design d’arredamento, beat generation, giappone, india, anime e manga, commedie italiane anni ‘70, vino, dolci, fiori, cani grandi e pelosi, tacchi alti, cure naturali, yoga, ballo, libri d’arte, giocattoli, libri per bambini, ironia, ecologia, politica, intolleranza, rispetto, amore, odio e un mucchio di altre cose, fanno parte del mio background e quindi di quello dei miei lavori. Mi spaccio per fotografa, mai per pittrice, ancor meno per grafica, a volte per donna, assolutamente mai per santa... Sono un’artista alla quale, mentre sta amando una delle tante cose sopra citate, in certi momenti della giornata, vengono in mente delle immagini da realizzare e sa che la sua vita non sarà serena finché non le realizzerà. Metto in scena storie di donne, le rendo interpreti divertite come donne comuni e cerco di strappare un sorriso a chi guarda l’opera finale. Cerco di non fare foto erotiche, ma il risultato è sempre quello... Se volete sorridere e rifarvi gli occhi, potete vedere qui [www.sarajt.com] le mie creature e se volete emozionarvi davvero, allora toccatele con mano da Maelstrom Art Gallery (Milano) e Ufofabrik Art Gallery (Moena).
Fotografa
Sara Giannatempo
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Biches, Aquatiques, Demi-CĂ stors 2011 cm 50x72 Stampa a pigmenti su carta cotone, montaggio su alluminio
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Self story Art film, costume drama, history books, historical documentaries, songs of 60’s & 70’s, American and Italian hardcore, grunge, eroticism, beautiful women, vintage clothing, new wave 80’s, vinyls, fashion photography, movies, period photos, installations, paintings, graphics, furniture design, beat generation, Japan, India, anime and manga, Italian movies of 70’s, wine, cakes, flowers, big and hairy dogs, high heels, natural cures, yoga, dance, art books, toys, children’s literature, irony, ecology, politics, intolerance, respect, love, hate and a bunch of other things are part of my background and, therefore, of my works. I pass myself off as a photographer, never as a painter, let alone as a graphic artist, sometimes as a woman, absolutely not as a saint... I’m an artist and, at certain times of the day, while I‘m falling in love with one of the things mentioned above, some images occur to me and I know that my life will never be happy until I realized them. I put on stories of women, interpreted by ordinary women that enjoy themselves, and I try to get a smile out of the people that are viewing the final work. I try not to take erotic photos but the result is always that… If you want to smile and to feast your eyes on my photos, watch this link www.sarajt.com and if you want to get really excited see my works at Maelstrom Art Gallery (Milan) and at Ufofabrik Art Gallery (Moena).
Fotografa
Sara Giannatempo
Visiteuses D’artistes, Demi-Castors, VÊnus Crapuleuses 2011 Dittico: cm 50x72 + 50x72 Stampa a pigmenti su carta cotone, montaggio su alluminio
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Fotografa
Sara Giannatempo 41
Fotografa
Sara Giannatempo
Niente da Nascondere 02 2010 - 20x30 Stampa velvet su dibond bifacciale , lucidatura manuale, piedistallo in ferro
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Conturina vs Stria 2011 - 20x30 Stampa velvet su dibond bifacciale , lucidatura manuale, piedistallo in ferro
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Cocottes, Hètaires, Horizzontales 2011 Dittico : 50x50 + 50x72 Stampa a pigmenti su carta cotone, montaggio su alluminio
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Fotografa
Sara Giannatempo 45
Filles A Parties, Filles D’amour, Filles En Circulation 2011 Dittico : 50x50 + 50x72 Stampa a pigmenti su carta cotone, montaggio su alluminio
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Fotografa
Sara Giannatempo 47
Filles De Joie, Filles De Nuit, Filles D’allegresse 2011 Stampa a pigmenti su carta cotone, montaggio su alluminio Dittico: 50x50 + 50x72
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Fotografa
Sara Giannatempo 49
Filles À Barrière, Filles De Beuglant 2011 Dittico : 50x50 + 50x72 Stampa a pigmenti su carta cotone, montaggio su alluminio
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Fotografa
Sara Giannatempo
www.sarajt.com
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The Lifestyle Girls di Giorgio Ginelli
“…la prima beneficiaria della nostra rivoluzione è stata la donna, storicamente cittadina di serie B anche a letto.”
2005
Hugh Hefner
Mettersi a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 per godersela a guardare il tempo che passa, significa anche godersi il cambiamento epocale della società moderna. Un cambiamento che è scandito anche dalle riviste di successo che in quegli anni si sono affermate e diffuse nel mondo. Il successo di una rivista lo si giudica da diversi aspetti; senz’altro dal numero di anni che riesce a stare in edicola, che è direttamente proporzionale alla sua capacità di rinnovarsi, nello stile e nei contenuti che la società impone. Se poi, quella stessa rivista, è stata lei stessa a dare un 52
1997
1953
1979
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The Lifestyle Girls di Giorgio Ginelli
contributo importante al cambiamento della società negli ultimi decenni, allora è possibile applicare alla rivista l’attributo “di successo”. Stiamo parlando di Playboy, del suo stylelife, delle conigliette, delle Playmate e dei cambiamenti nello stile di vita delle ragazze in quegli anni. Per Hefner, creatore di Playboy, l’icona che incarna la quintessenza delle sua creatura è Marilyn Monroe. La cover del primo numero (dicembre 1953) è sua, così come almeno altre quattro: maggio 1979, gennaio 1997, gennaio 1999 e dicembre 2005. Se nella prima poteva essere messa sullo stesso piano di altre bellezze americane di quel periodo, le sue comparse successive sono da considerare un evento, in quanto riproponevano un mito scomparso, ma mai tramontato. Così come non tramonta lo stile della donna proposto da Hefner e che, per il primo ventennio, è indubbiamente legato all’eleganza e all’appeal che una donna, in tutte le situazioni, doveva mostrare per distinguersi nella società di quel tempo. Basti pensare a copertine come quella del gennaio 1959, dedicata alla Lambretta del 1959, vista di fronte con la Playmate e di retro con Mr. Playboy, e il richiamo all’articolo interno di Jack Kerouac sulla Beat Generation.
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The Lifestyle Girls L’evoluzione dei costumi della società americana e del mondo occidentale può essere facilmente seguita scorrendo le copertine di Playboy Magazine. Dalle timide apparizioni degli anni ‘50, ai primi ammiccamenti degli anni ‘60, le Playmate presentate ogni mese sono il segno del cambiamento che la società rendeva possibile via via si evolvevano i suoi co1961 stumi. Ma sempre con un occhio attento allo stylelife professato da Hefner. La figura della Playmate si è, fin dagli inizi, contraddistinta proprio dal particolare appeal che riesce a trasmettere con sguardi, pose, acconciature e abiti. Una donna patinata, frutto senz’altro di pose fotografiche e di un lungo lavoro di stage, che spesso appare talmente irreale da sembrare aliena. In ogni caso irraggiungibile per chiunque. Ben differente dalla figura delle Playboy Bunnies, le conigliette dei Playboy Clubs, che in quei famosi locali possono essere avvicinate, viste e apprezzate in tutta la loro naturalezza e bellezza. Playboy è anche questa dualità: bellezza irraggiungibile e freschezza a portata di mano. Così come il mondo, per le ragazze di quegli anni: a portata di mano!
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Giorgio Ginelli
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Enciclopedia Treccani Hefner, Hugh Marston. - Editore statunitense (Chicago 1926). Nato da una famiglia di tradizione puritana, si laureò in psicologia e nel 1951 divenne copywriter presso il settimanale Esquire. Nel dicembre 1953 mandò in stampa il primo numero di Playboy, rivista realizzata con notevoli difficoltà economiche ma destinata a porre le basi di un vero e proprio impero finanziario: la diffusione del mensile, infatti, raggiunse in un decennio la tiratura di oltre un milione di copie a numero. Indirizzata principalmente al pubblico maschile, la rivista ha proposto uno stereotipo femminile, quello della playmate (in italiano “coniglietta”, in genere formosa e in atteggiamento sexy), incarnata dalle modelle e dalle celebrità del mondo dello spettacolo immortalate in servizi fotografici e nella pagina centrale di ogni numero (storica protagonista della prima fu M. Monroe). Su Playboy tuttavia non mancano sezioni di informazione e approfondimento su temi di attualità e cultura e interviste a personaggi celebri (famosissime, ad es., quelle a F. Castro, del 1967, e a M. Brando, del 1979)...
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Dina Nerino The Waves
Bisogna prendere i proprio spazi scuri. Trasmutarli.
“In cosa?” Ripetevo a me stessa, mentre una forza mi trasportava via dal lago, ricoperto di nebbia. Gli alberi mi ricordavano strade che lì, sotto i miei occhi, ora non c’erano. Dal lago di Oggiano, nelle fredde terre del nord, ritornata per le vie dell’Etna. Ai ricordi mai vissuti, ben presenti nella mia memoria. Un’isola intima dove approdare quando il mondo è ricoperto da una coltre di parole, voci che rimbombano di continuo. Dove? Scappo di nuovo per andare dove? Il ricordo di bagliori inattesi mi perseguita perfino nel treno mentre alla mia sinistra, il vagone vuoto, si illuminava di una luce artificiale.
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Usare gli occhi per ricordare quando sintonizzarsi a frequenze comode. Per dimenticare quello che si vede. Per ripensare a quello che non si vedrà. Magari annoto qualcosa di questa assurda vicenda che io non comprendo. Prendo l’agenda. E ci ritrovavo una cartolina presa in una galleria di Milano. Una casa e delle ombre. Sinonimo perfetto per quello che vado bramando nel mondo. E per cercarlo, ora, sono chissà dove, chissà perché. Carmelo Bongiorno, c’è scritto dietro la cartolina, in basso, a caratteri neri. Carmelo Bongiorno e la sua isola intima.
Carmelo Bongiorno, Rifugio - www.carmelobongiorno.com
dina.nerino@gmail.com
Carmelo Bongiorno, Catania (dalla serie “L’isola intima”)
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Dina Nerino The Waves Scapperei ora da questo treno, penso tra di me, o almeno lo dirotterei per arrivare fino in Sicilia. Nella terra delle emozioni mancate. Sogno di essere in un posto intimo, quando vivo altrove dai miei pensieri. E le ombre davvero creavano mondi altri. Davvero vedevo la sagoma di chi mi fa visita nei sogni. Di chi mi promette quello che davvero potrebbe darmi. Invece di una vita anaffettiva, vissuta con sagome delineate alla perfezione. Il ben definito non mi soddisfa più. Come a cercare altro. E nell’altro perdersi per non trovare nulla.
Non ricordo quello che dovrei ricordare. Poi m’incantavo con le immagini di altri, con quello che i miei occhi non vedevano. Due gambe in un prato illuminato. La nostalgica presenza simultanea di più realtà in una foto. Nella mia memoria. Come se non avessi mai vissuto.
Quando avrò visitato la galleria che ospita Mi dico. le fotografie di Bongiorno, nemmeno lo ricordavo, ora in questo treno che attraE rivivessi la vita d’altri. versava le cittadine lombarde, assopite Nelle foto che loro scattano. anch’esse come i miei occhi. Increduli.
dina.nerino@gmail.com 61
CuldeSac Designers
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CuldeSac Designers “Paint Evolution” per il brand “Valentine” È un laboratorio creativo, uno spazio per la collaborazione su diversi campi di competenza. È stata fondata come melting pot di professionisti per il dialogo e lo scambio di conoscenze. Fondata nel 2002, CuldeSac ™ è guidata, oggi, da Alberto Martinez e Pepe Garcia (CuldeSac ™ Product & Interiors e fondatori), Juan Poveda e Xavi Sempere (CuldeSac Branding ™) e Garen Moreno e Sophie von Schönburg (CuldeSac ™ Experience). Nonostante il fatto che i suoi soci fondatori (Pepe e Alberto) abbiano studiato al Royal College of Art di Londra, lo studio ha deciso di stabilirsi a Valencia. L’atmosfera rilassata della città ispira un posto di lavoro interdisciplinare sugli spazi, di prodotti, marchi, eventi, comunicazione e PR. Tra i suoi clienti, Tiffany & Co, Lladró, Empark, LVMH Group, Bernhardt Design, Hermès, H & M, Swarovski o Aston Martin. I loro progetti hanno meritato riconoscimenti internazionali per tutto il percorso con diversi 64
premi come l’Interior Design Awards 2009 al Sofa Atlantico per Bernhardt Design, il Red Dot Design Award per la sua collezione NEOS Lorenz, che ha vinto anche il primo Compasso d’Oro spagnolo. La chiave del successo non è uno stile personale, ma un modo di vivere e comprendere la creatività da esperienze e la cooperazione tra persone e idee.
www.culdesac.es
CuldeSac Designers “Paint Evolution” brand “Valentine” It´s a creative lab, a space for collaboration on different fields of expertise. It was founded as a melting pot for professionals to dialogue and exchange knowledge. Founded in 2002, CuldeSac™ is headed today by Alberto Martinez and Pepe Garcia (CuldeSac™ Product & Interiors and founders), Juan Poveda and Xavi Sempere (CuldeSac™ Branding) and Garen Moreno and Sophie von Schönburg (CuldeSac™ Experience). Despite the fact that its founder members (Pepe and Alberto) studied at the Royal College of Art in London, the studio decided to settle in Valencia. The city’s relaxed atmosphere inspirates a place of interdisciplinary work on spaces, product, branding, events, communication and PR. Among its customers, Tiffany&Co, Lladró, Empark, LVMH Group, Bernhardt Design, Hermès, H&M, Swarovski or Aston Martin. Its projects have deserved international recognition all along with various awards such 66
as the Interior Design Awards 2009 to the Atlantic Sofa for Bernhardt Design, the Red Dot Design Award to its NEOS watch collection for Lorenz, which also won the first Spanish Compasso d’Oro. Their key to success is not a personal style, but a way of living and understanding creativity from experiences and the cooperation among people and ideas.
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...Punto G il punto di vista della gallerista Da “la regola dell’happilogia” qualche spiegazione Q come qualità. Una delle cose che più mi stupisce dell’arte contemporanea è il suo frequentissimo soprassedere sulla qualità di esecuzione dell’opera. Più volte mi capitato di vedere opere basate su buone idee, mal eseguite e rabberciate, raffazzonate come se chi avesse avuto tali idee, non avesse tuttavia il senso di disciplina necessaria all’esecuzione delle stesse. In sostanza, non per essere pedante, ma qualunque mezzo si utilizzi per fare arte: disegno, scultura, fotografia, elaborazione digitale, danza, teatro, video e compagnia bella, sarebbe auspicabile che si fosse padroni della tecnica che si intende utilizzare, o si avesse almeno l’umiltà di farsi aiutare da professionisti del campo, anche se sull’argomento sarà opportuno ritornare Non nascondo in questa esigenza il mio retaggio culturale, legato alla storia dell’arte e ad una famiglia di antiquari che vanta non so quante generazioni; sarà per questo che, a detta di molti colleghi e critici, prediligo “gli artigiani” ai 78
veri artisti che di norma sono coloro che progettano l’arte (e di rado la eseguono). Tuttavia essendomi necessario un “paraculo” estetico che mi metta al riparo da tali affermazioni, qualche volta a me giunte anche da voci illustri, come sempre mi rivolgo alla storia per un breve excursus, spero non troppo noioso. Torniamo alle calende greche, quando Tecne era l’arte ma anche la capacità di eseguirla e non c’era nessuna differenza tra il nome che veniva dato ad un vasaio e a Fidia. Artista o artigiano erano la stessa cosa, il mito della poiesis, del fare e del saper fare era lo stesso. Questo creò un’eccellenza che ancora oggi, volenti o nolenti, dopo 2500 anni, fa scuola ed è un punto di riferimento estetico condiviso dal mondo intero. Non per nulla, tanto per volare pindaricamente ad altro, nel Rinascimento si sentì la necessità di ritornare alla classicità greca e romana e lo si fece anche alla fine del 700: il Neoclassicismo fu l’arte che nutrì di sé la Rivoluzione Francese.
Tuttavia proprio nel Rinascimento vi furono i primi segnali, della cosiddetta emancipazione dell’artista dalla tecnica. L’artista iniziò a concepirsi come un progettista, e, anche se l’esecuzione richiesta doveva essere più che perfetta, il germe del distacco dal materiale ebbe inizio. Fu proprio Leonardo da Vinci, nonostante tutti i suoi studi sulla natura, a dare più peso al progetto che non all’esecuzione anche se il dubbio che si trattasse di una non voluta deformazione del suo geniale intelletto in me è sempre rimasta. In seguito, specie quando ebbe fine la pratica di bottega, alla fine dell’800 e nel 900 con il susseguirsi delle avanguardie storiche, venne teorizzata criticamente anche la possibilità di “non esecuzione”. L’arte divenne così “concettuale”, come dire se io ti racconto un progetto che intendo eseguire, poco importa se quest’ultimo non vedrà mai la luce… io sono un artista. La quale affermazione io di norma parafraso in questi termini: se io ti racconto la trama di un romanzo che intendo scrivere, ma non la scrivo, sono un romanziere. Affermazioni senza ne capo ne coda, n’est pas?
Così mi piace congedare come elaborazioni filosofiche, talvolta davvero interessanti, una buona fetta dell’arte del secolo appena trascorso, elaborazioni che hanno a che fare assai più con la “teoretica”, che non con “l’estetica” come ha ben chiarito Mario Manduzio nel suo testo “Teoria critica dell’happilogia”. Per quel che mi riguarda sono sicura che la qualità sia una delle voci del fare, e dell’eseguire secondo regole di un gioco e di un sapere che talvolta hanno origini secolari, qualche altra (e mi riferisco a cinema, fotografia e arte digitale) un po’più recenti. Regole imprescindibili che chi fa arte deve conoscere per formazione o anche solo per istinto, regole che si possono consapevolmente violare o mettere tra parentesi, perché il genio, lo si dice, è anche sregolatezza, e perché, come sempre, tutto è il contrario di tutto. Raffaella Silbernagl
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