Il comune di Varsi tra Ducato e Regno d’Italia
Comune di Varsi
La mostra “Dal Ducato al Regno d’Italia”, inaugurata a Varsi il 2 giugno 2011 nella sala parrocchiale, ha raccontato come si viveva, nell’Ottocento, in media Valceno. Organizzata in concomitanza con le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, ha riscosso notevole successo sia per il materiale esposto sia per la capacità dei curatori di ripercorrere alcuni momenti della storia locale, focalizzando l’attenzione su temi e documenti di rilevante interesse per il paese. Il merito va soprattutto al prof. Antonio Ortalli, che, con certosina (è proprio il caso di usare questo termine) pazienza, ha “setacciato” gli archivi della Parrocchia e del Comune di Varsi, rinvenendo materiale inedito particolarmente degno d’attenzione e operando poi un’oculata scelta di ciò che andava esposto. Il docente ha operato in stretta sinergia con l’Amministrazione Comunale, le Associazioni del territorio e le scuole locali. Per evitare, poi, che questa “particolare” storia di Varsi andasse nuovamente archiviata e dimenticata, si è deciso di darla alle stampe. E qui sono state fondamentali la “spinta entusiastica” e le “capacità grafiche” di Flavio Nespi (il webmaster di valcenoweb.it), che ha curato l’impaginazione del volumetto. Nella pubblicazione sono riprodotti i documenti già esposti nella mostra. Molto variegata è la tipologia delle tematiche affrontate: si va… dalla “prima festa del Regno d’Italia”… alla vita degli agricoltori, alle epidemie tra gli animali, alle tasse, all’istruzione pubblica, alla vita religiosa, ai cimiteri, al dissesto idrogeologico, alla caccia agli animali malefici, alla sanità pubblica, all’emigrazione, alla situazione delle strade del Comune… a dati sulla popolazione della sede municipale e delle frazioni. Il lettore può trovare davvero, in questo prezioso scrigno, una miniera di notizie e curiosità che, solo così, sono sottratte all’oblio del tempo. L’auspicio di chi ama Varsi e la Valceno è quello di vedere questo lavoro come “tassello iniziale” di una più corposa e articolata ricerca storica sul nostro passato, che utilizzi, come fonte precipua, gli archivi parrocchiali e comunali. Mi pare di poter dire, a buon diritto, che il professor Ortalli ha… iniziato gli scavi! Attendiamo altre scoperte. Pino Bertorelli
Nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia il comune di Varsi in collaborazione con le associazioni Avis, Assistenza Pubblica, Pro Loco, Associazioni Alpini gruppo di Varsi, i ragazzi delle scuole di Varsi ha realizzato una mostra con documenti storici tratti dagli archivi comunali e parrocchiali. A seguito del successo riscontrato l'assessorato alla cultura ha deciso la stampa del presente volume che riproduce il materiale esposto. Esprimo il mio ringraziamento a tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione dell'opera
Il Sindaco Osvaldo Ghidoni
Delibera della giunta per la prima festa de Regno d'Italia
La vita degli agricoltori i problemi degli animali
1) LE CAPRE Molti agricoltori possedevano le capre che però, spesso, recavano seri danni. Ecco una delibera del 1858: “… L’anzianato intorno agli immensi danni, che recano le capre per la poca diligenza nel custodirle, all’unanimità ha deliberato: che la capra trovata in danno nei coltivi vitati, oltre alle pene stabilite dalla legge, sia soggetta a una pena di lire nuove una …” Tale multa è estesa anche alle capre trovate nei “nuovi” castagneti del Barigazzo. 2) LE EPIDEMIE TRA GLI ANIMALI “IL CANERO VOLANTE” Frequenti sono le epidemie tra gli animali con danni ingenti per gli agricoltori. Il 29 gennaio 1835 il Podestà di Varsi comunica ai cittadini “che il cosiddetto CANERO VOLANTE” fa strage del bestiame “d’unghia fessa”, e allerta tutti i responsabili a vigilare perché non vengano introdotti animali nel comune di Varsi acquistati presso i luoghi del contagio. 3) “IL CARBONE” (CARBONCHIO) Un’altra epidemia incute terrore: “IL CARBONE”. Il 9 agosto 1847 il Commissario territoriale così informa il Podestà di Varsi: “ mi viene riferito che nel vicino territorio genovese serpeggia una malattia denominata “IL CARBONE” e che alcuni individui, essendosi cibati di carne d’animali infetti di quel morbo hanno lasciato la vita”. Anche in questo caso il Podestà è invitato a prendere tutti i necessari provvedimenti per evitare non solo la morte dei bovini ma anche quella degli umani. 4) AFTA EPIZOOTICA Dalla Prefettura di Borgotaro arriva questa notizia il 26 gennaio 1851: “E’ noto al superiore governo che da alcuni negozianti sono state vendute, in diversi punti dello Stato, bestie bovine acquistate nel Tirolo e nella Svizzera, le quali sarebbero infette dall’”AFTA EPIZOOTICA”. Com'è possibile constatare da questi documenti le Autorità e gli agricoltori dovevano continuamente stare all’erta per non perdere il bestiame a causa di epidemie purtroppo frequenti. 5) L’IDROFOBIA Il 14 agosto 1850 così scrive il Podestà alla Prefettura di Borgotaro: “Alcuni casi d’idrofobia eransi manifestati nelle Ville dei Felloni… Ora nella Parrocchia di Villora.. l’idrofobia si è manifestata in un bue che, da quanto si dice, pare essere stato morsicato da un cane sul monte Craviago… . I sintomi manifestati da questo animale sono la tristezza e l’abbattimento misto alla inquietudine, il movimento scomposto e lo sguardo minacciante, le orecchie e la coda inarcate, la bocca e la lingua distillanti bava e il rifiuto di mangiare e bere”. Anche in questo caso il Podestà prende provvedimenti molto rigidi nei confronti dei possessori di cani.
Documento originale sull'idrofobia
Documenti originali dall'archivio storico del comune di Varsi
Le tasse Quando, durante la dominazione napoleonica, furono istituiti i Comuni con a capo il “Maire” (sindaco) insieme allo stato civile e alla leva obbligatoria, si diede inizio anche alla riscossione delle contribuzioni dirette. Le rate in cui si suddividevano le cartelle delle tasse erano dodici: un dodicesimo ogni mese. Quattro erano le tasse o contribuzioni: 1) 2)
La contribuzione fondiaria: dovuta dal proprietario od usufruttuario dei fondi La contribuzione delle porte e finestre: dovuta dal proprietario o usufruttuario delle case. Questa tassa era applicata in base alla luce delle aperture. Si può così capire perché le porte e le finestre delle vecchie case risalenti all’inizio dell’ ‘800 fossero relativamente esigue non solo per evitare il freddo della cattiva stagione 3) La contribuzione personale La contribuzione per le “patenti” questa contribuzione riguardava i “permessi” per svolgere le attività
Consuntivo delle spese e delle rendite del comune in un anno dell'ottocento
“L’istruzione pubblica” nel comune di Varsi durante l’ ‘800 NASCITA DELLA SCUOLA: La scuola a Varsi nasce ufficialmente il 18 settembre 1807 con un decreto dell’Imperatore Napoleone: “Il comune di Varsi…..è autorizzato a ricevere dalle confraternite di questo Comune una somma annuale di 725 franchi e 12 centesimi per la retribuzione di un maestro di scuola”. Ma la scuola non decolla. Lo sappiamo da una petizione del parroco nel 1818 alla Duchessa Maria Luigia: …“Una tale scuola mai fu fatta … il Governo sospese affatto la detta scuola nell’in allora “maire” di Varsi sotto l’anno 1815”…
Al centro della foto Don Giuseppe Zanelli uno dei primi maestri di scuola a Varsi
Edifici adiacenti alla prima scuola di Varsi
I PRIMI MAESTRI Negli anni ’30 alcuni parroci recepiscono l’invito del Vescovo di Piacenza, a farsi “maestri” secondo il nuovo regolamento sovrano. Ma la soluzione non ha buon esito. In una delibera del 1837 si legge: …“L’incarico dato a più parroci non sortì buon effetto …” L’Anzianato e il Podestà decidono, secondo i nuovi regolamenti, di aprire nel 1838 un’unica scuola nel capoluogo, affidandola a un giovane sacerdote originario dei Fiassoni, di acquistare quattro banchi, un tavolo, una sedia e di affittare una stanza della canonica. Nasce così la prima scuola con un numero molto esiguo di alunni, mai superiore ai quindici con una popolazione, che in quegli anni supera, in tutto il Comune, le tremila persone. Negli anni ’40 la scuola prosegue con vari curati che vengono pagati dal Comune. Negli anni ’50 viene a Varsi, da Roccabianca, il primo maestro laico. Lo stipendio è misero: 41.66 lire nuove al mese. Il Comune paga 25 lire nuove per l’affitto dei locali, 24 lire nuove per legna, lume, carta e penne. In un anno complessivamente la spesa per l’istruzione pubblica è di lire nuove 549. GLI ANNI ‘70 Da una relazione della Presidenza del Consiglio scolastico provinciale del 26 aprile 1871 si evince che la situazione, a Varsi, dell’istruzione pubblica non è affatto positiva: “… Calcolando che il numero dei fanciulli d’ambo i sessi dai sei ai dodici anni sia di quindici per ogni 100 abitanti si avranno 500 fanciulli atti alla scuola, che invece crescono nella più perfetta ignoranza e concorrono tutti gli anni ad aumentare il già grandissimo numero degli analfabeti” Il Consiglio Scolastico ricorda poi l’obbligo del Comune di provvedere per il prossimo anno scolastico all’apertura di una scuola femminile come prescritto dalla legge. Viene promesso anche un sussidio da parte del Governo. Qualcosa finalmente si muove: nell’anno scolastico ’72 /’73 nel capoluogo viene aperta una sezione femminile con otto alunne, mentre nelle frazioni di Villora (dodici alunni) Pessola (sette maschi, sette femmine) Tosca (otto maschi, cinque femmine) Pietrarada (diciassette maschi, dodici femmine) i ralativi parroci si prestano a fare i maestri “spontaneamente e gratuitamente”.
La vita religiosa a Varsi nell’ 800 Rispondendo ai”Postulati”, per la visita pastorale del Vescovo di Piacenza nel 1825, l’Arciprete di Varsi c’informa dettagliatamente sulla vita religiosa della Parrocchia. Descrivendo la chiesa così annota: -“…cinque sono gli altari: 1° il maggiore dietro cui sta nel coro il quadro magnifico dei S.S. Pietro e Paolo apostoli 2° quello della Beata Vergine Maria del Rosario 3° quello di San Giuseppe con le due annesse nicchie di San Rocco e di Sant’ Antonio da Padova 4° quello di San Giovanni Battista 5° quello dei S.S. Carlo, Terenziano, Lucia e Luigi Gonzaga. -Vi si celebrano a tutti le loro feste. -Il Santissimo Sacramento si tiene all’altare Maggiore e vi arde sempre la lampada con olio d’olivo…. -I sedili della Chiesa sono di ragione comune, divisi per gli uomini e per le donne. -Si espone alla pubblica venerazione la reliquia detta di “S. Croce”. -Si fa l’esposizione del S.S. Sacramento nelle feste solenni….. -Vi si dà con Esso la benedizione al popolo con molto numero di lumi dopo i Vespri in tutte le feste di tutto l’anno. -Si fanno le processioni solenni del “Corpus Domini” e tutte le terze domeniche del mese col Santissimo. Con la statua della Madonna tre processioni: il 25 marzo, la domenica dopo il 15 agosto e la prima domenica d’ottobre festa del S. Rosario. -Si fa pure la processione con la statua della Madonna sotto il titolo “delle Grazie”, nell’oratorio detto di “Dosso” fabbricato elegantemente vicino alla parrocchia al posto di quello che era sul Monte…. La prima processione si fa nella prima festa dopo Pentecoste, la seconda nella natività di Maria S.S. Ha questo oratorio il suo Priore, dipende dal Parroco ed è considerato come cappella annessa alla Chiesa. -Si fanno pure le processioni con le statue di San Rocco e di S. Antonio da Padova. -Si fa la “via Crucis” ogni terza del mese dopo i Vespri e tutte le sere della Quaresima… -Si fa la processione decorosamente con la S. Croce per l’ufficio detto “della campagna”. -Le “Rogazioni”, poi e la processione dell’Ascensione si fanno nel modo prescritto. -Vi è stata eretta la compagnia del S. Rosario. -Si fa l’0melia detta “la Predica” in tutte le feste. -Si fanno le classi della Dottrina Cristiana e s’insegna questa a tutto il popolo nei giorni festivi dal parroco a modo di spiegazione. -Frequentano i S. Sacramenti ogni festa per lo più 20 persone, molti nelle solennità. -Tutti fanno la S. Pasqua all’infuori di due antichi contrari. -Si fa il mese di Maggio all’oratorio detto di “Dosso” alla sera. -Si fanno gli esami dei giovinetti per la Confessione e si ammettono i capaci alla S. Comunione per lo più tutti insieme. -Gli ammalati sono sempre visitati o dal Parroco o dal Curato, muniti per tempo dei SS. Sacramenti e assistiti nell’agonia…. -Si porta il viatico con un ombrello, se l’infermo è vicino alla chiesa, con la processione di uomini e donne…. -In tutte le case si dice il S. Rosario. -Il parroco ha tutta la premura verso i padri, le madri e i padroni con i loro famigli perché facciano dire ed insegnino le orazioni ai figli e ai servi. Cinquantacinque anni dopo il parroco in occasione della prima visita pastorale di Mons. Scalabrini non si discosta molto dalla relazione del 1825. Egli annota che - “… il campanile è in stato deplorevole fornito di tre campane.” -Vi sono due nuove confraternite: quella del S.S. Sacramento e quella dell’Immacolato Cuore di Maria. -…..“Sono 179 le famiglie della parrocchia e sono 915 i parrocchiani. Essi intervengono in buon numero alle sacre funzioni, alla dottrina cristiana e ai sacramenti…. La capacità della chiesa non è proporzionata al numero considerevole dei fedeli….” Così conclude la sua relazione l’arciprete di Varsi nel 1880.
I Cimiteri Il problema della costruzione di un cimitero si pone con la legislazione napoleonica: Art. IX° del Decreto 30 settembre 1809 riconfermato poi dalla Duchessa Maria Luigia. Prima i defunti venivano sepolti in Chiesa: “ sei sono i sepolcri: per i sacerdoti, uomini, donne e fanciulli….”, ci informa il sacerdote Don R. Rossi parroco di Varsi dal 1773 al 1810. L’opera parrocchiale (Consiglio Economico) si riunisce il 6 luglio 1819 e delibera di costruire il cimitero nel campo del beneficio parrocchiale chiamato ”PIANVINZIALE” (attuale campo sportivo). Arriva l’Ingegnere dei ponti e delle strade e dopo un’accurata visita del luogo esprime il suo assenso. Ma gli abitanti di Varsi, riferiscono i componenti dell’opera parrocchiale, non concordano sulla scelta del luogo perché, sostengono, sarebbe difficoltoso trasportare durante la lunga cattiva stagione i defunti a “PIANVINZIALE“ e sarebbe molto faticoso scavare le fosse, data la compattezza del terreno. A questo punto, anche l’opera parrocchiale cambia parere, dopo le critiche della popolazione, e propone un’area poco lontana dalla chiesa. L’arciprete si oppone a questa scelta e si reca varie volte dalle Autorità a Borgotaro per esporre le sue ragioni. Trascorre il tempo…. I defunti vengono sepolti nello spazio antistante la Chiesa. Ecco una “memoria” del 1828: “Nel sagrato ossia cimitero di Varsi….vi sono stati sepolti….tra adulti e bambini 125 cadaveri….” Interviene il Commissario del governo che sollecita il Podestà a trovare presto una soluzione. Finalmente si giunge ad un compromesso con il Parroco e si decide, tra l’esultanza dei popolani, di costruire il nuovo cimitero nell’aia della parrocchia adiacente la Chiesa. Verrà inaugurato nel 1828. Quarantadue anni dopo il cimitero viene riconosciuto inadeguato in base alla legge sulla “sanità pubblica” del 20/3/1869 del nuovo Regno d’Italia e l’arciprete del tempo convoca i membri del Consiglio parrocchiale che decide di indire una votazione perché: “…si è resa indispensabile essendosi i parrocchiani sobbarcati il carico di costruire a loro spese il cimitero. Essendo nate diversità di opinioni per la collocazione di esso cimitero in un luogo (“Breda”) o nell’altro (“Bastarda”), si venne a pubblica e segreta scelta…. Quindi ogni capo famiglia….fu posto in avvertenza che un grano di melica debba intendersi il suo voto pel campo della “Breda”; un fagiolo pel campo della “Bastarda”. I risultati: per la “Breda”….voti 64, per la “Bastarda” voti 6. Trascorreranno però ancora molti anni prima che il cimitero della “Breda” venga costruito.
Il dissesto idrogeologico “La frana di Pessola”
Nel giorno 13 gennaio 1856 a Pessola: “… un'orribile frana delle estensioni di circa due miglia gettò lo spavento e la miseria in quella popolazione di 504 individui divisi in 93 famiglie. Delle 93 case una parte vennero giù travolte e molte minacciano rovina…” così scriveva un funzionario della Commissione della Sanità e Soccorso il 16 gennaio 1856 e proseguiva annotando che, “per fortuna, non c’era alcuna vittima e “il bestiame, le derrate, i pochi foraggi, gli attrezzi rustici e ciò che componeva l’arredamento delle case si sono potuti salvare mercé la sollecitudine dei vicini villaggi”. Il proprietario di Castelcorniglio e il proprietario di Carpadasco diedero complessivamente 120 lire nuove per le più impellenti necessità. Un altro proprietario di Pessola ospitò generosamente numerosi infelici e custodì per lungo tempo numerosi capi di bestiame. Tutti, anche i non possidenti, secondo le loro possibilità, prestarono il loro aiuto ospitando gli sventurati abitanti. “I fondi per lo più parte coltivi, vitati e in parte prativi, boschivi e cedui e d’alto fusto furono totalmente travolti…” Il governo ducale informato dalle autorità intervenne tramite la commissione speciale di sanità e soccorso a cui fu data la somma di lire nuove 1.000 erogate dalla Sovrana e “ripartita in ragione delle perdite e dei bisogni tra gli abitanti di Pessola”. Il funzionario della commissione così continua: “ … i poveri popolani di Pessola che sostennero con rassegnazione la loro sciagura si sono pure in questa circostanza mostrati degni del beneficio ricevuto dall’Augusta Sovrana nostra”.
Luogo da dove partì la frana di Pessola
Resti di alberi sepolti sotto la frana ritrovasti nel 2011
La caccia agli “animali malefici” Gli allevatori e i contadini dovevano difendere gli animali domestici dai cosiddetti “animali malefici”: lupi, volpi ecc. Verso la seconda metà degli anni ’30 il Commissario di Borgotaro ne autorizzò la caccia, anche se con le debite cautele. Leggiamo un verbale del Podestà steso il 21 del mese di febbraio dell’anno 1836: “Nanti di me Podestà… si è presentato il signor P.D. di Tosca a riferire che.. ieri sera in un bosco.. posto nel comunello di Pessola detto “La Bavosa” sulla strada che lo attraversa disposto avendo 38 persone armate di fucile, comparve, come inseguito da altre persone destinate, un lupo sul punto detto “La fontana” a cui tirarono ad un tempo quattro cacciatori di Tosca ed un intruso di Rocca. Sotto i colpi il lupo, a poca distanza portatosi, cadde morto. Fu portato a me e verificai che una ferita sul fianco diritto ed alcune sulla testa gli avevano cagionato la morte; verificai inoltre essere di sesso maschile e a mostrare dai denti, dalla sua grossezza e dal colore essere dell’età apparente di due anni”. Nel 1838 il Commissario distrettuale manda un dispaccio urgente al Podestà di Varsi: “Quando io mi determinai ad approvare una caccia da darsi ai lupi che infestano il comune dalla S.V. amministrato .. io non poteva mai pensare che il numero dei cacciatori si potesse far salire sino a 67! Devo quindi dichiararle che il numero debba scemare oltre metà.. perché non devesi mai mettere in armi ed in movimento un ragguardevole numero di individui”. La caccia ai lupi continua negli anni seguenti e nel 1840 troviamo la dichiarazione di un abitante della Rocca di aver ricevuto dall’Illustrissimo Podestà un mandato con corredo di lire nuove 12 a suo favore in pagamento del premio dovutogli per l’uccisione di un lupo di circa sette anni sulla vetta della riva settentrionale della Golotta, in un bosco di faggi d’alto fusto, il 4 marzo 1840. Molti, in questo periodo, sono coloro che attestano di aver visto dei cacciatori di frodo e nel 1843 il Podestà manda un “avviso” al Parroco di Tosca, da leggersi pubblicamente, in cui si richiama alla memoria l’osservanza delle norme sulla caccia.
Gruppo di cacciatori della zona
La sanità pubblica I primi documenti della sanità pubblica nell’archivio storico del Comune di Varsi risalgono al 1817, anno dell’ingresso della nuova Duchessa. il Consigliere di Stato così scrive: “Parma, 10 Aprile 1817 SANITA’ E SOVRANA:
SOCCORSI
PUBBLICI:
MEDICINE
DATE
IN
CARITA’
DALLA
“Signor Presidente, Sua Maestà l’Augusta Nostra Sovrana dando benigno ascolto alle suppliche della Commissione Centrale si è degnata di ordinare che a quelle Sezioni a cui colla mia circolare…. non si poterono mandare medicine, ora mandate ne siano, giacché per le note che ho poi ricevute si sa quale sia il bisogno di ciascuna di dette Sezioni. Spedisco quindi colla presente in un pacchetto ben coperto e suggellato quanto segue…..” “Il Presidente della Commissione di Sanità e soccorso di Varsi certifica di aver ricevuto:
CREMOR DI TARTARO……. TARTARO EMETICO……. CEROTTO DI CANTARIDI…. CANFORA .. ASA FETIDA ..
LIBBRE 6 ONCIE 6… DRAMME 2 GR. 12 DRAMME 5 DRAMME 5 DRAMME 2
IL MEDICO CONDOTTO
12 Aprile 1817
In una delibera dell’anzianato del mese di settembre del 1825 si tratta della “nomina, stipendio ed onorari del medico-chirurgo condotto”. Dietro mozione del Podestà il Presidente (della Commissione di Sanità e Soccorso) ha sottoposto all’anzianato che si nomini un medico condotto pel comune di Varsi e si fissino i suoi oneri e stipendi. Il Consiglio dopo diverse discussioni all’unanimità ha deliberato che sia nominato e nomina per la presente il Signor Dottor F.M. medico condotto a Bardi a medico chirurgo del Comune di Varsi; che il suo stipendio annuo sia di L.N. 100, e che gli oneri suoi debbano essere: (somministrando alla persona che lo richiede e a di lei carico l’ occorrente mezzo di trasporto): 1. di prestarsi gratuitamente per i poveri che saranno muniti di certificato di indigenza rilasciato dal Podestà 2. di non pretendere per ciascuna visita fatta, dietro richiesta dell’ammalato che non è povero, niente di più di L.N. 5; 3. che ov’egli sia impedito debba mandare ov’è chiesto un sostituto che dovrà conformarsi agli stessi oneri di cui sopra; 4. che di tutto quanto precede debba essere steso scritta di convenzione tra il Podestà….ed il suo nominato Medico-chirurgo….ed approvata dal Superiore Governo”
15 Settembre 1825 Il commissario del Governo del Distretto di Bardi approva ma pone delle condizioni: “il Commissario….è dell’avviso che siavi luogo ad approvare le deliberazioni, ma che tale approvazione sia legata alle seguenti condizioni: 1. Di omettere nella scritta la determinazione dello stipendio giacché si dovrà stare a quello che di anno in anno verrà determinato da Sua Maestà 2. di aggiungervi che il contratto debba valere per due anni rescindibile a beneplacito d’ambo le parti, previo però l’avviso reciproco di sei mesi innanzi la fine dell’anno. 3. D’aggiungervi infine che si tenga il contratto per annullato ove sia risultato al Podestà che l’ufficiale di sanità od il suo sostituto…. Siasi ricusato alla cura di qualcuno indigente munito di apposito certificato”
17 ottobre 1825 Altra figura della Sanità Pubblica è la mammana, “la Levatrice” Nel 1831 il Segretario del Distretto così comunica: “Signor Podestà, una lettera della Presidenza dell’Interno reca che, conosciuta la morigeratezza, capacità e prudenza di M.S. di Bardi la quale ha fin qui esercitato con molta lode la professione sua di “mammana” in questo distretto, la medesima è abilitata a continuare detto suo esercizio senza che le venga opposto verun ostacolo. Ciò io reco a notizia di Vossignoria perché se per avventura la suddetta fosse chiamata ad esercitare nel comune di Lei, non sia opposto al suo esercizio, anzi dovrà essere protetta….”. ALCUNE RELAZIONI DEI MEDICI CONDOTTI Ecco una relazione del medico condotto del 12 Agosto 1836 Bardi Egregio Signor Podestà: In rispetto delle gentilissima sua…ecco cosa le posso dire…. In Varsi le malattie predominanti furono infiammazioni acute al petto, lente flogosi al basso ventre ed in particolare al fegato; a Villora vi fu un’idrope…., qualche pleuritide e diverse gastriche affezioni; in Rocca di Varsi varie catarrali vi dominarono e diverse pleuritidi e che ci ha tuttora qualche affezione morbosa di bassoventre e diversi fanciulli affetti da angioite cardiaca e malattie verminose; alla Tosca vi dominò l’infiammazione che aggrediva ora i polmoni, ora il tubo intestinale e che vi ha una peritonitide (flogosi d’una membrana del basso ventre); a Pessola vi furono della malattie infiammatorie, qualche pleuritide, infiammazioni di fegato-peritoneo, dissenteria, infiammazione dei vasi sanguigni, verminose, qualche isterica affezione ed in Pietrarada vi fu una pleuritide. Vi sono diverse febbri intermittenti, che a confronto degli altri andati anni nel di Lei comune ci sono stati molti pellagrosi e qualche cronica affezione di fegato e d’intestini. Dirò pure che le poche leggeri pleuritici guariscono senza state dal medico visitate colla dieta, leggeri purghe e bevande acquose abbondanti; fu mandato all’ospedale qualche pellagroso…” Ci sono altri due “specchi” delle cure prestate ai poveri del Comune di Varsi, durante il primo semestre del 1831, dal medico condotto e dal “cerusico”, e le cure prestate nell’intero anno 1832 sempre del medico condotto e del “cerusico”. Apprendiamo che per quasi tutte le visite il mezzo di trasporto (cavallo) era a spese degli infermi. Le visite fatte nel primo semestre del 1831 sono così suddivisi: Varsi 26 visite, Contile una; Pessola 16; Rocca-Varsi due; Tosca 12; Pietrarada 4; Villora 8 Nell’anno 1832 : Contile 1, Pessola 1; Pietrarada 1; Rocca-Varsi 1; Tosca 3; Varsi 6; Villora 2. Le malattie sono state nei due anni: pleuritide, infiammazioni di fegato, acute e croniche, qualche febbre gastrica ed intermittente, pellagra più degli altri anni, febbri catarrali, due idropisie e molte infiammazioni ai polmoni ed una febbre maligna, risipole, reumatismi, un’apoplepsia mortale,……., un’emiplegia… Le epidemie Anche semplicemente leggendo i documenti traspare la paura che alcune malattie contagiose e quasi sempre mortali si diffondessero nel territorio comunale creando problemi molto seri a tutti a cominciare dalle autorità:Podestà, commissione……, sindaci, anzianato, medici. Un vaiolante Nel febbraio del 1832 viene segnalato al Podestà di Varsi del commissariato della provincia di Cremona che un residente del Comune di Varsi, che là lavorava come villico, da vari giorni avendo “eruzioni di vaiolo naturale” subito era stato sottoposto al prescritto sequestro. Ma egli si era sottratto con la fuga e probabilmente era ritornato al suo paese d’origine. Il Podestà subito informò le autorità di Borgotaro e, dopo aver trovato l’infermo, chiese chiarimenti sulla possibilità di trasportarlo all’ospedale. Ecco la risposta: “Borgotaro ,21 Marzo 1832 Signor Podestà: Attorno a quel villico nel quale sono apparsi tutti i segni caratteristici del vaiolo arabo naturale io, non potrò che ripeterle le cose già trattate… il trasferimento di un vaiolante allo spedale deve effettuarsi perché è prescritto, ma conciliabilmente sempre colla circostanza di luogo e di tempo. Laonde io lascio alla illuminata saviezza di V.S. l’adoperarsi giusta tali massime e secondo i casi. Certamente che, saputosi appena la esistenza di un attaccato da quel morbo, il migliore dei partiti si è quello di segregarlo totalmente dagli altri, facendolo tosto trasportare al più vicino pubblico spedale, pria che la malattia s’inoltri in uno stadio maggiormente pericoloso tanto al povero infermo, quanto alla pubblica salute…”
In una lettera precedente il commissario così raccomandava al Podestà: “Borgotaro 2 marzo 1832 Signor Podestà: …Io la prego a raddoppiare di vigilanza, di precauzione e di fermezza affinchè, dato che il vaiolo s’è mostrato fatalmente in codesto comune, s’eseguano con rigore tutti i saggi provvedimenti ordinati dal Governo….”
CEROTTO DI CANTARIDI La cantaridina si ottiene dal corpo essiccato della Cantaride, coleottero Euroasiatico che si vede di frequente sulle foglie dei nostri ulivi. Ha un’azione afrodisiaca, vescicatoria intradermica, antiflogistica, antirabbica, velenosa. Se assunta per bocca causa gravi danni a carico del tratto gastro-intestinale, renale , vescica. Per le sue peculiarità, veniva usata in cerotti vescicatori come antiinfiammatori per il mal di schiena, ma anche come stimolante degli organi sessuali anche se l’uso topico causava gravi stati congestizi. TARTRATO DI POTASSA Detto anche tartrato solubile dei Tedeschi. Forte lassativo ormai in disuso. CREMOR TARTARO ( o Tartrato borico di Potassio) Blando lassativo e diuretico. E’ l’associazione tra acido borico e bitartrato di potassio. Usato anche nelle cure per l’epilessia in soluzione 10:150 Oggi viene impiegato come agente lievitante insieme al Bicarbonato di Ammonio per i tortellini di Carnevale o torte lievitate al posto del lievito sintetico. ASA PHOETIDA Della famiglia del prezzemolo anche se la pianta può raggiungere altezze notevoli Si usa il lattice estratto dalla radice che dopo essiccato diventa una resina di colore brunastro con odore molto forte e ripugnante come l’aglio. I romani e nel Medio Evo veniva usato come aromatizzante delle carni; in Iran è ancora molto usata e anche in India tra gli intellettuali che si rifiutano di mangiare l’aglio. La Tintura Madre si ottiene dalla gemmoresina della radice con indicazioni: - digestive: per eruttazioni difficili e rumorose con odore di aglio ed ernia iatale neurologiche: cefalee, intorpidimento, formicolii, ipersensibilità agli stimoli tattili ed al dolore
IPECACUANA Droga vegetale derivata dal rizoma o radice della pianta nota come Ipecacuana del Mato Grosso o del Costa Rica o da entrambe mescolate. Si coltiva in Sud America e in Asia. Contiene alcaloidi come la Emetina e la Cefelina. Ha odore e sapore amaro nauseante e acre. Ha proprietà emetiche per l’azione irritante locale a livello della parete dello stomaco ma anche un’azione centrale sul centro del vomito. Il vomito viene indotto entro 30 minuti dalla somministrazione. L’emetina viene assorbita dal fegato, reni, polmoni, milza e rimane in circolo fino a 35 giorni dopo l’assunzione. Viene usata per indurre il vomito in caso di avvelenamento. In piccole dosi e nei prodotti omeopatici si usa come espettorante.
Il “Cholera morbus” nella parrocchia di Varsi nel 1867
Don Giuseppe Zanelli Arciprete di Varsi, molto preciso nella registrazione dei decessi, annota che il giorno 8 di giugno muore ai Peracchi “morbo cholera correptus” (stroncato dal colera) A.P., che viene subito sepolto. Il 12 sempre ai “Peracchi” c’è un’altra vittima. Il 16 un’altra ai “Perotti” che viene subito sepolta nel cimitero per i morti di colera (“bùsa di mort”). Il 17 muore sempre di colera una bambina a “Casa Mujan”, il 18 un’altra vittima nella stessa casa. Il 19 e il 20 altri due decessi ai “Peracchi” Il 21 il “cholera morbus” raggiunge la località di “Galla” così pure il 22. Tutti vengono sepolti “in loco pro defuntis colerae prope Golasum” (nel luogo dei morti di colera presso “Golaso”). Il 23 un’altra vittima a “Peracchi”, il 24 a “Golaso”, il 25 alla “Lubbia”, il 28 ai “Peracchi”, alla “Lubbia” e ai “Pontremoli”, il 29 ai “Bassi”, il 30 a “Galla”, il 31 a “Golaso, il 9 luglio alla “Stradella”, l’11 ai “Pontremoli” con due vittime, il 12 ai “Leonardi”, il 14 ai “Fiassoni” e ai “Leonardi”, il 15 a “Golaso”, il 17 ai “Peracchi”, il 18 e 19 ai “Bassi” sempre il 19 in “Via Pieve”, il 20 nel luogo detto “al mulino” presso il Ceno, il 21 ai “Bassi”, così pure il 28, il 31, il 5 e il 21 agosto, il 27 settembre ai “Peracchi”. Trentasei vittime nella parrocchia di Varsi in tre mesi. EPIDEMIE DI COLERA: 1825 / 1837 1849 1854 / 1855 1865 / 1867 1873 1884
UN BREVE SGUARDO ALL’EMIGRAZIONE DURANTE GLI ULTIMI ANNI DEL DUCATO Dall’informazione statistica delle migrazioni temporanee che avvennero nel comune di Varsi nell’anno 1857, appare:
Il giornaliere in Lombardia riceve il vitto e l’ordinario di Lire 1,30 per dì, pure la donna ha il vitto, il prezzo della giornata è di consueto di Lire 0,90 Non patiscono straordinari disagi o stenti, non vengono usate angherie o durezze da chi li prende ad opera, non mancano ad essi protezione ed assistenza se faccia d’uopo, per parte di quelle autorità. Non è neppure che ammalino per le fatiche o per il clima malsano. L’annuale risparmio medio di fatti guadagni può ritenersi di 3.700,00 franchi. Quanto ai migratori che si trasferiscono ad altri paesi, non si possono, per questa prima volta, somministrare consigli né notizie.
Documento originale
Famiglia di emigrati alla fine dell'800
Passaporto
Avvisi ai migranti in Inghilterra alla fine dell'800
Le strade La rete stradale nel comune di Varsi era abbastanza estesa e ben articolata: oltre trenta erano le strade che dovevano essere percorribili in tutte le stagioni. In una “deliberazione” dell’Anzianato del 29 maggio 1837 si legge: “L’Anzianato ha deliberato, convinto dal bisogno e da maggiore economia che, come nello scorso anno, in ragione di tre giornate di prestazione per famiglia, una giornata coi buoi valga per due… Saranno riparate le strade per il 1838 e le giornate comandate saranno fatte con avviso individuale ad ogni famiglia…La famiglia più imposta o più intelligente sarà chiamata a soprastare i lavori..”. Un dispaccio del 21 novembre 1854 ordina al Podestà di vigilare perché le strade siano sempre sgombre dalla neve: “Il Ministro della Religione non deve essere impedito dal recare il conforto del suo ministero, l’Ufficiale di sanità deve prestare, a tutti quelli che ne hanno bisogno, l’opera sua. Gli agenti della pubblica forza devono avere libero l’accesso per la sorveglianza e i postini per le disposizioni che il governo ha il dovere di dare…”. Il grande “sogno” del Podestà e dell’Anzianato era “un ponte sul Ceno per la comunicazione tra gli abitanti.., non essendovi in tutta la lunghezza di questo torrente alcun ponte, per cui in quasi tutti gli anni ha luogo qualche vittima in queste acque.. “. IL “GIRO” DEI POSTINI Il 31 ottobre 1854 il Podestà di Bardi propone a quello di Varsi d’accordo con il Ministro dell’Interno il seguente “giro” dei postini: 1) Dei due viaggi settimanali di Solignano uno venga eseguito dai postini di Borgotaro, quello del sabato, l’altro del martedì, dai due di Bardi. 2) che i viaggi del bardigiano siano regolati così: che il postino G.G. debba recarsi nel lunedì a Borgotaro, nel martedì a Boccolo, nel venerdì a Varsi e che l’altro postino M.P. debba nel martedì eseguire il giro da Bardi a Varsi e Solignano, nel venerdì da Bardi a Boccolo e siccome la natura delle strade più o meno disastrose potrebbe rendere più o meno gravosi i viaggi ai due postini, così parrebbemi che quello dell’uno dovesse farsi alternativamente dell’altro e viceversa..”-
Pianta del centro di Varsi
Pianta del centro di Varsi preparata dall’Arciprete Don Giuseppe Labadini nel 1819. I numeri indicano gli appezzamenti di terreno del beneficio parrocchiale. Si vedono chiaramente delineate: la pianta del castello, della piazza, le vie con le case della Pieve, l’osteria, case dei Bassi e case Labadini sulla via principale. Al n. 6 corrisponde la “Breda” dove attualmente c’è la Casa di Riposo. Si vede anche la strada che dai Bassi va al Lago.
Lavori nella costruzione di una strada
Dopo una lunga consultazione di documenti nell’archivio storico del Comune di Varsi e nell’archivio della Parrocchia, ci sono apparsi come particolarmente interessanti alcuni argomenti, che vi presentiamo in estrema sintesi, sperando che suscitino un po’ d’interesse per la storia del nostro comune. Ricerche negli archivi comunali e parrocchiali: prof. Antonio Ortalli Autore dei dipinti della mostra: Dott. Valerio Paganuzzi Curatori della mostra: prof. Antonio Ortalli Giovan Battista Rambaldi Elvira Volpi Maria Pia Pedone Marisa Marenghi
Impaginazione curata da: Flavio Nespi