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2-12-2008

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Asmara: la città degli italiani e la città degli eritrei

ASMARA

GIULIA BARRERA

Mussolini per gli italiani [in Italia] non so come sia stato, ma per gli italiani in Africa la sua idea era bellissima, lì ha fatto tanti lavori, belle case… voleva fare in Africa una nuova Roma e mandarci gli italiani, perché qui in Italia non c’era posto, l’Italia era piccola per gli italiani. Voleva fare un grande impero in Africa e a noi chissà dove ci voleva mandare…(…) ha fatto le strade, ma non per gli eritrei, per comodità sua1.

Così, nel 1998, Frewini (una donna eritrea nata nei primi anni Venti, che vive a Roma dal 1976), mi parlava dei grandi lavori pubblici intrapresi dal governo fascista in Eritrea nella seconda metà degli anni Trenta. Le sue parole mostrano una lucida distinzione di giudizio tra il progetto politico mussoliniano (un progetto imperiale finalizzato a beneficiare i colonizzatori e non certo i sudditi coloniali) e la qualità dei progetti edilizi. Frewini ricorda bene le umiliazioni patite durante il periodo coloniale: Gli italiani li chiamavamo «goitana» [padrone] «buon giorno goitana, buon giorno!» neanche lo conoscevo e dovevo salutare così. Qualunque abissino, se un italiano gli diceva: «fai questo, fai quello», non poteva mai dire di no.

Ma questo non le impedisce di apprezzare le case costruite dagli italiani. I palazzi del centro di Asmara non sono ai suoi occhi simboli del colonialismo: sono i palazzi della sua città. La capacità di distinguere fra i diversi piani di giudizio (quello storico-politico e quello architettonico-urbanistico) fra gli eritrei è un sentimento diffuso, che è potuto maturare grazie al fatto che il progetto imperiale incarnato dagli edifici che oggi ammiriamo − tanto le costruzioni degli anni Trenta, quanti i palazzi di inizio secolo − è stato sconfitto. La sconfitta del colonialismo ha permesso alla città di Asmara di riconciliarsi con sé stessa: una città cresciuta per decenni con l’intento dichiarato di emarginare la maggior parte della sua popolazione, è potuta divenire una città amata dall’insieme dei suoi abitanti. In queste pagine si ripercorrerà brevemente la storia di quando Asmara era invece una città divisa: non è una storia di edifici ma di persone, che intende offrire, a chi guarderà le foto dei palazzi, il senso di come fosse la vita che vi si svolgeva attorno.

1. DALLE ORIGINI AL 1934 L’Eritrea ha conosciuto un primo sviluppo urbanistico in epoca remotissima: indagini archeologiche nella zona di Asmara hanno rivelato che i primi passi verso un processo di urbanizzazione nell’area risalgono agli inizi del primo millennio a.C.2. Al tempo dell’impero axumita (tra il I sec. a.C. e il VII sec. d.C.), l’Eritrea aveva diverse fiorenti città, fra cui in particolare il porto di Adulis (a sud dell’odierna Massawa), sbocco al mare dell’impero e trampolino per la sua espansione nella regione. A partire dal VII secolo si avviò un periodo di declino, ma tra i secc. XV e XVII l’Eritrea conobbe un nuovo periodo di sviluppo urbano. A partire, però, dalla seconda metà del Settecento e in modo crescente durante l’Ottocento, il territorio dell’odierna Eritrea soffrì una profonda decadenza, dovuta a una situazione di frammentazione politica che trasformò la regione in un campo di battaglia3. «Infine, ciò che ebbe un impatto drammaticamente negativo sull’urbanizzazione [in Eritrea] fu la grande carestia che afflisse la regione fra il 1888 e il 1892», che causò un crollo demografico4. Così, al momento della costituzione della colonia (1° gennaio del 1890), l’Eritrea contava solo una città, per altro di modeste proporzioni: Massawa. Asmara era un grosso villaggio, la cui popolazione doveva essere di poche migliaia di abitanti5; sulla cima di una collina vicino al villaggio, Ras Alula (ultimo governatore etiopico dell’area, nonché vincitore della battaglia di Dogali) aveva fissato il proprio quartier generale (foto 2-3). Le truppe italiane, guidate dal generale Baldissera, occuparono l’area nel 1889. Come tutti i primi insediamenti italiani sull’altipiano, Asmara inizialmente si sviluppò come piazzaforte militare, favorita dalla sua posizione strategica, al centro della colonia6. La città doveva conoscere presto, però, maggior fortuna, grazie alla sua felice posizione geografica: situata a 2.347 metri di altitudine, godeva, infatti, di un clima temperato, che la poneva a riparo dalla malaria; gli italiani che pian piano popolarono la colonia preferirono, dunque, fissare la propria dimora ad Asmara piuttosto che nella torrida Massawa.


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