http://www.isiao.it/asmara/testi/Asmara_tzeggai

Page 1

2178 ISIAO ASMARA 24x22:2178 ISIAO ASMARA

ASMARA

28

2-12-2008

10:50

Pagina 28

La valorizzazione del patrimonio architettonico di Asmara nelle attività del Cultural Assets Rehabilitation Project

1. INIZIANDO DA ZERO L’architettura coloniale italiana da diversi anni ha guadagnato l’attenzione di storici e architetti e, di recente, anche di un pubblico più vasto, come dimostrano le numerose mostre e pubblicazioni sul tema1; paradossalmente, il dibattito in materia si è sviluppato più precocemente al di fuori delle colonie – soprattutto in Italia, ma anche in altri paesi occidentali – che al loro interno. In Eritrea, nonostante la qualità e quantità della produzione architettonica coloniale, i drammatici eventi dei trenta anni di guerra per l’indipendenza dall’occupazione etiopica (1961 – 1991) non hanno lasciato spazio per la maturazione di un interesse per l’architettura coloniale. Anche nell’immediato dopoguerra, quando la necessità di ricostruire ciò che era stato distrutto durante i lunghi anni di conflitto armato rappresentava la priorità assoluta, era inevitabile che l’architettura delle strutture che si erano miracolosamente salvate dalla distruzione fosse considerata una questione di interesse del tutto secondario. Conquistata l’indipendenza, il nuovo stato-nazione eritreo, nato di fatto nel 1991, si trovò immediatamente a dover affrontare le sfide della ricostruzione nazionale e la necessità di provvedere a una popolazione che era stata impoverita da un lunghissimo trentennio di guerra. L’effetto devastante della guerra era molto visibile in tutto il territorio. Le strade nazionali senza più alcuna traccia di asfalto, piene di buche molto profonde causate dall’andirivieni dei carri armati, e il grande numero di scheletri di autocarri militari sparsi per le campagne testimoniavano di quanto la guerra fosse stata lunga e cruenta2. Le colline spoglie di vegetazione a causa di ripetute siccità e disboscate nel corso degli anni dall’esercito di occupazione e così pure i campi incoltivati a causa delle mine antiuomo o per mancanza di braccia abili attestavano la gravità dei problemi ambientali e di nutrizione3. Oltre alle sofferenze sociali ed emotive create da ripetuti dislocamenti e migrazioni, la situazione sanitaria per la maggioranza della popolazione rurale era molto grave a causa di malattie endemiche. Si doveva inoltre affrontare il grande problema dell’enorme numero di profughi eritrei che la guerra e le sue atrocità avevano costretto a rifugiarsi nel

GABRIEL TZEGGAI

vicino Sudan o in altri paesi e che intendevano tornare subito nella loro terra4. Le priorità non consistevano solo nel sopperire agli urgenti bisogni alimentari della popolazione (guerra e carestia avevano portato la fame nel paese) e nel ricollocare i rifugiati che tornavano dai paesi confinanti, ma anche nella ricostruzione delle infrastrutture. Oltre a stendere una nuova rete di strade minori per le zone rurali difficilmente raggiungibili, era necessario costruire al più presto piccole dighe, scavare pozzi per far fronte alla cronica scarsità di acqua in un paese prevalentemente arido e contemporaneamente iniziare programmi di sviluppo agricolo. Occorreva inoltre costruire urgentemente centri medici per provvedere ai bisogni di un paese la cui popolazione rurale era in maggioranza priva di servizi sanitari. Erano tutte situazioni da affrontare con urgenza; oltre all’enormità dei compiti, ciò che rendeva quel periodo particolarmente difficile era la necessità di dover gestire tutto contemporaneamente e ciò non era facile per una nazione nuova, povera di risorse economiche e naturali e di competenze tecniche. In molti casi, l’espressione «iniziare da zero» si attagliava in modo letterale a descrivere questo primo periodo di ricostruzione nazionale. Per quanto concerne le città, si presentavano problemi analogamente drammatici. Nel settore urbano la sfida più urgente consisteva nel ricostruire le città che, come Nakfa e Massawa, erano state distrutte dai bombardamenti5. Era inoltre impellente preparare al più presto piani di sviluppo per tutti i centri urbani minori, che erano stati completamente ignorati per decenni. A causa della nazionalizzazione delle proprietà immobiliari da parte del governo militare etiopico, che avevano provocato la fine degli investimenti privati, in tutte le città vi era forte scarsità di alloggi. A ciò si aggiungeva il flusso di nuovi abitanti che tornavano dall’esilio o dalle trincee. In tempi molto brevi la popolazione di molti centri urbani cominciò a crescere visibilmente6. La necessità di alloggi accumulatasi nel tempo e l’alto numero di nuovi abitanti che si insediavano erano questioni che richiedevano una pronta risposta. Bisognava prevenire gli insediamenti spontanei e fornire alle autorità locali la possibilità di gestire


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.