Io amo i beni culturali V edizione 2015 2016

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Concorso di idee per la valorizzazione dei beni culturali i progetti vincitori della quinta edizione anno scolastico 2015-2016


Il concorso di idee “Io amo i Beni Culturali” nasce nel 2011 su iniziativa dell’Istituto per i beni culturali e dell’Assessorato scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna, Genus Bononiae - Musei nella città di Bologna e il MOdE - Museo officina dell’educazione del Dipartimento di scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, e con il patrocinio dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna. Le ultime edizioni si sono valse dell’apporto dell’Assessorato agricoltura, caccia e pesca della Regione Emilia-Romagna per i progetti volti alla valorizzazione del territorio rurale e dei prodotti agroalimentari. Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna Presidente Angelo Varni

Comunicazione Valeria Cicala, Vittorio Ferorelli, Beatrice Orsini, Carlo Tovoli (IBC) Supporto amministrativo-contabile Francesco Amorese, Morena Ballotta, Alessandra Cevenini, Paola Cristofori, Maria Galati, Cristina Zappata (IBC)

Direttore Alessandro Zucchini Consiglio direttivo Andrea Battistini, Giuseppe Bellosi, Vanni Bulgarelli, Francesca Cappelletti Responsabile amministrativo Roberto Tommasi "Io amo i Beni Culturali" - V edizione / 2015-2016 Coordinamento Valentina Galloni (IBC) Valutazione dei progetti Brunella Argelli, Valeria Cicala, Manuela Cristoni, Vittorio Ferorelli, Valentina Galloni, Beatrice Orsini, Ivan Orsini, Carlo Tovoli (IBC); Rossana Mari (Assessorato agricoltura) Segreteria del concorso Patrizia Marchi, Ivan Orsini (IBC) Supporto organizzativo Barbara Accarisi, Francesco Angrisano, Anna Bacchelli, Enzo Calabrò, Antonio De Bonis, Luca Gamberini, Eros Merli, Andrea Scardova, Valeria Zacchini (IBC)

Assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca

Supporto alla documentazione Chiara Panciroli e Anita Macauda (MOdE) Supporto alla diffusione del progetto Chiara Brescianini, Irene Raspollini (USR), Rosa Maria Manari (Assemblea legislativa), Rossana Mari (Assessorato Agricoltura), Maria Elena Tosi (IBC) Cura del volume Vittorio Ferorelli (IBC) Progetto grafico e impaginazione Ilaria Del Gaudio con il supporto di ComunicaMente Si ringraziano per la collaborazione tutti i referenti delle istituzioni scolastiche e culturali che hanno sviluppato e documentato i progetti. http://ibc.regione.emilia-romagna.it/argomenti/giovani-e-patrimonio http://www.bib-cec.eu/ioamoibeniculturali/ https://facebook.com/IBCemiliaromagna/ https://facebook.com/groups/IoAmoiBeniCulturali/ https://youtube.com/user/IoAmoIBeniCulturali



indice

volti e mani parlanti

amare

carducci e i giovani tra bologna e il mondo

richiede cura

Valentina Galloni

premessa Simona Caselli

nel volto di una cittĂ il cambiamento dell'uomo

perchĂŠ documentare Chiara Panciroli

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39 49 59

73 83

premessa

Stefano Versari

villa saffi revival Angelo Varni

storie di ragazzi e ragazze


cento orti e venti mulini

1862-2015

ArcheoDoc

chierici reloaded

creo scoprendo i cristalli del museo

parole nella pietra

93 107 119

133 145 155 167 179 189 il Signore degli anolini

dialoghi con il bosco nel meraviglioso mondo delle piante dimenticate

ildi mio album campagna


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Compie cinque anni “Io amo i Beni Culturali”, il concorso inaugurato nel 2011 nel segno di una coraggiosa dichiarazione d’amore verso il patrimonio dell’Emilia-Romagna. Anche in questa quinta edizione l’appuntamento ha chiamato a raccolta centinaia di ragazze e di ragazzi, sfidandoli a mettersi in gioco in una gara di idee che fonda gran parte della sua riuscita sulle loro abilità e sulle loro energie, sempre indirizzate dalla guida premurosa degli insegnanti. Per la prossima edizione, insieme agli archivi e ai musei, anche le biblioteche sono state invitate a diventare partner delle scuole e a presentare, d’intesa con esse, un progetto elaborato appositamente per valorizzare un bene, un luogo o una istituzione inseriti nel loro paesaggio culturale. E, grazie alla collaborazione con l’Assessorato regionale all’Agricoltura, si rinnova l’attenzione particolare alle iniziative rivolte alla tradizione agroalimentare di questo territorio, così attivo nel conservare i gusti e i sapori del passato e così accorto nel tramandarli al futuro rispettandone la storia.

Angelo Varni Presidente dell’Istituto per i beni artistici culturali e naturali Regione Emilia-Romagna

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premessa La collaborazione con l’Istituto regionale per i beni culturali ha già fatto emergere, tra le giovani generazioni, un interesse sorprendente per il paesaggio rurale e il patrimonio agroalimentare locale, tanto da indurci a raccogliere i progetti sull’argomento, vincitori della IV edizione, nel volume intitolato Raccontami il territorio. Anche nell’edizione 2015-2016 molte delle iniziative proposte hanno scelto questi temi: tra i quindici progetti indicati dalla commissione giudicatrice ne sono stati selezionati due che hanno vinto a pari merito il nostro riconoscimento particolare, coniugando al meglio le finalità del concorso con quelle dell’educazione alimentare: migliorare la conoscenza del patrimonio agroalimentare e accrescere la consapevolezza rispetto all’alimentazione, soprattutto tra le giovani generazioni. “Mi presento sono Paesaggio” ha trasformato il Museo naturalistico dell’Ente Parco Sasso Simone e Simoncello di Pennabilli in un luogo capace di avvicinare i giovani al patrimonio rurale locale, come risorsa educativa e potenzialità per il loro futuro. “Cento orti e venti mulini” ha invece valorizzato un’opera idraulica millenaria, il Canale dei Molini, che fin da epoche remote fa parte integrante della bonifica e dello sfruttamento delle campagne tra Imola e Massalombarda. A tutti vadano i nostri complimenti e gli auguri per il futuro.

Simona Caselli Assessore agricoltura, caccia e pesca Regione Emilia-Romagna

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premessa Le vie dell’educazione sono diverse e mai a senso unico. Il valore aggiunto di questo progetto, a cui l’Ufficio scolastico regionale ha confermato il suo sostegno, sta nell’attivare un dialogo virtuoso tra le istituzioni culturali e gli studenti. Un esempio di multidirezionalità del processo educativo. Le istituzioni culturali dell’Emilia-Romagna hanno nella loro mission l’essere protettori e divulgatori del patrimonio culturale del territorio. Con questo progetto la loro funzione si arricchisce, accogliendo gli studenti come collaboratori, non più soltanto come fruitori. I ragazzi, a loro volta, aiutano a migliorare le istituzioni ospitanti, mettendo a disposizione la loro creatività e il loro pensiero laterale, cioè indiretto e da diverse angolazioni, per scoprire nuove modalità per valorizzare le ricchezze del territorio. Il risultato è un arricchimento di cui beneficiamo tutti, che ci permette di guardare con occhi nuovi quanto la nostra terra offre; che stimola ad attuare un via costante di apprendimento. L’apprendimento continuo è sempre più necessario quanto più ci addentriamo in questa epoca in cui il cambiamento appare l’unica costante certa. Giova riandare ad Hannah Arendt, Tra passato e futuro: “L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani. Nell’educazione si decide se amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi, tanto da non strappargli di mano la loro occasione d’intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d’imprevedibile per noi; e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti”. Stefano Versari Direttore generale Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca

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richiede cura La storia del concorso Il concorso di idee “Io amo i Beni Culturali” è nato nel 2011 su iniziativa dell’IBC - Istituto per i beni culturali e dell’Assessorato scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con l’USR - Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna, “Genus Bononiae - Musei nella città” e il MOdE - Museo officina dell’educazione del Dipartimento di scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, e con il patrocinio dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna1. Un titolo audace, che come si vede nello spot del concorso, realizzato da un’associazione di giovani2, ha dimostrato tutta la sua carica emotiva, trovando poi, nelle realizzazioni dei progetti, una conferma che ha superato le aspettative più ottimistiche. Obiettivo del concorso è avvicinare i giovani al patrimonio culturale e alle istituzioni che lo conservano, favorendo la loro partecipazione attiva e creativa e sostenendo la crescita di cittadini autonomi e consapevoli. I musei e gli archivi della regione vengono invitati, ogni anno, a unirsi in partenariato con le scuole secondarie per presentare un progetto che, nell’anno scolastico successivo, valorizzi il museo o l’archivio prescelto, o un bene culturale presente sul territorio. Insieme agli insegnanti e ai funzionari delle istituzioni 1

Per ripercorrere la storia del concorso e i prodotti realizzati: ibc.regione.emiliaromagna.it/argomenti/giovani-e-patrimonio e www.ibcmultimedia.it

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Per vedere lo spot del concorso “Io amo i Beni Culturali”, a cura dell’associazione “Scomunicati”: www.youtube.com/watch?v=SnUkLDzz2Gw

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coinvolte, sono i ragazzi a lavorare in prima persona per realizzare nuove forme di comunicazione e di valorizzazione, sviluppando competenze personali, sociali e civiche. Sono molti i progetti presentati ogni anno: per selezionarne circa una quindicina a edizione, si adottano, tra gli altri criteri, l’originalità e l’innovazione, la partecipazione attiva degli studenti e la capacità di coinvolgere la comunità territoriale. Ogni progetto vincitore viene sostenuto sia finanziariamente che in termini di formazione, documentazione e diffusione. Il concorso, nelle sue diverse edizioni, è arrivato a coinvolgere migliaia di studenti che hanno lavorato con centinaia di istituzioni culturali, enti e associazioni, capillarmente diffusi in tutta la regione. Nel corso degli anni i ragazzi hanno realizzato prodotti estremamente originali e innovativi: giochi da tavolo, ebook, audioguide, video, mappe interattive ed emotive, bassorilievi, oggetti di design, xilografie, percorsi didattici, siti web, progetti di promozione turistica, ricostruzioni virtuali, cataloghi ed esposizioni, di cui hanno curato tutte le fasi. I musei, gli archivi, le chiese, i beni culturali e il paesaggio sono diventati, così, altrettanti luoghi ideali per l’apprendimento informale, e qui i ragazzi non solo hanno acquisito conoscenze disciplinari ma hanno anche sviluppato competenze personali, sociali e civiche, quelle competenze chiave trasversali per l’apprendimento permanente che l’Unione Europea ritiene indispensabili per lo sviluppo di ogni individuo: imparare a imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturali3. La sfida è quella di non vedere più il patrimonio culturale come un obiettivo fine a se stesso ma come un veicolo per l’apprendimento e lo sviluppo personale. La forte sinergia tra operatori culturali e insegnanti che viene richiesta per partecipare all’iniziativa occorre appunto per questo. Le scuole, con i loro dirigenti e gli insegnanti, aderiscono con entusiasmo, mettendo a disposizione risorse e tempo preziosi, per offrire ai loro studenti una didattica innovativa al di fuori dell’aula scolastica. Il costante confronto tra insegnanti e operatori culturali offre loro occasioni di aggiornamento reciproco, che attraverso un’attenta opera di documentazione diventano a loro volta strumenti di formazione per altri insegnanti e operatori, presenti e futuri. I musei e gli archivi, attraverso i punti di vista inconsueti forniti dai più giovani, sviluppano forme di 3

Per approfondire: eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/? uri=CELEX:32006H0962

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Amare richiede cura

comunicazione innovativa che permettono di coinvolgere un tipo di pubblico notoriamente restio a frequentare queste istituzioni. Per gli studenti è un’occasione altrettanto importante: per conoscere il patrimonio culturale della propria regione, per imparare ad averne cura e, soprattutto, per svolgere un ruolo attivo nella sua valorizzazione, creando i presupposti per una partecipazione attiva anche negli altri ambiti della società. Il comune denominatore che unisce questi progetti è infatti il concetto di “partecipazione alla vita culturale”, come viene intesa dalla Raccomandazione UNESCO del 1976 sulla partecipazione e il contributo delle persone alla vita culturale: un’opportunità di esprimersi liberamente, comunicare, agire, impegnarsi in attività creative per dare pieno sviluppo alla propria personalità e per contribuire al progresso culturale della società. Al termine di ogni edizione, i progetti sono documentati con video e pubblicazioni che poi vengono diffusi tramite tutti i canali di comunicazione possibili e attraverso momenti pubblici di cui, ancora una volta, i ragazzi sono i veri protagonisti. La seconda edizione del concorso, per esempio, è stata oggetto di una puntata specifica del magazine della Regione Emilia-Romagna “Vista da Vicino”, andata in onda sulle televisioni regionali con il titolo Scuola e Cultura fanno bene4. Per la fase di documentazione da parte di insegnanti e operatori culturali è importante la collaborazione con il MOdE - Museo officina dell’educazione dell’Università di Bologna, al cui interno è stata creata una sezione specifica dedicata al concorso5. Nel corso del tempo l’iniziativa si è arricchita di nuove collaborazioni e importanti sviluppi. Si è stabilizzata la collaborazione con l’Assessorato all’agricoltura, caccia e pesca della Regione Emilia-Romagna, avviata in occasione di “Expo 2015”, che ha portato all’assegnazione di una menzione speciale ai progetti volti alla valorizzazione del territorio rurale e dei prodotti agroalimentari regionali. Nel 2016 la sede dell’Università di Bologna in Argentina, insieme all’Istituto di cultura italiana e all’Ambasciata italiana in Argentina, ha deciso di promuovere l’edizione speciale del concorso “Yo Amo los Bienes Culturales” nella città di Buenos Aires. Il 3 marzo 2016, presso 4

Per vedere la puntata di “Vista da Vicino”: www.youtube.com/watch? v=Eq9wWSiqRPQ&feature=youtu.be

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Per approfondire: www.mode.unibo.it

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Amare richiede cura

l’Istituto italiano di cultura di Buenos Aires, alla presenza del ministro per i beni culturali Dario Franceschini, sono stati premiati due progetti vincitori del concorso successivamente realizzati durante l’anno scolastico argentino, che va da marzo a dicembre. Nel corso degli anni, musei e archivi hanno dimostrato una propensione sempre più forte ad aprirsi a quanto esiste al di fuori delle proprie mura, a operare sul patrimonio a cielo aperto e sul contesto territoriale che li circonda. Questo rapporto con il territorio, particolarmente caro all’IBC, che fin dalle sue origini lo ha ritenuto imprescindibile da qualsiasi politica dei beni culturali, ha indotto l’Istituto a collaborare con l’ICOM - International Council of Museums, in vista della conferenza generale tenutasi a Milano nel luglio 2016, e così alcuni progetti realizzati nell’ambito del concorso sono confluiti nella pubblicazione Musei e paesaggi culturali in Emilia-Romagna6. Finora sono state completate cinque edizioni del concorso, con l’aggiunta di un’edizione speciale rivolta ai comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, per un totale di 86 progetti realizzati. Per la sesta edizione si è deciso di aumentare a 20 i progetti premiati istituendo una nuova sezione aperta alla partecipazione delle biblioteche. La V edizione (2015-2016) Questo volume presenta i risultati dell’edizione più recente attraverso la preziosa documentazione prodotta dai referenti delle istituzioni culturali e dagli insegnanti che hanno accompagnato gli studenti nei loro percorsi. Si tratta di 15 progetti, che hanno visto la partecipazione di oltre 2.300 studenti, 28 istituti scolastici e 84 enti tra musei, archivi, associazioni e istituzioni capillarmente diffuse sul territorio regionale. La documentazione che qui riportiamo, oltre a soffermarsi sul lavoro svolto, vuole creare un momento di riflessione sulle dinamiche, sulle azioni e sulle strategie messe in atto dai vari soggetti, per fornire un utile strumento a coloro che si accingono a sviluppare i progetti vincitori delle prossime edizioni7. Dalla lettura delle schede emergono alcuni elementi che meritano di essere evidenziati. 6

Per approfondire: issuu.com/istitutobeniculturali/docs/museiepaesaggi.

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L’elenco dei progetti vincitori della VI edizione è disponibile sul sito web dell’IBC: ibc.regione.emilia-romagna.it/argomenti/giovani-e-patrimonio

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La varietà dei temi trattati e l’originalità dei beni culturali valorizzati. Ville storiche, regge, strade e palazzi, mappe cartografiche e antichi documenti, dipinti, paesaggi naturali, tradizioni gastronomiche, sono stati i punti di partenza per riflettere su urbanistica, vocazioni del territorio, altre culture, sentimenti dell’uomo e opportunità di accesso al patrimonio culturale da parte di tutti. La ricchezza dei prodotti realizzati. Video, installazioni di land art, erbari, orti, visitespettacolo, e-book, riallestimenti di sale museali, mostre, riproduzioni in 3D, accessori di moda, mappe di comunità, ricettari, percorsi QR code, videogame, performance teatrali, itinerari turistici sono gli esiti di questi progetti, di cui studenti e studentesse hanno curato tutte le fasi, dall’ideazione alla realizzazione, fino alla comunicazione e alla diffusione. Questi prodotti resteranno a disposizione della comunità come segni tangibili del loro impegno. L’utilizzo di spazi inconsueti. Musei, archivi, boschi, ville storiche e regge, cascine e paesaggi, sono i luoghi dove i ragazzi hanno svolto le loro attività sperimentando una didattica innovativa al di fuori dell’aula scolastica. Grazie alla frequentazione dei ragazzi, che in questi luoghi hanno compiuto le loro ricerche, ricostruendo storie e contesti, condividendo saperi e sperimentando forme artistiche, spazi a volte ritenuti distanti sono divenuti, ai loro occhi, più familiari. La partecipazione attiva. Protagonisti di tutte le fasi di sviluppo dei progetti, le ragazze e i ragazzi coinvolti hanno partecipato a laboratori di ogni genere, su cucina, dialetto, teatro, giornalismo, sartoria, falegnameria, sceneggiatura, musica, cinema, audiovideo, grafica, comunicazione pubblicitaria. Sono stati ideatori, realizzatori, attori, comunicatori e divulgatori, trasformandosi in veri operatori culturali per valorizzare il loro territorio, acquisendo conoscenze, sviluppando competenze e, nello stesso tempo, divertendosi. L’eterogeneità delle scuole partecipanti, la capacità di collaborare tra loro e di intrecciare discipline. Istituti comprensivi, licei classici, scientifici e artistici, istituti tecnici e professionali, centri d’istruzione per adulti hanno potuto mettere a frutto le loro particolari competenze nei diversi progetti. In alcuni casi, più scuole hanno collaborato a uno stesso

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progetto intrecciando competenze e saperi diversi. Anche all’interno della stessa scuola, sono spesso state superate le barriere disciplinari portando i ragazzi a fare accostamenti inconsueti e a utilizzare materiali e tecniche inusuali. Conoscenze, talenti personali e risorse sono state combinate all’insegna della collaborazione e dell’innovazione. Le molteplici collaborazioni attivate e il coinvolgimento della comunità territoriale. In questa edizione si è registrato un notevole aumento delle istituzioni coinvolte. Ogni progetto si è trasformato in un catalizzatore di energie sul territorio e l’intera comunità educante si è unita attorno alle nuove generazioni: fotografi, architetti, storici dell’arte, grafici, pubblicitari, attori professionisti, così come associazioni di ogni genere, biblioteche, fattorie, centri di educazione ambientale e aziende hanno collaborato in sinergia con gli studenti mettendo a disposizione tempo, spazi e risorse preziose. Fondamentale è stata anche la partecipazione dei rappresentanti delle istituzioni nell’investire i ragazzi nel loro ruolo strategico di cura e valorizzazione del patrimonio culturale. La durata dell’esperienza come fattore di qualità. Il fatto che il progetto si sia snodato nell’intero arco scolastico ha consentito di creare un percorso articolato, stimolante e capace di coinvolgere tanti soggetti. I ragazzi, grazie all’adeguata quantità di tempo disponibile, hanno potuto effettuare ricerche approfondite sui beni culturali che dovevano valorizzare, hanno potuto partecipare alle attività di gruppo a seconda delle proprie abilità personali, linguistiche e tecnologiche, passando da un atteggiamento competitivo a un approccio collaborativo. Un ritmo di apprendimento più lento e più efficace è stato capace di motivare anche studenti in difficoltà, con disabilità e a rischio di dispersione. L’esperienza diretta ha insegnato un metodo di lavoro efficace, il rispetto dei tempi di lavoro, il valore della cooperazione. L’intergenerazionalità. Molte iniziative hanno creato una rete di soggetti di età differente, sia tra alunni di classi e scuole diverse, sia con persone che, al di fuori del contesto strettamente scolastico, hanno contribuito a un vero e proprio passaggio di memorie attraverso i loro racconti su usanze, cibi, tradizioni e dialetti: si pensi agli anziani della famiglia o della comunità, ai mugnai o alle “rezdore”.

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L’opportunità offerta dalle risorse finanziarie e strumentali: per ogni progetto sono state messe a disposizione dotazioni finanziarie equamente suddivise tra i due partner capofila (2.000 euro alla scuola e 2.000 all’istituzione culturale) ma ogni progetto ha saputo attivare collaborazioni tali da fornire un enorme supporto, difficilmente quantificabile. Istituzioni, associazioni di volontariato, scuole, famiglie hanno messo a disposizione tempo, spazi, materiali, risorse e strumentazioni tecnologiche: macchine fotografiche, smartphone, stampanti, telecamere, computer, droni per le riprese aeree. Uno sforzo che ha consentito di realizzare prodotti altrimenti costosissimi se acquistati sul mercato. L’ampliamento dei progetti. Spesso, in corso d’opera, gli obiettivi iniziali sono stati ampliati e arricchiti con nuovi contenuti, risorse e collaborazioni, anche internazionali. In molti casi gli esiti dei progetti sonol divenuti parte di festival, concorsi, manifestazioni ed eventi importanti come “La notte dei musei”, “La settimana della didattica in archivio” o le “Invasioni digitali”. Grazie anche al sempre più diffuso utilizzo dei canali social, i risultati finali hanno ottenuto una vastissima visibilità. Centinaia di persone, quando non migliaia, hanno partecipato alle presentazioni pubbliche scoprendo luoghi e beni culturali mai visitati in precedenza. La positività dei riscontri finali e delle valutazioni. Ragazzi e ragazze, insegnanti e operatori culturali sono concordi nel valutare che queste attività sono state straordinarie e innovative. Le istituzioni culturali hanno tratto grande giovamento dal rapporto con un pubblico giovane, motivato e creativo. Molti insegnanti, quotidianamente impegnati a prevenire la dispersione scolastica, hanno riferito che sperimentare linguaggi e metodi educativi differenti da quelli consueti dell’aula e della lezione curriculare si è rivelato un espediente efficace. Soprattutto per alcuni alunni, di solito non particolarmente gratificati dai risultati scolastici, è risultato molto importante sentirsi parte di un gruppo nel quale apportare il proprio contributo. Certamente è stato raggiunto l’obiettivo generale di rendere i giovani più consapevoli dell’importanza dei beni culturali, di favorire il loro senso di appartenenza e il loro desiderio di prendersi cura del territorio in cui vivono.

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Amare richiede cura

Non sono certo mancate le difficoltà , soprattutto nell’organizzazione dei tempi e nel coordinamento dei tanti attori coinvolti. In generale i progetti hanno richiesto enormi energie, grande determinazione, tanta concentrazione e altrettanta fatica: sforzi che la passione e la soddisfazione finale hanno potuto ripagare e trasformare in energia positiva per future collaborazioni. Per questo impegno dobbiamo ringraziare tutti gli attori coinvolti: i nostri partner, i referenti delle istituzioni culturali, i dirigenti scolastici, gli insegnanti e, soprattutto, i ragazzi e le ragazze. Il loro entusiasmo, la passione e il coinvolgimento emotivo con cui hanno vissuto queste esperienze, sono la migliore garanzia per il futuro di un patrimonio che, come ogni vero amore, richiede molta cura.

Valentina Galloni Coordinatrice del concorso “Io amo i Beni Culturali�

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perché documentare Documentare le esperienze – attraverso scrittura, immagini, suoni, video, animazioni, drammatizzazioni – aiuta a non perdere la memoria, a ricordare a distanza, a riconoscere il divenire del tempo, a individuare nelle tracce del passato le linee per il futuro. Se nel lessico comune, per “materiale documentale”, si intende qualsiasi oggetto, prodotto o strumento utile a richiamare o conservare la memoria di avvenimenti o situazioni significative, in campo educativo e didattico la documentazione costituisce una testimonianza di ciò che è accaduto, di ciò che è stato fatto e anche delle ragioni, spesso nascoste, che hanno determinato certi eventi o situazioni. Serve a rievocare, riesaminare, analizzare, ricostruire e socializzare. Nel documentare la qualità dell’esperienza educativa, però, non ci si può fermare alla mera registrazione e descrizione delle attività svolte ma occorre individuare alcuni elementi specifici: l’intenzione educativa, la durata del progetto, la produzione di materiali significativi, la disponibilità di spazi eterogenei e di strumentazioni innovative. Un’analisi che misura anche l’eventuale costruzione di sinergie tra istituzioni formative e culturali, in una prospettiva di sistema integrato; come propone la celebre museologa Hooper Greenhill, infatti, l’esperienza del patrimonio culturale non è relegata a luoghi specifici ma coinvolge tutto il territorio della città. È per questo che, nel rispetto dell’identità di ogni istituzione coinvolta, il concorso di idee “Io amo i Beni Culturali” mette l’accento sul ruolo di responsabilità sociale verso il patrimonio da parte di tutti, in una duplice prospettiva: scuole, musei, archivi, biblioteche, centri culturali e spazi laboratoriali sono responsabili dei giovani, così come i giovani sono responsabili dei beni culturali. In questo quadro diventa significativa l’attività svolta dal MOdE, il Museo Officina dell’Educazione dell’Università di Bologna, che oltre a conservare e valorizzare gli oggetti espressione della cultura educativa, documenta le best practices di progetti che mirano alla conoscenza e alla

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Perché documentare

valorizzazione del patrimonio culturale scientifico e umanistico dei musei. A questo scopo, il MOdE si avvale di una scheda di catalogazione, nata da un progetto nazionale sulla valutazione di sistemi di qualità promosso da INDIRE, e messa a punto da comparazioni nazionali e internazionali in merito agli standard di qualità. La scheda, caratterizzata da quattro differenti piani di analisi (anagrafico, identificativo, pedagogico e funzionale), permette di analizzare l’intenzione educativa del progetto. In particolare si rileva se l’esperienza ha avuto come finalità: • l’acquisizione di conoscenze di base mediante l’esposizione dei materiali; • l’accesso alle risorse informative; • la ricerca e l’approfondimento mediante l’analisi del contesto e l’apprendimento attivo; • l’espressione e la rielaborazione personale mediante l’esplorazione e la ricomposizione delle conoscenze, individuale o di gruppo. All’interno del database sono ormai raccolte molte esperienze di qualità, proposte da istituzioni museali, da istituzioni territoriali di valorizzazione del patrimonio culturale e da istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Di particolare rilevanza, in tal senso, è la sezione dedicata alle esperienze realizzate nell’ambito di “Io amo i Beni Culturali” (doc.mode.unibo.it/io-amo-ibeni-culturali). L’attività del centro di documentazione all’interno del MOdE intende garantire alcuni aspetti: • dare maggiore visibilità ai progetti selezionati in termini soprattutto di qualità educativa; • promuovere il dibattito sugli aspetti dell’educazione al patrimonio culturale a scuola, nei musei e nei luoghi della cultura; • costruire un database di buone pratiche a cui attingere per realizzare percorsi rivolti a studenti in formazione, a educatori, responsabili culturali e insegnanti. È proprio grazie a questa ricchezza di esperienze con il patrimonio e soprattutto ai diversi modi di esplorarlo, conoscerlo e reinterpretarlo, creando relazioni significative con esso, che si pongono le premesse ideali per diffondere la qualità.

Chiara Panciroli Responsabile scientifica del MOdE - Museo Officina dell’Educazione dell’Università di Bologna

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scuola:

museo:

studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto comprensivo “Padre Orazio Olivieri” di Pennabilli (Rimini)

4 classi per un totale di 86 alunni

Museo naturalistico e Centro di educazione alla sostenibilità ambientale del Parco Sasso Simone e Simoncello, Pennabilli

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altri partner:

• Comune di Pennabilli; Associazione “Chiocciola la casa del nomade”, Pennabilli; Associazione “Tonino Guerra”, Pennabilli; Associazione “D’la de foss”, Pennabilli; Associazione “Ultimo Punto”, Pennabilli; Associazione “Mostra Antiquariato”, Pennabilli; Associazione Pro Loco di Pennabilli; Cooperativa “My Lab - Laboratorio Montefeltro”, Carpegna (Pesaro-Urbino)

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musss.it/mi-presento-sono-paesaggio/ www.mipresentosonopaesaggio.wordpress.com/ edu@lacasadelnomade.it rnic812004@istruzione.it

menzione speciale

Assessorato agricoltura Regione Emilia-Romagna


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La scommessa dell’Istituto comprensivo “Olivieri� di Pennabilli ha trasformato il Museo naturalistico del Parco Sasso Simone e Simoncello, con il paesaggio circostante, in un luogo che appartiene agli studenti e li riguarda da vicino

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Mi presento sono Paesaggio

partenza Quale bene culturale avete scelto? Il Museo naturalistico e Centro di educazione alla sostenibilità ambientale (CEAS) del Parco Sasso Simone e Simoncello, e con essi il complesso patrimonio paesaggistico che caratterizza il territorio del Montefeltro. Borghi e centri rurali costruiti in dialogo e sintonia con l’ambiente, capaci di trasmettere saperi e sapori antichi: i frutti dimenticati di Tonino Guerra, i numerosi vivai che mantengono le sementi antiche, i forni biologici, gli orti, la selvaggina. Un paesaggio disseminato di storie e leggende, di siti archeologici (Città del Sole, gli insediamenti romani e medievali), di luoghi di arte antica e contemporanea, e di grande rilevanza naturalistica: i Sassi di Simone e Simoncello, la cerreta più grande d’Europa, il Monte Carpegna. Come è nato il progetto? Dalla necessità di mettere in dialogo scuola, museo e territorio invitando le giovani generazioni a osservare, comprendere e vivere attivamente i luoghi, a individuare le risorse materiali e immateriali da utilizzare in modo innovativo e rispettoso, ad accrescere

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la consapevolezza dei valori e delle criticità che un contesto rurale può offrire, a esprimere i propri sogni e bisogni per il futuro. Un futuro che non sempre è facile intravedere in queste zone montane, per chi vive lontano da tutto, per chi sente di avere meno opportunità culturali, per chi pensa che i suoi sogni non potrà realizzarli qui. Un futuro di cui è importante prendersi carico, sia per il bene delle nuove generazioni, sia per la salvaguardia del territorio. Quali obiettivi avevate? Volevamo innanzitutto promuovere, negli studenti, un’idea di museo come luogo pubblico, di ricerca e in continua evoluzione; un luogo dove è possibile porsi domande per cercare insieme risposte, attraverso la condivisione dei saperi. Avevamo quindi l’intenzione di risvegliare in loro la curiosità e la capacità di visione attraverso l’esplorazione del paesaggio in cui vivono, stimolando un comportamento critico e propositivo verso il proprio contesto di vita, favorendo l’incontro intergenerazionale e il passaggio di memorie, e dando loro l’opportunità di diventare protagonisti della scena culturale locale.


Mi presento sono Paesaggio

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Tra ottobre e novembre 2015 si è svolta una serie di incontri preliminari che hanno coinvolto responsabili ed educatori del museo, docenti e amministratori della scuola, rappresentanti delle associazioni coinvolte, consigli di classe e rappresentanti dei genitori degli studenti. Tra febbraio e marzo 2016 i ragazzi e le ragazze sono stati impegnati nelle attività realizzate a scuola e a casa (ricerca negli archivi di famiglia e mappa di comunità), all’aperto sul territorio (esplorazione sul campo) e all’interno del museo (interpretazione del paesaggio). Tra aprile e maggio la rielaborazione dell’intera indagine, con l’allestimento della mostra finale. Infine, a chiusura del progetto, il gruppo di coordinamento si è riunito per la valutazione finale. Quali collaborazioni avete attivato? Oltre a rafforzare la collaborazione con le associazioni e gli enti che vivono e agiscono nel Parco, il progetto ha permesso a scuola e museo di entrare in stretto contatto con i protagonisti della vita rurale: agricoltori,

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allevatori, cacciatori, artigiani. Si è andata così a rafforzare l’idea di comunità educante che si stringe intorno alle nuove generazioni per dare loro tutti gli strumenti utili alla comprensione del territorio, nella speranza che esso possa divenire, in futuro, un luogo in cui investire energie culturali ed economiche. Quali metodi didattici avete adottato? La ricerca e il cooperative learning, l’educazione tra pari e il confronto in cerchio, la creazione di una mappa di comunità, l’escursione e la scoperta del territorio, l’osservazione da vari punti di vista, la narrazione collettiva e lo storytelling. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Le risorse logistiche e tecniche sono venute da privati, da associazioni e dall’amministrazione locale, oltre che da scuola e museo. Abbiamo utilizzato il trasporto gratuito garantito dai pulmini scolastici, il materiale tecnico per la realizzazione dei prodotti multimediali (computer, macchine fotografiche, videocamere, cavalletti), il materiale di cartoleria o di segreteria (taglierine, wifi, colle, forbici, carta e cartoncini). Tra le risorse logistiche vanno citate anche la disponibilità da parte dei privati per la visita di aziende, borghi e


Mi presento sono Paesaggio

luoghi naturali, e il volontariato che ha permesso la costruzione e l’allestimento della mostra.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Per costruire la mappa di comunità, ragazzi e ragazze hanno raccolto, a casa propria, dai nonni e dai vicini, alcuni materiali e informazioni sui temi del “mangiare”, del “lavorare” e dell’“abitare”. Hanno quindi delineato, attraverso un confronto tra di loro, un quadro dei punti di riferimento e dei luoghi di valore del loro paesaggio, senza escludere le criticità e le problematiche, ma lasciando aperte le domande sorte dalla discussione: perché si abita in queste zone? Perché, secondo i nonni, prima vivevano meglio? Perché un tempo si abitava più sparpagliati e ora concentrati? Perché ci sono molti luoghi abbandonati? Cosa c’è di bello nei nostri paesi? Che lavori si possono fare qui? Cosa pensa uno straniero quando arriva da noi? Cosa ci manca rispetto alla città? Come sarà il nostro futuro? Le tre ricerche tematiche condotte dagli alunni sono sfociate nella mostra multimediale “Mi presento sono Paesaggio”, che amplia

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l’offerta del Museo naturalistico di Pennabilli con testi, foto, audio, video e una proposta di visita guidata sui temi del paesaggio, gestita dagli studenti stessi. Come ne è stata data notizia all’esterno? I ragazzi hanno aperto e gestito un blog, pubblicando post e foto su Facebook, mentre il gruppo di coordinamento ha inviato numerosi comunicati stampa durante lo svolgimento delle attività. La notizia del progetto è stata trasmessa da alcuni quotidiani e da una rivista mensile locale che arriva gratuitamente a tutte le famiglie della Valmarecchia (tremila copie cartacee) e dal portale web “la Valmarecchia” che vanta una media di circa diciottomila visite mensili. Per l’inaugurazione della mostra gli studenti hanno realizzato una campagna divulgativa con: un centinaio manifesti affissi in bacheche e locali pubblici; tremila inviti consegnati casa per casa; cento inviti spediti via email a istituzioni, enti e associazioni; un migliaio di cartoline a disposizione nella mostra; cinquanta copie di un libricino che racconta le fasi del progetto. La mostra è stata inaugurata il 21 maggio 2016 in occasione della “Notte dei Musei e della Biodiversità”, festeggiata in tutta Europa e a Pennabilli con un evento organizzato dai


Mi presento sono Paesaggio

cinque musei locali e i CEAS della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con le associazioni locali e “Fattorie Aperte”. L’evento ha richiamato circa duecento persone per una notte di visite, letture e divertimento. I numerosi eventi che si svolgono nel territorio del Parco Sasso Simone e Simoncello hanno rappresentato un’ulteriore opportunità per promuovere la mostra, che nel periodo estivo ha avuto più di mille visitatori. Il video di documentazione dell’esperienza e il report redatto a fine progetto dal gruppo di coordinamento sono a disposizione di tutti gli interessati.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Indagando sul passato dei loro territori e sui riflessi di questo passato sul presente, i ragazzi hanno scoperto cose nuove, si sono confrontati sul senso di vivere in luoghi dispersi nei boschi, sono diventati più consapevoli delle opportunità e delle criticità che hanno di fronte. Se è vero quanto dice la “Convenzione europea del Paesaggio”, per cui esso è quella “porzione di territorio così com’è percepita dalle popolazioni che lo vivono”, la mostra finale presenta davvero

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il paesaggio abitato dai ragazzi che hanno partecipato a questo progetto, e con esso presenta loro stessi. In aggiunta, essi hanno avuto l’opportunità di trascorrere molti pomeriggi al museo per lavorare e per stare tra loro, hanno imparato a creare delle sequenze video e a montarle, a organizzare, promuovere, allestire una mostra, maturando un interesse inedito per il design, l’arte visiva e lo sviluppo di prodotti narrativi innovativi. Quali difficoltà? Le difficoltà, che comunque non hanno impedito la realizzazione del progetto, sono prevalentemente legate a fattori economici e temporali. Se le risorse di tempo e denaro fossero state superiori, avrebbero agevolato l’importante lavoro effettuato gratuitamente da professori, educatori del museo ed esperti. Riproporrete questa esperienza? Abbiamo intenzione di partecipare di nuovo al bando di “Io amo i Beni Culturali” con un progetto di outdoor education sui temi della biodiversità, per portare avanti i ragionamenti iniziati con gli studenti sull’importanza di studiare, osservare e valorizzare il paesaggio in cui si vive.


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villa saffi revival scuola:

museo:

studenti coinvolti:

link web/email:

Liceo scientifico statale “Fulcieri Paulucci di Calboli” di Forlì

Casa museo Villa “Saffi” di Forlì

4 classi per un totale di 86 alunni

• • • •

altri partner:

giovanna.ferrini@comune.forli.fc.it deanna.conficconi@comune.forli.fc.it raffaellasintoni@alice.it amadeiarmuzzi@alice.it

• Comune di Forlì, Servizio biblioteche (Unità fondi antichi, manoscritti e raccolte “Piancastelli”)

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Gli studenti del Liceo scientifico “Paulucci di Calboli” si sperimentano come attori in una serie di rievocazioni storiche che fanno rivivere l’epoca della Carboneria tra le stanze della Villa che fu di Aurelio Saffi a Forlì

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Villa Saffi Revival

studenti e a uno spettacolo diviso in quadri da ambientare in diversi punti della casa.

partenza Quale bene culturale avete scelto? Il bene culturale scelto è la casa museo Villa “Saffi”, di proprietà comunale, situata a pochi chilometri dal centro di Forlì. Il luogo in cui vissero gli ultimi anni di vita Aurelio Saffi e la moglie Giorgina Craufurd ha rivestito, prima e dopo di loro, un ruolo importante per tutti i personaggi famosi che l’hanno visitato e per gli eventi di cui è stato testimone nei primi decenni dell’Ottocento, quando ospitò varie riunioni carbonare. Nel linguaggio cifrato dei cospiratori antiaustriaci, infatti, la villa veniva indicata come “la vendita dell’amaranto”, dal colore delle sue pareti esterne. Come è nato il progetto? Il progetto è nato da un’idea della professoressa Anna Armuzzi, che conosce bene la Villa per esperienza diretta e da tempo accompagna le classi che vanno a visitarla. Notando come il luogo in città fosse poco conosciuto e avesse bisogno di un rilancio, ha coinvolto la collega Raffaella Sintoni, da anni responsabile del laboratorio teatrale della scuola. È nata, così, l’idea di una visita animata alla Villa, da affidare alle capacità recitative degli

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Quali obiettivi avevate? L’intento principale era suscitare negli studenti un interesse per l’attività, coinvolgendoli in un percorso di ricerca storica e di valorizzazione dei luoghi e dei personaggi simbolo della città, finora conosciuti solo in modo superficiale.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Il progetto ha avuto inizio con una riunione di coordinamento fra le insegnanti, seguita da contatti e telefonate con i responsabili del Comune e della Casa museo, per coordinare e decidere i rispettivi compiti; poi, con una circolare, si è data notizia a scuola, invitando gli studenti interessati a far parte di un gruppo di ricerca. Il 12 novembre 2015, in un incontro introduttivo, Roberto Balzani e Flavia Bugani, storici ed esperti del Risorgimento, hanno inquadrato il periodo da analizzare, dando utili indicazioni sul percorso da seguire per un’efficace ricerca storica e motivando gli studenti alla riscoperta dei valori e delle esperienze vis-


Villa Saffi Revival

sute da tanti illustri concittadini. Nel corso del mese di dicembre, a scuola e nella Biblioteca comunale “Aurelio Saffi”, gli studenti – divisi in quattro gruppi, uno per ognuno dei momenti-chiave del periodo storico da rappresentare – hanno letto, analizzato, riassunto e schematizzato il ricchissimo materiale reperito, approfondendo anche a casa, individualmente, i temi trattati. Sulla base di questo repertorio, la professoressa Sintoni ha scritto il copione. Nel mese di gennaio 2016 i rappresentanti dei partner del progetto – Comune di Forlì - Servizio biblioteche (Unità fondi antichi, manoscritti e raccolte “Piancastelli”) e Liceo “Paulucci di Calboli” – si sono incontrati di nuovo per definire le tappe di avvicinamento all’evento finale e i tempi per realizzarlo. Tra febbraio e marzo, a scuola, si sono svolti due incontri per lo sviluppo grafico della locandina. In parallelo, altri studenti del gruppo di ricerca hanno sistemato il materiale informativo raccolto, in modo da poter rispondere a eventuali domande del pubblico su quanto portato in scena e anche per realizzare dei poster da lasciare a Villa “Saffi”. Contemporaneamente, il gruppo di teatro, già formato dagli studenti interessati, ha cominciato le prove dell’animazione, lavorando sul copione. Il 23 marzo il gruppo

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ha effettuato una prima prova in loco per rendersi conto degli spazi e della loro gestione. Quali collaborazioni avete attivato? Oltre a quelle sopra menzionate si è attivata una collaborazione con l’Istituto scolastico “Alberti-Saffi”, in particolare con la sezione “Moda”, che ha prestato per lo spettacolo alcuni abiti ottocenteschi già realizzati cinque anni fa. La nostra iniziativa è stata inserita nel progetto “Invasioni Digitali”, che quest’anno ha scelto come luogo da invadere digitalmente, attraverso l’utilizzo dei social media, proprio Villa “Saffi”. La cooperativa “Macchine Celibi”, designata al servizio di guardiania della Casa museo, ha collaborato con il proprio personale qualificato, coadiuvando gli studenti nelle visite guidate. Infine, nei pomeriggi del 7 e dell’8 maggio, il Comitato di quartiere San Varano si è attivato per preparare un piccolo rinfresco offerto a tutti gli intervenuti. Quali metodi didattici avete adottato? Oltre che studiare individualmente, gli studenti sono stati coinvolti nel lavoro di gruppo e nelle attività condivise di ricerca e di laboratorio.


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Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? A scuola abbiamo usufruito di aule, palestra, computer e lavagne multimediali. Per gli spostamenti in auto diretti alla Biblioteca comunale e alla Villa “Saffi” abbiamo utilizzato le automobili dei genitori disponibili, degli insegnanti e degli allievi maggiorenni. Le riprese fotografiche e video dei primi incontri sono state realizzate con le videocamere di studenti e insegnanti, mentre per le prove generali e l’attività teatrale vera e propria ci siamo affidati alla copertura video garantita dall’Associazione “Sovraesposti” di Forlì, che ha poi provveduto a rielaborare tutto il materiale per la realizzazione del video finale.

arrivo

approfondimenti sui personaggi presentati, che si sono andati ad aggiungere al libretto contenente le informazioni storiche e il programma di sala. Come ne è stata data notizia all’esterno? La notizia dell’evento è circolata sui vari canali social (Facebook, Twitter e Instagram, anche nel circuito di “Invasioni Digitali”) ed è stata trasmessa tramite i comunicati stampa del Comune e del Liceo. L’evento è stato seguito dalla stampa e dai siti web di informazione locali (“Resto del Carlino”, “Forlitoday”) e minivideoclip sono comparsi in rete, sia grazie all’inserimento da parte di qualche intervenuto, sia attraverso il sito web del Comune.

valutazioni

Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Il prodotto finale è consistito in un’animazione teatrale che racconta quattro momenti della vita della casa: la rappresentazione è stata “messa in scena” nelle giornate del 6, del 7 e dell’8 maggio 2016, con un pubblico complessivo di più di trecento persone. Alla fine di ogni rappresentazione gli allievi hanno fornito agli intervenuti ulteriori

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Quali effetti positivi avete registrato? Molti di quelli che hanno assistito allo spettacolo hanno manifestato stupore per tutta la storia di cui questa casa è stata testimone, e si sono detti lieti di aver conosciuto qualcosa che ignoravano. Gli spettatori hanno capito che gli studenti erano entrati nell’atmosfera della casa e nello spirito dei personaggi, perché avevano svolto un graduale percorso di


Villa Saffi Revival

studio e di avvicinamento a temi importanti, che in loro hanno lasciato un segno. Come ha sintetizzato una ragazza che ha lavorato sia nel gruppo di ricerca che in quello teatrale: “Studiare, andare alla ricerca di informazioni sui personaggi storici, poi mettersi nei loro panni e infine ricevere i complimenti per il lavoro svolto è stata una gran bella soddisfazione!”. Quali difficoltà? Gli studenti del liceo sono sempre oberati di lavoro, quindi trovare le date che andassero bene a tutti non è stato facile e qualcuno non è riuscito a essere presente a tutti gli incontri. A volte le rispettive burocrazie – quella scolastica e quella dell’ente locale – hanno reso difficile realizzare in tempi rapidi cose già decise. Non si è avuto tempo, per esempio, di coinvolgere altri istituti scolastici: le giornate a disposizione non erano tante e nel periodo di fine anno scolastico è più difficile conciliare gli impegni di tutti. Riproporrete questa esperienza? C’è la volontà di riproporre lo spettacolo e comunque di non accantonare questo genere di attività didattica, assai praticata in ambito museale all’estero, ma meno sfruttata in Italia. La formula collaudata potrebbe essere

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il punto di partenza da cui far nascere un’esperienza continuativa di scuola-lavoro, utile da un lato agli studenti e, dall’altro, a tutti i cittadini curiosi di conoscere in modo piacevole il patrimonio culturale della loro città.


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nel volto di una città il cambiamento dell'uomo scuola:

archivio:

studenti coinvolti:

link web/email:

Liceo artistico “Dosso Dossi” di Ferrara

Archivio storico del Comune di Ferrara

3 classi per un totale di 75 alunni

• • • • •

altri partner:

• Istituto tecnico industriale “CopernicoCarpeggiani” di Ferrara • Archivio di Stato di Ferrara; Fondazione “Enrico Zanotti”, Ferrara; Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara

www.aleottidosso.gov.it www.fondazionezanotti.org www.iiscopernico.gov.it www.archiviodistatoferrara.beniculturali.it siafe.comune.fe.it

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Liceo artistico “Dosso Dossi” e Istituto tecnico industriale “CopernicoCarpeggiani” si uniscono per creare un videogame ispirato ai palazzi e ai monumenti di Ferrara indagati grazie agli archivi del Comune e dello Stato

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Nel volto di una città il cambiamento dell’uomo

partenza Quale bene culturale avete scelto? L’Archivio storico comunale e l’Archivio di Stato di Ferrara. Il primo – costituito da importanti complessi documentari, non solo di natura pubblica ma anche di tipo privato (archivi di famiglie e associazioni) – ha consolidato nel corso del tempo la sua configurazione di archivio di tradizione, recuperando nel 2008 le antiche serie del Fondo comunale antico, depositate durante il secolo scorso nell’Archivio di Stato. Ricomposta l’originaria unità, il patrimonio si è arricchito ulteriormente quando negli anni 2011-2013 ha acquisito gli archivi provenienti dal Centro di documentazione storica - Centro etnografico ferrarese. Dal 2006 è ubicato in una nuova e moderna sede, a fianco della Biblioteca comunale Ariostea, nell’ambito del cosiddetto “Polo delle carte”. L’Archivio di Stato di Ferrara è ospitato fin dal 1955, anno di istituzione, nel Palazzo Trotti Borghi, dove conserva archivi di uffici e di enti pubblici che hanno avuto sede nella circoscrizione dell’attuale provincia. Conserva anche archivi privati e documenti riguardanti parte del territorio di alcune delle attuali province limitrofe: il territorio di

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Lugo e Conselice compreso nella provincia di Ravenna, il territorio dell’Oltre Po compreso nella provincia di Rovigo, terre e castelli situati nelle province di Bologna, Modena e Reggio Emilia. Come è nato il progetto? Per far conoscere ai ragazzi del Liceo artistico “Dossi” i due archivi, e per scoprire, tramite l’osservazione della cartografia qui conservata, l’assetto urbanistico della città di Ferrara e il suo cambiamento nei secoli, soprattutto tra l’epoca medievale e rinascimentale. L’idea è partita da un piccolo gruppo di persone che aveva a cuore l’educazione dei giovani, estendendosi poi agli archivi: due realtà che tanto investono sulla cultura e sulla conservazione della memoria. In un secondo momento si è pensato di coinvolgere nel partenariato anche l’Istituto tecnico “Copernico- Carpeggiani” per la realizzazione di un videogioco interattivo. Quali obiettivi avevate? Volevamo promuovere il valore culturale ed educativo del patrimonio della nostra città attraverso lo studio della sua urbanistica e della sua storia. Il perseguimento di questo obiettivo ha permesso di collaborare e interagire in gruppo, valorizzando idee e capacità di ciascuno.


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attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Le classi del Liceo “Dossi” hanno svolto una prima fase di studio della cartografia conservata nell’Archivio storico comunale, nell’Archivio di Stato e nella Biblioteca comunale Ariostea; lo scopo era riconoscere e individuare edifici e monumenti storici di riferimento, sia per la parte medievale che per quella rinascimentale. Una volta acquisite queste informazioni, gli studenti, con l’aiuto degli insegnanti, hanno realizzato disegni e immagini relativi ai beni individuati. In questa fase intermedia è stata coinvolta una classe dell’Istituto tecnico “Copernico-Carpeggiani” (sezione informatica): gli studenti, grazie alle conoscenze informatiche di cui disponevano e grazie al supporto degli insegnanti, hanno inserito le immagini in un videogioco, combinandole con diversi giochi interattivi. Nella fase finale, il 6 maggio 2016, nell’ambito di “Quante storie nella Storia. XV Settimana della didattica in archivio”, la Biblioteca comunale Ariostea ha ospitato una giornata di presentazione del progetto e una prima visione del prodotto finale presentato dagli studenti delle due scuole coinvolte.

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Quali collaborazioni avete attivato? L’aspetto più significativo e insieme più complesso di questo progetto è stato proprio la creazione di una sinergia tra tutte le parti coinvolte. Punto di partenza, naturalmente, la straordinaria opportunità offertaci dagli archivi: poter uscire dalla routine abituale della storia studiata in classe, sul libro di testo, e far osservare ai ragazzi fonti storiche di grande valore. Non meno importante è stata la collaborazione tra due istituzioni scolastiche diversissime per vocazione e finalità, che attraverso studenti e docenti hanno messo a disposizione i loro “saperi” per un reciproco arricchimento. Infine, ma non per ultima, va citata la vicinanza costante della Fondazione “Zanotti”, che ha avuto l’arduo compito di coordinare lo sviluppo delle varie parti del progetto. Quali metodi didattici avete adottato? Gli allievi hanno seguito lezioni tenute dagli esperti degli archivi, arricchite dalla possibilità di poter osservare da vicino il materiale cartografico che documenta l’evoluzione urbana e territoriale di Ferrara. Successivamente è stata privilegiata l’attività laboratoriale, sia per gli studenti del Liceo artistico che dell’Istituto tecnico. In entrambe le scuole sono stati creati gruppi di lavoro con diverse competen-


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ze, dalla realizzazione delle illustrazioni alla progettazione informatica. Per il Liceo è stato inoltre necessario predisporre un percorso di alfabetizzazione di grafica computerizzata tenuto da un docente dell’Istituto tecnico. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Opere bibliografiche, siti internet, originali e riproduzioni di documenti di archivio, materiali da disegno, macchina fotografica digitale, videoproiettore, computer e scanner.

arrivo

Come ne è stata data notizia all’esterno? Il lavoro è stato presentato ufficialmente il 6 maggio 2016 nel corso di “Quante storie nella Storia. XV Settimana della didattica in Archivio”, presso la Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara. È stato pubblicizzato tramite materiale cartaceo promozionale distribuito alle scuole della città e del territorio, attraverso i social network e sui siti delle istituzioni coinvolte.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Gli obiettivi sono stati pienamente raggiunti: la collaborazione tra scuole, enti e realtà territoriali, in una forma del tutto nuova per questo tipo di progettazione, ha arricchito e stimolato le diverse attività svolte, potenziando le abilità e favorendo uno scambio di informazioni e competenze proseguibile nel tempo. I ragazzi delle due scuole interessate si sono sentiti valorizzati nel proprio talento e nella propria creatività: potendo incidere su un prodotto che poi sarà reso fruibile da un pubblico più vasto, si sono messi in gioco positivamente.

Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Il prodotto finale è un videogame, imperniato sul ritrovamento e sull’immediata distruzione del testamento di Biagio Rossetti da parte di un suo lontano parente: con questo pretesto narrativo ha inizio un viaggio nella storia di Ferrara attraverso i suoi monumenti più celebri. Il progetto sarà coronato da un video di presentazione e dalla pubblicazione, a cura dell’Archivio storico comunale, di un quaderno che conterrà il videogame e avrà una copertina illustrata dagli studenti del Liceo.

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Quali difficoltà? Più che altro quelle legate alle tempistiche, dal momento che la complessità del progetto ha previsto il coinvolgimento di tanti ragazzi e tanti soggetti: questo ha inevitabilmente comportato qualche difficoltà, sia nel gestire gli incontri, sia nel rispettare i tempi di ciascuna fase progettuale. Riproporrete questa esperienza? La scoperta delle potenzialità del lavoro di ricerca storica sulle fonti ha motivato studenti e docenti, che hanno manifestato l’intenzione di proseguire in futuro l’attività in archivio, individuando nuovi percorsi di ricerca. Ci auspichiamo inoltre che questa collaborazione congiunta tra diverse istituzioni scolastiche sia il punto di partenza per future progettazioni.

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volti e mani parlanti

l’interiorità dell’uomo attraverso le opere della Pinacoteca nazionale di Ferrara

scuola:

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studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto comprensivo “Alda Costa” di Ferrara - scuola secondaria di primo grado “Matteo Maria Boiardo” e scuole primarie “Alda Costa”, “Giovanni Battista Guarini”, “Alessandro Manzoni” 8 classi per un totale di 146 alunni

altri partner:

• Liceo classico statale “Ludovico Ariosto” di Ferrara • Archivio storico comunale di Ferrara; Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara; Centro audiovisivi del Comune di Ferrara; Musei di arte antica e storicoscientifici di Ferrara; MLB Home Gallery, Ferrara; Gruppo Musicoterapia, Ferrara; Associazione “Autori diari di viaggio”, Ferrara; “ARCH’è” - Associazione culturale “Nereo Alfieri”, Ferrara; “Videomaker”, Ferrara

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Pinacoteca nazionale di Ferrara

• scuole.comune.fe.it/2618/volti-e-maniparlanti • susanna.losciale@gmail.com • ga-esten@beniculturali.it

a n n o s c o la s t i c o 2 0 1 5 / 2 0 1 6


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Il progetto ha messo in contatto la Pinacoteca nazionale di Ferrara e gli alunni dell’Istituto comprensivo “Alda Costa”, coinvolgendoli nella lettura delle opere d’arte a partire dalle mani e dai volti dei personaggi ritratti

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Volti e mani parlanti

partenza Quale bene culturale avete scelto? Nelle sale del piano nobile di Palazzo dei Diamanti sviluppa il suo percorso figurativo la collezione permanente della Pinacoteca nazionale di Ferrara, che va dal Medioevo all’Ottocento. Già dalla fine del Settecento il Municipio cominciò a raccogliere un piccolo gruppo di dipinti, fra cui i celebri tondi di Cosmè Tura. I lavori nella chiesa di Santa Maria in Vado e le acquisizioni provenienti da altre chiese incrementarono la raccolta, che mirava a salvaguardare il patrimonio locale. Negli ultimi anni le mostre monografiche al piano terra hanno attirato l’attenzione del pubblico, anche per il loro impatto comunicativo. Per completare questa offerta culturale si vorrebbe estendere l’interesse alle opere del museo. Come è nato il progetto? Tre le motivazioni di partenza. La più evidente voleva “integrare” maggiormente museo e scuola e suscitare il senso della “proprietà” nei giovani ferraresi, non incrementando solo le visite ma anche l’utilizzo dello spazio museale. La seconda, meno immediata ma più pro-

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fonda, coltivava la speranza di attivare nel tempo una pratica di didattica museale. La terza, più affettiva, utile alla crescita interiore dell’alunno, sosteneva l’importanza di conoscere la grammatica delle emozioni, ovvero se stessi, attraverso i personaggi ritratti nei quadri. In tutti i casi si è voluto indicare agli studenti l’opera d’arte come manifestazione di un linguaggio non verbale, efficace e peculiare dell’uomo. Un linguaggio che, come quello musicale, supera i limiti della comunicazione verbale e permette la relazione fra identità e culture differenti. Quali obiettivi avevate? Volevamo che, alla fine del percorso, alunni e alunne coinvolti, oltre a conoscere meglio il museo, diventassero capaci di raccontare il proprio territorio attraverso l’arte e il paesaggio cittadino, di attivare la loro capacità di iniziativa, di cooperazione e di dialogo, di progettare, di educare lo sguardo all’arte e l’uso creativo di materiali e saperi, di confrontare la dimensione universale dell’opera d’arte con il vissuto e l’interiorità personali di ognuno.


Volti e mani parlanti

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Il progetto ha avuto avvio con la riunione in Pinacoteca dove sono stati presentati gli intenti da parte della referente e degli adulti partecipi. Anna Stanzani, al tempo direttrice di Palazzo dei Diamanti, ha tenuto alle insegnanti una lezione di storia dell’arte sul simbolismo dei gesti e delle espressioni nei dipinti. Iniziate le attività nelle classi, gli allievi dell’Istituto comprensivo “Alda Costa” hanno selezionato cinque pitture sulla base della loro valenza emozionale. Partendo dal particolare di un volto, di un gesto o di una postura, ognuno ha fatto la sua ipotesi sulla storia del personaggio o sul suono più adatto a rendere meglio l’atmosfera. In un secondo tempo sono stati approfonditi gli elementi del dipinto, la storia del pittore e della sua epoca. L’ultima parte dell’anno ha visto le classi diventare “officine”: luoghi dove, con spirito di iniziativa e lavoro di gruppo, si creava “qualcosa” per suscitare anche in altri l’interesse verso il bene culturale. Quali collaborazioni avete attivato? Gran parte della documentazione è stata se-

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guita e rielaborata in report e video da Maria Bonora, videomaker. La Biblioteca comunale Ariostea, con Angela Poli, ha curato una scelta di testi e libri d’arte sulla tematica delle mani, dei volti, dell’espressività artistica, poetica e teatrale di un’opera pittorica. L’Archivio storico comunale è intervenuto con il contributo dell’archivista Corinna Mezzetti, selezionando documenti su cui approfondire l’“avventurosa” storia del museo e quella di alcuni quadri. Beatrice Morsiani ha collaborato per il coordinamento delle attività del Servizio biblioteche e archivi. Il Liceo classico “Ariosto” ha fatto intervenire i suoi studenti nelle classi della scuola primaria, presentando la storia di alcune opere della Pinacoteca presenti già alla mostra allestita a Ferrara nel 1933 nell’ambito delle “Celebrazioni per il IV Centenario Ariostesco”. Silvana Onofri, di “ARCH’è” Associazione culturale “Nereo Alfieri”, ha introdotto l’analisi di riviste, testi, documenti e fotografie di opere attestanti fatti storici salienti, collegati alla stessa esposizione del 1933. Maria Livia Brunelli, curatrice della “MBL Home Gallery”, ha presentato il pittore Federico Zanzi di Ravenna per un confronto in chiave contemporanea sul tema del ritratto di famiglia. Il “Gruppo Musicoterapia” di Natasha Mazza,


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Giulia Murgia e Matilde Pirazzini ha portato la sua esperienza nel rappresentare emozioni, stati d’animo e sentimenti attraverso il suono, la musica e il movimento. L’Associazione “Autori di viaggio”, con Roberto Cariani, ha insegnato agli alunni una tecnica utile a fissare immagini e sensazioni: il disegno immediato dei luoghi visitati, tracciato nel carnet di viaggio. Il Centro audiovisivi del Comune di Ferrara, con il responsabile Daniele Donà, si è adoperato per le riprese in Pinacoteca e il montaggio delle scene preparate dagli alunni. Quali metodi didattici avete adottato? Le attività nelle classi sono state condotte come un laboratorio di ricerca e azione. Le insegnanti hanno privilegiato la discussione in classe sull’espressione artistica e musicale, il confronto di intergruppo, l’impegno individuale, l’addestramento per parlare in pubblico, l’ascolto corporeo per il controllo della propria postura nell’azione scenica, la stesura collettiva dei testi scritti e figurativi. La diversità di interessi ed età è diventata una ricchezza e, nella libertà delle scelte, gli studenti hanno valutato le risorse a disposizione, predisposto schemi di progetto, ragionato su successi e fallimenti.

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Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Gli spazi utilizzati per le azioni degli allievi sono stati gli ambienti scolastici, la Pinacoteca e le sedi dei partner. Gli spazi scolastici come l’aula, la palestra, l’atrio, l’aula computer e l’aula di musica sono stati adattati anche alle azioni sceniche. Le sale del museo sono state utilizzate per essere visitate e disegnate, come set per le riprese delle performance, per lo spot pubblicitario realizzato, per le tre giornate rivolte alle famiglie, per la proiezione dei video realizzati dalle classi e l’esposizione del materiale prodotto. Tra gli strumenti utilizzati: documenti storici originali e in copia, libri d’arte e di narrativa, strumenti musicali e oggetti sonori, carnet da disegno, materiali e oggetti per le scene teatrali, macchina fotografica per foto e riprese, lavagna interattiva multimediale, computer.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Nella Scuola secondaria di primo grado “Boiardo”, gli alunni della classe II D hanno indagato, nei dipinti scelti, la relazione fra le mani parlanti e la postura dei personaggi, facen-


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dola rivivere al pubblico attraverso il teatro delle ombre: i cinque quadri che raccontano il tempo dalla Natività alla Deposizione di Cristo sono stati reinterpretati dietro un telo bianco, a creare un’atmosfera onirica. La classe II C ha composto le musiche per l’azione teatrale con le ombre, condividendo le stesse opere per trovare suoni e musiche che stimolassero i differenti stati d’animo. La classe II E ha scritto un copione di interviste impossibili ad alcuni dei soggetti dipinti, di cui avevano approfondito la storia sui documenti d’archivio. Le classi della scuola primaria si sono concentrate sullo studio del viso e dei sentimenti delle figure ritratte, producendo disegni, schede sui quadri e scritti destinati all’azione pubblica finale. La classe V A della scuola “Guarini” ha inserito in nuovi contesti i personaggi dei quadri, scrivendo e disegnando una originale storia d’amore da rappresentare nel teatrino di carta giapponese “Kamishibai”. La classe IV A della scuola “Costa” si è allenata nello studio dei gesti, delle posture e dei visi, per produrre un video della performance teatrale con cinque tableaux vivants, accompagnato da brevi testi poetici. Le classi III A e III B della scuola “Manzoni” hanno prodotto dei primi piani con espressioni che classificano gli stati d’animo principali, arricchiti da riflessioni sui

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sentimenti. Tutti i quadri selezionati e i testi poetici scritti sono diventati materiale per una piccola guida della Pinacoteca. Come ne è stata data notizia all’esterno? Nel corso dell’anno, oltre che con i report interni e gli articoli usciti su quotidiani locali, il progetto è stato reso noto in città nel corso della rassegna “Quante storie nella Storia. XV Settimana della didattica in archivio” (Biblioteca comunale Ariostea, 5 maggio 2016) e nella mostra “Diari di Viaggio Ferrara Festival 2016” (Palazzo della Racchetta, 6-8 maggio). A conclusione del progetto, la Pinacoteca nazionale ha aperto le sale per accogliere i lavori ideati e realizzati dalle “classi/officine”, un doculibro ha raccolto le esperienze e, nel Salone d’onore della Residenza municipale, è stata allestita una mostra fotografica del percorso didattico. La documentazione è affidata ai video delle varie realizzazioni, ai copioni delle rappresentazioni e alla miniguida dedicata ai giovanissimi, “La ciliegina”, in cui le opere della Pinacoteca sono classificate per sentimenti.


Volti e mani parlanti

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Ogni percorso ha contribuito a fare della Pinacoteca un luogo di cui appropriarsi. Molti genitori hanno apprezzato soprattutto il modo in cui l’arte è stata vissuta dai figli: hanno dichiarato di aver “scoperto” il museo e di voler tornare a visitarlo con altri. In famiglia gli alunni hanno sentito di possedere un sapere in più, mentre in classe ognuno ha trovato uno spazio dove applicare le loro capacità. Tutto questo ha aumentato l’autostima e non solo: “fare” qualcosa per il bene culturale “è stato divertente”, hanno dichiarato. Quali difficoltà? I punti a favore del progetto, la complessità e la diversità degli “attori”, sono stati anche i più delicati da gestire. Coordinare le diverse forze e curarne l’organizzazione ha richiesto grande determinazione ed energia. Le insegnanti hanno avuto alcune esitazioni nell’integrare tempi e contenuti del progetto nel programma di classe e, d’altra parte, le variazioni e le uscite hanno rappresentato un onere per loro.

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Riproporrete questa esperienza? È possibile, se si formasse un gruppo di lavoro dedicato, sia da parte della scuola sia da parte del museo, per distribuire l’impegno e il carico del coordinamento.


Volti e mani parlanti

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Volti e mani parlanti

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storie di ragazzi e ragazze

Gli archivi raccontano la scuola di Bologna cento anni fa

scuola:

archivio:

studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto comprensivo statale 12 di Bologna - Scuola secondaria di primo grado “Luigi Carlo Farini”

Archivio storico del Comune di Bologna

7 classi per un totale di 175 alunni

• • • •

altri partner:

www.ic12bo.it youtu.be/t5X07VnNDJg caterina.taglioni@ic12bo.istruzioneer.it asc@comune.bologna.it

• Museo civico del Risorgimento di Bologna

anno scolastico 2015/2016 73


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Indagando nel loro archivio scolastico e nell’Archivio storico comunale, gli studenti dell’Istituto comprensivo 12 di Bologna ricostruiscono, in un video, le vicende dei loro coetanei di cento anni fa, quando c’era la Grande Guerra

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Storie di ragazzi e ragazze

partenza Quale bene culturale avete scelto? L’archivio delle Scuole “Farini-Viscardi”, in particolare la sua sezione più antica, risalente ai primi anni del Novecento, che conserva la documentazione della Scuola tecnica maschile “Eustachio Manfredi”. Con il nostro progetto abbiamo avviato il riordino di questo fondo, che raccoglie il protocollo e i registri delle classi, degli insegnanti, degli esami di licenza e di ammissione. La ricerca è partita dagli anni della Grande Guerra, per rendere omaggio al centenario analizzando le ripercussioni di questo tragico conflitto sulla vita scolastica degli alunni e delle loro famiglie. L’esame della ricca documentazione sulle scuole bolognesi conservata nell’Archivio storico comunale di Bologna ci ha aiutati a ricostruire la storia della Scuola “Manfredi” e a capire quali discipline studiavano le ragazze in quegli stessi anni, esaminando in particolare i documenti della Scuola tecnica femminile “Properzia de’ Rossi”. La collaborazione con il Museo civico del Risorgimento, infine, è servita a inquadrare meglio il contesto cittadino durante gli anni della Prima guerra mondiale e a trovare informazioni sugli alunni della scuola che parteciparono al conflitto.

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Come è nato il progetto? Dalla necessità di far comprendere ai nostri alunni l’importanza dei documenti d’archivio, e di fargli conoscere, attraverso le vecchie carte, le storie di tanti studenti come loro, spesso della stessa età, vissuti cento anni fa. I registri, le pagelle, le circolari raccontano in fondo storie di ragazzi: parlano degli alunni del passato e delle loro famiglie, della loro appartenenza sociale e delle materie che studiavano a scuola. Raccontano aspetti quotidiani e spesso poco conosciuti della storia della nostra città e dei cambiamenti delle istituzioni scolastiche in Italia. Quali obiettivi avevate? Volevamo stimolare gli alunni a riflettere sull’importanza di conservare i beni culturali, utilizzando i linguaggi a loro più familiari, soprattutto quello informatico e visivo, ma anche potenziando le loro competenze sulla lettura critica delle fonti storiche e le loro abilità espressive. Durante il percorso i ragazzi hanno potuto sperimentare la loro capacità di analizzare, di cooperare nei lavori in piccolo gruppo, di progettare in modo condiviso.


Storie di ragazzi e ragazze

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Dopo gli incontri introduttivi sull’importanza dei documenti di archivio e sulla storia della Prima guerra mondiale – tenuti a scuola, all’Archivio storico del Comune di Bologna e all’Archivio del Museo civico del Risorgimento – ragazzi e ragazze hanno esaminato, nell’archivio scolastico, i registri delle classi negli anni dal 1914 al 1918, digitalizzando i dati ed elaborando graficamente le analisi statistiche; hanno quindi analizzato il protocollo per gli anni 1915-1918 e trascritto tutte le informazioni relative al conflitto. Le uscite didattiche negli archivi del Comune e del Museo hanno permesso approfondimenti sul Collegio “Ungarelli” (dove risiedevano gli alunni provenienti dalla campagna), sull’istruzione femminile (con l’analisi dei materiali relativi alla Scuola tecnica “de’ Rossi”) e sugli studenti della Scuola tecnica “Manfredi” partiti per il fronte. Nel Centro sociale “Santa Viola”, utilizzando arredi d’epoca, è stata ricostruita un’aula scolastica della prima metà del Novecento. A questo punto gli studenti erano pronti a rievocare, tramite scrittura e video, le

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storie di alcuni coetanei dei tempi della Grande Guerra: vicende di soldati partiti e non ritornati, o di alunni che in seguito sono diventati importanti, come Bruno Cavalieri Ducati o Angelo Schiavio. Dopo le lezioni curate dal regista Gabriele De Pasquale, hanno effettuato le riprese sui luoghi visitati e le videointerviste sui progressi del loro lavoro. Quali collaborazioni avete attivato? Oltre che con i partner del progetto più volte citati e il regista Gabriele De Pasquale, che ha curato il montaggio e la regia del videodocumentario finale, abbiamo collaborato: • con l’associazione “Gli anni in tasca”, che ha effettuato incontri introduttivi sulla Grande Guerra, proiettando spezzoni di film e documentari (nell’ambito del progetto “L’altra faccia della Storia. Prima guerra mondiale - La tragedia dietro la retorica”, promosso dalla Regione Emilia-Romagna); • con la professoressa D’Ascenzo, che in una riunione preliminare con i docenti ha fornito un primo inquadramento sulla scuola agli inizi del Novecento; • con il Centro “Santa Viola” e il Coro alpino “Leone” per l’organizzazione della serata finale: il primo ha prestato molti dei


Storie di ragazzi e ragazze

materiali esposti, il secondo ha contribuito alla scelta dei brani da proporre al pubblico.

arrivo

Quali metodi didattici avete adottato? Laboratori di lettura e interpretazione delle fonti, attività di scrittura creativa con rielaborazioni individuali e in gruppo, uso delle tecnologie informatiche per la consultazione dei siti e per la ricerca di immagini e filmati d’epoca, per lo scambio di materiali e per la lettura dei dati statistici. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Il database sulla Grande Guerra contenuto nel sito “Storia e Memoria di Bologna” (curato dal Museo civico del Risorgimento), la piattaforma web della scuola per la condivisione dei dati e dei materiali raccolti, i materiali professionali per le riprese e le registrazioni audio del regista Gabriele De Pasquale, i dispositivi di proprietà della scuola o degli studenti: computer, lavagne interattive multimediali, tablet, videocamere.

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Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Oltre al videodocumentario finale – in cui sono confluite le interviste ai ragazzi sui risultati del loro lavoro, i loro testi sulle storie dei protagonisti e le immagini di Bologna agli inizi del Novecento selezionate dal web – gli studenti hanno realizzato presentazioni audiovisive sullo svolgimento del progetto e sui principali temi storici affrontati e hanno sperimentato l’allestimento di un’aula scolastica degli inizi del Novecento con arredi originali e oggetti d’epoca. Come ne è stata data notizia all’esterno? Gli esiti del progetto sono stati illustrati dai ragazzi, nel Museo civico del Risorgimento di Bologna, il 4 maggio 2016, durante la rassegna “Quante storie nella Storia. XV Settimana della didattica in archivio”. A conclusione del lavoro si è svolta una serata nella Scuola “Farini”, con interventi di contenuto storico riportati dagli alunni e con l’esecuzione di brani della Grande Guerra cantati e suonati insieme al Coro alpino “Leone”. I due eventi sono stati promossi attraverso i siti internet dell’Istituto comprensivo 12, dell’Archivio storico del Comune e del


Storie di ragazzi e ragazze

Museo civico del Risorgimento. Entrambe le iniziative, aperte alle famiglie e al territorio, hanno visto una notevole partecipazione di pubblico. L’Archivio storico ha pubblicizzato gli incontri con gli studenti della Scuola “Farini” nella sua pagina Facebook, corredandoli con immagini, fotografie e notizie.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti e, nonostante la natura apparentemente un po’ ostica dei documenti a nostra disposizione, i ragazzi hanno mostrato un interesse crescente e un notevole impegno. Hanno affinato le loro capacità di lettura delle fonti scritte e visive e hanno affrontato lo studio di un periodo storico difficile con grande partecipazione, grazie alla possibilità di immedesimarsi nei protagonisti dei documenti che andavano esaminando. Si sono sentiti partecipi di un progetto di largo respiro, importante, nel quale mettersi alla prova, ciascuno con le proprie attitudini e capacità. La possibilità di lavorare molto spesso in gruppo ha aiutato anche i ragazzi in maggiore difficoltà a sentirsi coinvolti, e le diverse attività previste dal progetto hanno

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Storie di ragazzi e ragazze

dato a tutti la possibilità di partecipare. Anche per noi docenti l’esperienza è stata costruttiva: abbiamo lavorato davvero tanto, ma insieme, condividendo le finalità del progetto e affrontando di volta in volta le difficoltà. Quali difficoltà? La grande mole dei documenti da esaminare ci ha messi a dura prova: i ragazzi hanno dovuto affrontare la lettura di una grafia per loro davvero difficile da decifrare e i tempi di realizzazione del progetto sono stati piuttosto incalzanti. Riproporrete questa esperienza? Abbiamo intenzione di proseguire il lavoro di riordino e valorizzazione del nostro archivio scolastico, con un impegno almeno triennale, a partire dagli anni dell’epoca fascista. Nella scuola sarà presto allestito uno spazio flessibile, multifunzionale, dove si potranno svolgere attività di laboratorio con l’ausilio delle nuove tecnologie: la lettura delle fonti storiche e dei materiali d’archivio troverà quindi un luogo congeniale. Sarà un’occasione per sperimentare metodologie didattiche inedite e percorrere nuove strade nella conoscenza e valorizzazione del nostro patrimonio culturale.

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Storie di ragazzi e ragazze

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Storie di ragazzi e ragazze

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carducci e i giovani tra bologna e il mondo scuola:

museo:

studenti coinvolti:

link web/email:

Centro per l’istruzione degli adulti metropolitano di Bologna

Casa Carducci di Bologna

11 classi per un totale di 100 alunni

• goo.gl/US9KF3 • maria.verdi2013@gmail.com

altri partner:

• Istituto professionale statale per l’artigianato e i servizi “Aldrovandi-Rubbiani” di Bologna • Museo giardino geologico “Sandra Forni” della Regione Emilia Romagna, Bologna; Museo civico del Risorgimento di Bologna; Orto botanico ed erbario dell’Università di Bologna; Compagnia Teatro dell’Argine, San Lazzaro di Savena (Bologna); Quartiere Santo Stefano, Bologna

anno scolastico 2015/2016 83


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Il monumento a Carducci, nel giardino della sua casa bolognese, diventa un’occasione di conoscenza e scambio per studenti che provengono da altri paesi e frequentano il Centro per l’istruzione degli adulti

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Carducci e i giovani tra Bologna e il mondo

partenza Quale bene culturale avete scelto? Casa Carducci, con il suo museo e il suo giardino memoriale, sono stati i luoghi di apprendimento attivo scelti dagli studenti del Centro per l’istruzione degli adulti metropolitano di Bologna (CPIAM). Lo spazio verde ai lati della casa di Giosuè Carducci fu trasformato in giardino già nella prima metà dell’Ottocento. Il monumento al poeta, realizzato dallo scultore Leonardo Bistolfi e inaugurato nel 1928, è una delle sculture liberty più belle d’Italia e svetta bianco e monumentale tra il fogliame delle piante amate dall’autore che celebrò il “verde melograno, da’ bei vermigli fior”. Nel giardino vivono ancora gli alberi e i cespugli che lo scrittore vedeva quotidianamente – la vite, il fico, le edere, i viburni, i cipressi, i sambuchi, i bagolari, il nespolo – e altri scelti in base a criteri simbolici evocativi e cromatici: ippocastani, pioppi, ginko biloba, aceri campestri, allori, bossi, rose, bignonie e glicini addossati alle antiche mura. Come è nato il progetto? Dal bisogno di fare entrare dei nuovi cittadini, quali gli studenti del CPIAM sono, nel contesto

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culturale e storico della città in cui vivono, studiano e lavorano. Sono studenti provenienti da vari continenti – Africa, America, Asia, Europa – con storie di vita diverse e nello stesso tempo simili, perché tanti di loro sono scappati dai propri paesi a causa di guerre, persecuzioni e difficoltà economiche. Per questi ragazzi tutto è nuovo e tutto ha valore: sono desiderosi di apprendere e di conoscere ciò che vedono camminando, girando in bicicletta o in autobus. A Bologna abbiamo la dimora in cui ha abitato per anni il nostro primo premio Nobel per la letteratura: perché non andare a trovare Giosuè Carducci a casa sua? Perché non entrare in quello scrigno di libri e di quotidianità domestica? Perché non esplorare quel giardino bellissimo che vediamo sempre al di là della cancellata? Il poeta era inserito nel suo tessuto cittadino, ha insegnato nell’ateneo felsineo, ma ha viaggiato in Italia e ha fatto parte integrante della sua storia risorgimentale. Viaggiare con lui ci ha permesso di esplorare, insieme all’arte e alla musica del suo tempo, anche le vicende, i paesaggi e le trasformazioni di questo angolo di mondo, dove questi studenti e nuovi cittadini vivono e dove hanno intenzione di rimanere.


Carducci e i giovani tra Bologna e il mondo

Quali obiettivi avevate? Diversi ma sintetizzabili in poche parole: far sì che i partecipanti diventassero consapevoli. Consapevoli del patrimonio culturale artistico e storico che si trova in città e del suo significato, per poterlo comprendere, apprezzare, rispettare e salvaguardare. Consapevoli del patrimonio culturale del proprio paese di provenienza. Consapevoli di essere cittadini attivi e responsabili a tutti gli effetti.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Siamo partiti a ottobre 2015 affrontando il periodo storico in cui è vissuto Giosuè Carducci e la lettura di alcune sue poesie, che ci hanno portati a riflettere e a scrivere su alcuni temi universali: il significato dell’infanzia, l’amore per la propria terra, l’esperienza del viaggio, la sofferenza per la morte delle persone amate. Abbiamo quindi approfondito la conoscenza botanica degli alberi, delle piante e dei fiori nominati nelle poesie, nonché l’aspetto litologico dei minerali con cui è stato realizzato il complesso monumentale liberty del giardino di Casa Carducci, dove si sono

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svolte le prove dello spettacolo teatrale previsto a conclusione del progetto (maggio 2016). Le attività si sono svolte in aula (nelle singole classi e a classi congiunte), nel Museo civico del Risorgimento, nel Museo giardino geologico “Sandra Forni” della Regione Emilia-Romagna e nell’Orto botanico ed erbario dell’Università di Bologna. Quali collaborazioni avete attivato? Abbiamo collaborato positivamente con tutti i partner indicati nel progetto. Quali metodi didattici avete adottato? Sono state utilizzate lezioni laboratoriali e visite guidate, mettendo a frutto la didattica attiva e partecipata e l’apprendimento cooperativo, con rielaborazione delle esperienze, sia orale che scritta. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Le aule del CPIAM, le lavagne interattive multimediali, microfoni e mixer per lo spettacolo.


Carducci e i giovani tra Bologna e il mondo

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? L’esito del progetto è stato uno spettacolo teatrale, con prova generale il 18 maggio nel Giardino di Casa Carducci e rappresentazione spostata nella sede del CPIAM a causa del maltempo. Questo imprevisto ci ha dato l’opportunità di sperimentare due spettacoli davvero diversi perché effettuati in sedi logistiche molto differenti. La versione “rimediata” si è rivelata sorprendente: grazie alla maestria di Deborah Fortini, regista dello spettacolo, l’aula scolastica è stata trasformata in un accogliente piccolo teatro. Il risultato è stato suggestivo e commovente e gli studenti sono rimasti molto soddisfatti del lavoro compiuto. Oltre all’opuscolo illustrativo, al video di documentazione e alle locandine promozionali, relativi allo spettacolo, grazie al Museo giardino geologico “Sandra Forni” della Regione Emilia-Romagna è stata realizzata una mappa geopoetica che collega, per assonanze, le poesie di Carducci a quadri e musiche del periodo. Come ne è stata data notizia all’esterno? Lo spettacolo è stato promosso con la diffusione dell’opuscolo illustrativo e delle locandine,

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su carta e on line, presso le Biblioteche comunali, il Comune di Bologna, le sedi dei partner coinvolti, il Quartiere Santo Stefano, la Regione Emilia-Romagna e vari istituti scolastici. La mappa geopoetica è stata diffusa on line attraverso i siti web dei partner.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Gli studenti hanno acquisito maggiore stima di sé, maggiore sicurezza nell’esporre i loro pensieri e nel relazionarsi con gli altri. Hanno dimostrato a sé stessi e al pubblico (che non li conosceva) di saper portare a termine un lavoro comune, in cui ognuno è stato indispensabile. Fare ridere e commuovere, e quindi essere capiti in italiano, ha dato loro molta soddisfazione e anche questo è un obiettivo raggiunto pienamente con il laboratorio di teatro: l’apprendimento espressivo della lingua. Le attività laboratoriali hanno reso familiari le istituzioni cittadine, che sono diventate accessibili, fruibili e conosciute dagli studenti. All’esame per il conseguimento del titolo conclusivo del primo ciclo d’istruzione molti di loro hanno parlato anche di questo progetto, che li ha visti protagonisti attivi e capaci.


Carducci e i giovani tra Bologna e il mondo

Quali difficoltà? Alcune difficoltà burocratiche con l’ufficio relazioni con il pubblico del Quartiere Santo Stefano per l’utilizzo dello spazio pubblico nel giardino e in piazza Carducci. Ostacoli superati con la collaborazione di Casa Carducci, della Compagnia Teatro dell’Argine e dell’Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna. Riproporrete questa esperienza? Prevediamo di sì. Le collaborazioni con i partner procedono. Abbiamo lavorato bene insieme, in modo collaborativo, produttivo e innovativo: tutti hanno dimostrato grande professionalità didattica e capacità di accoglienza e relazione.

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cento orti e venti mulini un canale romagnolo da (ri)scoprire

scuola:

archivio:

studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto comprensivo 7 di Imola (Bologna)

Archivio del Consorzio di miglioramento fondiario degli utenti del Canale dei Molini di Imola e Massalombarda

12 classi e 2 gruppi classe per un totale di 400 alunni

• www.ic7imola.gov.it/categorie03. asp?id=460 • annagarbesi@gmail.com • berticeronil@gmail.com • antonellamartelli64@gmail.com

altri partner:

• Istituto tecnico agrario e chimico “Scarabelli-Ghini” di Imola • Archivio storico comunale di Imola; Musei civici comunali di Imola; Associazione “Arte.Na” di Imola; Associazione “ScienzAE” di Imola

menzione speciale

Assessorato agricoltura Regione Emilia-Romagna

anno scolastico 2015 -2016 93


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Gli alunni dell’Istituto comprensivo 7 di Imola si sono immersi nei documenti conservati dall’Archivio storico del Canale dei Molini, per raccontare il valore di un’opera idraulica millenaria

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Cento orti e venti mulini

partenza Quale bene culturale avete scelto? Il progetto ha voluto valorizzare un’opera idraulica millenaria: il Canale dei Molini di Imola e Massalombarda, parte integrante della bonifica e dello sfruttamento del territorio rurale. Le origini sembrano romane e risalirebbero al II secolo avanti Cristo: fu realizzato probabilmente durante la centuriazione della zona a fianco della Via Selice, per portare prodotti agricoli al Portus Silicis (Conselice). Abbandonato in seguito alle invasioni barbariche, venne poi ripristinato dai monaci benedettini intorno all’anno Mille. Il primo documento che ne attesta l’esistenza è un rogito notarile del 1258 in cui il vescovo cede ogni diritto sul Canale al Municipio di Imola. Con il tempo l’opera ha cambiato le sue funzioni, ma non la sua importanza, legata alle produzioni orticole e seminative tipiche degli orti e dei campi limitrofi, e alle attività industriali collegate al passaggio delle acque: macinazione e produzione di energia idroelettrica, lavaggio del bucato. Il Canale dei Molini è alimentato dal fiume Santerno, nove chilometri a monte della città, in località Codrignano; scorre da sud a nord fino a

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Imola, dove si separa in due rami che si ricongiungono a valle della città; in prossimità del molino Volta devia verso Bubano, quindi si immette nel Canale di Massa Lombarda e arriva a Conselice. Come è nato il progetto? Dalla collaborazione tra le scuole dell’Istituto comprensivo 7 di Imola, l’Archivio del Consorzio di miglioramento fondiario degli utenti del Canale dei Molini di Imola e Massalombarda, e gli istituti culturali comunali: l’Archivio storico, l’Archivio “Tozzoni” e i Musei civici. Volevamo valorizzare un bene a favore della comunità imolese che l’ha in parte dimenticato: il tracciato cittadino oggi è parzialmente interrato, molti mulini sono privati, alcuni sono stati abbattuti per pericolo di crollo e, oramai, il nome viene associato più che altro alla pista ciclabile che corre parallela al canale. Quali obiettivi avevate? L’intento era capitalizzare un’esperienza educativa utile allo sviluppo delle identità culturali di ciascuno studente, valorizzando il bene scelto e garantendone una conoscenza approfondita attraverso la capacità di “lettura” critica delle fonti d’archivio e museali, fino a realizzare un progetto condiviso, pianificato dagli studenti stessi.


Cento orti e venti mulini

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Siamo partiti analizzando il patrimonio materiale: lo strumentario e i macchinari dei mulini, l’intervento dell’uomo nell’opera di canalizzazione, le forme del paesaggio. Per passare poi al patrimonio immateriale: sono stati indagati i toponimi, i saperi e le pratiche

legati all’artigianato e all’agricoltura, le attività domestiche, le coltivazioni tradizionali. Tra novembre 2015 e marzo 2016 i ragazzi hanno effettuato visite guidate con il personale di “Arte.Na” e dei Musei civici imolesi lungo il corso del Canale, analizzando documenti d’archivio, mappe catastali, piante topografiche e storiche, presso l’Archivio del Consorzio del Canale dei Molini, l’Archivio comunale imolese e l’Archivio “Tozzoni”. Hanno poi visitato l’unico manufatto ancora funzio-

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nante lungo la Via Selice, il Molino Volta. Da marzo 2016, nel cortile della Scuola primaria e secondaria di primo grado “Ponticelli”, hanno iniziato a coltivare nelle aiuole i prodotti tipici dei “cento orti” che circondavano Imola e usufruivano dell’acqua del Canale. Tra marzo e aprile, in ogni classe si sono affidati compiti e ruoli diversificati per le uscite sul territorio: osservazione “in presenza”, raccolta di informazioni, impressioni, testimonianze. Gli studenti hanno documentato in prima

persona le esperienze con disegni, schizzi, fotografie, registrazioni, interviste. I ragazzi della secondaria di secondo grado hanno curato l’aspetto storico-agricolo, analizzando, nelle carte d’archivio, le produzioni e le rendite di alcuni poderi posti lungo il Canale e ricostruendo il mondo rurale tra Sette e Ottocento. Quali collaborazioni avete attivato? Diverse associazioni hanno contribuito: “Arte. Na” per l’ambito storico-artistico, “LabFilm”


Cento orti e venti mulini

per la produzione del videodocumentario, “ScienzAE” per lo studio delle tecnologie e dell’energia idraulica nel funzionamento dei mulini, “FABLab” per la progettazione e stampa dei gadget a laser, “Canterini romagnoli” per i canti delle lavandaie. È stata inoltre utilissima la consulenza di storici locali come Giorgio Zavaglia e Venerio Montevecchi, oltre alle testimonianze degli ultimi mugnai di Santa Cristina (la signora Cani). Importante è stato inoltre l’aiuto del

quello operativo e laboratoriale. Le fonti archivistiche sono state selezionate con l’aiuto di esperti, lette e interpretate secondo schemi/domande-guida. Nelle classi si è attuato un approccio narrativo con storyline, a partire da preconoscenze e domande-intervista (laboratorio con esperto, visita guidata) e un approccio di gruppo (aiuto reciproco, apprendimento cooperativo, apprendimento tra pari) a partire da problematiche definite (laboratorio in classe di analisi delle fonti,

personale docente di sostegno e quello degli educatori del progetto “Antidispersione” e dell’associazione “Officina Immaginata” impegnati nei laboratori comunali di integrazione disabili: hanno concorso con attività manipolative, ludico-comunicative e orticole.

organizzazione delle informazioni da fonti ed extrafonti, fino alla restituzione collettiva orale o scritta).

Quali metodi didattici avete adottato? Abbiamo coniugato i curricoli specifici di materia (ambito antropologico, espressivo, scientifico-tecnologico) con il “terzo sapere”,

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Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? I ragazzi hanno utilizzato strumenti informatici e multimediali, operando direttamente su fonti documentarie e archeologiche, e rielaborando le conoscenze apprese con differenti tecniche artistiche, espressive e documentali.


Cento orti e venti mulini

I laboratori artistici, realizzati grazie alla disponibilità degli operatori di “Arte.Na” e del personale dei Musei civici, sono stati portati a termine grazie alla fornitura di piastrelle a biscotto da parte della Cooperativa ceramica di Imola e alla collaborazione con lo studio artistico “Bertozzi-Dalmonte” e l’esperta ceramista Lorena Maria Cabal Lopez. Le stampanti laser del laboratorio “FABLab” hanno permesso la realizzazione in legno dei mulini in scala e dei gadget distribuiti

durante l’evento conclusivo. Per la stampa dei pannelli informativi, la realizzazione del videodocumentario e della pubblicazione finale ci siamo avvalsi di sponsor: Fondo del Consorzio, Con.Ami e Fondazione della Cassa di Risparmio di Imola.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Ogni gruppo o classe ha progettato un prodotto finale: una serie di piastrelle ceramiche dipinte a tema con relativo QR code di documentazione, un videodocumentario con interviste ai principali esperti della storia del Canale, alcune presentazioni audiovisive del percorso svolto.

Le classi quarte della primaria hanno preparato la “colonna sonora” dell’evento con canzoni delle lavandaie in dialetto romagnolo. Le classi terze della secondaria di primo grado hanno costruito dei mulini a ruota orizzontale e verticale in scala e il dispositivo di funzionamento di una centrale idroelettrica. Come ne è stata data notizia all’esterno? Il 31 maggio 2016, nella Rocca Sforzesca

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di Imola, è stato realizzato un evento per presentare alla cittadinanza i frutti del progetto e il riallestimento della mostra a pannelli organizzata dal Comune nel 1989 per illustrare la storia del Canale. La mostra e il video sono stati riproposti anche in occasione della “Fiera agricola del Santerno” (17-19 giugno 2016). Per l’autunno si prevede l’installazione delle piastrelle e dei relativi QR code presso la Casa di Guardia a Codrignano, dove prende avvio il Canale

Quali effetti positivi avete registrato? Al progetto hanno partecipato ben 400 ragazzi, che non hanno solo acquisito nuove conoscenze, ma anche dato un apporto personale, progettuale e persino volontario per gli appuntamenti in orario extracurricolare. Il loro contributo creativo è stato fondamentale per rendere il progetto

dei Molini. È in preparazione anche una conferenza sulla storia del Canale, durante la quale sarà presentato il volume che riassume gli esiti delle attività svolte dagli studenti. La promozione degli eventi si è svolta tramite il canale social del Consorzio, il sito della scuola capofila e la stampa giornalistica.

più efficace, formativo e valido sul piano della comunicazione. Gli apprezzamenti da parte della cittadinanza presente all’evento finale sono stati alquanto positivi, così come la partecipazione del pubblico durante la “Fiera agricola del Santerno”.

valutazioni

Quali difficoltà? Innanzitutto il numero piuttosto elevato dei docenti e delle classi da coordinare: ben 16.

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Cento orti e venti mulini

Inoltre i finanziamenti della scuola hanno coperto solo parzialmente l’orario svolto dai docenti, per cui il monte ore previsto è lievitato notevolmente. Alcuni di essi, che avevano dato una prima adesione, hanno poi dovuto abbandonare il progetto per impegni curricolari più gravosi. La documentazione dei differenti percorsi didattici è assai difforme: la pubblicazione conclusiva avrà anche lo scopo di uniformarne le modalità di presentazione. La partecipazione all’evento finale, infine, è stata al di sotto delle aspettative, sia perché è mancata in alcuni docenti una piena comprensione delle sue finalità, sia perché la data prevista, il 31 maggio, coincideva, per alcune classi, con il periodo di preparazione all’esame di maturità o di stage scuola-lavoro. Riproporrete questa esperienza? L’educazione al patrimonio è parte integrante della nostra offerta formativa, per cui l’esperienza verrà riproposta anche nei prossimi anni, ma riducendo il numero dei docenti e delle classi partecipanti e facendo tesoro delle difficoltà incontrate.

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nel meraviglioso mondo delle piante dimenticate scuola:

archivio:

studenti coinvolti:

link web/email:

Scuola secondaria di primo grado “Galileo Ferraris” di Modena

Archivio storico del Comune di Modena

32 classi per un totale di 90 alunni

• www.scuolamediaferraris.gov.it/ category/io-amo-i-beni-culturali/ • menziani@gmail.com • franca.baldelli@comune.modena.it

altri partner:

• Scuola primaria “Carlo Collodi” di Modena (XI circolo); Scuola primaria “San Giovanni Bosco” di Modena (VII circolo) • Associazione “Città & Scuola”di Modena; Consorzio della Bonifica di Burana, Modena; Biblioteca Estense Universitaria di Modena; Società dei naturalisti e matematici di Modena; Museo universitario Gemma 1786 di Modena; Orto botanico Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia; Accademia nazionale di scienze lettere e arti di Modena; Centro museale di Montecuccolo, Pavullo (Modena); Azienda agricola di Gabriele Zannini “Luppolo autoctono di Marano sul Panaro” (Modena)

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Esplorando il secolare Archivio del Comune di Modena, gli alunni delle scuole “Ferraris”, “Collodi” e “San Giovanni Bosco” hanno cercato nel presente le tracce della vegetazione di un tempo, sperimentandone gli utilizzi

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Nel meraviglioso mondo delle piante dimenticate

partenza Quale bene culturale avete scelto? L’Archivio storico comunale di Modena: con quasi un millennio di ininterrotta documentazione dell’attività politica e amministrativa, è il più importante fondo affidato a un comune in Emilia-Romagna. L’Archivio – che conserva anche documentazione relativa all’ambiente, al paesaggio, alle vie di comunicazione, alle arti e alle corporazioni, e dagli anni Settanta del Novecento svolge attività didattica – ci ha permesso di realizzare la nostra ricerca sulle piante “dimenticate” del territorio modenese, studiate nella loro relazione con l’agire storico dell’uomo. Con il termine “dimenticate” non abbiamo inteso solo le specie vegetali scomparse o via via divenute marginali, ma, in un’ottica ecologica, anche quelle che hanno subìto trasformazioni o condizionamenti nelle relazioni tra uomo e ambiente, entrando nei costumi e nelle mode, negli stili di vita e nel modo di pensare, dalla realtà materiale all’immaginario. Come è nato il progetto? Innanzitutto dalla volontà di valorizzare e consolidare la collaborazione tra la Scuola “Ferraris” e l’Archivio storico. Il tema della

ricerca è stato individuato in modo da attingere alle differenti discipline che concorrono alla formazione scolastica e culturale degli alunni, ma anche per incuriosirne la maggior parte coinvolgendoli in un ambito vicino ai loro interessi e alle loro sensibilità. Sono state mobilitate tutte le discipline dei docenti: storia e geografia (studio del territorio e dell’interazione uomo/ambiente); scienze (botanica, alimentazione, chimica); tecnologia (infrastrutture; alimentazione; industrie e manifattura; trasposizione in formato digitale dei percorsi realizzati); arte (espressioni artistiche e documentazione iconografica); musica (sonorità e canti della tradizione); italiano e lingue straniere (testi narrativi e di poesia). L’ampiezza del tema e delle sue connessioni ci ha consentito di intrecciare collaborazioni anche con altri istituti culturali operanti in città e di avviare il percorso con il coinvolgimento diretto dei genitori. Quali obiettivi avevate? Esercitare e sviluppare, negli alunni, alcune competenze culturali e sociali specifiche: • imparare a imparare: attraverso la ricerca d’archivio e sul campo, la sperimentazione concreta e pratica di quanto ipotizzato o appreso dai documenti;

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• competenze matematiche e scientificotecnologiche, da applicare nella ricerca; • consapevolezza ed espressione culturale; • comunicazione nella madre lingua e nelle lingue straniere; • competenza digitale, per elaborare le informazioni apprese; • competenze sociali e civiche, attraverso le esperienze del viaggio e della ricerca di gruppo; • spirito di iniziativa e imprenditorialità.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Nei primi mesi del 2016 le classi hanno realizzato un viaggio fotografico sul tema del progetto. L’itinerario, organizzato in collaborazione con l’associazione “Città & Scuola”, è stato progettato in autonomia da genitori e alunni, che hanno documentato il percorso con immagini esposte in una mostra-concorso interna alla scuola. Gli studenti hanno quindi avviato percorsi di ricerca in archivio, nell’orto botanico e in altri istituti culturali del territorio, e incontrato esperti e testimoni, per verificare – attraverso i documenti, la cartografia e le testimonianze –

la presenza di varietà vegetali, le modificazioni che hanno subìto nel tempo e il loro utilizzo, dall’alimentazione umana e animale al consolidamento e alla difesa del suolo, fino alle virtù terapeutiche ed estetiche. Ogni classe ha potuto sviluppare l’argomento a piacere, scegliendo approfondimenti diversi: scientifici o tecnologici; storici, artistici o letterari; escursioni naturalistiche, percorsi di cucina o di botanica. Gli alunni sono stati coinvolti anche in esperienze di laboratorio, in cui hanno realizzato erbari, prodotti alimentari e plastici, sulla base degli spunti ricavati dalle ricerche. Con la collaborazione degli esperti del Consorzio della Bonifica di Burana hanno esplorato le vie d’acqua che attraversano la città e la periferia e i manufatti collegati a esse. Con l’aiuto di alcuni volontari degli “Orti per anziani” del quartiere, è stato realizzato un orto per la coltivazione di piante alimentari, officinali e aromatiche. Gli alunni della primaria “Collodi” hanno esplorato il mondo vegetale intorno alla scuola, quelli della “San Giovanni Bosco” hanno ricercato specie ora poco diffuse e raccolto semi di piante comuni per la semina e la coltivazione.

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Quali collaborazioni avete attivato? L’associazione di volontariato “Città & Scuola” si è occupata del concorso fotografico e ha contribuito alla realizzazione grafica della mostra. Il Consorzio della Bonifica di Burana ha attivato i suoi esperti per condurre lezioni a scuola ed escursioni sul territorio. La Società dei naturalisti e matematici, il Museo universitario Gemma 1786 e l’Accademia nazionale di scienze lettere e arti di Modena hanno collaborato nella ricerca e nella consulenza per i docenti. L’Orto botanico ha organizzato lezioni specifiche e visite guidate. L’Azienda agricola di Gabriele Zannini “Luppolo autoctono di Marano sul Panaro” ha fornito testimoni ed esperti. Quali metodi didattici avete adottato? Proporre percorsi di ricerca complessi si è rivelato un modo particolarmente efficace di sviluppare più competenze e di rendere protagonisti i ragazzi del loro percorso. La metodologia didattica più utilizzata è stata la ricerca di gruppo (anche a classi aperte, sia in orizzontale che in verticale), secondo l’approccio del Project base learning, dei compiti di realtà e del problem solving. Uscite didattiche, interviste a testimoni ed esperti, realizzazioni pratiche (modellini, plastici, disegni e grafici; filmati) sono stati

gli strumenti più utilizzati. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Sono stati utilizzati i laboratori e le strumentazioni di arte, di falegnameria, di tecnologia e di informatica. La rete wireless della scuola e le lavagne interattive multimediali nelle aule hanno consentito di utilizzare le risorse di internet con facilità. In città, oltre alle attività di ricerca e documentazione svolte in Archivio, sono state realizzate uscite all’Orto botanico, all’erbario dell’Abbazia di San Pietro, al Giardino pubblico (ex Giardino ducale), ai giardini privati di palazzi nobiliari; nel circondario: all’Abbazia di Nonantola, al Canale di San Pietro, al Palazzo ducale di Sassuolo.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Per raccontare il viaggio fotografico iniziale ogni classe ha realizzato due cartelloni con 12 immagini e una scheda di presentazione. L’esposizione si è svolta all’interno della scuola, aperta alla cittadinanza. Nella mostra conclusiva, allestita il 28 maggio 2016 nel Palazzo dei Musei di Modena,

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state esposte le riproduzioni degli elaborati e le classi hanno illustrato le loro realizzazioni. Il giorno successivo l’Archivio è stato aperto al pubblico e sono state organizzate visite guidate. Lunedì 30 maggio, in occasione dell’inaugurazione della mostra a scuola, è stata organizzata una lettura del Barone rampante di Italo Calvino, interpretata da Simone Maretti. La pubblicazione di un libro illustrato è stato l’ultimo prodotto scaturito dal lavoro di ricerca: destinato a studenti di scuola elementare, presenta i prodotti realizzati e le metodologie didattiche utilizzate. Come ne è stata data notizia all’esterno? Oltre ai momenti espositivi, al giornalino e al sito web della scuola, in occasione della “Settimana dei musei” l’Archivio ha organizzato un incontro con la stampa e le televisioni locali: alcuni alunni sono stati intervistati e la notizia ha avuto il suo rilievo. La pubblicazione del libro per i bambini delle elementari è stata pensata sia per finalizzare ulteriormente tutto il lavoro di ricerca allo sviluppo delle competenze comunicative degli alunni, sia per trasmettere in modo efficace e duraturo l’esperienza e rendere possibile la riproposizione del percorso didattico da parte di chi ne fosse interessato.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? L’attività in archivio ci ha consentito di utilizzare i testi autentici qui custoditi; i ragazzi hanno potuto verificare le loro ipotesi e approfondire concretamente le loro conoscenze. Anche il nutrito numero di collaborazioni intrecciate è stato molto positivo per il confronto con gli esperti e l’arricchimento delle conoscenze. L’ampiezza del tema, le diverse prospettive da cui è stato affrontato dai gruppi di classe, la chiave di lettura interdisciplinare adottata: tutti questi elementi hanno consentito di produrre ricerche originali e di raggiungere risultati soddisfacenti. Quali difficoltà? Visto l’alto numero di classi e di alunni coinvolti, il coordinamento delle diverse attività ha comportato un notevole sforzo organizzativo: soprattutto la realizzazione dei prodotti da esporre in occasione dell’evento finale si è rivelata molto complessa, in particolare per la necessità di rispettare tempi e scadenze non sempre conciliabili con quelli scolastici. Riproporrete questa esperienza? Siamo sicuramente intenzionati a mantenere

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e consolidare la collaborazione con l’Archivio storico comunale e con gli altri istituti culturali che hanno collaborato all’impresa. Crediamo fortemente nella collaborazione tra classi ed enti del territorio per la realizzazione di una scuola aperta, viva, partecipata: siamo convinti che tutta la realtà territoriale si debba impegnare in uno sforzo comune nell’educazione dei giovani.

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creo scoprendo i cristalli del museo scuola:

museo:

studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto professionale statale socio-commerciale-artigianale “Carlo Cattaneo - Grazia Deledda” di Modena

Museo universitario “Gemma 1786” di Modena

6 classi per un totale di 93 alunni

• it-it.facebook.com/CREO scoprendo-i-cristalli-delMuseo-1220651781296961/ • r.diiorio@katamail.com • museo.gemma1786@unimore.it

altri partner:

• Istituto di istruzione superiore “Adolfo Venturi” (Liceo artistico - Istituto professionale grafica) di Modena; Liceo scientifico statale “Wiligelmo” di Modena • Comune di Modena: Biblioteche, Multicentro educativo “Sergio Neri”, Memo, MakeIt FabLab; Ennio Sitta - Bensone boutique creativa

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Gli studenti dell’Istituto professionale “CattaneoDeledda” di Modena hanno profuso la loro creatività per reinterpretare in chiave 2016 le collezioni di minerali esposti dal Museo universitario “Gemma 1786”

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creo scoprendo i cristalli del museo

partenza Quale bene culturale avete scelto? Il bene è costituito dal patrimonio di gemme e minerali del Museo “Gemma 1786” del Dipartimento di scienze chimiche e geologiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Un insieme di campioni provenienti in prevalenza dalle collezioni sette-ottocentesche donate dalla famiglia dei duchi d’Este al primo nucleo museale della Reale Università di Modena, il Museo di storia naturale fondato nel 1786. Come è nato il progetto? Il Museo universitario “Gemma 1786” conserva tra le sue collezioni gemme e cristalli di importante valore scientifico e storico-culturale, bellissimi per forma, colore e varietà, ma ancora poco conosciuti dalla cittadinanza locale. Il progetto “CREO” è nato per promuovere l’interesse del pubblico verso questo patrimonio attraverso una reinterpretazione delle collezioni ispirata agli usi, ai saperi e alle tradizioni del vivere quotidiano da parte degli studenti dei tre istituti superiori partecipanti al progetto, ognuno in funzione del proprio indirizzo scolastico.

Quali obiettivi avevate? Coinvolgimento, conoscenza, consapevolezza, capacità di comunicazione: gli obiettivi di partenza del progetto miravano, nel complesso, a trovare nuovi contesti di apprendimento radicati nel territorio, nuove occasioni per incentivare un dialogo con gli studenti sui valori dell’educazione scientifica, della cittadinanza, dell’identità. Punto di arrivo: far sì che fossero le ragazze e i ragazzi stessi a raccontare il patrimonio del museo, in chiave attuale, attraverso la creatività, l’inventiva e il senso di imprenditorialità di ognuno di loro.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? L’esperienza si è articolata in diverse fasi operative, strutturate in momenti organizzativi, percorsi tematici formativi, esperienze laboratoriali, visite, percorsi espositivi e processi valutativi. Le fasi operative sono iniziate a settembre 2015 e si sono concluse a giugno 2016, muovendosi tra museo, scuola e territorio. Le attività sono state rivolte in una prima fase alla “costruzione dei saperi”, con visite al museo e incontri con esperti, organizzati

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sia nel museo che nella scuola; a questa ha fatto seguito una fase a scuola, dedicata alla “elaborazione dei saperi” e alla “ricerca ed espressione della propria creatività”: i risultati hanno portato alla “trasformazione e trasmissione dei saperi”, con un concorso grafico-pittorico di fumetto e disegno fantasy, e con la costruzione e la visita guidata della mostra conclusiva. Quali collaborazioni avete attivato? Le attività svolte e le modalità di svolgimento scelte hanno favorito la collaborazione con associazioni ed enti che operano sul territorio locale in ambito culturale e sociale e il coinvolgimento di esperti di storia dell’arte (Patrizia Curti), di gioielli (Gigi Mariani), di fotografia (Augusto D’Antonio), di design e moda (Ennio Sitta-Bensone). “CREO” inoltre ha preso parte al progetto europeo Erasmus Plus “3R - Recycle, Reuse, Remind”, ideato dall’Istituto “Cattaneo-Deledda”, a cui hanno partecipato scuole di

altri paesi: Finlandia, Lettonia, Portogallo e Turchia. Quali metodi didattici avete adottato? Le modalità di lavoro del progetto si sono articolate seguendo approcci educativi interattivi e partecipati, utili a dare il giusto supporto agli studenti per avviare percorsi di ricerca e di apprendimento, personali e di gruppo. La necessità di avvicinare pubblici diversi al patrimonio di minerali e gemme del museo ha costretto gli studenti a migliorare la propria espressività, sfruttando l’iniziativa e la creatività individuale e collaborativa. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Gli incontri, le visite e il lavoro degli studenti con gli esperti sono stati coadiuvati dalle attrezzature informatiche e multimediali del museo e dei partner del progetto. Il concorso grafico-pittorico di fumetto e disegno fantasy è stato organizzato e ospitato dalla Biblioteca

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Crocetta di Modena; la mostra finale è stata allestita presso il Complesso San Paolo messo a disposizione dal Comune di Modena.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Partendo dalle collezioni di gemme e minerali del museo, i ragazzi hanno creato varie opere, applicando tecniche e linguaggi diversi, da quello scientifico e fotografico a quello pittorico-fumettistico e narrativo. Rivelando le tante sfumature interpretative che uno stesso campione museale può suggerire, hanno realizzato oggetti tridimensionali e accessori di moda street style. Tra le creazioni di moda si segnalano le magliette a timbro realizzate sotto la guida del designer Ennio Sitta, che diventeranno gadget del Museo “Gemma” messi in vendita al pubblico.

Come ne è stata data notizia all’esterno? La comunicazione dei diversi momenti di sviluppo del progetto e la promozione dei singoli eventi rivolti al pubblico è avvenuta attraverso i media, i social network e i vari canali di comunicazione dei partner coinvolti. Tra le opere prodotte dagli studenti, gli elaborati pittorico-fumettistici hanno preso parte al concorso “Fantastiche Matite 2016”, ricevendo numerosi premi. La competizione, dal titolo “Magici gioielli”, si è svolta dal 21 marzo al 2 aprile 2016 nella Biblioteca Crocetta di Modena. Tutte le opere realizzate dalle scuole sono state presentate al pubblico all’interno della mostra “CREO scoprendo i cristalli del museo”, che si è tenuta nel Complesso San Paolo a Modena, dal 21 maggio al 4 giugno 2016. L’esposizione ha raccolto l’interesse e l’apprezzamento di oltre duemila visitatori.

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valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Innanzitutto l’entusiasmo da parte dei ragazzi, che hanno scoperto il museo come luogo da vivere in modo semplice, spontaneo, interessante e, perché no, divertente. Naturalmente conta anche il giudizio positivo del pubblico, tale che una parte della mostra è stata richiesta per l’iniziativa “Borghi d’Autore”, svoltasi nell’ottobre del 2016 a Castelvetro di Modena, durante la festa “Bandiere Arancioni” del Touring Club Italia. Quali difficoltà? La collaborazione fra i diversi partner ha permesso di superare le difficoltà organizzative che sempre si presentano quando si realizzano progetti così articolati. Riproporrete questa esperienza? I giudizi e i commenti raccolti fra pubblico e partecipanti, con le interviste e i questionari di gradimento, sono serviti a dare un quadro riassuntivo di un’esperienza che ha riscosso un ampio successo e che costituisce un ottimo punto da cui partire per sviluppare nuovi progetti.

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dialoghi con il bosco il bosco della Partecipanza di Nonantola tra arte, natura e storia

scuola:

museo:

studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto comprensivo “Fratelli Cervi” di Nonantola (Modena)

Museo di Nonantola

19 classi e un gruppo di studenti volontari per un totale di 552 alunni

• www.partecipanzanonantola.it • archivio@comune.nonantola.mo.it • partecipanza.nonanto@libero.it

altri partner:

• Istituto superiore d’arte “Adolfo Venturi” di Modena; • Partecipanza agraria di Nonantola; Officine musicali e Fonoteca del Comune di Nonantola; Biblioteca del Comune di Nonantola; Centro di educazione alla sostenibilità del Comune di Nonantola; Associazione “Nonantola Film Festival”; Polisportiva Nonantola; Comitato Genitori; Auser Nonantola; Associazione “Niente di Nuovo”; Lega italiana protezione uccelli sezione di Modena; Associazione “Civico 38.13”

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Con un ebook, un video e un percorso di land art, gli studenti modenesi e nonantolani, supportati dal Museo di Nonantola, raccontano a modo loro il patrimonio arboreo dell'antica Partecipanza agraria

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Dialoghi con il bosco

partenza Quale bene culturale avete scelto? La Partecipanza agraria di Nonantola, una forma di proprietà collettiva risalente al Medioevo: i terreni sono suddivisi ogni 12 anni con un sorteggio tra gli “aventi diritto”, i discendenti delle antiche famiglie originarie nonantolane, caratterizzati da ventidue particolari cognomi. Si estende oggi su un territorio di 760 ettari, votati prevalentemente all’agricoltura. Per molti secoli i terreni agricoli furono poco estesi: era il bosco l’elemento vitale del territorio, utilizzato per l’edilizia, il riscaldamento, l’allevamento dei suini allo stato brado e la caccia. Fu abbattuto solo alla fine dell’Ottocento per la precaria condizione economica della Partecipanza che rese necessario rendere produttivi i terreni con la coltivazione di cereali. Negli anni Novanta del Novecento è stata realizzata un’area di riequilibrio ecologico che si estende su oltre 117 ettari ed è inserita nella rete “Natura 2000” come sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale. Il Torrazzuolo – un frammento dell’antico bosco planiziale che ospita circa 43.000 piante ed essenze tipiche della Pianura padana e che, insieme alla zona umida, costituisce una

delle aree di riequilibrio ecologico più vaste dell’Emilia-Romagna – è stato ricostruito grazie a un progetto partecipato di messa a dimora delle piantine, a cui l’intera comunità nonantolana ha partecipato. Come è nato il progetto? Dopo “La Partecipanza Agraria di Nonantola: mille anni di storia tra archeologia e ambiente”, il progetto selezionato nella terza edizione di “Io amo i Beni Culturali”, volevamo puntare l’attenzione sul bosco utilizzando un approccio innovativo, che andasse oltre le classiche visite storico-ambientali, per trasformarlo in un luogo in cui sperimentare diverse forme di arte. Quali obiettivi avevate? Far comprendere agli studenti l’importanza che il bosco ha rivestito nel corso dei secoli e il suo ruolo attuale, facendo nascere in loro una nuova sensibilità e una maggiore consapevolezza nei confronti di un luogo noto ma non “conosciuto davvero”.

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Dialoghi con il bosco

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Il progetto ha preso il via nell’ottobre 2015 con una serie di visite guidate diurne/notturne all’Area di riequilibrio ecologico “Torrazzuolo” ed è proseguito tra novembre e dicembre con i laboratori storico-archivistici che si sono svolti tra il Museo di Nonantola e l’Archivio storico della Partecipanza agraria, dove sono stati analizzati gli usi e l’importanza che il bosco ha rivestito nel corso dei secoli. Al termine di questo percorso i ragazzi delle classi prime della scuola “Alighieri” hanno sviluppato diversi racconti creativi sul bosco, il cui incipit è stato ideato dagli studenti delle scuole primarie “Nascimbeni” e “Fratelli Cervi” di Nonantola: gli elaborati dei ragazzi hanno dato vita a un ebook, la cui parte grafica è stata curata dagli studenti dell’Istituto “Venturi” di Modena. Nella fase successiva, da gennaio ad aprile 2016, è stato realizzato un laboratorio di cinema che ha coinvolto un gruppo di 15 ragazzi delle classi 2 e 3 della scuola “Alighieri”, impegnati nella realizzazione di un video, dal soggetto al montaggio finale delle riprese.

Infine gli studenti e gli insegnanti dell’Istituto “Venturi” hanno coinvolto i ragazzi dell’“Alighieri”, e oltre cinquanta corrispondenti francesi del Collège di Belley, in laboratori di land art a scuola. Quali collaborazioni avete attivato? La Partecipanza agraria di Nonantola, che da sempre collabora con il Comune nei progetti con le scuole, ha messo a disposizione il materiale del suo Archivio storico e il personale per le visite guidate. Tutti i servizi culturali di Nonantola hanno partecipato attivamente: la Biblioteca con una serie di letture sul bosco e con una bibliografia dettagliata, la Fonoteca “Officine musicali” seguendo gli studenti nella realizzazione del cortometraggio e della colonna sonora, il Centro educazione alla sostenibilità collaborando alle visite. L’Istituto d’arte “Venturi” si è rivelato prezioso per stimolare la sensibilità artistica negli studenti più piccoli ed elaborare graficamente il materiale divulgativo ed espositivo. L’associazione “Nonantola Film Festival”, che ha proiettato il cortometraggio conclusivo all’interno della sua rassegna annuale, ha collaborato con la Fonoteca e l’associazione FREIM, che si occupa di produzione e formazione multimediale. L’associazione “Niente di Nuovo” ha con-

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tribuito sensibilizzando i ragazzi sull’utilizzo dei materiali di riciclo, fornendo gli oggetti e collaborando con gli insegnanti per l’allestimento del percorso di land art. La Polisportiva Nonantola, l’Auser, la sezione di Modena della Lega italiana protezione uccelli, Operatori radio Modena e Guardie ecologiche di Legambiente sono stati indispensabili per l’aiuto logistico durante le visite guidate al bosco della Partecipanza. Quali metodi didattici avete adottato? L’intero progetto è stato impostato sulla partecipazione attiva degli studenti: sono stati coinvolti in prima persona, in modo che arrivassero a sentire propria la storia del bosco della Partecipanza, per poi declinarla in diversi modi. Le visite guidate diurne/notturne hanno dato modo ai ragazzi di vedere questo luogo sotto una nuova luce e i racconti teatrali ambientati nel bosco di notte hanno creato le suggestioni necessarie per fornire loro una visione inaspettata. I laboratori al Museo di Nonantola e nell’Archivio della Partecipanza hanno permesso loro di ricostruire la lunga storia del bosco e i suoi utilizzi nel corso dei secoli: i ragazzi delle classi prime hanno lavorato a gruppi sviluppando diversi racconti a partire dagli incipit forniti dagli studenti

delle scuole primarie di Nonantola e hanno poi eletto, attraverso una votazione condivisa, quali racconti pubblicare sull’ebook. Il laboratorio di cinematografia, con una durata di circa 25 ore, si è articolato tra lezioni pratiche e teoriche: sceneggiatura, produzione, regia, tecniche di ripresa, montaggio, sonorizzazione. Gli studenti dell’Istituto “Venturi” sono stati impegnati in lezioni frontali di introduzione alla land art e laboratori per la costruzione di manufatti artistici con l’utilizzo di elementi naturali. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Macchine fotografiche, telecamere, microfoni e attrezzature per riprese fotografiche e video nonché tutta la strumentazione tecnica per il montaggio del filmato e la composizione della colonna sonora. È stato utilizzato un drone per eseguire le riprese aeree.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? È stato realizzato un ebook di racconti creativi in cui il bosco della Partecipanza si è trasformato in un luogo popolato da esseri fantastici e mostruosi, un luogo in alcuni casi

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Dialoghi con il bosco

benevolo e gioioso, in altri regno dell’oscurità, teatro di delitti ed efferate battaglie. È stato prodotto il cortometraggio “Dialogo con il bosco” ed è stato allestito un percorso di land art all’interno della vegetazione. Come ne è stata data notizia all’esterno? Le visite guidate diurne e notturne hanno coinvolto anche i genitori e i parenti degli studenti e, durante le tre serate, hanno partecipato oltre 350 persone. L’evento finale del 21 maggio 2016 ha coinvolto oltre 250 persone tra studenti e cittadinanza. Tutto il progetto è stato promosso sui siti web del Comune di Nonantola, della Partecipanza agraria, dell’Istituto “Venturi” e sulla pagina Facebook del Museo di Nonantola. Durante la “Fiera dell’agricoltura e dell’allevamento” di Nonantola, dal 23 al 25 luglio 2016, è stato riproposto parte dell’allestimento di land art nel cortile del Museo e sono stati proiettati in loop i filmati realizzati dai ragazzi; il 25 luglio è stato inoltre realizzato un laboratorio di land art, sempre in collaborazione con i ragazzi del “Venturi”: tutta l’iniziativa ha ottenuto un ottimo riscontro da parte del pubblico.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Gli studenti coinvolti hanno avuto modo di appropriarsi di un luogo conosciuto in modo nuovo e divertente. L’approccio non convenzionale al bosco, con la possibilità di farne il protagonista di sperimentazioni ed elaborazioni inusuali, ha dato l’occasione di rapportarsi direttamente con un paesaggio che fino a oggi era stato la voce narrante di una storia antica ma lontana dal loro mondo. Calandosi nei panni di scrittori, registi, attori e artisti hanno potuto creare una loro “immagine” del bosco, raccontando a tutti come lo vedono, lo sentono e lo vivono. L’integrazione tra i ragazzi dell’Istituto “Venturi” di Modena e gli studenti delle scuole “Alighieri” di Nonantola è stata splendida ed è ottimamente riuscita: si è creata una perfetta sinergia tra ragazzi di diverse fasce d’età. I più grandi hanno trasmesso ai più piccoli l’amore per l’arte e hanno mostrato loro in che modo creare manufatti artistici utilizzando soltanto materiali di riciclo ed elementi naturali che, grazie alla fantasia e all’immaginazione, si sono trasformati in un vero e proprio “labirinto dei sensi”.

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Quali difficoltà? L’unico problema è stata la poca partecipazione da parte degli studenti alle fasi del progetto che non hanno realizzato in prima persona: essendo un percorso estremamente articolato, è stato indispensabile suddividerlo in modo che alcune classi si occupassero dei racconti creativi e gruppi di altri studenti lavorassero sul cortometraggio e sulla land art. L’adesione degli studenti alle fasi in cui sono stati coinvolti direttamente è stata ottimale ma sembra che i vari step siano stati percepiti a compartimenti stagni, non come un unicum. Durante la festa finale la maggioranza degli studenti che hanno partecipato alla creazione dell’ebook non ha sentito il momento come l’esito di un’esperienza corale. Sarebbe necessario lavorare sullo spirito di gruppo e di comunità: un progetto che riguarda l’intera scuola, e non solo, dovrebbe essere percepito come un percorso condiviso e partecipato, in cui ognuno ha dato il proprio contributo. Riproporrete questa esperienza? Il lavoro di sensibilizzazione sul bosco proseguirà con le scuole del territorio: sulla scia di questo progetto si è pensato di proporre loro di adottare la Partecipanza, in modo da renderla un bene vivo e partecipato.

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Dialoghi con il bosco

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Dialoghi con il bosco

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1862-2015

chierici reloaded il Museo spiegato dai ragazzi

scuola:

museo:

studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto comprensivo “Leonardo da Vinci” di Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia)

Musei civici di Reggio Emilia

8 classi per un totale di 21 alunni

• www.musei.re.it/il-museo-per-lascuola/per-la-scuola/progetto-s-ilario/ • giada.pellegrini@municipio.re.it paolamazzieri@gmail.com • giuliabagnacani@hotmail.com • mimo31@libero.it

altri partner:

• Gruppo storico archeologico della Val d’Enza

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I Musei civici di Reggio Emilia hanno assegnato all’Istituto comprensivo di Sant’Ilario d’Enza una missione ambiziosa: dare a tutti i ragazzi di oggi la possibilità di leggere la raccolta preistorica ottocentesca di Gaetano Chierici

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1862-2015 Chierici Reloaded

partenza Quale bene culturale avete scelto? Il Museo “Gaetano Chierici di Paletnologia”: diretta espressione del lavoro culturale realizzato dal sacerdote che fondò gli attuali Musei civici di Reggio Emilia, la collezione costituisce una preziosa testimonianza della scienza e della museologia del tardo Ottocento. Nelle sue vetrine riposano da ormai 150 anni oggetti che illustrano la preistoria e l’archeologia del Reggiano messi a confronto con le culture di altre regioni d’Italia e di altri continenti, secondo il metodo comparativo tipico di quell’epoca. Nel 1862 a Chierici viene affidato l’incarico di riordinare il “Gabinetto di Antichità Patrie”, che nel 1870 egli decide di ampliare e implementare come “Museo di Storia Patria”: il suo nucleo fondamentale diviene la collezione di paletnologia, raccolta e organizzata da lui stesso e dai suoi collaboratori. Conservata ancora oggi con gli arredi e l’ordinamento originari, essa rappresenta il tramando, forse unico, del lavoro di un paletnologo nell’età in cui la ricerca preistorica si affermava anche in Italia. Come è nato il progetto? Dall’intenzione di valorizzare questa collezione,

che è di difficile lettura per un non specialista che si trovi a visitarla senza guida. Agli studenti si chiedeva di realizzare un nuovo stile di comunicazione, che utilizzasse linguaggi e tecnologie adeguati ai ragazzi coetanei e alle famiglie in visita. Quali obiettivi avevate? Oltre che divulgare l’eccezionalità della raccolta, volevamo che i ragazzi diventassero consapevoli delle potenzialità archeologiche del ricchissimo territorio di Sant’Ilario d’Enza, per sviluppare in loro un maggior senso di appartenenza e radicamento nei confronti della comunità e del luogo in cui vivono ogni giorno. Miravamo inoltre ad accrescere le loro competenze anche al di fuori dei temi curriculari, coinvolgendoli in un compito che richiedeva abilità diverse e creative (grafica, informatica, fotografia, video) e quindi stimolando le loro capacità inventive.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Le attività si sono svolte da dicembre 2015 ad aprile 2016. Dopo i primi incontri propedeutici con gli insegnanti per la definizione delle

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linee generali del progetto, gli studenti sono stati coinvolti in incontri e lezioni frontali nella scuola di Sant’Ilario. Nei Musei civici di Reggio Emilia si è quindi svolta una suggestiva visita guidata alla collezione di Gaetano Chierici, svolta a lume di candela per permettere ai ragazzi di immergersi completamente nelle atmosfere del tempo in cui venne allestita. Infine, tornati nel territorio santilariese, gli alunni hanno esplorato i siti collegati alla collezione.

ha permesso un’esplorazione più concreta sui luoghi dei ritrovamenti archeologici (in particolare il Parco “Lituus” di Sant’Ilario) e quindi una migliore conoscenza del territorio di residenza degli studenti.

Dopo avere individuato reperti o contesti archeologici da approfondire ed elaborare in modo personale, gli studenti, insieme ai docenti e agli educatori museali, hanno selezionato otto argomenti su cui concentrare la loro attenzione, per farne l’oggetto della comunicazione al pubblico.

Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? I materiali utilizzati sono stati gli stessi reperti archeologici rinvenuti sul territorio di Sant’Ilario d’Enza ed esposti nelle vetrine del museo, insieme agli stimoli e alle suggestioni offerti dalle visite guidate in alcune aree archeologiche della provincia. I ragazzi hanno utilizzato macchine fotografiche, computer e videocamere per la documentazione dell’attività, e infine hanno realizzato i QR

Quali collaborazioni avete attivato? Nel progetto è stato coinvolto il Gruppo storico archeologico della Val d’Enza, che

Quali metodi didattici avete adottato? Gli alunni sono stati suddivisi in gruppi di lavoro e a ognuno di essi è stato assegnato un approfondimento da svolgere fra quelli individuati insieme in fase progettuale.

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QR code di collegamento.

code utilizzando un semplice software che ne permette la creazione.

Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Il primo esito del progetto è una serie di schede di approfondimento, con testi, foto, video e ricostruzioni grafiche, studiate in vista di una futura digitalizzazione delle collezioni.

Come ne è stata data notizia all’esterno? Le varie fasi di avanzamento sono state raccontate attraverso il sito internet e la pagina Facebook dei Musei civici di Reggio Emilia. Il prodotto finale è stato presentato per la prima volta al pubblico il 18 maggio 2016, nel Centro culturale “Mavarta” di Sant’Ilario d’Enza, dove, insieme alle immagini che documentano le attività e insieme ai video

I testi sono stati scritti dagli studenti, affiancati da insegnanti e operatori, con l’intento di rendere quanto più diretti e fruibili i temi scelti. Ogni scheda è stata associata a un QR code esposto all’interno della collezione “Chierici”, in modo da costituire una didascalia interattiva a disposizione dei visitatori. Per ognuno degli otto argomenti su cui i ragazzi hanno svolto ricerche dettagliate è stato realizzato un audiovisivo, con il relativo

realizzati, sono stati esposti nove cartelloni: otto relativi agli argomenti trattati e uno in cui era illustrata, con disegni e fumetti, la vita di Gaetano Chierici. Il 21 maggio 2016, in occasione della “Notte dei Musei”, è avvenuta la presentazione ufficiale all’interno dei Musei civici di Reggio Emilia: sono stati proiettati due degli otto video realizzati e i ragazzi hanno fatto da guide al pubblico, dimostrando le loro conoscenze e sottolineando la presenza dei QR code apposti

arrivo

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sulle vetrine. Un’alunna ha redatto un testo giornalistico sull’attività svolta, pubblicato sul “Gazzettino Santilariese”.

valutazioni

Riproporrete questa esperienza? Non è escluso, magari per potenziare e arricchire ulteriormente i contenuti didattici già realizzati o per estendere questa modalità di convolgimento degli studenti ad altri nuclei dei Musei civici.

Quali effetti positivi avete registrato? I ragazzi hanno molto apprezzato il progetto, che ha permesso loro di scoprire la ricchezza e la complessità culturale del territorio in cui vivono. Sono rimasti particolarmente affascinati dalla figura del prete-archeologo, anticonformista e fondatore dei musei cittadini, con il suo eclettismo negli studi e nelle conoscenze, con il suo essere attivo, partecipe e combattente nella realtà cittadina e in quella nazionale durante un periodo storico segnato da profondi cambiamenti. Quali difficoltà? Il comune di Sant’Ilario d’Enza è stato scelto appositamente per l’importanza fondamentale che ha avuto per il lavoro di Gaetano Chierici, ma la distanza fisica dai Musei civici di Reggio Emilia ha in parte ostacolato la frequenza degli incontri, già inseriti in un calendario molto fitto di attività scolastiche.

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museo:

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link web/email:

Istituto comprensivo “Pier Luigi Belloni” di Colorno (Parma) - Scuola secondaria di primo grado

Complesso della Reggia e Venaria Ducale di Colorno

5 classi per un totale di 25 alunni

• micolmanu@libero.it • ufficio.turistico@comune.colorno.pr.it

altri partner:

• Comune di Mezzani (Parma); “ALMA” - Scuola internazionale di cucina di Colorno; Ufficio IAT - Informazioni e accoglienza turistica di Colorno; Circolo anziani “Maria Luigia” di Colorno; Elisa Pratizzoli, videomaker

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Cibo, territorio e storia sono gli ingredienti assaporati dagli studenti dell’Istituto “Belloni� in un video che fa conoscere il Complesso della Reggia di Colorno da un punto di vista inedito: quello delle cucine

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partenza Quale bene culturale avete scelto? La Reggia di Colorno, splendido esempio di residenza farnesiana della prima metà del 1600, progettata e portata a termine dall’architetto Ferdinando Galli Bibiena. Nel secolo successivo, sotto Don Filippo di Borbone e Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XV, diventa la “petit Versailles” dei duchi di Parma: con l’aiuto dell’architetto Ennemond Alexandre Petitot, gli interni della Reggia vengono trasformati fino a renderli simili a quelli che la duchessa aveva lasciato in Francia. Fu infine Maria Luigia d’Austria, duchessa dal 1816 al 1847, che impresse agli edifici e al giardino storico il segno indelebile del suo gusto. L’intero complesso conta più di trecento sale dislocate in tre corpi di fabbrica separati da altrettanti cortili; attualmente sono visitabili gli appartamenti nobili del duca e della duchessa, la cappella di corte intitolata a san Liborio e l’appartamento del duca Ferdinando di Borbone. Del complesso fa parte anche la Venaria Reale, un casino di caccia voluto nel 1751 dal duca Filippo e realizzato con l’aiuto dell’architetto Jean Marie Bigaud prima, e dello stesso Petitot dopo: era il luogo deputato a ospitare

attrezzature e animali necessari per la sua grande passione venatoria. L’edificio, caratterizzato da una doppia apertura passante è tutt’oggi un significativo esempio di arte neoclassica; attualmente appartiene al Comune di Colorno ed è sede del Circolo anziani “Maria Luigia”. Come è nato il progetto? Cibo, architettura, paesaggio e storia sono stati gli ingredienti di base utilizzati per elaborare il progetto, che è stato sviluppato in un contesto socioculturale in cui sopravvive l’interesse per il proprio territorio, per le vicende e le tradizioni locali. La Reggia di Colorno sorge al centro del paese, in un territorio caratterizzato dalla presenza di acqua, con una serie di torrenti e canali che hanno sempre condizionato la vita e la storia delle famiglie nobili che qui hanno abitato. Questa caratteristica ambientale ha avuto influenza sullo sviluppo economico e produttivo del territorio limitrofo che risulta, per la maggior parte anche ai giorni nostri, boschivo e adibito a coltivazioni agricole. Si voleva offrire alla sensibilità dei ragazzi un itinerario concreto e immaginario sulle tracce del duca di Borbone, che iniziò la sua formazione proprio in questo piccolo paese della Bassa parmense: i primi giochi,

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le sue prime esperienze, il suo inizio nella vita politica del Ducato, la sua formazione intellettuale, gli studi religiosi e l’amore per la buona cucina. Dal diario del principe Cosimo Meli Lupi di Soragna sappiamo infatti che Don Ferdinando amava “cingersi il grembiule di cuoco” per “formare i raviuoli detti nel dialetto nostro anolini”. Volevamo che, attraverso testi e documenti dell’epoca, gli studenti imparassero a conoscere, dal vero, la vita di questo nipote del re di Spagna, che amava parlare in dialetto parmigiano e cucinare e mangiare alla tavola delle canoniche di campagna. Quali obiettivi avevate? Gli intenti di fondo erano due: sensibilizzare gli alunni alla valorizzazione del territorio, al suo patrimonio artistico, culturale e gastronomico, e potenziare la loro capacità di lavorare su fonti dirette e di analizzare i documenti. Immaginavamo che la realizzazione di uno storytelling digitale avrebbe richiesto e stimolato le loro abilità manuali e creative, ma anche le competenze linguistiche e relazionali (la conoscenza del dialetto e la ricerca delle ricette), fino a fargli sperimentare le dinamiche che regolano il linguaggio televisivo.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Durante la prima fase, tra febbraio e marzo 2016, le ragazze e i ragazzi coinvolti hanno preso contatto con la documentazione storica e bibliografica, raccogliendo dati e informazioni sui complessi artistici che avrebbero visitato e sulla figura di Ferdinando di Borbone. In aprile, accompagnati dal professore Giovanni Bertini, hanno visitato il complesso monumentale della Reggia di Colorno, con l’appartamento del duca Ferdinando, di cui hanno conosciuto la vita, gli interessi, le manie e l’amore per la cucina. Nello stesso mese c’è stato l’incontro con il professore Fabio Amadei, docente di Storia e cultura della gastronomia e della cucina italiana ad ALMA, la Scuola internazionale di cucina che ha sede a Colorno. Qui gli studenti hanno approfondito le origini e la storia dell’anolino, dalla ricetta del duca Ferdinando alla poesia sul ripieno di Carlo Innocenzo Frugoni, fino alla pratica quotidiana attuale delle nostre massaie, le “rezdore”. Dopo la prima stesura del copione, i ragazzi e le ragazze si sono dedicati alle riprese e al

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montaggio del video. Nell’incontro conclusivo, in maggio, hanno incontrato le “rezdore”, che dopo aver risposto alle domande e realizzato gli anolini, hanno dato vita a una vera e propria “disfida del gusto”: ognuna di loro, dopo averli cotti, si è sottoposta al giudizio dei ragazzi, che armati di paletta, hanno valutato gli anolini più buoni. Quali collaborazioni avete attivato? L’Istituto “Belloni” e la società “Antea”, ideatrice del progetto, hanno coinvolto, oltre ai comuni di Colorno e Mezzani: la Scuola internazionale di cucina italiana “ALMA”, che ha fornito la consulenza storico-gastronomica per le ricette; il Circolo anziani “Maria Luigia” per l’intervista alle “rezdore”; la videomaker Elisa Pratizzoli per la realizzazione del video. Menzione particolare per il professore Giovanni Bertini, guida d’eccezione dell’appartamento del duca Ferdinando. Quali metodi didattici avete adottato? La parola chiave della didattica è stata “ricerca”. Ricerca di conoscenze sulla carta (storiche, bibliografiche, culinarie) ma anche ricerca di competenze nella pratica: tutte quelle necessarie a realizzare le interviste e il video.

Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Il progetto è stato realizzato interamente nei locali del complesso monumentale della Reggia di Colorno: Aranciaia (sede del MUPAC - Museo dei paesaggi di terra e di fiume), Venaria Reale, appartamento di Don Ferdinando di Borbone, piano nobile, giardino storico. La scuola e il Comune di Colorno hanno messo a disposizione il pulmino per gli spostamenti. Per la realizzazione del prodotto finale sono stati utilizzati: fotocamera, videocamera, microfono, software per le riprese, il montaggio e la produzione del video.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Un video che ha visto protagonisti i ragazzi e le ragazze coinvolti, sia come interpreti, sia come realizzatori. Come ne è stata data notizia all’esterno? Oltre che con un servizio pubblicato dalla “Gazzetta di Parma”, il progetto è stato presentato ufficialmente in occasione di una conferenza stampa tenutasi a Colorno, al termine dell’anno scolastico, a cui sono stati

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invitati la cittadinanza, le famiglie di tutti gli studenti partecipanti e i rappresentanti degli enti coinvolti. Il video che ha documentato le diverse fasi del progetto ha permesso di promuoverlo attraverso i siti web dell’Ufficio turistico e dell’Istituto “Belloni”.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Molto positivi sono stati il riscontro da parte dell’Istituto scolastico e di tutti gli enti coinvolti, e la soddisfazione da parte dei ragazzi e dei genitori per il lavoro svolto. Quali difficoltà? Non è stata incontrata alcuna difficoltà. Riproporrete questa esperienza? Si è valutata la possibilità futura di proseguire l’esperienza con il coinvolgimento di altri enti e associazioni del territorio (non solo locali) e con l’utilizzo di nuove risorse culturali.

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parole nella pietra scuola:

museo:

studenti coinvolti:

link web/email:

Liceo classico statale “Melchiorre Gioia” di Piacenza

Musei civici di Palazzo Farnese, Piacenza

3 classi per un totale di 68 alunni

• www.palazzofarnese.piacenza.it • francesca.fabbri@comune.piacenza.it • edo.conta@libero.it

altri partner:

• Archivio di Stato di Piacenza

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A Piacenza le epigrafi dei Musei di Palazzo Farnese ritrovano luce e significato grazie ai ragazzi e alle ragazze del Liceo classico “Gioia”, che le hanno inserite e valorizzate in un’applicazione digitale dedicata alla città

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partenza Quale bene culturale avete scelto? Abbiamo scelto di valorizzare la sala delle Epigrafi dei Musei di Palazzo Farnese. La sala custodisce la collezione di lastre appartenuta a monsignor Vincenzo Benedetto Bissi, erudito piacentino, e testimoniano l’edificazione di chiese, lastre sepolcrali e stemmi di famiglie nobili. Per la sua collocazione di passaggio tra due ambienti diversi del palazzo, questo spazio veniva perlopiù percepito come luogo di attraversamento e anche l’allestimento non aiutava il visitatore a soffermarsi sugli oggetti esposti. Come è nato il progetto? C’è da sempre una proficua collaborazione tra i Musei di Palazzo Farnese e il Liceo “Gioia”: nel passato abbiamo organizzato diverse attività con gli studenti, quindi per noi è stato naturale lavorare insieme e pensare a un progetto che fosse utile ed efficace per il museo, ma che allo stesso tempo potesse aiutare i ragazzi a conoscere il patrimonio culturale della propria città, e offrisse loro un campo in cui sperimentare un metodo di lavoro.

Quali obiettivi avevate? C’era l’auspicio di coinvolgere i ragazzi nella progettazione scientifica, didattica e artistica e nella realizzazione di un nuovo allestimento museale, insegnando loro una metodologia operativa efficace, in un contesto di progettualità che prevedesse competenze differenti. Volevamo quindi insegnare ai ragazzi come si possa leggere un’opera d’arte nel suo complesso, legandola al contesto che l’ha prodotta e in cui si trova, rendendo loro stessi protagonisti del proprio sapere e dell’importanza di condividere le conoscenze.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Le attività si sono svolte in classe, nell’Archivio di Stato e nei Musei di Palazzo Farnese, tra novembre 2015 e maggio 2016, con particolare frequenza nella settimana di flessibilità del Liceo (febbraio 2016). Gli studenti hanno innanzitutto visionato le opere nella sala delle Epigrafi, dove sono custodite, poi hanno studiato il contesto storico-culturale in cui sono state realizzate, approfondendo la storia di Piacenza nel

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Medioevo. In seguito, aiutati dal referente per l’Archivio di Stato, hanno trascritto e tradotto le iscrizioni dal latino all’italiano. Infine sono stati predisposti i testi e realizzate le foto delle opere, per riportarle nell’app “Piacenza”. Tutte queste attività erano state concordate in fase di elaborazione del progetto, mentre è stato definito in seguito lo spettacolo finale del 14 maggio e la realizzazione, con stampante 3D, di un gadget che riproduce in scala la cosiddetta “lastra del Benvegnù”, un rilievo in pietra arenaria risalente alla prima metà del XIV secolo e proveniente dal Castello di Montechiaro. La lastra rappresenta due personaggi, verosimilmente i castellani, che ricevono un gruppo di persone, e in alto riporta un’iscrizione in volgare, diventata poi proverbiale dell’ospitalità piacentina: “Segnori . sie . tuti . gi benvegnu ./. e zascaun . chi . che . vera . sera . ben ./. vegnu . e ben . recevu” (Signori, voi siete tutti qui benvenuti e coloro che verranno saranno benvenuti e ben ricevuti). I referenti dei Musei hanno curato la rielaborazione dei testi per la realizzazione dei pannelli didascalici della sala. Quali collaborazioni avete attivato? La collaborazione con l’Archivio di Stato è stata di fondamentale importanza per la riuscita del progetto; inoltre, per realizzare le

corone di fiori che sono state indossate dalle studentesse durante lo spettacolo conclusivo del progetto, è stata attivata un’intesa con la ditta “KaDò Flower Design”. Quali metodi didattici avete adottato? La ricerca, lo studio e l’analisi delle fonti storiche. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Strumenti tecnici fondamentali sono stati il computer e internet, per la quantità di informazioni che sono state recuperate dagli studenti sulle epigrafi e sulla storia delle famiglie committenti e delle chiese. Inoltre, avere rielaborato i testi per adattarli a un’applicazione multimediale, strumento diffuso e di facile utilizzo, ha prodotto risultati molto soddisfacenti.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Sono stati realizzati: i pannelli didascalici della sala, completamente rinnovata; un oggetto che, grazie alla stampa 3D, riproduce in scala la lastra del Benvegnù; i contenuti descrittivi e un itinerario esplorativo della

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città medievale, inseriti all’interno dell’app “Piacenza”. Come ne è stata data notizia all’esterno? Il progetto, dopo una presentazione alla stampa, è stato reso noto nel corso di un evento pubblico tenutosi il 14 maggio 2016, durante il quale i ragazzi hanno realizzato una performance musicale con balli medievali, hanno recitato e condotto visite guidate alla sala, con la presenza di circa mille persone. Tutto il progetto, nelle sue molteplici fasi di realizzazione, è stato pubblicato sui social network e sui nostri siti web istituzionali, raggiungendo circa diecimila persone.

Quali difficoltà? La difficoltà maggiore è stata quella di coordinare le attività del progetto con le normali attività museali e con il programma didattico del Liceo. Riproporrete questa esperienza? Per quanto riguarda questa sala il progetto si è concluso, ma in futuro non escludiamo che l’esperienza si possa ripetere per qualche altro ambito del museo.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? Il ritorno più positivo che abbiamo riscontrato è stato l’entusiasmo contagioso degli studenti. Non capita spesso di vedere ragazzi soddisfatti ed emozionati nel raccontare al pubblico le opere che hanno studiato. Sono stati sempre molto propositivi, come nel caso della stampa in 3D in scala del rilievo del Benvegnù, che permette anche ai visitatori ipovedenti di poter apprezzare una delle opere più importanti dei Musei.

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il miocampagna album di scuola:

archivio:

studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto comprensivo di Cortemaggiore (Piacenza)

Archivio storico comunale di Castelvetro Piacentino

14 classi per un totale di 298 alunni

• www.raccontandocastelvetro.it • gabbiani1@alice.it • biblioteca@comune.castelvetro.pc.it

altri partner:

• Istituto comprensivo di Monticelli d’Ongina (Piacenza) • Biblioteca comunale di Castelvetro e Monticelli (Piacenza); Museo di storia naturale di Piacenza; Cooperativa “Colibrì” di Brescia

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L’Istituto comprensivo di Cortemaggiore incontra l’Archivio storico e la Biblioteca comunale di Castelvetro Piacentino per far conoscere a tutti il patrimonio delle cascine rurali e prevenirne il degrado

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Il mio album di campagna

partenza Quale bene culturale avete scelto? Abbiamo scelto di affrontare un percorso di lettura e riscoperta delle tradizioni locali attraverso una ricerca sui cascinali storici e sugli edifici rurali in genere, di cui il nostro territorio è ricco. Queste strutture, ancora vitali nel primo dopoguerra, sono state progressivamente abbandonate con l’avvento del settore terziario, perdendo di fatto il ruolo centrale che da secoli mantenevano all’interno della vita sociale ed economica. Come è nato il progetto? L’idea guida è stata la volontà di valorizzare e tutelare ciò che di storico rimane tuttora sul nostro territorio, attraverso la riscoperta dell’ambiente e delle condizioni di vita dei primi del Novecento; la nostra, nonostante la vicinanza a città come Cremona e Piacenza, rimane una zona piuttosto “povera” dal punto di vista archeologico. Prendendo spunto dal progetto di censimento degli edifici rurali avviato sul territorio, abbiamo cercato di condurre gli alunni alla scoperta delle loro radici, avvicinandoli a un’epoca storica di cui la nostra terra conservasse ancora tracce tangibili.

Quali obiettivi avevate? Il principale obiettivo è stato fornire agli alunni gli strumenti per conoscere il loro territorio sotto quanti più aspetti possibili, suscitando in ciascuno la consapevolezza delle proprie origini e quindi il desiderio di tutelare e conservare i beni culturali che ne sono il simbolo.

attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Siamo partiti dalla lettura animata del libro illustrato La casa del tempo, di Roberto Innocenti e Roberto Piumini, per introdurre la tematica dello scorrere del tempo e di come questo flusso possa essere letto nei cambiamenti che gli edifici subiscono. Quindi ogni classe ha declinato attività e percorsi differenti, volti ad approfondire le tematiche emerse durante la lettura. Gli studenti hanno analizzato le diverse tipologie costruttive degli edifici rurali presenti sul territorio e individuato le funzioni delle singole parti, hanno effettuato ricognizioni sul campo per documentare con foto e disegni le cascine storiche della zona, hanno visitato il Museo della civiltà contadina di Monticelli d’Ongina

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Il mio album di campagna

per prendere contatto con usi e costumi del passato, hanno esplorato l’Archivio storico comunale di Castelvetro Piacentino in cerca dei registri anagrafici e delle attività commerciali dei primi del Novecento, partendo dagli atti di matrimonio conservati per arrivare a scrivere testi creativi. Poi hanno visitato alcune aziende agricole moderne per ricavare similitudini e differenze rispetto al passato, hanno intervistato gli anziani del paese per ricostruire la vita in cascina, hanno letto i racconti popolari in dialetto e recuperato i giochi popolari della tradizione, ricostruendone alcuni. Infine sono andati alla ricerca dei frutti coltivati una volta e ora scomparsi, realizzando un erbario contadino. Tutte le attività sono state distribuite lungo l’intero arco dell’anno scolastico, concentrando nel periodo primaverile quelle che richiedevano di operare all’aperto, come le visite sul campo o la raccolta delle piante spontanee per l’erbario. Quali collaborazioni avete attivato? Oltre alla stretta collaborazione con la Biblioteca comunale, siamo stati affiancati dagli operatori del Museo di storia naturale, che ci hanno coadiuvato nella realizzazione dell’erbario contadino.

Insieme alla disponibilità dei proprietari delle cascine, che ci hanno aperto le loro case, un contributo importante è stato quello fornito dagli anziani del paese, che ci hanno consentito di ricostruire in modo fedele uno spaccato della vita contadina: il dialetto, le usanze, i cibi, le tradizioni. Gli architetti Marcello Spigaroli e Ilaria Fanzini, insieme ai tirocinanti del Politecnico di Milano, ci hanno messo a disposizione le conoscenze tecniche di base indispensabili per affrontare l’argomento dell’edilizia rurale, mentre Daniela Morsia e Fabrizio Achilli ci hanno accompagnato in un’esplorazione delle professioni legate al mondo contadino degli inizi del Novecento. Quali metodi didattici avete adottato? Il metodo più utilizzato è stato il lavoro di gruppo, per favorire la partecipazione di tutti i bambini, responsabilizzando ciascuno attraverso compiti diversificati in base alle capacità personali. Molto efficaci si sono inoltre dimostrate l’osservazione diretta e la ricerca sul campo. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Ciascuna équipe di docenti si è sforzata di mantenere collegate le attività specifiche

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del progetto con la didattica quotidiana, costruendo percorsi legati da un denominatore comune, in modo da poterli sviluppare in modo continuativo e sistematico. Gli strumenti maggiormente utilizzati sono stati tablet, macchine fotografiche, videocamera, computer e lavagna interattiva multimediale.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? I lavori delle varie classi sono confluiti in una pubblicazione intitolata Il mio album di campagna, distribuita alla cittadinanza presente alla manifestazione conclusiva del progetto. Sempre in questa occasione, è stata realizzata un’esposizione dei materiali prodotti dalle classi durante l’anno. Per la rassegna “Quante storie nella Storia. XV Settimana della didattica in archivio” (2-8 maggio 2016) è stata realizzata una mostra fotografica dal titolo “Raccontando Castelvetro”, in cui sono state esposte le foto realizzate dai ragazzi durante la visita alle cascine del territorio, insieme ai documenti ritrovati nell’Archivio storico comunale. Come ne è stata data notizia all’esterno? All’avvio del progetto è stato organizzato un

incontro pubblico aperto a tutti i proprietari delle cascine, per cercare la loro collaborazione. La manifestazione conclusiva si è tenuta presso la Cascina La Secca, il 6 giugno 2016: gli alunni hanno interpretato balli tradizionali e canti tipici del folklore contadino alla presenza di circa mille persone. L’intero progetto, ma anche i singoli step, sono stati divulgati principalmente attraverso la stampa locale; è inoltre in fase di attuazione un sito web riassuntivo.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? I ragazzi hanno sviluppato maggiormente l’amore per il loro territorio, diventando essi stessi custodi dei beni da salvaguardare e tutelare. Inoltre il lavoro di gruppo messo in atto ha contribuito ad aumentare la fiducia e la stima di sé, nonostante la complessità degli argomenti proposti e la distanza temporale rispetto alla realtà degli alunni. Quali difficoltà? La difficoltà principale è stata la mancanza di tempo: la complessità e la vastità dell’argomento avrebbero richiesto infatti una durata più lunga rispetto a quella di un anno scolastico. Ci

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sarebbe piaciuto avere l’occasione di approfondire maggiormente alcune tematiche, che invece siamo stati costretti ad affrontare in modo solo superficiale. Riproporrete questa esperienza? Non si prevede di proseguire su questo specifico argomento, ma la collaborazione con la Biblioteca e l’Archivio comunali continuerà sicuramente.

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ArcheoDoc il DOCumentario sulla preistoria dei prodotti DOC piacentini

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studenti coinvolti:

link web/email:

Istituto statale di istruzione superiore agraria “Giovanni Raineri” di Piacenza

Museo e parco archeologico di Travo (Piacenza)

5 classi per un totale di 150 alunni

• www.archeotravo.it/index.php?ID_ L2_menu=200 • maria.maffi@libero.it • marina.santoni@yahoo.it

altri partner:

• Museo della civiltà contadina ITAS “Raineri” di Piacenza; Delegazione del Fondo per l’ambiente italiano di Piacenza

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Gli studenti dell’Istituto agrario “Raineri� di Piacenza promuovono il Museo e Parco archeologico di Travo cucendo insieme un video sulle tecniche di coltivazione e sui prodotti agricoli dei nostri antenati primitivi

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ArcheoDoc

partenza Quale bene culturale avete scelto? Il villaggio neolitico di Travo, con il Parco e il Museo collegati. Dal 1981 la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna conduce indagini che mirano a ricostruire il popolamento preistorico della media Val Trebbia, con la collaborazione della locale associazione culturale. Dal 1995 lo scavo sistematico nell’abitato neolitico di Sant’Andrea a Travo ha aperto nuove potenzialità, sia scientifiche sia di valorizzazione. Il sito, infatti, presenta strutture ben conservate, che offrono elementi interessanti anche per un pubblico di non specialisti. Dal 2002 le indagini sono condotte nell’ambito di una cooperazione franco-italiana. Nel 2006, dopo che il Ministero per i beni e le attività culturali ha espropriato l’area, il Comune di Travo, d’intesa con la Soprintendenza, ha promosso la realizzazione di un parco archeologico, progettato dall’architetto Merlo. Il Museo archeologico della media Val Trebbia, nel Castello Anguissola di Travo, è lo specchio, sul piano divulgativo, del lavoro scientifico svolto e in corso sul territorio.

Come è nato il progetto? Il Museo voleva sperimentare nuove modalità di divulgazione dei contenuti connessi al bene archeologico, capaci di coinvolgere attivamente il pubblico dei ragazzi; l’Istituto “Raineri” aveva l’esigenza di approfondire la storia della prima lavorazione delle specie vegetali, in rapporto a quelle oggi coltivate nel territorio piacentino. Dalla sintesi di queste esigenze complementari è scaturito il nostro progetto. Quali obiettivi avevate? Anche sotto questo profilo i punti di vista dei partner si sono incrociati. La scuola mirava ad arricchire la cultura e l’identità dei giovani agricoltori, potenziando le attività didattiche con lezioni extra, teoriche e pratiche, e a promuovere la sua immagine nel contesto della provincia, rispetto alla storia locale e alla tutela dell’ambiente. Il museo puntava a coinvolgere gli studenti degli istituti superiori nello studio della preistoria, mettendo a frutto la loro curiosità per divulgare il bene archeologico con un linguaggio attuale e rendere più efficaci e accattivanti le visite dei gruppi organizzati e delle scolaresche.

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attività, strategie e strumenti Quali attività avete realizzato? Quando e dove si sono svolte? Alle lezioni teoriche condotte in aula da esperti (sull’assetto territoriale nella preistoria, sull’avvento dell’agricoltura e dell’allevamento e sulla trasformazione antica degli alimenti) ha fatto seguito la visita al Museo della civiltà contadina allestito nell’Istituto “Raineri”, dove gli attrezzi di lavoro della tradizione sono stati esaminati nella loro evoluzione lungo il tempo. Gli studenti si sono quindi impegnati nelle attività di scrittura e di documentazione video, coordinati da un regista professionista, per poi passare all’azione riprendendo la simulazione di un orto del Neolitico con l’utilizzo di costumi di scena e strumenti da lavoro neolitici ricostruiti in modo filologico. Le riprese si sono svolte tra i mesi di novembre 2015 e giugno 2016 nell’Istituto “Raineri” e nel Parco archeologico di Travo. Quali collaborazioni avete attivato? Sono state avviate intese proficue con il Museo della civiltà contadina, con esperti in archeologia sperimentale (Associazione

“Gruppo archeologico Vea” e “Kleio - Percorsi di storia”) oltre che con la Delegazione di Piacenza del FAI - Fondo per l’ambiente italiano. Quali metodi didattici avete adottato? Dopo le lezioni frontali di inquadramento generale, ai ragazzi sono state illustrate le antiche pratiche agricole e gli attrezzi in legno e pietra utilizzati nel Neolitico, messi in rapporto con quelli conservati nel Museo della scuola, che fa riferimento all’agricoltura premeccanizzata. I ragazzi sono stati sollecitati a produrre una sceneggiatura che proponesse con il loro linguaggio le tematiche affrontate, sceneggiatura poi analizzata in dettaglio insieme al regista e ulteriormente modificata dai ragazzi a partire dai suggerimenti proposti. Quali risorse logistiche e quali strumenti tecnici avete utilizzato? Come risorse logistiche sono state utilizzate: le aule delle scuola, il Museo della civiltà contadina all’interno dell’Istituto e il Parco archeologico di Travo. Tra gli strumenti tecnici: proiettori, cellulari, telecamera professionale, strumenti specifici forniti dal regista. Possono essere considerati strumenti tecnici anche tutti gli oggetti di scena: dai costumi alle

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suppellettili, fino agli attrezzi agricoli antichi ricostruiti filologicamente.

arrivo Quali prodotti o iniziative avete realizzato? Il prodotto finale è stato un video girato in varie location, di cui i ragazzi sono stati produttori e protagonisti, sotto le indicazioni di un professionista. Il videodocumentario si muove tra presente e passato, focalizzandosi su alcune materie prime vegetali del territorio, per introdurre concetti chiave che rimandano agli oggetti archeologici scoperti e conservati nel Museo e Parco archeologico di Travo. Alcune immagini sull’attuale lavorazione di cereali e frutti (documentate nell’azienda della scuola) introducono alla ricostruzione storica. Attori protagonisti sono stati i ragazzi dell’Istituto tecnico, che, tramite formazione e supervisione degli archeologi del Parco, hanno svolto anche esercitazioni di archeologia sperimentale. Come ne è stata data notizia all’esterno? Il prodotto è stato promosso mediante la stampa locale e la realizzazione di un evento pubblico a inizio ottobre 2016, all’interno della manifestazione “Frutti antichi”, che si

svolge nel Castello di Paderna (Piacenza) ed è organizzata dal FAI per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela del paesaggio e dei beni culturali. In questa occasione i ragazzi hanno presentato ufficialmente il video alla stampa e al pubblico. Per tutta la durata del progetto è stato pubblicato un diario con testi e immagini, costantemente aggiornato sul sito www.archeotravo.it e sulla pagina Facebook collegata.

valutazioni Quali effetti positivi avete registrato? L’interesse suscitato nei ragazzi da questa esperienza è certamente il primo risultato virtuoso: alcuni di loro hanno infatti partecipato ad altre iniziative organizzate al Parco archeologico anche dopo la chiusura del progetto, mostrando competenza e serietà. Il riconoscimento del progetto da parte della delegazione locale del FAI, la condivisione dei valori promossi, il coinvolgimento indiretto delle famiglie sono ulteriori effetti positivi. Dal punto di vista delle esperienze multimediali, l’Istituto “Raineri” non ha una tradizione né una dotazione specifica di attrezzature: il progetto è diventato una strategia coinvolgente e innovativa per legare anche questo

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istituto alla produzione di tecnologie innovative, non solo alla loro fruizione. Visto il coinvolgimento e l’importanza trasversale di queste competenze, ciò che i ragazzi e gli insegnanti hanno appreso verrà sicuramente speso in altre attività. Lungo il percorso annuale del progetto si è creato interesse specifico per i vari aspetti e questo interesse potrà essere sviluppato con progetti ulteriori: scrittura creativa, laboratori di produzione e montaggio video, videolezioni... Quali difficoltà? Il budget limitato non ha permesso di sviluppare altri temi che ci si era prefissati in fase di progettazione, ma che potrebbero invece far parte di un nuovo progetto comune. La stagionalità era un aspetto fondamentale del progetto; la natura ha la sua storia annuale, che ha dettato legge in molte situazioni: dalla presenza/assenza di alcune piante nel momento della fioritura e della raccolta dei frutti, al meteo, fino alla difficoltà di sincronizzare impegni scolastici ed eventi naturali.

delle tematiche trattate, legate all’agricoltura e all’allevamento, anche se rivolte a epoche e tecnologie molto lontane nel tempo. Questa complicità permette di dare spessore storico ai contenuti che si propongono nei due diversi ambiti formativi e si rivela un valore aggiunto importantissimo, su cui continuare a puntare. Sono già state fatte alcune ipotesi di un lavoro impostato in questo modo. È nata una sintonia particolare sull’amore per l’intelligenza artigianale nel tempo, un amore visibile nella custodia e valorizzazione degli attrezzi agricoli nel Museo della civiltà contadina della scuola e nelle loro ricostruzioni al Parco archeologico di Travo.

Riproporrete questa esperienza? La collaborazione tra Istituto “Raineri” e Parco archeologico si è rivelata molto proficua e certamente proseguirà in futuro. Tra gli aspetti più interessanti c’è la comunanza

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