I racconti di Violetta. Gli amori di un'eroina verdiana...

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ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

racconti di Violetta

Gli amori di un’eroina verdiana rievocati nei luoghi dell’arte e della cultura della nostra regione


I Racconti di Violetta. Gli amori di un’eroina verdiana rievocati nei luoghi dell’arte e della cultura della nostra regione

a cura di Carmela Baldino e Lidia Bortolotti Celebrazioni del Bicentenario Verdiano, spettacolo I Racconti di Violetta di Gabriele Duma e Andrea Stanisci, realizzato da Opificio d’Arte Scenica

Progetto e realizzazione grafica Beatrice Orsini (IBC) Crediti fotografici Leonardo Arrisi, pagg. 10, 20, 21, 22, 25, 28-29, 30-3146, 51, 52-53 Carmela Baldino (IBC), pagg. 12, 13, 14, 23, 24, 26, 34, 35, 38-39, 40, 41, 42, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 54-55, 5657, 58-59 Leonardo Bonetti, pagg. 15,19, Giorgio Grazioli, pagg. 16-17, 18, 43, 50 Elena Quarta, pagg. 27, 32, 33, 36-37 Andrea Scardova, Costantino Ferlauto, Riccardo Vlahov (IBC) Area comunicazione Valeria Cicala, Vittorio Ferorelli, Carlo Tovoli (IBC) Editoria Isabella Fabbri (IBC)

Si ringrazia per la collaborazione prestata Le Amministrazioni comunali e le Direzioni e il personale dei musei e dei teatri coinvolti, in particolare Tiberio Artioli, Brunetta Barbieri, Donatella Bracchi, Marilena Frati, Giuseppe Gandini, Virginia Gieri, Anita Guidazzi, Giulia Guidetti, Danilo Morini, Oriana Orsi, Claudia Pedrini, Francesca Piccinini, Tania Previdi, Manuela Rossi, Marco Rovati, Milena Semellini, Jenny Servino, Cristina Stefani, Enrico Tabellini, Marco Vergnani Si ringraziano inoltre i colleghi IBC Francesco Amorese, Anna Bacchelli, Maria Galati, Patrizia Marchi, Ivan Orsini, Iolanda Silvestri, Roberto Tommasi Stampa Centro Stampa Regione Emilia-Romagna

Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna Via Galliera 21 - 40121 Bologna www.ibc.regione.emilia-romagna.it www.facebook.com/IBCemiliaromagna


ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

racconti di Violetta

Gli amori di un’eroina verdiana rievocati nei luoghi dell’arte e della cultura della nostra regione a cura di Carmela Baldino e Lidia Bortolotti


Presentazione de I racconti di violetta

E’ sembrato opportuno all’IBC inserirsi nelle celebrazioni dell’anniversario verdiano anche con un diretto richiamo alla eredità musicale lasciata dal maestro, intesa come insuperabile patrimonio culturale formativo della storia stessa della nostra società. Proprio per questo ha assunto un rilievo particolare ambientare le note indimenticabili di Traviata in ambienti capaci proprio di richiamare la ricchezza e la vastità di quei beni artistici che costituiscono parte integrante dell’appartenenza alla realtà civile della nostra comunità regionale. Da qui il meritorio sforzo degli artisti che hanno pensato e prodotto I racconti di

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Violetta, ora documentati, di modificare la modalità di svolgimento del progetto in relazione alle specificità dei luoghi prescelti, luoghi appunto in gran parte diversi dai tradizionali teatri deputati alle manifestazioni operistiche.Una scelta originale, dunque, congruente con il ruolo di un Istituto dei beni culturali sempre dedito alla valorizzazione del nostro variegato patrimonio attraverso, tanto, la costante cura conservativa, quanto la partecipe divulgazione presso i nostri concittadini. Angelo Varni


La proposta del Prof. Varni, Presidente dell’Istituto, di realizzare in occasione delle celebrazioni verdiane una serie di allestimenti in luoghi storici che non fossero, se non di rado, sale teatrali, ha subito incontrato il mio entusiasmo. Ho immediatamente aderito alla scelta di celebrare Giuseppe Verdi in spazi in cui la bellezza e la cultura si fanno pubblici e popolari; ho sentito che corrispondeva perfettamente all’esigenza, condivisa dallo staff di Opificio, di creare occasioni di teatro musicale immersivo, ossia teso ad enfatizzare il ruolo del luogo e dello spettatore nella funzione teatrale. La scelta di allestire Racconti di Violetta, per me materia di sperimentazione già da molti anni, è parsa quasi obbligata. La lunga gestazione del testo della rappresentazione, che nel totale rispetto della scrittura verdiana parte dal libretto di F. M. Piave e risale al romanzo di Dumas, ha portato a una creazione originale che racconta Violetta-Traviata come metafora dell’Arte, incarnazione di vitalità, genius loci che sopravvive a se stessa e anima le dimore che ha abitato. Violetta è così divenuta l’anima vibrante che da sempre vive nei luoghi in cui si va per raccontare e farsi raccontare storie.

È l’Arte di cui, da semplici teatranti, abbiamo voluto farci testimoni narrando la favola delle case in cui è passata, dei luoghi in cui è stata Signora seducente, felice, amata, calunniata, usata, rinnegata, abbandonata, ammalata, in cui è morta, eppure rinasce per chiunque la cerchi con un poco di sincera attenzione. Sollecitato pertanto a creare dieci eventi, in cui luoghi e persone fossero chiamati a partecipare e non solo a far da cornice gli uni e ad assistere passivamente gli altri, con un motivato drappello di nove ottimi artisti, ho potuto immaginare per lo stesso testo dieci diverse regie, necessarie ai luoghi deputati e che testimoniassero con sincerità l’incontro dello spettacolo con lo spazio o gli spazi scelti per la rappresentazione. Per alchimia di siti e persone si sono dunque animati i dieci diversissimi set, che con le loro splendide caratteristiche hanno generato la declinazione dei racconti, lasciandoci infine la giusta nostalgia dell’impresa conclusa e la soddisfazione di aver visto ogni volta lo stupore manifestarsi, per ciascun partecipante, con la scoperta del profondo potere rivitalizzante di certi incontri, di certi bagni d’emozione.

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Dagli appunti di regia Teatro ‘700 di Villa Mazzacorati a Bologna Il fascino è potente e lo spazio, veramente piccolo, si moltiplica con l’abbassarsi delle luci. Quando la temperatura è giusta per l’equilibrio di luci e ombre, canto e racconto vibrano con l’intera scena, nulla è più misurabile. Palazzo Tozzoni di Imola La ricchezza e bellezza del luogo, l’atmosfera del vissuto, del palazzo abitato, la disponibilità della direzione ci conquistano immediatamente. Lo spettacolo si immagina itinerante in cinque diverse sale. Pensiamo di fare due spettacoli nello stesso giorno per contenere il numero dei partecipanti, che immaginiamo in circa cinquanta per rappresentazione. Ogni sala ha la sua atmosfera, esaltata da luci e allestimento e il suono del pianoforte che rimbalza con leggero ritardo da una all’altra, sembra risvegliarle tutte contemporaneamente. Si respira davvero il clima della festa. Il Palazzo vive con noi la storia che raccontiamo, la interpreta con gli attori e i cantanti. Il numero dei partecipanti ci sfugge di mano, in breve quasi raddoppia... decidiamo di girare in seguito il video... La vicinanza di chi assiste, soprattutto gli ultimi momenti di Violetta nella camera azzurra, è davvero toccante. 6

Museo della Città di Modena Lo spazio istituzionale incute quasi timore, poi la moderna sala bianca sposa perfettamente l’allestimento di lenzuola e abatjour, lo avvolge con gli spettatori che, pure se seduti, spiano il racconto attraverso la teoria di pilastri. San Martino in Rio Lo spettacolo cambia prospettiva e la profondità diventa larghezza. Con due pedane creiamo un lieve movimento di tre livelli che giustamente aperti o chiusi dalle luci raccontano bene ogni momento. Atmosfera di teatro di corte. Teatro Socjale di Piangipane È un teatro, ma mantiene una forte connotazione da sala da ballo anni ’20. Il palco è alto sulla platea, che però non ha poltrone, bensì tavoli e sedie alla moda del cafè chantant. Si avverte quasi un cambio di registro nel momento in cui la storia si stacca dal palco e scende in platea. Con le incursioni dei personaggi in sala, lo spettacolo acquista toni più tipici del racconto popolare. Chiostro di San Rocco di Carpi La struttura fissa predisposta dal Comune per le manifestazioni estive non lascia troppe possibilità di trasformazione.


Optiamo per un allestimento canonico, come in teatro, ma spostando più scene dal palco al portico, al fine di enfatizzare l’architettura avvolgente dello spazio e della drammaturgia. Giardini di Pieve di Cento La scelta è decisamente di ambientare il racconto nel giardino. Le luci e l’allestimento lo rendono un vero e proprio set cinematografico in cui la storia prenderà corpo. In preparazione immaginiamo lo spettacolo itinerante, ma l’abitudine del pubblico, che al momento di accoglierlo ci chiede chiaramente di partecipare da un punto fisso, ci sorprende costringendoci a creare naturalmente campi lunghi e primi piani. I narratori diventano le macchine da presa che dirigono l’attenzione dei presenti. La notte estiva regala alla serata una magia in più.

di emozione che non prevedevamo si è aggiunto all’evento, direi quasi malgrado noi. Museo della Musica di Bologna Accogliamo il pubblico cominciando il racconto dalla scalinata d’ingresso. Il canto di Violetta dall’alto dell’androne risuona potente e commuove, anche chi racconta. Teatro Verdi di Fiorenzuola d’Arda È bello concludere tornando al caldo abbraccio di un gioiello all’italiana.

Gabriele Duma

Villa Braghieri di Castel San Giovanni L’incontro delle storie con la Storia. Dividiamo in due la sala scelta per la rappresentazione, in metà sala accogliamo il pubblico, nell’altra metà disponiamo la scena. Sembrerebbe un normale allestimento di teatro a palazzo. Tutto scorre con semplicità, ma per tutti i presenti è impossibile ignorare che Giuseppe Verdi è stato qui. Un sovrappiù 7



I RACCONTI DI VIOLETTA L’IBC PER LA VALORIZZAZIONE DEI LUOGHI STORICI DELL’EMILIA-ROMAGNA in occasione del Bicentenario Verdiano

Calendario delle iniziative www.ibc.regione.emilia-romagna.it

Realizzazione grafica Beatrice Orsini


I RACCONTI DI VIOLETTA - PROGRAMMA DI SALA Musica di Giuseppe Verdi Trascrizione musicale di Aurelio Scotto Con Antonella Franceschini e Gabriele Duma Soprano Scilla Cristiano Tenore Domenico Peronace Baritono Pedro Carrillo Pianoforte Francesco Ricci Testo di Gabriele Duma e Andrea Stanisci Regia di Gabriele Duma Scene e costumi di Andrea Stanisci Luci di Luigi Sermann Atto unico. Durata 80 min. circa La Traviata in forma di racconto musicale. Una favola vera, in cui i più importanti momenti del canto verdiano si intrecciano con l’accorata narrazione proposta da due testimoni particolari, custodi della magica e misteriosa dimora che ospitò gioie e dolori della Signora delle Camelie. E’ il Teatro la casa di Violetta e basta varcarne la soglia e cominciare i racconti perché tutto si trasformi. Così, una dopo l’altra, riviviamo la casa delle feste, la casa dei sogni, del dolore, la casa abbandonata… le tante dimore in cui la bella, da povera ragazza diventò regina, fu ammirata, calunniata, amata, corteggiata, abbandonata e ritrovata... prima di addormentarsi al tempo. “Racconti di Violetta”, secondo la cifra 10

che ormai ci è propria, unisce i linguaggi della prosa, della poesia, della lirica. Linguaggi che insieme generano tanti modi per raccontare le storie di un personaggio divenuto parte del nostro immaginario, del nostro patrimonio culturale e popolare. Raccontare Violetta è percepire in filigrana tutte le Cenerentole la cui vita vera è diventata mito, in cui ancora altre esistenze si specchiano, si rifrangono, è sentire che non le si dimentica e che le si ama. I “Racconti di Violetta” portano in scena storie e canti che passano di bocca in bocca, voci, che mantengono in vita: chi racconta, chi è raccontato e coloro a cui si racconta, in un condiviso senso del popolare, una qualità che pervade l’intera tradizione del melodramma italiano.


LA MUSICA La riscrittura musicale, interpreta “La Traviata” in un ambito più raccolto, squisitamente cameristico. Nella ricomposizione della drammaturgia, si sono utilizzati con una certa libertà i momenti musicali, sia spostandoli rispetto alla loro collocazione originale, sia utilizzandoli come contrappunto alle voci narranti, con cui arrivano a realizzare melologhi che senza soluzione di continuità confluiscono nel canto.

BRANI DALL’OPERA Violetta: “Addio del passato…” Preludio atto I Introduzione all’Atto I Alfredo, Violetta: “Libiamo, libiamo...” Scena ed aria di Violetta: “E’ strano, è strano...” Duetto Alfredo e Violetta: “Un dì felice, eterea…” Aria di Alfredo: “Dei miei bollenti spiriti…” Duetto Germont e Violetta: “Pura siccome un angelo…” Violetta: “Amami Alfredo…” Aria di Germont:: “Di Provenza…” Alfredo: “Ogni suo aver…” Violetta, Germont, Alfredo: “Alfredo, Alfredo…” Baccanale Introduzione all’Atto III Violetta, Alfredo e Germont: “Prendi, quest’è l’immagine…”

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I luoghi degli spettacoli

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Bologna, Teatro 1763 - Villa Mazzacurati 30 dicembre 2013, ore 21.00

Pieve di Cento (BO), Giardino Malservisi 3 luglio, ore 21

Imola (BO), Palazzo Tozzoni – varie sale 6 gennaio 2014, ore 17.30 due repliche

Castel San Giovanni (PC), Salone di Villa Braghieri, Dimora storica e Biblioteca Comunale 26 settembre 2014, ore 21

Modena, Musei Civici 1 marzo 2014, ore 17.30 San Martino in Rio (RE), Rocca sede di Museo e Biblioteca 12 aprile, ore 20.30 Piangipane - Ravenna, Teatro Socjale 25 aprile, ore 21

Bologna, Museo della Musica 4 ottobre 2014, ore 17.30 due repliche Fiorenzuola d‘Arda (PC), Teatro Comunale Giuseppe Verdi 19 ottobre 2014, ore 17.30

Carpi (MO), Musei di Palazzo Pio, Chiostro di San Rocco 1 luglio, ore 21

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Teatro 1763 Villa Aldrovandi Mazzacurati, Via Toscana, 19 - Bologna È questo uno spazio teatrale di straordinaria bellezza rimasto pressoché invariato dalla sua fondazione ad oggi, espressione tangibile della passione per le rappresentazioni teatrali del conte Gianfrancesco Aldrovandi che ne volle la realizzazione. Ereditato nel 1760 il Palazzo di Camaldoli, antica dimora ‘fuori porta’ della famiglia bolognese degli Aldrovandi, il conte avvia un’imponente opera di ristrutturazione per renderla confortevole, degna di ricevere nobili, letterati, politici ecc. Il progetto è affidato a Francesco Tadolini. Il teatro, realizzato nell’ala sinistra della villa, viene inaugurato il 24 settembre 1763 con la rappresentazione dell’Alzira di Voltaire. Tra gli attori figurano gli stessi Gianfrancesco e sua moglie Lucrezia. Un teatro a tutti gli effetti, in scala ridotta, che presenta doppio accesso dall’esterno ed un collegamento ai saloni interni, palcoscenico sopraelevato, retropalco, attrezzeria e foyer. La sala teatrale a pianta rettangolare è circondata da due ordini di balconate con andamento ad U. Ventiquattro eleganti sculture fra telamoni e cariatidi fungono da abbellimento alle strutture portanti delle balconate e, in origine, 66

servivano da tedofori per l’illuminazione, all’occorrenza venivano abbellite da ramoscelli e ghirlande. Ogni scultura, la cui parte terminale è a forma di tritone, è diversa dall’altra e quattro di esse terminano a colonna e hanno un cesto posato sulla testa, che forse veniva riempito con frutta e frasche. La balconata superiore un tempo era collegata alle stanze private della famiglia. Le pareti laterali della platea sono affrescate a trompe-l’oeil con putti e ghirlande, mentre sulle pareti laterali delle balconate e di fondo sono rappresentate scene di caccia in voga nel ‘700. Le balconate sono abbellite da affreschi in stile neoclassico: un susseguirsi di puttini che campeggiano entro medaglioni con nodi d’amore. L’Associazione Cultura e Arte del ‘700, sorta nel 1993, opera per la tutela e valorizzazione del teatro sulla base di una convenzione col Comune di Bologna Quartiere Savena. Dal 2002 Teatro 1763 è iscritto all’Associazione Europea dei Teatri Storici PERSPECTIV e partecipa alla “Route of Historical Theatres”, approvato dalla Comunità Europea.


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Palazzo Tozzoni Via G. Garibaldi, 18 – Imola (Bologna) L’antica famiglia Tozzoni, originaria di Lucca, si insediò a Imola nel XV secolo. Protagonisti della vita pubblica imolese, nel tempo i Tozzoni ricoprirono importanti incarichi pubblici ed ecclesiastici anche presso alcune corti italiane e nel ‘600 acquisirono il titolo di conti. Importanti matrimoni consentirono loro di intrecciare preziose parentele e incrementare sempre più il patrimonio terriero che alla fine del ‘700 si estendeva tra Imola e Modena. Tra il 1726 e il 1738 le antiche case poste su via della Fortezza (ora via Garibaldi), ove la famiglia risiedeva dalla fine del ‘500, furono completamente ricostruite realizzando una dimora in grado di soddisfare le esigenze di rappresentanza della nobile famiglia. Molto probabilmente il conte Francesco ne affidò la progettazione al noto architetto bolognese Alfonso Torreggiani, coadiuvato a Imola da Domenico Trifogli, architetto d’origine ticinese. Il linguaggio bolognese coevo, di cui l’edificio è espressione, risulta evidente nella sobria facciata con l’imponente portone, nell’ampio salone al piano nobile, cui si accede da uno scenografico scalone decorato dagli stucchi del ticinese G. B. Verda e arricchito dalle statue del fiammingo F. 68

Janssens. La rappresentazione Racconti di Violetta viene allestita al piano nobile dove gli ambienti del salone, dell’appartamento barocchetto e di quello impero sono una scenografia straordinaria. L’appartamento barocchetto, posto nell’ala ovest, venne realizzato in occasione del matrimonio tra Giuseppe Tozzoni e Carlotta Beroaldi, parente del futuro papa Benedetto XIV, i tre ambienti: salotto rosso, salotto del papa e camera dell’alcova, riflettono il gusto francese dell’abitare al tempo in voga. Nel 1818, in occasione del matrimonio tra il conte Giorgio Barbato e Orsola Bandini di Faenza, viene ristrutturata l’ala est creando l’appartamento impero, di gusto neoclassico, con arredi dell’ebanista Angelo Bassi e decorazioni parietali di Pasquale Saviotti, entrambi faentini. Oggi Palazzo Tozzoni è una straordinaria e preziosa ‘casa museo’ aperta al pubblico fin dal 1981, pochi anni dopo la donazione alla città da parte dell’ultima discendente Sofia Serristori Tozzoni. I numerosi ambienti, perfettamente conservati, con gli arredi e le suppellettili originali, la collezione d’arte, la biblioteca e l’archivio storico testimoniano i diversi modi di abitare che nel tempo si sono susseguiti, mantenendo al tempo stesso il fascino di una dimora a lungo “vissuta”.


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Musei Civici Largo Porta Sant’Agostino, 337 - Modena Il Museo Civico, oggi composto da Museo Civico Archeologico Etnologico e Museo Civico d’Arte, è nato nel 1871 come museo unitario e dal 1886 ha sede nel Palazzo dei Musei. Il suo fondatore e primo direttore Carlo Boni creò un museo caratterizzato da un’apparente eterogeneità, risultato, invece, di un disegno organico pensato per “accogliere e conservare tutto quanto potesse interessare l’intera popolazione”. I successivi direttori, Arsenio Crespellani e Luigi Alberto Gandini, ne continuarono l’opera con importanti estensioni del patrimonio. L’origine ottocentesca è stata valorizzata nell’attuale aspetto espositivo del museo, risalente al 1991, che mantiene sostanzialmente intatti gli arredi del diciannovesimo secolo e recupera una testimonianza museografica di assoluto rilievo nel panorama italiano ed europeo. La nascita del museo cittadino fu promossa e condivisa da una borghesia illuminata che, negli anni immediatamente successivi all’unità del Paese, volle impedire la dispersione del patrimonio archeologico, storico e artistico locale e che nel museo depositò, tramite lasciti e donazioni, la memoria di sé e della propria epoca. Sulla scia del dibattito sull’evoluzionismo di quegli anni, il museo accoglie quei reperti delle terramare dell’età del bronzo che aprivano nuovi scenari sulla preistoria 70

e sui più antichi insediamenti umani nel modenese. Per fornire dati utili alla comprensione della società del passato, accanto alle raccolte archeologiche si affianca una sezione di etnografia che riunisce materiali provenienti da viaggi ed esperienze in terre lontane. Attraverso relazioni con il mondo delle grandi esposizioni internazionali e dei nascenti musei europei di arti decorative, il museo ha sviluppato nei decenni seguenti la propria vocazione didattica creando repertori di tecniche, forme e modelli delle più svariate tipologie di materiali. Nel corso del tempo, dall’Ottocento ad oggi, il patrimonio museale si è arricchito di nuovi reperti archeologici, di raccolte etnologiche e di opere d’arte grazie a donazioni, depositi, acquisizioni e acquisti. I dipinti e gli argenti della collezione Sernicoli, donata al Museo Civico d’Arte, e le testimonianze della città e delle necropoli romane recuperate negli scavi sono la più recente testimonianza di questa crescita ininterrotta. Continuare l’opera dei suoi fondatori rappresenta per il museo un costante impegno, nella consapevolezza che l’identità cittadina si rafforza guardando al passato e conservandone la memoria, ma anche rinnovando costantemente la ricerca scientifica e il rapporto con il pubblico.


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Museo e Biblioteca, Rocca Estense Corso Umberto I - San Martino in Rio (Reggio Emilia) La Rocca di San Martino in Rio: prima fortificazione, poi residenza signorile e oggi contenitore cultuale. Costruita tra il XI e il XVIII secolo su insediamenti preesistenti, distrutta e ricostruita più volte, conserva testimonianze storiche e artistiche di periodi differenti. È appartenuta prima alla famiglia reggiana dei Roberti, infeudata nel 1115 da Matilde di Canossa; successivamente agli Este, in particolare dal 1490 al ramo cadetto degli Este di San Martino; infine dal 1772 al 1792 al Marchese Don Paolo Rango d’Aragona. Il Torrazzo, di epoca trecentesca, testimonia il sistema difensivo voluto dai Roberti: un recinto fortificato con quattro bastioni angolari e un ampio fossato perimetrale. Della stessa epoca è la Cappella di San Giovanni che conserva l’altare originale con lo stemma dei Roberti. Degna di nota è Sala dell’Unicorno con un ciclo di affreschi commissionati da Borso d’Este per celebrare le opere di bonifica. Sono di epoca seicentesca, invece, lo scalone di rappresentanza e le decorazioni di emblemi, che richiamano le imprese e le virtù estensi, presenti sui soffitti e sulla fascia superiore delle pareti di Sala del Teatro e Sala delle Aquile. Nell’ala est, ora occupata dalla Biblioteca, soffitti lignei cinquecenteschi dipinti a 72

grottesche coesistono con pareti decorate a finta carta da parati, stucchi e camini in marmo e scagliola di epoca settecentesca, voluti dal marchese Rango d’Aragona, il cui stemma è visibile nell’omonima Sala d’Aragona. Tra Ottocento e Novecento gli spazi della Rocca sono utilizzati per gli usi più svariati: sede della Municipalità, di associazioni e partiti, caserma, prigione, casa del fascio, camera del lavoro, scuole, abitazioni private, banche. Nel 1977 iniziano i lavori di restauro per il recupero e la valorizzazione dell’edificio, che oggi ospita gli uffici comunali, la Biblioteca civica, il Museo dell’Agricoltura e del Mondo Rurale, l’Archivio storico, l’Archivio Henghel Gualdi e la Pinacoteca Coppelli. Nei saloni del piano nobile trovano spazio mostre temporanee, convegni, spettacoli ed eventi culturali. Il Museo, situato al piano terra e nei sotterranei, raccoglie, conserva, studia e valorizza le testimonianze umane e l’esperienza di vita contadina e artigiana della media pianura reggiana, quale era fino all’inizio del XX secolo, prima della meccanizzazione agricola. Si tratta di un museo a carattere antropologico che pone al centro dei propri interessi l’Uomo quale produttore di oggetti, riti, simboli, parole e saperi.


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Teatro Socjale via Piangipane 153 - Piangipane, Ravenna Il Teatro Socjale è stato inaugurato nel 1921 con un grande comizio. Fin dal 1909 i soci della locale Cooperativa Agricola Braccianti (attuale CAB TERRA) tuttora proprietari, ne deliberano l’edificazione e a tal fine acquistano un terreno posto a fianco della sede del Partito Socialista di Piangipane Carlo Liebknecht. La volontà di dare vita ad un teatro da parte di persone che al tempo vivevano una quotidianità difficile e precaria, molte delle quali avevano una scolarizzazione bassa o inesistente, esprime il profondo bisogno di aggregazione. La ricerca di un miglioramento delle loro condizioni di vita attraverso la realizzazione di un luogo ricreativo consentiva un’adeguata elevazione culturale, dando giusta dignità a bisogni non strettamente materiali. Nel teatro si sono tenuti grandi concerti d’orchestra, spettacoli lirici, operette, feste danzanti, quindi sono seguite le proiezioni cinematografiche. Costruito nel tempo libero dai braccianti, sotto la guida di mastri muratori questo teatro, dalla struttura essenziale e gradevole nelle linee, è al contempo funzionale, inoltre nella veste attuale

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non manca di una certa eleganza retrò. Dal vestibolo si accede all’ampia platea a pianta rettangolare con un’unica balconata sorretta da sottili colonnine in ghisa. La sala presenta decorazioni parietali e a soffitto realizzate a tempera, il palcoscenico, di dimensioni adeguate, è tuttora dotato del graticcio ligneo originale. Attualmente il Socjale risulta essere uno spazio culturale versatile, significativo punto di riferimento sul territorio ravennate e che opera sia autonomamente che in collaborazione con importanti interlocutori del settore, tra cui il “Ravenna Festival”. Tutto questo grazie al corposo intervento di restauro conservativo e di complessiva messa a norma di cui il teatro è stato oggetto nel 2004, al fine di garantirne agibilità e funzionalità. Il progetto ha inteso cogliere le molteplici esigenze di questo spazio, coniugandone l’originalità con la possibilità di renderlo fruibile ad un vasto pubblico. L’impegno profuso, sia da soggetti pubblici che privati, ne ha reso possibile la restituzione così come era stato voluto in origine.


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Chiostro di San Rocco Via San Rocco, 1 – Carpi (Modena)

Addossato al fianco ovest della chiesa di Santa Maria delle Grazie, fondata nel 1495 da Alberto III Pio, fu costruito alla metà del XVIII secolo l’omonimo convento. Nel 1758 i Servi di Maria furono allontanati dalla città di Carpi e la chiesa, dal 1771, fu affidata alla confraternita di San Rocco, da cui prese il nuovo nome. Il convento è incentrato sul cortile di struttura settecentesca, risultato di interventi successivi conclusi intorno al 1750, che portarono al completamento dei quattro lati del portico. Il cortile si sviluppa su due livelli sovrapposti, caratterizzati a piano terra da un alto porticato e al primo ordine dagli spazi destinati alle celle e alle aree comuni del convento. Il portico del cortile, di pianta quadrangolare, è scandito dall’apertura di cinque alte arcate sui lati più corti a est e a ovest e da sei arcate nei restanti lati. Gli archi poggiano su pilastri sobriamente decorati da paraste aggettanti con capitelli di ordine dorico e

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volte a crociera. Una fascia modanata in cotto delimita il piano di appoggio della loggia che si affaccia sul cortile creando un raffinato contrasto cromatico con l’intonaco delle facciate. La loggia superiore, anch’essa voltata a crociera, riceve luce dalle ampie finestre rettangolari disposte regolarmente in corrispondenza di ogni arcata. Alte paraste, disposte in continuità con i pilastri sottostanti, suddividono ritmicamente gli spazi delle facciate e servono da base di appoggio per il cornicione a dadi che conclude orizzontalmente la facciata prima della falda del tetto da cui svetta l’elegante campanile che costituisce un elemento di visibilità del complesso. Dopo l’importante restauro degli anni ’80, l’area dell’ex convento di San Rocco ospita uffici del Comune e l’Istituto Musicale Vecchi Tonelli oltre che, nella corte, manifestazioni musicali e spettacoli.


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Giardini Malservisi Casa Residenza Luigi Galuppi - Francesco Ramponi, via Gramsci 28 - Pieve di Cento (Bologna)

Pieve di Cento vanta un’antica tradizione teatrale che trova documentato riscontro già nel XVII secolo, quando alcuni privati cittadini, appartenenti alle famiglie più in vista, realizzarono un piccolo teatro che risulta essere stato utilizzato per le rappresentazioni allestite dalla ‘colta gioventù’ locale fino al 1776. La sala, ormai in degrado, fu demolita all’inizio dell’Ottocento. Dal 1785 i giovani ‘dilettanti di commedie’ trasferirono la loro attività in uno spazio all’interno del Palazzo Apostolico, attuale residenza municipale. Questo spazio nel tempo si trasformò nel Teatro Comunale cittadino. L’attuale teatro, un’elegante sala all’italiana con tre ordini di palchi progettata da Antonio Giordani, è stato inaugurato il 25 agosto 1856 con Il Trovatore di Verdi. Attivo fino alla metà del Novecento, il teatro è rimasto chiuso per quasi quarant’anni non essendo adeguato alle norme di sicurezza. Restaurato e reso nuovamente agibile è stato riaperto nel 2003. Negli eleganti ambienti del foyer è stato allestito un interessante Museo della Musica che

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documenta i diversi aspetti della lunga storia musicale centopievese. Nel maggio 2012 anche Pieve di Cento è colpita dal terremoto e il teatro resta chiuso per oltre un anno, messo in sicurezza e nuovamente fruibile viene riaperto nel dicembre 2013. La programmazione estiva de I racconti di Violetta ha obbligato ad allestire lo spettacolo all’aperto, nei giardini dell’Opera Pia Galuppi presso Palazzo Govoni, un notevole esempio di dimora settecentesca, di particolare pregio risulta infatti essere lo scalone d’onore barocco ornato con statue ed affreschi. L’edificio, che nel 1857 ospitò papa Pio IX, è dal 1864 sede dell’Opera Pia Galuppi, un’istituzione che ha il compito dare assistenza e cura alle persone anziane, usufruendo a tale fine dei lasciti del fondatore Luigi Galuppi che nominò suoi eredi universali i “poveri della terra di Pieve di Cento”. Nel bel giardino interno sono collocate tre sculture in bronzo di Severo Pozzati (Sepo), le opere fanno parte di una più ampia donazione a favore della Pinacoteca Civica di Pieve.


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Salone d’onore di Villa Braghieri Via Emilia Piacentina, 31 - Castel San Giovanni (Piacenza)

Il primo nucleo di Villa Braghieri risale al 1690-1698 quando sorge come ‘casino di campagna’ della nobile famiglia Chiapponi Scotti, che ne è proprietaria fino ai primi dell’Ottocento. Varie opere sono eseguite nel tempo. Gli interventi di completamento della villa, quali la scala principale, l’ingresso, il salone, l’ala orientale con la facciata, la sistemazione del parco e del giardino e buona parte delle opere decorative interne sono compiute attorno al 1790. Opere che le conferiscono la forma attuale. Oltre alle decorazioni, la residenza è stata nel tempo arricchita con arredi importanti di epoca e scuole diverse di cui solo una parte si conserva ancora in loco. Acquistata dagli Albesani, detentori di grandi proprietà fondiarie, nel 1809, la villa divenne un importante punto di riferimento nel dibattito civile e culturale della comunità castellana. Gli ambienti non subirono modifiche architettoniche ma furono resi funzionali alle rinnovate esigenze dei suoi autorevoli proprietari, impegnati tra l’altro ai vertici dell’amministrazione di questo comune. Sia gli Albesani che il successivo proprietario Carlo Braghieri

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(dal 1905) erano filantropi ed amanti del teatro. Se Pietro Albesani promosse la costruzione del locale Teatro Comunale (inaugurato nel 1823), Braghieri ne promosse la rinascita con nuove stagioni di prosa e di lirica. Il 14 settembre 1859, di passaggio in carrozza verso Torino, dove avrebbe incontrato Re Vittorio Emanule II, Giuseppe Verdi fu ospitato alla villa per il pranzo dal Podestà Antonio Albesani, fervente patriota. Il maestro viaggiava con i messi che avevano l’incarico di consegnare al sovrano il decreto col quale le Province Parmensi si proclamavano unite al Regno di Sardegna, decretando la caduta dei Borboni. Dal 1971 villa e terreni annessi, per volontà di Carlo Braghieri, vengono amministrati prima dall’Ente Comunale di Assistenza (ECA) e, dopo lo scioglimento dell’ente da parte della Regione Emilia-Romagna, dallo stesso Comune attraverso una commissione apposita. Dopo un periodo di abbandono e degrado questa dimora storica è da tempo oggetto, da parte del Comune, di un complesso progetto di recupero conservativo e funzionale cui lo stesso IBC ha dato significativo supporto.


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Museo internazionale e biblioteca della musica - Palazzo Sanguinetti Strada Maggiore, 34 – Bologna

Il Museo internazionale e biblioteca della musica è stato inaugurato nel maggio 2004 all’interno di Palazzo Sanguinetti, nel centro storico di Bologna. Il percorso espositivo si snoda attraverso nove sale, che ripercorrono circa sei secoli di storia della musica europea, con oltre un centinaio di dipinti, più di ottanta strumenti musicali antichi ed un’ampia selezione di documenti storici di enorme valore provenienti dal lascito di Padre Giambattista Martini. Dispone inoltre di una sala eventi con relativo foyer dotato di postazioni multimediali, di laboratori didattici, di uno spazio mostre temporanee, di un bookshop. Al piano terra è stato fedelmente ricostruito il laboratorio del famoso liutaio bolognese Otello Bignami, donato dagli eredi al Museo della Musica. Dal gennaio 2013 anche la biblioteca musicale ha finalmente trovato la sua degna collocazione negli spazi deputati all’interno di Palazzo Sanguinetti, offrendo sale di lettura attrezzate e differenziate per la consultazione di una

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delle più prestigiose collezioni librarie, nota per il repertorio di musica a stampa dal ‘500 al ‘700, per gli incunaboli, per i preziosi manoscritti, per i libretti d’opera, nonché per la singolare raccolta di autografi e lettere, frutto di un carteggio tenuto da Padre Martini con personaggi eminenti, studiosi e musicisti dell’epoca. Il Museo non si propone però solo come luogo di conservazione e valorizzazione del patrimonio musicale “classico”, ma anche come territorio di contaminazione, di ricerca e di promozione, mettendo a disposizione i suoi spazi per eventi culturali “off ”, agendo al di fuori dagli schemi e dai canoni museali tradizionali. Il Museo della musica quindi come luogo aperto e vivace, polifunzionale, interattivo e di servizio, frequentato dagli addetti ai lavori e dagli appassionati, dai cittadini e dai turisti, dagli adulti come dai bambini, con un unico comune denominatore: la musica in tutte le sue forme ed espressioni.


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Teatro Comunale Giuseppe Verdi Piazza San Francesco - Fiorenzuola D’Arda (Piacenza)

Inaugurato con la rappresentazione dell’Attila di Giuseppe Verdi l’8 ottobre 1853 questo teatro è stato dedicato al celebre compositore nel 1901. Fin dal 1840 la locale amministrazione aveva avviato quanto necessario per erigere un teatro adeguato ai bisogni della comunità, giudicando fosse necessario alla “borgata” che contava al tempo una popolazione di tremila abitanti ed era posta sulla via Emilia, quindi luogo di continuo passaggio di forestieri che sovente vi si fermavano e sostavano. Della progettazione fu incaricato l’architetto piacentino Gian Antonio Perreau (1798-1869), ch’ebbe modo di mettere in pratica le sue competenze in materia di trattatistica teatrale, tecniche di scena, nonché le teorie relative alla propagazione del suono a quel tempo note. L’edificazione del teatro non fu immediatamente avviata a causa di vari impedimenti. Il progetto definitivo fu approvato solo nel 1847 con decreto di Maria Luigia e furono avviati i lavori. Il teatro realizzato risultò elegante e sonoro, con un bel apparato decorativo,

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scelto dalla Reale Accademia di Belle Arti di Parma. Nel tempo il teatro è stato più volte oggetto di ristrutturazioni e restauri preservando comunque l’originale tipologia ottocentesca. Dall’atrio a pianta rettangolare si accede alla platea con pianta a ferro di cavallo e con tre ordini di palchi e un loggione. Il primo ordine è suddiviso in quattordici palchi mentre il secondo e il terzo in tredici palchi. L’attuale apparato decorativo, realizzato nel corso del primo restauro (1914-16), è opera del pittore P. Varoli che dipinse effigi di autori celebri e medaglioni con figure mitologiche sulle balconate dei palchi, mentre sul velario lo stesso pittore raffigurò le muse della Musica, della Poesia e della Pittura. Dal 1962 il teatro è stato chiuso per inagibilità per molti anni. Alla fine degli anni Novanta è stato avviato un lungo e complesso intervento di recupero e messa in sicurezza che, condotto per successivi stralci, ha consentito un parziale utilizzo del foyer dal 2002 e la riapertura definitiva del teatro nella primavera del 2006.


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Finito di stampare nell’anno 2015 dal Centro Stampa della Regione Emilia-Romagna




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