Scrittura creatività fantasia

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INDICE AUTORI

PAG.

• Fantasia di un viaggio di Natale

Emanuele Cavuta

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• Il Gufo Mosé e il ritorno del Santo Natale

Rosario Ruggiero

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• Il gigante tondo sordo

Valentina Cecchini Francesco Codazzo Lorenza Pia Menè Gaetano Paras Parascandolo Stefano Re Gianluca Romanelli

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• Jack l’agitato e il gigante

Emanuele Cavuta Valeria Di Tommaso Riccardo Piccoli Greta Primavera Lorenzo Rovera Chiara Susi

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• Un desiderio avventato

Helena Di Luca

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• Timmy e il gigante affettuoso

Rosario Ruggiero Vincenzo Sallese

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• La famiglia Fortecuore

Helena Di Luca Alessia Piccoli Carlotta Valentinetti

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• L’avventura di ghiaccio

Alessia Piccoli Riccardo Piccoli Riccardo Pistilli Gianluca Romanelli Vincenzo Sallese Carlotta Valentinetti

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• Crociera attraverso il Mediterraneo

Valentina Valentina Cecchini Valeria Di Tommaso Lorenza Pia Menè

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• La fuga

Lorenzo Rovera

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• Il sole di Zoe

Rosario Ruggiero

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• La epica battaglia

Vincenzo Sallese

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• La lotta fra fratelli

Emanuele Cavuta

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Rosario Ruggiero

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RACCONTI DI NATALE

C’ERA UNA VOLTA…

IL RACCONTO DI AVVENTURA

IL RACCONTO FANTASY

LA LETTERA • Caro Papa Francesco, ti scrivo…

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«Natale è la festa più bella bella di tutte perché con la nascita del Signore l’innocenza tornò nel mondo. Da allora questa è la festa della Speranza e della Pace. Tutto sembra fatto per la gioia dei ragazzi»

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FANTASIA DI UN VIAGGIO DI NATALE L’anno scorso i miei genitori, come regalo di Natale, mi hanno portato a fare un viaggio al Polo Nord, dove vive Babbo Natale e dove c’è la sua fabbrica dei giocattoli. Quando siamo arrivati io sono voluto andare subito a vedere come era fatto quel posto. Siccome mancavano pochissimi giorni al 25 di dicembre, nel cortile della fabbrica c’erano tanti gnomi che lavoravano allegramente e stavano preparando la slitta sulla quale Babbo Natale doveva caricare i giocattoli: la spolveravano, la lucidavano, la decoravano con ghirlande e nastri dai variopinti colori. Altri gnomi preparavano le renne che dovevano trainare la slitta: controllavano se avevano da mangiare a sufficienza, se stavano bene in salute e poi spazzolavano il pelo, lucidavano le corna, pulivano perfino i denti con lo spazzolino ed il dentifricio. All’interno dell’edificio Babbo Natale stava nel suo studio a leggere tutte le lettere che, da ogni parte del mondo, i bambini e le bambine gli inviavano. Però prima di preparare i pacchi con i giocattoli richiesti, egli controllava un grande quaderno dove era scritto tutto quello che ciascun bambino aveva fatto durante l’anno: si era comportato bene con i genitori? Aveva fatto sempre i compiti per la scuola? Era stato buono con i nonni e con i fratellini e le sorelline? Se era stato buono e si era sempre comportato bene, Babbo Natale dava indicazioni al Direttore della fabbrica di preparare il pacco con tutti i doni. Nella fabbrica c’era un’atmosfera molto divertente e magica. Tutti si davano un gran da fare per preparare i tanti tipi di giocattoli richiesti. Trenini, automobili, aerei, soldatini, pupazzi che suonavano tanti strumenti musicali: la tromba, il tamburo, il pianoforte, ecc.. Personaggi del circo, animali di pezza e di legno: leoni, tigri, giraffe, elefanti e tanti altri. E poi bambole, carrozzine e attrezzi per la cucina. Personaggi famosi del cinema: Stanlio e Ollio, Charlot e dei cartoni animati: Topolino, Paperino, i tre porcellini, Pluto, Pippo, Cip e Ciop, Qui Quo Qua, ecc.. Finalmente arriva la notte prima di Natale; gli gnomi attaccano le renne alla slitta, tutti i giocattoli, come per magia, si animano e la raggiungono, Babbo Natale li attende per metterli in un grande sacco e caricarli sulla slitta. Tutto è pronto per la partenza! Babbo Natale saluta con un grande sorriso gli gnomi che finalmente possono riposare un po’ dopo tanta fatica, mentre le renne sono ansiose di volare nel cielo per portare i regali ai bambini di tutto il mondo. Incuriosito anch’io di volare nel cielo, mi sono tuffato ed intrufolato tra i giocattoli e ho seguito Babbo Natale nel suo viaggio. Br…… che notte fredda! Una tempesta di neve ci ha accompagnati per tutto il tragitto, fino a quando Babbo Natale ha fermato la slitta con le renne nelle vicinanze di una casa che appena si scorgeva per la tanta neve che la ricopriva. Sbirciando dalle finestre appannate, ci siamo accorti che tutti dormivano e, per non fare rumore nell’aprire la porta, abbiamo deciso di entrare dal comignolo 4


fumante. Una volta giù abbiamo visto tante calze appese al camino e Babbo Natale ha subito svuotato il sacco per cominciare la distribuzione dei doni. Prima di riempire le calze però, ci siamo accorti che in quella casa non c’era l’albero di Natale; allora Babbo Natale mi ha detto: “Emanuele che dici di rendere l’atmosfera di questo focolare più natalizia?”. Io risposi di sì ed insieme ai giocattoli, di nuovo attivi, cominciammo a realizzare l’abete natalizio. Le palline sono state appese lanciandole con il cannone richiesto da Tommaso, la stella di natale è stata inserita sulla punta dell’albero con il dirigibile tanto desiderato da Francesco, la neve è stata sparata utilizzando l’autobotte dei vigili del fuoco voluta da Nicola, i dolci ed i leccalecca sono stati appesi dalla bambolina tanto sognata da Anna. Ora era davvero tutto pronto per cominciare a riempire le calze con i dolciumi ed i giocattoli. Intanto, i bambini si erano svegliati e, molto incuriositi, erano scesi dalla loro cameretta per raggiungere la stanza del caminetto. Al sentire le loro voci, Babbo Natale ed io ordinammo ai giocattoli di tornare al loro posto e nelle loro scatole. Contenti di aver realizzato il sogno di quei bimbi, risalimmo il comignolo per continuare, insieme alle renne, il nostro fantastico viaggio di Natale, che ci avrebbe portato in altre case e ci avrebbe dato la possibilità di rendere felici tanti altri bambini sparsi in ogni angolo della terra. Emanuele Cavuta

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IL GUFO MOSE’ E IL RITORNO DEL SANTO NATALE La grande e maestosa quercia dominava tutta la valle ed il povero paesino, attraversato da un fiume, che si estendeva fino alla piccola radura dove affondavano le sue possenti radici. Proprio in quel posto c’era una misera costruzione fatta di tronchi ed assi messi in malo modo: un tempo lontano era una stalla. Ai piedi di quel rudere c’era un cespuglio dalle foglie di un verde smeraldo da cui partivano rami che, salendo, tenevano legati insieme le travi e gli assi di quella cadente capanna , come se volessero conservarla nel tempo. Essi erano tempestati da una miriade di fiori bianchi come la neve, che mandavano un profumo intenso e delizioso che si espandeva per tutta la radura. Saliva fino alla cima dell’albero, impenetrabile, come il muro di un grande edificio, l’olezzo immenso di un antico tiglio in fiore. Nella parte più robusta della quercia secolare, su un ramo che dava l'impressione di essere un trono, era posato il maestoso e saggio gufo Mosè. Un mattino il grande uccello si svegliò come sempre al cinguettio degli usignoli e, come sempre, appena fuori dal suo nido, fece un grande respiro per sentire l'inebriante profumo dei fiori , ma a malincuore scoprì che il cespuglio era malato: il profumo non era intenso come sempre e le foglie del cespuglio cominciavano ad ingiallire. Prontamente entrò nel suo nido e dopo poco uscì con un grande libro impolverato con una scritta in oro sulla copertina: “ La storia degli abitanti della valle”. Quel libro dava tutta l'impressione di essere un libro magico, invece riportava tutta la storia di ogni essere vivente della valle fin dalla sua nascita. Il vecchio gufo andò subito a leggere il capitolo che riguardava la povera pianta ammalata. La sua storia era fantastica! Tra l’altro raccontava che il cespuglio, un tempo lontano, aveva assistito a un grande evento: la nascita. di un bimbo nato proprio lì in quella stalla, in una notte fredda e gelida di un inverno di tanti tanti anni prima e in quella notte, recitava il libro, splendeva in cielo una stella cometa lucentissima che illuminava a giorno tutta la valle. Il nome che pronunciò la Mamma quella notte fu “ GESU' “. Da quel giorno, lì ed in tutto il mondo, nacquero quei meravigliosi cespugli dai fiori bianchi e profumati. Il gufo, allora, volò vicino alla pianta e chiese perché era nata proprio lì e perché stava morendo. In coro tre fiori risposero che il cespuglio era nato per volontà di Gesù che aveva dato loro il compito di moltiplicarsi per il mondo ed il potere di diffondere sulla terra la gioia, la bontà e la fede in Dio con la loro bellezza ed il loro profumo. Aggiunsero che era un po' di tempo che il cespuglio si ammalava per qualcosa che colpiva le radici, la pianta soffriva, inoltre per i mali che scorrazzavano sulla terra e che ormai era l'unica rimasta ancora in vita. Mentre il gufo parlava con i fiori, una formica uscì da un buchetto e ad alta voce comunicò che sotto la pianta c'era una vera e propria caverna con miliardi di formiche rosse – formiche dell'inferno- che attaccavano le povere radici penzolanti dall'alto della cavità, e da lontano in basso si avvicinava dalle profondità un fuoco caldissimo che bruciava tutto quello che incontrava. Il gufo comunicò a tutti la strategia da mettere in atto ed il capo delle formiche, nemmeno avesse una piattaforma internet, dopo pochi istanti fu circondato dall'intero formicaio e da tutti gli abitanti del sottosuolo; diede loro tutte le 6


disposizioni e immediatamente le formiche e gli altri insetti si divisero in due grandi gruppi. Il primo gruppo, capeggiato da enormi scarafaggi, armato fino ai denti con spade, lance e fionde rudimentali, andò a fronteggiare le malefiche formiche rosse; mentre l'altro gruppo, capeggiato dai castori, armato di picconi e vanghe, andò verso il fiume del paese per costruire una diga che doveva servire a convogliare l'acqua verso la cavità per bloccare il fuoco che avanzava. Dopo lotte estenuanti e opere di alta ingegneria, per convogliare l'acqua, l’esercito del BENE ebbe la meglio sul MALE. Subito, dopo qualche minuto, avvenne il miracolo: la pianta iniziò a produrre migliaia di fiori e la valle si rivestì di mille colori, gli uccelli e tutti coloro che potevano volare, come consigliato all'inizio dal saggio, iniziarono a cogliere chi fiori e chi polline e volarono per il mondo a seminare. Come per incanto dal cielo un fascio di luce divina illuminò a giorno la quercia come se Dio volesse ringraziare personalmente la saggezza e la bravura di Mosè. In tutto il mondo gli esseri viventi divennero più buoni e più felici e tutti in coro cantarono un inno di lode a Dio per annunciargli che avevano capito di aver sbagliato fino a quel momento e che intendevano rimediare a tutto quello che avevano fatto amandosi e rispettandosi per l'eternità. Ancora una volta si era rinnovato il miracolo del Santo Natale con la diffusione del BENE operato da tutti gli esseri viventi dotati di buona volontà che, a partire da quella stalla, avrebbe portato la PACE nel mondo, proprio come avevano annunciato gli angeli sulla povera capanna del BAMBINO DIVINO alla sua nascita: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.

Rosario Ruggiero

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Non è che una fiaba il mondo, una fiaba bellissima, creata per il fanciullo e per coloro che sanno serbare fino alla fine un cantuccio fresco in fondo al cuore

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Il gigante Tondo Sordo

C

’ era una volta, un gigante di nome Tondo Sordo che viveva in una città magica chiamata Gigantopoli. Tondo sordo era il sindaco di questa città. Gigantopoli, a differenza delle città normali era la più grande del mondo ed era costruita su una nuvola. Le case erano formate da enormi dolci. La casa del sindaco era il più grande e buono muffin; sopra di essa sorgeva un enorme arcobaleno zuccherato. Tondo Sordo era molto grasso, alcune volte dava dei morsi alla sua casa; aveva una faccia molto paffuta pomelli rossi sulle guance. Indossava abiti con taglie smisurate. A differenza della pancia le gambe erano sottili come fili d’ erba appena bagnati dalla rugiada. Portava una parrucca a forma di afro perché era pelato. La sua carnagione era color cannella perché mangiava tanto cioccolato. Aveva un carattere molto dolce e quando era nervoso si calmava mangiando. Un giorno mentre mangiava un bignè gli cadde in un pozzo che portava a Pescara, Tondo Sordo si tuffò nel pozzo; dopo un po’ atterrò davanti l’istituto Nostra Signora facendola sobbalzare. Appena atterrò diventò piccolo come noi. Tutto impaurito per la caduta corse subito dentro l’ istituto per chiedere aiuto. Guardo il numero 4, il suo numero fortunato e B la iniziale del nome di suo padre. Allora entrò in quella classe e trovò dei bambini a fare una fiaba in gruppi. Siccome era un personaggio fantastico lo potevano vedere solo i bambini mentre la maestra no. Poiché era molto simpatico i bambini lo aiutarono a tornare a casa sua. Tondo Sordo diventò ancora più piccolo così gli alunni di 4 B lo rilanciarono su Gigantopoli. Egli dalla nuvola li salutò felicemente.

Così vissero tutti felici e contenti. Valentina Cecchini, Francesco Cudazzo, Lorenza Pia Menè, Gaetano Parascandolo, Stefano Re, Gianluca Romanelli.

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Jack l’agitato e il gigante C’era una volta, ai piedi di una collina, un grazioso villaggio addobbato di fiori profumati e variopinti. In questo paesino abitava Jack l’agitato che era soprannominato così perché correva sempre da una parte all’altra senza fermarsi mai. Un giorno Jack, come di consueto, si precipitò in un bosco senza volerlo e si perse. Era molto preoccupato perché temeva di non tornare a casa. Nel giro di qualche minuto scoppiò un temporale; scese una fitta nebbia e il piccolo Jack si rifugiò in una grotta. Al di fuori della grotta era tutto nero: si vedevano solo pochi e pallidi raggi di sole che oltrepassavano a malapena la nebbia. Ad un certo punto si vide l’ombra di un gigante accovacciato in un letto di alberi che dormiva russando profondamente. Il ragazzino scappò ma, correndo, calpestò un legnetto che si spezzò. L’eco dello scricchiolio raggiunse le orecchie del gigante facendolo svegliare. Il gigante si alzò mostrando la sua imponenza e fece uno sbadiglio che fece tremare la terra; mostrò anche i suoi denti gialli come dirupi. Il gigante indossava delle bretelle a forma di teschio variopinto, toppe per tasche, pantaloncini con paperelle e gattini calzava delle scarpe di taglia 250 a forma di banana. Gli occhi erano grossi e rossi e vedevano attraverso le cose; il naso era enorme, con due verruche a forma di patata e con il muco che gli usciva dalle narici. Le orecchie erano imponenti, sentivano tutto e potevano rompere le uova. I capelli biondi erano pettinati con due trecce perché era sia maschio che femmina; aveva anche un cappello molto buffo e a forma di banana. La casa del gigante si trovava in fondo al bosco, era fatta tutta di cioccolata, dentro era fatta di dolciumi e ti veniva voglia di mangiarla tutta. Il gigante si mostrò buono e appena vide il ragazzino si incamminò verso di lui. Mentre camminava però inciampò in un albero e cadde. Subito il ragazzino impaurito si avvicinò a lui consolandolo ed esclamò: - Ti accompagnerò a casa! Così il bambino e il gigante diventarono amici e ogni giorno si incontravano per giocare insieme. Emanuele Cavuta, Valeria Di Tommaso Riccardo Piccoli, Greta Primavera Lorenzo Rovera, Chiara Susi

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UN DESIDERIO AVVENTATO C'erano una volta dei bambini che dormivano nella notte profonda... Tutti aspettavano felicemente Babbo Natale. Tra loro c'era un bambino di nome Timmy, che aveva già chiesti un regalo: desiderava una fata magica che esaudisse tutti i suoi desideri. Babbo Natale lo accontentò, mettendo una piccola e graziosa fatina in una scatola. La mattina dopo Timmy, appena sveglio, si affrettò ad aprire la luccicante scatola e trovò una fatina che indossava un vestitino rosa, fatto di balze con le maniche di sottile velo rosa trasparente. Aveva dei boccoli biondi che sembravano d'oro ed ai piccoli piedi calzava delle ballerine di cristallo così luminose che il piccolo Timmy faceva fatica a tenere gli occhi aperti. Era davvero piccolissima. Anche la sua bacchetta era di cristallo come le sue scarpe. Il viso di Timmy era come ipnotizzato, non riusciva a credere che Babbo Natale gli avesse regalato una fata magica, e non era ancora arrivato il Natale! Allora Timmy, un po' incredulo, per vedere se la sua fatina davvero potesse esaudire tutti i suoi desideri. Disse: -Desidero stare in camera mia!- E in un momento Timmy si trovò in camera sua. Allora la fatina si presentò e, rivolgendosi al suo piccolo nuovo amico, disse: -Io mi chiamo Perla, sarò con te fino a quando avrai tredici anni!Timmy aveva il cuore pieno di gioia e lo voleva raccontare ai suoi genitori, ma prima che potesse uscire dalla porta della sua camera, la fatina esclamò impaurita: -No Timmy! Se lo racconti ai tuoi genitori, io scomparirò per sempre, e ritornerò nel mio mondo magico e non potrò più tornare. Questo deve rimanere un segreto fra me e te! Ok?Timmy rispose: -Va bene! Però non dobbiamo farci scoprire dai miei amici, perché il mio fratellino Thomas è molto intelligente e si diverte un mondo a fare la spia-.

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Perla rispose: - Ok! Oh, è tardi dobbiamo andare a dormire. Domani è la vigilia di Natale e le fate ricevono un potere immenso che ci da la forza di esaudire anche i desideri vietati dalle regole!La mattina dopo Timmy corse a vedere i suoi regali strillando a squarciagola: -E' la vigilia di Natale! E' la vigilia di Natale!- Quando aprì il suo regalo vide una magnifica slitta. Chiamò subito Perla: -Perla! Buon Natale! Il mio primo desiderio è essere vestito tutto caldo per andare fuori in mezzo alla neve!Allora Timmy corse fuori a giocare con la sua nuova slitta e mentre scivolava da una montagna si mise a pensare a ciò che Perla gli aveva detto la sera prima, pensando tra sé e sé: "Allora posso esprimere un desiderio proibito dalle regole". Timmy chiamò Perla e desiderò che ogni giorno fosse Natale. E lì cominciarono i guai. Babbo Natale lavorava in continuazione, i suoi elfi non smettevano di fabbricare giocattoli; Babbo Natale era esausto, tutte le notti doveva girare il mondo per consegnare ai bambini dei regali nuovi. Così Babbo Natale, furioso, andò a casa di Timmy e gli disse: -Adesso tu fabbricherai i giocattoli e li consegnerai ai bambini di tutto il mondo-. Timmy non gli poteva dire di no, allora cominciò a lavorare, lavorare, lavorare; non riusciva a dormire e a passare un po' di tempo con Perla. E fu in quel momento che capì e, stanco e pentito riunì Babbo Natale, gli elfi e Perla in camera sua e disse: Scusatemi tutti, so che non è giusto quello che ho fatto. Non dovevo desiderare che tutti i giorni fosse Natale; sono stato egoista e irresponsabile. Ho imparato la lezione: le cose speciali per rimanere tali devono essere desiderate e guadagnate, ecco perché il Natale arriva una volta l'anno. Prometto che non accadrà mai più-. Poi rivolgendosi a Perla disse: -Desidero che tutto ritorni normale e che a parte te, me e Babbo Natale e gli elfi nessuno ricordi questi ultimi giorni-. In un attimo tutto ritornò normale e vissero felici e contenti. Helena Di luca

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TIMMY E IL GIGANTE AFFETTUOSO C'era una volta un gigante che passeggiava per il regno. Ad un certo punto un ragazzino di nome Timmy, vagabondando senza meta incontrò un buffo gigante: il suo nome era Fortecuore; sulla testa portava un buffo cappello con una candida piuma di colomba. I suoi enormi occhi si paragonavano all'azzurro limpido del cielo a primavera; al centro di questi si trovava un nasone a patata rosso come un pomodoro e invece la bocca, dalle labbra carnose e scarlatte, liberava uno strano odore di cipolle arrosto. Indossava un maglione di morbida lana marrone coperta da un gilet arancione contornato da piccoli pizzi verdi smeraldo che spiccavano all'insù. I pantaloni erano blu come degli zaffiri lucenti imbottiti di morbide piume che tenevano calde le gambe del gigante Fortecuore. Calzava stivali neri talmente lucidi che ci si poteva specchiare. Timmy, spaventato dal gigante, si sentiva lo stomaco attorcigliato e pensava: <<Mio "Dio" com'è grande ; e se mi mangerà quell'omone?>> Poi si fece coraggio e chiese con voce tremante:<<S-salve s-s-signor g-gigante; io mi c-chiamo TTimmy>>. Fortecuore rispose:<<Oh, salve, il mio nome è Fortecuore; vorresti diventare mio amico e venire da me per una cena con i fiocchi, con la "F" maiuscola?!>> <<Ma certo!>> rispose insicuro Timmy. Così Timmy e Fortecuore si diressero verso via Roccagigante. Entrati in quella bizzarra casa, dove tutto era naturalmente enorme, Timmy si sentiva come una zanzara. Servito il pollo arrosto con patate, pancetta e olio, tutti si leccarono i baffi, ma Timmy aveva più fame di tutti e si buttò a capofitto sul pollo. Finita la cena si incamminarono verso le scale, ma Timmy fermò un secondo Fortecuore e gli chiese:<<Caro amico, ti prego, ospitami nella tua dimora, perchè sono solo e vivo sotto i ponti; ti prego!>> Fortecuore rispose di si e Timmy visse felice e contento.

Ruggiero Rosario Sallese Vincenzo

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LA FAMIGLIA FORTECUORE

C’era una volta, nel paese dei giganti, una famiglia di nome Fortecuore che viveva in una villetta molto confortevole. C’erano tre fratelli di nome Olaph, Zuccone e Sven, la madre si chiamava Ada e il padre Zucca Vuota. Sven aveva undici anni, Zuccone otto e Olaph ne aveva sei. Intanto, si era preparato per un lungo tragitto fino a “Gigantolandia” un ragazzo di nome Tommy, era molto intelligente, curioso e adorava fare lunghi viaggi. Tommy aveva undici anni e il suo sogno nel cassetto era visitare tutto il mondo. Tommy, nel giro di due ore, arrivò a “gigantolandia” in bici e, la appoggiò a un albero grandissimo con dei grandi e succosi frutti. Tommy si accorse che l’albero si trovava davanti a una villetta con un cartello che diceva “PROPRIETA’ DEI FORTECUORE”. Il ragazzo suonò il campanello e un vocione disse: “Chi è?!?!?!?!?” Tommy rispose spaventato: “Sono Tommy, amo viaggiare e sono venuto fin qui per fare amicizia con tutti voi!” Il cancello si aprì come per magia e Tommy entrò terrorizzato e si trovò davanti cinque giganti che lo fissavano: i loro denti sembravano dei forchettoni, le bocche somigliavano a delle grotte e i loro occhi parevano le luci dei naviganti. I tre fratelli con un sorriso presero in braccio Tommy e dissero che lui era leggero come piuma; lo portarono in camera loro e il ragazzo tutto spaventato pensava che lo volessero mangiare ma cominciarono a giocare insieme e diventarono subito amici. Nel frattempo, i genitori stavano preparando cibo messicano, invitarono Tommy a mangiare con loro e da quel giorno gli umani divennero amici dei giganti e tutti vissero felici e contenti. Helena Di Luca Alessia Piccoli Carlotta Valentinetti

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«Un’avventura è una disavventura vista dal lato buono»

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Pescara, 31 marzo 2014 Ma come è successo? Ma come avranno fatto i protagonisti del racconto a cacciarsi in questa avventura? Racconta chi sono i protagonisti, dove si trovano, che cosa intendono fare, perché esplorano un luogo misterioso … Infine trova un titolo adatto.

L’AVVENTURA DI GHIACCIO

A tutti i ragazzi viene voglia, prima o poi di scoprire un tesoro sepolto … Quella voglia venne anche a Jack, un ragazzino robusto dai capelli biondi come una corteccia di un albero, gli occhi blu oceano. Indossa una maglietta a maniche corte e un pantaloncino verde lungo fino al ginocchio. Jack si avviò verso la caverna del monte Everest custodito da un drago di ghiaccio. A metà percorso, vide una casetta, vi entrò e trovò un gruppo di esploratori che lo accolsero calorosamente dentro la loro dimora preparandogli una cena a base di carne yak cioè una specie di toro dal pelo lungo che vive nei luoghi freddi, e dell’acqua proveniente dalla sorgente dell’Everest. Scesa la notte andarono a dormire sul letto fatto di pelle di yeti, davanti ad un fuocherello, che faceva scoppiettare le brecce di legno bruciati. Il giorno successivo Jack fu informato del tesoro misterioso che stava nella caverna. Si misero in cammino guidati da una mappa, scalarono i primi mille metri della montagna ma ne mancavano ancora tremila. Arrivati alla caverna stanchissimi, vi entrarono e videro il drago che li sorprese alle spalle con un getto di ghiaccio. Jack approfittando di un attimo di distrazione del drago prese una stalagmite la lanciò sul cuore ghiacciato del mostro, che cadde a terra morto. I ragazzi presero il tesoro e tornarono a casa, aprirono il forziere con la chiave d’oro trovata nel cuore del drago, vi trovarono dentro oggetti preziosi, collane d’argento e armi d’oro.

Lavoro di gruppo: Carlotta, Alessia, Riccardo1, Gianluca, Vincenzo, Riccardo2.

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CROCIERA ATTRAVERSO IL MEDITERRANEO A tutti i ragazzi viene voglia, prima o poi di scoprire un tesoro sepolto…quella vogli avviene anche a Victoria e Gabriele. Un giorno i loro genitori decisero di fare una crociera attraverso il Mar Mediterraneo. Ad un certo punto la nave si scontrò contro uno scoglio; tutti i passeggeri iniziarono ad agitarsi e Gabriele fu il primo a buttarsi in mare, è un bravissimo nuotatore però dopo un po’ di tempo cominciò a stancarsi. Subito dopo arrivò la sua famiglia su una scialuppa, Victoria, lo prese per mano e lo aiutò a salire sulla barca. Passata un’ora la famiglia era ancora dispersa nel mare, calò la notte e arrivò una forte tempesta; le grandi onde portarono la scialuppa sulla riva del mar Rosso. Durante la tempesta la famiglia svenne e quando Gabriele e Victoria si risvegliarono si ritrovarono in un deserto,

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siccome i loro genitori erano ancora addormentati i due fratelli decisero di proseguire da soli. Camminarono nel deserto e intravidero una piramide diversa da tutte le altre: era tutta blu, decorata con gatti d’oro e un cobra d’argento alla punta della piramide; la lingua del serpente fuoriusciva dalla bocca del cobra e si allungava come un’onda. I due fratelli si avvicinarono alla piramide e notarono una porta sulla sabbia; era d’oro e aveva una sfinge con un diamante in fronte. Aprirono la porta, e la piramide si trasformò: era diventata argento con gatti neri e gatti d’oro. In fondo alla porta c’erano tanti gradini e quando Gabriele e Victoria li percorsero tutti si trovarono nella stanza del faraone Tutankamon, morto a diciannove anni perché si era innamorato di una schiava ed era stato ucciso. Nella stanza c’erano mattoni d’oro e una tigre imbalsamata vicino la tomba del faraone. Victoria si fece forza e aprì il sarcofago del re e appena vide la mummia si 18


spaventò e tutti uscirono dalla stanza. All’esterno della piramide c’erano i loro genitori che li fecero salire su una barca che li riportò a casa loro. Per Gabriele e Victoria, nonostante la paura, fu una bellissima esperienza.

Testo di gruppo di: Lorenza Pia Menè, Valentina Cecchini, Valeria Di Luca

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La fuga Mi presento, sono Leo; avrete subito capito che non ho un nome molto originale ma è quello che mio padre voleva darmi e in famiglia, si sa, è il suo modo di vedere le cose che conta... Da qualche mese mi potete venire a trovare in questo spazio dello zoo di New York; avrei voluto chiamarlo gabbia, ma qui preferiscono chiamarla riserva naturale e il motivo è semplice, non ne hanno mi vista una vera..... Io sì che l'ho vista, io vivevo con mio padre, la mamma, mio fratello Akim, e mia sorella Rose; eravamo inseparabili; sapete..... Papà ci insegnava un sacco di cose soprattutto sulle gazzelle e mamma non ci perdeva mai di vista; si sà come sono le mamme credo proprio che si somiglino tutte. Io non ce la facevo più a stare nello zoo, volevo a tutti i costi tornare nella savana; come ai vecchi tempi. Ogni giorno che passava cercavo di escogitare un piano per fuggire. Un mattino due piccioni mi dissero che le casse verdi partivano per la savana ma mio padre non aveva intenzione di andarsene, allora io, scocciato dal suo carattere, la notte seguente scappai scavalcando la recinzione e nascondendomi nella spazzatura. La mattina il camion della spazzatura mi caricò e mi portò via. Prima che il camion mi buttasse nella discarica io con agilità saltai fuori dal rimorchio e per non essere visto dalla gente mi nascosi nella fogna anche se era molta lurida, sporca e puzzolente. Proseguii il cammino finché non sentii un rumore: c'erano due coccodrilli giganteschi con zampe squamose e dalla schiena dura come il marmo, denti affilati come rasoi. Capii che non erano nemici ma che mi volevano aiutare. Mi portarono in fondo al condotto e mi fecero cenno di risalire. Mi trovai davanti l' ingresso dello zoo della savana con liane sottili che scendevano da ogni parte come uno spettacolo. Mi accorsi che impaurita, la mia famiglia mi aveva seguito. Da allora vivemmo tutti nella savana; imparai con mio padre a cacciare le gazzelle saltando sulla loro schiena e azzannandole. Giocavamo tutti felici con gli altri animali e la vita da quel giorno non poteva essere più bella.

Lorenzo Rovera

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«Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli, nella Terra di Mordor, dove l’ombra cupa scende…»

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IL SOLE DI ZOE Se non fosse stato per quello strano sole che aveva sul braccio fin dalla nascita, una specie di voglia dai riflessi dorati che la contraddistinguevano, si sarebbe detto che Zoe era una bambina come tante altre, brava a scuola, con tante amiche con cui giocare, con la passione per il pattinaggio artistico. Venne il giorno del suo decimo compleanno. -Mamma, guarda il mio sole. E' diventato d'oro!- Gridò spaventata mentre si stava vestendo. Era giunto il momento che Zoe sapesse. In famiglia, chi nasceva con quel segno era destinato a una missione particolare e aveva anche un potere soprannaturale. Prima o poi qualcuno l'avrebbe chiamata e Zoe sarebbe dovuta partire. Proprio quella notte arrivò a casa sua come per magia il signore dei soli d'oro: Solarius. -Salute a te Zoe; tua madre "Jade del sole cadente" mi ha riferito che il tuo sole ha iniziato a brillare- Disse l'uomo. In quel momento Zoe vide l'aspetto dell'inaspettato ospite: era avvolto in un mantello sfavillante di piccoli e grandi soli, il suo volto brillava di luce propria e gli occhi sembravano due stelle perse nell'oscuro universo. -Cosa vuoi che faccia?-Chiese Zoe. -Tu, come tua madre, come sua madre e come molti altri sparsi nel mondo, con questo simbolo, hai dei poteri soprannaturali che ora sbloccherò- E il signore dei soli schioccò le dita. Zoe iniziò a volare e con stupore si accorse di essere molto brava! -E così sai volare? I soli che sono capaci di volare, hanno diritto di ricevere, per combattere il male, un'arma, nel tuo caso una spada di fuoco.- L'ospite inaspettato fece apparire come per magia la spada e la porse alla bambina. -Ogni volta che un sole nuovo nasce, questo deve compiere una missione per proteggere la Terra, la tua sarà quella di sconfiggere il signore dell'oscurità Darkgazul che vuole popolare la Terra di fantasmi.22


Zoe accettò la missione e Solarius la accompagnò verso l'ultimo pianeta che era stato conquistato dal nemico. Grazie a una magia di teletrasporto, i due si ritrovarono su Pendragon. Quel mondo era popolato da creature che non tolleravano la luce: erano creature nere, tozze e cupe, con denti affilati come rasoi. Solarius spiegò alla bambina l'origine di quegli esseri:-Erano elfi, creature alte, magre con le orecchie leggermente a punta, grande vista e udito sensibile. Avevano occhi profondi che penetravano le persone fino a conoscere i pensieri. Erano intelligenti, rispettavano la natura, generosi verso chi era puro di cuore e pacifici. Sapevano fabbricare spade e metalli e si diceva fossero immortali: guarda ora per colpa di Darkgazul cosa sono diventati: spettri.All'improvviso il signore oscuro si presentò davanti a loro; aveva un mantello nero e rosso e il suo volto scheletrico era avvolto nell'oscurità. -Solarius, ci rincontriamo! Hai portato un altro sole da farmi divorare! Bene, divorerò anche lei e dopo sarà il turno della Terra che ridurrò ad un pianeta fantasma come questo!-No!- Urlò Zoe, che spiccò il volo e concentrò così tanta energia nella sua spada fiammeggiante che diventò una super nova. Il pianeta ridiventò quello che era un tempo in tutta la sua bellezza, come anche i suoi abitanti; di Darkgazul non si trovò traccia. Per ora il nemico era sconfitto, ma presto si sarebbe rifatto vivo. La missione della ragazza non era finita e lei lo sapeva bene, ma c'era un nuovo protettore dei mondi, il suo nome era "Zoe la nova".

Rosario Ruggiero

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La epica battaglia Era un giorno come tutti gli altri nel paese Raggi della Pace : il mago Abrazil leggeva un libro sulle formule magiche, la regina Aura lavorava una maglia ai ferri e i soldati Raggi della Luce facevano la guardia al castello. Mentre accadeva tutto ciò, nella caverna della Profonda Oscurità, il Signore delle ombre stava preparando un incantesimo per avvelenare la regina Aura e intanto Geda, la perfida strega disse : - Maestà vorrei aiutarvi in questo malefico piano rapendo la regina e portarla qui.-Ottima idea Geda

!

- esclamò il Signore delle ombre , e così fu. Una notte buia e

tempestosa Geda entrò nella stanza della regina , quatta come ,un ratto , la rapì e la portò nella caverna. Il giorno dopo il mago Abrazil si svegliò e non trovando la regina Aura diede l' allarme ed insieme a Derval , un valoroso cavaliere partirono verso la caverna della Profonda Oscurità ; arrivati videro la regina in una rete che stava per essere immersa in liquido tossico, allora Abrazil formò un tappeto elastico per non far cadere Aura nel veleno e Derval con un colpo di spada tagliò la rete e liberò la regina. Il Signore delle ombre vedendo questa scena si infuriò e lanciò una serie di lampi viola , ma il mago Abrazil rispose lanciando un vortice di stelle che avvolse il nemico facendogli sbattere la testa. Il Signore delle ombre era sconfitto e la regina fu riportata a Raggi della Pace nel suo castello. Vincenzo Sallese

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LA LOTTA TRA FRATELLI

Era un giorno come gli altri nella piccola casetta del mago Abrazil, non molto lontana dal paese Magolandia, una città piena di maghi. Attraversata la foresta, Metà Sole, Metà Ombra, si trovava la casa del fratello malvagio del mago, il signore delle ombre di nome Brazilo. Tutti i maghi di quella cittadina non superavano da tanti anni il confine per passare nelle tenebre, ma proprio quel giorno il mago Abrazil, con il suo aiutante nano Dersul, si spinse nella parte delle ombre e, di colpo, si trovarono davanti alla casa di suo fratello che li stava aspettando grazie alla sua sfera magica. Vi entrarono e videro tutte ragnatele e quadri rovinati. Subito dopo Abrazil si sentì toccare la schiena: era Brazilo, il mago delle Tenebre, allora iniziò la sfida! A rompere il ghiaccio fu Abrazil che pronunciò la formula magica: “Tornadus portales”. Apparve un portale, Brazilo lo oltrepassò e poi anche il mago. Erano in un deserto tutto infuocato e quando scesero si ritrovarono su una roccia, allora il mago Abrazil replicò: “Facciamo una cosa, chi cadrà per primo perderà e l’avversario lo può rimpicciolire”. “Va bene” rispose il mago delle ombre che non usava i poteri, come il mago del Sole, ed iniziarono così a picchiarsi. Durante la lotta il mago delle Tenebre cadde a terra e, facendo finta di farsi male, diede un calcio al mago avversario che precipitò dentro il fuoco. Brazilo aveva vinto ma, siccome il mago avversario era più furbo di lui, lo trasformò in un cucciolo di pesce. Il mago ritornò nella cittadina e tutti si congratularono con lui e il sindaco gli donò una medaglia d’onore. Emanuele Cavuta

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«Nonostante l’uso del telefono e dei social network, ancora oggi scrivere e ricevere lettere può essere un piacere e un’esperienza un’esperienza interessante. Molti ragazzi hanno un rapporto epistolare con un penpen-friend (amico di penna) perché offre loro l’opportunità di comunicare, sfogarsi con qualcuno e riflettere. »

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Caro Papa Francesco Sono Rosario, ho 9 anni e sono il terzo figlio di Marisa e Gianni. Frequento la quarta elementare , sezione B della scuola Nostra Signora di Pescara. La maestra, ci ha mostrato l’ opuscolo di un concorso che ci dava la possibilità di scriverTi una lettera, un racconto, una poesia e ci ha invitati a partecipare. Quando lo ha detto in classe ho sentito un brivido percorrere tutto il corpo, perché quando Sei comparso in TV per la prima volta, ho visto un volto che mi era già familiare; il volto di mio padre, ed in coro i miei genitori ed i miei fratelli hanno esclamato, “ che simpatico questo Papa “. Si caro Papa, Sei entrato nei nostri cuori subito e le Tue parole sono state rassicuranti e confortanti quando Ti sei presentato al Mondo. Vorrei dirTi tante cose di me, dei miei genitori, di mio fratello , di mia sorella, della mia maestra, dei miei amici e dei miei sogni per il futuro, ma la prima cosa che mi viene in mente e che mi rende molto felice in questo momento, è la mia prima comunione che avverrà presto, con precisione il 25 maggio. L’Eucarestia è un sacramento importante, come mi ha ripetuto tutti i sabato sera mio fratello, perché fu donata da Gesù nell’ultima cena, alla vigilia della sua passione e morte, ai suoi discepoli offrendo loro il pane ed il vino come suo corpo e suo sangue come sacrificio per la salvezza degli uomini. Questa festa è molto bella anche perché, all’altare mi ci porterà per mano mio fratello, che è il mio catechista. Lorenzo, ha 28 anni, è alto 1.92 m., è laureato, suona il pianoforte ed ha un cuore grande come una casa. Lui mi è stato sempre vicino fin da quando sono nato; gioca con me, mi fa studiare, grazie a lui prendo anche dei bei voti, quando ero piccolo mi imboccava e ogni giorno, ancora oggi, mi accompagna a letto; tante volte lo chiamo papà. I miei genitori sono andati fino a Lodi, la nostra vecchia casa, a prendermi la tunica che aveva indossato mio fratello alla sua prima comunione, e quando l’ho vista ho capito perché hanno fatto tanti chilometri; è bellissima, tutta bianca con delle strisce ricamate che percorrono tutta la sua lunghezza, un bel cordone Bianco con in fondo un crocefisso con su Gesù. Ai miei genitori voglio un mondo di bene all’infinito, mi sono stati sempre vicino a darmi amore, sicurezza, tenerezza, forza e non mi hanno mai fatto mancare il loro affetto, comprensione e la loro presenza, specialmente nei momenti che ho avuto più bisogno: quando non andava qualche compito a scuola, quando ho litigato con qualche amico, quando mi sono fatto male. Cristina, mia sorella, invece è misteriosa come sempre, lei è quella delle sorprese e so per certo che sta preparando qualcosa per la festa, ma sono sicuro che per me servirà Messa con Padre Miro, come fa tutte le domeniche. Cristina, ha 14 anni e anche lei promette bene in altezza perché è già alta un metro e settantacinque, frequenta il primo liceo a Nostra Signora, è bella, buona ma a volte un po’ fastidiosa ed invadente. 27


Caro Papa grazie per tutte le belle parole che diffonde con le sue omelie, perché quelle parole di conforto, di vicinanza ai problemi del mondo, servono tanto anche in casa nostra; infatti, quando siamo tutti a tavola i miei genitori ne parlano e coinvolgono anche noi e tante volte li sento dire “ hai visto Marisa, grazie alle Sue parole abbiamo capito cosa fare in questo brutto periodo “ o “ per il nostro problema”. Non smetta mai di starci vicino, Papa Francesco, non smetta mai di darci forza e speranza. Caro Papa questa è la mia famiglia e vorrei chiedere la Sua benedizione ed una preghiera che tenga sempre unita la nostra famiglia e lontana dai mali di questa società che per adesso non promette niente di buono. Per TE caro Papa io, con l’aiuto di mia sorella Cristina, ho scritto questa poesia intitolata “ Le mie certezze” Quando aprii gli occhi Intravidi tre volti e un cuore Tanto calore e amore Quando feci i primi passi Erano tutti li a darmi forza Tanto amore e forza Quando scrissi le prime parole Erano lì a dirmi bravo E con piacere li ascoltavo. Ora li vedo e dico grazie: Mamma per il tuo amore Papà per la tua forza Papa per le tue parole Dio per la mia vita Ti voglio bene! Rosario Ruggiero

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Scuola Primaria Paritaria Nostra Signora Via G. D’Annunzio, 218 Pescara Tel: 85 64551 Fax: 85 66698 www.istitutonostrasignora.it segreteria@istitutonostrasignora.it

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