STUDIO OCSE SUL PIANO NAZIONALE ITALIANO PER LA SCUOLA DIGITALE SINTESI IN ITALIANO
Sotto embargo fino al 6 Marzo 2013 alle 11:30 Per domande rivolgersi a: Stéphan Vincent-Lancrin, Analista principale, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) email: stephan.vincent-lancrin@oecd.org Telefono: +33 1 45 24 92 29 Francesco Avvisati, Analista, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) email: francesco.avvisati@oecd.org Telefono: +33 1 45 24 17 61 Il rapporto completo in inglese può essere richiesto per email agli indirizzi indicati. Le opinioni espresse in questo documento e nell’originale in inglese sono quelle degli autori: Francesco Avvisati (OCSE), Sara Hennessy (Università di Cambridge, Regno Unito), Robert B. Kozma (Kozmalone Consulting, Stati Uniti), Stéphan Vincent-Lancrin (OCSE).
L’Italia è in ritardo rispetto alla maggioranza dei paesi OCSE per quanto riguarda le dotazioni multimediali e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nella scuola. Ad esempio, nel 2011 solo il 30% degli studenti italiani di terza media utilizzava le TIC come strumento di apprendimento durante le lezioni di scienze, rispetto a una media del 48% in altri Paesi dell’OCSE. Un Piano ben strutturato con pesanti vincoli di bilancio
In tale contesto, il Ministero dell’Istruzione ha lanciato nel 2007 il Piano Nazionale Scuola Digitale per generalizzare l’uso delle TIC nelle classi e utilizzare la tecnologia come catalizzatore dell’innovazione didattica, allo scopo di promuovere nuove pratiche di insegnamento, nuovi modelli di organizzazione scolastica, nuovi prodotti e strumenti a sostegno della qualità. Il piano nazionale comprende quattro iniziative: un finanziamento per attrezzare le classi con lavagne interattive multimediali (Piano LIM), e tre progetti di sperimentazione in cui alcune scuole pilota, selezionate tramite bando aperto, sperimentano soluzioni TIC (cl@sse 2.0, scuol@ 2.0, Editoria digitale scolastica). Il piano utilizza le sue modestissime risorse finanziarie per attuare una visione realistica e ambiziosa dell’innovazione. Si concentra giustamente sul forte desiderio di alcune scuole e insegnanti di avviare il cambiamento, promuove strumenti che non contrastano con i metodi attuali di insegnamento, cerca di creare una domanda che spinga altri stakeholders a contribuire al piano, si
focalizza sugli usi didattici della tecnologia più che sulle dotazioni, sottolinea l’importanza dello sviluppo professionale e di una più ampia diffusione delle risorse didattiche digitali. Sfrutta le sinergie con altre politiche di TIC e ha coinvolto con successo le regioni nella sua strategia di attuazione e diffusione. Tuttavia, le scarse risorse del Piano hanno limitato l’efficacia delle sue diverse iniziative. È soprattutto a causa della mancanza di risorse più che di una scarsa domanda da parte delle scuole e degli insegnanti, che la presenza delle dotazioni tecnologiche nelle classi è ancora molto bassa. Il Piano ha stanziato EUR 30 milioni all’anno per 4 anni, ossia meno dello 0,1% della spesa pubblica per l’istruzione (ovvero meno di EUR 5 per studente di scuola primaria e secondaria all’anno). Un aumento significativo delle risorse attraverso finanziamenti pubblici o privati è una condizione necessaria al successo del Piano così com’è attualmente configurato. Viste le attuali restrizioni di bilancio, è difficile prevedere un aumento delle risorse, e il rapporto propone di riconsiderare alcuni aspetti del Piano per raggiungere due obiettivi 1) accelerare l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nelle scuole e nelle classi; 2) creare una Rete di Laboratori per l’Innovazione in cui alcune scuole pilota sperimentino e concepiscano nuove pratiche didattiche e organizzative per migliorare il sistema scolastico italiano, reindirizzando i progetti di innovazione sull’iniziativa scuol@ 2.0. Accelerare l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nelle scuole e nelle classi italiane
Nel 2013, il Piano LIM è la principale iniziativa a sostegno delle dotazioni tecnologiche nelle classi, in particolare delle lavagne interattive multimediali. (Una nuova legge, il decreto “Crescita 2.0”, mira a diffondere l’uso di lettori di e-book e di tablet a partire dal 2014-15.) Il maggiore limite del Piano LIM consiste nella lentezza della sua attuazione. Nel 2012, il 16% delle classi italiane (al massimo) erano dotate di lavagne interattive, con un aumento di 11 punti di percentuale rispetto al 2010. Ma al ritmo attuale, ci vorranno più di 15 anni per dotare l’80% delle classi italiane, ovvero per raggiungere l’attuale livello di dotazioni del Regno Unito. Ciò ha portato ad una presenza disomogenea delle dotazioni nelle scuole che crea discontinuità nell’esperienza didattica delle tecnologie digitali degli insegnanti, limita le loro opportunità di apprendimento e riduce la loro capacità di sfruttare tutto il potenziale didattico della tecnologia. È fondamentale accelerare il processo di dotazione per aumentare l’integrazione delle TIC nelle classi e far sì che l’uso delle tecnologie digitali favorisca tra gli insegnanti forme di apprendimento informale tra pari. Ciò può essere realizzato in due modi: 1) utilizzando un sistema di finanziamenti integrativi per l’acquisto di dotazioni scolastiche: si spingerebbero in questo modo le scuole e le regioni a cercare finanziamenti complementari per attrezzare le classi; 2) aprendo il piano ad altre tecnologie rispetto alle lavagne interattive e incoraggiando gli istituti scolastici a sviluppare piani di dotazione per l’intera scuola: ad esempio, visualizzatori e proiettori, insieme a un computer di classe, possono offrire gran parte delle funzionalità didattiche delle lavagne interattive utilizzate dagli insegnanti, e ad un minor costo. L’integrazione delle tecnologie nella scuola dipende anche dalle opportunità di apprendimento e di formazione offerte agli insegnanti, nonché dalla disponibilità di sufficienti risorse didattiche digitali. A misura che il Piano si diffonde al di là degli insegnanti più motivati e preparati, gli insegnanti avranno bisogno di un sostegno sempre maggiore per integrare l’uso della tecnologia nei loro metodi di insegnamento. Altrimenti si corre il rischio che le dotazioni tecnologiche non siano utilizzate.
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Il piano nazionale comprende disposizioni per lo sviluppo professionale, ma tali disposizioni non coprono l’insieme dei bisogni in materia. Accelerare il processo di dotazione permetterebbe di moltiplicare le opportunità per l’apprendimento collettivo e individuale e risponderebbe ad alcuni di questi bisogni. Considerate le attuali restrizioni di bilancio, gli strumenti di sviluppo professionale del Piano LIM potrebbero cambiare in modo che le scuole possano scegliere tra l’attuale formazione obbligatoria di tre docenti e un diritto alla formazione esteso a tutta la scuola, da poter usare in modo più flessibile, nell’ambito di un progetto di sviluppo professionale adattato alle esigenze locali (con una assunzione di responsabilità). Un tale diritto consentirebbe agli istituti scolastici di finanziare la partecipazione di singoli insegnanti a programmi organizzati all’esterno, come è attualmente il caso, offrendo loro, allo stesso tempo, la possibilità di assumere formatori esterni per la formazione destinata a tutti i soggetti della scuola e remunerare le ore libere dall’insegnamento che i docenti più competenti potranno impegnare per tenere regolarmente sul posto laboratori organizzati su richiesta. La formazione a scuola durante l’intero arco dell’anno è generalmente considerata come la forma più efficace di sviluppo professionale per introdurre nuove pratiche di insegnamento, in quanto incoraggia la condivisione informale tra gli insegnanti. Infine, pur continuando ad incoraggiare gli editori a sviluppare risorse digitali, l’Italia dovrebbe accelerare la creazione di una banca nazionale delle risorse didattiche digitali. A questo proposito, il Ministero dell’Istruzione potrebbe commissionare la traduzione e l’adattamento di un numero selezionato di risorse educative aperte di alta qualità disponibili in altre lingue. Potrebbe anche promuovere lo sviluppo di una piattaforma virtuale di scambio, dove gli insegnanti possano pubblicare le loro risorse educative aperte e condividere la loro esperienza sull’uso di specifici dispositivi e risorse digitali per l’insegnamento e l’apprendimento. Reindirizzare i progetti di innovazione su scuol@ 2.0 per creare una Rete di laboratori per l’innovazione formata da scuole pilota
Il potenziale della tecnologia per trasformare l’istruzione va ben oltre la dotazione di una lavagna interattiva o di altri strumenti simili in ogni classe. Due iniziative del piano nazionale offrono ad alcune scuole e insegnanti selezionati la possibilità di sperimentare una varietà di utilizzi didattici delle tecnologie e di reinventare l’insegnamento e l’apprendimento in un ambiente ad alto contenuto tecnologico. Cl@sse 2.0 assegna una somma forfettaria ad una classe di una determinata scuola, e scuol@ 2.0, ad un’intera scuola. Tali iniziative hanno due obiettivi: mostrare il potere delle tecnologie per la didattica e renderle ancora più richieste; sperimentare nuovi modelli di insegnamento per il sistema scolastico italiano. Considerate le attuali restrizioni di bilancio, suggeriamo di concentrare le risorse sull’iniziativa scuol@ 2.0, per rielaborarla attorno a reti scolastiche (distretti scol@stici 2.0), di interrompere l’iniziativa cl@sse 2.0. Ripensare l’iniziativa come un programma competitivo di assegni, fondato sulla capacità di attrarre finanziamenti integrativi e di creare partenariati, potrebbe anche consentire di attrarre risorse supplementari. L’approccio esteso all’intera scuola di scuol@ 2.0 favorisce l’apprendimento individuale degli insegnanti che possono insegnare utilizzando le TIC in tutte le loro classi e acquisire quindi più esperienza; favorisce inoltre l’apprendimento tra pari giacché tutti gli insegnanti sono coinvolti nel progetto scolastico. Gli insegnanti hanno quindi maggiori opportunità di condividere idee, risorse, esperienze, di aiutarsi a vicenda, di imparare dai loro colleghi e di definire soluzioni appropriate di 3
fronte a un nuovo problema. In questo contesto, la formazione formale può essere fornita più facilmente e a costi più bassi e le scuole possono sviluppare o sperimentare nuove procedure (es. lo studio collettivo di una lezione, noto come “lesson study”). Idealmente, le scuole pilota dovrebbero essere raggruppate a livello locale e far parte di una rete nazionale. Ciò aumenterà le opportunità di apprendimento e di condivisione tra le scuole e offrirà agli studenti una maggiore continuità nella loro esperienza di apprendimento basato su un maggior utilizzo delle tecnologie. Le scuole che partecipano all’iniziativa dovrebbero anche far parte di una rete nazionale, concepita come una grande comunità di pratica. I gruppi scolastici selezionati per la sperimentazione dovrebbero essere utilizzati come banchi di prova per ricercare e sviluppare soluzioni per le altre scuole. Prototipi di nuove risorse (come i libri di testo digitali e gli strumenti digitali di valutazione), nuovi modelli di formazione, nuove forme di organizzazione scolastica e nuovi quadri di valutazione dovrebbero essere sperimentati in queste scuole. A tal fine, bisognerebbe coinvolgere partner esterni nel processo di attuazione, che si tratti di enti statali o di stakeholder del settore privato. Gran parte di questi sforzi sarebbero vani se non consentissero di capire, a livello dell’intero sistema, quali sono le soluzioni locali più efficaci. L’Italia dovrebbe quindi garantire che nelle scuole pilota esista fin dall’inizio un ricco sistema di documentazione e di informazione e, allo stesso tempo, finanziare la ricerca in queste scuole e monitorare i loro progressi e i diversi risultati. Ad esempio, finanziare borse di studio di dottorato e posizioni post-dottorato per progetti di ricerca legati al “Piano nazionale scuola digitale” potrebbe fornire informazioni utili sulle politiche da adottare, e gettare le basi per un dialogo fruttuoso tra ricerca educativa e politica scolastica. Un contributo all’Agenda digitale italiana
L’Agenda digitale ha identificato le soluzioni digitali come una fonte importante di risparmio pubblico e indicato l’economia digitale come un settore strategico per rivitalizzare la fragile crescita dell’Italia. Di conseguenza, le TIC sono introdotte in modo massiccio nell’amministrazione scolastica. Un’integrazione delle TIC a scopi amministrativi e didattici potrebbe rappresentare un prossimo passo per il Piano nazionale scuola digitale. Nei prossimi anni, l’accelerazione dell’integrazione didattica delle nuove tecnologie nelle classi italiane e lo sviluppo di metodologie di futura generazione nei gruppi di scuole pilota costituiranno un contributo importante del sistema scolastico italiano all’agenda digitale stessa. Facendo in questo modo un primo passo per dotare gli studenti di competenze per l’economia digitale.
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Altre iniziative correlate
Iniziative del Piano Nazionale Scuola Digitale
obiettivi
Il Piano Nazionale Scuola Digitale e le iniziative correlate Introdurre l’uso quotidiano delle tecnologie nella didattica Piano LIM Acquisto Kit lavagne interattive (LIM) e relativa formazione dei docenti. Data inizio: 2008 Finanziamento: €104,5 ml (nel quadriennio; €91,2 ml per le attrezzature e €13,2 ml per la formazione). Diffusione: circa 34.000 classi (10,1%) in 4 anni, 64.456 insegnanti formati. Nel 2012, nelle scuole italiane sono presenti circa 52.000 LIM.
Sperimentare nuovi modelli di organizzazione scolastica e didattica
cl@sse 2.0 le scuole selezionate scuol@ 2.0 sperimentano l’integrazione iniziativa analoga a avanzata delle tecnologie cl@sse 2.0, ma con nell’ambiente di finanziamenti estesi a apprendimento all’interno di più classi. una singola classe per un Data inizio: 2012 periodo di 2-3 anni. Finanziamento: € 3,5 Data inizio: 2009 nelle ml (€250.000 per scuole secondarie di primo ciascuna scuola). Sono grado, 2010 nelle scuole ammessi primarie e secondarie di esclusivamente secondo grado. acquisti relativi alle Finanziamento: € 8,8 ml attrezzature; le scuole (€30.000 per ogni classe di vengono incoraggiate scuola secondaria di primo a reperire fonti grado, €15.000 per le classi aggiuntive di di scuola primaria e finanziamento. secondaria di secondo Diffusione: 14 scuole. grado). Sono ammessi esclusivamente acquisti relativi alle attrezzature; le scuole vengono incoraggiate a reperire fonti aggiuntive di finanziamento. Diffusione: 416 classi (0,1%) in 416 scuole. Accordi Stato-Regioni, siglati nel 2012 con 12 regioni, incrementano il finanziamento delle azioni cl@sse 2.0 e scuol@ 2.0 estendendolo a più classi e scuole.
Favorire lo sviluppo di nuovi prodotti
Editoria digitale scolastica Classi con dotazione tecnologiche avanzate sperimentano i prototipi per lo sviluppo di libri di testo digitali. Data inizio: 2012 (primo bando) Finanziamento: € 3 ml (€150.000 per ogni scuola), a copertura di contratti biennali per la fornitura di prototipi di libri di testo digitali su materie specifiche e per diversi ordini/gradi di scuola. Diffusione: 20 classi in 20 scuole. Ciascuna scuola sperimenta un prototipo diverso.
Sviluppo di sistemi informativi nazionali e nelle scuole L’Anagrafe Nazionale degli Studenti è un sistema informativo longitudinale. Nel 2012-13, tutte le scuole dovranno eliminare l’uso di documenti cartacei e dotarsi di sistemi di gestione e registri elettronici capaci di dialogare direttamente con l’Anagrafe. Graduale sostituzione dei libri di testo esclusivamente cartacei A partire dall’anno scolastico 2014-15, le scuole non potranno più adottare libri di testo unicamente in formato cartaceo. Su richiesta delle famiglie, le scuole assicurano la disponibilità dei supporti tecnologici necessari all’utilizzo dei contenuti digitali con oneri a carico delle stesse entro lo specifico limite stabilito per legge. Smart cities Bando per la creazione di consorzi guidati da imprese a sostegno dello sviluppo di nuovi prodotti e servizi per le smart cities. Una delle possibili aree applicative è la smart education (dispositivi portatili per i libri di testo digitali, strumenti di gestione degli ambienti di apprendimento LMS).
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Punti di forza L’obiettivo di incrementare l’uso delle tecnologie e di Internet nelle scuole italiane è in sintonia con il percorso intrapreso in molti altri paesi. Il rapporto redatto per il Dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti (2011) International Experiences with Technology in Education conferma che una larga maggioranza di paesi investe in nuove tecnologie per la didattica. Anche se l’Italia non compare tra i paesi esaminati nel rapporto, le iniziative intraprese sono analoghe a quelle adottate in molti dei paesi oggetto dello studio. I piani a sostegno della diffusione delle lavagne interattive sono stati varati per la prima volta, circa dieci anni fa, nel Regno Unito. Secondo le stime, nel 2011 l’80% delle classi nel Regno Unito aveva in dotazione una LIM. Le LIM sono presenti in circa metà delle classi nei Paesi Bassi (53%) e in Australia (49%) (Futuresource consulting, 2012) mentre in Danimarca il rapporto LIM/studenti nelle scuole primarie e secondarie di primo grado è inferiore a 1:30 (European Schoolnet, 2013). Più recentemente, Portogallo, Messico e Turchia hanno avviato un piano su vasta scala per l’installazione di LIM nelle aule. Iniziative pilota, analoghe all’azione cl@sse 2.0, sull’uso delle TIC all’interno di una classe sono state identificate, tra gli altri paesi, in Israele e Spagna. Per quanto riguarda i progetti pilota che coinvolgono l’intera scuola (scuol@ 2.0), iniziative analoghe sono attualmente in corso o sono state condotte in passato in Corea del Sud, a Singapore (“Future Schools”) e in Inghilterra (“ICT Test-beds”), paesi ai quali viene riconosciuto un ruolo guida nell’integrazione delle TIC nella didattica. Il Piano Nazionale Scuola Digitale varato in Italia presenta numerosi punti di forza. Gli strumenti sono in sintonia con l’obiettivo di incrementare l’uso delle tecnologie nelle scuole L’attuazione concreta del piano è in buona sintonia con l’obiettivo di incrementare l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nelle scuole italiane. Il dispositivo tecnologico sul quale è incentrato il piano varato in Italia è la lavagna interattiva, una tecnologia che gli insegnanti possono iniziare ad utilizzare senza incorrere in costi iniziali elevati e le cui possibilità di impiego si adattano a tutte le metodologie didattiche e di apprendimento attualmente in uso, dalle più tradizionali alle più innovative. Per questo motivo, la lavagna interattiva si è rivelata uno strumento molto apprezzato dagli insegnanti in tutto il mondo. Dalle ricerche internazionali è emerso un dato costante sulla capacità delle LIM di fungere da “Cavallo di Troia”, incoraggiando la maggior parte degli insegnanti a incrementare l’uso delle tecnologie nella loro attività professionale (Lee, in stampa; Somekh, Haldane, et al., 2007): quando la LIM entra in classe, i docenti, pur non effettuando necessariamente un cambiamento nel loro approccio abituale all’interazione in classe, tendono a incrementare l’uso di Internet e del PC nella preparazione delle lezioni (navigando tra le risorse digitali disponibili) e nell’interazione con i colleghi. La strategia adottata alimenta la domanda da parte degli insegnanti anziché creare resistenze Il piano italiano si caratterizza come una strategia che, al contempo, risponde e amplifica l’attuale domanda da parte degli insegnanti di nuove tecnologie per la didattica e di attività di sostegno per l’uso in aula. Il piano punta molto sulla capacità delle scuole e degli insegnanti selezionati su base volontaria di agire da leva per il cambiamento. Nel Piano LIM, alle scuole è richiesto di presentare domanda e, in seguito, di acquistare direttamente le dotazioni tecnologiche. Gli insegnanti, inoltre, devono rendersi disponibili a svolgere un’attività di formazione per l’utilizzo della lavagna interattiva. Di conseguenza, il rischio che il nuovo dispositivo acquistato finisca in un armadio a raccogliere polvere è ridotto al minimo. In un contesto di scarsità di risorse, di elevata incertezza sull’inclinazione al cambiamento degli insegnanti e con una domanda limitata da parte del pubblico nelle fasi iniziali del piano, l’approccio adottato dal basso verso l’alto è certamente un elemento positivo.
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Inoltre, il fatto che i fondi aggiuntivi stanziati da enti locali e da organizzazioni non profit del settore privato siano attualmente in linea con l’approccio tutto incentrato sulla classe adottato dal piano nazionale, è una conferma di quanto il piano nazionale sia stato ben accolto: l’investimento iniziale ha risvegliato la domanda per l’ introduzione di tecnologia nelle classi. Dal 2014, la nuova normativa sull’editoria digitale scolastica consentirà e, al contempo, incoraggerà tutti gli insegnanti ad accogliere le tecnologie nella loro classe. Questo potrebbe aprire uno scenario completamente nuovo: sarà importante preparare gli insegnanti a questo cambiamento al fine di evitare di creare resistenze all’introduzione di ulteriori nuove tecnologie in aula. Un sistema efficiente per le procedure di acquisto Il piano LIM si è anche avvalso di un’efficiente procedura per l’acquisto delle lavagne interattive, dei pc e dei computer portatili. Al fine di contenere i costi, ma senza perdere di vista le esigenze locali, le scuole hanno effettuato gli ordini direttamente tramite gruppi di acquisto temporanei (con un’istituzione scolastica capofila che agisce per conto delle altre scuole); la Consip, centrale per gli acquisti della pubblica amministrazione, ha facilitato l’operazione. Tale approccio ha agevolato il coinvolgimento di altre scuole che si sono associate con istituti vicini per creare reti locali di utenti oppure effettuare altri ordini di gruppo (ad. es. per i contratti di manutenzione). La strategia sviluppa la capacità di promuovere il cambiamento Infine, il piano rientra in un approccio graduale il cui scopo è di creare le condizioni per favorire un cambiamento di più vasta portata prima ancora di introdurre altre innovazioni. Il piano, infatti, crea le condizioni per un cambiamento di più ampio respiro impostando ogni iniziativa sulle competenze digitali già in possesso dei docenti. Il Piano LIM prevedeva, infatti, necessariamente, la partecipazione di tre docenti a un corso di formazione sull’utilizzo delle TIC per ogni nuova LIM. Inoltre, le iniziative più avanzate richiedevano che gli insegnanti avessero già maturato una certa esperienza nel settore: nel progetto scuol@2.0 si è data priorità a scuole che avevano già attivato una cl@sse 2.0, mentre il progetto cl@sse 2.0 ha coinvolto prioritariamente docenti che avessero già maturato un’esperienza nell’utilizzo delle TIC (anche nel campo delle LIM). Allo stesso tempo, la strategia è incentrata sulla creazione di reti formali e informali di apprendimento tra pari. Poiché tutte le iniziative del Piano Nazionale Scuola Digitale si sono svolte su base volontaria, hanno tratto beneficio dalle esigenze e dall'entusiasmo espressi dai docenti di riferimento all'interno delle scuole. Grazie a questa strategia, infatti, sono emersi docenti particolarmente avvezzi all’uso di nuove tecnologie che potrebbero contagiare, con il loro esempio, la rete di cui fanno parte. L’auspicio è che grazie a questa strategia si inneschi un circolo virtuoso che, attraverso il coinvolgimento e l’entusiasmo dei docenti più intraprendenti, porti alla creazione di reti di professionisti. Nelle azioni cl@sse 2.0 e scuol@ 2.0 la procedura di selezione ha garantito che già in fase di elaborazione del progetto i docenti più entusiasti coinvolgessero i loro colleghi. Le scuole e le classi selezionate sono entrate a far parte di una rete regionale o nazionale di scuole e di classi. Per quanto riguarda il piano LIM, le scuole hanno dovuto creare reti di acquisto collettivo che potrebbero trasformarsi in reti consolidate di utenti. È stato altresì incoraggiato un approccio a cascata per la formazione professionale, basato su reti informali di docenti, poiché il requisito di formazione previsto (tre docenti per ogni LIM) si coniugava solo parzialmente con il fabbisogno formativo degli 7
insegnanti. Infatti, specialmente nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, i docenti coinvolti in una stessa classe sono più di tre. Inoltre, allo scopo di accrescere la familiarità e l’uso delle TIC, la formazione sulle LIM si è basata essenzialmente sulle competenze digitali e non ha previsto una formazione didattica disciplinare. Questa è stata lasciata all’iniziativa del singolo docente, mettendo a disposizione risorse online per l’auto-formazione. … Raccomandazioni per generalizzare l’utilizzo delle TIC nelle scuole Programma di infrastrutture TIC
Accelerare l’integrazione delle TIC nelle scuole e nelle classi aumentando i finanziamenti per il Piano LIM e ridefinendo alcuni suoi aspetti. Generalizzare il ricorso a finanziamenti integrativi per attrarre contributi esterni da parte di regioni, fondazioni e scuole. Aprire il piano ad altre tecnologie di classe meno costose scelte dalle scuole (ad esempio a un kit composto da computer di classe, visualizzatore e proiettore).
Risorse digitali per l’apprendimento
Sviluppare, partendo dalle risorse digitali offerte da INDIRE, una piattaforma virtuale di scambio per gli insegnanti. Tradurre le risorse educative aperte (REA) di alta qualità disponibili in altre lingue e adattarle al contesto e ai programmi scolastici italiani. Organizzare le banche di risorse per gli insegnanti a partire dalle loro esigenze (ossia riferendosi ai libri di testo attualmente in uso o alle indicazioni nazionali per il curricolo). Incoraggiare insegnanti e istituzioni a sviluppare e condividere le REA, istituendo controlli di qualità e meccanismi di reputazione propri delle reti sociali o dei premi. Introdurre l’utilizzo delle banche di risorse e delle REA tra i materiali di formazione destinati agli insegnanti.
Formazione e sviluppo professionale
Consentire alle scuole di organizzare la formazione in modo flessibile. Le scuole dovrebbero poter usare il diritto alla formazione non solo per finanziare la partecipazione di singoli insegnanti a programmi di formazione organizzati al di fuori della scuola, ma anche per assumere formatori esterni per la formazione destinata a tutti i soggetti della scuola, e per remunerare le ore libere dall’insegnamento che i docenti più competenti potrebbero impegnare in attività di formazione sul posto durante l’intero arco dell’anno. Offrire ai presidi e agli insegnanti formazione e assistenza su come elaborare un progetto di sviluppo professionale adattato alle esigenze locali e creare spazi e laboratori per favorire la condivisione e l’apprendimento informale tra gli insegnanti.
Istituire e promuovere premi per gli insegnanti e fiere dedicate all’innovazione nell’ambito degli utilizzi didattici delle TIC, al fine di facilitare lo scambio di conoscenze tra scuole. Creare reti regionali di insegnanti in grado di aiutare i colleghi ad integrare le TIC nella loro attività didattica (campioni di TIC).
Monitoraggio e valutazione
Definire obiettivi operativi, tappe per il completamento del programma, e criteri di valutazione dei risultati. Esempi di obiettivi possibili potrebbero essere: dotare l’ 80% delle 8
classi di TIC entro il 2014-15, rendere disponibili sulle nuove piattaforme virtuali di scambio un determinato numero di risorse digitali aperte, far sì che la piattaforma attragga un determinato numero di visitatori, ecc. Allineamento con altre politiche Il successo del piano nel sostenere l’integrazione delle TIC nell’apprendimento e nell’insegnamento a livello nazionale è anche condizionato da fattori che richiedono la cooperazione di altri organismi. La seguente lista identifica quattro fattori fondamentali: Garantire il sostegno di tutto il governo per fornire una larghezza di banda adeguata in tutte le scuole e permettere un uso efficace delle nuove dotazioni digitali. Garantire l’adesione dei genitori, assicurando la sicurezza dell’ambiente Internet a scuola e sostenendo le iniziative locali su programmi di formazione per i genitori. Allineare i programmi di studio e le valutazioni al nuovo ambiente. Pubblicare linee guida nazionali con obiettivi di apprendimento specifici per ogni materia e legati all’uso delle TIC. Sviluppare strumenti di valutazione delle competenze digitali e di altre competenze chiave. Pianificare l’integrazione delle TIC nelle classi con sistemi di dati longitudinali (anagrafe) e strumenti di gestione degli ambienti di apprendimento (registri digitali). … Raccomandazioni affinché il piano promuova cambiamenti di sistema e innovazione didattica Reti di laboratori per l’innovazione
Concentrare le risorse su scuol@ 2.0, riorganizzare l’iniziativa attorno a reti scolastiche locali (distretti scol@stici 2.0) – e interrompere l’iniziativa cl@sse 2.0. Quest’ultima non offre agli insegnanti opportunità sufficienti per imparare ad utilizzare le TIC e acquisire competenze: pur mostrando agli altri insegnanti che è possibile utilizzare le TIC e pur contribuendo a renderle più accettabili e accattivanti, l’impatto in termini di cambiamento è probabilmente molto più limitato di un’azione condotta a livello dell’intera scuola. L’iniziativae scuol@ 2.0 offre agli insegnanti e agli alunni maggiori opportunità di utilizzare le TIC, imparare ad usarle efficacemente, e condividere le loro esperienze di insegnamento e di apprendimento. Una rete di scuole in una determinata area (distretti scol@stici 2.0) crea anche maggiori opportunità di apprendimento tra le scuole di una città o di una regione e permette di creare reti più ampie per gli insegnanti.
Utilizzare scuol@ 2.0 per consentire alle scuole pilota di ricercare, sviluppare e sperimentare soluzioni per le altre scuole. Vista la ristrettezza delle risorse disponibili, l’iniziativa scuol@ (o distretti scol@stici) 2.0 potrebbe diventare un laboratorio di innovazione e di ricerca per l’utilizzo delle TIC nelle scuole italiane. Tali innovazioni dovrebbero comprendere nuovi prodotti TIC (come libri di testo digitali, applicazioni per integrare sistemi informativi e di gestione dell’apprendimento, strumenti di valutazione), ma anche altri aspetti dell’istruzione come nuovi modelli di formazione, nuove forme di organizzazione scolastica o nuovi quadri di valutazione.
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Selezionare tramite bandi competitivi consorzi di scuole partecipanti a scuol@ 2.0 (o distretti scol@stici 2.0) in base alla capacità di raccogliere fondi complementari e alla qualità dei progetti e partenariati portati avanti con scuole, aziende e altri stakeholder (INVALSI, INDIRE, università, fondazioni, enti locali, ecc.). Le iniziative volte a promuovere lo sviluppo delle risorse digitali, come il programma Editoria digitale scolastica, dovrebbero essere incoraggiate all’interno di queste stesse scuole.
Rendere eligibili al dall’insegnamento.
finanziamento le spese generate
da un esonero parziale
Ricerca e valutazione
Garantire che esista fin dall’inizio una ricca documentazione sulle pratiche didattiche nelle scuole pilota, e renderla accessibile ai ricercatori. Un sistema informativo nazionale che raccolga dati longitudinali sulle scuole, sugli insegnanti e sugli studenti, consentirebbe di sapere quali sono le innovazioni efficaci, e scuol@ 2.0 potrebbe essere utilizzata per perfezionare questo sistema informativo.
Finanziare progetti di ricerca, borse di dottorato e post-dottorato al fine di generare conoscenze scientifiche attorno all’iniziativa e istituire un comitato direttivo nazionale e una piattaforma di scambio per le scuole pilota, e tra le scuole pilota e le altre scuole.
Innovazione dal basso Quanto appreso sull’integrazione delle TIC attraverso la Rete di laboratori di innovazione dovrebbe essere completato da altre iniziative che consentano di stimolare l’innovazione e di imparare da soluzioni innovative generate in altri contesti, compresi i contesti non tecnologici.
Incoraggiare l’innovazione dal basso tramite l’attribuzione di premi e fiere sull’innovazione per insegnanti e scuole.
Sostenere i progetti scolastici innovativi proposti dalle scuole e dai distretti scolastici, e indire concorsi a premi per risolvere problemi specifici dell’istruzione in Italia.
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