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Introduzione
Il piacere provato nel 2020 alla pubblicazione, pochi giorni prima di Natale, del mio libro All’origine della cura fu progressivamente attenuato dagli interrogativi che il primo biennio di ricerca faceva lentamente emergere nella mia mente riguardo al contesto culturale che aveva favorito la creazione dei primi ostelli, i cosiddetti xenodochi per pellegrini in Medio Oriente e la loro diffusione in Italia e in Europa.
Per tutto l’alto Medioevo e i primi secoli del basso Medioevo queste strutture caritative dedicate per spirito cristiano all’accoglienza dei viaggiatori in transito, ma anche al soccorso delle persone in stato di precarietà, furono anche indicate con altri termini tra loro intercambiabili: ostelli, ospizi, hotel, ospedali, sulla base della medesima radice hospes, termine latino che significa ospite.
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Interessato ad arrivare alla radice dell’assistenza e della cura, ho studiato anzitutto il fenomeno sociale della mobilità, quel flusso di viaggiatori in continua crescita dal IV secolo in poi, anticamente formato da pellegrini devoti, poi dopo l’anno Mille sempre più da soggetti economici.
Un protagonista attorno al quale tutto si è sviluppato si può quindi pensare che sia stato l’homo viator, il viandante mediorientale ed europeo, che infaticabilmente si spostava lungo le vie di comunicazione di allora per motivi religiosi o per esigenze secolari.
Proseguendo quindi nello studio della storiografia della carità tardoantica e altomedievale, ho avuto la sorpresa di apprendere che i primi ospedali basati sulla diagnosi della malattia e sul conseguente specifico trattamento — una rivoluzione rispetto alla tradizionale pratica divinatoria fino ad allora in uso nei luoghi sacri alla divinità pagana di Asclepio — furono istituiti all’interno di cittadelle cristiane del vicino Oriente comprendenti anche la chiesa, la dimora del clero dedicato ai servizi religiosi e alla cura dell’utenza disagiata e altri edifici caritatevoli di utilità sociale.
Mi riferisco alla Basiliade fondata da san Basilio Magno nella seconda metà del IV secolo poco fuori le mura della Cesarea romana in Cappadocia e al complesso religioso-ospedaliero di Sansone, istituito in Bisanzio durante il V secolo e potenziato dopo la ristrutturazione voluta dall’imperatore Giustiniano (527-565).
Ho iniziato a scoprire anche alcune delle motivazioni profonde che furono alla base del concorde impegno di regnanti, laici e chierici nell’avvio di opere pie e nel mantenimento del loro funzionamento: la prefigurazione del giudizio finale descritto al capitolo 25 del Vangelo di Matteo; l’approfondimento teologico in sede monastica della SS.ma Trinità e della figura di Gesù Cristo riflessa nell’uomo destabilizzato dalla malattia o dall’estrema indigenza; il magistero penitenziale di san Francesco unito alla coscienza escatologica dei cristiani medioevali; l’inserimento in tutte le regole monastiche dell’invito ad accogliere e soccorrere i bisognosi e i malati poveri presso le abbazie e le canoniche; la primaria richiesta popolare di salute e di sicurezza sociale…
Si verificò poi il trasferimento dei modelli organizzativi di assistenza e soccorso dalle sponde sud-orientali del bacino mediterraneo alla penisola italiana e Oltralpe per la combinazione di svariate circostanze storiche: la persecuzione iconoclasta nel mondo bizantino, che fece emigrare i monaci orientali nel Meridione italiano; il respingimento oltremare dalle regioni italiane centro-meridionali delle truppe di Bisanzio ad opera dei Longobardi; il primato del vescovo di Roma facilitato dalla precedente rinuncia al titolo di Pontifex Maximus da parte dell’imperatore Graziano; l’alleanza della Chiesa latina con i Normanni; il fenomeno delle crociate in Medio Oriente, nella penisola iberica e nel nord Europa; l’espansionismo ottomano nel bacino mediterraneo e la caduta di Acri in Medio Oriente; lo Scisma d’Oriente del 1054; l’autonomia della Chiesa latina dall’imperatore germanico; l’esperienza autonomistica dei Comuni dopo il fallimento del dominio imperiale degli Hohenstaufen, che aveva lasciato spazio all’iniziativa dei laici religiosi anche nel campo solidaristico; la prorompente affermazione nella vecchia Europa del regno carolingio, fortemente sostenuto dalla Chiesa; il declino di Costantinopoli, prima saccheggiata dai Crociati (1204), poi definitivamente sottomessa al dominio islamico (1453).
Per tutte queste contingenze oggi possiamo osservare a posteriori la progressiva evoluzione dell’assistenza caritativa mediorientale con la trasformazione in Occidente degli ostelli per l’utenza di strada in piccoli ospedali a conduzione familiare, superati nel Quattrocento dai grandi nosocomi intra-urbani medicalizzati.
Hanno mantenuto attiva questa capillare rete di ospedali e opere pie, nei secoli di mezzo, le esenzioni tributarie assicurate dalle amministrazioni civiche; le costanti donazioni da parte di privati cittadini di natura finanziaria, agricola e immobiliare; la raccolta di elemosine organizzata dalla Chiesa cattolica, in maniera eclatante con i Giubilei.
Un patrimonio di soluzioni sociologiche, architettoniche, mediche, chirurgiche e farmaceutiche che non può essere ignorato soprattutto da chi vive in Italia, il Paese che maggiormente si è distinto nella storia e ancor oggi si distingue per solidarietà e volontariato.
Dedico questo libro a mia moglie Cristina R.K., per la stima con cui ha costantemente sostenuto la mia ricerca.
Con il termine “galaziana” si intende la regione attorno all’attuale città di Ankara.
Quando san Paolo scrisse la lettera ai Galati si riferiva agli abitanti di quella regione.