3 minute read
Le origini dell’assistenza: i pellegrinaggi
Non appena l’imperatore Costantino legalizzò la religione cristiana con l’Editto di Tolleranza, nel 313 d.C., i fedeli che abitavano in Medio Oriente cominciarono a muoversi per andare a visitare in Palestina le località descritte dai Vangeli e in Egitto i luoghi santi vetero-testamentari, dando inizio al fenomeno popolare più caratteristico del Medioevo: il pellegrinaggio devozionale cristiano.
Per favorire i faticosi viaggi dei pellegrini, dal momento che san Paolo aveva riconosciuto nella premura per l’ospitalità un imprescindibile requisito per eleggere vescovo un battezzato (1 Tim 3,2), il Concilio di Nicea nel 325 stabilì che ogni presule a fianco del proprio duomo dovesse istituire un ospizio in cui i viaggiatori potessero riposarsi, alloggiare ed essere curati nel caso si fossero ammalati o feriti.
Advertisement
Le pie strutture sorte nel IV secolo per l’accoglienza dei forestieri di passaggio, con funzioni se necessario anche di infermeria, vennero dette xenodochi, case per gli stranieri. In esse trovarono soccorso anche i poveri, in riferimento alla concezione biblica1 ed evangelica dei “poveri in spirito”2.
La virtù dell’ospitalità si configura per i cristiani come opera di misericordia omnicomprensiva, dal momento che riunisce in sé più precetti evangelici: offrire del cibo agli affamati e dell’acqua agli assetati, rivestire gli ignudi, alloggiare i forestieri e curare gli infermi.
Il nascente sistema di xenodochi cristiani si impose fin da subito come una delle infrastrutture più importanti della società tardo-romana, al punto da indurre Flavio Claudio Giuliano l’Apostata, ultimo imperatore pagano (361-363), a ordinare con l’Epistola 84 al sacerdote Arsacio di istituire in ogni città galaziana degli ambienti per gli stranieri e per i soggetti indigenti, ritenendo che «sarebbe vergognoso che, mentre i Giudei non hanno mendicanti e mentre gli empi Galilei [si riferiva ai Cristiani] sfamano, oltre ai loro, anche i nostri, venisse fuori che noi non assistiamo nemmeno i nostri»3.
1 Già i devoti della comunità essena di Qumram (attiva nel deserto della Giudea dal 130 a.C. fino al 68 d.C.) nei loro “rotoli” si autodefinirono come «i poveri in spirito», o «i poveri della grazia» o «i poveri della tua redenzione» o semplicemente «i poveri». Vedi J. Gnilka, Il Vangelo di Matteo, I, Paideia, Brescia 1990, p. 189.
2 La prima affermazione tra le Beatitudini evangeliche proclama: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3).
3 G. Negri, L’Imperatore Giuliano l’Apostata, Ulrico Hoepli, Milano 1902, p. 161. https://www.gutenberg.org/files/37986/37986-h/37986-h.html Ebook n. 37986.
L’ospedale di Cesarea in Cappadocia (374-750)
Per gestire questi primi ostelli vescovili si rivelarono particolarmente adatti i monaci basiliani, che nella propria Regola redatta da san Basilio (330-378), vescovo di Cesarea in Cappadocia, vedevano coniugata la vita contemplativa con l’impegno assistenziale a favore di pellegrini, orfani e persone sventurate di ogni categoria. Basilio non aveva concepito il monastero come separato dal mondo, ma integrato nel centro abitato e dotato di servizi di rilievo comunitario.
Dopo la sua precoce scomparsa, il vescovo fu ufficialmente insignito dalla Chiesa dell’appellativo di Magno per il lavoro pastorale svolto e l’elaborazione teologica formulata nell’ambito del gruppo anatolico dei Padri della Chiesa, ma anche perché aveva fatto edificare — di tasca propria — una cittadella di assistenza e cura su base caritativa alla periferia di Cesarea, la Basiliade, comprendente un ospedale, un cenobio per i monaci basiliani, la chiesa, uno xenodochio con relative stalle per i cavalli, un ricovero per i poveri e gli anziani soli, gli alloggi per gli artigiani e, separatamente, un lebbrosario4.
Per la sostenibilità funzionale dell’opera religioso-assistenziale intervenne l’imperatore Valente (364-378), che già aveva donato alla Chiesa di Cesarea il terreno per edificare l’opera.
L’ospedale di Basilio si distinse dalla stoà, l’edificio sacro dedicato al dio Asclepio5 Esculapio nel mondo latino — nel quale venivano ammessi i malati e i feriti a dormire per una notte sotto la protezione della divinità (cosiddetta fase di incubazione) per riferire il giorno dopo i loro sogni al sacerdote che, come terapia, li indirizzava alle attigue acque termali o alla palestra.
4 R.L. Wilken, I primi mille anni. Storia globale del cristianesimo, Einaudi Ed., Torino 2013, pp 178-181.
5 Il più rinomato tempio di Asclepio nell’antica Grecia fu quello di Epidauro, associato a un grande edificio, poco distante, di accoglienza per i malati, i feriti e i loro accompagnatori.
Sotto e nella pagina seguente: resti archelogici della stoà nell’Asclepeion di Epidauro (IV secolo a.C.). Fronte meridionale delle due ali accostate.
Luciano Sabolla
Nato a Voghera (PV), si è laureato a pieni voti in medicina e chirurgia all’Università Statale di Milano nel 1975. Ha lavorato a tempo pieno per 35 anni all’Istituto Villa Marelli (Ospedale di Niguarda) dapprima in qualità di medico tisio-pneumologo poi, dopo la seconda specializzazione in radiologia, impegnandosi specificatamente nel campo diagnostico rinnovando l’Imaging della struttura.
Volontario dal 2002 dell’associazione no profit Banco Farmaceutico, scopre con una propria indagine la storia della Confraternita Santa Corona, che dalla fine del XV secolo soccorreva gli infermi poveri di Milano con il supporto medico e la gratuita dispensazione di rimedi medicamentosi preparati nella spezieria del sodalizio. La ricerca è stata utile a Philippe Daverio per creare un videoclip, di promozione della Giornata di raccolta farmaci, che per sfondo ha l’affresco Incoronazione di Spine di Cristo commissionato nel 1522 a Bernardino Luini per la sala capitolare della nobile compagnia (oggi Aula Leonardi dell’Ambrosiana).
Il successo del video sui social e l’imminenza del XX anniversario dall’avvio del Banco Farmaceutico (2022) ha ispirato l’Autore ad estendere lo studio ad altre strutture caritatevoli di assistenza e cura nel periodo compreso tra Medioevo e Rinascimento. Ne è scaturito il quadro panoramico relativo all’Italia e al Vecchio Continente esposto nel primo libro All’origine della cura. Pauper Christi. Assistenza e sanità tra Medioevo ed Età moderna, edito da Itaca nel dicembre del 2020.