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La conquista della penna d’aquila A. Panont

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Il verbo partire

Il verbo partire

La conquista della penna d’aquila

In riva a un lago sorgeva un tranquillo villaggio indiano. Una sera d’estate gli uomini della tribù si raccolsero tutti nella tenda di Bisonte Nero, il grande capo, per consiglio dei saggi e degli anziani.

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I giovani indiani se ne stavano seduti non molto lontano, in atteggiamento di attesa: i saggi e gli anziani infatti erano riuniti per una questione che li riguardava da vicino. Dovevano cioè decidere quale sarebbe stata la prova di forza e coraggio che alcuni di loro avrebbero dovuto superare per essere accettati a pieno titolo come membri della tribù. I giovani «che avevano visto cadere dieci nevi» – come dicevano loro –, cioè che avevano compiuto i dieci anni, sapevano bene che durante l’estate sarebbe giunto il giorno della prova anche per loro: non potevano prevedere, però, quale prova sarebbe stata decisa quest’anno per l’ingresso fra i grandi.

Era ormai calato il sole quando dalla tenda uscirono i saggi, gli anziani e, infine, il grande capo. I giovani si avvicinarono, creando in un attimo un cerchio silenzioso intorno a Bisonte Nero.

Ascoltarono la voce del capo, solenne e profonda, che pur conoscevano bene, con un’attenzione tutta nuova: «La prova di forza e di coraggio sarà questa: domani all’alba, quando apparirà il primo raggio di sole, partirete con le vostre canoe. Sull’altra riva del lago, in un posto segreto, sarà nascosta una penna d’aquila dorata. Chi la troverà avrà vinto e dimostrato di avere forza, coraggio e saggezza».

Quella notte i giovani non fecero altro che pensare a penne d’aquila nascoste sulle cime di picchi rocciosi, in profondi burroni, sotto enormi massi di pietra; pensarono soprattutto di tornare al villaggio con la penna d’aquila dorata, guardati con ammirazione e orgoglio dai loro genitori.

Appena un primo chiarore apparve da dietro le montagne i giovani indiani portarono le loro canoe verso la riva del lago. Mentre erano tutti indaffarati a preparare i remi e le provviste videro arrivare Falco Bruno, un indiano anziano che abitava dall’altra parte del lago. Il vecchio si avvicinò e disse: «Questa notte sono stato ospite del vostro villaggio, ma ora devo tornare dalla mia tribù, sull’altra riva. Sono anziano e non ho forze: se dovessi percorrere a piedi tutta la riva non arriverei che a notte inoltrata. Qualcuno di voi mi potrebbe portare sulla sua canoa?».

Il giovane Piuma Rossa prese la parola: «Ma noi proprio oggi dobbiamo fare la prova di forza e coraggio…».

Castoro Grigio aggiunse: «No, non è possibile; fosse un altro giorno, magari, ma ora dobbiamo correre…».

In poche parole pensavano che chi avesse preso sulla sua canoa Falco Bruno sarebbe rimasto indietro e non avrebbe conquistato la penna d’aquila. Ma che

fatica per questo povero vecchio compiere a piedi il giro del lago! Dopo alcuni istanti di silenzio e imbarazzo Nuvola Rossa si avvicinò a Falco Bruno e disse: «Vieni, ti porto io».

Gli altri giovani indiani, sorpresi, lo guardarono e pensarono: «Un concorrente in meno per la penna d’aquila».

Ma ecco in quel momento spuntò da dietro le montagne il primo raggio di sole. Era il segnale della partenza: con un grido tutti balzarono sulle loro canoe, afferrarono i remi e… via veloci sul lago: era iniziata la grande prova.

Nuvola Rossa faticava di più perché doveva remare per due.

Rimase sempre più indietro. Gli altri mentre lo vedevano faticare si convincevano sempre più che fosse stato poco furbo, che avesse perso la sua occasione: proprio lui, Nuvola Rossa, tra i più abili e coraggiosi della giovane compagnia.

Da parte sua Nuvola Rossa vedeva i suoi amici molto più avanti, ormai lontani e cominciava a temere di avere sbagliato. Sarebbe arrivato sull’altra riva così tardi che sicuramente qualcuno avrebbe già trovato la penna d’aquila. Per rassicurarsi ogni tanto voltava lo sguardo verso Falco Bruno, la cui faccia soddisfatta e riposata sembrava suggerire: «Hai fatto bene, Nuvola Rossa, hai fatto bene».

I giovani raggiunsero la riva opposta quando il sole era già molto alto sul lago: uno dopo l’altro saltarono a terra, tirarono in secco le canoe, corsero a inerpicarsi sulle rocce o si inoltrarono nei boschi. Ognuno scelse la sua strada: chi si mise a scalare un picco roccioso per avere una vista più ampia dall’alto; chi si cacciò coraggiosamente in una grotta buia, sperando di trovare la penna nascosta in qualche fessura della roccia; chi si arrampicò su un vecchio albero cavo, per calarvisi poi dentro, perché il trofeo poteva essere proprio lì…

Era ormai mezzogiorno quando arrivò la canoa di Nuvola Rossa.

Il giovane indiano era tutto sudato per la faticosa traversata e pensava di trovare i suoi amici che già festeggiavano il vincitore. Ma, a quanto pare, nessuno aveva ancora trovato la penna d’aquila. Nuvola Rossa riprese allora forza: forse poteva ancora farcela. Salutò in fretta Falco Bruno e via di corsa anche lui alla ricerca. Ma l’indiano anziano lo chiamò: «Aspetta, Nuvola Rossa, vieni qui! Ti devo dire una cosa».

Un po’ a malincuore il bambino si fermò e si voltò verso Falco Bruno: ma era teso, come un arco pronto a scattare. «Ieri sera il grande capo Bisonte Nero mi ha convocato nella tenda e mi ha detto: “Domani all’alba, quando vorrai tornare al tuo villaggio, recati sulla riva del lago e aspetta; vedrai arrivare alcuni giovani della nostra tribù. Chiedi loro di portarti sulla riva opposta. A chi lo farà, quando sarete arrivati a destinazione, consegnerai questa”». Falco Bruno tirò fuori da sotto il suo poncho una penna d’aquila dorata. Nuvola Rossa non credeva ai suoi occhi: «Correte, correte: ho trovato la penna d’aquila!».

I giovani indiani cominciarono a passarsi la voce.

Dopo poco erano tutti raccolti intorno al vincitore. «Sì – disse Falco Bruno – ha vinto la prova di forza e coraggio, con la forza che ha dimostrato prendendomi sulla canoa e con il coraggio che ha avuto nel fare quello che nessun altro voleva fare».

«Che cosa ho fatto, dunque?» riprese sorpreso Nuvola Rossa.

E Falco Bruno: «Hai guardato chi ti si è presentato di fronte; hai accettato la sfida di un’occasione imprevista».

Gli altri giovani si guardarono l’un l’altro in silenzio.

Solo Castoro Grigio se la sentì di prendere la parola: «Questa volta, ragazzi, ci è mancato qualcosa».

Il silenzio di tensione si sciolse ben presto: quella volta era mancato qualcosa, ma per l’avvenire c’era la speranza di nuove occasioni per fare come il loro giovane amico Nuvola Rossa.

Padre Andrea Panont, L’alfabeto di Dio, Mimep-Docete

• In cosa consisteva la “prova di forza” che avrebbero dovuto affrontare i giovani indiani? • Quale richiesta fece Falco Bruno ai giovani indiani, mentre erano tutti indaffarati a preparare i remi e le provviste, per poter affrontare la prova di forza? • Chi accettò la proposta di Falco Bruno? • Chi vinse tra i giovani indiani la gara di forza? In quale modo? • Cosa era mancato ai giovani indiani rispetto a Nuvola Rossa?

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