1 minute read

Io e la mia cartella Martino, classe V

Next Article
Il verbo partire

Il verbo partire

Io e la mia cartella

La mia cartella è grande, rossa e fatta a mano. Me l’hanno regalata quando frequentavo la prima elementare ed io vorrei che mi durasse fino alla quinta perché le sono affezionato e poi le ho appiccicato sopra una collezione di autoadesivi invidiata da tutti i miei compagni.

Advertisement

Io credo che anche lei mi voglia bene, eppure l’altro giorno ho sognato che si lamentava un po’ di me.

«Non mi tratti mica bene» mi diceva. «Io non ho la mania dell’ordine, ma qualche volta potresti darmi una pulitina e liberarmi da tutti quei pasticci che mi infili nella pancia: cartacce, gomme, gommine, penne rosicchiate, merende secche e strasecche…».

«Ma non sono pasticci» le rispondevo io, sempre nel sogno «sono cose a cui io tengo e che mi piace ritrovare nei tuoi scomparti…».

«Anche le merende secche?».

«No, quelle no, ma insomma…».

Ma le lamentele della mia cartella non erano ancora finite: «E poi, ragazzo mio, non capisco perché tu mi debba trattare come una ciabatta! Ieri mi hai fatto scivolare sul pavimento tanto forte che stavo rompendo il vetro della porta e l’altro giorno mi hai appoggiato sopra l’ombrello bagnato facendomi venire il raffreddore! Guarda un po’ il tuo amico Piero: ha sempre delle cartelle pulite e in ordine che sono l’ammirazione della scuola e sono sicura che dentro ha tutti i quaderni ordinati e senza “orecchie” e che i fogli grandi per i compiti in classe non hanno neanche una macchiolina così!».

«Beh, hai ragione, ma Piero è uno di quelli che cambiano cartella ad ogni anno scolastico e poi io non sono un pignolo come lui e…» stavo per mettermi a piangere ed allora la mia cartella si è impietosita ed ha cominciato a consolarmi: «Ma no, non te la prendere, io dicevo così per dire! Ti voglio bene come sei e spero di rimanere ancora con te, dividendo le tue ore di scuola, i tuoi nervi quando devi fare i compiti e, povera me, le corse e gli sballottamenti all’uscita di scuola!».

Quando mi sono svegliato ho guardato con simpatia ancora più grande la mia scassatissima cartella: era per terra, aperta, e da lei spuntavano fuori quaderni, pennarelli, del pongo e un puffo.

Chissà perché mi è sembrato che ridesse!

Martino, classe V

This article is from: