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Giocavo a nascondino M. Serao

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Il verbo partire

Il verbo partire

Giocavo a nascondino

Con molta serietà ci mettevamo in cerchio per la stanza da pranzo e tiravamo a sorte quello che doveva star sotto.

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Se capitava a una bambina, faceva il muso e se ne andava borbottando a mettersi in un angolo, col viso rivolto al muro, con gli occhi chiusi per non vedere; se era un maschio, faceva il disinvolto e il sicuro di sé.

Dopo esserci assicurati che quello sotto non poteva vederci, partivamo in punta di piedi, in gruppi di due, di tre, per nasconderci: ed era una ricerca muta e nervosa di un nascondiglio impossibile.

Bisognava trovar presto e bene; avere astuzia e fantasia.

C’era il giocatore egoista che, trovato il nascondiglio per sé, ne cacciava gli altri, col pretesto che facevano rumore e che, altrimenti, l’avrebbero scoperto subito; c’era il giocatore immaginoso, che si ficcava negli armadi, fra i materassi, senza respirare, sorridendo; c’era il giocatore incerto che girava tutta la casa, senza trovare un cantuccio soddisfacente e c’era quello sciocco che si ficcava stupidamente sotto il letto. Quando tutti erano nascosti, si sentiva un grido di lontano: «Vieni!».

Allora quello di sotto si muoveva con precauzione, non allontanandosi troppo dal suo posto, guardando a destra e a sinistra, camminando a piccoli passi.

I nostri cuori palpitavano nei nascondigli; dove eravamo nascosti in due, l’uno diceva all’altro:

«No, non ci trova; è troppo scemo».

Matilde Serao, Piccole anime, Albus Edizioni

Che tipo di giocatore sei tu? Egoista, immaginoso o incerto? Ti piace giocare a nascondino? Quando ti capita di fare questo gioco? Racconta.

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