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Le clic-clac M. Schiani

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Il verbo partire

Il verbo partire

Le clic-clac

Quell’estate aveva poi portato una voga che aveva contagiato tutti i ragazzi dai sette ai quattordici anni: quella delle Palline clic-clac. Si trattava di due sfere in plastica dura (disponibili in tutti i colori) congiunte da una cordicella attraverso una linguetta di plastica. Afferrata la linguetta tra pollice e indice, con un movimento del polso si incominciava a far sbattere tra loro le palline sopra e sotto la mano tesa con una serie di colpi che producevano una raffica di suoni, motivo di disperazione per chiunque ne fosse raggiunto nell’ora della siesta. I ragazzi ne erano invece orgogliosi: più lunga la raffica, più alto l’onore. In questa attività Chicco, è quasi superfluo dirlo, non aveva rivali. Dal porto e dalla collina, i ragazzi del paese convergevano alle Quattro Strade dove lui, magnanimo, volentieri dava prova della sua abilità. Nella sua mano le clic-clac ballavano e si scatenavano in raffiche frenetiche e incomparabili. Oltre che re, Chicco era dunque un campione.

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Anzi, il campione.

Forse la sua abilità era tutta nella mano, forse nel polso: nessuno lo sapeva. Chicco aveva custodito il segreto alla perfezione.

L’unico, a dir la verità, che fosse mai riuscito a custodire in vita sua.

Mario Schiani, La banda delle quattro strade, Salani

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