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Il mostro dalle ali di pipistrello
Cassiopea, la splendida moglie del re di Etiopia, si era vantata un giorno di non temere confronti in fatto di bellezza neppure con le graziose Nereidi.
Le Nereidi, allora, punte nel proprio orgoglio, avevano chiesto al dio dei mari, Nettuno, di vendicare l’oltraggio fatto loro, e Nettuno aveva mandato sulle coste d’Etiopia un mostro marino dalle ali di pipistrello.
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Questo mostro si era lanciato per il paese e aveva distrutto uomini e greggi. Inoltre, per accrescere il castigo, Nettuno aveva ordinato alle acque di straripare oltre gli argini e di inondare alcune regioni d’Etiopia.
La regina Cassiopea e il re Cefeo, suo sposo, erano desolati di questi flagelli e, non sapendo come placare l’ira del dio infuriato, chiesero all’oracolo di Giove come dovevano regolarsi.
«La mareggiata e la voracità del mostro inviato dal Nettuno saranno scongiurate se esporrete vostra figlia su di una roccia in cospetto del mare, e le acque si ritireranno entro le sponde, non c’è altro mezzo».
La povera Cassiopea pianse a lungo a queste parole: il suo cuore di madre si rifiutava di compiere un sacrificio così inumano.
Ma il popolo urlava di spavento e di fame ed esigeva un riparo al flagello immenso.
Fu deciso dunque, come lo strazio più atroce, di incatenare la bella principessa Andromeda agli scogli e di lasciarla lì, finché non fosse giunto il mostro a divorarla.
Quando Perseo, durante il suo viaggio di ritorno dai Paesi della Notte, arrivò in Etiopia, vide Andromeda legata ad un’enorme roccia, in attesa che l’animale infuriato venisse a dilaniarle le carni.
Un lieve soffio di vento che veniva dal mare le agitava i capelli biondi sparsi sulle spalle, lacrime silenziose le scendevano dagli occhi semichiusi: questi erano i soli segni di vita di quella fanciulla vicina a morire.
Col corpo perfetto riverso sulla roccia, col volto immobile, pallido di terrore, con le bianche braccia abbandonate, la principessa pareva la statua del dolore.
Perseo, rapito da tanta bellezza, si fermò davanti a lei e le chiese:
«Perché, meravigliosa fanciulla, dai tuoi occhi scendono tante lacrime e perché ti hanno incatenata a questa scogliera selvaggia?».
Quando udì che dopo pochi minuti un grande mostro dagli occhi sanguigni sarebbe balzato dal mare per divorarla viva, Perseo non ebbe un attimo di esitazione:
«Attenderò il mostro e ti libererò, Andromeda. – disse – Il feroce animale inviato da Nettuno per punire le vanterie di una madre sacrilega non deve toccare te che sei innocente».
Non aveva finito di dire queste parole che il terribile mostro marino agitò con grandi ondate la superficie delle acque e apparve.
Si avvicinava rapido, gettando fiamme dagli occhi, mentre la gola spalancata arrivava già a gustare il dolce bocconcino che lo aspettava.
Perseo, nascosto dietro una roccia, appena il mostro fu vicino, si alzò e volò sull’acqua, passò sul dorso della bestia e gli conficcò nel corpo la lunga acuminata spada donatagli da Minerva. Il viscido corpo del drago sprizzò fiotti di sangue nerastro, la coda squamosa batté furiosamente sull’acqua, i lugubri anelli si attorsero per lo spasimo della ferita, poi il mostro si sprofondò negli abissi del mare, sollevando schiume rosseggianti, e i marosi si chiusero sopra di lui. Andromeda era salva e l’Etiopia liberata dal flagello!
Per ricompensare l’eroe, il re Cefeo gli concesse in moglie la principessa. Torce di festa furono accese in tutto il regno, profumi e incensi furono gettati a piene mani nei bracieri, e ghirlande di fiori e trofei di frutta turgida furono appesi alle colonne dei palazzi e dei templi. In un festino magnifico furono riuniti i magnati del regno e innumerevoli furono i canti e le melodie: tutto il popolo voleva inneggiare al generoso Perseo che aveva liberato la principessa e il paese e, prima che con la sua bella sposa partisse verso l’isola di Serifo per rivedere sua madre, voleva dimostrargli in tutti i modi la sua riconoscenza.
Finite le feste di nozze, Perseo si congedò dalla corte di Etiopia e partì con Andromeda verso la sua patria adottiva, ove aveva promesso di tornare portando la testa di Medusa.
Prima però volle generosamente chiedere ai Numi il perdono per la regina Cassiopea che, col suo vano egoismo, aveva fatto accadere tante disgrazie. E Cassiopea, anziché venir gettata nel livido Tartaro, venne da Giove tramutata in costellazione.
marosi: grandi onde di mare agitato.
• Qual è la causa originaria che ha scatenato flagelli e gravi sciagure in Etiopia? • Spiega il motivo per cui «il popolo urlava di fame». • Che soluzione viene ideata per porre fine a tali sciagure? • Che caratteristiche ha il personaggio di Perseo? • Come il popolo etiope dimostra la propria riconoscenza? • Il fatto che la regina Cassiopea venga trasformata in costellazione è una sorte positiva?