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Gli sci dei primordi N. Lanotte, S. Lem
Gli sci dei primordi
Per secoli l’uomo ha costruito sci di legno: oltre a essere facilmente reperibile, il legno ha ottime caratteristiche di robustezza, leggerezza e flessibilità. I legni più usati erano in passato la betulla, l’acero e il noce americano.
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Nell’Ottocento gli sci erano fabbricati soprattutto in Norvegia, un Paese con montagne basse e poco scoscese, e per questo si adattavano piuttosto male alla neve ghiacciata e alle discese ripide delle Alpi. Poi nella prima metà del Novecento gli sci di legno massiccio furono progressivamente rimpiazzati da sci laminati, cioè costituiti da due tipi diversi di legno incollati insieme. La base, che si trova a contatto con la neve ed è quindi sottoposta ad abrasione, era una lamina di legno duro come il noce americano, mentre la parte superiore era di legni leggeri, come abete o tiglio. Grazie a questa innovazione gli sci divennero più maneggevoli e anche meno costosi. In seguito la tecnica della laminazione ha subìto molte modifiche, soprattutto nei materiali utilizzati.
Nel 1960 Jean Vuarnet conquistò la medaglia d’oro nella discesa libera olimpica di Squaw Valley, calzando gli Allais 60, sci laminati in cui la faccia superiore e quella inferiore erano di alluminio. Ben presto tuttavia anche l’alluminio fu rimpiazzato da nuovi materiali, la fibra di vetro, i polimeri e le schiume.
Lo sci «millefoglie»
Un moderno sci da competizione ha una struttura a sandwich ottenuta assemblando numerosi materiali, ma il nucleo è tuttora quasi sempre in legno; questa è una singolarità rispetto a ciò che vediamo in altri sport, dal tennis alla vela, dove il legno è stato completamente soppiantato dai materiali compositi.
Nello sci la leggerezza e la flessibilità del legno non hanno ancora trovato un valido sostituto. Soltanto negli ultimi anni alcuni costruttori hanno cominciato a rimpiazzarlo, in alcuni modelli di alta gamma, con schiume polimeriche.
Negli sci di fondo e da salto, dove la leggerezza è particolarmente importante, può comparire anche la fibra di carbonio e nel nucleo il legno può essere affiancato da una struttura a nido d’ape di materiali come il kevlar.
La grande complessità della struttura dello sci, che ha pochi riscontri nelle attrezzature di altri sport, si può comprendere facendo per esempio un paragone con una mountain bike: lo sci deve svolgere da solo la funzione del pneumatico, del telaio, dello sterzo e dell’ammortizzatore. Perciò deve combinare elasticità, maneggevolezza, tenuta, leggerezza, resistenza alla torsione, resistenza all’abrasione e agli urti.
Nunzio Lanotte, Sophie Lem, Sportivi ad alta tecnologia. La scienza che aiuta a costruire i campioni, Zanichelli