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La vera libertà Lauretta

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Il verbo partire

Il verbo partire

La vera libertà

«Psst… Psst… è dall’altra parte che ci si volta!».

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«Io mi volto dove mi pare! Tu pensa per te e non seccarmi!».

Questo dialogo, si sta svolgendo in un campo, sottovoce tra due girasoli uno dei quali, mentre tutti gli altri tengono il capo rivolto verso il sole, se ne sta voltato dalla parte opposta.

Non è la prima volta che il girasole si comporta così.

«E se lo fai per farti notare, ci riesci benissimo!» commenta una rondine.

«Non lo faccio per farmi notare» risponde il fiore, punto sul vivo «Il mio comportamento ha ragioni più profonde, filosofiche direi».

«Forse è meglio che i fiori non cerchino di fare i filosofi» suggerisce la rondine «e si accontentino di fare i fiori. Tu sei un girasole e devi voltarti verso di lui: lo dice il tuo nome stesso».

«Senti, senti che ragionamento intelligente!» replica sarcastico il fiore. «Questa è proprio la dimostrazione che noi non siamo liberi: persino il nostro nome ci impone quello che dobbiamo fare! A me, invece, nessuno può imporre niente! E ti suggerisco anche di finirla di chiamarmi “girasole”: preferisco essere un “controsole”, così si capirà subito che io, con il sole, non voglio avere nulla a che fare».

«Ma sei sempre così permaloso?» domanda la rondine.

«Non sono permaloso, solo ci tengo a chiarire bene le cose, qui in mezzo a questa selva di marionette. Ma guardali: sembrano legati al sole con un filo così che, come si muove lui, si muovono anche loro».

«È vero, – dice la rondine – Io li trovo commoventi. A volte penso che a forza di specchiarsi nel sole, sono diventati simili a lui, sono dei piccoli soli che risplendono sulla terra».

«Balordaggini!» commenta il controsole «Io li trovo semplicemente ridicoli. Ah, se non avessi queste radici che mi tengono legato al terreno, me ne andrei il più lontano possibile da questo sole che condiziona tutta la mia vita. Dovessi arrivare in capo al mondo!».

«Se sono le radici il tuo problema – dice la rondine decisa a dare una bella lezione a quel filosofo – posso liberarti io e portarti dove vuoi».

«Dici davvero? Questo è il più bel giorno della mia vita! Sradicami in fretta, ti prego e portami lontano, molto lontano da qui».

Il tempo di volare a chiedere aiuto a qualche altra rondine ed ecco che il fiore, liberato dalla stretta della terra, può librarsi nel cielo, sorretto dalle rondini.

Il più lontano possibile dal sole, aveva desiderato andare il controsole ma ora, dopo tre giorni di volo, si accorge che, per quanto lontano si vada, non è possibile sfuggirgli.

«Fermiamoci qui! – propongono le rondini – noi siamo stanche e per te diventa pericoloso stare così a lungo lontano dalla terra».

«Nemmeno per idea! – risponde il fiore – Ho detto che voglio andare là dove il sole non arriva e ci andrò».

«Ma questo posto non esiste!» spiega una rondine. «Il sole giunge dappertutto e non si può sfuggire alla sua luce. Al massimo puoi sottrarti a essa per sei mesi, andando nelle terre polari dove, per sei mesi appunto, il sole non si fa vedere».

«Benissimo: andiamo al Polo» dice il controsole più deciso che mai.

«Ma morirai congelato!» esclamano in coro le rondini.

«Uffa, volete pensare agli affari vostri? Mi ricordate tanto certi girasoli che ho lasciato dietro di me!».

Non si sa come, le povere rondini sono arrivate, tremanti e intirizzite, in vista del Polo Sud e qui hanno lasciato cadere il fiore sul ghiaccio, facendo immediatamente dietrofront. Giunto al Polo, il controsole si guarda attorno con circospezione: le rondini avevano ragione, davvero qui non sembra esserci traccia della calda luce del sole perché la notte polare avvolge ogni cosa.

«Per sei mesi posso stare tranquillo!», pensa il fiore, tirando un sospiro di sollievo e cercando di affondare le radici nel ghiaccio.

«Guarda che così ti prenderai i reumatismi!» lo avverte un pinguino che lo sta osservando da qualche minuto.

«Cosa vuoi che siano i reumatismi di fronte alla libertà che ho appena conquistata!».

«Ah, sei anche tu uno di quei girasoli che lasciano la loro terra per fuggire via dal Sole?» domanda il pinguino con l’aria di uno che la sa lunga.

«Uno di quei girasoli, hai detto? Vuol dire che non sono l’unico?».

«Tutti vi credete sempre unici, ma io, di girasoli così, ne ho visti proprio tanti: siete tutti uguali».

Decisamente le parole del pinguino hanno ferito l’amor proprio del fiore. Dunque lui non è unico, altri prima di lui hanno avuto i suoi pensieri! È veramente seccante fuggire dalla propria terra per non essere uguali agli altri e arrivare in un posto dove ti dicono che sei come tutti quanti. Benché non apprezzi affatto la conversazione del pinguino, il controsole è ormai deciso a chiarire questa faccenda perciò domanda:

«Si può sapere che fine hanno fatto tutti gli altri?».

«Oh, chi prima, chi dopo, sono ritornati indietro tutti…».

«Questa sì che è una bella notizia! – pensa il fiore – Perché da questo si vedrà che io non sono come tutti gli altri: io non tornerò indietro mai!».

Passano veloci i giorni.

Fitte di dolore sempre più acute salgono dalle radici del fiore lungo lo stelo.

I pensieri gli si sono anche un po’ intorpiditi per il freddo. Ma non c’è molto da pensare quando si è felici. E felice il controsole lo è sicuramente.

Due settimane sono già passate. Il fiore ora non riesce più a reggersi diritto sullo stelo: giace disteso sulla superficie ghiacciata, tremante e senza pensieri. Nel cuore ha solo un vago senso di paura.

È già trascorso un mese, forse due.

Scosso dai brividi, stremato dal freddo, il controsole dice a se stesso, in un ultimo sprazzo di lucidità:

«Devo pensare subito a qualcosa, devo fare qualcosa…».

Ma la sua mente intorpidita è incapace di prendere una decisione. Steso sul ghiaccio, mormora parole sconnesse finché, in un guazzabuglio di frasi senza senso, si fa strada un nome che sembrava dimenticato.

«Sole… – mormora il fiore – Sole…».

Proprio in quel momento, il pinguino che lo aveva visto arrivare al Polo passa accanto a lui.

«Sole… – continua a invocare il povero fiore – Sole… io muoio!».

Il pinguino sa già cosa deve fare: corre a chiamare un gabbiano il quale solleva il fiore malconcio e, volando più in fretta che può, lo riporta a casa.

I raggi caldi del sole accarezzano ora la corolla del fiore, ne asciugano i petali con delicatezza. Il girasole è troppo felice, confuso e pieno di vergogna per riuscire a dire qualche cosa. Ma forse non ce n’è bisogno. Almeno per il momento. È così bello essere lì, è così consolante la carezza del sole, rassicurante l’abbraccio della terra, dolce la compagnia degli altri girasoli.

Nessuno parla, ma un senso di gioia e di allegrezza percorre tutto il campo. Perché è sempre una grande festa quando un girasole ritorna a casa. A sera poi, quando il sole tramonta, tutti i girasoli si volgono verso oriente, là dove il sole sorgerà domani.

«Perché la sua venuta è certa» sussurra un girasole prima di addormentarsi.

«Perché tu sei il mio bene» mormora un altro.

«Perché è nella notte che bisogna credere alla luce» dice il girasole più alto.

«Perché io ho bisogno di te!» bisbiglia il più piccolino.

«Perché il sole mi ama e io amo lui e dove c’è l’amore c’è la vera libertà» pensa il girasole che è ritornato dal Polo Sud.

Lauretta, Latte e miele, Àncora

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