La Resistenza di Aldo Gastaldi
a cura di MARCO GANDOLFO prefazione di PAOLA DEL DIN contributi di DANILO VENERUSO, MARIA BOCCI, DANIELE BARDELLI, EMILIO BONICELLI, MARCO GANDOLFO intervista a ELENA BONO con un film documentario di MARCO GANDOLFO
Bisagno. La Resistenza di Aldo Gastaldi www.itacaedizioni.it/bisagno Prima edizione: marzo 2018 Š 2018 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0553-6 Itaca srl via dell’Industria, 249 48014 Castel Bolognese (RA) - Italy tel. +39 0546 656188 fax +39 0546 652098 e-mail: itaca@itacalibri.it in libreria: www.itacaedizioni.it/librerie on line: www.itacalibri.it Grafica di copertina: Marco Gandolfo Finito di stampare nel mese di marzo 2018 da Ge.graf, Bertinoro (FC)
BISAGNO LA RESISTENZA DI ALDO GASTALDI A cura di Marco Gandolfo Prefazione di Paola Del Din Contributi di Danilo Veneruso, Maria Bocci, Daniele Bardelli, Emilio Bonicelli, Marco Gandolfo Intervista a Elena Bono
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Prefazione Paola Del Din1
Le tecniche moderne ci permettono di proporre un film su “Bisagno”, medaglia d’oro al valor militare Aldo Gastaldi, quanto mai attuale e forse così più comprensibile al mondo giovanile, al quale è particolarmente dedicato, e a coloro che ancora possono ricordare la speranza di far nascere quello che noi chiamavamo “mondo migliore” attraverso i sacrifici, il rischio della vita e il dolore per i lutti frequenti. Che cosa intendevamo per “mondo migliore”? Il vivere in una società che riconoscesse le esperienze del nostro passato nella Storia, nella grandezza dello spirito umano e nei principi morali della nostra cultura, e che proprio per questa serietà di principi avrebbe attuato l’ideale democratico. Poco di tutto ciò è rimasto in questa nostra società, arricchita da molti progressi tecnologici, ma frantumata da mille interpolazioni estranee alla nostra cultura. A me sembra particolarmente attuale ciò che il giovane 1 Paola Del Din, nata a Pieve di Cadore il 23 agosto 1923, col nome di “Renata” è stata partigiana nelle file della Brigata Osoppo-Friuli. È stata insignita della medaglia d’oro al valor militare.
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Aldo Gastaldi, allora militare, scriveva al padre nel 1941: «Credo e penso che tutti coloro che vedono ogni bellezza della vita nel solo piacere materiale sono dei deboli, degli uomini senza volontà e costretti dalla loro debolezza a seguire la via errata che porta […] alla disperazione […], lontani da Dio». Sono parole che rivelano le lunghe riflessioni di un idealista sull’animo umano e la sua comprensione per le debolezze: unite al suo coraggio personale ne fecero un comandante amato, seguito e ascoltato anche nei momenti più difficili. Vivendo io all’altro estremo della Pianura Padana, dove premevano anche altri gravissimi problemi politici oltre alla guerra e alla ricerca della libertà, non avevo saputo dell’esistenza della cosiddetta “scuola di Cichero”, dove era proibito bestemmiare, o dar fastidio alle donne, o prendere beni senza pagare, il comandante faceva il turno di guardia più pesante, mangiava per ultimo, discuteva e spiegava le cose agli uomini, tra i quali esistevano disciplina e saluto militare. Quando ne venni a conoscenza mi emozionai, perché so per certo che questi erano anche i principi di mio fratello “Anselmo”2 che per la loro affermazione aveva dato troppo presto la vita. Allora ebbi la conferma che, anche se le rispettive formazioni erano state territorialmente lontane, le concezioni ideali erano state le stesse. La Osoppo, sorta dall’unione di diversi gruppi nei quali gli alpini della Julia e i militari di altre parti formavano la base tecnicamente esperta e fattiva, li aveva enunciati in uno dei suoi primi ordini del giorno del 1943. 2 Renato Del Din “Anselmo”, sottotenente degli alpini, fu tra i fondatori delle Brigate Osoppo-Friuli. Morì il 25 aprile 1944 nell’attacco alla caserma del presidio nazifascista di Tolmezzo. Medaglia d’oro al valor militare.
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L’impronta morale che Bisagno ha dato ai suoi combattenti è stata tale che, se fosse stata osservata da molte più formazioni, probabilmente la Resistenza non avrebbe subito tante critiche, giustificate proprio da tanti atti d’ingiustizia e di violenza che ci sono stati. Guardo la figura di Bisagno come a quella di un fratello maggiore, come guardavo la figura di mio fratello, perché loro erano dei veri comandanti, dei capi che sapevano farsi rispettare e benvolere, non solo nel breve periodo del servizio militare, ma anche nella guerra partigiana, più insidiosa e pericolosa, dove soltanto l’ascendente e le capacità personali potevano dare a una persona il titolo di comandante. Tale fu Bisagno, indomito nel pretendere onestà, serietà e moralità anche dai membri della sua coraggiosa formazione Cichero. Scrive Elena Bono: «O Bisagno, i tuoi occhi chiari ci guardano ancora. Ancora ci sta davanti invalicabile il tuo vasto petto ogniqualvolta ci chiami cosa che non sia libertà né diritto, né umano sentire dell’uomo». Sono parole meravigliose che lo descrivono nel modo più completo. Sarebbe stato bene per la nostra Italia che le persone come Bisagno fossero vissute a lungo perché capaci di scrivere e dire forte come lui: «Continuerò a gridare ogni qualvolta si vogliano fare ingiustizie e griderò contro chiunque anche se il mio grido dovesse causarmi disgrazie o altro. Non devo formarmi quassù la posizione per domani, io nulla attendo dal domani a sfruttamento del mio lavoro di oggi: quanto ho dato e do, lo do alla Patria alla quale nulla si chiede». Sono parole molto attuali, che dovrebbero essere ricordate sempre da tutti gli italiani.
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Prima parte
Aldo Gastaldi “Bisagno”
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Cenni biografici
Aldo Gastaldi nasce a Granarolo (Genova) il 17 settembre 1921 da Paolo Gastaldi e Maria Lunetti. Dai genitori impara la fede cristiana e quel senso di severa responsabilità che lo accompagnerà sempre. Conseguito il diploma di perito elettrotecnico nel 1939, inizia a lavorare alla Società San Giorgio di Sestri Ponente e si iscrive nel frattempo alla facoltà di Economia e Commercio, quando nel 1941 riceve la chiamata alle armi. Le lettere inviate alla famiglia durante il periodo di addestramento a Casale e Pavia svelano un giovane tanto severo con se stesso quanto capace di delicatezza e affetto verso gli altri. Il 15 agosto 1942 entra in servizio come sottotenente nel 15° Reggimento Genio presso la caserma di Chiavari, dove si distingue per il rapporto fuori dal comune che riesce a stabilire con i suoi soldati. L’8 settembre 1943 Aldo è di pattuglia in città quando arriva la notizia dell’armistizio; non appena viene a sapere che i tedeschi hanno occupato la caserma fa nascondere le armi agli uomini che ha con sé, poi li lascia liberi di andarsene1. Nelle settimane successive viene contattato 1 Cfr. testimonianza autografa inviata da Walter Morandini a Paolo Gastaldi, padre di Aldo, il 12 aprile 1946 (Archivio Famiglia Gastaldi, d’ora in poi citato con la sigla A.F.G.).
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da Giovanni Serbandini “Bini”, comunista, che rimane colpito dalla ferma decisione maturata dal giovane ufficiale: «Era l’antitesi dell’attendismo», dirà2. Con un ristretto gruppo di uomini si stabilisce a Cichero, alle pendici del monte Ramaceto. Aldo viene eletto comandante e prende il nome di “Bisagno”, dal torrente che taglia in due Genova. I mesi che seguono servono a impostare la vita partigiana secondo delle precise regole militari e morali, dando vita a quella che diverrà poi celebre come la “scuola di Cichero”3. I giovani si rifugiano in montagna e trovano nel loro comandante un esempio da imitare; Bisagno infatti interpreta il comando non come potere, ma come servizio; è il primo a esporsi ai pericoli e l’ultimo a mangiare, riserva a se stesso i turni di guardia più pesanti. Si conquista così l’amore e la stima degli uomini e delle popolazioni contadine, senza il cui sostegno la lotta partigiana sarebbe stata impossibile. È temuto e rispettato anche dai nemici: dopo una serie di colloqui il maggiore Paroldo, comandante del battaglione Vestone della divisione Monterosa (una formazione addestrata in Germania e composta da soldati italiani imprigionati dai tedeschi dopo l’armistizio), si convince a passare nelle file partigiane nel novembre 1944, seguito da un buon numero dei suoi alpini4.
2 Cfr. intervista rilasciata da Giovanni Serbandini “Bini” a Giacomo Gastaldi e Anna Maria Manaratti (A.F.G.). 3 A.M. Manaratti, Bisagno: la scuola di Cichero e la terza divisione garibaldina, «Civitas», 1973, 3-4. 4 Cfr. testimonianza del 20 dicembre 1949 di Giovanni Battista Canepa “Marzo” al Comando del Distretto militare di Genova (Archivio “Marzo”, faldone 1, Biblioteca della Società Economica di Chiavari).
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Cattolico, apartitico, con un carisma straordinario, Bisagno si oppone con decisione ai continui tentativi di politicizzazione delle formazioni partigiane messi in atto dal Partito Comunista. «Noi non abbiamo un partito, noi non lottiamo per avere un domani un ‘careghin’5, vogliamo bene alle nostre case, vogliamo bene al nostro suolo e non vogliamo che questo sia calpestato dallo straniero», scrive ai suoi uomini. Con l’avvicinarsi della fine della guerra Bisagno, amatissimo dalla gente e irriducibile ai compromessi della politica, diventa un ostacolo ai piani dei partiti membri del cln. Nella riunione di Fascia del marzo 1945 il Comando militare unico della Liguria chiede a Bisagno di farsi da parte6 e questo provoca la reazione dei partigiani che irrompono sul luogo della riunione con le armi spianate contro i rappresentanti del Comando. Solo l’intervento dello stesso Bisagno, che richiama alla calma gli uomini, evita una carneficina7. Il Comando si deve accontentare di ridurre l’influenza di Bisagno dividendo in due la divisione Cichero8. Nei giorni successivi alla liberazione Bisagno si scaglia
5 Letteralmente “seggiolino”, qui usato in senso figurato per “posto di potere”. 6 Cfr. relazione del 16 marzo 1945 fatta dal Comando operativo Sesta Zona al Comando militare della Liguria (Archivio dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea) in cui si legge: «In base alle deliberazioni prese dai delegati del C.M.U.L. era inteso che Bisagno doveva andarsene a casa, caso mai non accettasse di raggiungere la Quarta Zona, in attesa di ulteriori disposizioni come era stato deciso». 7 Cfr. testimonianza rilasciata da Elvezio Massai “Santo” a Giacomo Gastaldi e Anna Maria Manaratti (A.F.G.). 8 Cfr. relazione del 16 marzo 1945 fatta dal Comando operativo Sesta Zona al Comando militare della Liguria (Archivio dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea).
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più volte contro i regolamenti di conti che insanguinano le strade di Genova. Per garantire l’incolumità di alcuni suoi partigiani, ex alpini del “Vestone” originari del Veneto e della Lombardia, li accompagna personalmente a casa. Muore il 21 maggio 1945 a Desenzano del Garda, dopo aver riconsegnato alle famiglie tutti i suoi uomini. La relazione ufficiale9, redatta dal commissario politico della divisione, parla di una caduta accidentale dal tetto del camion utilizzato per il viaggio; in realtà la dinamica dell’incidente non è mai stata chiarita in modo convincente e molti hanno sin da subito sollevato dubbi sull’accaduto10. Al funerale a Genova partecipa una folla impressionante. A Bisagno è stato attribuito il titolo di “primo par tigiano d’Italia”.
9 Cfr. «La morte di Bisagno» di Giovanni Battista Canepa “Marzo” (Archivio dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea). 10 Cfr. E. Massai “Santo”, P.L. Stagno, Bisagno. La vita, la morte, il mistero, Le Mani, Recco 2004.
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Ci siamo accorti, Gech, che il metodo fascista nelle nostre file non è morto; ci siamo accorti che il fascismo rivive sotto altri nomi, ci siamo impegnati di condurre a fondo la nostra lotta contro tutto ciò che è falso, che è sgradevole, disonesto, ingiusto. Aldo Gastaldi “Bisagno”
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Indice
Prefazione Paola Del Din
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Prima parte Aldo Gastaldi “Bisagno” Cenni biografici
» 10
La personalità di Aldo Gastaldi “Bisagno” Danilo Veneruso
» 14
Seconda parte Cristiano, partigiano, italiano Introduzione Maria Bocci
» 45
Un uomo «contro tutto ciò che è falso, sgradevole, disonesto, ingiusto» Daniele Bardelli
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Prendere le armi e mantenersi cristiani Emilio Bonicelli
» 60
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Terza parte Dietro le quinte Il film Bisagno Marco Gandolfo
p. 68
«Lui parla sempre, sarà ascoltato?» Elena Bono intervistata da Marco Gandolfo
» 77
Una fede respirata tra le mura domestiche Aldo Gastaldi
»
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Se costruire bisogna, la prima e fondamentale di tutte le costruzioni è quella dell’uomo. Beato Carlo Gnocchi