Ora prima del miracolo - Estratto

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Ai miei genitori. E a tutti quegli amici che, nonostante tutto, non mi hanno mai mollato un istante. Grazie. Andrea Avveduto Alla mia famiglia, ai miei amici e soprattutto ad Andrea. PerchÊ ogni giorno, con amore, mi accompagnano all’Essenziale. Maria Acqua Simi



Andrea Avveduto, Maria Acqua Simi

L’ora prima del miracolo Storie dal Medio Oriente Prefazione di Toni Capuozzo Postfazione di Amel Nona


Andrea Avveduto, Maria Acqua Simi L’ora prima del miracolo. Storie dal Medio Oriente Itaca, Castel Bolognese www.itacaedizioni.it/ora-prima-del-miracolo Prima edizione: novembre 2015 © 2015 Itacalibri, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-526-0457-7 Le edizioni Itaca sono distribuite da: Itacalibri srl via dell’Industria, 249 48014 Castel Bolognese (RA) - Italy tel. +39 0546 656188 fax +39 0546 652098 e-mail: itaca@itacalibri.it on line: www.itacalibri.it in libreria: www.itacaedizioni.it/librerie Grafica di copertina: Andrea Cimatti Stampato nel mese di novembre 2015 da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC) In copertina Bambina di un villaggio nei territori palestinesi. Foto © Miriam Mezzera, Associazione pro Terra Sancta.


Prefazione

Un po’ di Storia non fa mai male. Ma sono meglio le storie. Intendiamoci: per capire quello che succede in Medio Oriente la conoscenza del passato è decisiva, ma nulla spiega il presente quanto le storie individuali, i destini dei singoli travolti nel solco della Storia nel suo srotolarsi. Così il pregio di questo libro è per me innanzitutto la freschezza dolorosa del suo reportage dai luoghi della guerra. Cosa aggiunge ai tanti racconti che ci scivolano addosso, in questi anni, tutti diversi e tutti uguali nell’incapacità di smuovere, di fermare, di cambiare? Secondo me almeno tre cose. La prima è la capacità di restituirci il sapore di quello che è stato, di riuscire a farci immaginare un mondo fatto di cose semplici, di rapporti umani e vite serene – «Qaraqosh era bellissima, prima» – un paesaggio di miele e di fichi, di colombe bianche e normalità. Non è cosa da poco, e non è solo il dolore della nostalgia nei racconti. Perché accostarci all’inferno della guerra brucia, e l’orrore ci fa inevitabilmente ritrarre, allontana i carnefici ma anche le vittime. Immaginarle normali, ricordare con loro come siano stati così simili alla nostra normalità ci fa sentire più forte l’ingiustizia del presente. Il secondo merito di questo reportage è farci capire la forza della fede. Alla lettera, è una forza disarmante, anche se non riesce a fermare la guerra. Non è solo la forza di chi rifiuta di abiurare, o di chi finge di farlo, continuando a pregare e a credere in silenzio. È, piuttosto, la fede come via di salvezza e sopravvivenza, e non solo per chi la vive e la alimenta. Que-


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l’ora prima del miracolo

sta evangelizzazione nell’inferno degli odi mi ha ricordato un padre francescano che conobbi a Quetta, Pakistan, una città dove i talebani spadroneggiavano. Chiesi a quel prete se predicasse, se convertisse, se convincesse, oltre a far scuola e distribuire cibo, e ad ascoltare chiunque, cristiano o no. Mi rispose che sarebbe stato impossibile, ma che viveva come un cristiano, e questo era più forte di ogni parola, aveva il potere contagioso dell’esempio. Per carattere, sarei dalla parte di chi si impegna in qualche milizia di autodifesa, e quando sento padre Pizzaballa ricordare che il cristianesimo nasce dalla croce, mi viene spontaneo di ricordargli che la maggioranza degli abitanti di Betlemme non è più cristiana, e la maggioranza degli abitanti di Beit Jalla è fuggita in Cile. Ma non posso che tacere, quando sento dire padre Douglas che il perdono è la salvezza. Il terzo pregio di questo reportage è che racconta una situazione disperata senza perdere la speranza, senza farsi incantare dall’orrore. È la speranza che filtra quando leggi di qualche famiglia musulmana che aiuta, che salva, che si sottrae all’ordalia. È la speranza che viene dal sentire di uomini e donne che non si arrendono, che restano nella loro terra, anche se la pace non è dietro l’angolo, anche se la lentezza della tragedia ti obbliga a ripensare tutto. Anche se la speranza ha solo la forma dell’inesorabilità delle stagioni e del succedersi delle generazioni. Ha punti deboli, questo reportage? Forse uno: è sbrigativo nel raccontare lo Stato islamico e liquida l’orrore come figlio della sola ignoranza. Ciò che è vero, ma non basta. E però non è questo che cercavano gli autori, non è questo quello che possiamo pretendere da questo libro. Non è un’incursione nel campo nemico: è il racconto di una comunità, quella cristiana. Badate bene, non si tratta di una comunità figlia del colonialismo o dei missionari. Anche in Nigeria i cristiani sono perseguitati, ma è un’altra storia. Qui in forse non è l’esistenza di una cristianità importata, no. Rischiano di scomparire i nostri fratelli maggiori, la Chiesa delle origini, i nostri antenati. Una


Prefazione 7

volta a Ma’aloula, dove andai dopo che tre cristiani erano stati uccisi per strada dopo aver rifiutato la conversione, entrai in una chiesa devastata. Il paese era vuoto, e nelle strade silenziose era rimasto solo un anziano che aveva rifiutato di scappare, e urlava nel vento i nomi dei vicini. Uno dei ragazzi che mi aveva accompagnato in quella chiesa mormorò il Padre Nostro in aramaico, la lingua di Gesù. Era come entrare in una macchina del tempo, come sfogliare un album di famiglia. Così, questo libro è il racconto di uno specchio, di un campo intimo. Come non sentirsi a disagio, con la nostra indifferenza, e con le nostre beghe, davanti a questo specchio deformato che ci mostra quello che siamo diventati, davanti a quello che eravamo? Toni Capuozzo


Indice

Prefazione Toni Capuozzo

p. 5

Dalle Primavere al Califfato: la genesi dell’Isis «Così non posso più vivere» Libertà va(n) cercando Il Califfato nasce sui boxer Alle radici della rabbia musulmana Per causa mia Nazareni, cioè cristiani

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Frammenti di vita Era un paese bellissimo «Se anche una donna si dimenticasse del suo bambino, io non mi dimenticherò» Le milizie cristiane E chi invece è fuggito Padre Douglas e l’accoglienza a Erbil I cristiani del Sinjar L’inferno siriano Piccola cronaca da Azeir «Ecco, sto facendo una cosa nuova: proprio ora germoglia» Le famiglie sotto il Califfato a Raqqa «Questi sono i miracoli del Nostro Signore Gesù»


Aleppo, la casa di Bassam e l’abbraccio di padre Ibrahim p. 90 «Ne vale la pena» » 99 Conclusione San Francesco e il Sultano

» 105

Scheda sull’Iraq Scheda sulla Siria

» 109 » 111

Postfazione Amel Nona

» 115


Per sperare, bimba mia, bisogna essere molto felici, bisogna aver ottenuto, ricevuto una grande grazia. Charles PĂŠguy


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