Tommaso Dore - Francesco Voce
ANZIO E NETTUNO la costa ieri e oggi
Pubblicazione a cura di Italus Edizioni dell’Associazione Italus - Roma www.italusedizioni.blogspot.it www.italus.info Progetto grafico e impaginazione: Francesco Voce. Gli autori ringraziano: Paolo Orlandelli per la segnalazione del diario privato di Rodolfo Valentino contenente i ricordi del soggiorno presso il barone Fassini al Forte Sangallo; l’architetto Massimo Fusco per la riproduzione della fotografia raffigurante la distrutta villa Federici a Nettuno e l’architetto Giovanni Limoni per le notizie sulla medesima villa; Filippo Orsini per una preziosa segnalazione bibliografica. Immagine di copertina: elaborazione grafica di Francesco Voce. © Copyright 2019 - Tommaso Dore e Francesco Voce Ogni riproduzione, anche parziale, della presente opera è vietata salvo autorizzazione scritta degli autori. Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento sono riservati.
INDICE
Premessa ......................................................................................................... pag. 7 Introduzione storico-cronologica .................................................................... pag. 9 La villa di Nerone ........................................................................................... pag. 21 Dall’Arco Muto al Porto d’Anzio ................................................................... pag. 25 Il Paradiso sul Mare: casinò o tempio massonico? ......................................... pag. 49 Dal Porto d’Anzio a Punta Borghese .............................................................. pag. 57 Le residenze cardinalizie d’epoca barocca ...................................................... pag. 101 Da Punta Borghese al Forte Sangallo ............................................................. pag. 109 Rodolfo Valentico ospite del barone Fassini al Forte Sangallo ...................... pag. 153 Dal Forte Sangallo al Santuario di S. Maria Goretti ....................................... pag. 161 Ferdinando Gregoriovus: “Anzio e Nettuno” ................................................. pag. 205 Conclusione .................................................................................................... pag. 211
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Il golfo di Anzio e Nettuno all’inizio del secolo scorso.
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PREMESSA Questo libro nasce quasi per caso, dopo numerose passeggiate estive sulla spiaggia tra Anzio e Nettuno, osservando le tante case che curiosamente si affacciano dalla falesia sulle spiagge e sul mare. Nasce come un itinerario che pone a confronto il passato e il presente, passo passo lungo la costa in quattro tappe: dall’Arco Muto, attraverso i ruderi della villa imperiale e il faro di Capo d’Anzio fino alla riviera di ponente; dal porto, lungo la riviera di levante fino a Punta Borghese; da qui, proseguendo senza soluzione di continuità, attraverso scogli, calette e spiagge, fino al Forte Sangallo di Nettuno; dal forte e dal borgo medievale e lungo il porto turistico e le spiagge successive, fino al moderno Santuario di S. Maria Goretti. Le numerose residenze di villeggiatura qui prese in esame possono essere raggruppate schematicamente in tre differenti periodi storici: la villa imperiale d’età romana; le ville cardinalizie d’epoca barocca; i villini belle époque e degli anni venti e trenta. Dal secondo dopoguerra in poi, salvo rare eccezioni, si è abbattuta sulla costa una dissennata speculazione edilizia, come ben evidenzia il confronto fra le immagini proposte nei vari capitoli. Il libro contiene alcuni approfondimenti che riguardano il complesso imperiale, le ville cardinalizie e due edifici assurti a simbolo delle due località balneari: il Paradiso sul Mare, per Anzio, e il Forte Sangallo, per Nettuno. Infine, il testo del 1854 di Ferdinando Gregorovius ci fa riassaporare un’atmosfera di pace e solitudine ormai scomparsa per sempre. Per la realizzazione del volume e in particolare per le didascalie delle immagini, è stata preziosa la consultazione dei testi riportati in bibliografia, specialmente quelli di Pasetto (2000), Caneva e Travaglini (2003), Puccillo (2007), Marigliani (2008), Sciolari (2012) – che contiene informazioni veramente dettagliate sui villini della riviera
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Le due versioni dello stabilimento Tirrena sulla riviera di levante di Anzio (1935 e 1952).
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INTRODUZIONE STORICO-CRONOLOGICA L’antica città volsca di Antium, secondo una leggenda volta a nobilitarne le origini e riportata dallo storico Xenogora, fu fondata da Anteo, figlio di Ulisse e della Maga Circe, oppure, secondo un’altra versione legata sempre al ciclo troiano, da Ascanio, figlio di Enea. Disponeva di un porto, il Caenon (Cenone, ossia fangoso), che gli storici collocano alla foce del rio Loricina, distrutto dai Romani nel 338 a.C. quando, sconfitti i Volsci, Antium divenne una loro fiorente colonia e da centro militare-marittimo si trasformò in luogo di villeggiatura per i patrizi romani. La particolare amenità del paesaggio costiero, caratterizzato da basse falesie a picco sul mare, con alcune sorgenti d’acqua, unita alla mitezza del clima, richiamò già alla fine dell’età repubblicana alcuni importanti personaggi che vi edificarono le loro ville: Cicerone (presso Torre Astura), Mecenate, Lucrezio e altri. Durante l’età imperiale diversi imperatori soggiornarono ad Antium contribuendo alla costruzione in più fasi di una sfarzosa residenza e determinando la fase di maggior splendore della località: Augusto, Caligola (12-41 d.C., nato ad Anzio), Nerone (37-68 d.C.) che pure vi nacque e vi edificò un importante porto commerciale, Adriano, ecc. Nel corso dei secoli all’interno dei ruderi della villa imperiale furono rinvenuti alcuni tra i pezzi più celebri della statuaria classica: il Gladiatore Borghese, ora al Louvre; l’Apollo del Belvedere, ai Musei Vaticani; la Fanciulla d’Anzio, al Museo Nazionale Romano; le sculture di Giove, Esculapio e Athena, ai Musei Capitolini. All’inizio del VI secolo d.C., le distruzioni e i saccheggi operati dai Goti, nonché la diffusione della malaria, spinse la popolazione superstite a rifugiarsi attorno al tempio del dio Nettuno che sorgeva dove oggi si trova la collegiata dedicata ai Ss. Giovanni Battista ed Evangelista, riedificata nel 1736-‘48 dall’architetto Carlo Marchionni. È quindi il tempio pagano ad aver dato il nome al borgo che rimase per secoli l’unico luogo abitato fra le rovine dell’antica Antium e i territori malsani e disabitati dell’entroterra.
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Ricostruzione assonometrica della villa di Nerone, disegno dell’architetto Francesco Coni tratto dalla rivista “Bell’Italia”.
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LA VILLA DI NERONE Ad Anzio nacquero gli imperatori Caligola e Nerone, di quest’ultimo ci riferisce Tacito, ma la città ospitò anche Cicerone, tornato dall’esilio, e pure Mecenate sembra che vi avesse una villa. Una leggenda narra che durante il famoso incendio di Roma Nerone soggiornasse proprio ad Anzio nella sua residenza, presso la quale costruì anche un porto, considerato un capolavoro di ingegneria idraulica. La villa imperiale si estendeva lungo la fascia costiera a partire dalla punta di Capo d’Anzio e via Furio Anziate, per più di ottocento metri verso ponente fino al Capo dell’Arco Muto. La villa fu edificata sul sito di un’altra già preesistente, dove Augusto ricevette una delegazione da Roma per essere acclamato Pater Patriae. Dopo la morte di Nerone tutti gli imperatori romani la utilizzarono fino alla dinastia dei Severi. Oggi la villa romana è pressoché interrata e distrutta; ciò che colpisce il visitatore sono i resti dell’imponente costruzione, ben visibili lungo la costa, dalla cui falesia emergono sostruzioni e contrafforti. La residenza imperiale si sviluppava su più piani e lunghi corridoi, cunicoli di servizio e scalinate mettevano in comunicazione gli ambienti superiori con quelli costruiti sul mare. Proprio dietro il promontorio di Capo d’Anzio fu costruita una darsena da diporto e di servizio per le piccole imbarcazioni imperiali. Nell’entroterra la villa si articolava invece in padiglioni, ninfei, terme, giardini, fontane, terrazzi e belvederi. In questo fastoso palazzo gli architetti impegnati alla sua realizzazione cercarono di soddisfare ogni desiderio dell’imperatore per rendere il suo soggiorno ad Anzio il più gradito. Domiziano e Adriano, non meno di Nerone, contribuirono a rendere grandiosa la residenza di Anzio. Nei vasti ed eleganti ambienti, potevano svolgersi piccoli spettacoli, danze e musiche destinate all’intrattenimento degli ospiti. La decorazione architettonica era integrata da quella pittorica: giardini fioriti animati da fontane e da numerosi e variopinti uccelli. Questi grandi ambienti sicuramente ospitavano numerose statue collocate all’interno di nicchie ed erano ornati da vasi e altri elementi
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Dall’Arco Muto al Porto di Anzio
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La falesia con i ruderi della villa imperiale per la sua esposizione è inevitabilmente soggetta all’erosione marina. Ciò ha causato nei secoli il crollo di estese pareti di roccia, fortunatamente portando anche alla scoperta d’importanti reperti come la Fanciulla d’Anzio (1878), scultura oggi custodita presso il Museo Nazionale Romano. L’Arco Muto si ergeva sul mare all’estremità del promontorio in un luogo dove si appartavano gli innamorati al tramonto, così chiamato appunto perché era il silenzioso testimone delle loro effusioni.
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Per contrastare l’erosione della costa sono state posizionate in mare alcune scogliere frangiflutti. L’Arco Muto crollò improvvisamente all’inizio degli anni sessanta durante una violenta mareggiata. Importanti lavori di consolidamento della falesia sono stati avviati nel 2015 in seguito ad altri crolli. Oggi la villa imperiale è pressoché interrata e distrutta; ciò che colpisce il visitatore sono i resti dell’imponente costruzione, ben visibili dalla costa dalla cui falesia emergono sostruzioni e contrafforti.
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Il faro di Capo d’Anzio a picco sulla falesia lambita dal mare con numerosi scogli e qualche piccola spiaggia. Si noti la caratteristica tinteggiatura a bande di diverso colore dell’edificio. Il faro sorge sullo sperone roccioso dove i Frangipane edificarono una torre costiera a difesa dalle incusioni dei pirati saraceni, ricostruita poi nel seicento e distrutta nel 1813 dagli inglesi.
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Il faro, posto a 21 metri di altezza sopra un torrione, oggi è dipinto completamente di bianco. Il vasto arenile sabbioso, sottostante la falesia con i ruderi della villa imperiale, si è formato grazie alla costruzione delle barriere frangiflutti, come è avvenuto in molti altri tratti della costa fino a Nettuno. La villa romana si estendeva lungo la fascia costiera a partire dalla punta di Capo d’Anzio e via Furio Anziate, per più di ottocento metri verso ponente fino al Capo dell’Arco Muto.
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Le cosiddette Grotte di Nerone, ossia le rovine del palazzo imperiale e dell’annesso porto neroniano, con i villini Schmidt e Quattrociocchi (i primi due a sinistra), poi Zannelli. Il secondo villino, poi sopraelevato, ha ospitato anche la Pensione Laura (Salesi).
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Il terzo villino di stile medievale, visibile nella fotografia d’epoca, è stato demolito e sostituito da anonimi caseggiati, seguendo una tipica operazione di speculazione edilizia legata al periodo del cosiddetto boom economico degli anni cinquanta e sessanta. Gli altri due villini, sebbene alterati e ampliati, ancora sopravvivono.
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L’immagine mostra il palazzo Di Rosa, ricavato da alcuni fabbricati preesistenti della darsena innocenziana, in particolare da quelli dell’alloggio del Governatore e delle prigioni pontificie. Il complesso trae infatti la sua origine dalla costruzione del porto che papa Innocenzo XII Pignatelli commissionò all’ingegnere idraulico Alessandro Zinaghi (1698-1700) e che si appoggiava al braccio sinistro dell’antico porto neroniano ormai abbandonato. Lo stile neomedievale della testata dell’edificio s’ispirava probabilmente a quello dei due fortini sorti a protezione del nuovo molo pontificio.
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A seguito dei bombardamenti anglo-americani, distrutto il palazzo Di Rosa, l’area fu riutilizzata per edificarvi la sede dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Anzio, caratterizzato in verità da un tipo di edilizia piuttosto anonima. Nel 2003, demolita la struttura edificata nel dopoguerra, sono stati avviati i lavori per la realizzazione dell’attuale sede della Guardia Costiera. I lavori sono stati terminati nel 2006, riunendo in un solo fabbricato anche il comando della Capitaneria di Porto, dislocato per molti anni in una sede separata sulla riviera Zanardelli.
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Cesare Bazzani
Giuseppe Polli
Paradiso sul Mare, scorcio prospettico (da M. Giorgini e V. Tocchi (a cura di), Cesare Bazzani. Un Accademico d’Italia, Electa/Editori Umbri Associati, Perugia 1988, p. 102).
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IL PARADISO SUL MARE: CASINÒ O TEMPIO MASSONICO? 1 Il Paradiso sul Mare di Anzio, con la sua scenografica e bianca facciata, le soleggiate terrazze aperte sull’azzurro del Tirreno e le torri-altane coronate da cupole argentee, è senz’altro, per i motivi che vedremo, uno degli edifici più enigmatici e originali costruiti nel Lazio durante il Novecento. Nella mente del suo ideatore, Giuseppe Polli, brillante imprenditore e noto commerciante di tessuti della Capitale, il Paradiso era stato concepito come casa da gioco e splendida passerella per il lancio della moda italiana. Il nome dell’edificio fu scelto in ricordo del primo negozio di tessuti che Polli aveva gestito con grande successo a Roma: il “Paradiso delle signore”, che a sua volta traeva il nome dall’omonimo romanzo di Ėmile Zola. Il Paradiso fu edificato tra il 1919 e il 1924 in un terreno in forte pendenza sulla ridente riviera di levante ad Anzio, cittadina che all’epoca della costruzione del casinò era una rinomata meta di villeggiatura dell’agiata borghesia romana. Una località della quale Polli si era innamorato allorché vi si era recato convalescente nell’anno 1900 per respirare l’aria salubre del mare dopo una bronchite. Belle ville e nuovi larghi viali di palme e di pini allietavano la cittadina, già residenza di villeggiatura esclusiva di cardinali, principi e pontefici che lasciarono testimonianza del loro passaggio realizzando alcune ville patrizie (Albani, Borghese, Sarsina, ecc.). Tornando al Paradiso, se l’esterno dell’edificio risulta di aspetto vago e solare, l’interno è inoltre assai bizzarro: dalla riviera di levante si accede ad un salone perennemente in penombra, per metà scavato nella viva roccia e illuminato da torciere, da cui si dipartono oscure gallerie decorate da bassorilievi simbolici che sprofondano nelle viscere della terra. Man mano che si procede verso la parte alta della costruzione, attraversando ampie scalee, si raggiungono tre grandi sale circolari costruite una sopra l’altra in un girotondo di pilastri e semicolonne, illuminate da grandi pareti vetrate e caratterizzate da strutture murarie sempre più leggere fino ad arrivare alle terrazze pa-
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Dal Porto di Anzio a Punta Borghese
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Il porto innocenziano (1698-1700), progettato dall’ingegnere idraulico Alessandro Zinaghi, si innestò sul braccio sinistro di quello neroniano ormai abbandonato da secoli. Vi era una cappella, la residenza del governatore con gli alloggi per la guarnigione, il bagno penale e un piccolo ospedale. All’antico molo ripristinato se ne aggiunse uno nuovo, lungo 135 metri, con due fortini, presidi di artiglieria e un fanale.
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Il molo innocenziano fu prolungato di 80 metri nel 1883 e di altri 106 metri nel 1928-‘34, con ulteriore ampliamento delle banchine. I palazzi che prospettano sul porto sono ancora in parte quelli originari dell’ottocento, mentre altri purtroppo sono stati ricostruiti in uno stile moderno che non lega con quelli del passato, andando anche ad incrementare di molto le preesistenti cubature.
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L’Hôtel des Sirènes, con la sua splendida terrazza a mare sulla riviera di levante, fu costruito dalla Banca Generale Italiana e inaugurato nel 1885 da Umberto I di Savoia. Chiuso nel 1900, l’albergo nel 1912 divenne sede del Reale Circolo Canottieri Tevere Remo. Il grande edificio un tempo sorgeva direttamente sulla spiaggia, non essendoci una strada lungomare (riviera Zanardelli).
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L’ex Albergo delle Sirene a seguito di gravi danni bellici fu drasticamente ristrutturato. Il volume è rimasto sostanzialmente inalterato e presenta infatti lo stesso numero di piani e di bucature dell’edificio originario, cui sono stati aggiunti però alcuni balconi e un ampliamento dell’attico. Le facciate appaiono come piallate, ne è stata cioè totalmente rimossa la decorazione in stile neorinascimentale: archi e paramenti a bugnato, fasce marcapiano e marcadavanzale, cornici delle finestre, ecc.. Il Circolo Canottieri Tevere Remo ha mantenuto tuttora qui la sua sede storica con accesso dalla riviera Zanardelli.
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Villa delle Palme. Prospetto acquerellato dell’architetto Cesare Bazzani relativo alla ristrutturazione dell’edificio dopo l’acquisto da parte dell’imprenditore Giuseppe Polli (fonte internet). Il villino originario, edificato nel 1883 dalla Soc. Ferrovie Secondarie Romane (SFSR), fu subito venduto alla famiglia Rossi. Bazzani, nel suo intervento del 1921, aggiunse in particolare lo splendido porticato ovale, ornato da colonne tuscaniche e ioniche.
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Nel 1961, a seguito della morte di Giuseppe Polli (1958), la villa fu venduta dai suoi eredi all’Immobiliare Salus (Aliotta) e oggi appartiene a una discendente dell’architetto Cesare Bazzani. Dal cancello sulla riviera di levante un vialetto in salita attraversa il rigoglioso giardino e conduce all’edificio, uno dei più interessanti e meglio conservati della costa di Anzio.
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Il Tirrena era uno dei due grandi stabilimenti su palafitte di Anzio, insieme al Dea Fortuna che sorgeva sulla riviera di ponente. La prima versione del Tirrena risaliva al 1935, ad opera dell’ingegner Lorenzo Mariotti, autore anche del Piano Regolatore di Anzio del 1933. Entrambi gli stabilimenti sul mare furono distrutti durante lo sbarco degli anglo-americani. Il Dea Fortuna non fu piÚ ricostruito, mentre il Tirrena rinacque in una nuova veste nel 1952 sempre su progetto dell’ingegner Mariotti (visibile in questa fotografia dei primi anni cinquanta). Sulla riviera di levante si notano in sequenza il Paradisino, villa Mengarini, villa Colonna e il villino di Cesare Bazzani.
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Lo stabilimento Tirrena ora non sorge più direttamente dal mare ma poggia sul vasto arenile sabbioso creato per accogliere un maggior numero di villeggianti. La bella villa dei Mengarini è scomparsa come anche il padiglione annesso al villino Bazzani, al cui posto sorge un’altra palazzina. Si possono notare, infine, numerosi fabbricati sorti qua e là nel corso degli anni che sono andati a saturare gli spazi lasciati vuoti fra le prime grandi residenze di villeggiatura edificate lungo la costa tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento.
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Prospetto del villino dell’architetto Cesare Bazzani, costruito nel 1922 e chiamato Montevile a Mare (AA.VV., Cesare Bazzani. Un Accademico d’Italia, Electa/Editori Umbri Associati, Perugia 1988, p. 201). La famiglia Bazzani frequentava Anzio fin da quando Cesare era ancora un ragazzo. Successivamente, in questo villino, il cui ingresso principale si trova in via Egidi n. 1, l’architetto poté ospitare la modella Amelia Gallini (1895-1983), conosciuta a Terni e con la quale egli instaurò una lunga relazione.
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Sulla sinistra del villino Bazzani un pergolato in muratura conduceva originariamente ad un padiglione distaccato, purtroppo demolito dopo la seconda guerra mondiale per realizzare una maggiore cubatura, mentre il corpo principale è stato suddiviso in più appartamenti. La spiaggia sottostante il villino, fino a punta Borghese, è nota come I Marinaretti. Il toponimo deriva dall’Orfanotrofio Nazionale Vittorio Emanuele III, fondato nel 1908 per l’assistenza ai figli orfani di pescatori. Un’ex casamatta tedesca, costruita a ridosso della spiaggia, è stata trasformata nel 1976 dallo scultore Amerigo Tot in una testa di un guerriero saraceno con elmo e oggi versa in gravi condizioni di degrado.
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P. Anesi, Veduta di Porto d’Anzio con le ville Corsini, Albani, Pamphilj e Costaguti, 1746, olio su tela.
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LE GRANDI RESIDENZE CARDINALIZIE D’EPOCA BAROCCA La marina tra Capo d’Anzio e Nettuno tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo fu riscoperta come luogo di villeggiatura da alti prelati pontifici, dediti ad attività venatorie o vitivinicole, come il Tesoriere Generale Bartolomeo Cesi, duca di Acquasparta. La sua villa fu la prima a essere costruita e ospitò anche il nipote del cardinale, Federico il Linceo, che soggiornò ad Anzio per curare la sua salute malferma. Passata a Camillo Pamphilj nel 1648, che ne ampliò il palazzo, fu poi venduta a Francesco Borghese nel 1834, sotto il quale prese il nome ancora oggi utilizzato di villa Adele (dal nome della moglie). In questo periodo l’edificio subì ancora un ampliamento sotto la direzione dell’architetto Gaetano Morichini. Nel 1922, dopo diversi passaggi di proprietà, pervenne ai fratelli Poli, banchieri, che la fecero ristrutturare nel 1927-‘28 in stile barocchetto romano per poi trasformarla in albergo (Hôtel Excelsior), in previsione dell’auspicata apertura del casinò di Anzio. Dal 1964 è proprietà del Comune di Anzio ed è stata destinata tra l’altro a sede del museo civico, della biblioteca comunale e del museo dello sbarco. 1 La seconda delle quattro importanti residenze barocche affacciate sul golfo di Anzio e Nettuno è quella voluta dal cardinale Vincenzo Costaguti, conosciuta oggi come villa Borghese, che resta tuttora una delle principali emergenze architettoniche e naturalistiche di questo tratto della costa laziale. La vista sul mare dalle terrazze del palazzo, attraverso le alberature del parco che si estende per 46 ettari, è veramente spettacolare. Edificata a partire dal 1647, sulla base di un progetto di Giovan Antonio de Rossi (1616-‘95) e chiamata villa di Bell’Aspetto, passò nel 1818 al banchiere Alessandro Torlonia. Questi, nel 1832, la vendé a Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, che aveva appena acquistato il feudo di Nettuno. Nel 1903 Gabriele D’Annunzio, insieme a Eleonora Duse, fu ospite del principe Borghese e nella villa scrisse la tragedia pastorale La figlia di Jorio. Durante la guerra gli americani fissarono il loro quartier generale nelle gallerie sotterranee scavate nella falesia di macco. Oggi la villa è sal-
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Da Punta Borghese al Forte Sangallo
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Villa Marini, una delle più belle e caratteristiche della costa fra Anzio e Nettuno, risale alla seconda metà dell’ottocento. Passata per donazione alla Congregazione di S. Pietro Claver, è più nota come villa o pensione Stella Maris. Le suore dell’Istituto delle Figlie della Sapienza, come recita una cartolina pubblicitaria, “vi fanno pensione a signore e signorine desiderose di respirare l’aria del mare o di prenderne bagni”. Dopo i danni subìti nel periodo bellico, la villa è stata ristrutturata e suddivisa in appartamenti.
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Villa Marini, poi Stella Maris, sorge sulla costa rocciosa a strapiombo sul mare che qui arriva fino a 12 metri di altezza. Purtroppo, alcuni anni fa, una parte della falesia adiacente alla villa è franata a causa dell’erosione marina, sommergendo la piccola spiaggia sottostante. Questo tratto di costa fra Anzio e Nettuno, con le sue antiche dimore affacciate sul mare, può essere considerato quasi una piccola Posillipo romana.
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Villa Osservatorio prende il nome dalla caratteristica cupoletta di un osservatorio astronomico domestico. La precede su via Antonio Gramsci, al n. 111, il villino Incantesimo, così battezzato da Gabriele D’Annunzio per la vista panoramica sul mare e la posizione isolata. Realizzato in due fasi, la parte bassa a cortina risale agli anni venti, mentre la sopraelevazione di due piani ad intonaco bianco è opera degli anni quaranta dell’architetto Michele Busiri Vici. In origine era la residenza marina del maestro Giuseppe (Nuccio) Fiorda (1894-1975), musicista e autore di colonne sonore di film del tempo dei cosiddetti telefoni bianchi.
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Villa Osservatorio è circondata da uno splendido giardino ricco di essenze arboree che scende fino alla spiaggia. In uno dei villini che seguono lungo via Antonio Gramsci, villa Gualdi, al n. 95, aveva sede la Pensione Neptunia che nel 1928 ospitò Luigi Pirandello. A Nettuno lo scrittore ha ambientato una delle sue Novelle per un anno, intitolata La Pigna.
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Casa degli Angeli Custodi (1958). L’immagine risale al dopoguerra e non è interessante tanto per gli edifici che sono poco cambiati, quanto per il mare che oggi appare arretrato di parecchi metri grazie alla costruzione delle scogliere frangiflutti.
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Il complesso ospedaliero di lungodegenza per anziani comprende molti vecchi villini che sono stati nel tempo accorpati e ristrutturati, perdendo le originarie caratteristiche residenziali di lusso. Soprattutto il trattamento delle facciate risulta appesantito da moderni rivestimenti a cortina sovrapposti ai vecchi e delicati intonaci per meglio risistere all’aggressione della salsedine.
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Lo stabilimento Bagni Lido era uno dei piÚ grandi della costa di Nettuno. Realizzato a forma di chalet svizzero su palafitte in legno di castagno, sostituite poi da piloni in cemento armato, era frequentato dalle migliori famiglie della capitale. Oltre a cabine, camerini e docce, le sue terrazze sul mare ospitavano un caffè, un ristorante, un dancing e un cinema all’aperto. Sulla falesia, si notano in sequenza da sinistra i villini Cortigiani e Del Bufalo, il palazzo De Rosa, quello che ospitava gli alloggi degli ufficiali della Scuola di Tiro di Artiglieria e il villino Talenti.
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Al posto del demolito villino Cortigiani è stato edificato un ingombrante condominio che risale al periodo del cosiddetto boom economico, come quello piÚ elegante di via Antonio Gramsci n. 70, che si intravede in secondo piano sulla sinistra, costruito alla metà degli anni cinquanta.
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Uno dei bastioni del Forte Sangallo che si ergeva direttamente sul mare. Sullo sfondo si vedono i villini Cortigiani e Talenti che fiancheggiano le scalinate del Belvedere. Il forte era stato costruito su preesistenze medievali per volontĂ di Alessandro VI Borgia al fine di potenziare il sistema difensivo delle torri costiere della spiaggia romana contro le incursioni dei pirati saraceni.
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I bastioni del Forte Sangallo richiederebbero un intervento di consolidamento e restauro abbastanza urgente. Attualmente sono in corso lavori di sistemazione nel fossato a monte che circonda il castello.
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RODOLFO VALENTINO OSPITE DEL BARONE FASSINI AL FORTE SANGALLO Inserito nel sistema difensivo delle torri costiere, il forte fu edificato su preesistenze medievali tra il 1499 e il 1503 per volere di papa Alessandro VI Borgia che ne affidò la progettazione a Giuliano da Sangallo e la direzione dei lavori al di lui fratello Antonio il Vecchio. Dopo svariati passaggi di proprietà, tra i quali si citano più volte i Colonna, la Camera Apostolica dal 1594, i Borghese nel 1831 (che aggiunsero il ponte di accesso), il forte fu acquistato nel 1920 dal barone Alberto Fassini Camossi (18751942). Questi lo fece ristrutturare subito dopo dall’architetto Carlo Busiri Vici, sotto la supervisione di Antonio Muňoz della Sovrintendenza ai Monumenti del Lazio. In particolare, oltre alla razionalizzazione per uso abitativo degli ambienti, esternamente furono costruiti il coronamento del mastio centrale e le merlature dei bastioni. 1 Fassini è stato uno dei finanzieri e imprenditori più in vista del paese durante il regime fascista, un uomo d’affari con importanti conoscenze negli ambienti politici e industriali, nonché amico di Mussolini, che per un periodo abitò nel suo stesso palazzo, Palazzo Tittoni in via Rasella a Roma. La sua attività imprenditoriale spaziò in diversi campi: tessile, cinematografico, assicurativo, armatoriale, immobiliare, turistico. Rianimò la società cinematografica Cines, raggiungendo il successo nel 1913 con la produzione di Quo Vadis, il primo colossal della storia del cinema. “Nel primo dopoguerra il cinema rappresentò per Fassini un eccezionale passaporto mondano e un veicolo di consenso sociale” e si trovò a scritturare e frequentare alcune fra le attrici più note dell’epoca, come Lyda Borelli e Francesca Bertini. 2 Artefice poi del rilancio turistico internazionale di Capri, su incarico del duce, egli divenne di fatto per un ventennio il dominus dell’isola: era padrone dei principali alberghi, dei trasporti, dell’elettricità, dell’acqua, della funicolare, praticamente di tutto. Fascista della prim’ora, fin dal 1919, ricorda in un promemoria a Mussolini di aver messo a disposizione il suo castello di Nettuno “per nascondere e per ricoverare fa-
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Dal Forte Sangallo al Santuario di S. Maria Goretti
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Nel 1920 il Forte Sangallo fu acquistato dal barone Alberto Fassini Camossi (1875-1942), noto imprenditore e fondatore dell’industria cinematografica a Roma, che lo fece ristrutturare dall’architetto romano Carlo Busiri Vici (1856-1925). A quel tempo fu costruito anche il muro di cinta alla base dei bastioni lungo il mare.
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Alla fine degli anni cinquanta il forte fu venduto dalla famiglia Fiorentino all’Immobiliare Sangallo che per adibirlo ad albergo nel 1967-‘68 operò una drastica ristrutturazione interna e costruì una piscina sul lato verso il borgo medievale, fortunatamente rimossa nei successivi restauri dopo l’acquisizione da parte del Comune di Nettuno (1989).
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Il Forte Sangallo sorgeva direttamente sulla riva del mare, senza la presenza della grande spiaggia e degli stabilimenti balneari attualmente esistenti. Il coronamento orizzontale del mastio, al centro, risale al restauro voluto dal barone Alberto Fassini Camossi negli anni venti e curato dall’architetto Carlo Busiri Vici.
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Il Forte Sangallo oggi ospita l’antiquarium comunale di Nettuno e il museo dello sbarco. Attualmente sono in corso la sistemazione dei fossati del castello e altri interventi di restauro.
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L’Hôtel Restaurant Sangallo, già attivo all’inizio del novecento, era gestito da Emilio Ottolini. Sulla destra, all’interno di un piccolo giardino circondato da una cancellata in ferro battuto, si trovava la casina della Mensa degli ufficiali della Scuola Centrale di Tiro di Artiglieria.
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L’ex Hôtel Restaurant Sangallo è stato trasformato e frazionato in un condominio, mentre la Mensa degli ufficiali è purtroppo stata distrutta durante i bombardamenti anglo-americani. Ne rimane solo la piacevole area a giardino che costeggia l’ultimo tratto di via Antonio Gramsci prima di giungere a piazza Mazzini e al borgo medievale di Nettuno.
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Un’esemplare immagine che raffigura nel suo insieme il borgo medievale di Nettuno con le mura lambite dal mare, il palazzo comunale e la riviera di levante. Si vedono in primo piano le scalinate che dalla passeggiata di via Giacomo Matteotti (già via Durand de la Penne) scendevano agli scogli con i semplici pontili in legno degli stabilimenti balneari.
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Oltre metà della costa della riviera di levante di Nettuno praticamente non esiste più, essendo stata raddoppiata la sede stradale di via Giacomo Matteotti con il “lungomare” Amerigo Vespucci che conduce al porto turistico, in parte fiancheggiato dai nuovi e bassi fabbricati destinati ad ospitare le attività commerciali e di ristorazione a servizio del porto stesso.
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I lavori di costruzione del Santuario di S. Maria delle Grazie furono iniziati nel 1909, dopo aver demolito la preesistente chiesina di S. Rocco (o Ss. Annunziata), e completati nel 1914. La facciata era rimasta incompiuta e priva del rosone. Una ricca decorazione interna di stile neogotico fu realizzata dal pittore Nazareno Diotallevi che dipinse volte, abside e matronei. Tutto ciò è andato perduto dopo la guerra a seguito di una drastica ristrutturazione avviata negli anni cinquanta. Il superstite campanile, alto 37 metri, fu eretto nel 1930 su disegno dell’ing. fratel Costanzo Dodet, progettista anche della chiesa originaria.
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Dopo aver subìto danni durante le operazioni belliche, il santuario fu pesantemente ristrutturato nel 1950-‘57 su progetto dell’architetto Sardone e dedicato anche a S. Maria Goretti, la giovane martire uccisa nel 1902 e canonizzata nel 1950. Sullo sfondo si nota lo Scacciapensieri (libera traduzione dal francese sans souci, senza preoccupazioni), il grattacielo di Nettuno, alto 74 metri e con 21 piani, edificato negli anni sessanta dall’imprenditore nettunese Giuseppe Ottolini, su progetto dell’architetto Eugenio Rossi e degli ingegneri Oberdan Sbarra e Riccardo Morandi (quello del ponte di Genova).
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H. Lear, Veduta di Nettuno, 1840, litografia.
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FERDINANDO GREGOROVIUS ANZIO E NETTUNO (1854) 1 Quale pace scende negli animi nella solitudine di questo mare! Quella linea fine e dolcissima della spiaggia che si prolunga per miglia e miglia e si perde poi nei vapori, quella sabbia morbida e scintillante, quelle onde che si frangono di continuo in quel mare che muta ad ogni istante aspetto e tinta, quel superbo capo di Circe, che emerge dal mare come un’isola e splende come un magico e grandioso zaffiro, quella lontana e piccola isola di Ponza, di cui le vette sorgono dalle onde quasi corolle di fiori, quelle cento piccole vele che vanno, vengono, compaiono, spariscono; quel canto melanconico dei pescatori, quel suono di flauti e di arpe, tutto ciò fa sì che se al di fuori rintronasse il mondo intero del rombo del cannone, dello scoppio delle granate, qui non giungerebbe l’eco più lieve. Pochi giorni prima a Roma non vedevo l’ora in cui giungessero al caffè i giornali e mi precipitavo quasi sul Monitore di Toscana, sulla Gazzetta di Genova, sulla Gazzetta universale di Augsburg, appena arrivavano; qui, invece, non si ha nessun giornale, neppure il Giornale di Roma, periodico più innocente ancora di un’egloga di Virgilio, e se si chiede a qualcuno: «Che cosa fa Omar Pascià?... Dove si trova l’ammiraglio Napier?... Continua Silistria a resistere?... », si ha una scrollata di spalle e nulla più. Quando mi affaccio alla finestra della mia stanza, sotto la quale i pescatori napoletani, seduti sulla sabbia, racconciano le loro reti, scorgo tutto il magnifico golfo, ed il mio occhio può seguire tutta la spiaggia sino al capo Circeo: su questa spiaggia, presso Anzio, sorge la bella villa del principe Borghese, in un parco assai trascurato, ma ricco di elci e di olivi, e più in là il castello e la città di Nettuno, bruna e pittoresca, costruita sul mare e famosa in tutto il mondo per la bellezza delle donne e per la loro stupenda foggia di vestire... Su questo lido più volte mi è accaduto di pensare alla brillante ambra gialla che si raccoglie sulle nostre spiagge e che qui il mare non produce: qui esso somministra, invece, tutte le specie più preziose di marmo. Se ne potrebbero raccogliere a carri e dei più
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CONCLUSIONE In questo libro abbiamo visto l’evoluzione di Anzio e Nettuno. Il tempo è tiranno con le opere umane, tutto è mutevole e solo una manciata di anni può cambiare la morfologia e l’urbanistica di un luogo. Anzio e Nettuno sono ancora indubbiamente due località amene, solari e piacevoli in cui soggiornare, due belle cittadine... ma sta all’uomo designare le proprie sorti. Oggi più che in passato avvertiamo la necessità di un ambiente pulito e sano, di città ecosostenibili, consapevoli che la società è cambiata e con essa i bisogni economici e le tendenze culturali e sociali. Per far fronte a tutto ciò si può seguire l’esempio di Angelo Vassallo,1 il sindaco-pescatore di Pollica, in provincia di Salerno. L’amministrazione Vassallo si caratterizzò per la valorizzazione dei sapori e dei saperi locali intuendo che l’istituzione dell’Ente Parco del Cilento era un fattore su cui puntare per avviare un processo di sviluppo. I suoi piani urbanistici non hanno previsto l’espansione urbana ma la valorizzazione dell’esistente. Oggi Pollica sembra una bomboniera, ha saputo esaltare la bellezza dei luoghi e migliorare la qualità di vita dei suoi cittadini, divenendo una meta turistica. Vassallo ha travasato il suo amore per il mare nelle buone pratiche di una bella politica. Ciò ha portato le acque di Pollica ad essere negli anni le più premiate con 5 vele (massimo riconoscimento) della Bandiera Blu di Legambiente e Touring Club. Sempre grazie ad Angelo Vassallo che ne fu promotore, nel 2010 l’UNESCO ha inserito la dieta mediterranea fra i patrimoni orali e immateriali dell’umanità. Vassallo affermava: “Rispetto dell’ambiente e legalità: queste sono le risorse del domani per la costruzione di una nuova felicità e di una nuova economia”. Il futuro di Anzio e Nettuno sta nella valorizzazione del territorio, di quello che è già esistente (e non è poco), nella tutela dell’ambiente e del mare. Solo così si potrà attirare maggiore turismo e col turismo ne beneficeranno le attività commerciali ed economiche dei due comuni.
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