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Speciale: Cittadini/PA
Microblogging Le liberalizzazioni Intervista a Chiara Boni Cultura 2.0 Anno XI - 01.2012 - Trimestrale www.voicecomnews.it
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E D I T O R I A L E Questo numero è particolare, anzitutto esce come n.1/2012, vista l’importanza e l’impegno di grande parte della redazione per il convegno OMAT che si è svolto il 27 marzo a Milano. L’interesse per la PA e per la digitalizzazione dove, per chi volesse sapere di più rimandiamo alla rivista iged.it, coinvolge ovviamente anche noi, quelli di VoiceCom news, noi che vogliamo con più leggerezza e minori tecnicismi, affrontare tematiche relative alle nuove soluzioni tecnologiche, alle innovazioni, al mondo dei social media, alla difesa del territorio e dei suoi prodotti, all’informazione più utile per i cittadini. Non è casuale che questo numero ospiti il Comune di Brescello. Va da sè che sia tanto di attualità quanto di storia. Storia, in quanto la location della saga di Guareschi, che tanto torna bene tutt’oggi al pollaio della politica nostrana, che essendosi ritenuta incapace, ha risolto i propri problemi con un governo tecnico che, nel mezzo delle politiche e a fronte delle parti sociali, solamente tecnico non potrà mai essere. Attualità, visto il recente terremoto nell’area di Reggio Emilia, che ha avuto epicentro proprio in quel paesello della “bassa padana”, bagnato dal Po. Così, tra una cosa e l’altra, certi di far conoscere cose utili e interessanti, procediamo insieme, con senso comune condiviso, pur con anche differenti opinioni personali. Una condivisione che fa sì che il buon senso sia eguagliabile alla vera democrazia. Dove non c’è dialogo non c’è democrazia. Dove non c’è libertà di pensiero, non c’è democrazia. Speriamo, ottimisti come sempre, che gli incubi e le catene cui siamo tuttora schiavi vengano meno, e che si possa costruire una società ideale, grazie alla partecipazione di tutti. Buona lettura a nome di tutta la redazione.
A questo numero hanno collaborato: Maurizio Arata, Sonia Avemari, Maurizio Bonas, Chiara Boni,Paolo Della Sala, Vittorino Ferla, Antonino M. Grande, Petra Invernizzi, Nellina Laganà, Umberto Raimondi, Gabriele Santalini, Leo Sorge, Federico Venturini, Giuseppe Vezzani Editore ITER srl - www.iter.it Redazione VoiceCom news Via Rovetta, 18 20127 Milano TEL: +39 02.28.31.16.1 FAX: +39 02.28.31.16.66 voicecomnews@iter.it www.iter.it/vcnews.htm Direttore responsabile: Domenico Piazza Condirettore: Maurizio Arata Direttore Contenuti: Petra Invernizzi Art Director: Housegrafik.com
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Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 157 del 7 marzo 1992. Pubblicità inferiore al 45%. Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta alcuna responsabilità per l’Editore.
S O M M A R I 0
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Liberalizzazioni Un bene? un male?
SANITÀ
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Errore medico Orrore del paziente
MODA
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Intervista a Chiara Boni Uno stile da poleposition
RECENSIONI
41 SCENARI
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La Twitt-era Dopo il grande successo negli Stati Uniti è Twitter mania anche in Italia
VoiceCom news
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E adesso pinniamo Il microblogging delle immagini
TAGLIA E CONSERVA
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Landing page di successo 5 consigli utili
CULTURA 2.0
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Educazione e cultura Chiavi per il futuro
FOCUS
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Cittadini e territorio Il dovere di cambiare, e subito
APPROFONDIMENTI
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Corruzione e trasparenza Nella pubblica amministrazione
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S-rilancio dell’industria turistica Un caso di scuola nel Tigullio
Tutta mia la città La supply chain della moda
PUBBLICITÀ
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Ragione e fantasia Così nasce un’idea creativa
TERRITORIO
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C’era una volta… Un paesino chiamato Brescello
CINEMA
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OSCAR 2012 Trionfano le idee, le storie e le lacrime
EVENTI
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Three million dollar nanobaby
TAGLIA E APPENDI
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La morale della favola Storia Universale
PILLOLE
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Le pillole di Voicecom news VoiceCom news 01.2012
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SCENARI
La Twitt-era Dopo il grande successo negli Stati Uniti, è Twitter mania anche in Italia.
di Maurizio Arata, Giornalista, Condirettore di VoiceCom news foto: Michele Zangari
Se ne stava seduto su un’altalena al parco a mangiare cibo messicano, chissà, forse gli uccellini furono attratti da quel Jack Dorsey, tanto da avvicinarsi a lui svolazzando e cinguettando. Non avrebbero potuto fare cosa migliore, visto che il risultato fu l’idea rivoluzionaria di un nuovo modello di servizio in grado di far comunicare le persone ovunque ed in tempi rapidi. Quell’idea diede il via al tanto chiacchierato Twitter, o meglio tanto cinguettato, visto che il nome stesso del Social Media deriva dal verbo inglese “to tweet”, cinguettare appunto, cinguettare Tweet in 140 caratteri. Fu così, da questa piccola, se pur vera, favoletta che nel marzo del 2006 venne ufficialmente fondato Twitter, un servizio di microblogging, uno strumento gratuito di rete sociale, creato dalla Obvious Corporation di San Francisco. Oggi Twitter ha già superato i 500 milioni di utenti che vi accedono pressoché costantemente, scambiando fra loro una illimitata quantità di informazioni, per lo più in tempo reale, riguardanti le più svariate tematiche, con contatti sparsi quasi in tutto il mondo. Non solo, il 22 gennaio di due anni fa, l’astronauta Timothy Creamer, della Nasa, ha inviato il primo tweet dallo spazio, dalla Stazione Spaziale Internazionale. Il percorso è stato rapido, e grazie alla sua immediatezza, ed all’uso semplice, la popolarità di Twitter è cresciuta al punto di essere ormai l’avversario più temuto di Facebook, nonostante fra i due Social vi sia tuttora un forte divario numerico. Oltre ad una certa discrezionalità di utilizzo, che permette di scegliere se rendere visibili i propri Tweet a tutti, o meno, l’eccellenza dimostratasi nell’ambito del nuovo giornalismo partecipativo ha reso questo strumento di grande utilità sociale, segnalando notizie anche prima dei media tradizionali, Tv, stampa, come è accaduto, ad esempio da noi, col terremoto in Abruzzo, nell’aprile 2009. Da un paio di anni le lingue più attive di Twitter sono, oltre all’inglese ed al giapponese presenti fin dalle origini, il francese, l’italiano, il tedesco e lo spagnolo. Numerose sono, anche nel nostro Paese, le scuole, le Università e le Pubbliche Amministrazioni che stanno usando questo strumento a scopi didattici, così come stanno aumentando le aziende che vogliono promuovere i propri prodotti o servizi. Steven Berlin Johnson, giornalista e scrittore statunitense, descrive la meccanica di base di Twitter “molto semplice”: «Come un social network, Twitter ruota intorno al principio dei seguaci ( followers). Quando si sceglie di seguire un altro utente di Twitter, i tweet di tale utente vengono visualizzati in ordine crono-
Cosa fare e come usare Twitter Il primo passo da fare è andare sul sito http://www.twitter.com e registrarsi (1) gratuitamente per ottenere il proprio soprannome (nickname) da usare nel servizio Fatto questo potete già cominciare a lasciare i vostri messaggi dalla home page del sito L’uso per il quale è nato Twitter è quello di comunicare a tutti quello che si sta facendo in quel determinato istante. Questo permette di utilizzare il servizio in svariati modi: c’è chi lo usa per raccontare la sua giornata tramite brevi messaggi, chi lo usa per condividere link e applicazioni interessanti, chi per darsi appuntamenti, chi per puro “cazzeggio”, fino ad arrivare a siti di informazione che lo usano per dare le ultime notizie e via dicendo. Gli utenti che seguite (Following), non necessariamente seguono voi (Followers). Si possono anche scrivere tweet privati (Direct Message) ad un altro utente.. nel campo dove si scrive il proprio tweet basta scrivere “D nick messaggio” e leggerà solo lui. I messaggi brevi, hashtag: parole o frasi precedute dal simbolo cancelletto (#) possono essere utilizzati per seguire una discussione tra più persone, incoraggiando altre persone a partecipare.
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FOLLOW ME
logico inverso sulla home page di Twitter. Se seguite 20 persone, si vedrà una miscela di tweet scorrere la pagina: aggiornamento sui cereali per la colazione, nuovi link, consigli musicali, tra cui riflessioni sul futuro dell’istruzione. » Come detto innanzi, l’interesse delle aziende per Twitter sta aumentando costantemente, questo grazie proprio all’incredibile quantità di informazioni utili che si possono rilevare. Conoscere i pensieri e gli interessi degli utenti, elaborare il materiale ricavato, può addirittura determinare il successo dei brand, facendo loro cogliere pregi, difetti o tendenze, e permettere un attento monitoraggio volto al miglioramento, alla qualità, alla tipologia di mercato e quindi di seguito alla fidelizzazione. Sapere comunicare con gli utenti è ormai il fattore indispensabile per la promozione e vendita di qualsivoglia prodotto. Proprio su questa base, sono nati su Twitter numerosi servizi volti proprio a sottolineare i vari livelli di reputazione raggiunti dal Marchio, o dalla Firma di riferimento.
le” che possono giungere in Rete, al solo scopo di suggestionare, sviare o persino disinformare. Come si suol dire: non è sempre tutto oro quello che luccica. A maggior ragione occorre aumentare il più possibile il senso di responsabilità, soprattutto in chiave etica e per quel che concerne l’attivismo, che si diffonde tanto dal punto di vista politico, quanto da quello umanitario. Le nuove tecnologie ci stanno sempre più portando alla partecipazione ed alla condivisione, è quindi quanto mai indispensabile che questo accada al fine di migliorare noi stessi ed il nostro ambiente circostante. Interessanti in proposito sono alcuni punti sottolineati dal blog “Pratiche Sociali”: - fare contro-cultura e portare al centro dell’attenzione ciò che solitamente è ai margini perché poco appetibile, debole, con pochi mezzi a disposizione; - farsi tramite per la valorizzazione di temi, iniziative, fatti, persone che trovano scarsi sbocchi in termini di visibilità;
su Facebook si riesce a mentire ai migliori amici, su Twitter si riesce ad essere sinceri con gli sconosciuti
Certo è che l’impatto socio-culturale ed informativo che si muove attraverso il network è stato ed è quantomeno singolare, basta pensare al ruolo ed alla rapidità con cui tale strumento è stato determinante durante la Primavera Araba. La diffusione delle notizie ha saputo muovere un autentico movimento di massa, e superare persino in tempo reale i confini nazionali. La capacità di comunicazione, ovviamente, non sempre è ben vista, soprattutto da quei paesi dai poteri forti che la temono, così come temono qualsiasi sussulto democratico. Vi sono comunque delle criticità di cui non si può e non si deve non tener conto. Ad esempio, è di fondamentale importanza, soprattutto nell’ambito dell’informazione, sapere ben considerare l’autenticità delle fonti, per non incappare nelle cosiddette “bufa-
- contrastare, anche tramite l’ironia, l’auto-ironia e lo smascheramento, le derive populiste o la riproposizione di posizioni di potere consolidate o di vacue e tradizionali contrapposizioni politico-culturali; - valorizzare, tramite la rete, ciò che cresce fuori della rete e che ha serie potenzialità di cambiare in meglio l’esistente. Dialogare, accettare di non essere condivisi, sapere di potere essere non più “seguiti”, fa parte del gioco. Non è scritto da nessuna parte che ci si debba sentire apprezzati a prescindere. Qualcuno ha giustamente rilevato che la Rete, Twitter, non è il mondo, ma ne fa solamente parte. Così come tante cose che riguardano le nostra esistenza, personale o collettiva che sia. Nello stesso tempo è necessario rendersi conto che stiamo
Twitter, Jack Dorsey, microblogging, giornalismo partecipativo, social networking, hashtag, Facebook, Larry the Bird, comunità virtuali
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In tutto ciò, è giusto considerare come Twitter si sia sviluppato pian piano, senza alcun botto, a differenza del già citato Facebook, o dei più recenti Google Plus e Pinterest. Seppur nato in perfetto stile Steve Jobs, da garage americano, il successo del microblogging è pari all’irrefrenabile volontà di cinguettare al mondo. Questo successo è stato talmente forte da avere ormai coinvolto le più svariate categorie, recentemente aggiuntesi, facendo storcere il naso degli utenti comuni. Così oggi, anche da noi, vediamo l’accrescersi ed il susseguirsi di politici, chi più chi meno con ufficio stampa appresso e Tweet delegati, calciatori, personaggi del circo mediatico televisivo, veline e quant’altro… al punto da avere scatenato l’Hashtag #tornatesuFacebook. Proprio l’Hashtag, fa parte della crescita di Twitter, ovvero quella parola chiave posta dopo il cancelletto # , in grado di fare sì che gli utenti possano riconoscersi e condividere le stesse tematiche. Un esempio #Greece, posto all’interno di un Tweet, permette di identificare l’argomento “Grecia”, come tema della discussione o delle informazioni presenti, come appunto è stato in questi ultimi tempi di gravissima crisi economica, per un Paese culla di cultura. In tutto questo nuovo marasma non sono mancati neppure i mendicanti di Retweet e di Followers, il tutto per cercare di ottenere la tanto agognata visibilità. In pratica aumentare gli amici virtuali per promuovere il più possibile la propria immagine. E di nuovo fra coloro che storcono il naso possiamo trovare frasi tipo: “Voi che continuate a chiedervi dove su Twitter si mette ‘mi piace’…#tornatesuFacebook”.
Certo è che per gli habitué di Facebook, e non solo, non deve essere sempre facile argomentare opinioni in soli 140 caratteri, spazi inclusi, infatti capita come è già capitato di assistere talvolta a curiose litigate, che spesso nascono dal non riuscire a farsi comprendere in poche parole. Diciamo che bisogna essere un po’ vaccinati, e comunque si imparerà grazie alla propria ed alle altrui esperienze. Alla sua nascita Twitter non aveva uno scopo ben preciso, il suo successo, soprattutto negli USA, derivò dalla possibilità di entrare in contatto con i divi del Cinema, con le Star della Musica o dello Sport.. possiamo dire che fu il fattore iniziale, possiamo dire che sia un fattore che continua, e cresce anche in casa nostra, ma pensare che sia solo questo oggi è veramente riduttivo. L’opportunità di aggregarsi attorno ai più svariati interessi sta sempre più prevalendo, creando le condizioni per la crescita di autentiche comunità nazionali e transnazionali, facendo della condivisione e del dialogo una delle armi più potenti rivolte al comune futuro, grazie alle tecnologie ed alle sue continue innovazioni. Direi anche grazie alla ricerca ed alla capacità di avere idee. Oggi possiamo inoltre ben dire che Twitter è divenuto uno strumento ormai indispensabile per tutti coloro che operano nell’informazione, soprattutto considerato il fatto che sul Social Network i fatti vengono conosciuti e verificati praticamente in tempo reale. Come qualcuno ha ben considerato, altra cosa da non sottovalutare, “se usato bene, per alcune professioni, può valere più di un curriculum”. Dati recenti di Semiocast ci dicono che all’inizio dello scorso febbraio, in Italia, gli utenti avevano superato i 4 milioni. Così mentre Christopher Stone, co-fondatore del Social Network, proprio alcune settimane fa, sul quotidiano The Huffington Post, metteva in guardia sul non abusare di Twitter, poiché starci troppo a lungo potrebbe essere dannoso alla salute, “unhealthy” per usare il termine da lui indicato, (pur nello stesso tempo però invitandoci ad una ovvia frequente presenza), così è da pochi giorni che siamo stati informati che l’uccellino più famoso al mondo ha anche un nome. Si chiama Larry the Bird. E questo in omaggio al giocatore di basket NBA Larry Bird dei Boston Celtics.
FOLLOW US ON
ponendoci individualmente, in prima persona a confronto col mondo, a confronto con una moltitudine di individui, di culture, tradizioni, ed estrazione sociale che immancabilmente si riveleranno da noi differenti. Un’ altra frase sentita dire in proposito mi ha colpito: “su Facebook si riesce a mentire ai migliori amici, su Twitter si riesce ad essere sinceri con gli sconosciuti”. E ancora, saper usare Twitter “significa anche resistere alle tentazioni della vanità, non prendersi mai troppo sul serio al punto da mettere se stesso davanti alle cause che si intendono servire. Significa ringraziare e chiedere scusa. Nessun messaggio inviato, come nessun Retweet è neutrale ma mette in gioco la tua credibilità e il tuo potere di contribuire a cambiare le cose”.
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SCENARI
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Il microblogging delle immagini di Petra Invernizzi, @petrainvernizzi
Nell’ormai affollatissimo mondo dei social network un nuovo e interessante protagonista zitto zitto si sta facendo strada. Zitto zitto nel vero senso del termine, dal momento che su Pinterest a parlare sono le immagini. In un contesto, quello del web, dove siamo costantemente bombardati da parole, articoli, approfondimenti, opinioni, commenti, in un sovraccarico di informazione che talvolta rischia di diventare stancante, Pinterest rappresenta il nuovo. Il nuovo modo di comunicare e di fare comunicazione. Probabilmente rappresenta il futuro del web. Un web privo di barriere linguistiche in cui a parlare il linguaggio universale dell’estetica sono immagini e video. Pinterest (fusione tra Pin e interest) è una bacheca virtuale dove possiamo “pinnare” (attaccare con una puntina virtuale) le cose che ci interessano, le idee che troviamo online, le nostre ricette preferite, i blog che seguiamo, le nostre foto più belle. L’idea è quella delle bacheche di sughero su cui si appuntano foto, cartoline, biglietti con una puntina da disegno. Qui le bacheche sono virtuali e suddivise per argomento o area tematica. Ad esempio, tra le altre, io ho creato una bacheca di fotografia chiamata “I luoghi che amo” dove pinno le foto scattate con il cellulare (direttamente dal cellulare, grazie all’applicazione Pinterest per smartphone) e un’altra chiamata “VoiceCom news” dove invece pinno gli articoli del blog di questa rivista (http://voicecomnews.blogspot.it/). Caratterizzato dalla velocità e immediatezza di Twitter, cui si aggiunge l’impatto visivo delle immagini, Pinterest connette persone con gli stessi interessi, permettendo loro di appuntare, organizzare e condividere le cose “belle” trovate navigando sul web: prodotti, ma anche idee. Oggetti di tutti i tipi e per tutti i gusti, l’importante che la grafica sia accattivante. Design, abbigliamento e bigiotteria, spunti per arredare o decorare casa e giardino, per organizzare un matrimonio oppure un ricevimento, per annotare e conservare ricette, per trovare un’ispirazione…,ma la vera sorpresa su Pinterest è stata l’enorme partecipazione intorno al bricolage.
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11,7 milioni
di iscritti unici negli Stati Uniti (gennaio 2012) 12 milioni di visite gennaio 2012 (dati Mashable), di cui il 68 % sono donne Per iniziare basta chiedere un invito nella home di Pinterest (www.pinterest.com). Dopo aver compilato le informazioni relative al proprio profilo e inserito la propria foto (o comunque un’immagine), seguendo le istruzioni del sito è possibile aggiungere il bottone “Pin it” alla barra dei preferiti del proprio browser. In questo modo visitando un sito o un blog potremo condividerlo su Pinterest semplicemente cliccando questo bottone. Pinterest infatti è proprio questo: semplice condivisione del bello. Vedo online qualcosa che mi piace, lo pinno accompagnato da una breve descrizione o delle parole chiave, lo condivido con il mondo. Non ci sono altre interazioni, non si chatta, non si scrive sulla bacheca di altri come in facebook. Il follow funziona in stile Twitter ma con una interessante differenza: non devo per forza seguire un utente integralmente, posso scegliere solo gli argomenti (bacheche) che interessano anche a me. Per esempio, un utente è appassionato di auto e di design: se a me le auto non interessano, posso scegliere di seguire quell’utente solo per quanto riguarda il design. Una bella differenza. Gradevole l’integrazione con Twitter e spettacolare quella con la Timeline di Facebook, dove Pinterest si presenta sotto forma box in cui è possibile vedere in un solo colpo d’occhio le proprie ultime attività (in sostanza i pin e i like), nonché un’anteprima delle bacheche proprie e di quelle che seguiamo. Per il business, la struttura e le funzionalità di Pinterest ne fanno un ottimo strumento di e-commerce. In particolare, i produttori di oggetti (abbigliamento, mobilia, gioielli, bigiotteria…) o professionisti che fanno lavori (architetti, designer) ad alto impatto visivo qui possono puntare sull’engagement emozionale dei clienti, o potenziali tali. Interessante la possibilità di pinnare un’immagine associandola ad un prezzo e linkandola allo store dove può essere acquistata. Automaticamente il pin andrà a finire anche nella sezione gifts dove i navigatori possono selezionare i vari prodotti in base al prezzo (in dollari): da 1 a 20, da 20 a 50 e così via fino ad arrivare a 500+.
Il traffico di Pinterest supera quello sommato tra Google, Youtube e Linkedin VoiceCom news 01.2012
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Semplice, no? L’importante è essere creativi, puntare sulla grafica, fare tendenza perché, almeno per ora, il livello qualitativo delle immagini è elevato e molto accattivante. Non bastasse, Pinterest si rivela strategico anche dal punto di vista SEO (Search Engine Optimization). Pinnare un’immagine conferisce autorevolezza al link perché Pinterest gli associa l’attributo ‘dofollow’, attraverso cui consiglia il link stesso agli spider dei motori di ricerca (che tendono quindi a seguirlo). Più un’immagine (link) viene ripinnata, più sale il suo trust rank e, alla lunga, anche il suo posizionamento. Statistiche alla mano, i numeri di Pinterest sono davvero impressionanti sia per il volume di traffico generato, sia per il suo vertiginoso tasso di crescita. Nel 2011, sono stati contate 32 milioni di visite al sito. La valutazione di mercato del neo social è di 200 milioni di dollari. Insomma Pinterest è un universo davvero interessante, che consigliamo a tutti di esplorare e, perché no, di utilizzare per fare marketing. In questi anni abbiamo visto nascere numerosi social network, di cui la maggior parte, dopo un boom iniziale, si è spenta, finendo nel dimenticatoio. Non possiamo sapere con certezza cosa accadrà con Pinterest, eppure la sensazione questa volta è diversa. Il movimento che genera, il coinvolgimento degli utenti, la crescita vertiginosa e le potenzialità di marketing ci fanno pensare che, nel panorama internettiano, sia nata una nuova stella che ci riserverà piacevoli sorprese.
6 PINconsigli Seguire le bacheche, non le persone. Su Pinterest le persone cercano contenuti specifici. Aggiungere il bottone di Pinterest al proprio browser per poter pinnare qualsiasi contenuto del web Tenere sempre ordinate e ben classificate le nostre bacheche, suddividendo i nostri pin in base all’argomento Verificare sempre alla fonte quello che ripinniamo e citare la fonte dei nostri pin Specializzazione, ma non autoreferenzialità. Alternare sempre post di altri o di altri siti ai nostri Non copiare il testo di un sito o di un blog interamente nel pin. Nella descrizione (max 500 caratteri) mettere solo le parole chiave e per eventuali commenti usare la funzione commenta. In ogni caso non scrivere troppo.
PINglossario Board: bacheca virtuale Pin/pinnare: postare attraverso un’immagine rappresentativa un link, un concetto, un’idea, una foto Repin: condividere il pin di altri Follow: è possibile seguire i pin di una o più board di un utente o, se ci piacciono tutte le sue bacheche, l’utente stesso Like: come in facebook il pulsante like permette di apprezzare un pin
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TAGLIA E CONSERVA
LANDING PAGE DI SUCCESSO 5 consigli utili • MANTIENI LE ASPETTATIVE Ci deve essere una catena di coerenza molto stretta fra l’esperienza di navigazione che ha fatto l’utente immediatamente prima di atterrare sulla nostra Landing Page e i contenuti che gli proponiamo nella landing Page stessa. Se abbiamo fatto atterrare gli utenti da una campagna di keyword advertising che parla, ad esempio, di “50 stampe gratis delle tue fotografie al primo ordine”, questa promessa va mantenuta fino alla fine, se vogliamo sperare che l’utente converta. • UNA PAGINA, UN OBIETTIVO Evitiamo di chiedere troppo cose insieme al nostro utente: se esageriamo, non farà nulla. Decidiamo bene che cosa vogliamo da lui e facciamo di tutto perché lo faccia. Vogliamo che si registri alla nostra newsletter? Oppure che ci lasci il suo numero di telefono? Oppure vogliamo che faccia un ordine alla sua prima visita? Bene, se la nostra offerta è interessante abbiamo buone probabilità che ci segua fino alla conversione. I nostri utenti sono il più delle volte persone normali che fanno una cosa per volta, raramente dei Mandrake. • TARGETTIZZA Anche se la nostra pagina è ben costruita (abbiamo un buon copy e un bravo web designer, e soprattutto un call-to-action evidente ed efficace), può succedere di avere poche o nessuna conversione finale. Come mai? Potrebbe esserci un problema di target: in questo caso è sempre bene fare una verifica approfondita sul nostro database contatti, sui sistemi di profilatura, o sulle keyword selezionate. • TESTA La tua prima landing page non ha funzionato come volevi? Benvenuto nel club! Non illudiamoci di imbroccare la giusta strada al primo colpo, non succede mai. La landing page di successo si ottiene rimboccandosi le maniche, e testando, testando, testando. Cosa può bloccare le conversioni? Qualunque cosa: il testo, la grafica, il call-to-action, un modulo da compilare troppo complicato, un titolo, un colore… Provare diverse varianti e combinazioni, è fondamentale per trovare l’equilibrio ideale per la nostra landing page, per il nostro direttore marketing, e per noi stessi. • VALORIZZA L’ESPERIENZA Lo storico dei tuoi dati è una fonte preziosa di consigli utili per creare landing page di successo. Molto più utili dei 5 che trovi su questa pagina (anche se male non sono nemmeno questi). Man mano che aumenta l’esperienza, cresce la conoscenza e la sensibilità del tuo mercato di riferimento, e di conseguenza si affinano le capacità per intercettarne l’interesse. Cos’è andato storto l’ultima volta? Cosa si può migliorare? Alcuni utenti hanno avuto comportamenti non previsti? Bene, ritenta. Sarai (molto) più bravo.
di Federico Venturini, Web-things consultant, federico.venturini@gmail.com
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CULTURA 2.0
EDUCAZIONE E CULTURA: CHIAVI PER IL FUTURO di Nellina Laganà, Attrice ed autrice “Non ci sono motivi per i quali sia necessario accostarsi alla cultura classica. Ci basta quella moderna, ci basta e avanza.” Così dissertava spavalda Alessia, studentessa diciassettenne a chi le chiedeva come mai non fosse andata con i compagni di classe a vedere “Ifigenia in Aulide” al teatro Greco. Un evento. Ma, come spesso accade, alla fine è andata, a malincuore, ma sotto sotto felice di passare un pomeriggio seduta accanto al suo ragazzo, con zainetto e cuffia per l’iPad (non si sa mai). Cuffie rimaste nello zainetto per tutta la durata della rappresentazione, visto che fin dalle prime battute dello spettacolo, le mani sotto il mento, già Euripide l’aveva catturata e incuriosita. Certo non condivideva nulla della storia, una povera ragazza sacrificata per il potere, ma si consolava
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pensando che il fatto, in fondo, fosse accaduto in tempi lontanissimi. Riporto questo episodio perché rifletto sui giovani, la cultura, il teatro, la scuola e il compito degli educatori, of course. (Ricordo con passione il mio primo accostamento al teatro, grazie a una prof. rulez, per usare un linguaggio da teenager , quando ebbe l’idea geniale di portarci a vedere un magnifico “Riccardo III” che non dimenticherò mai…) Alessia alla fine è andata via contenta per il lieto fine. Rifletteva però. La metafora del potere che sacrifica i propri figli l’aveva colpita e turbata… Rifletto dicevo. E non spetta a me dare le soluzioni certo, ma riflettere significa anche pensarle. E non mi dilungo sulle ovvietà della tv-spazzatura, dei cine-panettoni, dei giornali di gossip.
I ragazzi come gli adulti vanno educati al bello, all’arte, alla lettura, con pazienza e competenza, sfidando i ritmi frenetici della vita odierna che ci costringe a correre continuamente e per andare dove non si sa. E ascoltare per esempio la favola della Ninfa e del pavone di Giunone potrebbe essere un’ alternativa alle storie per giovani che propinano giornali e tv.. Giove, che si innamora della ninfa Io vedendola nei boschi della valle di Tempe e li ricopre di nebbia per sedurla, e Giunone che intuisce il tradimento e dirada le nubi,
ma non ottiene lo scopo perché il marito aveva già trasformato la ninfa in una bianca giumenta, non è forse antesignana di tante storie eterne e attualissime? La vita è breve e l’arte è lunga, diceva Ippocrate e ciascuno di noi ha il dovere di attingere da essa per accostarsi al bello. Perché è questo il punto: ci manca il bello. Manca a tutti, giovani e non. Mancano le dolcezze del tempo lieve, i libri dalle pagine sottili, le immagini ferme su cui riflettere, le note che ci riempiono di sensazioni nuove, i colori che accen-
I RAGAZZI COME GLI ADULTI VANNO EDUCATI AL BELLO, ALL’ARTE, ALLA LETTURA, CON PAZIENZA E COMPETENZA, SFIDANDO I RITMI FRENETICI DELLA VITA ODIERNA CHE CI COSTRINGE A CORRERE CONTINUAMENTE E PER ANDARE DOVE NON SI SA.
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MANCANO LE DOLCEZZE DEL TEMPO LIEVE, I LIBRI DALLE PAGINE SOTTILI, LE IMMAGINI FERME SU CUI RIFLETTERE, LE NOTE CHE CI RIEMPIONO DI SENSAZIONI NUOVE, I COLORI CHE ACCENDONO LA NOSTRA FANTASIA dono la nostra fantasia. Autori fantastici hanno attraversato la storia dell’ umanità, spesso nascosti e dimenticati in biblioteche e pinacoteche abbandonate dalla incuria di politici incompetenti e volgari, che aspettano solo di essere ripresi per mano e accompagnati in questa epoca disorientata e confusa per dire : “eccoci, possiamo aiutarvi a migliorare la qualità della vostra vita.” Penso a Vitaliano Brancati. Nessuno come lui ha descritto il siciliano borghese e nostalgico. Penso a Verga che ha mirabilmente disegnato il concetto del Verismo, a Pirandello il più grande
autore di teatro siciliano , per restare nell’ambito di un territorio che mi è vicino, a Quasimodo… Ma penso ai grandi di tutto il mondo anche, che guardano questa nostra epoca chissà come e con quale ironia o disgusto. E aspetto che un miracolo avvenga. Aspetto una classe politica che capisca quanto sia importante la Cultura per un popolo come il nostro, che non sacrifichi il patrimonio artistico italiano ai mercati finanziari, che ridia speranze e aiuti a chi si adopera, spesso gratuitamente, a salvare e conservare la nostra memoria artistica. Una specie di miracolo italiano.
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il dovere di cambiare e subito! di Maurizio Bonas, stilista, creatore, promotore Lo sviluppo del territorio di ciascun Comune o Provincia o Regione deve essere, nei prossimi anni, il motivo principale delle Pubbliche Amministrazioni. La Pubblica Amministrazione è sicuramente uno dei problemi più gravi che abbiamo nella nostra gestione, sia essa gestore di servizi o semplice cliente che appalta lavori pubblici. Essa incide, in modo considerevole e gravemente, sullo sviluppo del nostro Paese, rallentandolo sistematicamente. A causa di leggi obsolete, le carte e le scartoffie impediscono l’evoluzione di questo settore. Dobbiamo inoltre considerare che per molti anni sono andati ad occupare posti di gestione amministrativa delle persone che nulla avevano a che fare con questi settori, ma erano semplici raccomandati che volevano uno stipendio sicuro e basta. Quante volte ci capita, mentre siamo in attesa in un pubblico ufficio, di sentire i dipendenti della Pubblica Amministrazione parlare di ferie, di giorni da scambiare con qualche collega per fare il week end più lungo etc… Raramente li sentiamo parlare di come migliorare i servizi o fare richieste serie di riorganizzazione dei loro reparti per renderli più efficienti. Avendo coltivato la cultura dei “furbi” che cercano solo uno stipendio a loro dovuto per motivi politico-elettorali, questi pubblici dipendenti non vogliono seccature e, non avendo alcun sentimento positivo verso il loro “datore di lavoro”, hanno ridotto questo Paese in condizioni ridicole. Tengo anche a precisare che c’è un 5% che lavora veramente, ma viene regolarmente travolto dalla situazione generale.
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cosa serve: Presa di coscienza da parte di tutti coloro che lavorano nella pubblica amministrazione del fatto che non si possa andare avanti con questa mentalità e con questo modo di agire. I sindacati stessi dovrebbero interagire su questo tema e concretamente risolvere il tutto accettando anche la meritocrazia al 100% con severe penalità per chi cerca di abusarne in modo scorretto. Sostenere le aziende piccole e medie con regole concrete che aiutino lo sviluppo del lavoro. Creare posti di lavoro senza che le aziende debbano perdere giornate a registrare e a chiedere permessi. Agevolare lo sviluppo concretamente. Obbligare le Banche a mettere a disposizione il 10% delle loro risorse per gli affidamenti a piccole e medie aziende con piani quinquennali di rientro e obbligale a inviare il resoconto di quel 10% alla Banca d’Italia. Incentivare siti internet, anche privati, che permettano di divulgare i prodotti locali e incentivare logistiche organizzate per la consegna dei prodotti. Naturalmente ci deve essere il controllo anche della PA affinché non si creino situazioni di mala gestione del sistema. Obbligare tutti i comuni ad autorizzare le autocertificazioni per lo snellimento delle pratiche. Le aziende devono andare avanti e si devono assumere la responsabilità di quello che dichiarano. Dichiarazioni di origine del manufatto (se fatto nel territorio di appartenenza o altro)
cosa non serve: ≈ Trovare scuse per non attuare le riforme ≈ Parlare senza fare ≈ Avere paura del nuovo ≈ Essere ipocriti ≈ Essere pessimisti Come vedete in poche righe si può riassumere la concreta volontà di agire e fare. Partendo da queste piccole cose potremmo trovare le necessarie contromisure allo stallo attuale. Certamente nessuno ha la pretesa di vedere tutto e subito ma dobbiamo cominciare e spetta a noi cittadini proporre e promuovere. Il territorio in cui viviamo è la prima cosa da difendere perché ci viviamo noi e ci vivranno i nostri figli e i nostri nipoti. Solo grazie alla presa di coscienza di noi tutti riusciremo a salvarlo. Questo deve essere un punto di arrivo assoluto anche per le PA che lo gestiscono. Il buon senso del padre di famiglia deve tornare a dominare le politica e le Pubbliche Amministrazioni. Non si gestisce il territorio con spot di propaganda ma lavorando tutti i giorni per migliorarlo. I dipendenti della pubblica amministrazione devono cominciare a capire che, se collaboriamo tutti assieme, la comunità si potrà evolvere e potrà salvare il suo futuro. Gli amministratori pubblici non devono pensare solo alla loro poltrona, come hanno fatto fino ad ora, ma devono dimostrare di meritare la fiducia di chi li ha eletti e i cittadini devono togliere il fattore “politica” nella valutazione delle persone che saranno preposte alla gestione del territorio. Solo così cambieranno certe brutte abitudini e si potrà finalmente immaginare una società più umana. Negli ultimi trent’anni abbiamo commesso errori giganteschi e non possiamo più permetterci di ripeterli. I cittadini devono avere il coraggio di discutere e di creare nuovi punti di coesione per cambiare questa società, società che oggi sta coltivando remore del passato dannosissime. Gli amministratori devono creare le opportunità con regole più semplici e devono far capire ai dipendenti pubblici che il servizio deve essere reale , concreto e gestito con il buonsenso perché sono responsabili del buon andamento del sistema. Inutile dire “qui è impossibile cambiare il sistema… lei non può capire..” oppure “non lavorare troppo, chi te lo fa fare? Segui l’esempio di chi è qui da tanto tempo e adeguati…” Queste frasi devono rimanere sui libri di storia come esempio di un periodo buio del sistema Italia.
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APPROFONDIMENTI
NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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di Vittorino Ferla, Direzione nazionale di Cittadinanzattiva, Responsabile Trasparenza e Legalità foto Michele Zangari Ne hanno scritto in molti: il 17 febbraio 2012 è stato il ventennale dell’inizio di Tangentopoli (e, per alcuni, l’inizio della fine della Prima Repubblica). Venti anni fa il sistema dei partiti che aveva animato la vita politica italiana nel dopoguerra è deflagrato. La causa principale fu la pervasiva occupazione delle Istituzioni da parte del ceto politico e la corruzione diffusa tra uomini di partito, amministratori e operatori pubblici. L’IMPATTO DELLA CORRUZIONE SULLO SVILUPPO DEL PAESE Purtroppo, però, negli ultimi venti anni, ben poco è stato fatto per fronteggiare fenomeni così gravi e ormai così visibili. In molte occasioni, anzi, si sono compiuti passi all’indietro, per esempio quando il parlamento ha approvato misure come la depenalizzazione del falso in bilancio e l’allungamento dei termini di prescrizione nel caso di processi per corruzione. Una prova di ottusità nei confronti di un realtà che – come dimostrano tutte le recenti relazioni della Corte dei Conti – impatta in modo grave sulla vita dei cittadini.
Va detto poi che il peso della burocrazia, la corruzione e la scarsa concorrenza in settori nevralgici della nostra economia sono tra le cause del trend negativo della competitività del nostro Paese a livello internazionale: la corruzione non attiene solo alla sfera dell’etica, ma anche a quella dell’economia e dello sviluppo di un Paese. Inoltre, secondo diversi studi internazionali, l’ammontare e la composizione della spesa pubblica sono strettamente dipendenti dalla corruzione. Infatti, nei paesi dove la corruzione è più diffusa diminuiscono i capitoli di bilancio dedicati all’istruzione, ai servizi sociali e all’assistenza. Un elemento che, specie in questo momento di crisi economica e di rigorose manovre finanziarie, ci fa comprendere che una seria lotta alla corruzione permetterebbe al paese di recuperare copiose risorse per le finanze pubbliche e recuperare credibilità a livello internazionale. Si capisce, a questo punto, quanto la corruzione possa incidere sulla tutela effettiva dei diritti dei cittadini e sulla qualità della vita che conducono, specie in alcune regioni del paese.
Basti pensare che il danno erariale annuale causato in Italia dalla corruzione è pari almeno a 70 miliardi di euro. Una enorme quantità di risorse che potrebbero essere altrimenti impiegate a beneficio della concreta possibilità di diminuire la pressione fiscale e per incrementare notevolmente la quantità e la qualità della spesa in molti settori veramente utili alla popolazione quali sanità, istruzione, giustizia e previdenza, per citarne alcuni.
LA LOTTA ALLA CORRUZIONE NON È ANCORA NELL’AGENDA DELLA POLITICA Alla luce di queste considerazioni, la sostanziale immobilità del Parlamento e delle Istituzioni è davvero sconcertante. Ancora adesso, per esempio, giace in Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati una proposta di legge del Ministro della Giustizia uscente, Angelino Alfano, per la prevenzione e la repressione della
corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione giudicata inadeguata e insufficiente dalla gran parte dei commentatori. Fino ad oggi, la discussione del disegno di legge non è per nulla accompagnato da un serio coinvolgimento della società civile italiana. La pubblicità data all’avvio di questa iniziativa legislativa è assai scarsa e non favorisce la partecipazione dei cittadini, così come viceversa viene raccomandato anche a livello internazionale da parte del Groupe d’Etats contre la corrution (Greco) che opera sotto l’egida del Consiglio d’Europa. Il nuovo Ministro della Giustizia, Paola Severino, ha preso tempo, molto probabilmente con un duplice scopo: formulare una proposta più completa e dignitosa di quella esistente e verificare la reale disponibilità di alcune forze politiche di sostenerne il percorso. Bisogna ricordare, inoltre, che il Parlamento non ha ancora ratificato la Convenzione penale sulla corruzione, elaborata e proposta dal Consiglio d’Europa nella sua versione definitiva il 27 gennaio 1999, convenzione ratificata, ad oggi, da 43 Stati (l’ultima l’Ucraina nel 2010): il ddl di ratifica giace ancora in Senato in attesa di approvazione. In generale, da anni ormai cadono nel vuoto la gran parte delle raccomandazioni formulate all’Italia dal Greco. Non basta. Dopo appena un anno e mezzo dall’approvazione, il dlgs 150 del 2009 (meglio noto come riforma Brunetta) che introduce importanti novità in tema di trasparenza e performance delle istituzioni pubbliche, che poteva rappresentare un formidabile passo in avanti in termini
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legalità / corruzione / etica / tangentopoli / pubblica amministrazione / CIVIT / partecipazione / trasparenza amministrativa / agenda politica / confisca beni corrotti
di efficacia, efficienza e produttività della PA e che offriva indirizzi importanti in termini di lotta alla corruzione e agli abusi di potere - resta sostanzialmente inapplicato. I tagli lineari della manovra finanziaria dell’anno scorso hanno sottratto risorse importanti e così non ci sono più soldi per premiare i dipendenti meritevoli e attuare la riforma. L’azione collettiva si può usare con difficoltà e spesso, per i cittadini, il gioco non vale la candela. La Presidenza del Consiglio è stato il primo pezzo di amministrazione a sganciarsi dai controlli della legge. Mille resistenze vengono a tutti gli altri livelli, rafforzate dai tempi di attuazione e di adeguamento che la legge stessa prevede, per esempio in ambito di amministrazioni sanitarie. Il punto di vista dei cittadini viene sostanzialmente espulso perché non esistono strumenti di partecipazione effettiva. L’AMBIGUO RUOLO DELLA CIVIT A questo quadro già poco confortante bisogna aggiungere una doverosa valutazione del lavoro svolto fin qui dalla Commissione indipendente per l’integrità, la trasparenza e la valutazione delle ammini-
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strazioni pubbliche, la cosiddetta CIVIT. Le speranze di quanti si aspettavano una energica iniziativa riformatrice della CIVIT si sono rivelate mal poste. I risultati sono assai deludenti. L’attività è meramente formale, legata all’adempimento di atti burocratici e alla approvazione di delibere su norme e regolamenti. Nessuno spirito manageriale serio, scarsissima disponibilità alla consultazione e al coinvolgimento sistematico dei cittadini. Nonostante l’investimento economico che comunque è importante - i progetti e le iniziative concrete stentano ancora a partire. Di fronte a tanta inadeguatezza e ai tradizionali ritardi, uno dei commissari, il giovane docente Pietro Micheli, ha preferito presentare lettera di dimissioni e ritornare alla sua attività accademica a Londra. Di recente, per motivi personali e familiari, si è dimessa anche la professoressa Luisa Torchia. Uno dei componenti, Filippo Patroni Griffi, ha lasciato l’incarico per diventare Ministro dell’Amministrazione Pubblica. Insomma, la Commissione non sembra essere un luogo interessante per sentirsi efficaci… Allo stesso tempo, però, ogni proposta di
candidatura per la Commissione, fatta allo scopo di allargare ai cittadini l’esercizio di poteri e responsabilità per il miglioramento della trasparenza e della qualità dell’azione amministrativa, si è sempre arenata nelle secche degli accordi tra maggioranza e opposizione. Il disegno di legge dell’ex ministro Alfano attribuirebbe alla CIVIT la qualità di Autorità nazionale anticorruzione. Tuttavia, occorre sottolineare con estrema chiarezza che la CIVIT – contrariamente all’aggettivo attribuitole dalla legge istitutiva - non è affatto un organo indipendente, ma di diretta emanazione governativa. Ciò significa, per la precisione, che i commissari della CIVIT sono nei fatti selezionati dai vertici del Ministero della Funzione pubblica e che su di essi pesano le tradizionali logiche lottizzatorie della politica nazionale. Si tratta di una incongruenza gravissima che già oggi mina il credito e l’autonomia dell’ente. Insomma, il rischio di confusione è assai elevato, specie in un contesto come quello amministrativo italiano nel quale la politica opera sistematicamente per comprimere l’indipendenza delle istituzioni ‘terze’.
PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI: GLI STRUMENTI DI CIVIC AUDITING La trasparenza non si traduce soltanto nell’incremento di informazioni, ma richiede anche di incrementare la reale partecipazione dei cittadini (anche come utenti) e delle loro organizzazioni nei processi di definizione, implementazione e valutazione dell’azione amministrativa. In ogni caso, la partecipazione richiede l’accesso dei cittadini a tutte le informazioni rilevanti. Occorre quindi che la nuova disciplina contro la corruzione scommetta e faccia leva anche sulla capacità della iniziativa civica di promuovere e curare la pubblica amministrazione intesa come un grande bene pubblico. Si deve tener presente, allo stesso tempo che la nuova normativa (ci riferiamo sia al ddl n.4434 che al dlgs 150/2009) lascia irrisolti alcuni nodi. Per esempio, non c’è traccia della presenza di rappresentanti delle associazioni dei cittadini sia nei nuclei di valutazione dei dirigenti, sia all’interno dell’organismo centrale di valutazione. Va segnalato, peraltro, che, le delibere CIVIT, contrariamente alle attese, non prevedono la partecipazione di rappresentanze dei cittadini negli organismi di valutazione di cui ogni amministrazione dovrebbe dotarsi: manca la chiarezza circa l’effettivo coinvolgimento delle organizzazioni civiche e l’apertura della valutazione al contributo di soggetti esterni all’amministrazione. Nel dibattito pubblico, ormai, alcune parole chiave come trasparenza, valutazione
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e benchmarking sono diventate di uso comune. Comincia a riconoscersi il tema del civic auditing, largamente utilizzato nei paesi nord-europei e negli Usa, per migliorare la trasparenza e l’efficienza delle strutture pubbliche. Comincia a diffondersi la percezione che i sistemi di valutazione interni vanno incrociati con quelli esterni, per assicurare che l’offerta di servizi sia conforme agli standard internazionali di qualità, e rendere pubblici gli obiettivi e i risultati raggiunti, sia del rendimento dell’organizzazione sia di quello personale, in nome della trasparenza totale. A ciò si aggiunga la necessità di utilizzare meglio internet per agevolare l’accessibilità ai dati e per attivare forme appropriate di confronto pubblico annuale sulla valutazione interna e la valutazione esterna per ciascuna amministrazione (specie a livello regionale e locale), e sugli obiettivi di miglioramento, con la partecipazione, oltre che di studiosi qualificati e organi di informazione, anche delle associazioni di consumatori o utenti. Anche così, permettendo ai cittadini di leggere tra i numeri dei bilanci pubblici, sarà possibile scovare le situazioni di illegalità. CONFISCA E USO SOCIALE DEI BENI DEI CORROTTI Un’ultima considerazione merita la necessità delle risorse illecitamente sottratte alla collettività. Cittadinanzattiva ha promosso alcuni anni fa una iniziativa di legge per la confisca e l’uso sociale dei beni dei corrotti che è stata approvata con la Leg-
ge Finanziaria del 2007 (artt. 220-221). La norma mirava ai seguenti obiettivi: 1. aggredire i patrimoni indebitamente accumulati dagli amministratori e dai funzionari pubblici corrotti; 2. restituire alle istituzioni, alle comunità locali e alle organizzazioni di cittadini risorse pubbliche in una logica sussidiaria. La norma prevede che i beni immobili siano restitutiti con le stesse logiche della legge sui beni della mafia. A differenza di quella prevede che le somme ricavate nonché i proventi derivanti dall’affitto, dalla vendita o dalla liquidazione dei beni siano versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati in egual misura al finanziamento degli interventi per l’edilizia scolastica e per l’informatizzazione del processo. Si tratta di una norma sostanzialmente inapplicata, ma dalla quale deriverebbero perfino delle risorse per il bilancio dello Stato. C’è da chiedersi per quale motivo nessuna istituzione nazionale competente si sia posta il problema di monitorare lo stato attuazione della norma e di favorirne l’applicazione.
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APPROFONDIMENTI
S-RILANCIO DELL’INDUSTRIA TURISTICA di Paolo della Sala, Giornalista, lapulcedivoltaire.blogosfere.it - foto: Michele Zangari
Un caso di scuola nel Tigullio
Ha moltissime ragioni il bravo Philippe Daverio ad aver chiamato la sua nuova trasmissione sull’arte “Il capitale”. Infatti l’Italia ha un inestimabile ricchezza artistica, anche se non riesce a farla fruttare come sarebbe possibile se attorno al nostro patrimonio millenario non ruotassero vampiri creati da partiti, burocrazia, parassitismo. C’è poi un secondo patrimonio - che non ha nessun Philippe Daverio in grado di cantarne i valori, anche se ognuno lo vede, come
“La lettera rubata” di E.A. Poe. Mi riferisco alla straordinaria bellezza delle nostre coste. Giorni fa mi trovavo in un angolo di paradiso, la baia del Silenzio di Sestri Levante, quando una persona anziana, che si trovava lì a riscaldarsi le ossa sotto un sole tiepido e losangelino che fugava il ricordo del feroce freddo dei giorni precedenti, mi ha detto una verità ovvia ma rimarchevole: “Se questo sole potesse essere quotato in Borsa, saremmo ricchissimi”.
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In effetti la Liguria - Geno- Quella che segue è la ricostruva esclusa - gode di un clima zione del tentativo di dare splendido, per quanto soggetto una scossa all’area del Tigula periodiche alluvioni autun- lio (Portofino, Rapallo, Sestri nali. Levante…), e della reazione Il turismo post impero romano da parte di Amministrazioni è nato in Liguria, grazie alle vil- e imprenditori del settore. Il le dei patrizi genovesi costruite testo originario è presente nel lungo la Riviera. portale Tigullio news. Di recente questa bellezza è Nel 2010 alla Provincia di Geandata sotto naufragio, per nova arrivò un documento, nel “merito” di alcune speculazioni quale si chiedeva che il comedilizie che hanno messo alla prensorio del Tigullio venisse berlina proprio quel surplus collegato alle iniziative della di bellezza e clima ideale che Expò di Milano 2015, offrencirconda le Riviere. Si pensi do ai visitatori l’occasione di alla “rapallizzazione”, ai 500 visitare la Riviera, e garantendo appartamenti a seconda casa di promozione e ospiti al comparSestri Levante, alle troppe spe- to turistico locale. culazioni fermate o completate Il documento venne presentato tra i giardini Hanbury e Porto- agli assessorati competenti per venere. essere sottoposto all’attenzioIn Riviera non ci sono mezze ne della Presidenza. Si trattamisure: o si costruiscono porti va di una iniziativa dell’Ente immensi e destinati al fallimen- morale Società Economica di to oppure si lascia che i vecchi Chiavari, presieduto da Robermoli si sgretolino sotto la furia to Napolitano. In precedenza del tempo e delle onde. Non la Provincia aveva dato l’indisi costruiscono infatti i nuovi cazione di procedere integranporti-marina, attivi in Francia dosi col Sistema Turistico Loo in Croazia da decine di anni, cale (STL), così da non creare i quali favoriscono il turismo e doppioni. migliorano l’ambiente, al conMaurizio Bedina, coortrario delle mega-strutdinatore dell’Osture. servatorio In Riviera Le Riviere atFe n o m e n i non ci sono tendono da Economidecenni un ci (di semezze misure: o si rilancio che guito costruiscono porti pure sarebOFE) immensi e destinati al be possibile, della fallimento oppure si dopo che il Società lascia che i vecchi moli Econo turismo lowsi sgretolino sotto la m i c a , cost in Egitto, Tunisia, Grescriveva a furia del tempo e cia etc. potrebbe chiare letdelle onde essere facilmente tere: “Le saresorpassato da un brand mo grati se vorrà che si basi su parole come “vicivalutare il tutto alla luce nanza all’Europa”, servizi con di quanto emerso durante il constandard occidentali, “giusto” vegno “Turismo” alla Mostra del prezzo, e soprattutto “sicurez- Tigullio, al fine di coordinare e za”. concentrare su un unico filone Si dovrebbe lavorare con tena- (sia esso coincidente con l’STL cia per costruire un’immagine o meno) gli sforzi di Provincia, globale delle Riviere, e invece si Regione e soggetti privati che procede a spizzichi e bocconi, possiamo contribuire ad aggrecon un vestito di Arlecchino gare, rivolti a integrare in un’uche è insieme una tela di Pene- nica offerta la promozione “inlope… coming” relativa al Tigullio...”
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LE RICHIESTE DEL TIGULLIO Il coinvolgimento tra Expo2015 e Tigullio poteva riguardare: - Per gli espositori, la possibilità di cogestire a più mani gli spazi espositivi, così da dividerne i costi; - Per Expo2015, offrire ai visitatori provenienti da tutto il mondo la possibilità di recarsi in località turistiche vicine e prestigiose, come il Tigullio. L’OFE e la Presidenza della Società Economica si attivarono con i sindaci e le associazioni di categoria del Tigullio, per realizzare un coordinamento, ottenendo anche un parere positivo da parte della Camera del Commercio di Genova. L’offerta turistica andava integrata con manifestazioni collaterali coordinate e la promozione dell’Expo presso i turisti del Tigullio. Naturalmente, si trattava di coordinarsi con Milano su un modello di comunicazione/ organizzazione moderno ed efficiente, che includesse la comunicazione su web, calcolando però che il sistema turistico italiano “non è in grado di esprimere una qualità alta su volumi enormi come altri sistemi integrati su scala globale (es. Disneyworld, Las Vegas)”. Pertanto il Tigullio avrebbe offerto più qualità su volumi più ridotti, basandosi su accoglienza di charme, bed and breakfast in posizioni uniche, food con caratteristiche DOC, DOP, IGT, oltre naturalmente alla “piattaforma base” paesaggistica, storica e monumentale e alle manifestazioni. Un punto problematico era il trasporto inter-regionale, “troppo soggetto a variabili per essere preso in considerazione come un’offerta matura e stabile dotata di parametri di percorrenza acquisiti”. Dal 2010 a oggi nulla è successo: nessuna risposta dalla Provincia, il che oggi purtroppo in prospettiva non desta me-
raviglia, me neanche indizi di aggregazione pubblico-privato – beninteso a favore di tutto il Tigullio - su iniziativa di qualche associazione di categoria, o di un comune del Tigullio come capofila. N.B. Va detto che, viste le vicissitudini in cui è incorsa l’organizzazione di Expo2015 (che a suo tempo aveva espresso notevole interesse per l’iniziativa sponsorizzata dall’Economica, discussa a Milano nella sede di Expo2015) l’autobus non è ancora perso del tutto. TURISMO, COME AGIRE? Secondo l’analisi della Società Economica “Il sistema pubblico-privato in Italia in generale non funziona, sia perché i soggetti privati stentano a collaborare tra di loro (una delle conseguenze negative del modello “piccolo è bello”) sia perché le amministrazioni pubbliche adorano spendere i soldi a modo loro senza ascoltare le esigenze degli imprenditori. Però il Tigullio sembrerebbe avere tutti i requisiti per costituire un’eccezione a questa regola, data la notevole coesione del tessuto imprenditoriale e una maggiore vicinanza delle amministrazioni ai cittadini”.
TROPPE SCATOLE VUOTE Maurizio Bedina, responsabile dell’OFE della Società Economica, scrive: “Nel Tigullio esistono consorzi privati giudicati efficienti come Portofino Coast, che però copre in modo esaustivo solo le città del promontorio. Per la promozione turistica vi sono ben 4 portali pubblici. Oltre a quello di Portofino Coast vi sono: - Il sito ufficiale del Sistema Turistico Locale (STL) www.terrediportofino.it, che comprende tutti i comuni del Tigullio anche se “strategicamente” si presenta su internet con un nome più “globale”. Tecnicamente però non lo si può definire un portale “incoming” nel senso che non si può prenotare, anche se abbonda di informazioni. - http://turismo.provincia.ge.it -un duplicato privo di senso se si considera che non è tradotto in altre lingue (ma a chi serve allora?), e che non si può prenotare; le notizie sono scarse (però qualcuno lo aggiorna...) - last but not least va considerato che la Provincia di Genova è probabilmente l’unica in Italia il cui territorio è completamente coperto da degli STL (Terre di Portofino che abbiamo già visto, e ANCHE il sito del STL del Genovesato, vedi www.stlgeno-
vesato.it (che incidentalmente come nome di URL è il massimo per uno straniero...) - come se non bastasse ci si mette anche la Regione con www.turismoinliguria.it che non mantiene le promesse(provate a cliccare il link “prenota on-line” e scoprirete che... non si può prenotare online)” Aggiunge Bedina: “Di fatto quindi il contribuente locale ha finanziato QUATTRO portali, nessuno dei quali è all’altezza della situazione. L’unico funzionante è privato-consortile ma limitato di fatto al circondario di Portofino. Guardando da vicino il “nostro” STL si vede che il progetto iniziale era assolutamente ambizioso, e in effetti per il setup della sede e del sito sono stati spesi molti capitali. Dopo di ciò, l’STL vivacchia (ma tiene aggiornato il sito, e questo costa) e sviluppa progetti come la cartellonistica ex-novo per il comprensorio e una monumentale guida (scaricabile in PDF con buona pace degli editori che pubblicano guide a pagamento) di cui non c’era impellente bisogno (ci sono già le cartellonistiche dei comuni, del Parco di Portofino, del Parco dell’Aveto, del CAI, del FAI, del Rotary e via discorrendo) soprattutto perché la missione è in primo luogo PORTARE qui i turisti, e solo DOPO ci si
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dovrebbe preoccupare di guidarli qui e là, ma dopo averli alloggiati, nutriti, informati, etc. Tutta la strategia e l’offerta di portali sopra ignora totalmente le considerazioni relative al mercato globale, come: - la migrazione sempre più veloce verso un turismo guidato dai portali web tipo Expedia, trip advisor etc, molto attento alla spesa e alla qualità, e per il quale non fa alcuna differenza dormire a Chiavari o a Sestri (un cinese cerca Portofino e va a dormire dove costa meno) - la tendenza all’insuccesso per la vecchia formula degli alberghi “normali” di dimensione mediopiccola, a cui fa da contraltare - la tendenza al successo dei B&b e di agriturismi piccolissimi ma poco costosi e ad alta qualità (km zero, etc). - l’opportunità del mercato delle crociere - e naturalmente Expo2015”. SOLUZIONI 1. Provincia e Regione non possono essere più l’unico catalizzatore di uno sforzo comune per impostare una strategia unitaria (possibilmente di tutto il Tigullio, incorporando, migliorando e ampliando il conceptoperativo del portale incoming di Portofino Coast). 2. Si moltiplicano i siti di promozione turistica. Si moltiplicano le iniziative (è di queste settimane il costituendo Consorzio turistico di Sestri Levante (con link anche per l’entroterra di Castiglione Chiavarese). 3. Manca però un coordinamento a livello di comprensorio. 4. Il modello di cogestione pubblico/privato ha senso solo
quando il privato è riuscito a fare il primo passo, nel rispetto delle indicazioni della Unione Europea, la quale richiede sussidiarietà 1 e non dirigismo; efficienza e non burocrazia; ricavi e non costi. 5. Diventa indispensabile pensare alle infrastrutture in maniera seria. Come organizzare i flussi turistici con il presente sistema aeroportuale-ferroviario-autostradale? 6. E’ opportuno diversificare l’economia locale. Puntare tutto sul turismo paralizza l’imprenditoria e lo stesso turismo: 10 bar in un tratto di costa producevano reddito, ma 100 bar nello stesso spazio non generano reddito sufficiente. 7. Serve un punto di riferimento unico, super partes, dotato delle competenze necessarie, radicato nel territorio. Gli imprenditori del Tigullio non possono più procedere separati e in fila indiana. Come è possibile presentare con la necessaria forza ai mercati globali l’offerta turistica di una piccola città? Le iniziative e i consorzi cittadini sono necessari e utili, ma vanno integrati e coordinati in un unico brand che deve avere le dimensioni di tutto il Tigullio, per riuscire a reperire fondi e imporsi sui mercati internazionali con temi come: qualità, cultura, vicinanza, servizi occidentali con un ambiente quasi tropicale, e –non ultimo- sicurezza per le famiglie.
NOTE La sussidiarietà prevede che: A) Lo stato e le amministrazioni locali non facciano ciò che i cittadini possono fare per conto loro attraverso associazioni, imprese, istituzioni religiose e comunitarie; B) Le P.A. intervengano soltanto quando le comunità locali non sono in grado di gestire in proprio una situazione; C) L’intervento sussidiario della mano pubblica dovrà comunque essere portato al livello più vicino al cittadino. Il principio è nato all’interno della chiesa cattolica (ma fu accolto anche dal socialismo di Proudhon) ed è stato recepito dall’Unione Europea nel preambolo del suo Trattato costitutivo, come cardine e fondamento della propria azione. La sussidiarietà è accolta in numerose costituzioni, come per esempio in quella del Sudafrica. La sua presenza nella Costituzione italiana è limitata all’articolo 118, introdotto dopo la riforma del Titolo V del 2001. La sussidiarietà può essere verticale, quando riguarda le azioni svolte dalle P.A. condotte al più basso livello; oppure orizzontale, quando riguarda l’autogoverno svolto da soggetti privati che agiscono al di fuori delle P.A. 1
Il soggetto in grado di svolgere e realizzare questo impegnativo compito potrebbe essere proprio la Società Economica che ancora aspetta una risposta dal 2010.
turismo / patrimonio turistico / ambiente / speculazione edilizia / Expo2015 / promozione territorio / rapporto imprenditori-PA / Tigullio / Liguria
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APPROFONDIMENTI
di Gabriele Santalini, Dottore Commercialista, studio@santalini.it
UN PO’ DI STORIA
Il XX secolo si è politicamente contraddistinto per la guerra fredda che vedeva contrapposte due superpotenze militari che coi loro alleati formarono i due “blocchi”: occidentale e orientale. Tale contrapposizione non fu solo politico-militare, ma anche economica. In particolare si vennero a sostenere due pensieri economici antitetici: il liberismo da una parte e lo statalismo dall’altra. Fino agli anni ’90 sembrava facile condividere il liberismo tipico dei sistemi capitalistici. La nazione che meglio esprimeva questa teoria era l’USA che anche oggi è sicuramente la prima potenza economica (e militare) al mondo. In più, nel 1989, la caduta del muro di Berlino diede un duro colpo alla teoria statalista che sembrava essere fallimentare e destinata ad estinguersi ovunque. Oggi però stiamo assistendo ad eventi in grado di sconvolgere quelle che solo dieci anni fa parevano certezze. Il crollo del sistema finanziario statunitense e l’ascesa della Cina al secondo posto tra le potenze economiche mondiali, rimette in discussione la supremazia del liberismo sullo statalismo. Con questo non intendo certamente diventare paladino di una teoria che considero utopica e che ha già mostrato i suoi limiti nel tempo. Più semplicemente il puro liberismo non è così stabile come pareva e sicuramente necessita di correttivi per poter riequilibrare l’economia mondiale.
Il liberismo si fonda sul concetto di regolamentare operatori e scambi commerciali attraverso il principio di libero mercato. Per comprendere appieno recenti discussioni scaturite dalla volontà politica di attuare liberalizzazioni nel nostro Paese, dobbiamo però fare un salto indietro nel tempo fino all’Italia dei Comuni. A partire dal 1200, infatti, in molti Comuni, commercianti e artigiani raggruppati per tipologia di mestiere, incominciarono ad organizzarsi per regolamentarsi e salvaguardare gli interessi comuni. Nacquero così le corporazioni. Per i tempi di allora, lo scopo perseguito era nobilissimo: accertarsi per esempio che tutti i commercianti utilizzassero pesi corretti (oggi si direbbe “certificati”), andava a vantaggio non solo della categoria, ma anche della collettività. Oggi l’Italia si porta dietro questa cultura corporativa che per certi versi è anacronistica e per altri è lesiva del bene comune. Le corporazioni oggi si chiamano Ordini e Categorie: gli avvocati, i notai, i farmacisti, i medici, i taxisti e (ci metto pure la mia) i commercialisti, sono solo alcuni esempi delle corporazioni medievali rivisti in chiave moderna.
UTILITÀ E DANNOSITÀ Abbiamo detto che nel 1200 le corporazioni crearono utilità sociale mentre a sentire l’intera classe politica di
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CORPORAZIONI / ORDINI E CATEGORIE / REGOLAMENTAZIONE / LIBERALIZZAZIONE / QUALITÀ / LIBERO MERCATO / LEGGE DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA / STANDARD / AUTODISCIPLINA
queste settimane parrebbe che oggi gli Ordini e le Categorie sono la sola causa di tutti i mali d’Italia. Prima di tutto vorrei ricordare che l’anomalia che più frena il nostro Paese si chiama debito pubblico e sull’argomento la classe politica ha poco da puntare il dito sulla società produttiva. Gradirei poi riportare l’attenzione sugli aspetti positivi delle moderne corporazioni. Chi di voi si farebbe operare da un medico non iscritto all’albo? Chi si farebbe difendere da un avvocato non abilitato? Quanti di voi acquisterebbero una casa firmando un atto senza la presenza di un notaio? Ho preso esempi di professionisti perché sono più vicini alla mia personale attività, ma si può estendere il ragionamento anche agli artigiani: essere iscritto ai panificatori vuol dire garantire di produrre un prodotto secondo regole ben precise e in un locale a norma dal punto di vista igienico. Quanti di voi comprerebbero il pane per i propri figli da un panettiere abusivo? Come vedete le Categorie e gli Ordini servono ancora a qualcosa: attraverso la regolamentazione interna, gli esami per l’accesso dell’attività/professione, l’aggiornamento continuo e l’autodisciplina, sono in grado di garantire che i servizi e i prodotti degli iscritti abbiano uno standard qualitativo adeguato. Fino ad ora mi sono comportato da provetto appartenete all’Ordine dei Commercialisti di Milano. Consentitemi adesso di tirar fuori tutta la mia anima liberista. In uno Stato democratico ogni individuo dovrebbe, col proprio impegno, raggiungere l’obiettivo prefisso esercitando l’attività più congeniale alle proprie attitudini. Se per esempio un giovane decidesse di diventare taxista potrebbe farlo? La risposta purtroppo è no! Neppure se ci mettesse tutto l’impegno del mondo. Questa è una stortura.
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Abbiamo giovani disoccupati, abbiamo pochi taxi in circolazione, abbiamo le tariffe più alte d’Europa (soprattutto se rapportate agli stipendi medi italiani), perché quindi non incrementare i mezzi in circolazione? Per un altro esempio prendo spunto da un fatto realmente successo ad un mio cliente intenzionato ad aprire un’attività in Marocco. Ho preso contatto col collega commercialista marocchino per la costituzione di una società di capitali e alla domanda: “Per il notaio ci pensa lei?”, mi sono sentito rispondere: “siamo in Marocco, le società le apre il commercialista senza bisogno di alcun notaio”. A fronte di questa affermazione, ripropongo la fatidica questione: se un giovane decidesse di diventare notaio con tutto il proprio impegno potrebbe farlo? Ancora una volta la risposta è no. A meno che non si liberi un posto. Ricapitolando, Ordini e Categorie sono un bene quando garantiscono qualità, ma si trasformano in danno quando impongono vincoli contrari alla legge del libero mercato.
COSA LIBERALIZZARE Politica, mass media e opinione pubblica si sono concentrate su poche categorie: taxisti, farmacisti e notai. Se però l’obiettivo economico è quello di aumentare la produttività e il prodotto interno lordo del Paese, dubito che un maggior numero di appartenenti alle categorie summenzionate possa centrare il risultato. Ormai se ne sono accorti anche quelli che non volevano vedere: gli italiani si stanno impoverendo. Secondo voi hanno bisogno di più taxi? Ma anche se l’effetto fosse una riduzione delle tariffe, credete che chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese se ne vada in giro in taxi? O magari andremo tutti quanti una volta
IL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE Ma cosa significa in pratica liberalizzare? Cancellazione di Ordini e Categorie? Tutti possono fare tutto? Farmacisti che si improvvisano avvocati? No, niente di tutto questo. Liberalizzare significa deregolamentare o togliere vincoli esistenti. Risulta chiaro che la vera domanda non è “liberalizzare si” o “liberalizzare no”, ma “liberalizzare come”. La soluzione più intelligente dovrebbe prendere spunto dalle osservazioni del precedente paragrafo: bisognerebbe liberalizzare in modo da togliere quegli odiosi vincoli del libero mercato, ma al contempo salvaguardare gli aspetti di autoregolamentazione con cui le Categorie e gli Ordini hanno saputo garantire i livelli qualitativi raggiunti oggi. Prendo ad esempio ancora una volta la mia categoria. Per entrare nell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, dopo essermi laureato in una delle discipline previste dall’ordinamento, ho dovuto espletare un tirocinio di tre
alla settimana dal notaio perchè essendocene di più, faranno pagare meno gli atti. Ma allora la liberalizzazione è una bufala? Dipende. Il concetto è sacrosanto, ma bisogna capire come lo si vuole effettuare e soprattutto in quale ambito. Pensate all’Unione Europea. Nel 1950 la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) muove i primi passi. Nel frattempo siamo passati alla CEE, alla UE e all’introduzione della moneta unica. Vi pare normale che un abitante di Ventimiglia percorra 10km e trovandosi in Francia debba pagare la medesima telefonata al cellulare dieci volte tanto? Ma dove è l’Unione Europea per i consumatori? E la cosa più ridicola è che spesso il roaming internazionale di telefonia mobile viene effettuato su compagnie appartenenti al medesimo gruppo. Possibile che posso pagare in Francia con la stessa moneta, ma se telefono con un cellulare italiano nessuno ha pensato di garantire la medesima tariffa? Le compagnie telefoniche sono un’ottima risposta al “cosa” liberalizzare. Sempre guardando la UE scopriamo che l’Italia otre ad avere gli stipendi più bassi, paga le bollette elettriche più care d’Europa, idem per le assicurazioni e i costi bancari. Questi sono i settori da liberalizzare! Sono questi i costi che a fine mese fanno la differenza, altro che taxisti!
anni presso uno Studio già consolidato, presentando periodiche relazioni sul mio stato di avanzamento nell’apprendimento della professione. Solo finito il praticantato ho potuto sostenere l’esame di Stato che per la vastità degli argomenti è risaputo essere alquanto complesso. Di sicuro non è stato facile appartenere al mio Ordine, ma è un obiettivo che, con l’impegno e la capacità, tutti possono ottenere. I commercialisti non creano alcun vincolo di mercato: un giovane può diventare commercialista e aprire lo studio di fronte al mio. Sarà la legge della domanda e dell’offerta e il rapporto qualità/prezzo che stabiliranno se ci sarà lavoro per entrambi o meno. In verità un piccolo vincolo di mercato ce l’avevamo anche noi: l’obbligo dei minimi tariffari. In pratica tutti i colleghi non potevano offrire un dato servizio al di sotto di una data tariffa. Questo vincolo è sempre stato più teorico che pratico. Anche in questo caso,
il prezzo lo fa il mercato (come è giusto che sia). Ritornando sul “come” liberalizzare, sono contrario ad ogni forma di asamento del livello qualitativo al fine di aumentare il numero degli iscritti. Quando si ventila di abolire l’esame di Stato, ridurre il praticantato, di consentire l’accesso anche alle lauree triennali, di sicuro si aumenta la “facilità” di accesso alla professione, ma a quale prezzo? Commercialisti meno preparati e di conseguenza minor qualità delle prestazioni. Non credo sia la direzione giusta. Se si vuole liberalizzare allora si ragioni da liberisti: via tutti i vincoli del libero mercato. Taxisti, farmacie e notai, lasciamo che sia la legge della domanda e dell’offerta a decidere quanti e quali devono continuare a lavorare. Proprio come succede per tutte le altre professioni e mestieri “non protetti”. Tutti gli onesti lavoratori che sanno di poter contare sulla propria professionalità, non hanno nulla da temere dalle liberalizzazioni.
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BUON VISO A CATTIVO GIOCO Il titolo del presente paragrafo rende sufficientemente l’idea del mio stato d’animo. Non voglio passare per disfattista e unirmi al coro di chi ha cassato questo progetto di liberalizzazioni. Probabilmente serviva un segnale anche a livello internazionale per rendere più credibile la politica economica italiana. Forse non siamo ancora così forti da permetterci di toccare certi poteri forti quali energia, telefonia, sistema bancario e assicurativo. Se questa prima ondata di liberalizzazioni servisse a far partire un volano, ben venga! Accontentiamoci oggi di quello che si può ottenere e domani magari si riusciranno a fare le riforme fondamentali. L’auspicio è che anche in queste “baby liberalizzazioni” si proceda sempre col buon senso, salvaguardando tutto ciò di buono che Ordini e Categorie hanno fatto per il nostro Paese. Le corporazioni fanno parte della nostra storia e cultura: non vanno rinnegate, basta riadattarle al mercato moderno e globalizzato.
MA COSA SIGNIFICA IN PRATICA LIBERALIZZARE? CANCELLAZIONE DI ORDINI E CATEGORIE? TUTTI POSSONO FARE TUTTO? FARMACISTI CHE SI IMPROVVISANO AVVOCATI? NO, NIENTE DI TUTTO QUESTO.
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SANITÀ
ERRORE MEDICO. ORRORE DEL PAZIENTE Antonino M. Grande, Dirigente Medico di Primo Livello, Divisione di Cardiochirurgia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia Si calcola, che gli errori medici possano provocare fino a 98.000 decessi all’anno nei soli Stati Uniti1 e costituiscano la quinta causa di morte con una spesa calcolata in 29 miliardi di dollari2. Certamente nessuno potrà mai dire che qualsiasi errore in ambito sanitario sia stato commesso intenzionalmente, ma tutti noi sappiamo bene che gli errori avvengono e che è fondamentale non ignorarli o nasconderli, ma effettuare un accurato studio dei meccanismi che hanno determinato la formazione dell’errore. Non c’è bisogno di essere un appassionato di serie televisive quali “ER, Dr House o Gray’s Anatomy” per essere al corrente che errori vengono fatti in sala operatoria, in terapia intensiva od in qualsiasi altro reparto. Ecco, in breve, alcuni casi che hanno suscitato vasta eco negli USA.. Amputazione della gamba sbagliata: è uno dei casi più famosi capitato a Willie King, un uomo di 51 anni affetto da grave malattia diabetica, presso l’University Community Hospital di Tampa in Florida, è stato sottoposto all’amputazione dell’arto sbagliato: una serie di errori, mai corretti, ha portato all’esecuzione dell’erronea procedura e quando il team se ne è finalmente accorto, in piena procedura, era ormai troppo tardi. L’ospedale è stato condannato ad un pagamento di un risarcimento di 900.000 $, il chirurgo al pagamento di 250.000 oltre
alla sospensione dalla professione per 6 mesi ed ad una sanzione di 10.000 $ per aver amputato ad un altro paziente un alluce senza aver chiesto il consenso3. Asportazione di un organo al posto di un altro. Nel giugno 2006 un chirurgo del Mildford Regional Medical Center, nel Massachussetts ( U.S.A. ), per errore asporta in una donna di 84 anni il rene destro invece della cistifellea. Fortunatamente la paziente sopravvive alla procedura e la stessa cistifellea viene poi considerata migliorata e da non rimuovere. La donna non sporge denuncia nei confronti dell’Ospedale e del chirurgo, ma questi viene sospeso e potrà riprendere a praticare la chirurgia dopo aver superato un periodo di osservazione di cinque anni4. Un divaricatore lasciato nell’addome. Donald Church, un uomo di 49 anni affetto da un tumore addominale, viene operato alla University of Washington Medical center a Seattle ( U. S. A. ): la neoplasia viene rimossa, ma in cambio gli viene lasciato nell’addome un divaricatore metallico della lunghezza di 25 cm! Il paziente, dopo l’operazione, comincia ad avvertire dolore, soprattutto chinandosi e, per di più, tutte le volte che attraversa un “metal detector” suona inspiegabilmente l’allarme. Sottoposto a TC addominale, viene scoperto
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il divaricatore nel cavo peritoneale: si tratta di divaricatori metallici malleabili per divaricare il campo operatorio. Un’indagine interna dell’Ospedale ha evidenziato che tra il 1997 ed il 2000 tali incidenti sono avvenuti ben 4 volte. Il corpo estraneo è stato tolto con successo, il Sig. Church non ha subito ulteriori conseguenze e ha ricevuto dall’ospedale, a titolo di risarcimento, circa 100.000 $5 ( vedi Fig. 1). Le informazioni sugli errori medici, nonostante siano pressoché inevitabili e presenti in ogni settore medico, sono ancora oggi scarse e difficilmente tendono ad emergere in superficie. Se facciamo un confronto con altri campi, l’errore in medicina risulta ampiamente poco studiato. Non si deve pensare, a parte alcune eccezioni, che si tratti di un atteggiamento omertoso, ma ciò avviene perché quelli medici sono errori che avvengono saltuariamente in diversi campi e, soprattutto, sono isolati. Se pensiamo ad un medico non preparato ed incompetente che nell’oscurità della sua pratica causa senza intenzione danni a singoli soggetti, un suo errore non sarà facilmente scoperto a differenza di quello commesso da un pilota di aereo, da un macchinista o dal comandante di una nave. L’errore del medico solitamente determina un aggravamento di persone già di per sé ammalate oppure il loro decesso, danni che avvengono singolarmente ed in differenti ospedali: in termini puramente numerici desterà più scalpore ed un impatto emotivo nettamente maggiore una sciagura in cui è notevole il numero dei colpiti. Si è calcolato che 1 paziente su 7 ricoverato in ospedale sia vittima di un errore medico. Ma l’errore medico può verifi-
Fig.1. Il grosso divaricatore metallico lasciato nel cavo addominale.
carsi ovunque nel sistema sanitario, non solo in ospedale: nello studio del medico, in farmacia (vedi Fig. 2), a casa dello stesso paziente. L’errore può essere di tipo diagnostico o terapeutico: i primi determinano eventi avversi in modo indiretto che possono spingere a trattamenti terapeutici completamente inappropriati e talvolta controproducenti, oppure a mancanza o ritardo nel trattamento; quelli terapeutici riguardano trattamenti sbagliati e/o inappropriati, oppure addirittura non effettuati.
... SE LE SCIAGURE NELL’INDUSTRIA AERONAUTICA AVVENISSERO CON LA STESSA FREQUENZA DEGLI EVENTI CAUSATI DA ERRORE MEDICO, CI SAREBBERO TRE SCIAGURE AEREE OGNI DUE GIORNI. 34
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LA FORMAZIONE AL TOP A MISURA DI OGNI BUDGET
IL CONTINUO AGGIORNAMENTO È OGGI INDISPENSABILE NON SOLO PER RIMANERE AL PASSO CON I MUTAMENTI DI UN MERCATO CHE CAMBIA SEMPRE PIÙ VELOCEMENTE, MA ANCHE PER 46;0=(9, :;0463(9, , -(9 *9,:*,9, 3, 7,9:65, +,33( :<( ORGANIZZAZIONE, PER AIUTARLE A SUPERARE I PROPRI LIMITI E A MIGLIORARSI, QUALE CHE SIA IL LORO RUOLO ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA. 6S[YL HP JVYZP PU[LYHaPLUKHSP 0;,9 u PU NYHKV KP YLHSPaaHYL WLY SH ]VZ[YH HaPLUKH JVYZP HK OVJ PUOV\ZL 7LUZH H [\[[V 0;,9 KHSS»HUHSPZP KLS MHIIPZVNUV MVYTH[P]V HSSH NLZ[PVUL KLSS»H\SH
IL CATALOGO COMPLETO DEI SEMINARI ITER È DISPONIBILE ALL’INDIRIZZO HTTP://WWW.ITER.IT/CATALOGO_SEMINARI.HTM. 7LY THNNPVYP PUMVYTHaPVUP L WLY V[[LULYL \U WYL]LU[P]V WLYZVUHSPaaH[V JVU[H[[P PS UVZ[YV \ɉJPV MVYTHaPVUL [LSLMVnando al numero 02.2831161 o scrivendo a iter@iter.it.
errore medico, malasanità / rapporto medico-paziente / sistema sanitario nazionale / protocolli sanitari / tipologie di errori medici È indubbio che sia piuttosto arduo raccogliere dati sulla frequenza degli errori medici commessi ed i risultati spesso possono essere non precisi ed inattendibili. Difatti, non sempre si può considerare un evento avverso evitabile in quanto determinato da un errore e gli studi ad hoc possono essere approssimativi sia per difetto, in quanto molti errori potrebbero non essere stati scoperti, che in eccesso,in quanto eventi avversi giudicati evitabili non lo erano effettivamente5. I più importanti studi per numero di casi esaminati ed anche per la precisione metodologica risultano effettuati negli USA. ed in Australia. Già nel 1984 Breman e coll., del Dipartimento di Medicina di Harward Medical School, hanno esaminato le cartelle cliniche di 30.121 pazienti, ricoverati d’urgenza in 51 ospedali dello stato di New York, riscontrando che eventi avversi causati da un trattamento medico hanno prolungato la durata del ricovero o determinato un danno permanente al momento della dimissione nel 3.7 % dei pazienti6. Impiegando le cifre dello studio di Harward, Leape7 ha calcolato che, se le sciagure nell’industria aeronautica avvenissero con la stessa frequenza degli eventi causati da errore medico, ci sarebbero tre sciagure aeree ogni due giorni. In uno studio condotto in Colorado e Utah, Thomas8 evidenzia come gli anziani siano più frequentemente vittime degli errori: su 15.000 pazienti l’incidenza di eventi avversi potenzialmente evitabili è stata di 2.9 % nei soggetti di età ≥ 65 anni, di questi 2.96 % fatali, e di 1.58 % nei soggetti più giovani, di cui 1.94 % fatali. In uno studio del tutto analogo, condotto questa volta in Australia nel 1995, sono stati considerati 14.179 pazienti ricoverati in 28 ospedali del New South Wales e del South Australia nel 1995: un evento avverso è capitato nel 16.6 % dei ricoverati determinando un danno permanente nel 13.7 % dei casi ed il decesso nel 4.9 %. Si è, inoltre, calcolato che nel 51 % dei casi esaminati gli errori effettuati potevano essere evitati. E questo è un dato importantissimo: un evento avverso se viene definito come prevenibile è certamente frutto di un errore9. È evidente che una disamina più aggressiva delle cartelle cliniche sia in grado di evidenziare errori non documentati nelle cartelle cliniche10. Il numero di errori evidenziabili quando all’interno della struttura sanitaria vi sono degli osservatori è ancora più elevato. Ad esempio, in uno di questi studi “osservazionali”, condotto nelle unità di Chirurgia generale di un ospedale universitario di Chicago, si è visto che ben il 45.8 % dei pazienti ha subito un evento avverso, di questi il 18 % è risultato in un danno che ha comportato almeno un’inabilità temporanea10. Del pari, Donchin11 ha effettuato uno studio ponendo un osservatore al letto dei pazienti di un’unità intensiva medico – chirurgica in Israele. Gli osservatori hanno controllato per un periodo di 4 mesi l’unità intensiva mettendo in luce 554 errori, in pratica 1.7 errori per paziente al giorno. In definitiva, in Australia gli errori medici provocano annualmente
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ben 18.000 decessi e più di 50.000 casi di invalidità13; negli USA, i dati estrapolati da 33,6 milioni di ricoveri annuali indicano che gli errori medici possono provocare da 44.000 a 98.000 decessi all’anno e lesioni a circa un milione di pazienti14. Si è, inoltre, evidenziato che sempre negli Stati Uniti un paziente ricoverandosi presenta un rischio di 1 su 200 di essere vittima di un errore contro quello di un passeggero di un aereo di 1 su 2 milioni15. Tali risultati hanno indotto il precedente presidente USA, Bill Clinton, ad ordinare alle agenzie federali di organizzare un progetto che dimezzi gli errori medici entro un periodo di 5 anni16. Ed il Dipartment of Veteran Affairs nel maggio 2000 ha annunciato un’innovativa alleanza con la NASA (National Aeronautics and Space Administration) al fine di costituire un sistema simile a quello dell’ente aerospaziale per riportare gli errori medici. Difatti, errori in campo aeronautico sono riportati in modo confidenziale all’ASRS (Aviation Safety Reporting System) da tutti coloro che sono coinvolti nel trasporto aereo: piloti, controllori, meccanici, ecc.. Tutti gli errori denunciati sono analizzati da personale altamente qualificato, in grado di elaborare i dati ricevuti e di comunicare con tutti i settori coinvolti in un eventuale errore. In un periodo di 25 anni, sono stati riportati più di 400.000 errori e la riservatezza del sistema non è mai stata messa in dubbio16. Nascondere gli errori commessi da colleghi inevitabilmente determinerà la ripetizione degli stessi in futuro. Tale insegnamento è stato ampiamente provato dall’industria Questo la farà stare meglio
Mi sento ancora peggio
Sono qui per ritirare la mia medicina
Guadi l’etichetta. Qual’è il nome del farmaco?
Eccola
Ma non è quello che le ho prescritto! La farmacia le ha dato un altro farmaco!
Fig. 2. Errore in farmacia: il farmacista non comprende la scrittura del medico o legge male dando un farmaco non prescritto dal medico.
NASCONDERE GLI ERRORI COMMESSI DA COLLEGHI INEVITABILMENTE DETERMINERÀ LA RIPETIZIONE DEGLI STESSI IN FUTURO. 6
aeronautica statunitense che ha presentato nel 1990 una percentuale di incidenti fatali di 0.077 su 100.000 voli. Dopo l’applicazione di protocolli serrati volti alla scoperta ed all’analisi degli errori, la percentuale di incidenti fatali è diminuita a 0.009 per 100.000 voli nel 2004; il dato è particolarmente significativo quando si considera che il numero di ore di volo, delle miglia volate e dei voli è aumentato di circa il 50 %1. Naturalmente, nessun sistema di controllo potrà mai sradicare gli errori, ma un sistema efficiente può eliminare la paura nel riportarli, ammetterli, e questo deve essere il primo passo per un miglioramento delle cure prestate ai pazienti. BIBLIOGRAFIA
1
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MODA
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INTERVISTA A CHIARA BONI
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Cosa ti ha portato nel 1971 a decidere, in quel di Firenze, di proporti come stilista e a scegliere come marchio “You Tarzan Me Jane”? Alla fine degli Anni ’60 nasceva la Moda giovane, ed io dopo l’esperienza di Londra, ho voluto seguire la mia passione aprendo una boutique “di rottura”. Il nome è quello di uno spettacolo teatrale londinese “Off ”, ed è la prima frase del film che Johnny Weissmuller pronuncia, declinata al femminile. Cosa fa sì che la tua moda sia stata definita tanto sensuale e femminile, quanto ironica? L’averla, forse, sempre pensata per rendere più bella la donna e il non averla mai presa troppo sul serio. Quanta differenza trovi fra il creare Pret à Porter ed il tuo avvicinarti all’Alta Moda? Cosa preferisci? Il Pret à porter è la macchina di tutti i giorni, l’Alta Moda è la Formula Uno. Con il Pret à Porter devi saperti destreggiare nel caotico traffico della città, con la Formula Uno devi correre su pista. Da dove nasce l’idea di La Petite Robe, e della vendita del tuo abbigliamento online? E’ una strada che consiglieresti? L’idea de La Petite Robe nasce dalle esigenze della vita moderna. Capi da indossare 24 ore, che occupano pochissi-
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mo spazio e che possono essere lavati facilmente e non stirati. Il tutto senza rinunciare all’eleganza e la femminilità. L’on-line è un’ enorme possibilità che quasi tutti gli stilisti sfruttano. I negozi e i Department Stores rimangono ancora il canale più importante di vendita, forse un giorno le proporzioni si invertiranno. Vista la tua recente scelta di avere come socio un giovane imprenditore di Biella.. come vedi il futuro della nostra imprenditoria, del tessile, del Made in Italy? Il mercato è ovviamente cambiato dall’inizio della mia carriera ed ovviamente la globalizzazione impone delle scelte. Noi comunque utilizziamo solo tessuto Made in Italy e produciamo in Italia. Considerato quello che sta accadendo con lo storico marchio di Faenza “Omsa”, qual è la tua opinione sulla dislocazione all’estero delle attività, a danno comunque dei lavoratori italiani? Bisognerebbe entrare nello specifico di ciascun prodotto, molto probabilmente è ormai difficile produrre collant di qualità medio-bassa a un prezzo competitivo in Italia. Si dovrebbe esser capaci di realizzare prodotti adatti alla qualità ed al prezzo del lavoro italiano (vedi calze Gallo). Nel recente passato ti sei rivata assessore all’imma-
gine, alla comunicazione e nuove tecnologie informative presso la Regione Toscana, com’è stata la tua esperienza nell’ambito PA? È stata una bellissima esperienza che ho fatto con passione e dedizione. Penso che la società civile, quando è chiamata, dovrebbe offrire il suo contributo e sapersi ritirare immediatamente dopo, senza divenire un addict della politica. Quanto sono importanti secondo te le PA, per lo sviluppo e la promozione dei nostri prodotti del territorio, per le aziende e per i cittadini? Le attività di promozione delle Regioni sono di certo molto utili per il territorio, andrebbero razionalizzate. Il tuo legame con Firenze e la Toscana ti ha visto promuovere una collezione invernale titolata “I colori del vino” e proporre “Il viaggio in Toscana” per conoscere direttamente, cultura, valore, gusto e territorio, estenderesti l’idea alle altre nostre realtà regionali? Quali altre preferisci in particolare? Io, come tutti i Toscani, sono particolarmente legata alla mia Regione, ma riconosco che l’Italia è il Paese più bello del mondo nella sua eterogeneità. Io farei come Goethe, “Viaggio in Italia”. Allo stesso modo, quali
Era il 2001 quando ad un Convegno della Regione Toscana su Tv locali in Europa, in veste di assessore affermasti che “noi guardiamo all’Europa con la speranza, un solido mercato con istituzioni forti che sanno governarla e guidarla nelle tempeste degli andamenti valutari… una fratellanza di popoli che convivono pacificamente collaborando per il proprio benessere..”, dieci anni dopo queste parole sembrano quanto mai attuali, cosa ne pensi? Malgrado le tempeste che stanno investendo l’Europa e non solo, credo che, comunque, l’istituzione Europa, ben guidata, resti un punto fondamentale di riferimento. Oggi a differenza di allora, dove il dibattito affrontava le realtà diverse fra Tv nazionali, europee unificanti e Tv locali, nonché dialettali, come fulcro per la conoscenza dei nostri valori e per l’informazione, possiamo dire che i nuovi soggetti unificanti e di informazione sempre più globale siano i social media? Assolutamente si. No doubt! Chi ti conosce almeno un po’ sa che da tempo sei una convinta utilizzatrice di Facebook, sia sul piano personale, dove non
fai mai mancare gentilezza e social etiquette, che sul piano della promozione delle tue attività e delle tue creazioni, cosa consiglieresti a questo nuovo mondo giovane sempre più legato all’uso di tali strumenti, cosa ai giovani e meno giovani imprenditori nostrani, cosa a questo
Stato che davanti all’innovazione sembra sempre stare un passo, se non molti passi, dietro agli altri? Allo Stato consiglio di rinnovarsi uniformemente perché spesso il problema è la comunicazione tra differenti livelli di digitalizzazione o di informatizzazione in generale. Ai giovani consiglio, invece, di approfondire la netiquette, perché i social influenzano fortemente l’opinione pubblica. Chi ormai non è registrato su fb?
moda / eleganza / femminilità / piacere / bellezza / made in italy / pret-à-porter / alta moda / stilisti italiani / Toscana / Firenze
sono i Paesi esteri che più apprezzi e per quali motivi ? Adoro l’India per la sua anima, i suoi colori ed il suo gusto. L’America perché è sempre l’America e la Scozia per i suoi prati verdi e le sue isole incontaminate.
E per concludere… Milano, Firenze o Roma? La Maremma, grazie!
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A A C H IA IN T E R V IS T
RA BONI
creare elle. Cerco di b iù p o n a d n nna, , re bene addosso ngo che l’abito, per una do o n ia st , o in n stiti che do otidiana rite are a creare ve al di là della necessità qu u tin n co i d o aly, che e “Cerc re”. nel Made in It o solo basici o ce n rs ia a o p si rc n n e u o p n re o e g ta n n prima lu se vestiti ch rsi in gioco in e fiorentina dal unque rappre tt a m e st m co ili a e st ta i, re a n p o rt m rso o B debba se e ormai l’ha p senta Chiara sapere, attrave l re ch e p a ità si d n n le ia o ro rc tid a o ci p u verso que ondo che la Con queste za ad una q creazioni attra portarsi col m ilità e l’elegan p b le si ra n i e d se io tà h la ci rc a a ce p ze la sua m unis o aprì a Firen una grande ca pporto con il d o n ra d a n u n q u la 1 ve re 7 ri a 9 , e 1 a il cr ne”. In person zazione. Era pre comune, Tarzan me Ja liz m u e o se fid “Y i n ti d o a n te m n te fir a o o per ort ti e questa d mpre più imp a si mescolan essa disegna d se o st a i m vi le e i a le ra vi u i a tt g d e g hite percorso o propose abiti impone rigore a design, arc le e tr a a u q rc ze n ce e lla ri d e n n a n te e moda italia agli adatti UFO dove le prima boutiqu do nel quale la nsuali, ironici, ricchi di dett o enta il gruppo ri u e q p e il fr i e n n ch a n i quest ione. E’ a o con abiti se vie d’espress ge il success n dello iu g g ra trovare nuove ce one con l’elite oni inve zi B ra o ra b ia lla h C co . à ra in za essenzialit ortswear. Chia . getta e realiz sp ra ro u e p e fig ile h ch la T sc re F a a G il Gruppo femminile, m i sui mercati a femminilizz n accordo con pret-à-porter sue collezion u i d le la i u o n d ip o n st zi e n 5 lle o 8 p 9 co ro ove sono Nel 1 etto in Cina, d ale prestigiose nferma il suo successo, p g n o ro zi p a n rn u ti te n in tessuti co ava stilismo alizzata con ra Boni porta a dinamica e re ia ss h e ile C h st T sc F lla a e G m n il a a Boni entr proprio con duta la line ella moda. E cui viene ven d li in a di i, n tt o e zi ir a d rn ita inte vend n programma ti u n i u d p 0 ito 1 u i g m ri se Boni”, a stati aperti i p cinese. archio “Chiara ra m u l tt e d ifa n te a o m u q e osì nel le italiani ile. da a Roma. C o rileva tutte o ss d M n Te a o lta u ri q A a i , d zi 1 n 0 te a 0 la voglia Fin Ed è il 2 artecipe alle sfi sperienza che le lascia la esso Gruppo p st lta llo a vo d a to m lu ri de per la p Boni. Un’e cessioni vo mentare la ve outure Chiara ri C e i d sp i e d n o lia zi g lle crea una co La vo elasticizzati e one la prima passerella. p ti u ro va p o ss u 4 te n 0 i 0 a r 2 e su p io la ia e che re genna posto in valig va il suo amo Roma diventa o co sì n o n p co ri o e n ra o re ia d a h n u C odelli i pre di contin aggiare, che one di venti m 06, anno in cu vi zi 0 r 2 lle e l p a co i i d d a o n in u m u q con , co be”, Si giunge ianamente e tive. Tanti abiti cia nel 2007 la “Petite Ro tid si o n u e q S i g in g a ’o tt tt irati. Lan segue a tu etti ai lavori collezione tu llezione che o di essere st critici, ed add n co i, g o ic a n is m b U a i . o d n lle n o tu a d non h stina in d il suo mon minuscola bu le creazioni e a fr e alle o tt e ir d ripiegati nella to inziative. Oltr nfron e co ltr il a o e d n ch a n a m a o p ni fa passione, . eguite nel tem i Girl presentata pochi an te ss e R su o la n o so rs si zione Bon Mondadori o percorso anche attrave cca, o la colle iamo” scritto per l’editrice lorizzare il su o R va a lla , e e D u q a n n u le ndo dello Com ro “Vestiti usc mosi nel mo n la Maison E lib fa il co i g io g sa p a o m n o sp se i rs e n e al titolo ad collezio interviste a p 10 puntate d bo, troviamo n in im co B 3 I ve e A si in R g vi r a le e m ra i p i te a Pitti Im te ulteriori; cu n programma partecipazion u ta n ; i, u n lo p ri b co 0 a 1 m tt e n e tt e co sp ah; realizza ria e dello con Luigi S confermato ra, dell’indust ndrée Shamm mpagnia e viene poi ri A ltu i ch d cu ”, ia te lla g a e d re rg , lla la rt spo iglie a ni della co arenti, per Storie di fam nco e i balleri atro Franco P ia Te B l l o scritto e e d a i h “Il Dilemma – n p o a R ld aginaria” test fia di un Go m ra r g e Im o p o re li n a co tr so a o la te “I n remio costumi “Le serve” co rante dal titolo la Kore, col p e o n to tt iti lle ita a a m b fic co il ra l r g a e d to a, ’anni i costumi p una mostra fo ta, a Taormin una decina d ra ia a re p m u p re re p p ta ; e a n za st e n è saliente, elle nuove Baresani; vi Egribiancoda atività; e.. nota riferimento allo sviluppo d ttrice Camilla e ri cr sc la lla e a a d ic to st e cura rca stili rticolare oda, per la rice la comunicazione, con pa Oscar della M e e per l’immagin ana. del fa Assessore Regione Tosc la e e la nascita r n e o p zi e a d tiv n a fo rm la fo ava in onda io sono stati tecnologie in nale che and el quinquenn u io q g i e d R o e n rc o a ll’ zi e a ovimenti n ission, l’inform tro di San Rossore tra M anti sviluppati m rt m o o p C im iù ilm p F i n tt Nobel, ella I proge Toscana, l’inco Shiva, Premi , lo sviluppo d a a lla n n e a a d d sc n te a To V va , lla ri dal re e p io Go Portale d i suoi progetti private e rad ta iosi come Al n ig ve se st si re re vi p p le e iti te ch sp ti tuttora e a avuto o successo. sia sulle re Chiara Boni h rnazionale sul Cibo che vive che sta proseguendo con ve o d i n o zi u tit e Is sione Inte ella Creatività .., la Commis mo Festival d ri nditore p il e scienziati etc a e p Euro giovane impre e il n , o o si ci is so m vo m o o u G8 alla C nda ad un n rto la sua azie e p ra. a a h , o st e renderci anco tto qu rp tu i so d rà ce p lu sa lla e a ono certo ch Oggi Chiara, Germanetti. 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RECENSIONI
LETTI PER VOI “Ma dove vai bellezza in bicicletta” è il giusto preambolo del libro “Tutta mia la città” di R. Peja. Un deserto che conosco e che mi fa ricordare il titolo della bellissima canzone dell’Equipe 84. Fosse solo quello ci allieteremmo di passare canzonette. Invece il libro rappresenta una nuova realtà creativa e artigianale/imprenditoriale, nata pure in modo ecologico. Ma voi potete immaginare i pony express che portano la posta aziendale in bicicletta? Potete immaginare che questo accade in una metropoli come Milano? Bene, questa è la sfida! Questo è quello che dovrebbe es-
sere almeno in parte ovunque! Questa è l’esperienza che R. Peia in questo libro riporta con l’intelligenza di chi ha saputo reinventare e reinventarsi per diventare P.I. di servizio. Questo suo libro non è solo un misto di esperienze, di curiosità, di strade, di tram, di binari e di ironia. È soprattutto la grande voglia creativa che diviene impresa, business, servizio.
Parlare di moda e di Made in Italy è un po’ come parlare di qualcosa che negli anni è divenuto un emblema per il nostro Paese nel mondo. Il successo del tessile nel nostro Paese può ben dirsi non avere rivali. Gli stessi marchi d’oltralpe si sono fatti “Stradeur” solo grazie alle nostre produzioni industriali o artigianali.
oggi è un colonialismo del prodotto, dello sfruttamento e delle idee altrui. È vergognoso dover ammettere che qualche artigianato marocchino possa essere comprato a 1 euro a Marrakech per essere rivenduto a 100 euro nel centro di Milano, sotto “firma” nostrana. Comunque sia il processo produttivo, le capacità di sviluppo, la capacità di vendita, l’importanza di una buona distribuzione sono alla base di una catena moda che vuole essere tuttora vincente, così come fondamentale è comprendere e percepire le tendenze, nonché il passare tutto su una buona gestione. Tratto dopo tratto, passo dopo passo, questo è un libro da non perdere, il suo essere analitico e preciso fa solo da supporto ad una cit. iniziale: “Non è il più forte della specie a sopravvivere, né il più intelligente, ma il più reattivo al cambiamento.” (Charles Darwin)
I loro volti si sono sempre visti alla ricerca di tessuti e prodotti nostrani d’eccellenza, presso manifestazioni ad hoc come IdeaComo. Ben venga il tessile cinese o indiano. Sappiamo benissimo che molto di quel che si fa è anche grazie alle loro qualità e capacità. L’unica inadeguatezza da sottolineare potrebbe essere il basso costo del prodotto importato (per essere poi rivenduto al 300/400% in più), lo sfruttamento dei lavoratori, la abile manipolazione dell’altrui creatività. Il colonialismo dei tempi che furono probabilmente non è scomparso, si è solo evoluto in altre forme di capitale. Se prima era un colonialismo di Impero, politica e territorio,
TUTTA MIA LA CITTÀ Di Roberto Peia Ed. edicicloeditore ISBN 978-88-6549-014-3 Euro 13,00
LA SUPPLY CHAIN DELLA MODA Di Vittorio Bini Ed. Franco Angeli ISBN 978-88-568-4061-2 Euro 35,00
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PUBBLICITÀ
RAGIONE E FANTASIA di Umberto Raimondi, Creativo pubblicitario Tutto inizia con la seguente frase pronunciata da una persona del reparto Progress in una qualsiasi agenzia di pubblicità: “Vi abbiamo assegnato un nuovo progetto, è una gara. Vi passeranno il brief questa mattina , la presentazione è fra 10 giorni”. L’art director e il copywriter si guardano e la prima cosa che pensano è che è andata bene, di solito per una gara c’è molto meno tempo. La seconda cosa che pensano è che è iniziato un conto alla rovescia che dal momento del brief alla presentazione sarà occupato da un solo pensiero: farsi venire in mente qualcosa di buono e alla svelta, in sintesi la ragione per cui vengono pagati. Quello che tutti, a cominciare dal direttore creativo, si aspettano è che tra due massimo tre giorni la coppia creativa presenti una Big Idea, anzi più di una, ma almeno una o due devono essere così forti che tutti siano convinti che presentandola verrà vinto il budget o che, anche se non sarà vinto, l’agenzia avrà fatto una bella figura. Ma si può definire la creatività? Cosa significa questa parola tanto inflazionata da diventare quasi odiosa.
La creatività è un fatto mentale e individuale. Riguarda i singoli, o gruppi di singoli che cooperano. Chiede flessibilità, competenze, talento, focalizzazione. E una tenacia fuori dal comune. È per molti versi incontrollabile e dipende anche dal caso. Quando si sente qualcuno dire che fa un lavoro creativo, se non è un artista, un poeta, uno scrittore o uno stilista, non è chiaro a tutti cosa faccia, anzi, viene guardato con un po’ di sospetto e si pensa a qualcosa che sta nel mare magnum della innovazione tecnologica, dell’arte applicata o, in ultima analisi, nella mitizzata comunicazione. Territori non meglio definiti e infarciti di parole inglesi: da Comunication Idea a Asset strategico creativo, da Consumer Insight a Viral. Un luogo comune abbastanza diffuso è che chi fa il creativo debba essere trasgressivo e distruttore di regole per definizione. Rompere le regole e non accontentarsi mai va bene, ma con misura e senza quegli scandalismi e quegli eccessi di cui molti si compiacciono nel nome di una creatività che si fa vedere a tutti i costi, che “buca”, come si dice in gergo pubblicitario.
COSÌ NASCE UN’IDEA CREATIVA
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Campagna pubblicitaria / creatività / innovazione / idee / agenzie di pubblicità / brief / pubblicità Un altro grosso cliché legato alla creatività è che una grande idea possa venire così, su due piedi, cosa non vera e smentita da molti studiosi. Addirittura il premio Nobel per l’economia Herbert Simon ha formulato la cosiddetta Teoria dei Dieci anni. Tanti ce ne vorrebbero per ottenere risultati innovativi in qualsiasi settore e la storia della Apple e del suo fondatore Steve Jobs lo dimostra. Passano infatti più o meno 10 anni tra il primo rozzo computer assemblato nel garage della sua casa a Los Altos e il lancio nel 1984 del mitico Macintosh, una macchina che cambiò per sempre la vita a milioni di persone. Il lancio fu supportato da uno spot girato da Ridley Scott per l’agenzia di New York Chiat/Day, che rimane una pietra miliare nella storia della pubblicità. Mentre i nostri pubblicitari, che ignorano la teoria dei Dieci anni, si stanno spremendo le meningi per trovare una idea in 5 giorni, facciamo un passo indietro negli anni e nella storia di questo termine. Il sostantivo italiano creatività viene per la prima volta registrato nel 1951. Il termine creativo (inteso come aggettivo) risale al 1406. Il medesimo termine appare come sostantivo a partire dal 1970 per definire i professionisti che inventano annunci pubblicitari. Oggi viene impiegato più estesamente per definire diverse professionalità. La parola “creatività” è talmente tanto usata anche in diversi campi, basti pensare alla “finanza creativa”, che sembra aver perso il suo significato. Anche molti lavori vengono definiti creativi, senza in realtà darne una definizione coerente ed univoca. Tutti possono essere, qualche volta, “creativi”. Nessuno lo può essere sempre, né diventarlo a comando. David Ogilvy diceva: «non avete alcuna probabilità di avere una buona idea se prima non “fate il compito”, analizzando a fondo l’argomento. Ho sempre trovato molto noiosa questa parte del lavoro, ma è insostituibile». E poi spiegava: «po-
Riporto un aforisma di un matematico, Alfred North Whithead, che ben sintetizza la difficoltà di chi ogni giorno in qualsiasi campo si trova ad affrontare problemi la cui soluzione necessiti di uno sforzo creativo: “Ci vuole una mente eccezionale per affrontare l’analisi dell’ovvio.”
tete “fare i compiti” fino al giorno del giudizio, ma non avrete un grande successo senza una “grande idea”. Le “grandi idee” vengono dall’inconscio. Questo è vero nell’arte, nella scienza come in ogni forma di comunicazione. Ma l’inconscio deve essere bene informato, se no l’idea sarà irrilevante. La creatività, fondamentalmente, è saper fare una sintesi della realtà che vive attorno a noi, degli oggetti, dei simboli, delle persone e sensazioni che stimolano la nostra percezione. La creatività è saper giocare con le cose, sapere che si possono scoprire cose sorprendenti anche nel vivere quotidiano. Tra le moltissime definizioni esistenti di creatività si segnala per semplicità e precisione quella che sintetizza il pensiero di Henri Poincaré: “creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”. Le categorie di “nuovo” e “utile” radicano l’attività creativa nella storia e nella società. Il “nuovo” è relativo al periodo storico in cui viene concepito. L’“utile” è connesso con la comprensione e il riconoscimento sociale. Le categorie di nuovo e utile illustrano l’essenza dell’atto creativo: un superamento delle regole esistenti (il “nuovo”) che istituisca una ulteriore regola condivisa (l’utile). Individuano anche le due dimensioni del processo creativo, che unisce disordine e ordine, paradosso e metodo. Infine, le categorie di nuovo e utile estendono la sfera delle attività “creative” a tutto l’agire umano a cui sia riconosciuta un’utilità economica, o estetica, o etica, e che sviluppi novità: applicazione “nuova” di una regola esistente, estensione di una regola esistente a un campo “nuovo”, istituzione di una regola del tutto “nuova”. Poiché si fonda sulla conoscenza preliminare delle regole “da trasgredire”, la creatività non può svilupparsi in assenza di competenze. Caratteristiche della personalità creativa sono curiosità, bisogno d’ordine e di successo (ma non inteso in termini economici), indipendenza, spirito critico, insoddisfazione... gli stili di vita e di lavoro possono essere i più diversi, ma tutti sembrano implicare autodisciplina, un rispetto sostanziale per l’argomento a cui ci si dedica e una tenacia che, vista dall’esterno, sembrerebbe rasentare l’ossessione. Perché un’ idea possa essere considerata creativa, dev’essere tale non solo da rompere una regola esistente, ma da originare una regola nuova, e migliore. La creatività... crea, appunto, regole nuove. E che funzionano. È un lavoraccio pieno di incognite. Non è solo la parte preliminare dell’innovazione. È una faccenda a sé stante. D’altra parte, creatività e innovazione sono non solo due momenti rilevanti, differenti e successivi uno all’altro all’interno del processo di sviluppo, ma appartengono a diversi livelli logici.
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TERRITORIO
C’ERA UNA VOLTA… UN PAESINO CHIAMATO BRESCELLO! di Giuseppe Vezzani, Sindaco di Brescello
STORIA Dal punto di vista storico, non si possono trascurarne le radici romane. Le origini di Brescello risalgono all’epoca preistorica e i primi popoli sedentari furono i Galli Cenomani che diedero il nome di Brixellum ai territori conquistati nella valle del Po. Intorno al 190-189 a.C. la località divenne colonia romana, importante dal punto di vista economico e strategico per la possibilità di avere il controllo di un tratto chiave del fiume. Brescello fu nominata sede vescovile nel 389 d.C. (il primo vescovo fu Genesio, oggi santo protettore del paese). Le truppe guidate dal re longobardo Agilulfo (nel 603) e una serie di devastanti alluvioni (nel 589 e intorno al 605-610) rasero quasi completamente al suolo la città riducendola ad uno strato di fango e sabbia. Fu così che cessò di esistere la Brixellum gallo-romana. Nel XII secolo Brescello dipendeva politicamente da Parma, mentre nei secoli successivi la storia del paese riflette l’avvicendarsi delle diverse signorie: i Correggeschi, i Rossi, i Visconti, gli Sforza, fino agli Estensi nel 1479. Le cruenti battaglie per conquistare il predominio sulla città indussero gli Estensi a progettare e costruire una cinta muraria pentagonale con fossato, facendo di Brescello una città-fortezza. Nel 1704 le mura e la rocca furono distrutte dagli spagnoli e il paese sprofondò di nuovo nell’anonimato per oltre un secolo. Il governo estense continuò fino al 1861, anno in cui Brescello entrò a far parte del Regno d’Italia. Proprio per non dimenticare il significativo passato che lo caratterizza - Brixellum, è stato un insediamento fondamentale per la Roma imperiale per la sua posizione strategica lungo una delle principali vie commerciali del territorio – il paese si è dotato di un importante museo archeologico romano: la struttura, che si sviluppa su due piani, ospita le sale dedicate alla necropoli e alla domus, ricche di reperti di grande valore, nonché la sezione dedicata al territorio con pannelli che illustrano le opere romane dell’area affiancate da un particolare settore dedicato alle anfore ed agli oggetti ritrovati nei più recenti scavi brescellesi.
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C’
era una volta un paesino chiamato Brescello…Questo l’incipit delle narrazioni dei film, che trattano le famose vicissitudini tra il prete e il sindaco più famosi d’Italia, Don Camillo e Peppone. Già, perché proprio a Brescello sono ambientati i film con Fernandel e Gino Cervi che trattano le avventure dei due personaggi inventati dalla geniale penna di Giovanni Guareschi: a decenni di distanza, l’eco della fama di Brescello non tende assolutamente a spegnersi, dopo che negli anni Cinquanta il paese è stato scelto come set. Ma sarebbe ingeneroso ridurre il primo paese della Bassa reggiana attraversato dal Po soltanto ai due amici-nemici. Brescello nasconde infatti altri talenti, come il turismo, la storia, l’enogastronomia e l’artigianato, che ne fanno una fiorente realtà.
IL PAESE Molte delle attrazioni del paese sono legate a Guareschi e a Don Camillo e Peppone. Tra queste, il museo “Brescello e Guareschi”, che propone ai visitatori la ricostruzione di un set cinematografico originale dei film, oltre a una mostra di fuori scena che ritrae il rapporto tra cinema e territorio dove gli abitanti di Brescello sono protagonisti. All’ultimo piano è stato allestito un omaggio alla realtà contadina degli anni ‘50 e ricordi della grande alluvione del novembre del 1951 corredati dalle tipiche imbarcazioni del Po e gli strumenti dei barcaioli. Il museo “Peppone e Don Camillo” è stato inaugurato nel 1989: frutto degli sforzi e dell’entusiasmo di un piccolo gruppo di volontari, oggi è gestito dalla Pro Loco e ogni anno è visitato da decine di migliaia di turisti provenien-
ti da ogni parte d’Italia e del mondo. Le sale contengono numerosi cimeli del Don Camillo cinematografico: la moto di Peppone, il vestito di don Camillo, le biciclette usate dai due alla fine di “Don Camillo e l’onorevole Peppone”. All’interno si possono ammirare numerose fotografie scattate durante la lavorazione dei film, i manifesti originali, le ricostruzioni di alcuni ambienti delle riprese. Su piazza Matteotti, cuore pulsante del paese (e recentemente presa come simbolo della piazza italiana, con quelle di Siena e Venezia nell’ambito dell’iniziativa “Settimana della lingua italiana nel mondo” del Ministero degli Esteri) si affaccia la chiesa parrocchiale di Santa Maria Nascente, che contiene pregevoli opere del pittore locale, Carlo Zatti, e ospita, presso la sagrestia, il museo parrocchiale. La facciata è caratterizzata dal
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protiro fatto costruire in muratura da Angelo Rizzoli per le riprese del terzo film “Don Camillo e l’onorevole Peppone” (1955) come segno di riconoscenza per l’ospitalità ricevuta. Il celebre crocifisso parlante – che scambiava frequenti dialoghi con Don Camillo - si trova nella cappelletta laterale a sinistra dell’ingresso. L’ampia piazza, contornata dalla chiesa, dal municipio e da una serie di portici, ha rappresentato il palcoscenico ideale per le avventure del prete e del sindaco più famosi del mondo. Nell’attuale parte nord della piazza si trova la statua di “Ercole”, commissionata dal duca Ercole II d’Este e realizzata dallo scultore Jacopo Tatti detto “il Sansovino” nel 1553. Il 2 giugno del 2001, in occasione del 50esimo anniversario del primo film, furono collocate due statue di bronzo dei due personaggi realizzate da Andrea Zangani: quella di don Camillo nella parte della chiesa; quella di Peppone davanti al municipio. In paese sono presenti altri cimeli dei film, come la cam-
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p a n a di Peppone, la locomotiva, il carro armato e la casa dove avveniva il reclutamento delle comparse.
Il tessuto economico, sociale e culturale di Brescello ha saputo reggere bene l’impatto con la crisi grazie all’assidua partecipazione dei cittadini, che, come detto, si spendono con generosità in svariate forme di volontariato.
LA NOTORIETÀ MONDIALE “Dove sono le tombe di Peppone e don Camillo? Vogliamo portare loro un fiore, un saluto, una preghiera”. Questa è la domanda che più spesso i turisti rivolgono ai brescellesi. Gente semplice e ingenua? Forse. Persone suggestionabili? Può darsi. Più semplicemente “innamorati pazzi” dei due personaggi che sono entrati nel dna degli italiani e di quanti (e sono tanti) nel mondo hanno avuto la fortuna di conoscerli e apprezzarli grazie ai racconti di Giovannino Guareschi e ai film da essi tratti. Il ruvido sindaco “rosso” e il focoso parroco usciti dalla fervida immaginazione dello scrittore di Fontanelle di Roccabianca (Parma) fotografano l’Italia degli anni ’50 e ’60,
q u e l l a popolare e verace, sanguigna, romantica. Un Paese che non c’è più ma di cui si avverte una grande nostalgia. Dai racconti di Guareschi emerge la straordinaria forza di due figure apparentemente agli estremi opposti, apparentemente inconciliabili: proverbiali gli scontri, esilaranti le battute, commoventi le intese. Eh sì, perché ciò che li ha resi intramontabili è il sentimento di solida comunione sui valori fondanti il loro piccolo mondo: la solidarietà, l’amicizia, il coraggio di cambiare idea se necessario. Ma c’è qualcosa di più. Per un caso rarissimo, la versione cinematografica delle storie di Peppone e Don Camillo non ha sminuito quella letteraria. Gino Cervi
e Fernandel hanno semmai aggiunto forza e nitidezza ai personaggi magnificamente tratteggiati dal loro papà scrittore, al punto che lui stesso dovette ammettere che quando scriveva nuovi racconti non poteva che pensarli con quei loro caratteristici volti. Insomma, figure di fantasia che non potranno mai avere una tomba su cui portare un fiore. Figure così vicine e “di famiglia” che non avranno mai bisogno di una lapide. Se la fama di Brescello è indissolubilmente legata ai film di Peppone e Don Camillo, lo è anche al loro “padre” letterario: Giovannino Guareschi (19081968), un personaggio fondamentale per la recente storia del paese. Giornalista, scrittore, vignettista e anche sceneggiatore di almeno un paio dei film della fortunata saga. Personag-
gio eclettico quanto spigoloso ed originale, Guareschi ha conosciuto Brescello nel corso delle riprese, intrattenendo rapporti con la popolazione locale e con le istituzioni. Da queste parti, però, ebbe anche delle amarezze per le accuse che la Federazione comunista reggiana formulò ai suoi libri e ai film da essi tratti definendoli “ostili alla classe operaia”. Lui, del resto, seppe difendersi pubblicamente, in particolare la sera del 4 ottobre del 1951 quando al teatro municipale di Reggio Emilia sfidò a un pubblico dibattito l’ “intelligentsia” comunista dell’epoca, demolendo gli avversari con la sua straordinaria dialettica. Guareschi era certamente un “uomo di Po” ma il suo fiume era appena un poco più su, risalendo la corrente: nel suo immaginario
GASTRONOMIA Chi si trova a passare per la Bassa reggiana, per turismo o per lavoro, non può rimanere insensibile alle bontà culinarie tipiche della zona. Brescello non fa differenza, anzi. Trovandosi in una strategica posizione di confine tra le province di Reggio, Parma e Mantova, la sua cucina si fa semplice ma saporita, grazie alla presenza di prodotti caratteristici, famosi in tutto il mondo. I simboli gastronomici di questa zona sono il Parmigiano-Reggiano e i salumi (il prosciutto di Langhirano, il salame di Felino o quello mantovano all’aglio, la spalla cotta di san Secondo Parmense, la pancetta arrotolata e la coppa), spesso accompagnati dal cosiddetto gnocco fritto, senza dimenticare squisitezze come i ciccioli o la polenta. Popolarissimi i primi: i cappelletti (caratterizzati da diverse ricette a seconda della zona) e i tortelli, che possono essere “verdi” (solitamente con ripieno di ricotta e erbette) o “gialli”, caratterizzati da zucca, con amaretti o mostarda. Tra i secondi spiccano il maiale, cucinato nei più svariati modi, oppure gli arrosti di selvaggina. In quanto al bere, questa è terra di lambrusco. Tra i tanti dolci va citata la spongata, che a Brescello viene tradizionalmente prodotta da decenni. Da ricordare anche un celebre frutto, la prugna di Lentigione con la quale si produce un’ottima marmellata.
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i luoghi dove ambientare i racconti erano la Bassa parmense e non quella reggiana (seppure di confine) dove furono effettivamente girati i film. IL PO Il territorio comunale di Brescello è caratterizzato dalla presenza del grande argine maestro del fiume Po. Il fiume è raggiungibile a piedi dopo una passeggiata di circa 500 metri dal centro del paese, tra piante di querce e macchia mediterranea, dove è possibile vedere la confluenza dell’affluente Enza nel Po. La passeggiata può raggiungere la golena, dove si può passare sopra il vecchio ponte in ferro sull’Enza ed addentrarsi nel bosco rivierasco. I paesi che, come Brescello, si affacciano sul “grande fiume”, sono a lui legati a doppio filo. Il suo comportamento, infatti, influenza la vita delle persone, in particolare quando si verificano le piene. Soprattutto in autunno, quando le piogge abbondano, il fiume esce dal proprio letto e cosparge silenziosamente le zone circostanti. Tra gli anziani del luogo è ancora molto viva l’esperienza dell’alluvione del 1951, quando gli argini del Po cedettero e l’acqua percorse diversi chilometri, inondando vari paesi. Nel 2000 invece si verificò la piena più alta della storia, che toccò un livello di 9,06 metri: in quel caso decisiva fu l’opera di rinforzo degli argini, operata a mano da migliaia di volontari. Ma il Po non è solo emergenza, è anche natura, e soprattutto turismo. Non si contano, infatti, i turisti e i pescatori che ogni anno scelgono di navigare lungo il fiume per ammirarne le meraviglie. Brescello, nel suo lido, ospita una decina di barche da diporto ed è caratterizzato da chilometri di piste ciclabili, inserite nel progetto “Po, fiume d’Europa”. I SERVIZI AI CITTADINI Dai tempi dei film di Don Camillo e Peppone Brescello è
profondamente cambiata. Negli anni si è costruita una fitta rete di servizi ai cittadini che la scarsità di risorse ed i vincoli normativi sulla stabilità finanziaria stanno mettendo a repentaglio. Brescello è un paese a misura d’uomo, che sa rispondere alle diverse esigenze di una popolazione variegata dal punto di vista sociale ed economico, coeso e dinamico allo stesso tempo, capace di rimanere ancorato alle proprie radici culturali e storiche ma anche in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti del mondo globalizzato. Da qualche anno è sorta una nuova Residenza Polifunzionale per anziani: una struttura moderna, funzionale e accogliente che risponde ai bisogni degli anziani e delle loro famiglie. Una struttura che è punto di riferimento per l’organizzazione dei servizi sociali territoriali, domiciliari, semi-residenziali e residenziali rivolti alla popolazione anziana e adulta in difficoltà. Al suo interno trovano una propria collocazione il Servizio Sociale Professionale, l’Assistenza Domiciliare, il Centro Diurno, la Casa Protetta “Ester e Alcide Ruffini” oltre alla presenza di soluzioni abitative personalizzate. Nella struttura trova anche spazio lo Sportello Sociale Comunale che garantisce un unico punto d’accesso dei cittadini ad informazioni, consulenze ed orientamento, in relazione alle prestazioni e servizi sociali erogati dal comune in ogni fascia d’età. Un ufficio che semplifica i rapporti con l’amministrazione comunale nel campo del sociale. A integrazione di questo si aggiunge il servizio di trasporto sociale, organizzato dal comune e interamente gestito da personale volontario, che garantisce il trasporto di perso-
ne non autosufficienti. Va detto che il tessuto sociale brescellese si distingue per la vivacità delle numerose associazioni di volontariato. Brescello dispone anche di poliambulatori e del Centro cure primarie, organizzato efficacemente dai medici di base, nonché tre centri Sociali comunali punti di incontro ed aggregazione molto apprezzati dai cittadini. Da non dimenticare l’esemplare livello qualitativo fornito sia dall’asilo nido comunale che dalla scuola dell’infanzia Soliani-Scutellari. Le due strutture continuano ad offrire elevati livelli educativi e pedagogici, all’interno di un contesto all’avanguardia e con programmi scolastici apprezzati a livello internazionale. Un servizio innovativo per un comune di piccole dimensioni come Brescello è denominato “Punto Comune”, due veri e propri sportelli polifunzionali aperti nelle frazioni, nei quali ricevere informazioni, modulistica, documenti e certificati, ma anche sedi appropriate dove proporre, segnalare, e anche reclamare per eventuali disservizi. In un’ottica di maggiore assistenza alle imprese il Comune di Brescello ha anche uno Sportello unico per le attività produttive, in gestione associata con altri comuni del territorio, unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive. Il Paese ha naturalmente una Biblioteca Comunale, struttura tra le più fornite della provincia in termini di patrimonio librario, riviste, dvd, guide. In biblioteca sono anche disponibili importanti servizi come il col-
legamento internet gratuito ed anche una Ludoteca comunale, uno spazio educativo e ricreativo per bambini e ragazzi da 0 a 11 anni e per adulti, all’interno del quale si possono fare giochi di società, attività laboratoriali per bambini, ragazzi e adulti, letture animate. La grande tradizione sportiva di Brescello (nel calcio si sfiorò la serie B) è testimoniata da due grandi zone sportive multiservizi. Il tessuto economico, sociale e culturale di Brescello ha saputo reggere bene l’impatto con la crisi grazie all’assidua partecipazione dei cittadini, che, come detto, si spendono con generosità in svariate forme di volontariato. Da sottolineare la nascita, nel 2010, della Fondazione “Paese di Don Camillo e Peppone”, un ente di diritto privato il cui socio fondatore e proprietario al 100% è il Comune. La Fondazione è gestita da un consiglio di amministrazione formato da tre membri: l’assessore al Turismo e due consiglieri comunali di maggioranza e minoranza. La Fondazione essenzialmente ha il compito di gestire i servizi turistici, ovvero l’apertura e le visite ai musei cittadini, l’assistenza e il servizio di informazione ai visitatori, la promozione del territorio. La Fondazione è stata artefice di un piccolo “miracolo”: con i proventi degli ingressi ai musei non solo si autofinanzia, ma riesce a redistribuire i proventi a favore del paese sotto varie forme. Trasformando quello che era un costo per la comunità (ovvero le spese per il mantenimento dei musei) in un’opportunità di benessere per la comunità.
patrimonio italiano / territorio e cittadini / volontariato / eccellenze italiane / Giovannino Guareschi / storia del cinema italiano / Emilia-Romagna
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CINEMA
OSCAR 2012
TRIONFANO LE IDEE, LE STORIE E LE LACRIME
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di Sonia Avemari, Esperta di cinema e collaboratrice di VoiceCom news
cinema / oscar 2012 / notte degli oscar / film premiati / 3d / The Artist / cinema francese
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SENZA NESSUN RICONOSCIMENTO INVECE IL FILM E IL REGISTA DOMINATORI DEL FESTIVAL DI CANNES 2011, TERRENCE MALICK E IL SUO “THE TREE OF LIFE” NON CONVINCONO L’ACADEMY AWARDS CHE SNOBBA COSÌ UNA DELLE PELLICOLE PIÙ INTENSE E AFFASCINANTI DEGLI ULTIMI ANNI. A BOCCA ASCIUTTA PURE DUE DEGLI ATTORI PIÙ AMATI DI HOLLYWOOD, BRAD PITT E GEORGE CLOONEY, IN CORSA NELLA CATEGORIA MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA, SONO STATI SUPERATI DAL “MUTO” DUJARDIN.
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In un’era dove il 3D sembra essere diventato la normalità e in cui se una pellicola è priva di strabilianti effetti speciali non è degna di uscire in sala, sembra impossibile che l’Oscar 2012 se lo sia aggiudicato The Artist, il film francese girato su schermo ridotto, muto e in bianco e nero! Prima d’ora solo una volta, nel lontano 1929, il riconoscimento più prestigioso del mondo del cinema era andato a un film muto, ma il successo di The Artist è totale: non solo miglior film ma anche regia, attore protagonista, colonna sonora e costumi. Per la prima volta nella storia degli Academy Awards è la Francia a trionfare con il miglior film e il miglior attore, Jean Dujardin. The Artist dimostra che non sempre la tecnologia più avanzata può far vincere, molte volte le idee, i sentimenti e la poesia possono premiare molto di più e questo film sotto questi aspetti è perfetto. Il regista Michel Hazanavicius ha portato avanti il suo progetto ambizioso e ha saputo girare una pellicola ricca di spunti assolutamente brillanti accompagnati da immagini davvero suggestive e spesso accostate da una colonna sonora scelta con molto gusto. La storia ha conquistato il pubblico e la critica per la sua freschezza, ma allo stesso tempo anche per i suoi spunti talvolta tragici in cui non sembra mai mancare una speranza di fondo. Una storia d’amore e di solidarietà classica e senza tempo, il film ripropone temi conosciuti e lo fa con l’inventiva, il coraggio e soprattutto la genialità di un regista che sa bene che tutto in fondo è già stato detto, ma che cambiare il semplice modo di dirlo costituisce l’essenza della vera storia dell’arte di tutti i tempi. Se The Artist ha fatto la parte del leone, gli altri favoriti della vigilia cosa hanno portato a casa? L’Hugo Cabret di Martin Scorsese ha conquistato cinque statuette come il film francese, ma in categorie minori: migliore fotografia, montaggio sonoro, effetti sonori, effetti visivi e migliore scenografia con la coppia Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo al loro terzo Oscar dopo The Aviator e Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street. “Questo è per Martin. E per l’Italia”, così i due production designer e set decorator italiani hanno dedicato il discorso di ringraziamento a Scorsese e al loro paese, dove però si sono lamentati di non lavorare abbastanza. Nonostante i pronostici fossero a favore del film d’Oltralpe, fino all’ultimo la sfida tra The Artist e Hugo Cabret è stata aperta. Due pellicole molto diverse e allo stesso tempo anche molto simili: l’opera del regista italo-americano gode del contrasto da favola moderna tra il 3D e la riscoperta del cinema delle origini che porta con se nostalgia e un certo romanticismo proprio come accade in The Artist. Senza nessun riconoscimento invece il film e il regista dominatori del Festival di Cannes 2011, Terrence Malick e il suo The Tree of Life non convincono l’Academy Awards che snobba così una delle pellicole più intense e affascinanti degli ultimi anni. A bocca asciutta pure due degli attori più amati di Hollywood, Brad Pitt e George Clooney, in corsa nella categoria miglior attore protagonista, sono stati superati dal “muto” Dujardin. Come molti hanno notato neppure quest’anno Leonardo Di Caprio è stato preso in considerazione nonostante un’altra prova di spessore in J. Edgar di Clint Eastwood, che non gli abbiano ancora perdonato il Titanic? Un altro attore sempre più in ascesa e che avrebbe meritato almeno una nomination è Ryan Gosling, visto sui grandi schermi in Drive e Le Idi di Marzo di George Clooney.
OSCAR 2012: I VINCITORI MIGLIOR FILM: The Artist MIGLIOR REGIA: Michel Hazanavicius – The Artist MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA: Jean Dujardin – The Artist MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA: Meryl Streep – Iron Lady MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA: Christopher Plummer – Beginners MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA: Octavia Spencer – The Help MIGLIOR FILM STRANIERO: Una separazione (Iran) MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE: Rango MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE: Woody Allen - Midnight In Paris SCENEGGIATURA NON ORIGINALE: Alexander Payne, Nat Faxon, Jim Rash - Paradiso amaro MIGLIOR COLONNA SONORA: Ludovic Bource The Artist MIGLIOR CANZONE: Bret McKenzie (“Man or Muppet”) - I Muppet MIGLIOR FOTOGRAFIA: Robert Richardson Hugo Cabret MIGLIOR MONTAGGIO: Angus Wall, Kirk Baxter Millennium - Uomini che odiano le donne MIGLIOR SCENOGRAFIA: Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo - Hugo Cabret MIGLIORI COSTUMI: Mark Bridges - The Artist MIGLIOR TRUCCO: Mark Coulier - The Iron Lady MIGLIOR SONORO: Philip Stockton e Eugene Gearty - Hugo Cabret MIGLIOR MISSAGGIO DEL SUONO: Tom Fleishman e John Midgley Hugo Cabret MIGLIORI EFFETTI SPECIALI: Rob Legato, Joss Williams, Ben Grossmann e Alex Henning - Hugo Cabret MIGLIOR DOCUMENTARIO: Undefeated di TJ Martin, Dan Lindsay e Richard Middlemas MIGLIOR DOCUMENTARIO CORTOMETRAGGIO: Saving Face MIGLIOR CORTO ANIMATO: The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore (2011): William Joyce, Brandon Oldenburg MIGLIOR CORTO: The Shore: Terry George / Tuba Atlantic (2010): Hallvar Witzø
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Una menzione speciale per due delle attrici più straordinarie del mondo del cinema: Meryl Streep e Glenn Close. Entrambe ancora sulla cresta dell’onda, ancora a contendersi un Oscar. Ha avuto la meglio la Streep che ha trionfato come miglior attrice protagonista grazie alla sua interpretazione di Margaret Thatcher in The Iron Lady, ben diciassette nominations e tre statuette, prima di lei solo altri quattro attori - Jack Nicholson, Ingrid Bergman, Walter Brennan e Katharine Hepburn - avevano ottenuto tre Oscar per le loro interpretazioni. La Hepburn è l’unica attrice ad averne ottenuti quattro. Il premio come miglior attrice non protagonista è andato invece a Octavia Spencer, per il ruolo recitato in The Help. Miglior attore non protagonista l’ottantaduenne Christopher Plummer, che ironicamente fa notare di essere praticamente coetaneo della statuetta vinta, per il suo ruolo in Beginners.
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Meritatissimo l’Oscar al miglior film straniero andato all’iraniano Una Separazione diretto da Ashgar Farhadi, purtroppo ancora una volta l’Italia non aveva nessuna candidatura, infatti, Terraferma di Crialese non è riuscito a entrare nella cinquina finale. Forse siamo ormai abituati a dare troppo peso a una premiazione di facciata come gli Oscar, buona per passare una nottata a mangiare patatine con gli amici, ma che non fornirà mai un quadro completo sul meglio del cinema dell’anno appena trascorso. Prendiamoli per buoni tanto per divertimento, lasciamo il cinema vero a chi se lo può permettere: i festival. E allora aspettiamo ancora qualche mese, con l’arrivo di Cannes a maggio (presidente della giuria sarà Nanni Moretti) e di quel cinema di qualità che i membri dell’Academy sembrano troppo spesso dimenticare.
E
EVENTI
L’università la Sapienza di Roma ha aperto SNN-Lab, un laboratorio con svariati dispositivi di costo elevato per aumentare lo scambio interdisciplinare e il trasferimento tecnologico verso le PMI
THREE MILLION DOLLAR NANOBABY
di Leo Sorge, @leosorge VoiceCom news 01.2012
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Macchine quasi invisibili progettate e realizzate a Roma? Ebbene sì! L’inaugurazione dell’SNN-Lab, il neonato laboratorio della Sapienza [Sapienzanano http://w3.uniroma1.it/cnis/], è stata sorprendente. Vedere insieme in una università italiana un microscopio elettronico SEM [http://it.wikipedia.org/wiki/Microscopio_elettronico_a_scansione], due microscopi atomici AFM [http:// it.wikipedia.org/wiki/Microscopio_a_ forza_atomica] e un sequenziatore di DNA per un totale di circa tre milioni di euro di macchinari diversi nelle nanotecnologie sono una bella sensazione. Riconosco che la funzionalità di fresa nanometrica del SEM che spara ioni di gallio mi ha fatto un certo effetto, vista la gamma 1-10 nanometri. Con lo stesso sistema, ma con materiali compositi, si riesce anche a saldare! Qui il dettaglio della strumentazione [http://w3.uniroma1.it/sapienzanano/index.php?main=attrezz&page=strument] La speranza è che i grafi sociali che circondano le apparecchiature possano creare intercompetenze e quindi concimare un humus produttivo che faccia da moltiplicatore e non da semplice somma per difetto. Anticipando il Nanoforum 2012 Sentire la convinzione Marco Rossi nel confermare le attività economiche sul Lab fa piacere. Vedere Sabrina Sarto presentare la ricchissima attività con ottimo ritmo e grande tatto è una bella cosa (Rossi e la Sarto al Nanoforum dello scorso settembre). Altri elementi istituzionali li riferiscono svariati quotidiani e anche l’Ansa [http://www. ansa.it/scienza/notizie/rubriche/tecnologie/2012/02/09/visualizza_new. html_76610231.html?idPhoto=1]. L’elemento a mio avviso determinante, senz’altro il più stupefacente, è stata la disponibilità dei professori nel raccontare, spiegare, dettagliare le loro attività all’interno del lab. Passione e disponibilità sono davvero insolite nell’università italiana, ancor di più a quel livello. Ci sono parecchi casi, certo, ma sono l’eccezione, non la regola. Beh, all’SNN-Lab della Sapienza ci sono parecchie eccezioni: i miei personali complimenti a Gulino, Belfiore e Sarto.
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Un dubbio m’è rimasto. Il lab è aperto alle PMI, ma io vedo poche possibilità nel Lazio e anche in Italia. Diciamo che per natura sono uno scettico. Certo non spetta al Lab in sé attivare la parte commerciale della filiera, e che ci sono altre vie (una per tutte, la Filas). Attendiamo le altre iniziative annunciate per l’area Sdo e per l’ex Regina Elena. Penso però che una comunicazione opportuna potrebbe aiutare. E allora proviamoci: serve affittare a tempo, con o senza operatore, un Sem, un Afm o un sequenziatore di genoma? Prego, cliccate qui: http:// w3.uniroma1.it/sapienzanano/index. php?main=attrezz&page=prenotaz La cerniera di Belfiore La mia maggiore curiosità è andata al SEM e ai lavori di Belfiore: il suo staff ha realizzato un nanomanipolatore di alcune decine di nanometri, utile per compiere operazioni meccaniche complesse su scala molto, molto piccola. Nonostante sia in silicio puro, flette di oltre 20° per lato, un ordine di grandezza più di quanto ci si potesse attendere. Questa caratteristica lo rende ancora più interessante. Non contento ho avuto un followup con Belfiore. “In realtà i brevetti sono due, la cerniera flessibile e la piattaforma filoguidata”, spiega Belfiore, “e nel brevetto c’è anche la versione 3D”. “Il brevetto del dispositivo riguarda la morfologia, non il materiale”, dice il responsabile d’area all’SNN-Lab; “l’idea del silicio è stata testata solo quando si è deciso di costruirlo con la tecnica fotolitografica”. Al momento i risultati sono estremamente incoraggianti ma sempre a livello di test di laboratorio, non ancora applicativo. I link ai brevetti: http://www.wipo.int/patentscope/search/en/WO2009034552 http://www.wipo.int/patentscope/search/en/WO2009034551
Prof. MARCO ROSSI Dipartimento di Scienze di Base ed Applicate per l’Ingegneria, Università Sapienza di Roma
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TAGLIA E APPENDI
LA MORALE DELLA FAVOLA
Storia universale In principio la terra era tutta sbagliata, renderla più abitabile fu una bella faticata. Per passare i fiumi non c’erano i ponti. Non c’erano sentieri per salire sui monti. Ti volevi sedere? Neanche l’ombra di un panchetto. Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto. Per non pungersi i piedi né scarpe ne stivali. Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali. Per fare una partita non c’erano palloni: mancava la pentola e il fuoco per fare i maccheroni, anzi a guardare bene mancava anche la pasta. Non c’era nulla di niente. Zero via zero, e basta. C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare, e agli errori più grossi si poté rimediare. Da correggere però ne restano ancora tanti: rimboccatevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti! *** “C’è lavoro per tutti quanti”, così si conclude questa fiaba. Peccato che oggi il mercato sia molto confuso e il lavoro sia ormai tutto da reinventare. Proprio così, “reinventare” e “reinventarsi” sono le priorità. E in questo la ricerca, la tecnologia e l’innovazione sono la chiave per costruire un nuovo e migliore futuro, all’insegna della condivisione. Imparare, conoscere, trasmettere devono essere alla base del nostro comune percorso, che sia individuale o aziendale. Quindi, per citare ancora Gianni Rodari, lasciamo le soluzioni politiche ai politici e noi “rimbocchiamoci le maniche”. da “Favole al telefono” di Rodari Gianni, Editore Einaudi Ragazzi
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Pillole
100”
L’ERA DEL LEONE DI MONTAGNA Niente più Mac nel nome Apple sembra intenzionata a ribadire che coi PC fa sempre sul serio
L’azienda AcquistiVerdi.it
ha promosso un concorso per giovani artisti dal titolo 100’’ per il consumo sostenibile, realizzato con il patrocinio dell’Associazione Giovani Artisti Italiani (GAI), dell’Associazione Giovani Artisti dell’EmiliaRomagna (GA/ER) e del Comune di Ferrara
I social network rappresentano sicuramente un mondo affascinante e pieno di spunti per tutti coloro che si occupano dell’ individuo e del suo comportamento. ~
Viber supera i 50 milioni di abbonati Stati Uniti e Spagna ai primi posti nell’adozione di questo sistema gratuito di chiamate
COCA-COLA LANCIA LA CAMPAGNA PUBBLICITARIA GLOBALE PER LE OLIMPIADI DI LONDRA 2012
I giovani invitati a partecipare al processo creativo alla base della campagna Coca-Cola Move to the Beat™
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Facebook non riesce a superare ~ la Grande Google introdurrà muraglia il proprio servizio di ~ Cloud Storage nei prossimi mesi ENISA: la risposta europea agli attacchi informatici
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Nel mondo sono più di 800 milioni le persone che possiedono un “profilo” sui più popolari social network, come MySpace, Facebook, Twitter Con tali numeri i social network sono una delle invenzioni più influenti dell’ultimo decennio.
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Sony e la ricarica a gettone Prese di corrente a pagamento sparse per la città, protette da password ed equipaggiate con tecnologia NFC. Il futuro dell’alimentazione elettrica visto da Sony
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L’INTERNET ECONOMY PORTA LAVORO IL PROBLEMA È CHE IN ITALIA ANCORA NON C’È È nato Metwit: social network per il meteo L’idea italiana per condividere le previsioni con tutto il mondo.
100” per il consumo sostenibile: concorso per artisti del video Potranno partecipare al concorso video della durata massima di 100 secondi, dovranno essere caricati su youtube e segnalati ad “AcquistiVerdi” entro il 31 marzo
GIAN GIACOMO MORA 7 MILANO
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