Quid est homo

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LUDOVICO POLASTRI

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Quid est homo (I)

"Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi?" (Sai. 8)

mo immersi costantemente durante la nostra esistenza e di cui nessuno, neppure gli scienziati,

a conclusione a cui in definitiva arriviamo è che nulla può essere definito come cer­

sanno dare una definizione precisa. Le quattro forze fondamentali che spiegano l'interazione tra i corpi e dunque la materia stessa, la forza

to, che noi ci muoviamo e siamo, di fatto, incompleti o forse non sufficientemente evoluti per riuscire a comprendere chi siamo e quale è il nostro ruolo nell'enorme disegno nel quale sia­

gravitazionale, la forza elettromagnetica, la forza nucleare debole e la forza nucleare forte (queste ultime caratteristiche che si manifestano solo dentro l'atomo) sono elementi non tutti corre­

mo giocoforza incastrati. Il salmista, attraverso il salmo 8, chiede lumi a Dio: "Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te

iabili tra loro. Di fatto, non essendo riuscita per ora la scienza a trovare il legame che unisce que­ ste quattro forze, non siamo in grado di spiega­

ne curi?". Una domanda che ci porta ad affronta­ re un lungo viaggio, interrogandoci fino nel no­ stro profondo inconscio.

re come mai i fenomeni fisici che si manifestano nell'infinitamente piccolo seguano leggi diverse da quelle che caratterizzano il mondo sensibile in cui viviamo. Se un oggetto nella realtà tangi­

L

Realismo relativo Materia, Spazio,Tempo. Tre concetti in cui sia-

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bile può essere collocato nello spazio con cer­ tezza conoscendone la sua velocità, nella realtà subatomica ciò non è possibile; per il principio di indeterminazione di Heisemberg dobbiamo

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scegliere se conoscere la sua posizione o la sua velocità.

La teoria delle supercorde tuttavia ha una struttura concettuale così profonda e complessa

Einstein non riuscì a trovare una teoria unifi­ cante, una teoria "del Tutto", nonostante vi avesse dedicato diversi decenni della sua vita rivelatisi,

che siamo ancora ben lontani daN'averne piena padronanza. La sua matematica è così compli­ cata che finora non se ne conoscono neppure le esatte equazioni, ma solo delle approssimazioni

tuttavia, infruttuosi. A quei tempi la forza debole e quella forte non erano ancora state scoperte ma egli trovava già insopportabile l'esistenza di due forze distinte, gravità ed elettromagnetismo.

risolte parzialmente. Si ipotizza uno spazio ad undici dimensioni, molto difficile da far accettare alla nostra limitata mente e soprattutto da speri­

Nel frattempo furono scoperte le altre due forze, il che rese ancor più difficile l'impresa. Verso la fine degli anni'60 però gli americani Weinberg, Sheldon, Glashow e il pakistano Salam

mentare. Secondo Ohno, ricercatore giapponese, an­ che la struttura del DNA degli esseri viventi ri­ chiama quella di uno spartito musicale. Egli ha

idearono un modello matematico che descri­ veva la forza elettromagnetica e quella debole come aspetti di un'unica "forza elettrodebole". E'

cercato di convertire ognuno dei quattro nudeotidi dell'acido desossiribonucleico (A,G,T,C) in due possibili note in chiave di violino: A in do-re,

ormai certo anche che al crescere della tempera­ tura la forza nucleare forte si indebolisce, avvici­ nandosi per intensità a quella elettrodebole. Ma, per osservarne l'unificazione, bisognerebbe rag­

G in mi-fa, T in sol-la, C in si-do. Pur essendo que­ sto codice musicale carente di alcune delle note (4 contro 7), sfruttando ripetizioni e combinazio­ ni di questi segmenti musicali si possono otte­

giungere la fantastica temperatura di 10 miliardi di miliardi di miliardi di gradi centigradi. L'ultima forza rimasta, la gravità, continua ad oggi a sfug­

nere sequenze musicali molto simili a suonate di Chopin, ma anche valzer e mazurche. Forse la materia è fatta anche di vibrazioni musicali, forse

gire all'unificazione. Nel 1984 Witten, Green e Schwarz proposero una nuova teoria fisica, la cui innovazione scien­ tifico-matematica risiede nel concetto di "corda".

è per quello che la musica ci rilassa, ci eccita, ci trasforma. Di fatto non sappiamo di cosa è costi­ tuito l'essere umano: la definizione di materia ci sfugge pur essendone composti.

Secondo questa teoria, se potessimo esaminare le particelle fondamentali, come i quark e gli elet­ troni, con un "ingrandimento" centomila miliardi

E anche sulla concezione di spazio e tempo, nei quali siamo immersi, le idee non sono chiare. Con Einstein si è realizzato un grande cambia­

di volte maggiore di quello che ci è dalle tecnologie attuali, scopriremmo non hanno una forma sferica ma sono da minuscole linee o anelli sottilissimi

permesso che esse composte in conti­

mento nel modo di pensare circa lo spazio e il tempo: l'equazione della relatività stabilisce che se la massa dei corpi in movimento varia a secon­ da della velocità, allora nuove dimensioni dello

nua vibrazione. La teoria afferma che le proprietà delle particelle osservate, comprese quelle che veicolano le forze, sono il riflesso dei vari modi in cui queste microscopiche stringhe possono

spazio-tempo vengono definite dalle interazioni della massa variabile con il campo di energia. Per Einstein spazio e tempo non sono più quantità assolute e distinte, di valore primordiale come

vibrare, come corde di una chitarra. Anziché pro­ durre note musicali, però, ciascuna delle possibili vibrazioni ci appare come una diversa particella.

aveva supposto Newton, ma intrinsecamente relative, per cui lo spazio non è assolutamente distinguibile dal tempo; sono gli eventi di inte­

Così l'elettrone è una corda che vibra in certo modo, il quark una corda che vibra in altro modo, il fotone una corda che vibra in altro modo ancora, e così via. Le interazioni

un un un tra

razione tra energia e materia che determinano dimensioni variabili dello spazio-tempo nell'uni­ verso. Sembra quindi che lo spazio-tempo si com­

particelle diventano allora fusioni e scissioni di corde. Semplificando al massimo, potremmo af­ fermare che le particelle sono le note prodotte

porti come un "fluido virtuale" rispetto al quale può essere definito il moto di un corpo isolato. Persino lo spazio vuoto (anche se, è bene ricor­

dalle vibrazioni delle microscopiche corde e che l'universo è musica, energia vibrante.

darlo, il vuoto assoluto non esiste) ha una sua specifica struttura geometrica. Allo stesso tem­

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po però è la materia a dare allo spazio-tempo la struttura geometrica che osserviamo, e quindi

arrivare alla metà della distanza tra lui e la tarta­ ruga; ma se si suppone di poter dividere un seg­

esso non è indipendente dal suo contenuto. Pur­ troppo le distorsioni dello spazio-tempo, funzio­ ni della velocità a cui sono soggette le masse dei corpi in movimento, generano inammissibili pa­

mento dello spazio all'infinito, Achille non potrà avere altro che un tempo infinito per raggiunge­ re l'infinitesima suddivisione della distanza che lo separa dalla tartaruga.

radossi logici a tutt'oggi irrisolti. Il più famoso è il cosiddetto paradosso dei gemelli. Trattasi di un esperimento mentale in cui si suppone che uno dei due gemelli resta a terra e

Il paradosso dei gemelli, come quello del­ la tartaruga irraggiungibile, evidenziano come alcuni ragionamenti scientifici, apparente­

l'altro naviga nello spazio ad una velocità che si approssima sempre più a quella della luce; dato che C=S/T, se la velocità dell'astronave aumenta,

mente coerenti, portino a conclusioni para­ dossali. Sono esempi che restano perciò una sfida alla ricerca di nuovi modelli concettuali di revisione del ragionamento scientifico pre­

il valore del tempo sull'astronave deve diminui­ re, deve cioè rallentare il ticchettio dell'orologio del gemello in volo rispetto a quello del gemel­ lo rimasto a terra. In tal caso, quando il gemello

cedente che, pur sembrando per molti aspetti logico, applicato rigorosamente, diviene irra­ zionale anche nei riguardi del senso comune. Un evidente errore comune ai due paradossi

volante torna a casa, trova il fratello molto più vecchio di lui. Lo stesso effetto si otterrebbe se il gemello viaggiasse in prossimità di un buco nero

della tartaruga ed Achille ed a quello dei gemel­ li consiste nel trattare entità quali lo spazio ed il tempo come assolute, e poi pensare di render­

che, data la sua enorme gravità, ne rallenterebbe il tempo. Questo tipo di concetto non è nuovo: basti pensare al paradosso di Achille e la tartaruga

le relative tra loro. Ogni entità infatti, per esse­ re considerata assoluta, dovrebbe anche essere assolutamente distinta dalle altre e quindi non potrebbe poi essere relativizzata. Secondo alcu­

formulato da Zenone d'Elea (480 a.C.), che impe­ diva al veloce Achille di sorpassare la tartaruga perché, prima di raggiungerla, avrebbe dovuto

ni scienziati, poiché la nostra mente deve scin­ dere gli eventi nella loro successione, ne deter­ mina anche lo scorrere temporale, scorrere che

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non esisterebbe se fossimo in grado di percepire l'insieme delle informazioni che ci arrivano con­

non fornisce una misura oggettiva ma "elastica", soggettiva, diversa da individua ad individuo,

temporaneamente. " Vi è una grave discrepanza tra il flusso del tem­ po della nostra esperienza e le teorie scientifiche,

pur avendo una costanza individuale. Nei malati di Parkinson, per esempio, si verifica una perdita dell'accuratezza nella stima del tempo; questa distorsione viene curata somministrando so­

mirabilmente esatte, del mondo fìsico per le quali il tempo è fermo... c'è qualcosa di difettoso, sconcer­ tante, che va risolto" (K. Popper). Il paesaggio cambia, mutano le forme, gli

stanze come la dopamina. H. Bergson riteneva il tempo della esperienza soggettiva costruito dal­ la mente. "Il mondo non fluisce, esso semplicemen­ te è" (Weyl). Anche per la logica buddhista tutto

uomini invecchiano e muoiono. Che la terra di­ venga ed il tempo scorra appare evidente osser­ vando gli stessi strati geologici, i fossili; tuttavia paradossalmente, scientificamente, tutto è fer­

è senza il fluire del tempo, senza estensione spa­ ziale; nascere e morire è un'illusione; è illusione la stessa paura di morire (Buddha). I mistici, da

mo! La discordanza, ora insolubile, tra l'esperien­ za quotidiana e la "mirabile certezza" (Einstein) scientifica del tempo non fluido, bloccato, pare verrà risolta abbastanza presto dalla fisica post­

sempre, vivono questo mondo come illusione, vocazione oggi anche della fisica moderna. Già si può intravedere a questo punto, con la sola fatica scientifica, quel limite temporale che

moderna. Si è arrivati ad ipotizzare dunque il tempo fermo, il block time. La mente è strutturata così

da tempo è patrimonio conoscitivo dei mistici. Quando il tempo viene tagliato, da questo pun­ to, che potremmo dire un punto di crisi, di sin­

da percepire il mondo esterno in modo diver­ so da quello che è in realtà; i colori, i suoni non esistono esternamente, essi sono il risultato di elaborazioni mentali: vibrazioni esterne ven­

golarità, irrompe l'aldilà manifestandosi come "contemporaneità del principio e della fine". For­ se il tempo è solo una vasta contemporaneità. Lo scorrere è soltanto al livello della nostra attuale

gono visualizzate o sonorizzate nella mente; la molteplicità delle cose pare sia fornita dal nostro meccanismo conoscitivo là dove l'universo è uni­

coscienza che vive nelle cose. Secondo l'imma­ gine indiana, il tempo non è come la freccia che parte da un punto per arrivare ad un altro ma è

tario, non frammentato. Forse la mente non è lo strumento adatto per descrivere il mondo. I neurofisiologi sanno che il cervello è una macchina che trucca il tempo, pare possieda una

come l'acqua del lago nel quale solo la superficie increspata dal vento cambia continuamente. Il lago sembra mutare ma in realtà l'acqua, e spe­ cialmente l'acqua profonda, non muta e tutto è

prospettiva del tempo diversa dalla regola dello svolgersi ordinato: causa-effetto, stimolo-reazione. Il cervello reagisce a stimoli esterni non per­ cepiti, ritarda o anticipa il dato della esperienza

compresente. Per questa via si scopre il tempo "sacro", quello dell'aldilà. Ecco perché il calenda­ rio romano era presentato dai "pontificies"e dopo di loro fu presentato dal "rex sacrorum", proprio

cosciente, gioca con la simultaneità, proietta gli eventi all'indietro nel tempo. Gli eventi soggettivi temporali vissuti più o meno velocemente sono

perché il tempo di là, qualora venga percepito da noi, è cosa sacra che appare ed avvia alla nostra salvazione.

il prodotto interpretativo del cervello. E' quanto afferma anche la "legge di Weber", dal nome del fisiologo tedesco che, introno alla metà dell'800, notò che la variabilità della misura del tempo nei

La conclusione in definitiva a cui arriviamo è che nulla può essere definito come certo, che noi ci muoviamo e siamo, di fatto, incompleti o forse non sufficientemente evoluti per riuscire a

singoli individui dipende da un coefficiente di variazione costante: ognuno di noi ha una scala del tempo che è simile sia che si misurino inter­

comprendere chi siamo e quale è il nostro ruolo in questo enorme disegno nel quale siamo gio­ coforza incastrati. Il salmista attraverso il salmo 8

valli di breve durata sia che siano più lunghi. In sostanza la scala del tempo sembra esse­ re scritta su una specie di "regolo", di nastro, che può venire disteso per far sì che abbracci ogni in­

chiede lumi a Dio: "che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi?". La risposta tuttavia non arriva. Una domanda a cui la religione non è mai riuscita a dare una

tervallo di tempo, dai secondi ai giorni. Il "regolo",

risposta, una domanda inevasa che ci porta ad

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interrogarci fino nel nostro profondo inconscio. Non solo. A queste considerazioni si aggiunga il

za che possa essere affermata come certa, al di fuori di ogni immagine esterna fallace, di ogni

fatto che la nostra esistenza si svolge in una zona dell'universo con limiti fisici ben definiti, confini che i matematici ed i fisici hanno cercato di tra­ durre in equazioni, ipotesi, verifiche sperimenta­

condizionamento biochimico, di ogni limite per quanto riguarda il numero delle nostre cellule cerebrali e via dicendo, è l'esperienza del nostro esistere: l'esperienza di “esserci". Questo elemen­

li. E' noto ormai a tutti che la velocità massima esistente è quella della luce e che oltre questo limite non è possibile andare perché, spiega Ein­

to pare sia l'unico che permetta di aprire uno spiraglio alla speranza di conoscere qualcosa di sicuro. "C'è verità solo nell'esserci e nell'esistere del

stein, una resistenza si oppone sempre ad un movimento. La velocità della luce trova dunque la sua definitiva resistenza in quel punto che ac­

mondo", ci ricorda Heidegger. E'vero che anche questa esperienza ha la sua base biologica, biochimica, tuttavia noi sentiamo che il fatto di "esserci" è un fatto profondamente

consente una velocità di circa 300.000 chilometri al secondo, che è la massima raggiungibile nel nostro universo o, come ipotizzano alcuni cosmologi, nell'universo che noi abitiamo.

vero, disarticolato dai mediatori chimici del no­ stro corpo o dal numero di cellule cerebrali. Dall' interno di questa radicale esperienza comune a tutti gli uomini, esperienza che parte dall'"es-

Questa ulteriore realtà sarebbe ancora una realtà materiale, pur con un concetto di materia diverso dal nostro attuale, una materia più sot­

serci" si muove un grumo psichico che si svolge ed appare rivestendosi, alla fine, dell'immagine simbolica. Il simbolo, in qualche modo, raffigu­

tile, che potrebbe ulteriormente sottilizzarsi, e così all'infinito sempre più in là dell'aldilà attra­ verso i superamenti dei vari limiti di equilibrio. Le cose che vediamo non sono l'immagine vera

ra e racchiude in una immagine nota, perché mutuata dall'esterno, questa interna esperienza deN'"esserci". In ogni caso si può dire pertanto che, attra­

e reale dell'universo, ma solo una densificazione, un simbolo, le cui apparenti dimensioni spazio­ temporali sono pure scientificamente crollate perché legate a sistemi di riferimento e dipen­

verso questa via, si affondano le proprie radici nell'essere. E'come se, da una matrice profonda, una energia psichica si mettesse in azione, pro­

denti dal loro stesso movimento, come ci è stato recentemente dimostrato. L'uomo è dunque inserito in quello che può essere chiamato, usando un concetto di Max Muller, un "realismo relativo". Non potendo dun­ que essere certi dei dati immediatamente forniti dal mondo esterno, si presenta abbastanza pro­ blematica la speranza di conoscere i dati fondamentali di questo mondo, e più problematica ancora quelli di una eventuale realtà non visibile,

prio nel momento in cui mi accorgo di"esserci"e me ne stupisco: "esplosione della mente" (Milarepa). Energia che sento operante e che si riveste di una immagine per potersi presentare alla ribal­ ta del nostro conoscere. Immagine certamente mutuata dall'esterno, legata ai contenuti cultura­ li dell'epoca dalla quale l'immagine è stata presa a prestito; tuttavia immagine idonea ad espri­ mere la misteriosa esperienza dell'"esserci" ed a ricondurci all'essere. Ogni percezione, pensiero, emozione, azione, veglia, riposo, sogni, illusioni e

sia pure attraverso la sua immagine simbolica. Ed allora, in questa totale frana conoscitiva, che cosa resta come dato sicuro di conoscenza? Cosa resta in definitiva all'uomo se le immagini ester­

quant'altro sono cose vere, non tanto per il signi­ ficato, sempre discutibile che racchiudono o per il traguardo, sempre opinabile, cui mirano, ma sono vere in quanto oggettivamente esistenti.

ne non reggono, se anche il contenuto di verità dell'immagine simbolica viene compromesso?

Ciò che è comunque importante sottolineare è l'energia psichica originaria, quella che è mes­ sa in moto nel momento in cui ci accorgiamo di

Esistere: l'unica certezza dell'uomo

esserci. Questa energia psichica è infatti concreto autonomo, condizione della maturazione, probabilmente della nostra evoluzione. Essa appare alla coscienza e

L'unico dato conoscitivo, forse l'unica certez­

ne resta affascinata come se la coscienza fosse

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il dato nostra stessa questa


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immersa nel sacro, nel "numen", "visitata dagli dei": "la verità dell'essere è la dimora dell'uomo"

Studiosi moderni, storici delle religioni legano il senso, l'esperienza dell'esistere unitario all’idea

(Heidegger). L'esistere non è una struttura tra le altre, ma è la condizione stessa delle strutture, fondamento unitario sul quale si manifestano le diverse modalità dei fenomeni. "Nell'universo

del cosiddetto sacro. Oggi si parla di esperien­ za del sacro quando stupito, meravigliato, im­ provvisamente m'accorgo di "essere al mondo" nell'esistere unitario dell'universo:"mysterium fa-

è impossibile pensare alla separazione tra le cose" (Hoyle). Tutto l'universo, sassi , vegetali, anima­ li, uomini, sono sostanzialmente "essere unitario

scinans". Sacro come fatto mentale, non dunque posto al di fuori ma emergente dal fondo inson­ dabile dell'esistenza stessa. I teologi sono spiaz­

che è la vera realtà" (Upanishad). Noi apparteniamo all'esistere come le onde appartengono al mare. Non c'è nulla fuori dall'esistere. Non possiamo uscire o separarci dall'e-

zati. Forse, per vivere, a noi basta quel poco di penetrabilità nel mistero che è possibile e que­ sto, con ogni probabilità, è anche troppo per noi. Attraverso di noi, quindi, con lo strumento della

sistere totale dell'universo come le onde non possono separarsi o uscire dall'oceano. Neppure per un istante l'albero ha esistenza a sé, autono­ ma: la pioggia bagna le foglie, il vento scuote le

interiore intuizione, potremo arrivare alla com­ prensione, all'esperienza dell'essere. Viene così sperimentata una realtà più pro­ fonda, immutabile, a-temporale, alla quale si ar­

fronde, il suolo lo nutre, le stagioni, la luce, il sole, la luna, svolgono il loro compito nel vortice dei molti influssi legati all'essere unitario. Chi è per­

riva dolcemente, senza sbalzi, gradini o fratture, senza l'esperienza della morte; si apre all'espe­ rienza una realtà più vasta, o meglio è lo spiri­

venuto a comprendere la totalità dell'esistere "è qualcosa di più di sé stesso", "pensa più di quanto pensi" (Lévinas). "Per l'uomo la cui consapevolezza abbraccia l'universo, questo diventa il suo corpo"

to che prende coscienza della sua reale natura, aprendo orizzonti illimitati. La realtà non è più illogica, fratturata, avulsa dagli schemi del mon­ do. Il nostro spirito, pur nella maggiore o minore

(Govinda). In questa profondità, superata ogni dimen­ sione limitata, ci ritroviamo nel comune dato

densità, risponde ad una armonia totale, della quale noi siamo sereni cittadini sia nel denso che nel sottile, sia immersi negli inferi dell'universo,

sostentatore di tutto l'essere, che del resto ci riguarda anche personalmente. Il dato lumino­ so dell'"esserci" ci permette dunque di superare tutti i limiti, e permette altresì di radicarci in un

sia nel cielo terzo di cui parla S. Paolo scrivendo a quelli di Corinto, ove udì "parole ineffabili, le quali non è lecito ad un uomo alcuno di proferire". Diceva Confucio: "Poiché il cielo mi ispira, nes­

vasto fondamento esistenziale di verità, l'unico sentito direttamente come tale. I simboli, i loro significati, le religioni hanno un ruolo, non tan­ to di verità, perché essa è mistero impenetrabile,

suno può nulla contro di me". Dunque a questo punto non ha più senso parlare di oggettivismo contrapposto ad un soggettivismo. Nella realtà è

quanto piuttosto un ruolo vitale. I simboli reli­ giosi servono, cioè, per poter vivere in attesa di morire.

Ludovico Polastri È laureato in ingegneria mecca­ nica all'Università di Brescia. Ha conseguito la specializzazione post lauream presso il Politec­ nico di Milano e effettuato corsi di specializzazione in ambito: Produttivo, Certifi­ cazione dei Sistemi Qualità e Ambientali Azienda­

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vero che ci sono distinzioni di comodità discor­ siva ma, alla radice, la sostanza è unica ove tutte le distinzioni sfumano ed i paradossi trovano la loro conciliazione.

li, Organizzazione e Gestione Aziendale. Ricopre da molti anni ruoli di responsabilità in ambito tecnico, produttivo e impiantistico per conto di importanti realtà aziendali. Si occupa inoltre di aspetti normativi e legali inerenti la sicurezza e la prevenzione sui luoghi di lavoro. Ricercatore in­ dipendente e giornalista free lance, collabora per diverse testate giornalistiche.

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