Il restauro del verde II

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POETICA DELLA RINASCITA DAL DEGRADO

“Quando si parla di giardini è bene trascendere la geometria piana e includere nella nostra meditazione una terza dimensione. Poiché l’uomo giardino per vocazione scava la Terra e interroga il Cielo. Per possedere non è sufficiente disegnare e sarchiare, bisogna conoscere intimamente l’Humus e sapere il corso delle Nuvole. Ma per l’uomo giardino c’è ancora una quarta dimensione, mi riferisco a quella metafisica e tale dimensione non può essere ignorata dal restauratore”. M. Tournier 111


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Premessa Ed ora il suo genio Dove son io? Sovvertito dall’empia mano della grezza follia, In cui come un lume sussurra antica la via, Ascolta e ricrea il paesaggio. Ora la sua grotta fatata ha pareti di verde È forse è seme questo naturale passaggio Dove di vita ogni foglia, fiore o radice arde Nel silenzio del natural velo A sprazzi s’apre il cielo Dove son’io… …La memoria è manifesta se celata nell’arte.

Villa Taranto, il giardino del capitano McEacharn.

Il Giardino ritorna come realtà correlata all’architettura Tra cornice, atmosfera e realtà a sè il giardino ritrova il suo carattere e volto in continua trasformazione. Come ogni volto può essere sfigurato ma anche contemplato e reso venerabile dal tempo e dall’arte di cui la mano dell’uomo è un fattore correlato. È la carta di Firenze a dettare i termini per riconoscere il valore vivo di un giardino e gestirlo consapevolmente come Bene Culturale. Il suo aspetto è il risultato di un continuo equilibrio fra il movimento ciclico delle stagioni, dello sviluppo e del deperimento come polarità dei cicli naturali, è la volontà d’arte e d’artificio che tende ad eternizzarne lo stato. Il valore internazionale di applicabilità della carta è il risultato di un profondo e discusso lavoro d’equipe tra professionisti, cultori, studiosi a conoscenza di quel filo comune a cui si può rimandare l’idea d’ogni giardino, del concetto di patrimonio in cui diverse fasi e interventi concorrono per la sua tutela e conservazione. 113


Come per ogni opera d’arte il senso di magia in un giardino permane fresco anche di fronte alla mano del tempo poiché in seno alla natura si allieta ogni discordanza. Nel giardino ci si trova davanti a un organismo vivente “Che si evolve e cresce tra le risolutezze, diventa giudizioso con l’età. Nessuno dei suoi aspetti successivi non è mai un semplice prolungamento del precedente, ne abolisce quello a vantaggio di una creazione più perfetta”205 Al restauratore compete una sorta di verde discernimento che comprende tante professionalità in cui l’intelligenza è ponte alla sensibilità, la conoscenza non ostacola la scoperta immediata o la smentita, la scienza si avvalora anche dell’intuizione come strumento. Tra l’eternità della pietra e la frugalità del fiore il tempo del giardino richiede e riunisce diversi estremi dell’animo umano. “Qui non si tratta più di scegliere fra i giardini dell’intelligenza e quelli della sensibilità, ma di analizzare per avere il tempo di comprendere. Fra l’eternità – sia pur relativa – della pietra, e la fugacità del fiore, il tempo del giardino richiede ambizione e modestia, pazienza e passione”206 “Quando si parla di giardini è bene trascendere la geometria piana e includere nella nostra meditazione una terza dimensione. Poiché l’uomo giardino per vocazione scava la Terra e interroga il Cielo. Per possedere non è sufficiente disegnare e sarchiare, bisogna conoscere intimamente l’Humus e sapere il corso delle Nuvole. Ma per l’uomo giardino c’è ancora una quarta dimensione, mi riferisco a quella metafisica e tale dimensione non può essere ignorata dal restauratore”207.

Restauro dei Giardini Modus storicizzazione e valori da salvaguardare, posizioni teoriche e questioni pragmatiche. S’insegna a vedere il giardino, come realtà complessa, ricca d’elementi, connessioni e rimandi, in cui evolvono architettura, idraulica, scienze naturali e umane e, nei secoli XVII- XIX, poesia e pittura. Risvolti poliedrici e multidisciplinari confluiscono nella storia del giardino, in cui lo studio e la ricerca abbracciano un’ampia gamma d’iterazioni volte ad utilizzare strumenti filologici adatti per comprendere la varietà e l’unicità dei diversi territori in sinergia e cooperazione tra loro. La genesi del giardino trova punti in cui s’incontrano, si confrontano e si fondono elementi di culture diverse. La tutela e la conservazione di tali sfumature s’inserisce nel continuo processo di creazione che nel giardino si svolge giorno per giorno, stagione per stagione, fino a raccogliere la memoria di secoli e di molteplici generazioni, in tal evoluzione si comprende la necessita e l’importanza che offre una continua e appropriata manutenzione quotidiana (vegetazione, apparati idraulici architettonici e artistici). Con il XVIII secolo emerge nel trattato di Dezallier d’Argenville, La thèorie et la pratique du jardinage, edito a Parigi nel 1739, la formulazione di un concreto approccio alle operazioni di restauro, necessarie per il mantenimento e la conservazione di un organismo complesso e articolato quale il giardino nel suo reale epiteto di forma d’arte e di vita.

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B. Teyssèdre,L’art au sècle de Loius XIV, Paris 1967, p. 128. M. Mosser, G. Teyssot, L’architettura dei giardini d’occidente dal rinascimento al Novecento, 1990, p. 525. 207 M. Tournier, le Vent Paraclet, Paris 1977, p. 293. 206

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Tale formulazione emerge grazie alla maturata esperienza dei grandi parchi barocchi. Essa rivela un risveglio di coscienza nell’evoluzione che corre tra antico e moderno e le scelte che ne derivano sono specchio del seme che porterà ad un profondo mutamento sociale e culturale. Il riflesso di tale specchio è deformato da repentine trasformazioni quali distruzioni, rimaneggiamenti, manipolazioni, decontestualizzazioni, a scapito del giardino originale e della memoria in esso posta. Elementi tipici del giardino del Settecento Tale memoria si trova anche raccolta (da Dezallier d’Argenville, 1739). negli edifici architettonici e in ogni bene d’utilizzo. Poiché mutano le esigenze degli utenti e i valori a cui essi si rimandano. Sorge un indipendente parallelo tra la storia dell’architettura e quella del verde di cui l’architettura stessa si circonda, trovando così un’estensione del suo impatto estetico e culturale. Gli interventi del primo Novecento sono volti a riportare una presunta autenticità attraverso una radicale sostituzione delle componenti viventi. La storia del giardino raramente è tramandata come prevista all’origine, la percezione e l’osservazione si trasformano contemporaneamente alle attenzioni pratiche rivolte al giardino stesso, peculiari per ogni epoca. “é ragionevole che ogni estetica e teoria delle arti s’interroghi sul ruolo che gioca il tempo nel nostro approccio ad un’opera d’arte, se Kant ha ragione, ogni opera d’arte essendo oggetto di percezione instaura un rapporto particolare con il tempo” U.Eco Tempo è il mezzo attraverso cui accade la dinamica del processo creativo. “Il giardino è il risultato di un processo che interagisce con una pluralità di valori, a partire da quelli del paesaggio urbano o extraurbano di cui esso fa parte. Conservare un giardino significa tener conto di questa dinamica e di questo sistema d’iterazioni. Preservare, o, se necessario, riscattare quell’equilibrio che il tempo della nostra memoria stabilisce nel confronto con la realtà, misurando il tempo degli uomini con il tempo della natura. Per questo occorre acquisire il massimo della conoscenza del sistema e delle sue singole Palissade, e disposizione dei viali a raggiera (da Dezallier d’Argenville, 1739). parti[…]”. Il fascino dello scorrer del tempo si ritrova nel liberarsi della vegetazione dalle forme topiate a cui l’uomo la costringe, e le statue si vestono di licheni divenendo ancor più parte del giardino.

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“[…]Di contro, occorre sfatare un luogo comune sui tempi diversi delle componenti materiche del giardino, sul concetto di durata. Perché la vegetazione può addirittura sopravvivere al costruito, può dominarlo, rimodellarlo, distruggerlo. Alberi pluricentenari, alberi che si riproducono anche quando il giardino è distrutto insieme all’edificato, dimostrano come il principio della durata sia un parametro labile e controverso”208. Dai paesaggisti settecenteschi ai contemporanei, le forme si esprimono nella compenetrazione delle stesse, Brolo di Nomio, veduta generale del una sorta d’entropia vegetale dove gli elementi si giardino nella parte verso l’ingresso spogliano degli ornamenti e rivelano un disegno ancor attuale. Le forme topiate ancora definite più pregno e intenso poiché più vicino alla natura e sfuggono alle geometrie per via della loro lenta, ma inesorabile crescita. Per avvalorato dal tempo. preservarne le forme è necessario, Il novecento dunque sperimenta una volontà a ritrovar almeno una volta all’anno, la pura origine attraverso la ricostruzione e la pregnanza riprenderne i motivi della forma, alterando irrimediabilmente il valore della . (da Caramellino, 1987). trasformazione subita dal giardino nel tempo, il divenir della natura porta ad allargare ogni aspetto teorico volto a guida di una sana conservazione. Qual è la natura autentica del giardino se il suo vestito muta continuamente anche per opera dei radicali interventi da parte dell’uomo? Si riconosce come ogni tempo pone come veritiero e assoluto il suo approccio. Ogni trasformazione riformula riferimenti e modalità di agire. Ciò è più evidente nel giardino a causa degli infiniti fattori che esso comprende in cui è la vita stessa a modellare e a modellarsi. Ampliando (così come è avvenuto nel corso del Novecento) la conoscenza che deriva dal contatto tra la natura e i tempi dell’uomo, il rispetto e l’azione da parte di quest’ultimo sarebbe spontaneo e in perfetta sintonia, rinnovando, risanando, ripulendo con una continua attenzione agli equilibri formatisi tra l’insieme e le singole parti che compongono il giardino. L’uomo e la natura non trovano limiti precisi in cui relegarsi, ma s’intessono in una reciproca creazione, dove le contraddizioni ritornano complementi e il tempo dell’uomo è dilatato, accolto, protetto, nascosto e manifesto dalle forze della natura. La forza delle piante non conosce ostacoli. Qui nei resti del Tempio Massonico presente nel parco di villa Genero a Torino, sambuchi, betulla, arbusti, edere e rovi hanno colonizzato il tetto del Tempio dominando con i loro apparati radicali le volte e le murature.

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Giusti, 2004, p. 12.

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Materia compositiva Il giardino è una composizione polimaterica, la spontaneità della natura si estroflette al tempo dell’uomo. La forza e la fragilità al contempo si esprimono nei continui mutamenti che il giardino subisce e genera, in tale ottica si comprende la dinamica ciclica a cui è soggetta la materia del giardino e il tempo d’attivazione necessario per renderla una realtà matura e completa in se stessa. Tale tempo coincide con quello previsto dall’artefice e nel crescere il timbro con cui si è eseguito emerge sempre più (a patto che si segua una Una busto di terracotta fa capolino manutenzione idonea). Quali sono tra le yucche innevate del mio giardino. allora i punti con cui riconoscere un’opera in continua trasformazione? Da qui nasce il tracciato che segue la conservazione per risalire alle regole e ai principi del processo costruttivo e avere la giusta prospettiva dell’evoluzione incorsa nel tempo. Evoluzione che può passare attraverso numerose sfumature d’intervento: manutenzione, aggiornamento, arricchimento del patrimonio vegetale, aggiustamento, rinnovamento, metamorfosi, adeguamento, trasformazione, alterazione per citarne solo alcuni; su questi punti svolta la storia che un giardino racchiude e attraverso cui un giardino si è mantenuto, accresciuto, tramandato, trasformato, degradato, abbandonato, perso. Gli alberi dunque sorgono come elementi portanti del giardino completati da specie arbustive e fiori di durata annuale. Ecco che si svelano i molti ritmi che scandiscono il giardino, i vari livelli di materia e di elementi che si esaltano a vicenda.

Giardino del National Trust, The Courts Whiltshire: fase invernale fase estiva. La stessa veduta ripresa in tempi diversi evidenzia un fattore silenzioso ma inesorabile nello scandire il ritmo del giardino: le stagioni.

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Vi sono dunque linee fondamentali di elementi costitutivi il giardino fisse e da conservare, e altre da sostituire e abbattere per necessità di ricambio. Inoltre impianti statuari e architettonici costituiscono lo sfondo per la vegetazione che vi partecipa per il suo naturale divenire. Vi sono fin nella fase progettuale punti fissi in cui stabilire le distanze, le altezze, le distanze, la crescita e i volumi della vegetazione coinvolta o impiantata, alfine di rendere armoniose le parti naturali con quelle artificiali. L’illuminismo apre con questo approccio un limite di possibilità ben più ampio, dove simmetria e disordine partecipano all’armonia d’insieme. Il giardino si inserisce nella campagna e i fabbricati stessi arricchiscono il paesaggio proprio attraverso i loro giardini. Così la natura offre a chi sa coglierli infiniti artifici e giochi di effetti, forme e colori; gestire tale prolifica tavolozza rapportandola agli edifici e alle parti costruite propone fin dal Seicento nuovi sbocchi progettuali da realizzare, che sfumano in concezioni sempre più complementari alla natura stessa. Dall’impianto prospettico si delinea un giardino aperto al paesaggio e con esso connaturato. Le geometrie dell’uomo completano le asimmetrie della natura, e gli artisti coinvolti aprono continuamente nuovi orizzonti. Pietre e piante rispondono tacite al genio dell’uomo, tra di esse si completa la sfera dove il giardino acquista significato. Per leggere la trama bisogna conoscere il tessuto, parametri botanico-artistico-culturali sono necessari per discernere punti essenziali entro cui avviene la continua metamorfosi del giardino e svolgere una corretta conservazione.

Quale autore?

Fasi di trapianto nella maniera antica.

Gli aspetti pratici e le mansioni da svolgere all’interno di un giardino creano fin dal Seicento un coordinamento tra le varie competenze, alcune con molteplici specificità Giardiniere: gestione e conoscenza specie arboree. Architetto: organizzazione spazio e progetto generale. Pittore, Scultore, Scenografo: ornamento. 118


Per creare un buon giardino, ricco e completo è necessario un continuo scambio di pareri e impressioni da parte di specialisti coinvolti, se tali voci agiscono in armonia si può rendere più elastico, sano e aderente il progetto da eseguire; come ogni opera gli imprevisti non mancano mai. L’arte del giardino è un’arte che richiede profonde cognizioni in più ambiti operativi: dalla manovalanza alla scienza, dalla botanica all’ingegneria, dal simbolico all’estetico. Si riconosce come gli aspetti conservativi di un giardino antico siano legati alla manutenzione quotidiana e alla presenza fisica di uno o più uomini. Tale ampliata coscienza sorge fin dalla metà del Settecento ad opera di Blondel nel parco di Mably. Blondel svincola maggiormente i giardini dagli edifici, permettendo un più libera coesione con il paesaggio, l’ inscindibilità nel rapporto con l’architettura costruita e resa comunque necessaria per tutelare il giardino da future manomissioni e stravolgimenti. Se il giardino è la somma spontanea degli elementi artificiali umani e degli elementi naturali, le parti non solo risultano coese tra loro ma si inseriscono perfettamente nel contesto che le accoglie.

Esempio di come Dezallier d’Argenville valutava la conformazione del sito atto ad ospitare i suoi interventi (da Dezallier d’Argenville, 1739)

Dezzalier d’Argenville fornisce le prime riflessioni sul restauro del giardino in seno alla cultura barocca tra fine XVII e inizio XVIII. Egli esprime la necessità per cui un giardino deve mantenere i caratteri, lo spirito originario che l’ha originato.Si comprende come i motivi che davano origine ad un impianto mutassero con il tempo, di pari passo con la cultura, la religione, le esigenze, le mode della società. Dezzalier d’Argenville come uomo nel suo tempo e ben consapevole che i valori di un’epoca stavano rapidamente cambiando, consapevole delle perdite che organismi complessi e fragili come i giardini di fine Seicento avrebbero subito.

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Un uomo concreto come Dezallier d’Argenville sfata ogni idea del Seicento come secolo astratto e lezioso, e fornisce la sponda d’azione in cui da un lato si libera il giardino di tutte le alterazioni subite, dall’altro lato si fonda un approccio diretto con la realtà del giardino, se ne osservano tutti gli aspetti, i fenomeni, i mutamenti che ne determinano la durata e l’evoluzione. Vi è dunque un primo distinguo tra l’idea nostalgica del ciò che era e l’approccio diretto. Nel suo trattato Teorie et la pratique du jardinage, del 1739, si raccolgono i punti essenziali su cui fondare gli aspetti conservativi aldilà della continua trasformazione subita attraverso il tempo e la natura.Il giardino è arte, un’arte complessa, poiché raccoglie e distribuisce diversi saperi, un’arte preziosa poiché qualificata da componenti vive, in cui passato e presente sono le sorgenti per una definizione futura.Sotto questa ottica il giardino diviene un essere che gode dei suoi ritmi, in continuo assesto e movimento. In d’Argenville i punti attraverso i quali si opera e si discerne il campo d’azione sono la volontà di far sopravvivere l’impianto per tramandarlo ai posteri nella sua integrità (tracciati, opere idrauliche, strutture murarie, architetture vegetali), presa di coscienza dello stato di fatto in cui versa il giardino e il rilievo di ogni suo punto e dell’insieme. Si delineano le operazioni da eseguire per consolidare il preesistente e limitare al minimo le trasformazioni. Dezallier dunque apre il campo per un sano intervento privo di stravaganze o rifacimenti ad alterazione del sito. Il tempo diviene elemento in cui il progetto matura e si concretizza (20 o 30 anni sono necessari per la crescita di determinate specie arboree). Dezallier innova poiché con lungimiranza propone interventi non prevaricanti, ma piuttosto volti a esaltare gli elementi presenti. Non si escludono nuovi inserimenti, ma di piccola portata e semplici tali appunto da raccordarsi con la parte antica ed esaltarne ancora di più la sua importanza Tale senso di neutralità e sensibilità di intervento manifesta uno spirito d’osservazione e un’intelligenza da cui scaturiscono azioni mirate e consapevoli di liberare l’armonia presente in un giardino antico, senza escludere quella forza necessaria a donare determinazione all’intervento e conoscenza delle sue molteplici trasformazioni. La pittura di paesaggio diviene la fonte per progettare i nuovi giardini; in concomitanza con il declino del giardino regolare, troviamo una nuova dinamica nel generare nuove forme e impatti visivi. “Dove la vegetazione rappresenta il fluire della memoria, di cui si tende a fissare la dinamica evolutiva, dal tempo naturale della de-formazione a quello ideale della tran-sformazione”209. Pittori di giardini quali Jean Honorè Fragonard, Hubert Robert si ribellano alle forme regolari e geometriche del giardino rinascimentale e barocco, le piante si spogliano di ogni artificio umano compenetrandosi con la circostante e spontanea natura. Il ruolo chiave di tale de-formazione si ha con la mancanza di manutenzione e l’abbandono che molti giardini formali subiscono, tale fenomeno offre spunto e studio a ricercatori e pittori che con approccio diretto imparano a gestire il libero disporsi della natura quando lasciata a se stessa. Hubert Robert (1733 - 1808) ricuce in modo eclettico ogni spunto raccolto, componendo giardinipaesaggio che racchiudono costruzioni, monumenti antichi, rievocazioni raccolte in un nuovo modello interpretativo della natura e del passato dell’uomo210. Emerge così una cultura archeologica, integrativa degli spezzoni di storia mancanti. Tali ricerche mettono in moto nuovi modelli di intervento, in cui si comprende come il tempo a volte conservi ogni cosa sotto i depositi della natura, si ampliano i parametri evocativi da cui attingere, le tecniche si raffinano e i giardini si fanno specchio di tali fermenti all’alba dell’Ottocento.211 209

Giusti, 2004, p. 41. Hubert, infatti, si interessava anche delle operazioni di restauro eseguite da Bartolomeno Cavaceppi su sculture antiche e menomate, raffinando le sue conoscenze per poi applicarle ai futuri sviluppi del suo percorso. 211 “È, infine, da quel museo di rovine all’aperto di cifra piranesiana, qual è il paesaggio romano del settecento, […] che Robert sembra trarre l’idea di continuità; il tempo della natura e il tempo della storia diventano i paramentri sui quali lo stesso Robert imposterà il suo intervento di restauro paesaggistico a Versailles” cfr Giusti, 2004. 210

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Tra pittoresco e conservazione Vi sono nuovi orizzonti all’alba del Settecento dove ritrovare la nuova concezione del giardino, tra cui la rinnovata identità storica, una nuova visione del mondo e della pittura. La figura di Vanbrugh212 rompe con la tradizione barocca ed immagina una più matura idea di conservazione e di rispetto per gli impianti stessi. È il caso del castello di Howard, dove la necessità di mantenere i ruderi medievali si manifesta in un nuovo sentire, evocato dalla storia stessa e dal vissuto del castello. Vanbrugh riconosce tali aspetti e il valore della memoria ad essi legata e per essi si schiera, disapprovando apertamente le volontà incuranti a mantenere intatti tali antichi luoghi, consumati nel loro valore estetico e per ciò condannati.

Sir John Vanbrugh,ritratto realizzato da Sir Godfrey Kneller, 1704-1710 ca. (National Potrait Gallery, Londra); sistemazione delle mura medievali operata da Vanbrugh. Castle Howard, Yorkshire (da Colloquio internazionale sulla storia della conservazione dei giardini, 2005).

Vanbrugh rivitalizza tali luoghi ispirandosi alla pittura e al paesaggio. La vegetazione può, infatti, colmare le ferite del tempo, ed esaltarne l’importanza. Ecco che il rudere non è più solo tale, ma è un testimone riconosciuto di epoche remote; macchie verdi, tassi, agrifogli, colmano le lacune estetiche; la pittura di paesaggio può, infatti, raccordare con armonia gli elementi naturali e quelli edificati utilizzando un senso estetico più allargato e profondo213. Tali esperienze si associano agli scritti contemporanei di d’Argenville e di Roger le Piles214. Quest’ultimo enuncia i punti attraverso cui si può apprezzare un paesaggio, dove la campagna curata indica prosperità e le rovine elevano il pensiero immaginandole al tempo del loro splendore215.

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Sir John Vanbrugh (1664-1726). Similitudine con il Boni, che come si vedrà più avanti, si affida alla vegetazione per colmare le lacune dei resti archeologici. 214 Cours de Peinture par Principes, Parigi 1708. 215 “Il paesaggio è un genere di pittura che rappresenta le campagne inclusi tutti gli oggetti che vi fanno parte[…] un grande ornamento sono le costruzioni gotiche, oppure quelle che sembrano disabitate e quasi in rovina” da Giusti, 2004. 213

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Il senso di appartenenza ad una terra si fonda proprio su questi aspetti vasti e sublimi, e tali son da preservare dalle contraffazioni (che non comunicano allo stesso livello) attraverso il rispetto e l’integrazione. Gli scenari sempre diversi della natura esaltano i riferimenti edificati che l’uomo ricorda e a cui si ispira (anche per superare le continue prove della vita)216. La pittura si rivolge alla sfera dei sensi; Ruskin comprende quanto può anticipare gli effetti ottici e fissare i punti salienti dove natura e monumento si equilibrano a vicenda aprendosi a natural giardino217. È la coscienza di un passato che si rinnova nel presente, grazie sì alle intuizioni di individui quali Ruskin e Vanbrugh, ma anche al contesto epocale, in cui il fermento scientifico si dipana in ogni direzione. La trasformazione è l’elemento vitale in un giardino, in cui la sottile e dinamica unità si rigenera grazie alla forza vegetale e alla John Ruskin manutenzione, operazione che nel pittore di paesaggio può venir (1819-1900). emendata dalla sua componente emozionale e divenir creativa, trasfigurando gli elementi presenti nel giardino attraverso la propria sensibilità. Tali elementi sono l’argine attraverso cui si modula l’atto creativo e tutelano dal completo rifacimento di un giardino. Secondo Paul de Lavenne, la composizione di un giardino è più una questione di assemblaggio che di invenzione, l’arte dei giardini, non deve distruggere, ma migliorare; il progetto si adegua creativamente al contesto ambientale e non viceversa218.

Verde figurato La complessa fenomenologia che caratterizza un giardino e gli elementi in esso presenti è pregna di valori concatenati: dal valore estetico a quello pratico, dal valore materiale a quello simbolico, dal valore scientifico a quello ludico, il variare di uno si ripercuote anche sugli altri di riflesso. Ogni particolare aspetto contribuisce a fare del giardino un’opera d’arte, a cui molti artisti si riferiscono per ispirarsi e definire il loro linguaggio. La rappresentazione che si ispira al giardino diviene documento o astrazione, spunto o rielaborazione, testimonianza capace di fissare l’istante di un opera mutevole e incerta sul futuro. Il patrimonio documentato di vedute e proiezioni topografiche, testimonia e rivelano i passaggi attraverso cui si è evoluta la concezione del giardino e le sue realizzazioni (collezioni Andre Perelle, Israel Silvestre, le lunette dipinte da Giusto Utens, le incisioni di Piranesi moltissimi sono i casi di raffigurazioni dirette o indirette del giardino). Tali documenti ci mostrano oltre alla varietà territoriale e ai diversi modi di realizzare impianti anche gli istanti di cui il giardino si veste e spoglia continuamente, arrivando a fornire indicazioni utili per tracciare il percorso evolutivo di un giardino e realizzare un progetto di restauro, che si avvale di fonti incrociate, istantanee di diversi momenti e punti di vista. Ecco che allora conoscere l’approccio e lo spirito con cui nascevano le immagini del giardino fornisce gli elementi per un margine di approssimazione di tali fonti dalla realtà. La presenza di fonti dettagliate non può comunque dare il via libera a riesumazioni integrali di giardini scomparsi. Poiché si priva il giardino di tutti quelle vicissitudini non registrate e non documentate che comunque fanno parte della sua storia e lo caratterizzano nel presente .

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Attraverso le rovine si comprende che il tempo è un fattore indomabile, con cui l’uomo può cooperare per godere dell’eredità ricevuta e tramandarla a sua volta. 217 M. Ruskin, Sesta Lampada, XVI 1849. 218 Paul de Lavenne, Art des jardins, 1863.

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“La memoria iconografica ha dunque condizionato notevolmente la visione del giardino, al punto da identificare la stessa realtà con la sua immagine”219 fugace ma perpetuabile nel progetto di restauro220.

Sussurri remoti L’evoluzione della storia del giardino sorge ben oltre i limiti della storia conosciuta. Il più puro dei piaceri umani viene mitologicamente individuato come all’origine del mondo e in diretto rapporto con le sue vicissitudini. Ecco che a metà del Settecento nasce la necessità di tracciare una storia del giardino come conoscenza della memoria passata e come punto fondamentale per il superamento della stessa. “Il mio proposito non è dettar legge in fatto di giardini, ma raccontar la loro storia”221 e permetterne un nuovo manifestarsi attraverso l’idea di paesaggio. Ricercando le trame attraverso la storia e le epoche, Walpole descrive i giardini dell’eden, di Alcinoo, di Babilonia, di Plinio e di Adriano fino al paradiso irregolare di Milton222. Vi è un nuovo raccordo tra l’antico e il moderno, si riscoprono elementi sopiti dal tempo e dimenticati che aprono gli orizzonti di una natura più libera, dove l’irregolarità equilibra e completa i canoni del giardino formale, superandone i limiti e conquistando una piena maturità. Rievocazioni di giardini scomparsi attraverso simulazioni e immagini sono un primo tentativo di comprendere la visione degli antichi in tale materia; le funzioni, i simboli evocati, l’estetica e le conoscenze utilizzate per avvicinarsi a tali remote espressioni nascono ben consapevoli dell’ampio apporto fornito dall’immaginazione, dovuto dalla scarsità di documenti e di fonti attendibili. Dalla storia emerge naturale un confronto con lo stato attuale, tale confronto è come un pozzo da cui attingere le possibilità esecutive, gli elementi con cui formare la composizione, che si fonda appunto su una più profonda conoscenza223. Da qui le possibilità evocative non trovano più un limite canonico ristretto, ma spaziano in tutte le sfumature riconosciute aderendo a un modo d’essere unico, raccordo di stile, territorio e tempo in cui si va a creare il giardino. Nel corso dell’Ottocento si chiarisce il percorso della storia del giardino: ritrovamenti archeologici, viaggi, trattati, scoperte botaniche e molti altri fattori fanno riemergere il filo che ricompone realtà sepolte dai secoli; alcune di queste realtà si riescono a ricostruire fin nei minimi dettagli, arrivando a scoprire quali piante e come venivano piantate ad esempio nell’antica Roma o in Egitto (a volte l’immaginazione arriva a indovinare o intuire dettagli storici ancor prima che vengano scoperti). Oltre a tali fronti nell’Ottocento si delinea l’idea del giardino come monumento, tramite per trasmettere valori di memoria e conoscenza, in questo secolo si raccolgono attraverso il fermento delle scoperte tutte le esperienze passate per consegnarle cronologicamente intatte al futuro224. “Rispetto ai tentativi tardo-settecenteschi di proporre una dimensione storica nella lettura del giardino, quelli del secondo Ottocento si avvalgono di una pluralità di fonti eterogenee”225 frutto sia dei trattati, delle rappresentazioni, e della scoperta di documenti più antichi, sia dell’avvallo di scienze botaniche e archeologiche più raffinate. I libri sulla storia dei giardini (Andrè, Lefeure, Mangin) hanno spesso come fine quello di fornire un valido apporto alle operazioni di progettazione ed esecuzione. 219

“[…] memoria di una realtà istantanea, mai uguale, mai più riproducibile”. Giusti, 2004, p. 64. 221 Walpole 1768 (1991), p. 64. 222 Giusti, 2004, p. 70. 223 “Sono qui sottese le principali aporie nella memoria del giardino: la rappresentazione di opere scomparse, da ricostruire sul filo delle fonti e la soglia della loro verosimiglianza” Giusti, 2004, p. 72. 224 La ricerca storica avviene oltre che per intuito con la scansione di fonti letterarie e riscontri diretti, come le scoperte di Ercolano (1709-16) e Pompei (1748), nelle quali i giardini apparvero minuziosamente dipinti. Possono così affiorare elementi costituenti un giardino dimenticati o scomparsi (labirinti, ippodromi, boschi sacri, luoghi segreti). 225 Giusti, 2004, p. 75-76. 220

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“Il quadro di riferimento diviene il metodo analitico proposto da Viollet le Duc, che consiste nell’Analizzare, confrontare, classificare, e formare la propria vera storia, seguendo passo passo il percorso, i progressi, le trasformazioni dell’umanità”226 In questa ottica la conoscenza (diretta o pubblicata) del passato è l’argine attraverso cui scorre il nuovo progettare, guidato quindi dalle realtà preesistenti che ne stemperano gli eccessi quali rifacimenti o soppianti (alterazioni che snaturano l’armonia del giardino con l’ambiente). La varietà di esempi esistenti o testimoniati apre a una maggiore accettazione delle diversità con cui i diversi giardini si manifestano, già solo fattori quali cultura e ambiente generano se assunti come partenza giardini mai uguali, in cui possono coesistere diversi modi espressivi dell’arte del giardino (eclettismo conciliante).227 “Su queste basi si impostano due diversi filoni interpretativi del valore della memoria in relazione al contesto: da un lato il riscatto dei caratteri originali, delle tradizioni nazionali, che conduce verso l’affermazione dei principi ricostruttivi dei giardini regolari; dall’altro, la conservazione del passato come la ‘più preziosa delle eredità’[…] nell’impegno a conferire una ‘dimensione storica’ anche al dato ‘contemporaneo’”228

Tra invenzione e ricordo Il giardino come monumento viene elaborato ed espresso agli inizi dell’Ottocento; si riconosce, infatti, la continua fruizione e il forte impatto sul pubblico dei giardini aperti; i giardini privati sull’onda del crescente interesse si aprono ad un pubblico che riconosce nei giardini un riferimento per la vita quotidiana e un ristoro da quest’ultima. L’importanza di mantenere intatti tali luoghi sta proprio nel ridestarsi dell’interesse a livello popolare. Identificare il giardino come monumento comporta una crescita culturale che riconosce a tali luoghi una memoria da tramandare e un patrimonio da salvaguardare. Le trasformazioni che subiscono molti dei giardini del passato vengono eseguite a seguito di scelte non sempre affini al giardino stesso, in cui gli elementi presenti vengono inglobati e deviati secondo altre visioni.

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Giusti, 2004, p. 76. “Questo è il clima in cui si riconosce la natura topica del giardino, dove le fonti affastellano la frammentarietà delle informazioni dirette con la sintesi dei modelli, rispetto ai quali si viene a costruire l’impalcatura della storia”,Giusti, 2004, p. 77; da qui si comprende il miraggio che spinge a rievocare l’aura del paradiso perduto dei giardini dell’antico passato. 228 Giusti, 2004, p. 79. 227

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Le Cascine nascono come parco pubblico alla fine del ‘7oo, su progetto dovuto in gran parte a Giuseppe Manetti. “ La fine dei lavori coincise con l’assunzione al trono di Ferdinando III (1791-1799). Per l’occasione furono allestiti splendidi festeggiamenti della durata di tre giorni, con la regia del Manetti: l’enorme ‘macchina’ prevedeva danze, spettacoli pirotecnici, lotterie, una corsa di cavalli e…un enorme vulcano dal quale eruttavano fuochi d’artificio” (da Tagliolini 1990).

“I giardini regolari dell’antico stile potranno fondersi co’moderni, e si potrà approfittare di vari loro oggetti, sapendoli destramente variare e collegare, ma non potranno mai formar parte distinta de’ giardini naturali del moderno gusto”229 Dove ritrovare allora il principio della conservazione? Nella sempre più marcata capacità di integrare gli elementi “ereditati” con i nuovi spazi realizzati, un discernimento sempre più consapevole del valore degli spazi antichi fornisce diversi punti per far combaciare il nuovo con l’antico. Il continuo progresso nei fondamenti guida della cultura del restauro viene caratterizzato dalla moda imperante del giardino paesaggistico, che impedisce di riconoscere il giardino barocco come “monumento”230 da salvaguardare. Tale moda appunto non si esime da stravolgere, demolire e modificare particolari ritenuti discordanti. Il pieno rispetto si attua solo in vista di giardini di massimo livello e di perfezione artistica. Il passaggio avuto nel Settecento tra il realizzare impianti a carattere formale a giardini di tenore paesaggistico/informale comporta decise modifiche dei giardini esistenti. “La regolarità si manifesta nelle tracce degli antichi viali, nelle corrispondenze dei gruppi, nelle forme dei piani erbosi, nell’ordine e nella disposizione delle fabbriche.[…]..L’uniformità della cui piantagione, mai interrotta, malamente contrasta con le scene dalle quali è veduta, ed è veduta quasi dappertutto, rompe il legame del paese col giardino”231. Spesso il preesistente fornisce lo spunto per essere rimodellato secondo il nuovo gusto, mantenendo integri non tanto apparati scultorei e architettonici presenti, quanto elementi notevoli della componente vegetale integrati a livello botanico e dispositivo. 229

E. Silva, dell’arte dei giardini inglesi anno IX, 1801. “Da un lato gli sviluppi della Tutela davano consistenti fondamenti disciplinari alla cultura del restauro, dall’altro, l’estetica della natura libera, caricata di forti motivazioni ideologiche, impedì o almeno ritardò l’inserimento del giardino tra le categorie dei ‘monumneti’”, da Giusti, 2004, p. 93. 231 Silva, dell’arte dei giardini inglesi anno IX. 230

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Ecco che il tempo del gusto paesaggistico può costituire per gli impianti di epoca passata una sorta di arricchimento ed evoluzione o un totale rifacimento232; in Piemonte si hanno vari esempi di questi sregolati arbitri, con eccessi che passano da un aggiornamento dell’impianto esistente a una totale devastazione (si vedano i giardini della reggia di Venaria). Tra questi due estremi si collocano i diversi casi che mirano a creare un giardino di minor impegno manutentivo e di maggior impatto estetico. Le realizzazioni di Berthault si discostano dalla pratica di rifacimento là dove con un impianto a carattere paesaggistico non si riuscirebbe a migliorare l’impatto che suscita il preesistente; questo è un arbitrio che si fonda spesso sulla sensibilità e sul senso estetico del progettista e sulla sua capacità di regolare/adattare composizioni paesistiche a quelle regolari di antica creazione233. Di tali impianti spesso rimangono e si conservano gli esemplari arborei di maggior rilievo e coevi all’edificato stesso e tutti gli apparati tecnici e artificiali quali impianti idraulici, grotte, fontane, Gli interventi spesso propongono un infittimento della vegetazione, giocando su effetti ottici e prospettive. “Il processo di trasformazione delle preesistenze prende corpo su alcuni temi di fondo: -la conservazione del giardino regolare in diretto rapporto con l’architettura -la naturalizzazione della lontananza -la decontestualizzazione di manufatti e arredi”234

Esempio di giardino a carattere boschivo (da Ercole Silva, 1801, Tav XXXI).

I confini si infittiscono di innumerevoli esemplari a macchia boschiva. Nello scorrere delle epoche il giardino integra sempre più elementi (a volte a scapito di altri), per aggiornarne le parti e ridurre la manutenzione. Tale necessità è in linea con la forte espansione delle città per il boom industriale, i contadini divengono operai e la manutenzione una volta svolta da schiere di giardinieri perde braccia e forza lavoro. I giardini allora divengono pubblici e il loro carattere paesistico assume la qualità del parco, vero polmone per le città, espletando funzioni igieniche, estetiche, intermezzo naturale per la popolazione e per gli edificati sempre più densi e concentrati. 232

I livelli di modifica sono operati arbitrariamente spaziando da semplici aggiustamenti a complete demolizioni. Louis Martin Berthault (1770-1823) è autori di vari parchi tra cui i giardini a Roma del Campidoglio e del Plincio. Egli mira con talento a integrare elementi paesaggistici con quelli formali esprimendone la complementarità. 234 Giusti, 2004, p. 101. 233

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I resti del giardino Un giardino può contenere e incorniciare le opere umane. Manufatti, statue, architetture divengono parte del giardino stesso e spesso si sono verificati casi di dispersione o demolizione degli apparati artificiali ormai riconosciute come identità e parte del giardino, collocati secondo un preciso iter allegorico, culturale ed estetico. Altresì a volte si costituiva un giardino per integrare le parti mancanti o in rovina di edifici abbandonati o semidistrutti, la rovina così si attesta come testimonianza di un passato remoto e fruibile alle riflessioni dei visitatori. Oltre all’esempio della poetica di Ruskin e Vanbrugh, torna ad esempio la vicenda dei giardini di Venaria, i quali iniziano il loro declino proprio con la rimozione degli ornamenti della fontana di Ercole avvenuta all’inizio del Settecento.

La fontana di Ercole nel parco di Venaria, dimessa a partire dal Settecento (da Tagliolini 1994).

“Sono ,infatti, le statue ‘che ancora erano in uno stato mediocre, e conservavano qualche figura’ a essere recuperate e ricollocate in altri contesti, come testimonia Giacinto Bays, ‘Misuratore generale’ di casa Savoia, nella redazione dell’inventario del 1776, seguendo una prassi allora assai consueta, non soltanto nel contesto delle dimore sabaude”235 Rimozione e reimpiego seguono non solo l’iter della trasformazione del sito, ma anche della conservazione stessa. Quando il sito non può per sua natura garantire la sopravvivenza delle opere naturali o umane (o entrambe) in esso presenti, si attua l’incameramento all’interno di strutture che possano garantire un equilibrio stabile e una miglior conservazione (spesso si musealizzano opere a scapito del programma artistico-culturale per cui erano state create, ma se ne salvano le forme e l’integrità). Spesso si dà priorità alle parti che un giardino contiene e custodisce, piuttosto che al giardino stesso; ma allora il giardino è una realtà effimera che può essere smembrata e ricomposta a piacimento? 235

Giusti, 2004, p. 112.

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No, poiché una volta smembrata non può più essere ricomposta con la stessa armonia. La realtà del giardino è una realtà che si costituisce con le trasformazioni subite, è un raccoglitore vivente di molti ritmi biologici, artistici, culturali236. Il giardino è il tramite concreto con i valori più intimi dell’uomo e le forze della natura. Non solo ma il suo apparente essere effimero denota uno specchio del tempo in cui si vive. Pietro Porcinai affermava che: “Chi studia il paesaggio e impara a leggervi profondamente, da esso può conoscere e comprendere tutta la storia di un popolo, come se avesse un libro aperto dinnanzi agli occhi.”237

Il giardino come testimone del tempo “L’arte del giardinaggio, non solo crea di per sé, ex novo per lo spirito, un ambiente, come una seconda natura, ma arriva anche a trasformare il paesaggio naturale stesso e a tramandarlo architettonicamente come ambiente delle costruzioni[…] un parco non è propriamente architettonico, né è una costruzione edificata con oggetti, con liberi oggetti naturali, ma è invece un dipingere che lascia gli oggetti nella loro naturalità e si sforza di imitare la grande libera natura”238 Da qui si coglie la polarità correlata tra pittura e architettura, da cui il giardino assume i caratteri di parco. La coscienza del restauro e della conservazione sorge proprio dalla prospettiva che si ha del passato e il giardino antico può essere un testimone, poiché per ogni trasformazione ne rimane sempre una piccola traccia, fosse anche solo documentaria. Ogni giardino abbandonato o curato che sia, racconta, come racconta un’opera d’arte integra o suffragata appena da qualche frammento. Per la continua crescita delle piante e lo scenario vivente su cui si fondano gli elementi insiti nel giardino stesso, la sua composizione, lo stile o il sentimento che da questa trapela, noni può mantenersi immutato, si può però rinnovarne lo spirito attraverso dei punti cardine ritenuti originali a cui l’insieme si riferisce e tramandabili chiaramente al futuro. I giardini “non sono statici, bensì in incessante divenire e una volta portati a termine non si possono mai abbandonare a se stessi”239. Pena la perdita delle essenze che il giardino contiene e di ciò che il giardino suscita nel visitarlo. Conoscere un giardino abbandonato da anni è una sorpresa che comporta anche coraggio, poiché la natura come il tempo è inflessibile nel riprendere il suo esser selvatico (non comunque privo di bellezza).

236

“Dunque, una vicenda che potremmo definire ‘circolare’ perché espressione di una ciclicità di usi e funzioni, dove il giardino catalizza la conservazione del frammento, mentre il giardino stesso come unità di cultura, di storia e natura, soccombe ai processi di rifunzionalizzazione dei luoghi” Cfr Giusti, 2004, p. 114. 237 Devecchi, Volpiano, 2008, p. 17. 238 Hegel, 1972, p. 782. 239 “Puckler-Muskau, esprime nell’apposito capitolo, una sorta di ‘protocollo’ sulla manutenzione di una ‘creazione viva’, perché ‘la natura non è calcolabile a priori con matematica precisione”,mettendo bene in luce l’impossibilità di conservarne l’aspetto ‘originario’, poiché, non essendo ‘in grado di fornire un’opera immutabile e conclusa in sé[…] il tentativo di mantenere la nostra opera come era agl’inizi si risolverebbe in una grande e inutile perdita di tempo’”Da Giusti, 2004, p. 118.

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Alcune modalità con cui la natura riprende selvaticamente il suo spazio.

L’evoluzione del giardino, il suo essere presente e il riconoscerlo come risultato delle vicissitudini passate divengono gli specchi con cui si riflette la memoria, l’immanenza e il ponte che unisce cultura a natura. Prevale la natura nel parco, prevale la cultura nel giardino, tra questi due estremi (di un unico fenomeno) nascono opere uniche, di inestimabile valore, per la bellezza, i simboli, la varietà in essi racchiusi, rivelando la partecipazione dell’uomo anche nel crear se stesso attraverso la natura. Nell’ambito di pittura e architettura sorgono due approcci diversi e contigui, il parco come paesaggio a perdita d’occhio e il giardino come natura più intima e addolcita dall’uomo. Si riconosce una realtà che affianca ai giardini come espressione umana il costruito stesso. Ecco che allora un maturo approccio ottocentesco ripone la necessità di gestire gli edifici antichi in quanto monumenti e con essi i giardini attraverso il restauro e il ripristino. Ma quale autenticità può emergere attraverso il restauro? È indicativo che gli eventi che accadono all’edificio si ripercuotono sul giardino e in maniera più sottile anche viceversa poiché realtà legate a filo doppio tra loro, dove autentico è ciò che unisce l’origine con il vissuto del giardino. Il mantenere migliorando è una sorta di restauro creativo, che recupera da un lato e ricrea dall’altro. I giardini che ancora esistono sono testimoni alquanto recenti della nostra storia, ma importanti portavoce dei vari livelli d’iterazione e d’interpretazione che l’uomo può assumere nei confronti delle forze della natura, per quanto i risultati siano soggetti a continue alterazioni, sono importanti per ricordare che l’uomo non è separato dal contesto in cui vive e da cui dipende, e da questa ,comprensione può l’uomo, in seno alla natura, trarre importanti benefici per l’ambiente a lui più prossimo, per il mondo, e per le generazioni che vengono. “Era ovvio il desiderio di far sì che il passato si rispecchiasse per così dire in un quadro complessivo, tale da dare nuovamente risalto a tutto ciò che c’era stato una volta, migliorandolo quanto più possibile in concordanza con il suo scopo, rendendolo più attraente e collegandolo col nuovo senza fratture troppo stridenti”240

240

H. von Furst Puckler-Muskau (1834) 1984, p. 143.

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Il Restauro La natura per diventare familiare si riformula attraverso il giardino di valori in cui l’abitare dell’uomo è esteso al paesaggio241. “Dio onnipotente cominciò a piantare un giardino. È il più grande ristoro per l’anima dell’uomo, e senza dubbio senza il giardino tutti gli edifici non sono che costruzioni grossolane, tuttavia l’uomo giunge sempre a fare edifici maestosi più velocemente che bei giardini, come se l’arte dei giardini mancasse di una perfezione superiore”242. Pensiero complementare a quello del Bandinelli “Le cose che si murano debbono essere guida e superiori di quelle che si piantano”243. Oggi è una realtà di fatto, ma il differente rivolgersi alla natura proprio dei secoli addietro (che ancora persiste in alcune parti del mondo), non può essere dimenticato per via di un’abitudine che ignora quanto diverso e cangiante possa definirsi nel tempo l’approccio dell’uomo alla natura. Questa differenza per l’occidente, avviene durante e dopo le grandi guerre del Novecento, i territori, compresi i giardini raggiungono per forza maggiore devastanti “alterazioni” vuoi per necessità di sopravvivenza vuoi perchè campi di scontro e obbiettivi bellici veri e propri.

H. Bosh Trittico delle delizie, il paradiso terrestre (da l’opera completa di Bosh. Rizzoli, Milano, 1966).

L’aratura del Valentino in occasione dell’allestimento degli “orti di guerra” nel parco. Disegno di Italo Cremona (“Torino”, n. 4/1941).

241

“Ed è in particolare nel giardinaggio francese che Hegel individua il riflettersi dei principi architettonici, poiché esso ‘trasforma la natura stessa in una vasta abitazione sotto il libero cielo’” da Giusti, 2004, p. 117. 242 Francis Bacon XVI sec. 243 V. Cazzato?, p. 32.

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Dopo quest’onda distruttiva il restauro non riproduce più in stile, ma ricompone per donare unità e ripristinare gli elementi perduti e fondamentali nel riconoscere l’identità, sia del giardino, sia dei paesi colpiti dalla guerra. Il restauro emerge quindi come strumento per recuperare i danni provocati dalle distruzioni, ma i parametri con cui agire sono dal Novecento profondamente cambiati. Nel corso delle radicali trasformazioni urbane dell’800 si risveglia una nuova Orto di guerra in Villa Borghese, Piazza di Spagna, Roma. conoscenza delle eredità esistenti. Eredità non sempre lasciate intatte e che nel giardino si sono modificate attraverso i cambiamenti dei secoli e da cui solo alcune parti dei giardini riuscivano a uscirne indenni. (è il caso del parco di Maisons e dei jardin du Luxembourg a Parigi, dove nel ’700 l’abbattimento di piante secolari ne stravolse la metrica e il notevole pregio). L’800 invece ripristina e raccorda elementi antichi e regolari con inserimenti ad hoc finalizzati a colmare le lacune realizzati seguendo le mode del tempo244. Operazioni complesse e uniche da caso in caso, dove una buona riuscita e spesso dovuta al lavoro e alla sensibilità utilizzate per raccordare elementi tra loro anche discordanti. Lo sviluppo delle tecniche di trapianto e di florovivaismo si affina avvalendosi di tecniche d’avanguardia, che aumentano le possibilità di intervento ed esecuzione limitando la mano d’opera e tempi di crescita degli esemplari. Nel progetto di restauro, più elementi si riconoscono più riferimenti faranno da guida allo svolgersi dei lavori stessi. “Per meglio comprendere il metodo progettuale, occorre focalizzare l’attenzione sul rilevamento dello stato di fatto, che rappresenta per Andrè come gia per d’Argenville, il punto di partenza del progetto di restauro […] L’importanza del rilevamento del sistema, analitico e sintetico insieme, attento ai particolari della realtà esistente e inglobante, rivela il ruolo fondamentale che Andrè assegna ai fattori d’iterazione delle singole parti con l’insieme e con il contesto paesaggistico esistente”245. Il restauro dei giardini antichi trova così la sua fondante validità, scaturita dai molteplici elementi di cui è necessario avere padronanza senza escludere quel fattore di sensibilità che permette di cogliere anche gli aspetti più sottili e non strettamente architettonici o scientifici che un giardino custodisce. A ciò si affianca l’occhio d’archeologo innestandosi come strumento conoscitivo in cui scienza e intuito sono gli argini per un intervento ad arte, che ha per sua natura il compito di definire gli aspetti nascosti di un giardino.

244

I dettagli progettuali del tempo che riguardano gli interventi sui parchi francesi dell’Ottocento denotano una particolare attenzione alla preesistenza, integrando le “Numerose lacune arboree, mediante ‘ alberi simili che esistevano nell’antico parco’” da Giusti, 2004, p. 123. 245 Giusti, 2004, p. 125.

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Nel restauro di giardini si può agire solo sulla base di elementi certi, afferma Andrè, tali per operare verso l’unità e l’accordo dell’insieme architettonico e vegetale. Si disegna così una disciplina complessa e ricca di elementi da considerare, dove una realtà può comprenderne altre e le ipotesi venir stravolte o confermate da ritrovamenti e scoperte “ Il restauro dei giardini implica, infatti, una cultura ampia e specialistica, capace di coagulare il rispetto della storia, un’approfondita conoscenza dell’architettura e una lunga pratica delle questioni 246 orticole” .

Pavimento originale della Serra delle Palme nel parco Treves de’ Bonfili a Padova,ritrovato durante le prime operazioni di sondaggio a conferma delle ipotesi avanzate dalle fotointerpretazioni (da Cunico-Rallo,1997).

246

E. Andrè, 1876, p. 149.

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Sintesi delle principali tappe per il restauro della componente vegetale di un giardino storico (da Caneva 2005).

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La catalogazione del verde storico L’approccio ai giardini storici coinvolge più figure professionali, una costante manutenzione e una corretta tutela scaturiscono proprio dal modo d’interagire di tali professionalità coinvolte; se per la manutenzione il giardiniere può coprire il maggior numero di interventi necessari, per la tutela è necessario creare dei punti d’insieme su cui convergano le varie professionalità. Coordinare queste figure significa organizzare il lessico sul giardino storico. Per poter fondare questa attenzione è necessario ricordare, riconoscere la presenza delle orme passate, le loro conseguenze nell’attuale presente e per farlo ci si può dotare di strumenti quali l’inventario e la catalogazione. Nel 1978 nasce la proposta di schedatura PG- (parchi giardini) e PG/B- (parchi giardini con annessa botanica), in cui potessero rientrare la componente vegetale e la sua qualità in relazione al giardino o parco indagati. L’aspetto storico, cronologico, giuridico, climatico, pedologico e floristico di un parco o giardino viene attestato in apposite schede; oltre a tali aspetti è opportuno allegare rilievi topografici, fotografici e catastali, con cui definire la fisicità e il perimetro del giardino.

Esempio di una scheda PG/B compilata (da Caneva 2005).

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Le schede PG ePG/B sono avvalorate, alfine di essere complete e comprensibili, da studi e ricerche molto articolate che richiedono a varie professionalità un linguaggio comune con cui esprimere le diverse scansioni tecnico-scientifiche e le ricerche effettuate. Il redigere tali schede richiede risorse economiche che solo i grandi giardini possono permettersi, l’applicazione effettiva è appunto limitata dai costi necessari a sostenere le ricerche e dal tempo impiegato per completarle. Semplificare alcuni dei punti richiesti permetterebbe • Una maggiore ed allargata conoscenza delle entità verdi presenti • La qualità dello stato di conservazione e la distribuzione dell’esistente • Formazione di un archivio • Valutazione e monitoraggio della componente vegetale per la manutenzione e il restauro Tali raccolte fornirebbero sia una buona garanzia di tutela, sia possibilità comparative con cui approfondire maggiormente la realtà silenziosa del giardino; la consapevolezza con cui si avvicina e si rapportano le persone a tali entità può diventar sia strumento di insegnamento sia di benessere. È indispensabile perciò estrapolare i caratteri distintivi del giardino definendoli in modo chiaro e preciso. Per rappresentare un giardino è utile in tali schede, riferirsi alle sue parti fondamentali ed elementari percepibili visivamente, inserendo nel giardino stesso eventuali approfondimenti di carattere culturale proposti in termini semplici e accattivanti.

Il restauro del verde storico Il parallelo tra architettura e natura (che abbraccia così tante specialità e professioni) si rivela soggetto ad una continua alterazione, ad opera sia dei continui interventi manutentivi richiesti per la gestione del verde, sia dal variare degli usi a cui l’architettura viene adibita. Gli alberi come individui viventi e caratterizzanti l’essenza di un giardino, sono il manifesto con cui si riconosce la maestà della natura e la sua forza, che mette costantemente alla prova i suoi frutti. Gli alberi sono, infatti, soggetti, nella loro crescita ad attacchi da parte di animali, agenti patogeni, eventi climatici che spesso ne mettono alla prova la stabilità e la sopravvivenza. Fino al 1985 lo studio e i criteri d’intervento nel restauro della vegetazione si rivelano in maniera sporadica, indipendente e privi di ogni norma se non quella dettata dal buon senso, a cuì a volte non ci si rivolge. Con la pubblicazione di testi e lo svolgersi di corsi formativi si inizia ad orientare il restauro delle piante verso una maggiore coscienza delle necessità e degli interventi da eseguire, L’approccio diventa più diretto e mirato alle reali esigenze degli esemplari. Ogni intervento viene modulato dall’insieme stesso del giardino ed eseguito in accordo con esso, i singoli esemplari se secolari e partecipi del progetto originale possono rientrare in interventi protratti in più anni, con cui ristabilire le funzioni vitali e sanarli da eventuali attacchi o ferite di tipo climatico/animale.

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Fratture dovute a indebolimenti interni che privano l’albero della sua statica. Tra gli altri fattori, causa della rottura di intere branche di rami, è quello meteorologico (neve, vento forte, tempeste e uragani).

L’equilibrio tra conservazione e ripristino viene stabilito nell’immediato; se alcuni alberi sono irrimediabilmente deteriorati o pericolanti è bene abbatterli e sostituirli con nuovi esemplari, in ogni caso comunque si tende a riallineare il giardino con gli argini della sua evoluzione e della sua integrità. Gli interventi puntuali sono invece orientati a correggere le alterazioni del tempo, delle scelte deleterie, a riprendere la mancata cura colturale ripulendo il giardino dall’intrusione di improprie infestanti o dalle deformazioni arrecate dall’abbandono e dal proliferare sui tronchi di edere, marcescente, muffe e rami morti che oltre a compromettere la vita dell’albero ne compromettono l’aspetto e la statica. Riportare il giardino con un margine di sicurezza alla sua estetica è doveroso nei confronti di un senso più coscienzioso di vivere e condividere i tesori che a volte vengono lasciati a sé, quando dovrebbero essere patrimonio della comunità. Si incrementa l’omeostasi del giardino desaturandolo da un aspetto di abbandono e inselvatichimento in cui se lasciato a sé incorrerebbe. Rami spezzati dalla neve e per cause biologiche.

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Alle piante prese in esame si assegna una classe di rischio fotostatico (VTA- Visual Tree Assesesment) che ne definisce il grado di pericolositĂ , la frequenza dei controlli e gli interventi da effettuare sulle stesse.

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I parametri della FRC (Failure Risk Classification, Categorie di rischio predefinite) sottopongono gli alberi a una verifica della stabilitĂ mediante le stime offerte dalla VTA.

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Strumenti che prevengono tali alterazioni sono il monitoraggio puntuale, mediante il VTA (Visual Tree Assestment), della stabilità degli alberi, creando una mappa dei casi che necessitano d’intervento. Il VTA si determina in base al livello di alterazione che si riscontra nell’esemplare ed al grado di rischio TRO di cui si legga in tabella. La pianta viene considerata nel proprio insieme, valutandone gli apparati a seconda del grado di supporto che devono svolgere, dalle radici alla chioma. Eventuali dubbi sono soddisfatti con l’ausilio di strumenti anche invasivi quali microcarotatori e campionamento, venendo così a comprendere di quanto l’esemplare si sia discostato dallo sviluppo armonico in ambiente e quali fattori hanno causato tale di scostamento. In un giardino è bene monitorare periodicamente il grado di sicurezza, soprattutto quando questo sia aperto al pubblico e successivamente far procedere interventi di restauro estesi o mirati. Situazioni critiche di infestazione, sovrapopolamento, età avanzata di esemplari o discordanza tra varietà costituenti e varietà infiltratesi spontaneamente nel giardino possono venir così risolte a priori, attuando una sorta di manutenzione profonda e mirata alle reali necessità ed urgenze. Si comprende come il riferimento fornito dalla catalogazione sia utile per stabilire i casi da visitare periodicamente per valutarne lo stato di fatto. Se eseguiti con cura e regolarità questi interventi incrementano l’indipendenza di un giardino sanando alla radice i possibili problemi che rischiano, se lasciati all’incuria di degenerare in problemi di più complessa e onerosa soluzione. Come bene vivente il giardino è posto naturalmente sotto la selezione degli stessi fattori ecologiciclimatici che ne comportano lo sviluppo e la crescita. L’uomo può aiutare le piante a superare le prove del tempo247, a mantenere sani gli esemplari più antichi e rari e a rimpiazzare quelli decaduti nel corso delle stagioni con nuove e giovani speranze. Qui si ritrova un sodalizio tra conoscenze antiche e strumenti moderni con cui contribuire a tramandare un verde patrimonio.

Il famoso Castagno detto dei Cento Cavalli (Jean-Pierre Houël ca. 1777).

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rese più ardue dalle trasformazioni climatiche, dall’abbassamento delle falde freatiche e dall’inquinamento.

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Linee guida di tutela Nel corso del Novecento da una totale e deleteria incoscienza per la cura e il recupero dei giardini storici, si è passati ad elaborare documenti e riferimenti propositivi per la salvaguardia di tale patrimonio. Nasce così a seguito di un incontro multidisciplinare tra professionalità convergenti sul tema dei giardini storici, la carta di Firenze, in cui una serie di articoli definiscono i parametri per una corretta coscienza e conoscenza e definizione del giardino storico, non attraverso l’uso di canoni limitati e soggettivi, ma flessibili e universali. Ciò che accomuna ogni giardino è paragonabile a ciò che accomuna fiumi diversi: letti, terreni ,acque, portata sono variabili da fiume a fiume, ma comune è il loro inesorabile procedere verso il mare; così i giardini sono tra loro correlati, e tra le diversità di botanica, storia, cultura, geografia comune è il loro inesorabile procedere attraverso le stagioni e all’interno di un paesaggio istantaneamente definito anche nel corso di profonde trasformazioni. Ogni paese, ogni regione ha i suoi paesaggi, i propri giardini, spesso gioielli dei paesaggi, e ogni paese attua modalità conservative nel rapporto tra sensibilità e attenzione al verde, mutamenti paesaggistici e imprevisti che nella sfera della natura sono sempre abbondanti. La scelta delle modalità conservative, non sta tanto nella maestà o nell’età dei giardini, quanto nel coglierne la funzione culturale, pubblica, storica propria del giardino. Un giardino per non lasciare traccia di sé deve essere volutamente smantellato, diversamente ogni modifica o aggiornamento apportato con un minimo di sensibilità fa si che rimangano piccole tracce, nicchie, angoli illesi che raccontano la sua storia come finestre aperte sul tempo. “ tutte le categorie, tipologie riconosciute e codificate (giardini medievali, rinascimentali, barocchi, romantici, conclusi, formali, paesaggistici, all’italiana, alla francese, all’inglese, eclettici, esoterici) sono legate non solo a stilemi progettuali ed estetici, ma anche alla capacità delle singole specie di esprimere le esigenze del progettista o del committente, alla loro disponibilità e alle tecniche di conservazione”248. La consapevolezza nel considerare il giardino come opera d’arte, viene ripresa solo a partire dagli anni settanta del Novecento. S’impara a leggere come un libro il valore delle stratificazioni e delle compresenze di epoche e di stili, a volte sovrapposti, altre volte consequenziali determinando con precisione la sequenza e la svolta di precisi momenti storici. Da Viollet le Duc in poi si è sempre intervenuti nei giardini con diverse finalità, a volte anche di onesto recupero, travisandone però per buona parte la storia. Una chiara scansione degli eventi epocali denuncia non solo guerre, ma grandi e piccole opere, sogni e realtà hanno portato il mondo a evolvere in maniera creativa e dove spesso si distruggeva altrettanto spesso rinasceva. Questa è la forza della natura e quindi anche dell’uomo. I valori veri non sono solo echi sbiaditi, sono realtà a tutti accessibili attraverso il sentimento, il pensiero, l’arte, la pratica riversata in così tante opere di cui i giardini sono sicuramente le più sensibili, ma anche quelle a volte capaci di custodire testimonianze di uomini e realtà antiche, prive di quel frastuono e di quella velocità a cui oggi il mondo soggiace. Perché non dotare di questa velocità quei valori così antichi? Le ali della tecnologia renderebbero questo intero mondo un giardino. “ La tutela dei giardini non significa solo conservazione e salvaguardia finalizzate ad evitare l’alterazione e la banalizzazione, ma anche l’arresto del loro degrado e se possibile il loro recupero”249. Tale recupero significa per me anche ridare tono alle sapienti voci di un tempo, agli intenti di uomini che hanno creato opere degne di essere donate e tramandate nel mondo, negli anni.

248 249

P.Grossoni, in Caneva 2005, p. 280. P.Grossoni, in Caneva 2005, p. 281.

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Per ogni recupero è indispensabile conoscerne il contesto e il contenuto, vengono elaborate per questo schede rivolte al censimento di tale patrimonio, completo dello stato di fatto, delle modifiche subite di cui si ha testimonianza, delle fonti documentarie disponibili. I riferimenti forniti dalla carta di Firenze sono una traccia utile da seguire negli interventi di tutti i giardini storici, e non, del mondo, in cui si riconosca un valore insito nel giardino stesso, il giardino monumento, degno di una completa attenzione sociale, archeologica, culturale con cui stimolare sia la conoscenza, che l’usufrutto e la conservazione. La materia vegetale seppur componente essenziale si figura nei casi estremi sostituibile e rinnovabile, alfine di mantenere al meglio l’unità e la leggibilità di un giardino. Unità e leggibilità stimolano i sensi, offrono respiro alla quotidianità dell’uomo, polarizzano gli interessi culturali e turistici. Il giardino è frutto di lavoratori e ricercatori che sapevano ricollegarsi alla realtà naturale, fonte di vita per l’umanità stessa; in quest’ottica il giardino dona un dolce calore. Il giovamento che comporta curare il giardino lo conosce solo chi sa della differenza di qualità che passa tra le verdure asettiche dei supermercati e quelle fresche dell’orto. Non tutti oggi possono permettersi un orto, ma tutti potrebbero godere delle porte sempre aperte che si offrono a chi silenzioso sa ascoltare il giardino.

Materia viva

Le moderne modalità di trapianto hanno notevolmente ampliato le possibilità vivaistiche. I trapianti hanno fin da epoche antichissime caratterizzato in maniera puntiforme paesaggi, campagne, giardini e città.

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La materia vegetale è parte fondamentale della struttura di un giardino, acquista sfumature che variano a seconda delle specie utilizzate; se per sfruttamento, ornamento, potatura, ricerca, etc. La conoscenza delle varietà vegetali comporta anche la capacità necessaria a mantenerle, attraverso potature ben eseguite e non lesive per la salute degli esemplari; vi è così una sorta di programma da seguire per mantenere vitale e sana ogni specie inserita nel giardino. La manutenzione è a diretto contatto con la materia viva e agisce in funzione del percorso che segue quest’ultima per rientrare nell’insieme costituito dal giardino (seguendo così l’orientamento creato in fase progettuale). Importante risulta per la sana crescita di un individuo arboreo la modalità di trapianto, modalità che si è evoluta nel corso dei secoli attraverso tecniche orticole sempre più raffinate ed efficaci. “ Quasi sempre si deve procedere al restauro degli alberi quando si interviene in una proprietà abbandonata”250 afferma Goin Gressent, in cui le stagioni sono il ciclo di crescita o, nel caso del restauro, di ripresa di un esemplare. Occorrono molti anni per ottenere un bell’albero, elemento portante del giardino e della sua memoria. Agli alberi si affidano le linee guida

G. Gressent 1908, p. 570-579.

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Albero di ippocastano (Aesculus Hippocastaneum) infestato da piante parassita come appunto l’edera.

di ogni intervento volto al recupero del giardino: dice Gressent “bisogna tentare tutto per restaurarlo”251, concentrando le necessità sul recupero arboreo e su salvataggi estremi, alfine di eseguire un vero intervento di restauro. Potature mirate e coscienti e risanamenti possono far risorgere un albero con la sua bellezza, inoltre se antichi gli alberi divengono delle vere e proprie entità con cui l’uomo entra in dialogo, l’albero ha delle esperienze e in esso ogni vicissitudine è registrata, dal clima, ai venti, agli incendi, alle belle stagioni, alle siccità; le cose che un albero può testimoniare sono innumerevoli, la durata della vita dipende da specie a specie, da esemplare a esemplare, e dal bioritmo che in essi pulsa. “Quando un albero è stato segato e porge al Sole la sua nuda ferita mortale, sulla chiara sezione del suo tronco – una lapide sepolcrale – si può leggere tutta la sua storia: negli anelli e nelle con crescenze sono scritte fedelmente tutta la lotta, tutta la sofferenza, tutte le malattie, tutta la felicità e la prosperità. Gli anni magri e gli anni floridi, gli assalti sostenuti e le tempeste superate. […] alberi […] da loro si può anche apprendere molto sulla tipologia e l’età del terreno di coltura, sul clima e il tempo, così come sul significato dell’umanità”252.

Per un albero l’uomo è un essere in rapido movimento (come lo è per l’uomo la mosca), di cui si accorge solo quando rientra in un’armonia universale con cui agisce anche per sanare, curare, ammirare esemplari monumentali, o giovani germogli. “C’è poi un aspetto puramente archeologico nell’approccio al problema del restauro della materia vegetale, che consiste nella conservazione delle tracce materiche degli individui morti[…] Conservare la traccia vegetale che l’albero imprime nel giardino significa riconoscerne il valore di memoria, alla stregua di un’architettura aere perennis”253.

251

Gressent continua scrivendo“Occorrono molti anni per ottenere un bell’albero, e quando lo si trova radicato e già grande, è una buona fortuna per quanto possa essere in cattivo stato”. 252 H. Hesse, il canto degli alberi, 1952. 253 M.A. Giusti 2004, p. 129.

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Degrado e recupero dei giardini nel Novecento Il giardino affermatosi come monumento, specchio dei valori e della coscienza legata alla natura, si delinea con differenti sfumature da nazione a nazione, da regione a regione, ma la portata del fenomeno giardino è di risonanza continentale: una volta esauritasi la moda per il paesaggio e il giardino informale, si ritorna a Le Notrè e al gusto del regolare, anche per arginare quelle forzature a cui alcuni giardini più antichi e non considerati di ordine paesaggistico erano soggetti. Nel corso del Novecento, che esalta i rimanenti giardini regolari e ripristina quelli occultati dal sovrapporsi di tendenze discordanti tra loro, si indagano e riscoprono tecniche del passato, le tradizioni sono utilizzate in chiave moderna per correggere, ripristinare parti perdute o modificate. Lo spirito progressista del Novecento trova radice nel “restauro” dei parchi del seisettecento, in cui modifiche, smembramenti, dispersione dei parterre, dei teatri di verzura, degli apparati scultorei avevano sminuito l’idea di magnificenza che stava all’origine degli impianti. In Francia nel periodo post-rivoluzione furono devastati parchi e giardini, privandoli di molti dei loro ornamenti (gli unici a rimanere illesi furono il castello e il giardino di Vaux). “Il cambiamento del gusto, come causa ed effetto insieme dei profondi cambiamenti sociali, a cui seguì il periodo della rivoluzione, ‘con emigrazione, sequestri e rovina delle famiglie’. Da qui il dilemma: ‘Rimettere in efficienza o demolire?’ Ne segue che più di un proprietario, spaventato dagli enormi costi per i necessari restauri, si rassegnò a mettersi nelle mani delle ‘bande noire’, che vendette travature, Vaux le Vicomte. rivestimenti scultorei, marmi, rampe di scale[…] demolendo mirabili edifici e Giardino alla francese realizzato su progetto di Andrè le Notre e rimaneggiato da Henrì Duchène distruggendo capolavori”254. nel XIX secolo. Per i Duchene (padre e figlio, Henri e Achille), autori di numerosi interventi di ripristino, il restauro comprende elementi diversi da risolvere in funzione dell’epoca di origine. “Nel 1882, i Duchene si riallacciarono alla tradizione, ma modificandola, procendendo direttamente dall’architettura e dalle leggi della grande decorazione, e non, come tutte le scuole di questo periodo dell’orticoltura”255. Tale “attenzione” funge da guida a un’eccessiva arbitrarietà interpretativa, profilando così un restauro che tende alla fedele ricostruzione più che ad un oculato recupero. I precedenti interventi? di Alfred Sommier, Edme Sommier, e Henri Duchene mettono a punto l’esperienza per l’intervento di Achille Duchene nei giardini del castello di Vaux. Conoscenza storica e riscontro pratico delle vicissitudini del sito non sono considerate come punti fondamentali per la conservazione del luogo, ma si procede seguendo l’impressione dell’originale, i cui i particolari sono liberamente ricostruiti in stile. 254 255

A.M. Giusti 2004, p. 134. M.A. Giusti 2004, p. 134.

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A tale scopo molto utile è la presenza di stampe ed incisioni d’epoca. L’interpretazione degli autori antichi viene adattata alle esigenze moderne e quindi inevitabilmente reinterpretata (un po’ segue lo spirito di Andrea d’Andrade256), ma Achille Duchene per la maturata esperienza mostra un’attenzione ai particolari di un giardino antico rimasti fedeli all’evoluzione originale del giardino stesso, da cui ripartire per ricomporne le parti, l’identità storica e rendere così l’interpretazione trasparente un approccio conservativo con cui salvaguardare il patrimonio artistico dei giardini. Per privare i giardini di quell’eclettismo confusionario si confinano le trasformazioni dell’irregolare, donando così respiro e leggibilità alle diverse parti. Vi è in Achille Duchene la coscienza che sia impossibile rievocare l’originale in tutto e per tutto, ma che un restauro accorto possa richiamarne il carattere e il messaggio adattandolo con innovazione alla modernità. Modernità che accoglie un antica radice diffusa in diverse culture, per cui il giardino è lo specchio per ogni paese, con le sue caratteristiche uniche e caratterizzanti, di cui (almeno a livello europeo) si scorge il ceppo comune, inserito capillarmente fin dall’epoca romana. Paralleli allora nascono tra la cultura spagnola- islamica e le loro creazioni arabesche, con quella greca- inglese in cui si specchia la cultura di fondo occidentale, quella italiana che ridiede movimento, spunto e riferimento per la cultura transalpina. Un’antica e comune sapienza si è riversata in ogni paese, ogni paese ha avuto più o meno latente l’eredita con cui formare una propria identità. Il Novecento rimette insieme le carte, giardini formali si trovano in Inghilterra e quelli informali si trovano anche in Italia. In Francia però si agisce con una nuova capacità di saper leggere le fonti e la storia a fronte del marcato abbandono e degrado subito da molti giardini. Si arriva attraverso devastazioni e distruzioni procurate dalla guerra a un riscatto delle opere del passato ormai mutile nel loro insieme. La conseguente ricostruzione matura negli attuali principi della moderna conservazione dei giardini, valutando sotto ogni aspetto l’esistenza del giardino e i suoi contenuti. Si riconoscono i valori e le caratteristiche portanti che accomunano e i particolari che differenziano i giardini e il loro esistere come incontro tra architettura e natura e tra estetica e poesia, tra stabile e divenire, tra pubblico e privato. “ Il compito del restauratore consiste non tanto nel restituire un giardino a un determinato poeta, architetto, giardiniere o proprietario, ma nel conservare il più possibile i pregi delle epoche che vi sono rappresentate. Il restauratore non fa ritornare l’opera da restaurare a un determinato momento della sua esistenza, cosa di per sé impossibile, ma ne prolunga la vita da un punto di vista culturale”257. Si aprono così modalità di recupero in equilibrio tra evoluzione e fruizione.

256 257

Si veda il Borgo medievale a Torino. M.A. Giusti 2004, p. 144.

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Accade in Italia L’interesse per i luoghi da recuperare, e in cui scoprire l’azione dell’uomo sulla natura e del tempo sulla natura per riportare in luce quello che per molti anni viene tralasciato, trova in Italia molti casi applicativi, poiché il dilagare delle mode aveva fatto dimenticare l’importanza dei giardini più antichi, creandone di nuovi spesso incongruenti con il paesaggio e con le specie vegetali già presenti. Storia e tendenza non hanno sempre operato a favore dell’esistente, trasformazioni compiute per abitudine. Se da un lato le mode non hanno giovato all’importanza della cultura più essenziale e diretta del nostro paese, dall’altro hanno contribuito a mantenere attivi gli impianti e a tramandarli così come li conosciamo noi oggi258. I valori del paesaggio non seguono regole fisse, ma ascoltano le voci del genius loci, dei piccoli o grandi avvenimenti quotidiani e della cura che ci si prende per l’ambiente intorno a noi in cui è compresa sia la realtà delle città e paesi, sia quella di parchi e giardini e campi coltivati, baluardi nel conferire peculiarità a un paesaggio in continua trasformazione. “Restaurare mantenendo per quanto possibile l’antica facies […] tutt’al più, aggiungendo – sempre che l’aggiunta sia necessaria – qualche altro cipresso, una o due magnolie e altri alberi che si adattino naturalmente all’ambiente circostante”259. La morfologia della terra e il lavoro dell’uomo e della natura sono come un libro aperto, in cui le pagine sono stagioni e parole acquistano senso solo quando articolate da ogni segno di rispetto e di creatività, ampie lacune sono lasciate invece dallo sfruttamento intensivo e da interventi privi di senso. Per arrivare ad avere questa visione in apparenza così naturale e scontata si è dovuti passare attraverso ampi stravolgimenti della storia e dell’arte nei giardini, privandoli di quell’insito messaggio che proprio a causa del tempo rende unico ogni giardino. Certe espressioni accadono solo per un certo periodo, favorite da certe condizioni e dalla presenza di uomini, disponibili sia culturalmente che finanziariamente, con cui volerle ed eseguirle, finito tale periodo, magari un altro se ne apre, ma bisogna anche cercare di conservare “intatta” l’eredità che giunge, si, dal passato, me che riesce a trasmettersi con accezioni autentiche ancora nel presente260. Dami Luigi comprese nel 1914 l’impossibilità di realizzare un giardino rinascimentale con lo spirito di quel tempo, “Alla fine del sec. XVIII il giardino italiano chiude il ciclo delle sue incarnazioni. D’allora in poi i nuovi giardini per un cinquantennio, furono costruiti secondo l’ultimo stile (inglese); e moltissimi de’vecchi guasti e rifatti. Dopo di che siamo andati miseramente a finire, in Italia e dappertutto, in un eclettismo senza stile”261. Il giardino, quindi, come opera d’arte, in quanto irriproducibile in altri luoghi e in altri tempi; la concomitanza di fattori che hanno fornito lo stimolo alla creazione è irripetibile.

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“Restituire la memoria del passato significò apportare invenzioni e aggiornamenti che finirono addirittura per stravolgere gli stessi caratteri, come osserva criticamente la Wharton, a proposito della colonizzazione anglosassone del paesaggio toscano” da M.A. Giusti 2004, p. 160. 259 S. Parson 1915, in V. Cazzato 1992, p. 60. 260 è qui che l’opera si ricrea rinnovando ‘fedelmente’ idea e materia . 261 L. Dami 1924, p. 19.

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Riferimenti e dialoghi attuali Negli ultimi decenni del Novecento si riconosce il giardino per il suo valore culturale ed ecologico, complesso e peculiare, si inserisce in quel equilibrio che salvaguarda l’uomo dalla crescente urbanizzazione. “Lasciamo la vecchia arte al suo posto, chi ama la modernità profondamente essendo capace di ritrarre dai suoi elementi delle opere di bellezza, deve avere il massimo rispetto per l’arte del passato. L’amore fonte di creazione non deve confondersi con l’odio distruttore”262. Si aprono così nuove vie di ricerca, in cui vi sia una più efficiente tutela della complessità e della varietà con cui van trasformandosi il giardino e il paesaggio. “In altre parole ciò significa salvaguardare scrupolosamente quanto la storia ha trasmesso, rispettandone la processualità e quindi senza ‘sbucciare’ il giardino, in nome di un presunto assetto originale. Eventuali interventi legati a nuove destinazioni d’uso, o quant’altro, potranno soddisfare i più generali principi di restauro, della riconoscibilità e reversibilità”263. A fronte di tali considerazioni, sorge la necessità di un riferimento, guida nello svolgere tale tutela. Si stila così nel 1981 a Firenze la Carta italiana dei giardini storici (gruppo di lavoro coordinato da Renè Pechere), mirata a enunciare dei punti ai quali riferirsi per operare in un ambito complesso di fenomeni e memorie quale è il giardino storico. Si afferma così il giardino storico come bene culturale (di imprescindibile valore) riconoscendone i delicati equilibri e il continuo divenire a cui è soggetto e che segue l’evolversi dell’impianto originale. Sulle linee della natura e della cultura scorrono diversi fattori concomitanti e sinergici in cui le componenti vegetali, inorganiche e artificiali, il loro rapporto, i diversi ritmi a cui ogni particolare è soggetto e l’intervento dell’uomo costituiscono il segno attraverso cui si crea, mantiene e plasma un giardino (tale segno diviene più profondo e prezioso nel giardino storico poiché testimone diretto e vivente dei tempi che furono). “ Conservare un giardino storico significa in primo luogo conoscere i tempi della natura che s’incontrano con i tempi della cultura, nella consapevolezza e nel rispetto della complessità”264. Si riconosce il giardino come unità organica interconnessa e integrante il territorio, costituita da molteplici e diversificati elementi, per conservarli è necessario richiedere la cooperazione di varie professionalità e competenze che possano intervenire sull’intera gamma degli elementi presenti in un giardino (ancora più correlati e numerosi se il giardino è antico). Si riflette così la grande varietà materia a cui si associa quella storica, unendo così “ forma e struttura”265, riconoscendo come unico ed irripetibile il loro evolversi nel tempo con cui sono stati tramandati. Con questa coscienza non si opera selettivamente a favore di un’epoca piuttosto che di un’altra, ma si coglie ogni aspetto riportandolo a un’armonia d’insieme di cui riconoscere il valore; valore che come un colore si percepisce nell’insieme come opera d’arte e che si modella in gran parte sulla materia vegetale, vivente e quindi soggetta alla morte, per integrare quindi è necessario sostituire la materia stessa. La bellezza di un giardino sta nella sua insita imprevedibilità, le varietà vegetali e le alberature seguono la forza dell’uomo nel ricalcare disegni, viali, terrazze e pendii e nel subire tutte le modifiche, gli aggiustamenti necessari per rendere puliti i contorni o per sfuggire verso il paesaggio, senza privarsi di quella fertilità che dona la vita e la natura. Il proliferare e il riprodursi delle specie può alterare o rientrare nel progetto dell’uomo: se non controllate le masse vegetali possono accalcarsi in uno stato di apparente abbandono (se non agiscono più le forze manutentive operate dall’uomo), dannoso sia per le specie non adattate come per quelle autoctone, 262

E. Ratti 1938, p. 31. M.A. Giusti 2004, p. 171. 264 M.A. Giusti 2004, p. 176. 265 “Da qui l’unità tra forma e struttura, il riconoscimento del valore storico dei materiali e della cultura materiale, delle tecniche e dei sistemi artigianali; da qui l’estensione dei principi di ‘conservazione integrale’, senza operare selezioni e scelte di ‘valore’ tese a privilegiare episodi o momenti del processo storico che hanno reso l’opera irripetibile”, da M.A. Giusti 2004, p. 176. 263

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sia per il costruito dove le architetture presenti possono venir letteralmente sgretolate dalla morsa degli apparati radicali e dall’infittirsi della vegetazione.

La solidità di pietre e mattoni viene letteralmente divelta dalla forza degli apparati radicali di alberi e arbusti

Il significato dei termini neutralità, reversibilità, riconoscibilità acquistano accezioni nuove in linea con la materia vegetale. Inserito in un panorama internazionale il giardino e il restauro acquista diversi filoni di pensiero e di azione, accentuate dalla volontà di valorizzazione del giardino per fini turistici, culturali, ecologici, sociali, ricreativi, a tali sfumature si aggiungono i diversi approcci e i casi operativi stessi, in cui diverse appaiono le modalità esecutive e d’intervento, se volto alla manutenzione, alla conservazione, al restauro, alla ricostruzione, all’evocazione. Tali interventi, e primo fra tutti il restauro, aprono la possibilità di una maggiore conoscenza e di studio in cui si riscoprono antichi saperi, valori e simboli percepiti in tempi passati, associazioni vegetali e coesistenza di stili, ma si sperimentano anche interventi eseguiti con l’avallo di alta tecnologia che contribuiscono ad approfondire la conoscenza di un giardino. Scelte che possono diventare diverse da un caso all’altro, evidenziano la problematica con cui tracciare l’intervento in un sistema complesso come è il giardino, in cui disegno, vegetazione, scenografia e paesaggio comprendono elementi e disposizioni attive nel ciclo delle stagioni e nel contesto percettivo più esteso. Nel contesto italiano la difficoltà a discernere la modalità esecutiva del restauro dei giardini storici è rivelato dal caso della Venaria Reale, splendore passato, documentato da incisioni e documenti dell’epoca e lasciato in totale abbandono nell’ultimo secolo. “Sarà la restaurazione a decidere la dismissione di Venaria con la condanna del suo parco a favore del mantenimento della tenuta della Mandria”266.

Venaria Reale, veduta panoramica.

266

M.G. Vinardi 1992, p. 30.

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Il recupero dei giardini, sfregiati nei loro apparati scultorei ed effimeri, fu eseguito secondo una più immediata necessità di ricollocare il giardino in equilibrio con la reggia, la riproposizione storica, si avvale di campagne archeologiche, guidate dalla presenza di documenti quali scritti, dipinti ed incisioni e dei progetti originali, che però hanno dato scarsi risultati vista la graduale, ma completa dismissione degli apparati e della vegetazione iniziata fin dal XVIII secolo. “Le pertinenze del giardino a fiori sono” dal Novecento “sede di caserma, mentre il parco è zona militare”267. Le scelte progettuali si rivelano inizialmente attive nel cercare riscontri concreti dei resti archeologici rimasti e su cui ripartire, ma risultati scarsi e privi di rilevante significato non consentono un’esaustiva ricostruzione. I progetti quindi non solo prendono spunto, ma si avvalgono dei documenti antichi per creare un giardino che se proprio non ricalca il “com’era dov’era”, vista la travagliata successione di manomissioni, tende a rievocare creativamente e storicamente gli aspetti salienti. Venaria Reale. Giovani pianticelle accompagnano lo sguardo verso gli elementi architettonici notevoli (sullo sfondo la cappella di Sant’Uberto)

Veduta del parco e della reggia di Venaria Reale. Progetto riguardante gli impianti.

La libertà di riproporre se non può essere fatta passare per quella originale antica, può almeno tentare di rievocarne alcune istantanee, che appunto i documenti forniscono. “Ma il persistere di equivoci tra ‘restauro, ricostruzione, evocazione, conservazione’[…] fa notare in primo luogo come la complessità fenomenologia e le tante varianti del processo storico abbiano comportato diverse tipologie d’intervento, che talvolta coesistono all’interno dello stesso sistema”268. Si denota comunque l’importanza che ha il riferirsi alla memoria storica, in cui si ipotizzano le possibili evoluzioni subite dal rilievo dello stato di fatto in cui versa il sito. 267 268

M.G. Vinardi 1992, p. 33. M.A. Giusti 2004, p. 177.

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Il restauro è un intervento eccezionale, chirurgico e non necessario se vi si pone una continua e costante manutenzione e attenzione che ne curi i dettagli. Purtroppo il nostro tempo, da una parte è potenzialmente attivo nel riportare il fiume del creativo umano nei suoi argini e curarne l’intrinseco messaggio, dall’altra agisce con troppa fretta rispetto ai tempi necessari alla natura e al giardino nel formarsi e nell’evolvere, da qui scaturiscono molti interventi “d’apparenza”, privi di quel profondo interagire necessario per stimolare una realtà antica come il giardino. “ Il restauro parte comunque dalla contemporaneità, dalla sistemazione finale del giardino, sul cui farsi materiale incidono i processi della natura e della storia”269. Infatti, l’evoluzione in cui incorre il giardino richiama un sovrapporsi di elementi che da un lato lo arricchiscono e dall’altro ne limitano la leggibilità e la coerenza d’insieme (con tutto che nel giardino possono convivere e compenetrarsi elementi di opposta concezione, purché vengano inseriti in armonia tra loro), sono valori aggiunti che possono si aggiornare il giardino al tempo presente, ma occultarne l’origine di fondo e per cui è sorto. Come accennato le moderne tecnologie ampliano ulteriormente le possibilità conoscitive, attraverso rilievi diretti, scansioni aeree, scavi e carotature, analisi diagnostiche. Foto satellitari e morfologiche possono guidare ai punti salienti su cui intervenire. Gli scavi archeologici possono riportare in luce la traccia degli impianti passati, la paleobotanica può individuare le specie vegetali scomparse o presenti in tempi passati, la dendrochirurgia può sanare esemplari secolari e vere e proprie maestà pregne di stagioni vissute ed esperienze superate, la cronotipologia può stabilire entro i limiti l’età degli esemplari adulti. L’avallo di tutti questi mezzi non esclude la necessaria sensibilità per percepire l’aura che emana ogni giardino, la sua intrinseca voce, fatta di sussurri, brezze, vita. “ Un aspetto infine appare fondamentale nel procedere dell’esperienza di restauro di giardini: la conoscenza dei materiali (naturali e artificiali) e delle tecniche tradizionali, che è alla base di quel dialogo interdisciplinare auspicato dalla carta italiana”270. Tale sapere può emergere da una particolare disposizione arborea, in un costruito inserito sull’isolotto di un lago, nell’orientamento di un viale o nella presenza di arbusti topiati, tutto concorre a far specchio all’idea di bellezza di una particolare epoca, o del sovrapporsi di queste, grotte, fontane e labirinti sono frutto del genio umano e delle sue capacità manuali, intellettive e sentimentali, così il giardino stesso cinge senza imprigionare conoscenze e percezioni già di per sé preziose se autentiche e con il giardino stesso tramandate. Ora la profonda possibilità di ricercare può riaprire la via a tali nobili conoscenze; orti botanici, scambi professionali, artistici e culturali, aggiornamenti e convegni possono arricchire ognuno di una più completa attenzione alla bellezza e alla sana memoria, a volte trascurata e dimenticata in un abbandono da cui si può cogliere gli echi di un antico splendore. “Riesumare tecniche artigianali in disuso significa pensare anche alla specificità dei mestieri, all’abilità manuale e ai tempi di lavorazione, confrontando le tecniche tradizionali con i nuovi strumenti impiegati nella gestione del verde”271. I fenomeni coinvolti radunano conoscenze pluridisciplinari, formative e culturali, tali da garantire all’opera “ Peribile e irripetibile”272, quale è il giardino, ben più che solo sopravvivenza. Il restauro accoglie e considera il giardino nel suo insieme, in cui ogni elemento e collegato all’altro, e non per questo definibile. Il giardino è l’insieme di infiniti elementi naturali e artificiali materiali e immateriali, semplici o complessi, essenziali o sovrapposti, utili e piacevoli, misteriosi e manifesti con cui riscoprire ben più che una sola cultura, una staffetta di culture aperte alla natura e al divenir del tempo, metafora di vita e di viaggio nella sfera del mondo. 269

M.A. Giusti 2004, p. 187. M.A. Giusti 2004, p. 188. 271 M.A. Giusti 2004, p. 188. 272 Parte dei principi assunti dalla Carta Italiana nei confronti del giardino storico. 270

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“Così che noi viviamo con la memoria del passato, ma senza alcuna possibilità di tornare indietro e come un viaggio ci porta ogni giorno in un luogo diverso, anche se era quello appena percorso: così il giardino può essere vissuto giorno per giorno, immersi nella radice di un costante divenir presente”273.

Villa Sorra nei pressi di Modena è uno dei più importanti parchi emiliani. Particolare della galleria che sfocia sul lago.

273

M. Boriani 1994, p. 56.

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IL VERDE TRA CULTURA E ARCHEOLOGIA

“Tutto quello che ci insegna qualcosa è un maestro. Alberi e pietre ti insegnano quello che non potrai mai imparare da nessun uomo”. St. Bernardo da Clairvaux 151


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Evoluzione del verde come bene culturale Il Vasari affermava: “ I begli ingegni che il tempo toscano produceva siano stati aiutati dalla sottilità dell’aria”274 L’uomo adatta a sé l’ambiente, ma non ne è l’assoluto esecutore e la sua azione può determinare la bilancia pro o contro la natura (e quindi pro o contro se stesso). Le iniziative di protezione dell’ambiente stanno localmente (Unione Europea in primis) scrollandosi dalle influenze dettate da interessi insensati e senza scrupoli, per nulla ostacolando quel progresso che si delinea nel prossimo futuro. Un bosco di macchia mediterranea, a pari superficie, vale molto di più di un campo di mais, ma in diversi paesi emergenti il mondo sta perdendo veri e propri ecosistemi naturali per via di questioni economiche e sfruttamenti incontrollati. Paesi più sviluppati stanno invece ripopolandosi di boschi e l’edilizia sta sporadicamente liberandosi di quei modi così distruttivi per l’ambiente e il paesaggio. La radice del necessario accordo tra cultura e natura si ha fin dal 1939, leggi apposite per la tutela del patrimonio artistico non arrivarono a considerare il paesaggio/panorama e le realtà monumentali come un’insieme, ma separate le une dalle altre. È comprensibile per quel tempo in cui si stava partorendo un nuovo approccio al recupero e al restauro (viste le perdite culturali subite dall’Italia dall’unione in poi). La Natura e l’ambiente, silenziosi e vitali, non vennero riconosciuti invece come tramite e fonte per tutte le arti umane (in seno a loro, discipline come l’ingegneria, la botanica, l’architettura, la poesia, la pittura, la scultura hanno rivelato i propri talenti), questa divisione ha isolato le opere di prim’arte dal contesto ambientale e naturale che le aveva originate. La scarsità d’acqua dei paesi afro-asiatici e i “Abbiamo fatto quest’accenno alle vicende della terreni selvaggiamente disboscati nel sud America e nell’Asia (Tibet e regioni Himalayane) tutela dei beni naturalistici nei suoi aspetti risulta essere fonte di irreparabili danni ecologici giuridici perché questo ci può aiutare a capire la e umanitari. ragione per cui luoghi eletti d’incontro tra l’intervento umano e l’attività della natura, cioè i parchi le ville e i giardini siano state in pratica le prime e più disgraziate vittime delle leggi di tutela”275. La cosa curiosa dello svolgersi procedurale e legislativo di quegli anni, includeva separatamente i beni di interesse storico culturale da quelli offerti naturalmente (paesaggi, rupi, monti, fiumi, mari). Se per quest’ultimi era richiesta la catalogazione come forma di tutela preventiva, per i giardini storici, tutelati dallo stato e da leggi generiche, non era prevista nemmeno la catalogazione. 274

G. Vasari 1568, Firenze. F.Negri Arnoldi, Per una catalogazione del patrimonio storico, architettonico e botanico dei giardini italiani, in G. Ragionieri, Il Giardino storico Italiano regione Toscana problemi d’indagine fonti letterarie e storiche,1981 Firenze, p. 55.

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“ in effetti” afferma il Negri “ non saranno tutelati ne gli uni ne gli altri, proprio perché non si riconosce la loro particolare natura di bene culturale e insieme naturalistico”. Il giardino è il punto d’incontro tra monumento e lo scorrere dei processi naturali ed è indispensabile per sapere dove collocare l’uomo. Come già visto si può ripercorrere nel giardino la storia (indubbiamente sotto altri punti di vista anche molto estesi, nei giardini civiltà intere si sono confrontate), la storia dell’arte, la storia delle vicende botaniche, paesaggiste, agrarie e forestali, vicende che hanno trasformato i territori, regioni intere e interi paesi. La realtà artistica è unita ed organica, discordante ed effimera, concreta ed epocale, ricca di elementi e collegamenti, rimandi, scoperte, intuizioni con cui l’uomo ha sviluppato così tante sfumature e sfaccettature del proprio agire.

Villa Sorra (MO). Particolare del portale ricostruito secondo il gusto di rovina romantica. Il parco rivela numerose strutture di ordine paesaggistico.

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L’arte che tutto fa nulla si scopre “Mi rimarrebbe da esaminare un altro argomento interessante, il restauro degli antichi giardini e il lato archeologico dei giardini stessi, non ci sarà abbastanza talento per considerarlo nel suo insieme e nei suoi dettagli. I casi in cui quest’arte può esercitarsi sono rari, ma non per questo meno interessanti, al contrario. Ma occorreranno ad un’artista scienza e arte mescolate nelle proporzioni più felici, una piena padronanza e il rispetto della storia dei giardini, approfondite conoscenze architettoniche e una lunga pratica delle cose d’orticoltura. Difficile assemblaggio che forse sarà dato a qualcuno dei nostri successori di realizzare”276. Lo stesso autore afferma: “ Nella storia dell’arte dei giardini l’uomo procede per distruzioni, si entusiasma ora per l’uno ora per l’altro stile e realizza il nuovo stile sulle rovine dell’antico. Oggi abbiamo una mentalità più eclettica, il rispetto del passato in tutte le sue manifestazioni ci induce a migliorare senza distruggere, ad attrarre piuttosto che a stravolgere”277. Nella rinascita del giardino regolare e nel dibattito di cui Andrè era partecipe, egli esprime dissenso per una rinascita a scapito dei giardini del passato, vuole interventi ad occhi aperti sulla storia e sulle stratigrafie presenti nel giardino. Voci come quella di Andrè si esprimono in quanto per risalire all’autenticità di un giardino è spesso necessario ricorrere all’immaginazione, risalire la corrente del tempo e intuire quale significato poteva raccogliersi ed esprimersi nell’insieme di piante, nel disegno dei viali, nei zampilli di ruscelli e fontane, tra occhi di statue e vapori di muschio. La continua novità con cui la natura si manifesta viene nell’Ottocento compresa essere fonte inesauribile per lo studioso e il poeta, così da indirizzare l’uomo a porsi con intelligenza e ingegno in seno all’ambiente, piuttosto che demolire e ricostruire di nuovo. La stratificazione con cui s’evolve un giardino parla quasi come le pagine di un libro, in cui per ogni pagina sono riportate stagioni, decenni, secoli. Rose Nicholas Standish scrive “ Molte ville sono state restaurate così di frequente dai proprietari che si sono via via succeduti, che esse appartengono in egual misura a periodi differenti senza aver perduto il loro fascino originario”278. Tali affermazioni risultano a quel tempo ancora isolate, e non riescono ad affermarsi come riferimenti arginando la spasmodica ricerca dell’autentico, della purezza di stile del giardino. Questo approccio è esteso a innumerevoli giardini d’Italia, documenti e incisioni guidano le ricerche per trovarne i riscontri sul campo a volte con successo, altre senza risultati, sta di fatto che molti giardini vengono letteralmente buttati in aria. Come a Stupinigi, la palazzina di caccia ospitava un tempo giardini di timbro formale, coevi alla costruzione e di cui nulla è rimasto fin già da inizio Novecento. Degli impianti antichi spesso non rimangono che gli elementi fissi quali balaustre, cancellate, rovine magari dispersi o ricollocati e la disposizione degli elementi naturali adattati secondo le esigenze (Bacini idrici e torrenti, terrazzamenti, resti di viali, etc). Ma allora eseguire il restauro di un giardino dipende dalla lettura che se ne fa, o dalla lettura che se ne ha? Spesso in passato si intendeva un giardino già a priori, con intenzioni prefisse, oggi invece c’è la possibilità di mettere in equilibrio gli elementi e gli stili diversi, essi possono coesistere all’interno di un giardino se si mette in luce e si evidenzia il filo che li collega l’uno all’altro, in quest’ottica non esiste la casualità, ma solo i risvolti di un’evoluzione che ha in molti casi dell’imprevedibile.

276

E. Andrè, Paris 1879, p. 211. E.Andrè, Considerations generales sur l’ars des jardins, in V. Cazzato 1999, Roma, p. 117. 278 R.S. Nichols 1928,Italian pleasure garden, New York, p. VII-VIII. 277

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Vasca circolare a Racconigi prima del restauro. Infestanti e uno spesso strato di humus attanagliavano la struttura occultandola. E’ stato restaurato l’apparato murario con localizzate operazioni di “cuci e scuci”, sistemate le due scalinate e le vasche in mattoni come invasi di contenimento per le piante acquatiche. Il manufatto recuperato diventa testimone di uno dei tanti ricordi legati, nella memoria degli anziani racconigesi, alle gite che si facevano nel parco del castello alla conclusione dell’anno scolastico: la bellezza delle ninfee e i giardinieri che scendevano nella vasca per riempire il bagnour (da Macera 2008).

Allora come riportare il giardino negli argini della sua origine?279 In questo ambito studiosi hanno fornito riferimenti, strategie applicative e scale interpretative non sempre aderenti all’unicità e alla storia di ogni caso, ma altre volte ne hanno rivelato il messaggio intrinseco, i pensieri, l’ispirazione, la necessità, il lavoro che accompagnano la realtà di ogni giardino, in qualunque epoca e di qualunque formula esso sia. Conoscitori e studiosi cercano di ricostruire i frammenti mancanti del remoto passato, emergono documenti, raffigurazioni, ipotesi a cui si affiancano campagne di ricerca, la storia del giardino ritrova fonti perdute con cui completarsi. Se il giardino riscopre la radice della sua storia “All’inizio del 1800 la sostanziale affinità fra elemento vegetale e le vestigia dei monumenti antichi è acquisita”280. Sulla base di questo riconoscimento è ampiamente praticato, e lo sarà per gran parte del secolo, l’impiego del verde come materiale per gli interventi di sistemazione archeologica. Dove l’elemento naturale serve a dar respiro, a fare corona ed ispirare il dovuto rispetto nei siti archeologici.

279 280

Si veda il testo di H. D. Eberlein, Villas of Florence and Tuscany,Philadelhia-London- New York 1922. V. Cazzato 1999, p. 412.

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Vegetazione e archeologia

Viridiario Palatino da Giacomo Boni, Flora delle ruine, 1917.

Questo connubio si instaura a partire dall’opera di Giacomo Boni sul finire dell’800. Le possibilità offerte dalla vegetazione per il sostentamento il piacere e lo spirito umani, acquistano caratteristiche con cui la vegetazione contiene, completa ed esalta le opere umane. Precursore teorico il Boni comprende che nell’archeologia e nel recupero dei ruderi sepolti, l’elemento vegetale può assumere precise funzioni per il ripristino della leggibilità dello scavo archeologico.

Antonio Munoz il colle capitolino visto dal foro Olitorio (penna e acquerello, Museo di Roma).

281

“ la flora dei ruderi monumentali va considerata in rapporto al loro insieme architettonico, del quale essa può contribuire a ricostruire mentalmente le linee ed i profili originari […] Per tracciare la parte mancante del perimetro di un teatro romano. Per esempio quello di Verona, adotteremo i cipressi della flora mediterranea, piuttosto che le Robinie pseudoacacie, o gli eucalipti ed alianti transmarini; per colmare i vuoti delle visuali di sfondo, preferiremo gli arbusti indigeni alle ostili yucche ed ai palmizi esotici”281.

G. Boni 1917, p. 27.

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La conoscenza delle specie originarie delle epoche passate aiuta nella scelta delle essenze da inserire. Nei lavori eseguiti dal Boni si intravede il fermento teorico e i risvolti pratici che questo suscitava a quel tempo; egli si schiera per un completamento e un ripristino dei monumenti e dei siti archeologici proteso alla conservazione e all’evocazione della sua autenticità. Nell’agire del Boni si constata uno spirito devoto al fascino delle rovine e al contesto naturale con cui incorniciarle e completarle. Allievo di John Ruskin282, percorre quel sentiero in cui i resti e l’inserirsi di una vegetazione composta secondo le descrizioni antiche diventano un tutt’uno, l’architettura è così completata dalla natura. Giacomo Boni esalta si la voce del tempo, che riconduce ogni fare umano alla natura, ma non esclude l’uomo dalla presa di coscienza che questo salto comporta. L’agire dell’uomo, afferma il Boni, “oltre che apportare fattori di bellezza e di ordine”, può ricondurre le cose nel corso di argini autentici da cui sono state estrapolate, Roma, foro romano: il Lacus Iuturnae elaborate e dimenticate, affidando così “all’azione secolare dopo gli scavi con le sistemazioni degli agenti naturali l’esecuzione dell’opera d’arte”, la arboree ad opera di Giacomo Boni.. patina così apportata diviene simile “a quella che anni creano sopra le anime che non vivono invano”283. Queste comprensioni vennero applicate negli scavi di Pompei, nella sistemazione del Foro Romano e nell’Appia Antica.

Le attuali disposizioni arboree inserite nel sito archeologico del Foro romano a Roma (tempio delle Vestali); Lo stadio palatino, a Roma,con la sua ampia area dedicata al giardino.

La vegetazione inserita tra i monumenti doveva assumere sia la funzione di ricalibrare l’equilibrio e il contatto tra l’epoca antica e quella moderna, fornendo un simbiotico tramite, sia una funzione protettiva, rivolta ad impedire attraverso gli apparati radicali lo sgretolamento delle superfici e a stabilire una nuova coesione tra gli elementi scostati dal tempo. “Ma soprattutto il verde poteva aiutare a ricollegare idealmente l’aspetto di un rudere restaurato con la sua immagine intellettuale nell’originaria integrità, un intreccio di dati storico letterari, conoscenze architettonico – naturalistiche e esperimenti botanico forestali”284. 282 283

Si veda il testo J. Ruskin, The seven Lamp of Architecture, London 1887. V. Cazzato 1999, p. 413-414.

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Il verde nei siti archeologici viene inserito intenzionalmente, calibrato a seconda del tipo di sito e dei dati disponibili e adeguato alla loro importanza. “Erano oggetto di massima attenzione le parti casuali”285 Questo tipo di interventi erano rivolti a tutte quelle parti discordi nell’insieme, abbandonate (aree in attesa di scavo, abbandonate a se stesse, o di complessa manutenzione), o di moderno intervento (edile e di consolidamento: muri di sostegno, terrapieni,etc). In questo caso, sempre in piena sintonia con l’estetica ruskiana il verde poteva svolgere il prezioso compito di proteggere i resti privi di difesa e di attutire l’impatto dei restauri. Tra la materia riemersa dai secoli e quella moderna vi è un ponte fatto di intenzionali verdi inserimenti e di vive foglie, le piante scenario vivo e permanente dell’evolversi umano possono ridar vita e unità alla voce dei secoli.

Mausoleo di Augusto, Roma. Le tre visioni a confronto rivelano le diverse modalità d’interpretare e utilizzare le vestigia antiche. In alto si vede il Mausoleo di Augusto durante i lavori di recupero illustrati da Antonio Munoz (penna e acquerello, Museo di Roma); in basso a sinistra una istantanea che mostra le disposizioni vegetali attualmente presenti; a destra il giardino Soderini nel Mausoleo di Augusto a Roma, in un'incisione del Du Pérac XVI secolo (da Tagliolini 1994).

284 285

ibidem p. 414. Ibidem.

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Archeologia nei giardini286 I concetti e le tecniche dell’archeologia solo di recente si sono rivolti al giardino, anche se sperimentali il loro contributo alla pratica del restauro del giardino ha già avuto un riscontro significativo287. Laddove per eseguire interventi conservativi all’interno di giardini storici ci si è affidati per un certo periodo a recuperi scientifici e al riutilizzo di materiali originali e particolari, è sembrato che la conservazione dei giardini avrebbe potuto essere condizionata da costruzioni speculative e attribuzioni a tavolino dell’epoca di un giardino. Il successo dell’archeologia dei giardini negli ultimi anni in differenti parti del mondo, usando differenti tecniche, rivela che il restauro dei giardini condivide filosofie e aspirazioni simili alle altre forme conservative. La prima domanda che sorge spontanea è: che cos’è l’archeologia dei giardini? L’ispirazione dominante dietro l’archeologia dei giardini è quella di fornire una valida assistenza nel progettare i piani d’intervento di restauro.

Scavi nel Best Garden a Castle Bromwich, nel West Midlands, hanno rivelato quest’aiola per Fiori di epoca Vittoriana ( foto Christopher Currie).

Gli archeologi erano coinvolti nei giardini quando i restauratori intendevano rifare i giardini come parte della ricostruzione di tutto l’ambiente (edifici compresi)288 . Il pensiero di completare il giardino come poteva apparire a una certa data o periodo sorge spontaneo289 , tali pratiche di ricostruzione sono oggi disapprovate, poiché la vera storia può venir travisata a favore della finzione. L’intento dell’archeologia dei giardini non è solo di tipo evocativo, qualche volta la si utilizza per pura ricerca e interpretazione con indagini non distruttive e di minor costo. Il lavoro di Taylor e Phibbs nel campo dell’archeologia, per esempio, raramente propone il restauro.

286

Questo articolo scritto da una prospettiva britannica provvede a indicare i punti principali nell’archeologia dei giardini e di come differenti livelli d’intervento contribuiscano alle operazione di restauro dei giardini. 287 L’ambito è internazionale, per l’Italia basti citare il caso di Pompei, dove scavi sono tuttora in corso, famosi anche i casi americani e britannici. 288 Si vedano appunto i casi di Pompei e Williamsburg nel 1920 e poi a Chiswick House nel 1950 e ancora a Mont Grace. 289 Come a Stratford Hall dove la casa di Lee era rimasta intatta, ma il giardino venne cancellato e al castello di Aberdoum dove gli scozzesi erano determinati a ricostruire gli impianti arborei per commemorare la storia nazionale.

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Lavori e ricerche impiegando mezzi tradizionali e tecniche d’avanguardia, come l’analisi delle resistenze e della magnometria, sono spesso utilizzate per un’archeologica identificazione del sottosuolo, per permetterne la protezione oppure per fini accademici. L’archeologia del giardino, avvalendosi di frammenti e realtà esistenti, colma le lacune e per questo può essere distinta dalla ricostruzione290. Quando le ricostruzioni si avvalgono di ritrovamenti archeologici apportano indizi utili ai lavori di completamento, infatti lo spirito dell’archeologo disapproverebbe la ricostruzione speculativa di rovine antiche (ville romane o abbazie medievali che siano), ma non avrebbe nulla in contrario a vederne rievocato il giardino. Spesso il giardino è l’unico elemento restaurabile, poiché la costruzione rimane come una pietra sacra dell’archeologia e per questo inalterabile291. In quest’ottica l’archeologia dei giardini si è espressa in termini internazionali., si sono ricostruiti il canale del Nilo di Villa Adriana, le stanze di siepi a Fishbourme, i peristili cortili a parterre a Conimbriga in Portogallo e i giardini Tudor a Kenilworth.

Il bacino riemerso grazie all’intervento archeologico nel 1994. Parco di Enghien nei pressi di Bruxelles in Belgio.

Lo scavo dei giardini è dunque un compendio alla pratica di restauro, ma non si può dire che l’accuratezza nel restauro dei giardini sia dovuta necessariamente dall’avvallo dell’archeologia. I restauri d’inizio Novecento volevano riportare i giardini all’idea originale; successivamente nel riscoprire elementi del giardino abbandonato sotterrati o nascosti iniziò a essere auspicabile accordarsi un’accuratezza che archeologi professionisti potevano coadiuvare. Per definire la storia dei giardini l’archeologia è spesso essenziale per arrivare alla descrizione precisa, specialmente quando sono previste estese riparazioni e ricostruzioni.

Le possibilità dell’archeologia dei giardini si sono molto estese, esse si basano su tre livelli fondamentali: 1. Il primo livello è rivelare l’aspetto di costruzioni attraverso il disegno e il perimetro di muri, gradini, fontane, cancellate e recinti. 2. Stabilire dettagli di più effimera presenza come viali, sentieri, aiuole, resti d’albero. Questo ha sviluppato l’abilità nell’intuire dalla superficie possibili elementi sotterrati. Resti di sicomoro.

290

In gran Bretagna noti sono i casi degli scavi di Biddulph Grange e di Audley End, dove ricostruzioni e riparazioni assunsero significati coincidenti, diverso è il caso della Venaria dove squadre di archeologi non trovando riscontri significativi diedero il via alle ricostruzioni. 291 questo non impedisce interventi di tipo consolidante e strutturale, volti a garantire una certa sicurezza e stabilità agli impianti.

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3. Stabilire dettagli di piantagione, abilità e fortuna sono richiesti, per esempio il sistema di radici a Pompei, e la scoperta di semi e pollini a Williamsburg indica come combinazioni rare di elementi naturali abbiano permesso la sopravvivenza di questi prodotti organici. Ogni giardino ne crea, ma pochi sono i casi in cui questi frammenti si conservano.

Concezione dell’archeologia dei giardini Ampliando i possibili interventi dell’archeologia dei giardini si sono definiti i punti dove l’archeologia dei giardini è da impiegare, dalla superficie fino agli strati più profondi: • I livelli profondi dove ci si aspettano fondazioni di muri, canali, pozzi. Possibile è l’impiego di tecniche d’indagine non distruttive • Aerofotografia, la visione dall’alto se analizzata da occhi esperti può indicare punti su cui è possibile approfondire la ricerca • L’idea del giardino come uno dei più fragili prodotti del fare umano non ha fatto i conti con la rimarchevole capacità di sopravvivere. Dove un prato è rimasto indisturbato per secoli è più probabile che gli strati profondi fino a 500 mm possano essere ricchi di dati riguardo ai giardini precedenti292. Spesso strati su strati sono presenti, se, piuttosto che rimuovere gli impianti vecchi, i giardinieri hanno coperto il vecchio strato aggiungendone uno nuovo, allora è probabile che esistano molti giardini uno sopra l’altro aldisotto di quello in superficie293. •

I resti dell’acquedotto di Chapultepec, nel Messico, risalente alla fine del XVI secolo in un saggio archeologico. (Foto Saùl Alcàntara, 1999).

Archeobotanica, questa è una frontiera recente, con una considerevole speranza riposta nell’abilità dei laboratori di rivelare i componenti vegetali dei giardini294.

Saggi archeologici rivelano il perimetro di un muretto da giardino a Kirby Hall, Northamptonshire.

292

In Inghilterra non è una rara ricorrenza poiché Capability Brown e i suoi seguaci trasformarono molti giardini formali in prati all’inglese. 293 Comunque molti archeologi dei giardini sono concentrati sul primo metro di terreno, quello che sperano di trovare sotto la superficie sono aiuole, resti d’albero, sentieri con le loro bordature e altri punti salienti del lavoro del giardiniere. 294 L’avallo della chimica del suolo può rivelare infatti tracce di polline, phytoliti, semi.

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Il diverso comportamento della vegetazione in presenza di nascoste strutture archeologiche viene rivelato dall’aereofotografia, rendendo cosÏ possibile una mappatura del sito per desumerne i punti salienti dove procedere con gli scavi. (da Caneva 2005).

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Archeologia ed archivio Scavi e archeobotanica sono ora procedure considerate fondamentali nel processo di raccolta dati. Comunque sono operazioni costose e bisogna avere chiari obbiettivi per ridurre i costi d’intervento, i rischi di fallimento sono elevati. Possibilità positive si intravedono solo a fronte di peculiari circostanze, sarebbe folle iniziare a scavare aspettandosi di trovare elementi dei giardini precedenti senza prima consultare mappe e archivi per accertare dove le probabilità di successo sono più alte. Deve esserci un’indagine delle letture disponibili dalla mappa, dalla fotografia, e dall’archivio tracciando un’approssimativa, ma fedele storia del sito. Ci sono poi le relative e non dispendiose tecniche di recupero del sito e di archeologia non distruttiva. Solo dopo correlando questi due stralci investigativi, scrivendo la storia e disegnando piani ricostruttivi alle varie epoche, potrebbero essere valutate seriamente le possibilità di scavi dispendiosi, poiché la storia del giardino è spesso inseparabile dalla letteratura e i materiali sono effimeri rispetto alle forme edificate. L’informazione da ognuna di quelle fonti è spesso abbastanza frammentata e ambigua, la storia dei giardini comprende generalmente probabilità, non certezze e i giudizi non possono essere deliberati con sentenze. L’obiezione riguarda le aspettative che possono diventare autodimostranti. Si può attraverso una preparazione storica creare pregiudizi come conseguenza? È meglio non sapere a cosa si va incontro? In parte sfuggire a tutti i preconcetti è impossibile, tutte le tracce portate alla luce dagli scavi sono astrazione della verità completa. Le scoperte di rado combaciano con quello che viene predetto e di norma ogni scoperta pone più interrogativi che offrire risposte.

Addendum 1. Scavare, ricercare oggetti solidi come pietre e brick. Questa è la prima e più ovvia forma d’archeologia. 2. Scavare, guardare le differenze del terreno; sentieri, percorsi di drenaggio, strati di superficie, strati di superficie nascosti, pozzi, fossi, e così via possono venire rilevati. L’elevata sensibilità degli archeologi può scansionare gli strati del terreno a partire da elementi superficiali, quali colore, pendenze, etc. Rimane problematico datare i livelli quando contengono pochi elementi, o interpretarli quando sono disturbati da crepe, radici d’albero, da attività di animali (conigli, talpe, vermi) 3. Si sviluppano osservazioni dalle differenze del terreno e della vegetazione per via di diversi tassi d’umidità; qualche volta queste differenze diventano evidenti per via di stagioni particolari, estati siccitose, inverni molto umidi, etc. l’interpretazione richiede un occhio attento, evitando i possibili falsi indizi; se ben elaborate queste informazioni danno un considerevole apporto all’archeologia dei giardini. 4. Interpretazione fotografia aerea, una vera variante del campo archeologico, con i suoi strumenti può sondare oltre i limiti e le prospettive dell’occhio umano: varianti a falsi colori, fotografia ad infrarossi, visione stereoscopica. 5. Conteggio degli anelli. Estremamente difficile per alberi molto vecchi o con anelli molto serrati o indistinguibili a occhio nudo. Avvallo del microscopio. 6. Dendrocronologia, la sequenza di anelli più larghi o più stretti cresciuti anno per anno è unica, e legni della stessa regione e della stessa specie possono rilevare aspetti diversi. La dendrocronologia oltre a poter datare travi e legname antico, fornisce indicazioni utili sulla storia climatica e su eventi straordinari subiti dal legno in vita. 164


7. Analisi di strutture cellulari del legno, semi, polline. Questa è una tecnica utile per gli storici del giardino, ma è possibile solo in certe condizioni: per sopravvivere semi e polline hanno bisogno di condizioni ambientali a umidità costante come pozze, piscine, fossi per evitare di venire distrutti dai batteri. Si tenga conto che i semi possono provenire da zone limitrofe e il polline anche da molto lontano. 8. Fitologia. Piante graminacee, come erba e cereali hanno difficoltà nell’utilizzare il silicio che assorbono dal terreno, accumulandosi così in alcune loro cellule. Il silicio è inorganico e inalterabile nel tempo. Le specie possono così venire riconosciute ed è possibile determinare se una zona boschiva è stata un tempo un campo e quando è stata adibita a tale uso. Utile per coloro che cercano di ricostruire i luoghi dei campi di battaglia. 9. Resistività. Basata sulle resistenza del suolo, alta dove vi sono resti solidi e compatti, ma bassa in corrispondenza di bacini idrici sotterranei. Le condizioni del terreno sono però mutevoli e non sempre i risultati coincidono con quello che ci si aspetta 10. Magnometria. Il terreno tende ad acquisire una polarità magnetica nel corso dei millenni e un’area disturbata si mostrerà come un’area con scarsa o nulla polarità. Questo può guidare alla scoperta di muri, canali, condotti. 11. Rabdomanzia. I sostenitori di questa controversa tecnica pensano che la rabdomanzia sia una forma di magnometria, in cui gli esseri umani fanno in qualche modo da strumento per sentire eventuali irregolarità nell’orientamento magnetico del terreno. Non ci sono stati esperimenti sufficientemente controllati per confermare o screditare la credibilità dei rabdomanti. 12. Luminescenza termale. Questa tecnica può dare alcune indicazioni sulla datazione del riempimento dei letti di fossi o laghetti in cui vi è stato un accumulo di sali. Dal momento dell’interramento l’energia accumulata nel sale ricavata dalla luce solare inizia a scemare, la stima della rimanente energia in decadimento può indicare il tempo rimanente allo spegnimento completo. 13. Radar ipogeo. L’equipaggiamento è costoso, ma la tecnica può essere un rapido ed efficace modo per localizzare oggetti solidi nascosti. 1) Lemma sp. 2) Callitriche sp.; 3)Lycopus europaeus; 4)Ranunculus Subgen. Batrachium ; 5)Carex hirta ; 6)Carex outrubeae ; 7)Alisma plantagoaquatica ; 8) Chara sp.; 9)Typha latifoglia/angustifolia; 10) Zanichellia palustris subsp. Polycarpa ; 11) Najas minor

12) Olea europaea ; 13) Papaver somniferum; 14) Fragaria vesca; 15) Triticum aestivum/durum; 16) Triticum monococcum; 17) Vitis vinifera subsp. Vinifera; 18) Portulaca oleracea; 19) Ficus carica Reperti conservati per sommersione, tranne 15 e 16 per carbonizzazione. Alla provenienza dei reperti viene associata una precisa datazione. (da Caneva 2005).

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A sinistra grani pollinici rilevati a microscopio ottico, rispettivamente di 1) Picea excelsa; 2) Abies alba; 3) Pinus sylvestris; 4) Taxus baccata; 5) Cupressus sempervirens; 6) Populus alba; 7) Typha latifoglia; 8) Erica arborea A destra grani pollinici monocolpati rilevati a microscopio ottico: 1) Lycopodium clavatum; 2) Phyllitis scolopendrium; 3) Allium sativum; 4) Magnolia grandiflora; 5) Iris sp.; 6)Triticum aestivum; 7) Arando pliniana; 8) Phragmites australis; 9) Carex pendula (da Caneva 2005).

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IL VERDE E LA BOTANICA

“Non appena la terra sarà pronta, pettinata elisciata e chiederà semi, Allora dipingetela con fiori diversi come stelle in terra, Piantate le violaciocche bianche, gli astri dorati, E poi narcisi e bocche di leone accanto ai candidi calici dei gigli in fiore Anche giacinti,bianchi come la neve o azzurri come il cielo Seminate le viole- una scivolerà verso terra, l’altra crescerà dritta puntando al sole Verdeggianti nell’oro porporino – e non scordate la timida rosa”. L. Columella 167


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Il contributo del botanico L’accennato discorso alla multidisciplinarietà richiesta per un completo approccio al giardino storico, comprende sicuramente la botanica. Questa scienza risulta avere diverse diramazioni e ambiti di studio, diverse profondità interpretative con cui riconoscere una pianta determinandone classificazione tassonomica, età approssimativa o patentata, stato di salute (rischi strutturali e sanitari), storia (se è varietà autoctona, indigena, esotica). Il complesso di persone, di strumenti e di specializzazioni richiesto per soddisfare tali punti, può fornire la soluzione ad alcuni problemi che si presentano nei giardini storici: • Datazione attraverso microcarotatori e succhielli, o stima approssimativa • Storia della vegetazione • Analisi capacità vegetativa e riproduttiva degli esemplari e del loro rapporto con l’ambiente. Quest’ultimo aspetto pone necessaria la conoscenza dei cicli vitali e di riproduzione della vegetazione in sinergia con il giardino/ambiente che li ospita e quanto nuovi insediamenti vegetali possano propagarsi a stento, in equilibrio o diffusamente divenendo infestanti. La conoscenza del clima è l’apporto per prevedere il livello di adattabilità di un’esemplare, se identifica una particolare zona dell’ambiente analizzato si potrà determinare l’esposizione solare, la tipologia del terreno, le condizioni di acqua nel suolo (quest’ultima è la fonte prima attraverso cui il verde si sviluppa, è bene valutare i parametri di profondità e inquinamento) con cui identificare le specie adatte a quel particolare terreno. È bene inoltre, nell’ambito fitosanitario, svolgere azioni preventive su agenti patogeni, debellare le infezioni presenti sugli alberi e potenziarne l’immunità. Ricomporre la trama di alberi decimati da molti fattori avversi richiede professionalità e collaborazione, intuizione, prevenzione e ricerca. Dendrochirurghi, storici, botanici, giardinieri, artisti, restauratori, architetti possono interagire e completarsi a vicenda, è questa la vera forza che può sorgere dal sodalizio di facoltà e specializzazioni “Riteniamo infatti che questi siano problemi che si potranno affrontare solo se tutte le competenze saranno chiamate a fare la loro parte senza preclusioni di qualsiasi tipo […] perché la loro scienza sia messa utilmente a disposizione della comunità”295. La botanica può offrirsi e contribuire al restauro di un giardino qualora sia accompagnata da basi culturali e sensibilità riguardo il profilo artistico. Tale allargamento di conoscenze proprie di altri corsi di laurea può favorire il dialogo tra le varie professionalità coinvolte nel restauro o studio del giardino (ancora più significativo qualora sia storico). Il tecnico delle piante può intervenire per risolvere problemi e interrogativi botanici “limitati e straordinari, in cui è necessario uno specialista per risolvere un problema specifico, e quelli ancora più straordinari, onnicomprensivi di analisi e riprogettazione, col fine ben preciso di operare il restauro, in cui tutte le competenze devono essere coinvolte”296.

295

G. Moggi- G. Cellai Ciuffi, Il contributo della botanica nella sistemazione del giardino storico italiano, in G. Ragionieri, Il Giardino storico Italiano regione Toscana problemi d’indagine fonti letterarie e storiche, 1981, p. 341. 296 M. Cunico-G. Rallo 1997, p. 19.

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Problemi specifici

Sviluppo naturale delle radici di un albero. Per trapiantare questo esemplare senza preparazione occorre effettuare tagli che privano la pianta della chioma naturale e di tutte le radici periferiche assorbenti.

L’albero della precedente immagine estirpato dal vivaio a radice nuda la chioma è stata drasticamente potata. Anche dopo molti anni la pianta non assumerà più un aspetto naturale.

Estirpazione di un esemplare con sistema radicale preparato la chioma non viene mutilata. (Da Chiusoli 1984, disegni di M. P. Scagliarini)

La potatura finalizzata a ridimensionare gli alberi è una pessima abitudine, tale pratica era legata allo sfruttamento delle piante da frutta per renderle più produttive. In generale potare gli esemplari di un parco o di un giardino, oltre a ridurne il ciclo vitale, priva il sito della bellezza e del rigoglio dato dallo sviluppo dell’esemplare. “Perciò ripeto, no in generale alle potature con soltanto poche eccezioni”297,quelle che riguardano necessità architettoniche o dell’ars topiaria, per definire i viali o le carpinate; per tali risultati le potature opereranno sui rami più giovani, poiché potare sui rami di 5 o 10 cm di spessore vuol dire esporre la pianta a rischi d’infezione e squilibri vitali298.

297

M. Cunico-G. Rallo 1997, p. 19. La chioma, infatti si sviluppa in proporzione alla portata dell’apparato radicale, eliminare eccessivamente la chioma destabilizza tale equilibrio compromettendo le funzioni vegetative e vitali della pianta. 298

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Problematiche arboree e relative soluzioni.

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“ Le radici che sviluppatesi in proporzione alla chioma prima del trattamento si indeboliscono per fame, inoltre questa pessima abitudine, segno di inciviltà apre la strada ad insetti e funghi quanto meno saprofiti, soprattutto quando le ferite non vengono disinfettate, con la produzione di vaste carie che indeboliscono le strutture rendendo pericolanti branche e tronchi”299.

Due esempi di potature. La prima denota un pessimo intervento che indebolisce la pianta, la seconda un bell’intervento operato su platani da viale stradale..

Eccezione fanno solo gli alberi annosi e molto vecchi (es. magnolia, farnia), per i quali può essere di giovamento spuntare i rami terminali conferendo nuova freschezza e vitalità all’esemplare. Inoltre interventi drastici possono verificarsi in caso di eventi eccezionali, i fattori climatici inaspritisi negli ultimi anni possono compromettere una buona parte delle strutture vegetali, schianti, ma anche sradicamenti sono imputati a fattori temporaleschi di forte intensità: abbondanti nevicate, nubifragi, colpi di vento, grandinate interferiscono molto sulla vegetazione di parchi e giardini, “Per cui bisogna sempre intervenire per regolarizzare con la massima urgenza le ferite, questi eventi catastrofici vedono atterrato dalla ceppaia fino al 30% e più della componente arborea”300. Pronti interventi tempestivi guidati da veri esperti possono salvare il salvabile e riequilibrare i danni e le lacune formatesi in pochi minuti di nubifragio. “ I vari interventi devono essere posti in una lista d’importanza tenendo conto sia delle tecnologie e forze a disposizione, sia dell’egemonia dell’albero compromesso, sia della situazione anatomico fisiologica conseguente all’evento”301, Fattori come quello climatico sono il tramite attraverso cui un giardino o un parco trasforma la sua pelle. “Si determinano nuovi equilibri in quanto scompaiono piante dominanti, belle armoniche e a piombo e sopravvivono individui che da dominati , quindi senza un bel portamento diventano improvvisamente dominanti”, le loro caratteristiche fisiche possono, in questa nuova posizione, accelerare e risvegliare notevolmente la risposta di crescita, “ Sostituendosi a quanto la natura, ma anche l’uomo ha eliminato,[..] quando un individuo arboreo dominato perde la sua pianta dominante quasi sempre riacquista un forte vigore, espande notevolmente la propria chioma, gli incrementi legnosi arrivano a decuplicare”302. Per le deformazioni del tronco si può ovviare mettendolo in riga con l’uso di una fune tesa “a un fulcro fisso a terra, messi in tensione progressiva giorno dopo giorno”, oppure facendo ruotare un paletto intorno all’intreccio di corde”303. 299

Ibidem p. 20. Ibidem. 301 Ibidem. 302 Ibidem p. 21. 303 Ibidem…tale intervento raddrizza esemplari già maturi di diametro inferiore a 25 cm, unica richiesta e che la rizosfera della pianta sia zuppa d’acqua piovana e mantenuta tale per la durata dell’operazione. 300

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Le pressioni presenti all’interno della corteccia possono essere in parte gradualmente controbilanciate.

Xilotassonomia e dendrocronologia “La Lettura[…] in senso dinamico della situazione” di paesaggi, parchi e giardini “porta poi alla stesura di un progetto di restauro”304 La xilotassonomia ci consente di riconoscere la specie vegetale a cui appartengono gli individui ormai scomparsi ma che nelle loro tracce - ceppi, resti di radice, frammenti - testimoniano la loro esistenza all’interno della storia del parco o del giardino, questa scienza può attraverso questi scarsi indizi ricostruire la misura e la forma dell’esemplare. Accompagnata dalla dendrocronologia, scienza che può individuare “il periodo in cui quelle piante vennero messe a dimora”305, e l’evoluzione del clima che ha accompagnato e interagito con il ciclo vitale della pianta, dalla nascita fino al momento del rilievo. La dendrocronologia estrapola mediante un succhiello la sequenza completa degli anelli d’accrescimento, individuando perfino l’anno e la stagione in cui venne posta a dimora la pianta.

Carotaggio di un albero storico con succhiello di Pressler per la sua datazione (da Caneva 2005).

“Questi dati diventano importantissimi quando alla fine del progetto di restauro si dovrà affrontare il problema dei reimpianti[…] le informazioni, infine, provenienti da vari soggetti della stessa specie offrono la possibilità di generalizzare i dati e capire a fondo l’ecologia di questi ambienti”306. Parco bosco e giardino sono costituiti da comunità vegetali che coesistono e si distinguono per diversi caratteri riguardanti l’età, la dimensione, la specie. Esse vivono un continuo divenire e avvicendarsi all’interno dell’ambiente, in cui si possono riscontrare

304

Ibidem p. 22. Ibidem. 306 Ibidem. 305

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• • • • • •

Crescita del volume delle chiome Dominanza e soggezione di individui vicini Gravi precombenze e accrescimenti anomali di individui dominati Sviluppo spontaneo di nuovi individui Senescenza precoce di piante meno competitive Morte di tutti gli individui di una specie disadattata a quell’ambiente (per via di infezioni o terreno non più idoneo): selezione naturale Inesorabili fattori sono il motore che trasforma ed accresce, altera, seleziona, ma che in seno alla decadenza dona vita e prosperità. L’uomo può con la sua libertà d’azione favorire la vita e la prosperità, ottimizzando le necessità botaniche attraverso una corretta lettura e prospettiva che la botanica ed altre scienze offrono, collaborando con un sapere profondo ed elastico (adattabile ad ogni caso “verde” unico e irripetibile) che possa consegnare all’umanità “ Che nel frattempo è altrettanto mutata”307 un patrimonio autentico e leggibile.

Abattimenti e dendrochirurgia A volte all’interno di parchi o di giardini dismessi e abbandonati è necessario agire secondo metodi che sfrondino e ripuliscano da ciò che è decisamente superfluo. L’ablazione308 o il diradamento di specie infiltrate può essere “L’unica via per ridare alle piante, che hanno acquisito un diritto di vita, storico, architettonico e progettuale lo spazio per poter sopravvivere ed esprimere il pensiero di chi le aveva messe in situ”309. Come per comprendere il corso di un fiume se ne osservano gli argini, così per un giardino è bene riportare a chiara lettura sia tutto quanto è sopravissuto del progetto originario sia ciò che di saliente e caratteristico si è andato ad aggiungere nel tempo. Oltre a paesaggi e prospettive le piante ricalcano i passi attraverso cui l’entità parco o giardino si rivela e manifesta, l’abbattimento andrà a colpire, allora, solo quello che “La natura e l’uomo arbitrariamente hanno inserito a danno del contesto storico”310, mantenendo delle attenzioni anche verso gli elementi artificiali e naturali apportati fuori dal contesto storico, ma comunque significativi. Questi sunti sono da intendere con elasticità e sensibilità, ascoltando le reali necessità dell’impianto senza privarsi di strumenti che aprano a una più ampia e profonda comprensione degli avvicendamenti di cui il luogo ha memoria. L’ablazione delle specie infestanti avviene spesso tramite sradicamento.Gli abbattimenti riguardano le specie affette da gravi patologie, irrecuperabili o danneggiati da interventi manutentivi troppo drastici.

307

Ibidem. Eliminazione dei soggetti per zollatura e asporto o per abbattimento. 309 Ibidem p. 23. 310 Ibidem. 308

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Bolzano, giardini comunali, salvataggio di una vecchissima farnia. La cura e la chirurgia di salvataggio di vecchi alberi costano moltissimo, tuttavia dove ci si rende conto che in città un vecchio albero è ormai un bene irriproducibile vengono opportunatamente effettuati complicati interventi come questo (da Chiusoli, 1984).

Se le piante si fanno portavoce di questi avvicendamenti, le tracce di questa memoria assunta dalle piante possono giungere ad essere secolari. La dendrochirurgia è l’arte che interviene a favore di esemplari notevoli per prolungarne l’esistenza e estinguere gli elementi degradati. “L’intervento dendrochirurgico non può conservare la corretta morfologia” originale “ Ma determina una trasformazione violenta dell’aspetto estetico dell’oggetto da restaurare, non tanto imbruttendolo, quanto modificandolo rispetto al progetto previsto” o all’evoluzione incorsa. La dendrochirurgia è un’operazione attuabile quando nessun’altra possibilità può risolvere la situazione, essa “lascia l’albero quasi sempre risanato, ma non può certo nascondere le mutilazioni esistenti e quelle prodotte, è quindi da invocarsi solo in quei casi in cui è indispensabile la conservazione”311.

311

Ibidem p. 24… La dendrochirurgia non può comunque eliminare il fattore ciclo vitale, per il quale ogni essere vivente è destinato prima o poi alla morte. “La durata individuale della vita varia enormemente per moltissimi fattori intrinseci al soggetto vegetale (Di origine ereditaria, ma anche legata ai primi momenti di impostazione dei gameti, della successiva fecondazione e della germinazione) ed estrinseci, di tipo cioè, ambientale o climatico” .

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L’albero, come l’uomo, ha un intrinseco ciclo vitale, dato da bioritmi, funzioni svolte, specie d’appartenenza; risposte genetiche all’ambiente-clima costituiscono l’unicità di ogni esemplare. La dendrochirurgia va applicata quindi con criterio, essa segue la traccia offerta dal restauro nel senso moderno del termine312, “Rivolta a fermare il danno del tempo, a ciò che resta, ricucendone le parti per offrire una completa lettura”313. Questa non è una legge, ma un buon senso con cui rivolgersi all’eredità tramandata, ogni cosa invecchia, anche il giardino, ma sempre fresco e disponibile rimane il pensiero, il sogno o il sentimento che come scintilla ne ha acceso la fiamma verde; piante antiche e secolari hanno prolungato la loro esistenza, anche attraverso interventi estremi quali la dendrochirurgia, conservando quella traccia con cui il giardino nel tempo ha mantenuto un volto riconoscibile e per cui è riconosciuto.

Un esemplare di tiglio con una vastissima carie curata inutilmente con attrezzi dendrochirurgico. Molte volte l’intervento è il risultato di un compromesso fra le esigenze statiche della pianta e i tessuti infetti profondi. Alleggerimento della chioma per potatura e dendrochirurgia estrema possono essere applicati (da Cunico-Rallo 1997).

Per la fattura di un tempio non sono solo importanti il tetto o i pavimenti, sono importanti soprattutto le colonne, elevazione ed evocazione richiamano all’identità del luogo: gli alberi sono le colonne dei giardini, e i giardini sono templi dove la preghiera si innalza a composta natura. 312

Ibidem p. 23…”In passato più di oggi, si abusava del termine restauro; nell’architettura del passato questo sostantivo poteva rappresentare, con enorme scorrettezza , anche la demolizione e la ricostruzione ex novo del manufatto, spesso diverso sia nella sostanza che nella forma. Poi, via via, si giunse, in architettura, a discriminare già all’interno della parola fra quello filologico, quello conservativo, e quello interpretativo ed espellendo dal restauro propriamente detto, forme di ristrutturazione, recupero, ricostruzione e reinvenzione”. Per il verde le vie che guidano al restauro sottendono risultati diversi. 313 Ibidem p. 24.

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Accenni di Fitocronologia “La fitocronologia ha per oggetto l’accertamento di taxa botanici in un determinato territorio e va intesa […] come studio a carattere storico-botanico”314. I giardini, i parchi, i giardini botanici, i chiostri, i frutteti e gli spazi verdi siti nei centri storici sono considerati oggi, dall’unione europea, come monumenti315, essi videro fin dall’antichità l’introduzione di piante indigene adattabili ai nostri climi. Proprio sulle piante indigene la fitocronologia può fornire specifici apporti al restauro paesaggistico e del giardino storico. D’altronde è solo a partire dal XIV secolo che l’Europa conosce un considerabile incremento di nuove specie vegetali, “Le ricerche fitocronologiche trovano sviluppi ed applicazioni soprattutto nell’ambito del restauro e più in generale della tutela del paesaggio”316. I rapporti tra realtà storiche e apporti botanici possono far emergere “Alcune fondamentali trasformazioni dei monumenti verdi nel tempo”317. È solo di recente che si considerano le trasformazioni stilistico-botaniche avvenute nel corso dei secoli nei giardini come elementi chiave per comprendere le questioni di ordine paesaggistico e l’influenza dell’introduzione di piante sconosciute sull’ambiente e sulla società. L’impiego della fitocronologia, come scienza, può soddisfare la proposta della Carta di Firenze (1982) che “Nella scelta delle specie di alberi, d’arbusti, di piante, di fiori da sostituire periodicamente si devono rispettare gli usi stabiliti e riconosciuti per le varie zone botaniche e culturali, in una volontà di mantenimento e ricerca delle specie originali”318, garantendo interventi sulla vegetazione che rispettino il quadro storico, privi di quell’arbitrarietà e mancanza di corrette conoscenze che in passato hanno comportato numerosi errori e alterazioni. Molte delle migliaia di specie introdotte nell’ultimo millennio compaiono dopo il 1750, con incrementi notevoli per tutto il corso dell’800. Nei giardini coloristicamente statici del ‘500 per la dominante presenza dei sempreverdi, l’apporto dei ricercatori di essenze sconosciute nel corso d’ogni secolo ha contribuito ad estendere la tavolozza del giardino. “Con le incessanti introduzioni i monumenti verdi divenivano sempre più dinamici grazie ad una vegetazione polimorfa e variata. Per dare un ordine di grandezza dell’incremento nella diversificazione flogistica, diciamo che un grande giardino della seconda metà del ‘600 annoverava non più di 20-25 specie legnose, mentre negli impianti del secondo Ottocento, anche prescindendo da quelli a carattere di orto botanico, erano spesso presenti 80-100 specie arboree ed arbustive, di cui almeno il 60-70% non autoctone”319. Gli autunni nel XVI-XVII secolo dovevano apparire di un cupo color marrone320, per assumere dal XIX secolo in poi “Un impatto paesaggistico di eccezionale rilevanza, in quanto coinvolge tutta la massa fogliare, concentrandosi nei soli mesi di Ottobre e Novembre”321 le sfumature sono simili a quelle che offrono gli autunni del nostro tempo, rosso-arancione giallo marrone, forse non si considera ma l’impatto dei colori delle stagioni della natura si riflette anche nell’animo degli individui, condizionandone psicologia ed emozioni322. 314

F. Maniero 2000, p. 1…Si veda inoltre P. A. Saccardo, Cronologia della flora italiana, Padova, 1909 Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee N.C. 261 del 10/12/1992 316 F. Maniero 2000, p. 2 . 317 Ibidem. 318 Ibidem p. 3…Si veda inoltre V. Cazzato, Tutela dei giardini storici, Bilanci e prospettive, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio Studi, 1989. 319 Ibidem p. 25. 320 Le entità arboree dell’Italia pre-1750 “Offrono antitesi insignificanti e colorazioni fogliari di fine stagione poco vivaci. Alcune anzi, anticamente molto diffuse, come Carpinus betulus L., Fagus selvatica L., Quercus petraia Lieb., Q. pubescens Wild., Q. troiana Webb., trattenendo, più o meno intensamente il fogliame rinsecchito offrivano alla vista un cupo colore marrone” da F. Maniero 2000, p. 9. 321 F. Maniero 2000, p. 29 . 322 “ Un contributo di straordinario valore innovativo venne perciò dalla svariatissima gamma di brillanti tonalità rossoarancioni presenti soprattutto nelle specie cino-giapponesi e in quelle provenienti dall’attuale territorio degli Stati Uniti d’America. Alcune nordamericane, es Nyssa selvatica Marshall, Liquidambar styraciflua L., Corpus spp., Oxydendrum 315

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Le composizioni dei giardini pre-1750 miravano a gestire al meglio l’esigua varietà coloristica, ecco in parte spiegati il fenomeno dell’ars topiaria e delle scenografie artificiali barocche, miravano a variare scenari altrimenti monocromi, incrementando “l’attrattiva di questa flora autoctona intervenendo sulla forma, manipolandola in topiaria e sul colore ricorrendo a quella erbacea”323. Erano proprio le erbacee a colorare attraverso i giardini segreti le geometriche forme di verde perenne nei giardini italiani, inoltre “ Sia in città che in campagna esistevano giardini più piccoli, nei quali venivano coltivati quasi esclusivamente piante di fiori rari e pregiati”324, essi si inserivano come minuto equilibrio delle carenze cromatiche delle essenze legnose, ricamando aiuole attorno a viali, statue, fontane, giardini segreti. “Successivamente al 1750 l’introduzione massiccia di piante prima sconosciute modificò profondamente la fisionomia di moltissimi paesaggi”325, tra il 1824 e il 1920 per via delle esplorazioni naturalistiche condotte da europei e americano la flora non conobbe più limiti continentali. In Italia il collezionismo di appassionati botanici, studiosi si inserì in molti giardini di ogni regione326. “La diffusione su vasta scala delle nuove essenze con conseguente impatto ambientale, va attribuita all’attività degli stabilimenti agrario-botanici, detti anche orticoli o d’acclimatazione”327. Lo sviluppo dei mercati flogistici su scala internazionale (Olanda, Gran Bretagna, Francia), stimolò lo sviluppo e l’approvvigionamento dei vivai “Arricchendo così le proprietà non più solo dei più nobili, ma anche quelle appartenenti a fasce più ampie di popolazione”328. Il contributo delle esplorazioni e delle ricerche botaniche, dei biologi, della genetica degli ibridatori, selezionatori, semplici appassionati, a estendere e conoscere il patrimonio vegetale, oggi soggetto a gravi rischi d’impoverimento, continua tutt’ora.

Essenze legnose per il restauro del giardino storico Nel nostro tempo l’aumento dei fattori degenerativi (inquinamento, agenti atmosferici, microrganismi, patologie), si abbatte costantemente sulle opere presenti nei centri più inquinati, quali città e zone industriali, diffondendosi poi tutt’intorno. Questi luoghi sono da tempo riconosciuti non pienamente idonei per la conservazione di opere in pietra o monumenti, e del tutto lesive per quelle più sensibili, quali pitture e decorazioni, ma se da un lato le opere pittoriche possono venir periodicamente restaurate, ripulite e protette, per le opere trasposte e affidate dall’uomo alla natura l’intervento non è così immediato.

arboreum (L.) DC., Quercus spp., erano già prsenti in Italia nell’ultimo quarto del Settecento, mentre dall’estremo oriente significativi arrivi si registrano in gran parte nel secondo Ottocento (Acer spp., Enkianthus spp., Euonymus spp.)” da F. Maniero 2000, p. 30. 323 Ibidem p. 10. 324 Ibidem p. 14…Si veda inoltre G. Masson, Fiori quali pezzi da collezionare nell’Italia del secolo XVII, Arte Illustrata, 1970. 325 Ibidem p. 19. 326 “Roberto De Visani (1800-1878), nella sua prima nota del 1840, fornisce una elencazione di giardini botanici privati, elogiandone l’importanza ed il valore scientifico e culturale” da F. Maniero 2000, p. 21. 327 Ibidem p. 22. 328 Ibidem .

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La schedatura di elementi botanici notevoli deceduti e non può tornare utile per il monitoraggio e il rimpiazzo delle essenze legnose. Nel caso specifico la scheda indica un grosso tronco coperto dalla vegetazione infestante nel parco di villa Pisani.

In questo momento rispetto al passato, molte più specie vegetali sono sottoposte a un’inasprita selezione naturale dovuta anche all’attività antropica, solo le piante e le specie più resistenti possono prosperare in condizioni che per molte altre risulterebbero avverse. La perdita di varietà naturali rende necessario monitorare e proteggere il giardino inserito nel contesto urbano; le piante, oltre che svolgere funzioni sanitarie come vedremo più avanti, sono, in quanto viventi, destinate prima o poi al deperimento e alla morte, pertanto in molti giardini dovrebbero avvicendarsi periodiche sostituzioni, integrazioni, ricambi. L’avvicendamento tra esemplari vecchi e giovani permette infatti al giardino di rinnovarsi e presentare sempre vertici di prosperità. Ma la scelta delle essenze non è sempre così immediata. “riguardo alla scelta di essenze legnose, al restauratore si prospetta una serie di problemi, per risolvere i quali sono necessari profonde conoscenze botaniche (caratteristiche intrinseche delle piante) e storiche (relativa alla struttura originaria dei giardini da restaurare e alle modifiche avvenute nel corso degli anni)”329.

Confronto della presenza di piante ad alto fusto 1876 / 1998 nei giardini di Palazzo Reale. Si noti il drastico calo delle essenze meno resistenti all’inquinamento atmosferico portato dalle città odierne

329

V. de Dominicis, Problemi relativi alla scelta delle essenze legnose per il restauro del giardino storico, in G. Ragionieri, Il Giardino storico Italiano regione Toscana problemi d’indagine fonti letterarie e storiche 1981, p. 345.

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La botanica infatti è strumento volto a identificare attraverso l’aspetto caratteristico che ogni specie porta con se, non solo le peculiarità della specie stessa, ma le sue esigenze e i livelli di adattabilità con l’ambiente. L’enorme varietà trattata dai vivai comporta una vera e propria ricerca, il livello industriale e commerciale oggi raggiunto spesso esclude parte delle varietà antiche, considerate rarità e riprodotte da vivaisti a livello artigianale. I vari cambiamenti avvenuti più volte nei giardini antichi nel corso della storia, pongono spesso interrogativi su quale specie fosse l’originale; spesso le mode imponevano ora l’una ora l’altra specie, ma la ricostruzione di un giardino avviene proprio a partire dalla chiarezza che si ha sulle specie che lo costituiscono. Il De Dominicis, studioso e ricercatore, evidenzia un metodo che agisce per affinità comparativa, raggruppando secondo similitudini climatiche i giardini di un’area ristretta, analizzandone gli elementi botanici in ognuno e attuando un confronto dei dati tra i vari giardini è possibile ricavare la storia e l’avvicendamento dell’uso delle varie specie in una determinata zona; è d’aiuto conoscere la data d’origine dell’impianto. Il quadro delle specie botaniche anche se scomposto o alterato da manomissioni e cambiamenti può essere così ricomposto330. Risulta chiaro quanta importanza e aiuto possa fornire nel tracciare la rotta dell’evoluzione del giardino la storia della vegetazione. • Giardini di epoca recente possono ospitare Tigli, Platani, Ippocastani disposti a filare • alloro, bosso, cipresso, tasso, rosa ed edera sono propri del giardino ante ‘700 • tiglio, platano, ippocastano, lauroceraso, cedro del Libano, pino strombo, bagolaro, aceri caratterizzano il giardino del 700 Questo esiguo elenco evidenzia subito perché giardini di epoche diverse siano così diversi; non solo per via della cultura o della moda o della società, ma proprio per adattare gli impianti alle novità botaniche, molte piante venivano adottate e fornivano lo specchio di quello che l’uomo riteneva necessario nel giardino. Ad un percorso simbolico, estetico o scientifico corrisponde una particolare flora: la simbologia veniva identificata fin dai tempi antichi nelle piante sempreverdi (CipressoÆlunga vita, eternità, AlloroÆgloria, trionfo, BossoÆfortuna), l’estetica dal ‘700 apprezzava le specie caducifoglie che animavano il giardino di colori e di trasformazioni stagionali, la botanica invece enfatizzò le sue ricerche nell’800, appassionati e ricercatori introdussero specie esotiche e curiosità botaniche provenienti da ogni parte del globo. Una metodologia comparativa, in cui il riscontro botanico viene completato da fonti iconografiche, note d’archivio e catastali, foto aeree e da terra e quant’altro disponibile, può fornire un’attendibile traccia da seguire nell’eseguire interventi di restauro e rivolgere le attenzioni la dove vi sia realmente bisogno.

Tra le varie cause di decesso degli esemplari oltre alla morte biologica abbiamo quelli portati da fattori climatici (schianti e sradicamenti) e da fattori patogeni (Attacchi funginei e parassitari).

330

Ibidem p. 346.

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Nel caso di scomparsa di esemplari adulti per via di attacchi biologici, atmosferici o per termine del ciclo vitale si può operare integrando con un esemplare giovane e della stessa specie, se non lo si trova è bene attendere fino a che non si reperisce quello idoneo all’integrazione: “Sostituendo sconsideratamente si corre il rischio di pregiudicare per decenni o per secoli la possibilità di effettuare la soluzione giusta, perché una volta che la pianta ha attecchito ed è cresciuta non si ha più il coraggio d’eliminarla”331. I vivaisti e i ricercatori stanno operando per rafforzare le specie che oggi sono sotto pesante attacco parassitario (Cipresso, Olmo sono solo alcuni esempi). Sia inoltre affidata alla sensibilità del restauratore-artista “La scelta delle specie che sostituirà quella scomparsa”332. L’idea di giardino può lasciar ampio spazio all’immaginazione, quest’ultima può ricostruire la composizione nello scenario degli elementi artificiali e naturali, spazi aperti, orizzonti, ombre boschive, voci d’acqua, uno degli elementi fondanti la realtà del giardino, l’essere pianta, passa inosservato e silenzioso, dato a volte quasi per scontato. Ciononostante la pianta è il punto dove uomo e natura si ritrovano a cooperare, nel crescere la pianta rispecchia le caratteristiche del luogo in cui si trova, si modella sulla base di quali azioni l’uomo compia su di essa, e subisce la selezione dettata dalla natura. L’interpretazione a cui si dispone dipende, come nella maggior parte delle cose, da chi sia a percepire; diversa sarà l’interpretazione di un botanico da quella di un poeta e così via, ma la pianta è un elemento integro,vivente che può far da specchio alle diverse sfumature Ippocastano (anche cronologiche), con cui ( Aesculus hippocastanum) l’uomo intende e partecipa nel presente nell’Eremo Camaldolese di Torino. mondo. Il giardino è in sé un piccolo mondo e per questo la pianta non solo si manifesta con silenziosa presenza, ma può assumere significati e simboli che si rivelano esplicitamente nella composizione d’insieme.

331 332

Ibidem p. 350. Ibidem.

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Fattori Variabili L’infinita gamma di combinazioni e possibilità offerte dalla biodiversità vegetale ha permesso di intendere, utilizzare e articolare le piante ricalcando l’intento richiesto o ricercato dalla cultura, dalla società, anche dalla lungimiranza di alcuni individui. Le sfumature dell’evoluzione umana riguardano certo gli ambiti più diversi, ma forse pochi immaginano ( e da qui si comprende il continuo rinnovo subito dai giardini) che le modalità compositive e le specie utilizzate all’interno dei giardini denotano una certa epoca, un particolare luogo con particolari usanze e abitudini spesso sostenute dalle piante e dal modo con cui l’uomo (estensione della natura) le disponeva; attraverso la sua mano e nel corso dei secoli si sono resi produttivi e fiorenti esemplari selvatici, la prosperità,il decadimento o l’introduzione di alcuni esemplari risultava a favore o contro la selezione naturale di altre specie. Gli esperimenti agricoli, artistici, scientifici con le piante hanno arricchito e trasformato le tradizioni con cui l’uomo ha modificato l’ambiente, i boschi e il paesaggio. La scelta delle piante riguarda la funzione che il giardino deve assumere e tale funzione si è continuamente modificata con le epoche, ma nel giardino, attraverso molti cicli stagionali, i contrari diventano complementari se non si opera con interventi distruttivi, dalla sopravvivenza allo svago, dall’ordine al selvatico, dal rigore classico al bosco e all’aperto paesaggio, su quanti ritmi e per quante necessità i volti del giardino si sono espressi e compenetrati. Di altra entità è il fattore pianta nel giardino storico, bene culturale, di cui anche le piante garantiscono il valore. Il Generale Sherman è un imponente esemplare di sequoia gigante (Sequoiadendron giganteum). Si tratta di uno degli esemplari più alti al mondo di tale specie, raggiungendo gli 84,8 m. Sebbene non sia l'albero più alto del mondo (il primato appartiene attualmente alla Sequoia sempervirens chiamata Hyperion) è sicuramente il più grosso in termini di volume, e si può considerare il più grande organismo vivente per volume. Il suo volume è stato stimato in 1489 m³. L'albero si trova nella Foresta Gigante nel Parco nazionale di Sequoia, a est di Visalia in California e si ritiene abbia tra 2300 e 2700 anni. Venne chiamato così in onore di William Tecumseh Sherman, un generale della Guerra di secessione americana, dal naturalista James Wolverton nel 1879.

Esemplari secolari richiedono cure particolari (soprattutto quando presenti nelle città, contesto che non conoscevano all’origine così come lo viviamo noi), molto lunghe e non sempre di successo333. La differenza e la similitudine tra la pianta e altri elementi costituenti il giardino risiede proprio in interventi che a volte modificano i rapporti d’insieme nel giardino: ad esempio potature maldestre possono irrimediabilmente danneggiare la forma assunta nel tempo dagli alberi, all’inverso potature non eseguite possono alterare la forma di siepi e dell’arte topiaria così come smembramenti o modifiche di apparati lapidei e della forma di aiuole e viali trasforma (e non di poco) l’aspetto del giardino.

333

La dendrochirurgia è una scienza che risulta operare in estremis, ponendo interventi mirati e radicali sulla struttura infetta della pianta alterandone spesso la fisiologia ma protraendone il ciclo vitale. Si attua su esemplari arborei notevoli, di valore storico e culturale, che forniscono riferimento ineguagliabile al contesto in cui sorgono.

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Inoltre molte piante secolari non sono facilmente rimpiazzabili, specie antiche possono risultare introvabili o scomparse dai mercati, ed è necessario molto tempo prima che rimpiazzino la lacuna lasciata dal precedente esemplare.

Castanea sativa a Fredville in Inghilterra. Il vecchio e maestoso esemplare ha la circonferenza del fusto di quasi 10 metri.

Rapporto Pianta-Clima

Elemento selettivo nei riguardi della biodiversità vegetale e delle piante inseribili in un giardino è il clima. Cambiamenti notevoli di clima possono avvenire su brevi distanze, i fattori infatti che lo determinano sono molteplici, correnti d’aria, fasce costiere, pianure, fiumi, montagne, etc.

La varietà climatica dell’Italia si rivela nella tarsia delle numerose fasce di vegetazione. I fattori che le determinano sono molteplici: Tipologia del terreno, presenza d’acqua, correnti d’aria.

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Esempio è il parco della Burcina a Biella, dove oltre ai Rododendri hanno attecchito piante d’altri climi e d’altri continenti proprio per le particolarità climatiche di quella zona (di solito molto umida)334. Altro esempio notevole costituisce la zona occidentale della Toscana, caratterizzata da giardini molto ricchi di varietà vegetali rispetto a giardini situati al centro o a levante della regione. È incredibile come ogni paese, regione o altitudine si rivela con uniche sfumature e insiemi vegetali, che non solo evidenziano le caratteristiche del luogo, ma lo identificano in un determinato paesaggio, ogni giardino deve le sue trasformazioni, oltre all’opera dell’uomo, a fattori climatici di portata capillare, fenomeni che diventano il metro del tipo di verde e la forza primaria a cui esso s’adegua. Si conosce la sensibilità al clima delle piante per come ogni Cartina del biellese con indicati i principali parchi e giardini nell’intorno di Biella. stagione, ogni pioggia o siccità venga registrata all’interno dei tessuti vegetali e che costituisce oggi una branca della scienza atta a definire l’evoluzione del clima attraverso quello che esemplari vegetali secolari hanno vissuto nel corso degli anni. Gli anelli d’accrescimento degli alberi rivelano infatti con precisione ogni avvenimento che ha interagito con la loro crescita335. “Il clima e la natura dei substrati sono gli elementi che determinano, nella loro sistemica integrazione, i diversi tipi di vegetazione. Se si ragiona a piccola scala (aree molto estese) il clima ha una maggiore importanza, se si ragiona invece a grande scala, il substrato e il suolo assumono un ruolo determinante”336.

Distinzione e similitudini tra flora esotica e flora indigena Relativamente alla specie di un albero occorre innanzi tutto dare una definizione su cosa intendiamo con il termine indigena ed esotica. “La definizione più pertinente è quella legata all’areale”337. Come si sa molte specie non sono confinate ad un singolo paese, seppur possano prendere parte (talvolta fondamentale) nei giardini, nei boschi e nel paesaggio, la zona geografica che delimita l’areale di crescita di una determinata specie spesso si estende ben oltre il limite nazionale, seguendo fasce a similitudine climatica e territoriale, adottando sfumature d’adattamento a volte anche molto ampie. Specie che crescono con vigore e si riproducono spontaneamente all’interno di una fascia territoriale che comprende più paesi, possono definirsi indigene. Esempio è per l’Italia il castagno (Castanea sativa), specie indigena poiché cresce spontaneamente in più paesi del mediterraneo ed è presente naturalmente in Toscana. Esotiche invece sono tutte quelle specie che non colonizzando spontaneamente un preciso paese, vi sono state introdotte per via umana, adattandosi di poi alle diverse condizioni ecologiche. 334

Per approfondimenti sui giardine e parchi di Biella si veda E. Accanì-G. Rezza, I Giardini del Biellese, Biella 1998. La scienza che si occupa di tale pratica è definita Dendrocronologia, può analizzare non solo le caratteristiche proprie dell’individuo, ma anche peculiari al clima e ad ogni evento esterno che ne ha accompagnato la crescita. 336 C. Blasi, Università degli studi di Roma La Sapienza, 2005, Tipi di vegetazione, p. 370. 337 A. Strazzullo, Indigene o esotiche?, Comune di Arezzo Ass. Ambiente 2005, p. 1. 335

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Per specie “esotiche” importate in epoche remote, il termine esotico decade e si assume quello di naturalizzate, facendo queste ultime parte integrante del paesaggio. Specie come il cipresso comune (Cupressus sempervirens) il cui areale spontaneo risiede nel mediterraneo orientale, può definirsi per l’Italia specie naturalizzata. “Altre specie naturalizzate sono i cedri, i calocedri, le tuje, il tassodio – tra le conifere; la mimosa, altre acacie, e il glicine – tra le caducifoglie: tutte piante largamente diffuse nelle nostre città da molti secoli, introdotte solo dopo la scoperta dell’America e dopo il viaggio di Marco Polo nelle Indie. Già nel XVI secolo i nobili facevano a gara per coltivare e per mostrare nei giardini delle proprie ville alberi nuovi”338.

In virtù delle moderne tecniche di coltivazione e conservazione, e grazie alla rapidità dei trasporti, ormai non c’è fiore o frutto che non sia diffuso o conosciuto in ogni parte del mondo. Fiori o frutti esotici ora, in realtà, non sono più tali e moltissime specie sono coltivate in regioni anche lontanissime da quelle d’origine: l’unico limite è posto dalle condizioni climatiche. Nelle due cartine sono indicate le aree d’origine di alcuni fiori e frutti fra i più conosciuti e diffusi (da Conoscere le piante, Malipiero editore).

338

Ibidem .

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Piante senza frontiere Proprio per via della naturalizzazione che possono subire alcune specie di origine esotica “L’indigeno e l’esotico risultano molto più intrecciati di quanto si pensi”339. I fattori naturali di rimestamento della flora per via spontanea, a partire da epoche preistoriche, sono stati fortemente alterati ed accelerati, soprattutto in tempi recenti dall’azione antropica. Per interesse agricolo, sperimentale, decorativo o per casuali impurità presenti nei semi importati da altri paesi (dai quali ci si approvvigionava per avere le sementi appunto o per provare nuovi elementi per la coltivazione), sono subentrate nella flora italiana i papaveri, i fichi d’India, in tempi recenti l’infestante sorgo d’Aleppo, o alberi quali la robinia o l’alianto, tali e molte altre specie si sono naturalizzate iniziando a riprodursi spontaneamente, propagandosi oltre il controllo agricolo. “Non tutte le piante importate si sono diffuse nella stessa maniera: qualcuna si è ritagliata poco più che una nicchia di sopravvivenza , altre invece si sono dimostrate invasive su vaste aree della nazione (o del Continente)”340. Il presente discorso è reciproco per gli altri continenti, America, Oriente, Brasile e tanti altri paesi stanno subendo l’invasione nei loro territori di alcune delle specie indo- arabo- europee, che stanno insediandosi nel paesaggio e caratterizzandone la vegetazione. Oggi norme e regolamenti tutelano la biodiversità venutasi a creare nei secoli in Italia (ormai considerata propria del paese) e in Europa. “ Il paesaggio non è solo uno sfondo estetico alla vita, è piuttosto un istantaneo scenario che esprime e allo stesso tempo definisce le condizioni”341. “Non dimentichiamo che le oltre 6700 piante vascolari attualmente censite nella flora italiana costituiscono, anche sottraendo le circa 700 esotiche naturalizzate, la metà delle specie stimate per l’intera Europa”342. La presenza delle esotiche in Italia varia a seconda delle zone, aumentando notevolmente proprio in corrispondenza dei centri urbani (il perché si vedrà più avanti) e delle regioni con infrastrutture e industrie maggiormente sviluppate ( si stima che il 10% delle piante esotiche sia situato nelle zone collinari italiane, e che oltre il 50% sia situato nelle zone suburbane della Lombardia). Le conseguenze per le campagne e i boschi Esempi di piante esotiche infestanti: a sinistra robinia (Robinia pseudoacacia); a destra ailanto (Ailanthus altissima)

limitrofi sono incontrollate, “ La Robinia pseudoacacia nordamericana e ancor più l’Ailanthus Altissima cinese, grazie alla velocità di crescita, stanno letteralmente cancellando in alcune zone i querceti misti ricchi di fiori e funghi, tipici del nostro paese”343.

339

A. Zambrini, luglio 2007, Flora esotica. Ibidem. 341 D. Ogrin 2005, p. 5. 342 C. Blasi, Università degli studi di Roma La Sapienza, 2005, Tipi di vegetazione, p. 371. 343 A. Zambrini, luglio 2007, Flora esotica. 340

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Le specie spontanee sono curiosamente mantenute prolifiche nei giardini: l’alloro, il lauro tino (Viburnum tinus), il leccio, il Taxus baccata, il castagno possono continuare a diffondersi proprio trovando un apporto e un caposaldo nei giardini d’intorno ( il giardino può conservare l’istantanea di una flora in rapida evoluzione). Specie d’esotica origine quali l’Amorpha fruticosa, i pioppi ibridi del Canada, la stessa robinia sono colonizzatrici assidue delle fertili sponde fluviali, caratterizzandone ormai la flora. Dalle importazioni remote di semi e piante d’oriente quali cipresso, lino, rosolaccio, ulivo, vite si passa ad un marcato apporto botanico dalle Americhe, i prati, i calanchi, i sottoboschi e i giardini si colorano di verdi e di fiori fino a prima sconosciuti: la Veronica persica, l’iris, le giunchiglie,…queste caratterizzano puntiformi aspetti dei campi e del paesaggio, ma l’alterazione ambientale si ha nelle aree a intenso sviluppo urbano “Dove L’uomo ha maggiormente distrutto la vegetazione originale e importato delle nuove piante dai quattro angoli della terra: Conyza canadensis, Erigeron anuus, Phytolacca americana, Acer negando, Buddleia davidii, Amaranthus retroflexus sono tutti i giorni davanti ai nostri occhi”344. Le moderne e intensive tecniche di agricoltura stanno mettendo sotto scacco alcune di queste specie ormai naturalizzate: il fiordaliso, il tulipano e l’Anemone coronaria spariscono di fronte all’uso di pesticidi e diserbi usati su larga scala, ma che ormai stanno (almeno in Italia e in Europa) lasciando il posto a interventi eco-compatibili che le future generazioni dovranno approfondire ed integrare, per via di una consapevolezza che si spera possa estendersi. Spiragli nel presente naturale possono diventare concrete realtà, e proprio i paesi più avanzati hanno i mezzi per trasformare la possibilità in azione.

Percentuale delle varie presenze arboree e arbustive nel comune di Perugia (da SALVAGUARDIA DEL PAESAGGIO URBANO: I GIARDINI STORICI DI PERUGIA, atti del convegno Volontà, libertà e necessità nella creazione del mosaico paesisticoculturale, Cividale del Friuli - UD, 25-26 ottobre 2007).

344

Ibidem.

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Passato e presente vegetale Le piante fondamentali attraverso cui il giardino all’italiana si definiva e caratterizzava erano relativamente limitate: Alloro, Leccio, Palma, Pino, Cipresso, Bosso, Tasso, Agrumi, Rose, Ginepro, Mirto, Agrifoglio; da queste il giardino all’italiana traeva quella semplice eleganza con cui venivano delimitate siepi, terrazze, viali, disegni, sculture. Non solo il tipo di piante ma anche la rispettiva quantità donava al terreno l’aspetto di giardino piuttosto che di parco, elementi di tenore decorativo o indigeni potevano integrarsi nei boschi e nei paesaggi, è il caso del cipresso fin da epoche remote, d’epoca più recente è il caso della Robinia pseudoacacia, introdotta nel secolo XVII in Francia (di cui sopravvive ancora il primo esemplare introdotto presso St. Julien des Pauvres a Parigi), o dell’alianto (Alianthus altissima), introdotto per allevare la sfinge dell’alianto, sostituta del baco da seta. Queste piante ora si presentano a carattere infestante e dominano buona parte dell’ambiente345. “Alberi, arbusti rampicanti, erbe perenni, erbe annuali rappresentano a seconda della loro quantità, qualità, proporzione e modo reciproco di sistemazione un elemento determinante del giardino”346. Le piante minori s’inseriscono a compendio di quelle legnose perenni, offrendo una trama di varie tonalità vegetali, ritmiche che se ben rapportate rompono qualsiasi monotonia. I giardini francesi comprendono l’utilizzo di piante quali tiglio, olmo, acero, pioppo, faggio, quercia proprio per far guizzare il giardino nello scorrere delle stagioni; le loro chiome mutevoli dovute alle stagioni offrono spettacoli ricercati in quel tempo, certo tali piante non vengono usate per fare siepi, ma il nudo tronco invernale viene apprezzato come elemento a sé estendendo le sfumature salienti del giardino. Altro elemento da considerare è l’inserimento, fin dai tempi remoti di piante indigene. La complessità a determinare il periodo dell’introduzione di una certa specie, rivela quanto questo fenomeno fosse comune e naturale, specie sconosciute venivano introdotte per via commerciale, militare, culturale, via terra o via mare, diverse sono le vie con cui l’uomo ha arricchito nei secoli la biodiversità dell’ambiente. “ La distinzione tra pianta indigena e pianta esotica talora non è così semplice come può apparire a prima vista, poiché se è facile per le piante per le quali abbiamo documenti sulla loro introduzione in Europa e in Italia negli ultimi due o tre secoli, resta problematica per quelle la cui presenza in Italia risale ad epoche remote. Ecco quindi che fra le piante esotiche ve ne saranno di quelle ormai perfettamente acclimatate perché introdotte in epoche antichissime, come il cipresso, il platano o il noce (che forse è addirittura indigeno nel nostro territorio); altre introdotte in epoche storiche più recenti e quindi l’introduzione può essere come molte conifere (sequoie, araucarie, Chamaecyparis, tsuga, ecc) o gli eucalipti, alberi talvolta ancora non ben acclimatati nel nostro paese”347. I diversi tempi d’accrescimento di ogni pianta hanno reso il giardino un luogo dove sperimentare oltre che creare, dove comprendere e osservare le diversi simbiosi e i rapporti scambiati tra le diverse specie della natura. “La conoscenza tassonomica di ogni individuo importante ci consente di raggiungere una conoscenza adeguata della storia del sito distinguendo le autoctone dalle esotiche, le storiche dalle sopraggiunte. Possiamo scoprire, così, le superfetazioni vegetali e metterne in discussione la permanenza sia nell’interesse storico del parco, sia, soprattutto, nell’interesse di un corretto messaggio culturale”348. La vorace diffusione della Robinia pseudoacacia o dell’Alianto, attesta quanto l’introduzione delle piante dai diversi paesi del mondo possa comportare una vera e propria trasformazione del territorio e del paesaggio. 345

G. Caneva 2005, p. 208. G. Moggi- G. Cellai Ciuffi, Il contributo della botanica nella sistemazione del giardino storico italiano, in G. Ragionieri, Il Giardino storico Italiano regione Toscana problemi d’indagine fonti letterarie e storiche, 1981, p. 335. 347 Ibidem p. 336. 348 M. Cunico-G. Rallo 1997, p. 22. 346

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“ La ricerca dell’epoca d’introduzione di una pianta in un giardino più che uno studio strettamente scientifico è una vera e propria indagine d’archivio che può essere condotta dal botanico tanto attraverso l’esame dei documenti storico-scientifici del giardino (ad esempio cataloghi di piante presenti nelle varie epoche, sia pubblicati che inediti) quanto con lo studio, per quanto riguarda le piante esotiche, dell’epoca del loro trasferimento dall’ambiente naturale successivamente alla loro scoperta, fino alle zone di coltivazione in Europa e in Italia”349.

Note di piante della ditta Fratelli Sgaravatti di Saonara (Padova; Schio, Biblioteca civica, Archivio storico del senatore A. Rossi, 1881)

Catalogo di piante e semi dei floricoltori e orticoltori De Burnier & David e Marenda & Portier.

349

G. Moggi- G. Cellai Ciuffi, Il contributo della botanica nella sistemazione del giardino storico italiano, in G. Ragionieri, Il Giardino storico Italiano regione Toscana problemi d’indagine fonti letterarie e storiche, 1981 p. 340.

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Dagli orti ai giardini botanici

Padova: Orto dei Semplici, veduta d’insieme

Tralasciando la mole di aspetti, ipotesi e raffigurazioni che identificano i giardini più antichi (Babilonesi, Egizi, Romani), una notevole trasformazione dell’elemento pianta si ha dal medioevo in poi. In quest’epoca i giardini erano rinchiusi da mura e conservavano coltivandole specie utili alla vita: vite, ulivo, alberi da frutto, verdure e ortaggi vari, piante medicinali ed erbe aromatiche, tutte tenute con gran cura. Il giardino si adattava alla struttura arroccata delle città in quel tempo, ma con la riapertura delle vie di trasporto e la rinascita della prosperità tra il XIV e il XVI secolo i giardini si aprono e prendono ad ospitare piante apprezzate per il loro fogliame e la loro simbologia. Nei secoli a seguire si amplia e di molto, il numero delle specie conosciute, l’introduzione del sistema di classificazione binomiale, accelera lo scambio di specie vegetali a livello europeo, eludendo le difficoltà linguistiche. Sempre più specie trovano posto nei giardini, formando tra il XVII e il XIX secolo vere e proprie collezioni.

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Giardino esotico (Da Tagliolini 1994).

“ Devono avere contribuito in maniera determinante i viaggi d’esplorazione, specialmente nelle Americhe, in Africa e in Asia, così frequenti tra nel XVI e nel XVII secolo, durante i quali molti scienziati, insieme con le loro preziose esperienze di viaggio, riportarono numerosissime piante raccolte nei loro luoghi d’origine e che furono coltivate nei principali giardini d’Europa”350 Si estendono e caratterizzano all’interno dei giardini strutture ospitanti le varie specie, costruendo serre, limonaie, locali adatti e appositi per far sopravvivere in climi avversi piante d’altri continenti. Alcune piante si sono diffuse per via di mode a carattere internazionale: Camelie, Cicadee, Rose particolari, son diventate protagoniste contemporaneamente in diversi giardini. Dagli antichi Herbularius medievali e attraverso le varie fasi costitutive la storia dei giardini, la botanica si è elevata a scienza autonoma, libera d’arricchire con i vasti ambiti delle proprie ricerche i diversi giardini nel mondo. Ma “Nel restauro, quindi, dovremo prestare molta attenzione a rimettere nel giardino, o parco, solo quelle piante a disposizione del progettista; esattamente come si dovrebbe fare nel restauro d’un quadro d’epoca, utilizzando solamente i colori presenti sulla tavolozza del pittore del tempo e non del restauratore d’oggi”351.

Orto Botanico di Padova.

350 351

Ibidem p. 337. M. Cunico-G. Rallo 1997, p. 22.

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I giardini tra campagna e città

“L’ordine delle cose procedette che prima furono le selve, dopo i tuguri, quindi i villaggi, appresso le città, finalmente le accademie”. Vico 193


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Prospettive

Le campagne si sa sono l’elemento attraverso cui l’azione antropica si concatena con il paesaggio e la natura. Abbiamo parlato delle trasformazioni dello scenario arboreo che ormai avvengono in rapida successione e subito si riconosce come proprio nelle campagne possano verificarsi delle anomalie e delle alterazioni che si ripercuotono sul paesaggio. “Infatti nelle zone extra urbane, si verificano i guasti maggiori ad uno degli aspetti principali del paesaggio: cioè l’aspetto prevalente della vegetazione”352. Nell’interpretazione del sistema ambientale e del paesaggio vegetale prevale attualmente una visione integrata, che dà ampio spazio all’uomo con le sue attività353.

A sinistra evoluzione dei simboli relativi alle coperture forestali (da Dainville). A destra, ricostruzione delle fasi di messa a cultura di un appezzamento disboscato - abbattimento - incendio degli scarti per ripulire e fertilizzare il terreno - Spietramento della risultante radura - Coltivazione e pascolo - Abbandono. Nascita di una brughiera peculiare del nuovo suolo (da Caneva, 2005)

352

A. Chiusoli 1984, p. 14. “ La Conoscenza approfondita dell’ambiente naturale, dei suoi parametri fisici, e degli aspetti paesaggistici legati alla vegetazione, alla cultura alla tradizione di utilizzo umano, è indispensabile per una corretta opera di progettazione. Il tessuto su cui opera il progettista è il paesaggio rurale italiano che […] è un paesaggio antropizzato: fin dall’epoca della colonizzazione romana, ed ancor prima in alcune zone, la vegetazione spontanea costituita dalle selve primigenie, venne spazzata via dall’uomo, ansioso di conquistare nuovi spazi alla pastorizia ed all’agricoltura”…Ibidem. 353

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A lato, avvicendamento tra le piantagioni operate dall’uomo per il suo fabbisogno e quelle spontanee naturali, definite secondo le qualità climaticheambientali caratterizzanti ogni area e paese. Sotto, simbologia della vegetazione (Carta topografica del Regno LombardoVeneto 1833).

La flora è dunque l’insieme delle piante che vivono in un determinato luogo, mentre per parlare di vegetazione si deve avere una composizione floristica e una struttura collegata a un pattern di distribuzione legato alle caratteristiche ambientali. Non si parla infatti di vegetazione nel caso di coltivi o di rimboschimenti. La vegetazione si studia su base floristica ed ecologica (fitosociologia) con l’obiettivo di individuare un sistema di riferimento gerarchico (sintassonomia), nel quale inserire le diverse comunità o raggruppamenti vegetali. Alla base della sintassonomia (come nella tassonomia abbiamo la specie) si ha l’associazione vegetale definita come: “un aggruppamento vegetale più o meno stabile o in equilibrio con il mezzo ambiente, caratterizzato da una determinata composizione floristica, nel quale alcuni elementi esclusivi o frequenti rivelano con la loro presenza un’ecologia particolare e autonoma”354. Le modalità con cui avvengono le alterazioni possono essere di tipo immediato; traumi sono dovuti a interventi radicali e a volte irreversibili verso il paesaggio: cave, sbanchi, discariche, spianamenti, disboscamenti, incendi, edilizia, opere quali ponti, strade, gallerie, elettrodotti. Gli effetti creati da questi interventi sono evidenti. Ora non si vuole qui polemizzare verso i grandi lavori e cantieri che costituiscono parte del progresso infrastrutturale ed energetico di un paese e che allacciano i vari stati dell’Unione Europea a una rete comune, si vuol solo sottolineare quanto queste opere abbiano trasformato una vasta porzione di territori, saturandone l’aspetto e lasciando solo ad alcuni spicchi di paesaggio una panoramica incontaminata e originale. 354

C. Blasi, Università degli studi di Roma La Sapienza, 2005, Tipi di vegetazione, p. 370.

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“Ciò forse è dovuto anche al fatto che per volere di un certo signor Carlo Vecellio, la ferrovia AstiChivasso, progettata nella vallata tra Cerreto e le colline su cui sorgono Cocconato e Aramengo è stata fatta deviare con tanto di raccolta firme degli abitanti di Aramengo […] forse senza rendersene conto Carlo Vecellio aveva fatto un’importante operazione di salvaguardia del paesaggio”355.

Alcuni esempi di infrastrutture introdotte per le moderne necessità tra i brani del paesaggio, che comunque rimane un valore da preservare. L’architettura odierna inizia a valutare ed eseguire progettati secondo il minor impatto ambientale. (da discussione Deontologie per il paesaggio).

Questo è solo un esempio, ma rivela quanto spesso le decisioni vengano prese a tavolino trascurando interamente realtà costituitesi in secoli, per non dire millenni. Forse i paesaggi italiani che oggi sono liberi dall’avvento delle infrastrutture devono la loro “libertà” a chi l’aveva a cuore considerandoli come patrimonio e necessità delle future generazioni per riconoscere una continuità con cui esprimere ogni tipo di virtù e talento. “Di origine subdola sono invece i danni, a volte potenzialmente altrettanto gravi dei precedenti, derivanti dall’impianto di specie vegetali non adatte ai differenti ambienti”356, Avvengono per mancanza di lungimiranza e per ignoranza delle conseguenze che possono avere tali interventi, è necessario un profondo sapere rivolto all’ambiente naturale, dei parametri in esso coinvolti e di come possa evolversi e ripercuotersi nell’insieme ogni apporto botanico. “ I molteplici ambienti pedoclimatici, gli svariati modi impiegati dall’uomo per la colonizzazione e la conquista del suolo ha continuato a svilupparsi e ad evolversi fino ai nostri giorni, seguendo una dinamica imperniata prevalentemente su fatti antropici e sociali”357. Il verde come arredo rurale deve integrarsi a tutti i livelli del paesaggio, da quello estetico, a quello biologico, a quello climatico, i fattori da considerare sono molteplici e molteplici sono gli effetti che si rivelano negli anni portando o verso l’armonia o verso il degrado. “Nelle zone di campagna […] i rischi di creare nuove strutture male inserite nel paesaggio – per non parlare di ciò che può succedere in campo biologico – sono senza dubbio maggiori”, essendo le campagne un promiscuo tra l’incedere vegetale spontaneo e “forme d’aggregazione della vegetazione (paesaggio culturale) derivate dall’intervento umano”358. Le modalità con cui interagire con il verde rurale sono o di mantenimento: rafforzare e ampliare i punti notevoli e gli elementi caratteristici e recuperare restaurando le zone degradate del paesaggio agrario; oppure di costruzione ex-novo, riproponendo un tipo di paesaggio semi-naturale, che non sovverta, ma anzi rievochi gli aspetti più invitanti e aderenti della tradizione, della storia e della natura locale.

355

M. Devecchi-M. Volpiano 2008 p. 199. A. Chiusoli 1984, p. 14. 357 Ibidem. 358 Ibidem p. 16. 356

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“Entrambe queste scelte da un punto di vista naturalistico sono forzate”359, ma utile è agire sensibilmente rispetto all’ambiente reale, alla presenza umana, alle campagne limitrofe, essendo questi interventi il tramite tra l’uomo di oggi e quello di domani.

Veduta della campagna piemontese tra Torino e Precetto. La campagna caratterizza da sempre il paesaggio, i campi coltivati e le attività agricole costituiscono parte fondamentale del patrimonio ambientale. Preservarle e averne cura significa garantire alle generazione presenti e future un valido riferimento rivolto alla natura e alle attività umane ad essa correlate.

La città e i giardini Nuove alleanze tra verde e costruito

Più volte si è rilevato come l’uomo interagisca, in maniera diretta o indiretta intensamente con la natura. La presenza dell’uomo agisce come punto d’equilibrio attraverso cui si modificano, per via ! delle più varie esigenze, gli ambienti naturali. Il meccanismo di cooperazione naturale tra gli elementi e l’uomo dona a quest’ultimo una prerogativa in cui profondo è il suo partecipare, ma solo apparente il suo dominio, infatti qualsiasi forma di avversione alla natura finisce per rivolgersi prima o poi anche contro l’uomo stesso, facendo egli parte di una catena evolutiva che lascia piena libertà di rivolgersi creativamente all’ambiente, modificandolo gradatamente. Torino, parco di villa Genero, veduta della città dal punto più alto del parco.

359

Ibidem p. 17.

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“ In genere questi ambienti umanizzati sono ecosistemi dotati di minor equilibrio, cioè sistemi più deboli che spesso o quasi sempre, hanno poi bisogno del continuo intervento dell’uomo per sopravvivere”360. La rottura iniziale degli equilibri porta sempre alla creazione di equilibri più deboli, più instabili, più dipendenti dall’uomo per la loro esistenza. Ambienti invasi dal progresso e dall’aumento demografico rendono quasi impossibile la vita alle piante, i ritmi che fervono nelle città sono ostili a molte specie vegetali, “Una strada cittadina infatti, è molto spesso per le piante un ambiente più sfavorevole di quello che incontra un albero nato sulla parete rocciosa di una montagna”361. Oltre alle avversità naturali la pianta deve lottare anche contro l’inquinamento, la cementificazione, interferenze che indeboliscono le strutture vitali. Lo spazio ridotto, la scarsa o nulla areazione del terreno, polveri, sostanze tossiche, stress idrici, mancanza di luce rendono la sopravvivenza possibile solo a poche specie arboree. “ Quando si colloca a dimora un albero in città, dunque, bisogna fare un’attenta riflessione, sulla possibilità di adattamento della specie all’ambiente urbano, un ambiente artificiale, fortemente alterato rispetto a quello delle zone rurali o boschive”362. In città il verde viene regolato secondo le necessità a cui ottempera: verde di viale, verde condominiale, verde comunale, verde pubblico, verde privato, ma spesso la manutenzione agisce in maniera meccanica, interi filari presenti nelle vie cittadine vengono letteralmente decapitati da eccessive potature, che compromettono la salute e la dignità degli esemplari e ne accorciano l’esistenza. Occorre agire con soluzioni ponte tra le necessità cittadine e quelle vegetali, poiché gli alberi svolgono, all’interno di un contesto denso e artificiale come le città, funzioni vitali e indispensabili. Con questa consapevolezza è bene preservare con cura gli esemplari più antichi e laddove possibile intervenire per evitarne il deperimento (operazione spesso complessa e costosa, ma che offre risultati insperati) e inserire le varietà più resistenti dando priorità a quelle autoctone o naturalizzate, offrendo una sorta di continuità con il paesaggio naturale, “Ma tutto questo vale se le autoctone sono in condizione di sopravvivere all’ambiente delle grandi città fortemente inquinato, altrimenti ripeto, se le specie autoctone muoiono, pur di avere un albero bisogna, se esistono esotiche resistenti, ripiegare su queste”363. La città in quanto ambiente estremo, risulta ostile alla vita spontanea naturale (con differenti gradi e livelli anche a seconda di quanto grande e abitato sia l’agglomerato urbano), “Avete mai visto un filare di castagni, di cerri o di roverelle nelle nostre città? Probabilmente no! Non riuscirebbero ad adattarsi, quindi, a sopravvivere”, a seconda del livello d’inquinamento il patrimonio arboreo possibile viene a diminuire, favorendo il predominio di alcune specie “Purtroppo fra le specie indigene, poche sono quelle in grado di adattarsi alle avversità ambientali della città, come pure rare sono quelle in grado di rispondere ad esigenze precise in fatto di caratteristiche somatiche e fisiologiche. Ciò rende inevitabile, pertanto, l’impiego in città di specie esotiche”364.

360

Ibidem . Ibidem “Sottilissime plveri si attaccano alle foglie e ne impediscono la respirazione. La stessa luce solare, indispensabile alla vita delle piante, può essere insufficiente perché filtrata dallo smog.L’albero in città soffre perché ha poca o nessuna acqua a disposizione o, al contrario, perché l’acqua ristagna creando un’ambiente asfittico per le redici. Le asfaltature e le pavimentazioni continue fino al piede dell’albero impediscono l’areazione del suolo. Se poi non vi è asfalto, il calpestio comprime il terreno riducendolo a una sorta di calcestruzzo impenetrabile per l’acqua e per l’aria, entrambe indispensabili alla vita delle piante”.. Ibidem p. 19. 362 A. Strazzullo, Indigene o esotiche?, Comune di Arezzo Ass. Ambiente 2005, p. 2. 363 A. Chiusoli 1984, p. 20. 364 A. Strazzullo, Indigene o esotiche?, Comune di Arezzo Ass. Ambiente 2005, p. 2. 361

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Uno studio Americano365 attribuisce a queste specie il maggior grado di resistenza a specie quali: Quercus palustris, Quercus phellos, Gincko biloba, Fraxinus pennsylvanica, Fraxinus velutina, Acer platanoides, Sophora japonica, Gleditsia triacanthos, Amelanchier canadensis, Ailanthus altissima, Laurus nobilis, Robinia pseudoacacia. Queste ed altre specie vengono impiegate con “successo” nelle città. “Occorre poi considerare altri aspetti, quali le caratteristiche pedoclimatiche del luogo, lo spazio disponibile, l’inquinamento ambientale, le caratteristiche estetiche della specie, quelle intrinseche quali le dimensioni, allergenicità, fragilità del legno, velocità di accrescimento, caratteristiche dei frutti, conformazione dell’apparato radicale, resistenza a organismi patogeni, ecc”366. In questi ultimi anni da noi molte specie, soprattutto autoctone o naturalizzate sono bersagliate, decimate oltre che dalle difficoltà cittadine anche da calamità naturali e avversità In città piante di origine esotica come l’Ailanto biologiche: non hanno problemi di adattamento, gli ippocastani (Aesculus hippocastanum, assumendo i caratteri infestanti che dilagano in Aeusculus carnea), l’olmo (Ulmus campestris), le ogni terreno incolto e trascurato farnie (Quercus peduncolata), i bagolari ( Celtis australis), gli stessi cipressi (Cupressus sempervirens) sono in difficoltà, colpiti dai fattori (microrganismi ostili, abbassamenti freatici, muffe, etc) che stanno gradualmente privando la vita cittadina della loro presenza. La ricerca e il lavoro di esperti ha messo a punto soluzioni che possono equilibrare il decadimento di queste specie, ceppi robusti alle forme virulente, trattamenti preventivi, interventi “dendrochirurgici”, ma molto è ancora necessario per tutelare al meglio queste ed altre specie arboree. “Occorre considerare, infine, che l’introduzione controllata nelle città di specie arboree esotiche, arricchisce la varietà del genoma arboreo, riducendo contestualmente il rischio che mutazioni climatiche o particolari patologie virulente possano incidere gravemente sulla vitalità e sulla consistenza del patrimonio arboreo urbano”367.

365

T.H. Elias-H.S. Irwin 1976, Urban Trees, Scientific American, p. 111-118. A. Strazzullo, Indigene o esotiche?, Comune di Arezzo Ass. Ambiente 2005, p. 2. 367 Ibidem. 366

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Politica del verde e informazione: le alberate di Torino presentate in occasione della Mostra Forestale di Bari del 1934 (“Torino”, n. 2/1935).

Norme vigenti guidano gli impianti di verde urbano, date distanze e altezze precise segnano il destino verde per ogni via che ospiti filari d’alberi, “ Lo squallore del verde di arredo stradale urbano di molte città italiane è spesso dovuto all’inosservanza di queste norme”. Ogni problema compare solo in seno ad una soluzione già presente, sta all’ingegno trovarla e adottarla, la scelta delle piante si riflette sulla comunità e sullo stato di benessere dei cittadini, il futuro delle nostre città è costituito dagli alberi, Torino, Varsavia, Bolzano non sarebbero tali senza il loro arredo verde, che le fa respirare, vivere e fiorire. Piantare bene alberi oggi è una promessa per un mondo più abitabile, dove le città non sono solo un manifesto al cemento, ma una sfumatura grigio-verde del paesaggio368. “L’ordine delle cose umane procedette: che prima furono le selve, dopo i tuguri, quindi i villaggi, appresso le città, finalmente le accademie”369.

368 369

Si veda E. Howard e le città giardino. Vico, in Dossier Ambiente e Salute, n 11, Agosto-Maggio 2001, p. 42.

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Funzioni igenico-sanitarie del verde. Gli alberi restaurano l’aria di città “D’altra parte in nessun altro ambiente la vista di un gruppo di alberi, di qualche fiore o di poche foglie verdi, può esser di maggior ristoro per lo spirito umano, ma soprattutto di autentica utilità per la sopravvivenza della specie umana”370. Gli innumerevoli servizi di depurazione che le piante offrono silenziosamente e quotidianamente alle città sono spesso dati per scontato o del tutto ignorati. Oltre al ciclo vitale che le piante rendono chiuso trasformando elementi di scarto in aria pulita e ossigenata e disponibile all’ambiente, esse tutelano con la loro presenza la salute dell’uomo; le chiome infatti oltre a rendere disponibile parte dell’ossigeno che respiriamo raccolgono sulla loro superficie fumi, polveri, catrami, sottraendoli ai nostri polmoni. “Spessi diaframmi arborei possono attutire notevolmente il rumore del traffico”371 e rendere piacevole la vista, portando un po’ di brezza di natura nella nostra quotidianità. Oggi certe zone a traffico limitato, limiti per auto non catalitiche euro 0 e il rinnovo di impianti termici con caldaie a miglior efficienza, termovalorizzatori, teleriscaldamento aiutano a spurgare la città delle sue esalazioni tossiche, ma per l’aria le piante restano il fattore igenico primario. Di seguito sono elencate alcune funzioni svolte dagli alberi nelle città: • Depurazione chimica dell’atmosfera: la concentrazione di CO2 nell’atmosfera non dovrebbe superare l’1%%. Nelle città la respirazione umana, il riscaldamento domestico, gli impianti industriali ed i motori delle automobili aumentano la concentrazione di CO2. Le piante con la fotosintesi clorofilliana assorbono CO2 durante il giorno fissando il carbonio ed emettendo ossigeno, un ettaro di prato fissa normalmente 10 quintali di carbonio proveniente da CO2, un ettaro di bosco cinque volte di più. • Fissazione dei gas tossici: oltre ad assorbire CO2, utile a loro stesse, le piante assorbono anche altri gas, come l’anidride solforosa e li metabolizzano contribuendo a depurare l’atmosfera. Tale attività, utile per l’uomo, è però nociva per la vita delle piante che deperiscono e anche muoiono. • Depurazione batteriologica dell’aria: le particelle di pulviscolo cariche di batteri sono trasportate dall’umidità atmosferica sulle foglie ove sono soggette ad una sterilizzazione ad opera dell’ozono liberato dalle piante. • Fissazione di polveri, prodotti catramosi ed oleosi: un prato raccoglie, a parità superficie da 3 a 6 volte più polveri di una superficie liscia, un albero 10 volte più di un prato. Le polveri così raccolte, lavate dalle piogge, vengono incorporate dal terreno. Anche le polveri, che causano l’ostruzione degli stomi, sono dannose alle piante • Emissione di vapore acqueo e regolazione termica: la vita è possibile soltanto con un determinato tenore d’umidità dell’aria. Poiché l’emissione di vapore è collegata ad un assorbimento di calore si può affermare che, entro certi limiti, l’albero in città esercita una funzione termoregolatrice nei periodi caldi. • Schermo antirumore: uno schermo di vegetazione costituisce la migliore difesa contro il rumore provocato dal traffico urbano. I migliori risultati sono dati da sieponi molto alti di alberi ed arbusti a fogliame persistente, senza interruzioni fino al suolo, e con uno spessore di almeno cinque metri372.

370

A. Chiusoli 1984, p. 20. Ibidem. 372 Fonte dati A. Chiusoli 1984, p. 19. 371

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Conclusioni

“ L a tr a di zi o n e n o n r i g u a r da pr e se r va r e e c u sto di r e l e c e n e r i , m a m a n te n e r e l a fi a m m a a c c e sa� . Paul Janet

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MANTENERE LA FIAMMA ACCESA:

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LA CONSERVAZIONE DEI GIARDINI NEL VENTUNESIMO SECOLO

Eremo Camaldolese di Torino, ingresso monumentale

Prima di entrare nel merito della conservazione dei giardini nel ventunesimo secolo è necessario inquadrare la conservazione dei giardini e il ventunesimo secolo nel loro ampio contesto considerando tre punti generali. 1 La sola costante è il cambiamento, e il tempo scorre in una sola direzione. Nella recente conferenza Landscape 2050 si riportano dei paralleli dell’inequivocabile scorrere del tempo attraverso i piccoli gesti quotidiani che scandiscono ogni fare umano e naturale. Tutto scorre e la natura ha la gran virtù di non dimenticare nulla del suo operare incessante.

373

B. Richard, Keeping the flame alight: garden conservation in the 21st century, “The Horticulturist” 16:1 (inverno 2007), 6-9, traduzione in italiano a cura di Paolo Gullino.

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Ogni albero mantiene memoria nella sua stessa essenza testimoniando attraverso gli anelli di crescita ogni cosa accaduta nel tempo, stagioni fertili e rigogliose succedute ad altre siccitose, eventi propizi ed altri improvvisi e devastanti vengono fedelmente registrati nella vita dell’albero , il quale attraversando ogni sorta di possibile travaglio e adattamento costruisce se stesso e si caratterizza. Selezione naturale per molti esemplari e longevità dei più robusti sono i termini con cui la natura si arricchisce e varia, offrendo nel ciclo del tempo periodi favorevoli e tempeste improvvise. Cambi di stagioni mai identici sono fattori che operano creativamente sull’ambiente stesso. Duecento anni fa molti degli insediamenti umani erano villaggi sparsi in una terra rurale marcata da giardini prati e boschi in cui si svolgevano le faccende umane , e di queste ultime ne erano il tramite primario, il perno attorno a cui gravitava la sussistenza stessa dell’insediamento. L’evidente utilità di questi aspetti del fare e del piacere umano collegato alla natura venne rimpiazzato con la crescita delle città nel senso moderno

2 Ogni tentativo per restaurare e conservare i giardini storici fa emergere molti problemi Possiamo noi ricreare la storia o fare almeno un tentativo? Può l’attenzione al passato inibire l’innovazione e la creatività del futuro? Dunque la domanda più difficile è che cosa è la storia? Nella fortuna di aver visitato il Giappone mi resi conto visitando la capitale antica Nara di alcuni templi datati nono secolo in restauro. Molti templi nella storia di Nara vennero distrutti durante le battaglie del quattordicesimo secolo, e bruciati nel diciannovesimo secolo. Comunque sia, a lavori ultimati il tempio di Nara del nono secolo daterà fisicamente 2020? La Storia esiste poichè noi abbiamo la memoria per ricordarla. L’essere umano può sentirsi orgoglioso o vergognarsi della memoria di ciò che la storia ha tramandato, la nostra condizione nel presente è tesa tra l’istinto animale e le anticipazioni previste ed impreviste del futuro. Nello stato attuale l’identità presente è la somma totale del passato. Noi viviamo oggi come surrogati del passato condizionando così inevitabilmente il futuro.

3 il progresso umano e tentennante Horace Walpole ha scritto: “In uno stato dettato da opulenza e lussuria nessuna generazione futura si accontenta della perfezione stabilita dai suoi antenati” In Man e Superman Gorge Bernard Shaw ha dichiarato: “L’uomo si stanca di tutto, del paradiso non di meno che dell’inferno” Lo storico dell’arte Ernest Gombrich ha espresso la stessa idea :” Ciascuna generazione è ad un certo punto in rivolta contro gli standard dei propri padri”

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Giardinieri comunali (“Torino”, n. 6/1937).

Da queste definizioni le tradizioni non possono mai aver ragione. Ogni 30- 50 anni una nuova generazione rifiuta gli ideali delle generazioni precedenti e si rivolge a una nuova direzione. In cerca di nuove direzioni gli iconoclasti tendono a reinventare o riscoprire aspetti di un passato remoto, sempre più remoto e dimenticato facendo così apparire nuovi valori, che in realtà sono solo ripescati, così facendo adattano, ma non ricreano la storia. Per riassumere molto semplicemente la storia dei giardini, i giardini medievali erano miniature, molto funzionali e pratici, privi di ogni azzardo del paesaggio naturale. Nel rinascimento i giardini divengono molto più ampi, più ordinati, emergendo per contrasto dal paesaggio circostante ma aprendosi gradualmente ad esso attraverso aperture e punti di vista guidati. Sul finire del settecento la geometria venne rimpiazzata dal paesaggio stesso. La natura e il giardino si fondono riportandone gli aspetti più notevoli ed emozionanti. Nell’ottocento il nudo naturalismo di Capability Brown venne soppiantato . la Natura venne imbrigliata da abili giardinieri, creando giardini specchio dell’era industriale, con fattezze eclettiche e geometriche come Trentham. Reazioni contro gli eccessi dell’era vittoriana portarono al minimalismo del movimento moderno. Più recentemente, il modernismo internazionale, non così popolare in Inghilterra, ha dato il via ai giardini ecologici o giardini storici, con segni all’orizzonte di una nuova era di istallazioni iconoclaste e giardini esotici. Come tutto questo si collega alla conservazione dei giardini? Questa turbolenta e molto semplificata storia dei giardini ha due scogli: fare nei nuovi giardini lo specchio di ogni generazione ( rododendri in Sussex nel 19esimo secolo, rose antiche in Gloucestershire nel 20esimo e anche il giardino subtropicale in Staffordshire nel 21esimo secolo ) e il rimodellarsi dei vecchi giardini ad opera delle nuove concezioni come Blenheim e Stourhead. Comunque, la mia personale visione è che in nessun luogo un giardino dimenticato per più di quaranta anni possa mantenere intatto il suo carattere e preservarsi naturalmente dalla crescita di infestanti e dal decadimento delle sue strutture costituenti o dalle nuove generazioni di giardinieri. Blenheim e Stourhead come siti del giardino sono attestati da più di tre secoli, ma la sopravvivenza al loro abbandono può resistere per non più di quaranta anni. La vivacità di un giovane parterre può diventare disordinata e inimmaginabile nel giro di qualche decade. Templi nobili del settecento paesaggistico divengono casupole non appena i piccoli alberi intorno a loro crescono in alti esemplari. La ricca varietà di specie piantate nel 19esimo secolo diviene una fascia monocromatica non appena rododendri e lauri estendono la loro supremazia.

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Un aspetto importante della storia dei giardini e lo storicismo o revival con cui si caratterizzavano. Il neogotico era la rievocazione del medievale nel XVIII secolo per creare un’atmosfera di rispetto e timore. Alla fine del secolo Repton ha utilizzato l’antichità, per esempio il giardino dei monaci a Ashridge, per dare ai suoi nuovi ricchi clienti un autentico pedigree d’antico, e nella metà dell’ottocento l’ingegnoso sistema di catalogazione di J.C. Loudon degli stili storici ha dato i natali all’eclettismo vittoriano nell’architettura e nel giardinaggio. A Blenheim il primo duca di Marlborough commissionò a Vanbrugh, London e Wise la creazione del più suggestivo giardino formale del paese. Il quarto duca chiese a Capability Brown di eliminarlo del tutto. Nei primi anni del novecento il nono duca commissionò ad Achille Duchene di disegnare nuovi parterre con timbro storico Lancelot ‘Capability’ Brown. decorati con sfingi modellate dalla sua seconda moglie, Consuela Di Nathaniel Dance, 1770 Vanderbilt. (National Potrait Gallery, Questo fa emergere nuovi problemi. Londra) Fino a che punto il restauro dei giardini è considerato una moda estesa nelle ricreazioni dei duca e perché si restaurano e conservano giardini storici? Per rispondere alla prima questione, si da valore a quegli aspetti della nostra vita piacevoli, familiari, e a ciò che si ha paura di perdere. Nell’orto di Wahlafrid Strabo, si dice della pennyroyal (Mentha puligerum), un’erba comune in Europa, ma molto rara e costosa in India” ciò che è raro sta sotto il cielo, sotto un altro sta in così abbondanza come la cosa più comune ed economica che si abbia. Alcune cose che non consideriamo regni ricchi pagherebbero grosse somme pur di averle” Ignoriamo ciò che abbiamo in abbondanza - perfino l’aria e l’acqua prima del tardo Ottocento-. Bisogna avere cura di ciò che è raro specialmente quando rischia di scomparire, come le orchidee o i macaoni nei primi del ventesimo secolo o le magnifiche dimore dell’ultima parte del secolo o, si presuppone, le fredde e piovose estati inglesi del nuovo millennio. Fu la drammatica perdita di spazi aperti a partire dalla fine del diciannovesimo secolo che spinse alla formazione della società per la tutela dei pascoli, spazi aperti e dei sentieri e della National Trust. Furono le dirompenti estati nella prima metà del ventesimo secolo a spingere la Natinal Trust a prestare attenzione alle case storiche e fu il proseguire di ciò che riguardava tale ambito a spingere sempre la National Trust per i punti di interesse storico o di bellezza naturale ad acquistare il giardino di Lawrence Johnston a Hidcote Manor, in cui vi era un paesaggio naturale con una lunga storia, nel 1947. Fu questo evento felice che sospinse la Trust ad acquistare in successione alcuni dei maggiori prosperi e tramandati giardini come quello nel castello Sissinghurst e Bodnant, e da qui acquisire i servizi come consulenza ai giardini riferiti a Graham Stuart Thomas, John Sales e ora Mike Calnan e le squadre che essi hanno fin dall’inizio sviluppato e promosso. Nel 1965 la società dei giardini storici fece la sua comparsa, un piccolo gruppo con intenti di ordine esoterico, ma che trovarono la simpatia del pubblico. I pochi membri della società incoraggiarono la National Trust nel promuovere il restauro del Westbury Court nel Gloucestershire, si propose di indirizzare il Newbury passando intorno al parco di Capability Brown a Highclere piuttosto che passarci attraverso. In un paese assillato dallo sviluppo il giardino era un’icona confortante e i giardini vecchi o storici, ancora di più. L’attrazione per il restauro dei giardini riguardava una manciata, al massimo una minoranza della popolazione.Con il volgere dei tempi , la disponibilità aumenta e la National Trust cresce rapidamente, il carro dell’azione restauro inizia a progredire.

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Le successive decadi videro il restauro di Erddig (enfatizzando il ruolo dell’uomo comune in una magnifica dimora e giardino), Biddulph Grange ( con escavatori che segnavano la loro via con la segnalazione pubblicitaria di programmi televisivi), Hampton Court ( il governo sponsorizza il restauro) e perfino i Victorian Garden, molto disprezzati fino di recente, come Cragside e Bettisfield. Più recentemente la lotteria dell’Heritage Found ha lavorato preoccupandosi del supporto del restauro del parco pubblico Victorian, quindi , prendendo a prestito la terminologia del cinema, il restauro sta arrivando in un giardino vicino a te. I principi e le tecniche per restaurare sono cambiati radicalmente dai restauri di quarant’anni fa (Westbury Court), cosicché il restauro dei giardini continua a far emergere questioni importanti di ordine pratico e filosofico. Molte di questi sono già stati discussi ampiamente e elegantemente da John Sales, ma qui ne elenchiamo alcune delle più rilevanti: • In un paese dove molti giardini storici si sono conservati e trasformati nel corso di varie generazioni, che cosa dovrebbe essere restaurato, di quale periodo e quanto approfondita dovrebbe essere l’operazione di ripristino? il rapporto del 1981 sullo stato di conservazione di Stourhead ha segnato una pietra miliare nella gestione della conservazione, ma in queste aree riportate al diciottesimo secolo,dovrebbe la Flymo del ventesimo secolo essere sostituita dalla falce? Dovrebbero i giardinieri indossare abiti da lavoro tipici del diciottesimo secolo? • Come possono incontrarsi la tutela dei giardini storici con la domanda di parcheggi per auto, servizi, e negozi – provvista? Con quale intento è il giardino storico è un prodotto dell’industria del turismo? • Si dovrebbero mantenere i genuini e storici alberi pluricentenari di Hampton Court oppure toglierli per lasciar posto alla ricreazione del Parterre del 1600? • Si dovrebbero rinstallare gli schemi alborei nei parchi dell’epoca vittoriana oppure costuire tracciati per BMX? • In passato erano disponibili un gran numero di persone che vivevano nella povertà, come si può garantire la tradizione del giardino senza più poter disporre della mano d’opera a basso costo?( Si ricorda che in passato per poter gestire un giardino erano necessari schiere di giardinieri vista l’enorme complessità degli apparati decorativi e della loro manutenzione) Nella democrazia del capitalismo la risposta a tutte queste domande deve essere posta definitivamente nella scatola dei ballottaggi o al mercato, nelle leggi di fornitura e richiesta. Se noi, un genuino gruppo minoritario di orticoltori, crediamo che i giardini offrano la guarigione dalle nevrosi della mente moderna (e molti di noi lo credono) dobbiamo lavorare e diffondere il messaggio alle menti più sensibili che c’è un forte rischio che molti dei nostri giardini vengano ingoiati dalla foga dei supermercati o dalle speculazioni edili. Che cosa significa questo per la conservazione dei giardini del ventunesimo secolo? Bisogna fare una precisazione prima di poter rispondere a tale domanda: le idee seguenti e opinioni sono puramente personali e non rispecchiano la politica di nessuna organizzazione con cui io sia o sia stato in contatto. Io credo che la conservazione, tenendo fermo il passato, sia una forma naturale e più o meno sana della nostra psiche se non si arringa nei suoi aspetti più estremi. Lo studio della storia può essere illuminante – mette l’oggi in prospettiva, offre un gran numero di magnifiche e potenziali soluzioni ai problemi odierni. È anche un’innocua attività e mantiene gli storici; inclusi gli storici dei giardini, occupati e non privi di lavoro. La storia ci può anche procurare esempi di creatività e di design che possono ispirare i nostri sforzi, donando forza e radice alle fronde presenti del fare umano. In termini più semplici, Piet Oudolf può imparare un trucco o due leggendo William Robinson. Comunque, per ritornare al punto precedente, la storia è una strada a senso unico dotata di molti specchietti retrovisori, possiamo guardare indietro, ma non tornare indietro. 209


Ritengo inoltre che la storia del restauro dei giardini nel ventesimo secolo può essere divisa in quattro fasi o stadi: 1. Preservare. I giardini stanno scomparendo e noi dobbiamo salvarli dalla distruzione 2. Restaurare. I giardini che sono stati salvati non godono delle debite cure e manutenzioni (alberi cresciuti a dismisura e fuori controllo, laghi non drenati e incurati, confini pieni di infestanti e incurati). Si deve riprendere lo stato di abbandono o mal curato in cui molti giardini si trovano 3. Conservare. Nei giardini non esiste intervento che sia definitivo. Si deve pensare al giardino che si ha da restaurare come un’opera ancora in creazione ed esecuzione, come a un quadro in cui il lavoro di un artista non sia ancora concluso. 4. Saturare. Noi ora abbiamo molti giardini in buono stato e ben tenuti, integrandosi così con la vita di tutti i giorni a tal punto da manifestarsi non più come meri oggetti, ma come ecologie viventi. Ci si dovrebbe occupare dello scioglimento dei ghiacci e dei cambiamenti climatici. Per chi tra gli esseri umani crede in un valore insito nella natura del giardino come un componente essenziale di una società civile, la conservazione dei giardini nel ventunesimo secolo deve coinvolgere due nuovi riferimenti: educazione ambientale e ricreare integrare rinnovare l’ambiente. Molti dei più grandi giardini hanno ora programmi di sensibilizzazione al verde e punti precisi nel farlo. Condividere con i bambini in modo particolare questa realtà del giardino. Si andrà così a creare una nuova generazione con la capacità concreta di un più sostenibile stile di vita che possa salvare e migliorare la terra. Didattica e programmi di sensibilizzazione daranno ai giardini storici un nuovo riferimento e si spera delle nuove generazioni che apprezzino i giardini storici e trovino in essi la conseguenza di un’illuminata filantropia commerciale. Ricreare, vedere la nostra eredità come una forte base sulla quale si può costruire piuttosto che come un grosso peso che ostacola la nostra crescita è il secondo aspetto vitale della conservazione nel ventunesimo secolo. Dieci anni fa, riferendosi alle implicazioni di Mavis Batey nella strategia del paesaggio del Thames, Kim Wilkie ha scritto: “Lontani dall’essere limitati e dal guardarsi a ritroso, la storia del paesaggio ha un grande futuro in quanto punto di partenza per sviluppare un nuovo design, non solo all’interno di pubblicazioni modello ma osservando gli ispirati esempi della pratica antica della paesaggistica si può riportare il nostro futuro ambientale in un ottica più umana e naturale”. Ciò che gli individui hanno dato nel passato può e dovrebbe ispirare noi a fare con lo stesso spirito cose nobili per il futuro, lasciando così un mondo un po’ migliore di come lo si è trovato. È molto appropriato che si rifletta oggi su tali questioni a Trentham. Trentham era una magnifica casa con giardino in stile italiano disegnato da Sir Charles Barry. Ha colto la magnificenza del rinascimento italiano del passato adattandola nelle peculiarità inglesi. Con Gorge Fleming come capo giardiniere, si sono utilizzate idee d’avanguardia e le ultime tecniche di giardinaggio – non solo le elaborate stratificazioni delle terrazze, 8 ( di cui William Robinson ne enunciò il disprezzo)ma il giardino selvatico descritto in Cronache dei giardinieri nel 1848 quando Robinson aveva solo dieci anni. Durante il Novecento il successo dello sviluppo industriale nella zona portò così tanto inquinamento dell’acqua e dell’aria a Trentham che il Duca e la Duchessa del Sutherland si trasferirono a Cliveden nella più pura aria delle Themes valley. La casa fu demolita e il giardino divenne un parco pubblico in un area ad aumento smog. Dieci anni fa Trentham fu comprata attraverso promesse. Nel 2006 ritornò splendida, ma la parte migliore non è ciò che Piet Oudolf e Tom Stuart-Smith piantarono, né l’amministrazione brillante di Michael Walzer. 210


Ora tocca ai giovani giardinieri, molti di loro ancora tirocinanti, godere ovviamente del loro lavoro nel mantenere e sviluppare un paesaggio che darà emozioni e intuizioni si spera a milioni di visitatori di tutte le ere, le etnie e i credi possibili. Quando stavo preparando questa relazione mi ricordai di andare nel centro visitatori del parco di Phoenix a Dublino e lessi lungo l’ingresso una citazione del filosofo francese Paul Janet : “ La tradizione non riguarda preservare e custodire le ceneri, ma mantenere la fiamma accesa” La conservazione dei giardini storici del ventunesimo secolo non ha più un termine in se stessa, essa acquista significato in un fine ancora più nobile: accordare le persone in modo rassicurante con il loro passato, in cui si esalta la bellezza, in cui lo stimolo e la terapia dell’ambiente nel presente possa ispirarci per creare già ora gli innesti per un più alto e semplice livello di civiltà nel futuro.

G. A. Rol, paesaggio, 1950 collezione privata.

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