La Fenice Nr. 2

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La Fenice No 2 ­ Primavera 2022 L'eterno viandante Attualità dell'iniziazione martinista La filosofia della libertà in Louis-Claude de Saint-Martin La barba di Aronne (2a parte) Louis-Claude de Saint-Martin e la via cardiaca (2a parte) Essere martinisti (2a parte) Gli Ordini Illuministici e l'Ordine Martinista

Loggia Martinista "Silentium" Info e conta : loggiasilen um@gmail.com


La Fenice No 2 ­ Primavera 2022

La Fenice è il notiziario della Loggia Martinista "Silentium" dedicato agli studi sul Martinismo e sulla Tradizione. È uno spazio di incontro fra quanti, animati da interno desiderio, vogliono condividere la propria esperienza con coloro che sono in cammino o si apprestano a farlo, nel solco della Tradizione.

L'editing e la pubblicazione online sono a cura di: Iperion S:::I:::I::: ­ Bes S:::I::: Le immagini e la revisione dei testi sono curate da: Eros S:::I::: ­ Hathor I:::I::: Hanno scritto su questo numero della rivista: Iperion S:::I:::I::: ­ Aerman S:::I::: Aspasia S:::I::: ­ Eros S:::I::: Ehlyel I:::I::: ­ Crisi I:::I:::

Sommario Editoriale ‒ La Fenice: una rassegna martinista ‒ La ice

Rassegna Martinista ‒ L'eterno viandante ‒ Attualità dell'iniziazione martinista

Sentieri della Tradizione ‒ La filosofia della libertà in Louis­Claude de Saint­Martin ‒ La barba di Aronne (2a parte)

La Parola ritrovata ‒ Gli Ordini illuministici e l'Ordine Martinista

Contributi ‒ Louis­Claude de Saint­Martin e la via cardiaca (2a parte) ­ Essere martinisti (2a parte)

Vita Fraterna La responsabilità degli articoli è lasciata interamente ai singoli autori e non impegna, per il loro contenuto, la Loggia Martinista "Silentium".

‒ La loggia martinista "Silentium" e i suoi Gruppi ­ Calendario operativo

Il presente notiziario: ­ non ha carattere di periodicità ­ non contiene pubblicità ­ non è in vendita ­ ha diffusione esclusivamente online ­ non diffonde o scambia informazioni sulle attuali condizioni politiche/economiche/sociali del Paese ­ non costituisce testata giornalistica o prodotto editoriale ai sensi della legge 62/2001. Alcune immagini o testi sono tratti da internet e, pertanto, considerati di pubblico dominio. Qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti di autore, vogliate comunicarlo via mail (loggiasilentium@gmail.com) e saranno immediatamente rimossi.


La Fenice

Editoriale

La Fenice: una rassegna martinista di Iperion S:::I:::I:::

Cara lettrice, caro lettore, il primo numero de La Fenice, diffuso il giorno del plenilunio di dicembre, ha ricevuto numerosi apprezzamenti da appartenenti a diverse strutture martiniste (e non solo). È stato anche ben accolto da cultori della spiritualità non facenti parte di strutture specifiche. Ciò lascia intendere che sia stato colto lo spirito con cui si è dato vita alla rivista: la fraterna condivisione. Infatti, la rassegna di studi La Fenice vuole essere uno strumento di orientamento e di ausilio per la fondamentale opera che persegue il martinista: la riconciliazione e la successiva reintegrazione individuale e universale, opera a cui il martinista si dedica con i mezzi a lui più consoni, messi a disposizione dall'Ordine di appartenenza. Al martinista non mancano di certo gli strumenti, delle volte possono sembrare pure tanti, ma può essere un valido sostegno riuscirsi a confrontare con idee e punti di vista, sempre e comunque funzionali a coltivare un pensiero più ampio. Infatti, una caratteristica del Martinismo (indipendentemente dalle qualificazioni che spesso affiancano tale denominazione) è quella di non avere un insegnamento dogmatico: basta guardare il piano di studi elaborato da Papus (fondatore dell’Ordine Martinista) ancora oggi adottato nella sua interezza, salvo qualche aggiornamento bibliografico che non ne snatura l’essenza.

Laddove questo non avviene, laddove si tende ad imporre una docetica fideistica e autoreferenziale, limitata e limitante, per non dire monotematica e stringente, allora non è più Martinismo ma qualcosa che potrebbe rivelarsi pericolosamente sinistro. Ogni numero de La Fenice riporterà degli articoli che faranno sempre riferimento a percorsi tradizionali o della Tradizione (come direbbe qualcuno). Gli argomenti saranno coerenti al piano di studi che ciascun martinista affronta nei libri o nei vademecum di istruzione relativi al grado di appartenenza.

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- Rassegna martinista - articoli attinenti al simbolismo martinista, notizie sulla storia del Martinismo e sulla vita dei Maestri Passati, saggi riconducibili al percorso martinista; - Sentieri della Tradizione - saranno riportati tutti quegli argomenti non strettamente martinisti ma riconducibili nell'alveo della Tradizione che, al sapere profano e ideologico, oppone la conoscenza unitaria e unitiva; - La Parola ritrovata - ogni martinista è a conoscenza dell'apporto che i Maestri Passati hanno avuto nei confronti del Martinismo, ognuno è stato portatore di una propria Weltanschauung, visione del mondo, depositando un vero e proprio valore aggiunto. I Maestri Passati sono coloro che hanno ispirato la nascita dell'Ordine e coloro che ne hanno dato forma e organizzazione strutturale; coloro che, anche a costo della vita, hanno mantenuto l'Ordine in occasione dei repentini e incontrollabili mutamenti ambientali; coloro che hanno contribuito allo sviluppo docetico e rituale, non sempre condiviso o condivisibile; sono coloro che ci hanno preceduto, non più fisicamente tra di noi, è sempre realmente presenti. Questa sezione vuole riproporre la Parola e, con questa la memoria, di chi ci ha consentito di percorrere questo sentiero; - Contributi - è stato detto che la rivista è aperta a quanti, animati da spirito fraterno, desiderano contribuire allo sviluppo del Martinismo, magari offrendo

Non è da sottacere anche l'opportunità, offerta da La Fenice, di ampliare e consolidare lo spirito di comunanza e fratellanza che ogni martinista, indipendentemente dall'Ordine cui appartiene, deve coltivare e fare proprio.

In funzione di questo duplice aspetto (strumento di ausilio e di unione fraterna), La Fenice è suddivisa in "sezioni" così strutturate: - Editoriale - presentazione del numero corrente della rivista e riferimento ad argomenti specifici inerenti la Loggia “Silentium”;

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il proprio apporto costruttivo e la propria esperienza. In questa sezione saranno raccolti gli articoli ricevuti da martinisti che, sebbene non appartenenti alla Loggia “Silentium”, abbiano il "desiderio" di offrire la propria collaborazione; - Vita Fraterna - è ovvio che la Loggia “Silentium” e i suoi Gruppi sono caratterizzati da incontri, congressi, comunicazioni e quant'altro possa essere utile all'organizzazione e alla conoscenza fraterna. In questa ultima parte della rassegna saranno pubblicate quelle notizie utili a tutti i fratelli/sorelle per restare aggiornati sugli eventi riguardanti l'andamento e alcuni aspetti operativi della Loggia “Silentium” e dei suoi Gruppi.

Così come ricordato nell’apertura dell’articolo, si spera che La Fenice possa divenire non solo la rassegna di studi della Loggia “Silentium”, ma piuttosto una rivista del Martinismo, il cui contenuto, scevro da ogni forma egoica e di vanità, abbia la capacità di illuminare la dimensione più intima di ogni lettrice e lettore, connettendosi più con la parte che ama anziché con quella che vuole essere amata, cosa che fa del martinista, un martinista consapevole. Che la Luce che non si spegne mai, brilli sempre nei vostri (e nostri) cuori.

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La Fenice

Rassegna Martinista

L'eterno viandante Iperion S:::I:::I::: - Loggia "Silentium" - Collina di Pescara «Lascia andare il passato. Hai fatto del tuo meglio in quel momento, con la comprensione, la consapevolezza e la conoscenza che avevi. Ora stai crescendo e cambiando, e vivrai la vita in maniera diversa» (Louise L. Hay, Puoi guarire la tua vita, Armenia, Cornaredo (Mi), 2000)

“Chi anche solo in una certa misura è giunto

alla libertà della ragione, non può non sentirsi sulla terra nient’altro che un viandante” così si esprime F. Nietzsche nell’opera Umano troppo umano. Tra le figure dei viandanti che ci offre la Tradizione forse quella su cui più si è soffermata la letteratura esoterica è il Matto, uno degli Arcani del Tarocco. Non è questa la sede per lanciarci nella scrittura di una ennesima “tavola” sullo studio dei Tarocchi dal loro punta di vista storico, semiologico, mantico, ecc., lo stesso vale per la lama del Matto, tutti argomenti affrontati da noti studiosi, conosciuti ai più. Piuttosto, si vuole tentare di offrire dei punti di riflessione, da cui il singolo lettore potrà, attivando una funzione evocativa, trarre una propria interpretazione. Gli Arcani del Tarocco, e fra questi il Viandante (o Matto) non fa eccezione, non rispondono a semplici motivi artistici, ma piuttosto costituiscono una sintesi iconologica di concetti appartenenti a diverse correnti filosofiche ed esoteriche.

Può dirsi, pertanto, che i Trionfi del Tarocco, con riferimento al loro aspetto sintetico, costituiscono il simbolo per eccellenza. Al ricercatore è demandato il compito di saper trarre, dalla loro rappresentazione grafica, le idee corrispondenti a quanto si riesce ad intelligere per giungere alla conoscenza sub specie interioritatis del simbolo. L’approccio al Tarocco deve essere una vera opus alchemicum dove il simbolo rappresenta la sintesi, il coagula, mentre le idee che scaturiscono dal suo esame

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all’ambiente che sta attraversando. Se da una parte si potrebbe mettere in relazione all’uomo incosciente che cammina senza meta e incurante dei pericoli che l’attendono, dall’altra ben può rappresentare il postulante (di qualunque Ordine) che si approssima ad intraprendere la Via. Il vagare senza meta indica che non vi è limite alla conoscenza, ma rappresenta anche il vagabondaggio dell’anima alla perenne ricerca di un punto di arrivo. Lo sguardo rivolto nel nulla sottolinea che niente è fisso, nulla è acquisito. Entrambi i concetti sono racchiusi nel simbolo dello 0 (zero) che contraddistingue l’Arcano. Nel Sefer Yetzirà è scritto: “E prima dell’Uno, che cosa puoi contare?” ad indicare che prima dell’Uno vi è solo il vuoto (0). Eppure questo vuoto è proprio il Non-Essere, il Senza Limite, cioè l’essenza segreta di Dio: è l’En Sof dei cabalisti. A tal proposito è bene ricordare quanto afferma un Maestro Passato, Giovanni Aniel, nel libro Introduzione alla pratica alchemica: “La meta verso cui

rappresentano l’analisi, il solve; il tutto è inteso in una dynamis trasmutatoria, proiettata verso una auspicata palingenesi dello studioso – operatore. Fra le lame del Tarocco, una presenta il numero ma non il nome: la Morte (XIII); un’altra, invece ha il nome ma non il numero: il Viandante (o Matto). Ma chi è il Viandante del Tarocco? Il Viandante rappresentato dall’Arcano, ha lo sguardo perso nel nulla e l’atteggiamento di colui che peregrina di luogo in luogo nella continua ricerca di una meta. I suoi abiti, in particolare i pantaloni, sono a brandelli, un cane, o una lince, gli morde il polpaccio sinistro; ha uno strano cappello e un collare con sonagli. In una mano regge un bastone da viaggiatore, nell’altra sostiene una verga, posata sulla spalla, alla cui estremità reca un fagotto. Spesso è rappresentato un coccodrillo che gli ostacola il percorso. Altri simboli compaiono nelle diverse raffigurazioni del Tarocco. Innanzitutto notiamo che il nostro viaggiatore non ha compagni di viaggio e appare estraneo e spaurito rispetto

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tendiamo è il Non-Essere, l’En-Sof dei cabalisti, che lo sappiamo o no. … tutte le scuole esoteriche non hanno altro fine che quello di farci uscire, stabilmente ed irreversibilmente, dalla nostra condizione di soggetti all’incarnazione per proiettarci negli abissi dell’En-Sof”. Prima che tale stato si realizzi si è ancora nel Mondo (la lama dei Tarocchi che precede il Viandante o Matto).

solo dall’impudente, dal folle, dal Matto del Tarocco per l’appunto. Il primo ostacolo che dovrà affrontare il viaggiatore è il “guardiano della soglia”, quella parte astrale legata alla corporeità generale umana, che nella lama del Matto è spesso rappresentata dal coccodrillo. In questo confronto interiore, il postulante non è solo: nel suo fardello reca quei pochi ma efficaci strumenti che gli sono stati affidati (dall’iniziatore) allorché ha deciso di mettersi in viaggio. Per chi non lo avesse ancora capito, è comunque sempre un cammino solitario, trattandosi principalmente di un cammino interiore, dove ognuno dovrà affrontare i propri mostri. Certamente vi sono dei compagni di viaggio (il bastone), alcuni dei quali hanno già affrontato le asperità del percorso e ne conoscono le insidie: con le loro indicazioni è possibile evitarle o possono rimettere il viandante nuovamente sul sentiero se si è smarrita la via, ma il loro compito, sia ben chiaro, termina qui. Raggiunta la meta, quando il Nulla è il Tutto, allora la suprema follia diviene sapienza totale. Non è un caso che la lama del Viaggiatore o del Matto sia chiamata da Enel, nel suo libro Trilogia della Rota, la Corona del Mago, proprio ad indicare che essa rappresenta, oltre che l’inizio del viaggio, anche il termine dell’iter iniziatico, il coronamento dell’opus, ossia la riunione del soggetto conoscente con l’oggetto conosciuto: la REINTEGRAZIONE.

Questa situazione è rappresentata dal cane che morde il polpaccio del Matto ed è stata ben descritta dal Kremmerz allorché paragona il volgo, al latrare dei cani. Il volgo è rappresentato dal motto latino cave canem, ossia “guardati dai cani”, cioè dalla moltitudine, da coloro che mai arrischieranno il loro passo, prudente e dubbioso, lungo la via che conduce alla conoscenza, via che può essere intrapresa

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Attualità dell'iniziazione martinista Aspasia S:::I::: - Gruppo "Eirene" - Collina di Alessandria Premessa

vengono impartiti alcuni insegnamenti che dovranno essere sviluppati nel tempo. Con l’iniziazione, l’iniziato è accolto in una catena tramite cui si entra in collegamento con un particolare tipo di Eggregore. L’Iniziazione ha lo scopo di trasmettere una Tradizione che può aiutarlo ad intraprendere il cammino della reintegrazione e rigenerazione per riconquistare l’originario stato di purezza. Il percorso viene effettuato mentre si è ancora in vita con la ferma volontà di morire e rinascere a sé stessi. L’Iniziazione Martinista ha come scopo quello di far vivere l’Iniziato nel “Sacro” poiché essa è una Iniziazione reale e non virtuale; è legata alla Tradizione, rende possibile il collegamento con l’Assoluto, l’Infinito, che abita nel “Non Tempo” mentre si è ancora incarnati su questa terra e quindi soggetti al Tempo Finito. L’Iniziazione Martinista è reale in quanto agisce sulla parte spirituale dell’iniziando, che attraverso il percorso iniziatico potrà in futuro diventare “Sacerdote” di sé stesso. Sarà il forte Desiderio e la ferrea Volontà che consentirà all’iniziato di realizzare la Reintegrazione nelle sue originarie “virtù e potenze spirituali e divine”.

Prima di riflettere sulla attualità o meno

dell’Iniziazione Martinista è opportuno soffermarsi brevemente sulla natura del Martinismo, sul suo scopo e sulla sua funzione. Il Martinismo è una libera organizzazione iniziatica di persone accomunate dal desiderio di approfondire i rapporti che intercorrono tra Dio, l’Uomo e la Natura, nonché dal desiderio di conoscere innanzitutto sé stessi. La sua struttura gerarchica è molto snella e il suo ingresso non richiede alcun pagamento di quote. Si viene espulsi soltanto nel caso in cui vengano compiuti atti di grave negligenza o insubordinazione nell’osservanza dei propri doveri nei confronti dell’Ordine Iniziatico. In particolare, la Loggia Martinista "Silentium" opera nel solco della Tradizione del Martinismo originario assumendo a proprio fondamento le istruzioni e l’operatività tramandata a partire dai primi anni del XVIII° secolo dai nostri Maestri Passati: Martinez de Pasqually, LouisClaude de Saint-Martin e G.B. Willermoz. L’Iniziazione ai vari gradi viene effettuata con uno specifico rituale nel corso del quale

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L’Iniziazione ha lo scopo di creare una catena eggregorica nella quale confluisce quella Forza che tiene accesa la Tradizione senza soluzione di continuità. I Fratelli e le Sorelle diventano in questo modo i singoli anelli della catena che supera i limiti del tempo umano. La costituzione della catena soddisfa “la necessità che vi siano tra gli uomini segni visibili, agenti sostanziali ed esseri reali…” La catena eggregorica però non è soltanto la somma dei singoli partecipanti, bensì un’entità che tende ad andare oltre la volontà di coloro che vi partecipano. Per questa ragione occorre sorvegliare affinché non si producano inopportune distorsioni. Anche le Organizzazioni Iniziatiche, sia quelle che operano in buona fede che quelle che si possono definire sedicenti, sono presenti nella rete informatica al fine di rendersi visibili e stimolare maggiormente l’incontro con probabili postulanti che chiedono di poter entrare in contatto con l’Organizzazione stessa. Questa modalità permette sicuramente di far crescere le richieste per un eventuale ingresso nell’Ordine ma rende più difficile la verifica delle qualità essenziali che dovrebbe avere l’aspirante che bussa alla porta. Stiamo vivendo il momento “dell’offerta sovrabbondante della quantità” a tutti i livelli: materiali, spirituali e pseudo spirituali.

Attualità dell'Iniziazione Martinista Dalla nascita dell’Ordine Martinista ad oggi molte cose sono cambiate. Ciò che prima restava segreto e riservato oggi viene esternalizzato e reso pubblico con estrema naturalezza anche quando si tratta di argomenti e considerazioni che riguardano il privato delle persone. Questo cambiamento è avvenuto sia per i modelli offerti dalle reti televisive nel corso di questi ultimi trent’anni che per la diffusione su larga scala degli strumenti tecnologici con particolare riferimento ad Internet, Facebook, Instagram, YouTube e alle molteplici applicazioni informatiche che entrano in modo capillare nella gestione della vita della stragrande maggioranza degli adulti e dei meno adulti.

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l’attrazione verso la trascendenza. Vi sono persone che sentono il bisogno del raccoglimento interiore e di una conoscenza più approfondita sulla condizione dell’essere. Questi atteggiamenti denotano le caratteristiche che solitamente spingono alcuni a cercare e a bussare. L’Iniziazione Martinista è ancora attuale? Si può rispondere “SI’” perché ci saranno sempre persone che hanno queste qualità, magari non saranno tantissime ma si deve guardare alla qualità e non alla quantità. Si può affermare che con questa Iniziazione si riceve gradualmente la Tradizione e la sua Rituaria, e si diventa parte della catena che unisce tutti i Fratelli e le Sorelle che appartengono all’Ordine. Colui che riceve l’Iniziazione diventa responsabile soprattutto nei propri confronti perché il lavoro dovrà essere svolto da lui e da nessun altro e dovrà rendere conto del suo operato esclusivamente alla propria coscienza. L’Iniziazione Martinista continua ad essere attuale perché, a differenza di altre organizzazioni iniziatiche comporta una operatività individuale giornaliera e una ciclica legata al ritmo delle stagioni e della natura.

Tutti offrono prodotti miracolosi, servizi, applicazioni tecnologiche, per ogni cosa si desideri fare con velocità, anzi, subito ed è infatti il momento del “tutto e subito” poiché in massa si è spinti dal bisogno di annullare lo spazio e il tempo. È anche però il tempo della deresponsabilizzazione, della relatività, dei rapporti interpersonali virtuali, dell’egoismo e della solitudine. Sembra che gran parte delle persone siano sedotte dal canto di invisibili Sirene. Viene allora spontaneo chiedersi se oggi è ancora di attualità l’Iniziazione Martinista, se l’offerta di un percorso come quello descritto nella prima parte di questa relazione è ancora attraente, un percorso che non si basa sulla fretta e neppure sulla superficialità. L’esperienza dell’emergenza COVID ha posto in evidenza come la massa appaia quasi narcotizzata da molte illusioni e cerchi di soddisfare il più possibile i bisogni materiali pur di non modificare il proprio modus vivendi. Nella massa però vi è sempre qualcuno che non è completamente soddisfatto del proprio modo di vivere e prova il desiderio di voler cambiare e si mette alla ricerca, sentendo una forte pulsione interiore che si manifesta con

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Vi è anche un’operatività collettiva periodica per l’esecuzione dei lavori di loggia. Da quando l’essere umano ha cominciato a prendere coscienza della sua finitezza e della coesistenza di una dimensione più elevata ed infinita ha cercato il modo di mettersi in contatto con questa dimensione che si può chiamare “Divinità” e lo ha realizzato fin dai tempi più remoti attraverso l’esecuzione di “Riti” intesi come una successione di “gesti”, di “parole” e di “suoni” creando dei modelli che sono stati tramandati dapprima per via orale e successivamente con la forma scritta delle conoscenze acquisite nel tempo e che nell’insieme costituiscono la Tradizione. Le formule del Rito e dei Rituali non hanno nulla a che fare con l’aspetto religioso in quanto quest’ultimo ha assunto la natura di atto fideistico. Per il Martinismo invece la recita di un Rito o di un Rituale è un atto di volontà con il quale l’uomo cerca di mettersi in contatto diretto con la divinità sia quando opera individualmente che quando opera collettivamente. Per cercare la Verità (di cui nessuno, compreso il Martinismo, ha il monopolio) si ha bisogno di compiere gesti, di pronunciare

parole e di emettere suoni che debbono essere ripetuti affinché tutto questo superi l’uomo e si formi un ponte di collegamento. Il Rito è inoltre necessario per creare un ritmo e una scansione del Tempo così come accade nella natura. In questo particolare momento nel quale si tende a vivere soltanto il presente sarebbe veramente utile dare un diverso ritmo al nostro tempo. Questa possibilità viene data dall’operatività Martinista. La ritualità Martinista può essere praticata da tutti indistintamente, non viene richiesto un titolo di studio particolare e nemmeno a quale fede si aderisce. Viene richiesta la passione e la purezza di Spirito nello svolgimento del Rituale. L’Iniziazione Martinista resta attuale perché le forze divine e le emanazioni alle quali ci si rivolge sono le stesse cui si rivolgevano i nostri più lontani antenati magari con parole diverse ma con la consapevolezza che tutte le forze alle quali ci si rivolge emanano da una unica Fonte, da una Unica Divinità. La differenza sta nel maggior grado di coscienza acquisita nel tempo. L’Iniziazione Martinista e il suo intero percorso consentono di trasmutare

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gradualmente il proprio “Io” illuminando di consapevolezza tutti i livelli dell’uomo sia quelli inferiori che quelli superiori poiché questi livelli convivono nella sua interiorità e possono essere conosciuti, riconciliati e reintegrati. Si tratta di effettuare un accurato e profondo lavoro di purificazione attraverso il quale si può imparare a modificare le proprie abitudini, la propria emotività, i propri pensieri e le proprie paure: in poche parole si possono far morire i vecchi schemi per dare vita ad un nuovo uomo. Il lavoro del Martinista ha come fondamento la ricerca continua della Purificazione e della Verità, anche se si comprende che non esiste un momento in cui si può dire che la ricerca sia finita. La cosa importante è iniziare a cercare senza perdere l’entusiasmo del desiderio e della volontà di continuare nonostante

possano insorgere dubbi ed esitazioni poiché alla fine siamo sempre esseri perfettibili. Se però non si sente come proprio questo percorso è giusto fermarsi ed essere sinceri con sé stessi. La differenza tra un Iniziato Martinista e colui che viene chiamato “profano” sta nel fatto che l’Iniziato si rende conto di operare nel Sacro e di agire su un diverso piano di coscienza per riuscire a trasmutare il proprio essere. In conclusione per tutto quanto è stato esposto sulla attualità o meno dell’Iniziazione Martinista si può affermare che l’Iniziazione dell’Ordine Martinista sarà sempre attuale perché vi saranno sempre uomini e donne di desiderio e di volontà disposti a percorrere questo cammino, grazie a quella piccola scintilla di luce nascosta nel nostro essere.

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La Fenice

Sentieri della Tradizione

La filosofia della libertà in Louis-Claude de Saint-Martin Ehlyel I:::I::: - Gruppo "Parthenope" - Collina di Napoli

Vi sono state nel corso dei secoli svariate

Ecco dunque un punto essenziale: “Essere padroni delle proprie azioni”, giacché, essere padroni delle proprie azioni presuppone anzitutto una profonda conoscenza di sé stessi, essere “svegli” laddove la maggior parte dell’umanità è del tutto addormentata e si culla in uno stato di spensierata ed allegra fanciullezza, trascorrendo la propria esistenza in modo banale, soddisfando i propri bisogni essenziali e ragionando con un cervello totalmente asservito a coloro che fanno di tutto per avere una popolazione dormiente e ubbidiente. In un suo libro Ouspensky1, discepolo di Gurdjief, affronta il tema di “svegliarsi”, ovvero di conoscersi e, dunque, essere padroni delle proprie azioni, ma Ouspensky, Gurdjieff e tanti altri hanno, a mio avviso, dato una soluzione parziale e, dunque, non definitiva del significato vero del “conoscere sé stessi” e dell’essere liberi. Del resto, mi chiedo se si possa giungere ad una soluzione definitiva di ciò poiché l’uomo è, per sua stessa natura, un essere vincolato nel tempo, nello spazio e in un corpo sottoposto alle leggi fisiche di questa realtà. Eppure, l’uomo è un essere che va oltre la sua natura fisica e i limiti che la sua fisicità gli impone e che, grazie al suo intelletto, è in grado di percepire “infiniti mondi e universi” ed è capace di morire tra le torture più atroci, pur di mantener fede

definizioni di libertà: da Platone ad Hegel, a Kant ecc. Anche esponenti religiosi di vertice si sono cimentati su tale concetto, quale, ad esempio, papa Leone XIII che nella sua enciclica “Libertas” ha dato una definizione di libertà che, seppur inserita in un determinato contesto storico e nel ristretto ambito cattolico è a dir poco illuminante: ”La libertà, nobilissimo dono di natura, proprio unicamente di creature dotate di intelletto e di ragione, attribuisce all’uomo la dignità di essere in mano al proprio arbitrio, di essere padrone delle proprie azioni”.

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ai suoi princìpi, alle sue idee ed essere, dunque, libero, non asservito a nessun altro, seppur l’istinto di sopravvivenza gli suggerirebbe di abdicare alle proprie idee... ma la libertà di pensiero va oltre, sfidando persino la morte corporale. È questo il superamento dei propri limiti, delle proprie paure, anche quelle più radicate. Dunque, la libertà potrebbe essere intesa come la capacità di superare i propri limiti mediante la ragione, l'intelletto e la fede nelle proprie idee. La libertà, quindi, potrebbe essere come la facoltà di scegliere una cosa tra molte,

reintegrazioni degli esseri nella loro primitiva proprietà, virtù e potenza spirituale divina” attribuisce una grande importanza al libero arbitrio. Quando il Creatore creò gli esseri spirituali, li rese liberi e distinti e li dotò di libero arbitrio e anche per l’Adamo fu lo stesso. De Pasqually afferma: “La Creazione appartiene solo al Creatore e non alla creatura. I pensieri malvagi sono generati dallo spirito cattivo, come i pensieri buoni sono generati dallo spirito buono. È dovere dell’uomo respingere gli uni e accettare gli altri secondo il suo libero arbitrio”. Per Saint-Martin mediante il distacco l’uomo si può rendere libero dalla soggettività e dalle cose e può diventare pronto a raggiungere la propria anima che è la residenza di Dio. Solo concentrandosi nella via interiore con il distacco, con la preghiera l’uomo potrà rinascere nello Spirito e la Saggezza divina fornirà il materiale per l’edificazione del tempio interiore. Solo così l’uomo lascerà agire in sé il Principio e farà crescere in cuor suo la Parola. Ecco l’uomo nuovo che potrà, tra l’altro, scacciare i demoni e guarire le malattie. Per giungere all’uomo nuovo, però, l’uomo “vecchio” dovrà passare attraverso una triplice resurrezione, strappando tutte le

giacché chi ha i mezzi per scegliere una cosa tra molte è padrone dei propri atti e, dunque, di sé stesso. Ma è veramente così? Martinez De Pasqually nel “Trattato sulla

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sostanze false di cui è circondato: quelle dei suoi pensieri, delle sue volontà e delle sue azioni. È questa la fase di separazione dalla personalità esteriore. La seconda fase, o resurrezione, è quella di trattenere sui bordi del precipizio i suoi nuovi pensieri, le sue nuove volontà e le sue azioni che sarebbero pronte a cadervi se egli non fosse costantemente vigile. La terza resurrezione sarà quella in cui egli opera anticipatamente sui suoi pensieri, volontà e azioni che potrebbero essere esposti agli attacchi del nemico e che vorrebbe provare a corrompere e perciò lavorerà senza riposo per ottenere che la mano suprema lo sostenga e lo protegga in modo che non possa avere su di lui alcun potere ed egli vi perverrà allorché avrà soggiogato tutto ciò che è in lui e potrà dire: ”Io ho vinto il mondo”. Solo dopo le tre resurrezioni il nuovo uomo

potrà unirsi alla Sorgente di Vita che gli farà scoprire le basi sacramentali che tutti noi portiamo in noi stessi e sulle quali si deve elevare il proprio tempio. Ecco, dunque, che si torna a mio avviso al concetto di essere padroni di sé stessi, vincendo sul nemico che vorrebbe corrompere, vorrebbe avere potere sulle nostre azioni, sul nostro libero arbitrio. E in tutto questo, un ruolo fondamentale è dato dalla preghiera costante, dall’unirsi alla Deità attraverso la preghiera, unico vero punto di contatto con essa e di superamento di sé stessi. In altri termini, se ci si trova ad un certo punto della propria esistenza in una selva oscura ove è facile trovare impedimenti tali da ostacolare il raggiungimento della propria libertà, questi impedimenti non sono tanto da ricercare all’esterno bensì in noi stessi, nei nostri vizi intesi come attaccamento, dipendenza da un qualcosa

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o qualcuno che ci impedisce la piena realizzazione del nostro essere, delle nostre potenzialità. In altre parole, se non siamo capaci di liberarci da questi condizionamenti interni, non saremmo mai padroni di noi stessi e, dunque, non saremmo mai liberi. Questo è un lavoro duro, fatto di disciplina, della capacità di saper rimandare la gratificazione immediata, essendo in grado di concentrarsi e di saper rinunciare. È sofferenza, sì... ma è anche preghiera, vittoria, è poter dire: ”Io ho vinto il mondo”. La libertà così conquistata non è acquisita grazie ad un’autorità esterna, ma è una condizione interiore, del nostro spirito che ci permette di toglierci la “maschera”, ascoltare e capire il proprio spirito, la nostra parte più profonda, il nostro Maestro interiore. Ma il prezzo da pagare per poter raggiungere tale libertà è molto elevato giacché è molto più semplice vivere in una gabbia dorata e indossare una o più maschere e mettere a tacere non solo i bisogni più profondi, ma anche quello che il nostro Maestro interiore ci dice... laddove si è capaci di ascoltarlo. Ma è molto difficile rinunciare ai bisogni e non mi riferisco solo a quelli c.d. primari! … eppure… man mano che rompiamo le

nostre catene, man mano il velo di Maya si assottiglia, ai nostri occhi inizia a emergere una realtà che va oltre quella che “normalmente” si vede e percepisce. Solo allora iniziamo a comprendere la realtà per come è veramente ed iniziamo ad essere liberi, ad assaporare tale Libertà e, conseguentemente, a rinunciare sempre di più alle nostre zone di confort pur di raggiungere una maggiore libertà. Ecco dunque la Via: una via fatta di azione pura, compiuta nello spirito di una volontà pura e di un pensiero puro, svincolato dalle cause e dagli effetti. Un cammino fatto di forza, di una condotta pura, di perseveranza nella preghiera intesa come intimo colloquio con la Deità, con il nostro sé divino. Note:

1P.D. Ouspensky, Frammenti di un Insegnamento

Sconosciuto. La testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G.I. Gurdjieff, Astrolabio, Roma, 1976.

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La barba di Aronne (2a parte) Eros S:::I::: - Gruppo "Zeteo" - Collina di Salerno

L'unguento che discende sulla testa e sulla

La preghiera all’angelo del giorno e la relativa meditazione possono aprire porte che solo ai puri saranno aperte; ai superbi sarà indurito il cuore.

sua barba di Aronne è la Divina Sapienza che discende da Binah e Hockmah. Come ricordato nel rituale martinista, il Re Salomone chiese a Dio di ricevere Intelligenza e Saggezza, per agire con Giustizia, non chiese ricchezze. Questo è l’unguento riferito a Salomone poiché la Conoscenza della Divina Sapienza risiede nell’oscurità più splendente che solo chi è eletto riuscirà a leggere nel sacro libro della Natura “aprendo gli occhi dell’Antico dei Giorni”. È per questo che nelle scuole iniziatiche, tra cui in quella di Pitagora ad esempio, si imponeva un assoluto silenzio che durava 5 anni, affinché non si pronunciassero parole vane e inutili, (semplici “soffi” alla maniera dei Proverbi di Queleth), ma sviluppassero la chiarudienza, l’orecchio interiore capace di discernere, cioè l’orecchio del cuore. Poiché la reale conoscenza è dell’Essere Supremo, quindi occultata, solo chi trova il celeste Suggello, datogli dai supremi spiriti, può essere condotto a cospetto della divina luce.

I colori che risplendono occulti si rivelarono a Mosè nel suo firmamento, e si trovarono al di sopra dei colori che appaiono all’occhio. Per questo è scritto: e apparve ad Abramo, a Isacco e Giacobbe come Dio onnipotente con i colori che mi rappresentano. Ma con il mio nome di YHWE, non mi feci conoscere da loro. Si tratta di quei colori eccelsi e occulti che Mosè meritò di vedere. È questo il segreto dell’occhio chiuso e aperto.

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La barba e i capelli sono tra loro collegati attraverso le orecchie, l’olio scende dalla testa alla barba. I peli sono estensioni del cervello, come antenne che vanno dall’interno verso l’esterno. La barba collega le orecchie alla Bocca. A questo punto posso dire che l’albero sephirotico è come il volto dell’Eterno. La corona superiore è il suo capo, i capelli; mentre le sette sephirot inferiori sono la sua barba. Le tre vie orizzontali sono i collegamenti tra orecchi, occhi, naso e bocca. L’occhio della grazia è sostenuto dall’occhio della giustizia, e insieme ne diventano Uno. Quest’occhio è composto da tre raggi e tre aureole, che sono le tre Corone delle cose Visibili e Manifeste. Internamente gli occhi sono collegati agli orecchi. Ma c’è chi crea separazione tra i due occhi e tra i due orecchi, poiché l’uomo tende a creare l’Eterno a sua immagine. Ma in questi uomini non vi è equilibrio, poiché saranno troppo licenziosi o troppo collerosi.

Quando è chiuso vede lo specchio lucente, quando è aperto vede quello opaco, quello ri-velato. A questo proposito si usa un’espressione legata al vedere, mentre riguardo allo specchio lucente che è occulto, è usata un’espressione legata alla conoscenza, poiché è scritto: non mi feci vedere. Su questo cranio dello ZA, gocciola la rugiada dalla testa canuta: quella rugiada appare di due colori. Dalla rugiada discendente da quella testa viene prodotta la MANNA (MAter Nostra NAtura) per i giusti del mondo a venire, e per mezzo di essa, è detto che i morti resusciteranno. In merito all’orecchio è detto: tendi il tuo orecchio, o Eterno, e ascolta; apri i tuoi occhi Eterno. Da quest’orecchio dipendono i segreti sublimi, che non fuoriescono all’esterno: per questo motivo l'orecchio è tortuoso all’interno, e vi è celato il segreto dei segreti occulti. Guai a colui che rivela i segreti. Quando l’orecchio accoglie i segreti, li trattiene al proprio interno e non li rivela a coloro che sono tortuosi nelle loro vie, bensì sono posti a conoscenza di coloro che non sono tortuosi. A questo si riferisce: Il segreto dell’Eterno è per quelli che lo rispettano, a loro fa conoscere il suo patto (salmo 25:14) giacché accolgono le sue vie e le sue parole.

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L’Eterno dimora nell’equilibrio, esso siede sul fuoco che vivifica (Shin) e non divora nè distrugge. Quando l’Eterno lascia il trono lo fa per non distruggere i mondi, poiché la sua potenza crea un centro e i 4 animali sacri (YHWH) gli ruotano intorno sorreggendo l’universo. La barba ha un doppio colore: una parte nera e una parte bianca. La parte nera è l’ombra del Santo, la parte bianca è la sua luce. L’associato martinista scruta la parte nera: Yesod è nascosta, è nuova o nera. L’Associato è Aaron. Chi è Aaron? È la personificazione umana del dio Nero, è la personificazione del passaggio dal vecchio al nuovo testamento. Il problema del sacerdozio martinista, se è simile a quello di Aaron o a quello di Melkisedek sta nascosto tra le pieghe della barba. Aaron è il sacerdote di YHWH, e quest’ultimo è un dio Nero, il quale non vuol dire cattivo, ma ne è solo l’ombra, non la vera emanazione, non la vera luce, ma solo il riflesso della luce. Come la Severità è l’ombra della Misericordia, come dire la Legge è l’ombra della Libertà. Ecco la discesa della Shin, la sua irruenza. YHWH riflette solo la meccanica dell’universo e della legge. La Shin è lo Spirito regolatore e generatore, causa delle forme.

Con la Shin l’uomo riprende il suo posto accanto all’emanazione, non è più in ginocchio d’innanzi alla furia degli elementi, ma ora finalmente può alzarsi ed emanare, entrando in contatto con gli Spiriti superiori, entrando in contatto con Sion (la Luna Piena) non è solo al cospetto della Giustizia (Gerusalemme) ma finalmente anche della Misericordia (Sion). Dai due colori (Misericordia e Giustizia) nasce la Bellezza. Vi sono sei ornamenti alla Barba (ZA) che insieme ai capelli ne formano 9 (integrando Hochmah e Binah). Il primo ornamento consiste nella scintilla nascosta, oscura. Al di sotto dei capelli che discendono dalle orecchie (Clemenza e Severità) fino alla bocca Fondamento, dalla quale escono tutte le potenze e dalla quale si esprime il Verbo. Quando la scintilla della nerezza si diffonde, da essa si trae la scintilla bianca, entrambi, il bianco e il nero, si combinano, si intercambiano, come una coppia di amanti, si uniscono uno con l’altro, la luce e l’ombra; maschile e femminile, spirito e materia.

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Quando i peli cominciano a risvegliarsi, ovvero le sephirot, questa barba appare come quella di un uomo forte, un uomo vittorioso nelle guerre. Questa barba è toccata dall’olio profumato dell’Antico nascosto, ovvero, il Dio di luce. I peli non coprono le labbra, le labbra esprimono potenza, esprimono sapienza; da ciò che diciamo attraverso il Verbo dipendono il bene e il male, la vita e la morte. Da quelle labbra dipendono i signori del risveglio, in cui vivono i vigilanti. I vigilanti vivono in Geburah; essi muovono guerra contro i nemici interiori, come recita il passo dell’Apocalisse: All’angelo della Chiesa di Pérgamo colui che ha la spada affilata a due tagli, mentre Gedulah è il Santo. Quando questi due colori si uniscono allora la bocca si apre e lo Spirito si manifesta: l’anima del Profeta si riveste e si è chiamati la bocca del Signore! E qui nello Zohar si parla di Sapore: Il suo palato è dolcezza, facendo riferimento ad alcune lettere fra le 12 semplici, a parte l’Aleph ci si riferisce alle gutturali Het, He, Ayin. Il senso del lavoro, come già detto, è la riunificazione della Misericordia con la Giustizia, che si ritrovano nella bocca, anche nella nostra bocca. Non è stato detto: non è importante ciò che entra, ma ciò che esce? Oppure: non dirai falsa testimonianza? O: non giudicherai? Oppure anche: ama il prossimo tuo come te stesso? Quel “come” nasconde tante cose, poiché ci mette in contatto con la nostra capacità di Giudizio e di Clemenza, o meglio, attraverso la giustezza con cui amo me stesso.

In breve queste quattro lettere hanno il compito di: detronizzare il re, discendere con lo spirito e scacciare via i demoni interiori, “colpire” il “femminile” impuro in noi rappresentato da Lilith, e trasformarlo nella Madre, per purificare la forma, la cui lettera nasconde lo stampo originale, in cui si riuniscono tutti i lati e si legano fra loro. In questo esempio troviamo i sei ornamenti legati fra loro che possono rappresentare il sigillo dell’Ordine. Il volto può essere assunto in analogia con tutto il corpo. Il maschio e la femmina, il maschile e il femminile, la luce e l’ombra che una volta erano separati si riuniscono in un corpo solo, in un corpo di Gloria, e tutto il desiderio del maschio è rivolto verso la femmina nel luogo chiamato Sion. È il membro maschile che entra nella femmina, in Sion, e dal membro vengono emanati angeli. Per questo il Fondamento è chiamato Signore delle schiere. Quando il Re sarà riunito alla sua Regina, allora tutti mondi riceveranno benedizione ed essi saranno una sola cosa.

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La Parola ritrovata

Gli Ordini illuministici e l'Ordine Martinista Flamelicus S:::I:::I:::

Marco Egidio Allegri (Venezia 1897 -

Fra gli Ordini Illuministici che fioriscono in Italia il più notevole certamente é l’Ordine Martinista fondato nel 1754 da Martinéz de Pasqually e diffuso per opera sopratutto di G. B. Willermoz e L. C. de Saint-Martin che ne fu anche in un certo senso il riformatore. In Francia ebbe un suo nobilissimo rifiorire dall'alta opera di S. de Guaita, di G. Encausse, di J. Sar Peladan e infine di J. Bricaud e di Ch. Chevillon caduto per opera della barbarie teutonica a Lione due giorni prima dell’evacuazione tedesca. Attualmente l'Ordine Martinista, che in Italia non ebbe il disdoro di interrompere i suoi lavori mai e sopratutto neanche nei momenti di persecuzione, conta nella nostra Penisola ben quattrocentoquarantun gruppi, molti dei quali svolgono un intenso lavoro per la ricostruzione spirituale, morale ed economica del nostro Paese. Esso accoglie fra i suoi associati tutti coloro che con buona volontà vogliono intraprendere studi di occultismo, metapsichica, radioestesia-grafologia ecc. Non chiede ai suoi associati né versamenti finanziari gravosi, né di abbracciare una determinata fede religiosa o politica, né di pronunciare giuramenti di qualunque specie. Chiede solo la buona condotta, la fraternità, la tolleranza, la concordia fra le sue file e perciò non ha avuto mai scissioni.

Crespano del Grappa 1949) è stato Gran Maestro dell'Ordine Martinista, con lo jeronimo di Flamelicus S:::I:::I:::, dal 1945 al 1949. L'articolo che segue appare come nota (51), alle pp. 79, 80, 81 di un testo a più ampia portata: M.E. Allegri “Introduzione al segreto Massonico, seguito dell’Antico Rituale dei Cavalieri del Sole o Saggi della Verità”, pubblicazione a cura del Venerabile Ordine Martinista, Venezia, Anno di Vera Luce 5706 (1946).

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Nei suoi gruppi vengono insegnate le scienze massoniche e l'occultismo, secondo le migliori tradizioni. Gratuitamente vengono impartite lezioni di ebraico, caldaico, sanscrito, greco. Ove è possibile funzionano delle Biblioteche Circolanti fra i soci, e delle sale di ritrovo come dei gabinetti di esperienze magiche. In questo caso i soci pagano una quota di ripartizione delle spese. Chiunque può chiedere (uomo o donna di età superiore a 18 anni) di esservi ammesso indirizzandosi o al locale rappresentante o scrivendo al Circolo Concordia - Ordine Martinista, S.Marco 4147 Venezia, che ne è provvisoriamente il Centro. L'Ordine Martinista attualmente (cioè dopo l'ultimo convegno del 27 Dic. 1945) consta di due gradi sezioni: Sezione exoterica: comprendente gli Associati (A:::)

I Martinisti si radunano in Consigli, Gruppi e Logge, il cui luogo di residenza si chiama Collina. Il Supremo Gran Consiglio si raduna almeno quattro volte all’anno in una località chiamata la Grande Montagna. L'Ordine Martinista è contro tutte le lotte religiose, razziali, nazionali. Esso predica la tolleranza, l'unità e la prosperità derivante dalla concordia nel lavoro per il progresso umano. L'Ordine Martinista tende sopratutto con la sua opera alla reintegrazione dell'Uomo alla sua primitiva purezza, a fare del volonteroso un Uomo-Potenza, a ridare ai meritevoli per altruismo e per coraggio

Sezione esoterica: comprendente tre gradi: Iniziato I::: Superiore Iniziato S::: I::: Superiore Incognito S:::I:::I::: L' Ordine ha poi sei gradi amministrativi: I - Delegato Speciale, D:::S::: II - Delegato Generale, D:::G::: III - Ispettore Segreto, I:::S::: IV - Gran Maestro Regionale, G:::M::: V - Presidente Nazionale, P:::S:::C::: VI - Sovrano Gran Maestro Generale, S:::G::: M:::G::: Il Sovrano Gr:::M:::Gen::: è assistito in permanenza da un Sacro Collegio di Superiori Incogniti, Cardinali dell'Ordine.

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quelle supreme doti di agilità dello spirito che la vita egoistica e vile toglie a gran parte dell' umanità! Altissime personalità della vita pubblica, come umili artigiani ed operai trovano nell'Associazione Martinista quell'impulso ad una vita meravigliosa e nuova che li indirizza verso le più nobili mète: la fratellanza dei Popoli, l'Alleanza di tutte le fedi, l'eliminazioni di ogni clericalismo, di ogni egoismo ovunque si trovi. In questo difficile momento l'Illuminismo

Italiano raccoglie ogni giorno molti uomini volenterosi e forma una terribile falange di amici sinceri e disinteressati della Verità, cui spetta il compito della ricostruzione spirituale del nostro Paese. Avvicinatevi o Giovani che amate l'Arte, la Scienza ed il Lavoro, avvicinatevi o sfiduciati delle mille congreghe che vendono fumo, all'Ordine Martinista; esso non chiede che di far emergere in Voi ogni più elevata possibilità.

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Contributi

Louis-Claude de Saint-Martin e la via cardiaca (2a parte) Crisi I:::I::: - L::: G::: M::: Toscana “Le verità e le preghiere che ci sono insegnate quaggiù sono troppo misere per i nostri bisogni; sono le preghiere e le verità del tempo e noi sentiamo essere stati fatti per altre preghiere e altre verità.” Louis-Claude de Saint-Martin

È necessario sgomberare ogni richiamo

psicologico, e focalizzarsi nell’appropriata zona del corpo, magari supportati da una musica cadenzata, un ritmo armonico, simile al nostro respiro o comunque confacente ad esso. Le parole possono essere espresse con una mantralizzazione o esplose nel silenzio interiore. Il mantra in particolare, usato in molte preghiere e in molte religioni, è una vibrazione ritmica e sonora che “offre protezione”, una semplice armonia che conduce sino alla porta del risveglio. Così come ogni nostra zona del corpo ha un ordine, la serie delle nostre preghiere prevede l’inizio con l’Ave Maria, prosegue con il Cuore del Cristo, per concludersi con il Padre Nostro, in un ciclo che si ripete sino ad uscire dalla consistenza temporale e spaziale. Una nenia circolare e continua, magica e profonda, inattaccabile dalla mente, che ci pone al riparo dalle infiltrazioni materiali e dove possiamo veramente operare sulla nostra materia. Una tabula rasa del livello ordinario su cui focalizzare la memoria di ciò che eravamo.

L’Ave Maria è associata al plesso solare, sede dei nostri istinti. È la luna, piena ed argentea. Ci si rivolge a Maria (=Amata del Signore) con un saluto di gioia (“ave” = rallegrati, esulta) e la constatazione di uno stato di grazia, che è dono divino, poi si passa a citare l’evento dell’immacolata concezione, non inteso come miracolo “carnale”. Maria è l’artefice di un atto compiuto - quello di procreare - azione appartenente al mondo inferiore ma in perfetto accordo con quello superiore. Infatti è colma del divino (la grazia) e vergine di fronte al peccato dell’ignoranza del passato. Maria insomma è la mediatrice fra l’uomo e il divino. La luce della luna ci riempie, si espande in noi, e ci feconda.

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Questa preghiera è un metodo che fornisce un insieme di indicazioni pratiche per ampliare la propria natura spirituale e raggiungere la scintilla divina che dimora in noi. Si tratta di un alto rituale magico e come tale comprende le tre fasi di invocazione, preghiera, ringraziamento. Finalmente al termine raggiungiamo la purezza (“ma liberaci dal male”), meglio espressa in ebraico con il termine Kadosh: abbiamo raggiunto il dominio della natura inferiore, siamo padroni di pensieri ed emozioni, abbiamo squarciato il velo, e possiamo cogliere in noi il principio divino. Possiamo finalmente riconquistare e riattivare ogni sephirah del nostro albero della vita. Il sole si irradia su di noi, ci riempie di calore e di luce. Per Saint-Martin si desidera qualcosa solo se possediamo già in noi stessi una parte dell’oggetto del desiderio. Così “conoscere”, anche se inizialmente operato tramite un’intuizione cerebrale, si affinerà e si concretizzerà con una identità totale tra il pensante e l’oggetto pensato, compreso il mezzo stesso. Si tratta di una facoltà intellettuale che

Il Cuore del Cristo è legato al plesso cardiaco, sede dei sentimenti. È il luogo dello sposalizio fra luna e sole, il tempio sacro ed intimo dove avviene la trasmutazione alchemica. Lì siamo combattuti fra la terra, dove siamo nati nel nostro stato attuale, e il cielo, verso cui tendiamo a tornare, figli contesi fra la Madre e il Padre. Ambiamo a divenire Cristo, figlio di uomo che, nella morte iniziatica, è rinato figlio di Dio. Riconosciamo comunque i nostri limiti e la nostra ignoranza di fronte al passato e alla conoscenza (peccato). La sfera di energia ci avvolge, ci comprende in questa Unità, e ritorna a donarsi verso l’infinito. Il Padre Nostro è legato alla zona intracigliare, soprattutto alla testa, sede del pensiero razionale. È il sole, dorato e luminoso. È la formula più potente con cui finalmente si cerca la ricostituzione del tempio interiore quale immagine - e non più riflesso - di quello superiore, la casa del Padre a cui desideriamo tornare.

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riconosce in sé il principio divino attraverso un’operazione spirituale.

fissare gli occhi sugli esseri sensibili e corporei, li riconduce sul suo proprio essere, e nell’intento di conoscerlo fa uso con cura della sua facoltà intellettuale, la sua vista acquista un’estensione immensa, concepisce e tocca, per così dire, dei raggi di luce che sente essere fuori di lui, ma di cui sente pure tutta l’analogia con se stesso; delle idee nuove discendono in lui, ma è sorpreso, ammirandole, di non trovarle estranee”, scrive Saint Martin in “Degli errori e delle Verità” del 1775. Il Tempio di Salomone fu da questi realizzato secondo i disegni a lui consegnati, tramite il profeta Nathan, da suo padre David. Nel tempio - costruito a immagine di Dio, dell’uomo e dell’universo - furono deposti gli oggetti consacrati, l’Arca dell’Alleanza, il Candeliere a sette braccia, il Mare di Rame e infine due altari, con fuochi diversi. Uno era l’Altare dei Profumi e su questo veniva bruciato dell’incenso dedicato a Dio, sia a mezzogiorno che alla sera: rappresentava il cuore e le buone azioni. L’altro era l’Altare dei Sacrifici e su questo venivano offerte le vittime consacrate: rappresentava il cervello e il sacrificio delle passioni. I due altari sono insomma, come gli altri oggetti consacrati, due dei nostri centri psichici essenziali nel tempio interiore che portiamo in noi: “Quando il Tempio sarà consacrato, le sue pietre morte ritorneranno viventi, il metallo impuro sarà trasmutato in oro e l’uomo riscoprirà il suo stato primitivo” (Robert Fludd). Non si accede al Sacro se non si è Sacri… Si legge di sovente la definizione di via

Nell’albero della vita Chokmah rappresenta la saggezza o piano dell’intuizione, mentre Binah rappresenta l’intelligenza o piano della razionalità; provenienti una da destra e l’altra da sinistra, costituiscono la base del triangolo che ha per vertice Kether, la corona spirituale, a cui entrambi sottendono e tendono. È un lavoro impegnativo e duro, ma lineare e intuitivo. Eleazar spiega che l’uomo deve necessariamente ricorrere a mezzi sensibili a causa della sua caduta. Non riesce a vedere la semplice verità perché gli è troppo vicina sin dall’inizio. Quando si fissa il sole al centro, in fondo, non si riesce a vedere il sole ma solo il suo contorno. “Quando l’uomo al contrario, cessando di

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Così non esiste una via definibile migliore o più giusta, più blanda o più diretta o più veloce. Si tratta invece delle due facce della stessa moneta necessaria al traghettamento spirituale: “Due le parole scritte sull’albero della vita: spada e amore”. La via teurgica funge da specchio convesso mentre la via cardiaca ha funzione di specchio concavo, nella ricerca della reale immagine di sé liberata dallo sguardo e dagli abiti materiali. La via cardiaca è perfettamente complementare a quella teurgica e ti assurge a novello San Giorgio che cattura e domina senza uccidere il perfido drago. Il mostro (orribile, ma pur sempre dotato di ali) esce da una caverna buia e nera, all’interno di una natura rocciosa e ostile, mentre sullo sfondo del cielo - rosso come il fuoco - spicca l’elegante ed etereo cavallo bianco del santo, vestito di abiti militari ma adorno di un fluido e morbido mantello verde-azzurro. Come non ricordare le parole di Tommaso nel suo Vangelo: “Colui che cerca non cessi dal cercare finché non trova, e quando troverà sarà stupito, e quando sarà stato stupito contemplerà e regnerà sul Tutto”. Lo stupore può nascere solo nel cuore, lì dove il razionale non trova alcuna corrispondenza, dove rimani

secca (o solare, o regale) legata alla via teurgica, ritenuta la più breve, ma al tempo stesso la più pericolosa, la più “guerriera”. Si affianca altresì frequentemente il concetto di via umida (o lunare, o sacerdotale) al percorso devozionale e mistico, alla via cardiaca, ritenendo questa la strada più semplice e sicura seppur più lunga. Ma il problema delle due vie è solo un falso problema, catalogazioni fini a sé stesse, inquadramenti didattici superflui. Non siamo forse qui a lavorare per ri-unire, per ri-tornare, per re-integrare?! “Chi sa bruciare con l'acqua e lavare col fuoco, fa della terra cielo e del cielo terra preziosa” cita la famosa porta alchemica sul colle Esquilino.

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travolto dal fiume carsico di percezioni spirituali, acqua possente che passa, ti purifica, ti arricchisce, e scivola via. “Nuota costantemente nella preghiera, come in un vasto oceano in cui non riesci a individuare né la riva né il fondo ed in cui l’infinita immensità delle acque ti consenta in ogni istante una evoluzione libera e priva di turbamenti” dice il maestro. In realtà la preghiera, oltre a essere un atto sacro, è uno strumento di rottura, potremmo quasi osare definirla un’arma. La percezione umana passa inesorabilmente attraverso il mezzo di rilevazione a nostra disposizione e a cui siamo soggiogati, la psiche. Questa è condizionata dall’autoillusione di ritenersi il nostro unico “io”. In realtà noi siamo molto più grandi di ciò che percepiamo ordinariamente: spesso manifestazioni singolari o comunque non omologate al nostro essere sono catalogate come esterne ed estranee.

La preghiera è la lama con cui tagliamo i fitti rovi della convinzione della dimensione misera a cui ci vuole convincere e condurre la nostra psiche. Il nostro essere è composto da una “legione di io” ci dice Marco. La preghiera amplia la nostra percezione, non escludendone alcuno, ci conduce verso ciò che stiamo cercando, e ci posiziona al di là della vista ordinata ma limitata della punta del nostro piede. La preghiera ci conduce alla perfetta coincidenza fra noi stessi ricercatori, il metodo di ricerca e il ricercato. È tutto qui ciò di cui si sta parlando. In questo percorso forse incontreremo tanti “io” ma l’ ”Unità” saprà al fine comporli nuovamente e ricondurli alla reintegrazione. Abbiamo tra le dita tutti i cocci del nostro vaso rotto durante la caduta; sta a noi adesso ricomporli secondo il disegno superiore, secondo il vaso divino. Mediante la preghiera usciamo fuori dal solido multifacce del nostro io, così come in meditazione facciamo scivolare lontano i numerosi chiacchiericci della mente. La preghiera è lo strumento base di ogni operatività religiosa e magica ma è appunto nella mistica che raggiunge importanza apicale. Misticismo trova il suo significato nel riferimento all’etimologia greca significante Mistero. In ambito esoterico, la mistica viene definita anche via cardiaca appunto, per evidenziare il distinguo dal significato dello stesso termine in ambito religioso.

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L’iniziato esoterico, dunque, attraverso la preghiera, fa risorgere e rievoca gli antichi misteri in sé medesimo, ricreandoli e nutrendosene al tempo stesso, trasformandosi appunto da iniziato ad adepto, perché l’iniziazione non è dono sterile ma conquista viva e perenne. Il viaggio intrapreso quando preghiamo è “oltre”, in un non-luogo di dominio e superamento della pluralità dell’io (il drago di cui sopra), impossibile da delineare, ancor più da definire, impensabile da comunicare. Siamo liberi da ogni forma o concetto, dall’idea di noi stessi, anche della libertà stessa. Siamo noi e Dio, siamo noi immersi in Dio, siamo noi e Dio come Unità. “O Dio liberami da Dio” dirà il mistico renano del XIII secolo, Meister Eckhart. Il “divino” Platone indicava un percorso iniziatico che non si basasse su riti bensì su una prassi tutta interiore. Questo percorso prevedeva una sorta di isolamento dal mondo con un relativo orientamento concentrato verso l’interno in “presenza a sé stessi”. Questa consapevolezza sfociava in contemplazione che nient’altro era che la percezione dell’origine divina dell’anima.

Il filosofo aveva il compito di purificare la coscienza/ragione dalle scorie materiali, convertirla così - pura e concentrata verso se stessa, fino all’innalzamento, all’assimilazione, alla coincidenza con Dio tramite l’estasi. Questo termine, che significa “uscita” in greco, indicava la capacità ed il raggiunto stato di chi riesce a separarsi appunto dal piano sensibile, dai legami con il corpo materiale, considerato dagli orfici la tomba dell’anima (soma=sema).

Adesso possiamo ricordarci di quando detto sopra a proposito dell’invocazione e dell’evocazione in preghiera. “Quando l’anima, restando in sé sola, volge la sua ricerca allora si eleva a ciò che è puro, eterno ed immortale e avendo natura affine a quello, rimane sempre con quello ogni volta che le riesca essere in sé e per sé sola…e questo stato dell’anima si chiama

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Se la teurgia ci prepara a ricevere in ogni nostra molecola il trascendente, è proprio il cuore il “luogo” dove si spalanca lo stargate attraverso il quale si realizza la riconquista della natura spirituale. È nel profondo, nel buio, nel nostro antro interiore che, dopo la riscoperta e un faticoso lavoro di ripulitura del nostro ineffabile Sé, può illuminarsi la “scintilla”. Siamo archeologi della nostra anima, e lo scavo può e deve iniziare proprio dal cuore. Saint-Martin indica nella sua via cardiaca una strada ardua di purificazione protesa a far riemergere le note altissime risuonanti nel nostro profondo. Il risultato è quello di riportare alla luce i resti dell’antico splendore nascosti nelle nostre catacombe, senza farsi travolgere dalla loro magnificenza ma esaltandone bellezza e preziosità. Un durissimo ma ricompensato lavoro di immersione. Abbandoniamo le dissertazioni, ora. Ritiriamoci nelle stanze solitarie del nostro genio. Il linguaggio del cuore parla in silenzio.

‘sapienza’ , questo un piccolo passo del Fedone. La sofia è quindi intuizione mistica del divino, esito naturale della contemplazione che ha origine nella riflessione, attività umana legata ai sensi: ancora il “pensiero, volontà, azione” di Saint Martin. Il percorso platonico iniziava dalla dialettica (dalla filosofia del pensiero) e giungeva alla “theoria” (contemplazione) cioè all’esperienza mistica. Il pensiero si ferma, la percezione lascia il posto all’intuizione interiore, all’intelletto puro del cuore. Chi era in grado di raggiungere la condizione estatica veniva da Plotino definito “Illuminato”, in pratica un risvegliato dal sonno del corpo, un Buddha. L’attività del pensiero viene azzerata, si crea un vuoto mentale ed intellettuale, Dio allora si manifesta nella sua parousia nel cuore dell’essere umano: “Per separarsi dal corpo essa si raccoglie in sé stessa come se provenisse da luoghi diversi, del tutto priva di turbamenti” - Enneadi.

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Essere martinisti (2a parte) Aerman S:::I::: - A:::O:::M::: Il Rapporto con la Religione.

Il Fr::: Duncan ha scritto: « …Onora la tua

religione e rispetta quella altrui. Credo che sia superfluo dire qual è l'impronta del martinismo in seno alle religioni. Purtroppo taluni conoscono bene le scritture indù ma non hanno mai letto il Vangelo. Attenzione questo è il più grave e pericoloso errore che può anche costare caro: mai sovrapporre gli Eggregori di due religioni; con queste cose non si scherza.». Nulla di più vero anche se il messaggio sembra essere contraddittorio o incompleto ma, di fatto non lo è [incompleto o contraddittorio]. Dove dice «taluni conoscono bene le scritture indù ma non hanno mai letto il Vangelo» sembra una contraddizione con quanto dice successivamente «mai sovrapporre gli Eggregori di due religioni». Al che viene spontaneo pensare: “Ma se non ho mai letto i Vangeli e ho seguito l’Induismo che sovrapposizione ho fatto?”. Invece, è proprio così: Ho sovrapposto gli eggregori di due religioni per il semplice fatto di operare nel Martinismo e osservare una religione diversa dalla Cristiana. Ciò avviene per il semplice fatto che la base del Martinismo è ad impronta Teurgica basata sul Cristianesimo Cabalistico (in tutte le sue confessioni quale esse siano) che adotta il Vecchio e il Nuovo Testamento (anche detto Cristianesimo Ebraico).

Nel particolare, si rifà ampiamente alla Chiesa Giovannita, ovvero, alle origini della Chiesa Cristiana e a quello che era prima della scissione avvenuta nell’anno Mille. Pur riconoscendo l’universalità del Creatore nelle sue forme di adorazione e confessione quale esse possono essere sotto l’aspetto religioso, come ad esempio l’Islamismo, l’Induismo, il Buddismo, ecc., la rituaria è prettamente teurgico-ebraicocristiana perciò, qualsiasi altra forma di osservanza religiosa non si concilia con essa.

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possono chiamare e adorare in modo diverso da quello nostro ma che, alla fine, è lo stesso Principio Creatore. Ciò, anche per rispetto dell’altrui religione che è un modo diverso (o rituario) di adorare il Principio delle Cose che è uguale a quello nostro, essendo fattivamente l’Unico, Uno e il Tutto, anche se da noi chiamato in modo diverso dagli altri. Essere integralista, cioè, riconoscendo la propria Religione come l’unica rivelatrice e osteggiando quelle degli altri, porta solamente al settarismo dogmatico venendosi a creare così divisioni ed incomprensioni che, a loro volta, generano odio e guerre. Ciò è in antitesi alla Creazione e al Principio Unico ed Assoluto per il semplice fatto che se è Principio Unico Creatore (così come lo è), non può essere Principio di divisione in quanto “creatore di cose uniche ma divise”.

Se il N:::V:::O::: deriva da quello degli “Eletti Cohen” – così come lo è – istituito ed organizzato da Martinez De Pasqually e la cui tradizione segreta deriva attraverso i personaggi biblici quali Enoch, Noè, Giacobbe e Mosè, come potrebbe essere diversamente, cioè, professando altri culti religiosi? Lo stesso Martinez De Pasqually nella sua lettera del 2.9.1768 indirizzata a Willermoz, con la quale dava a quest’ultimo le istruzioni rituarie da eseguire, indicava la necessità di « …in quanto ai vostri obblighi spirituali, ogni giorno reciterete l’Officio dello Spirito Santo … il Miserere Mei e il De Profundis…». Preghiere, per inciso, che appartengono solo ed esclusivamente al Cristianesimo. È anche vero che il Creatore è nominato come il G:::A:::D:::U:::, similmente a diverse altre Tradizioni Occidentali, ma ciò avviene per rispetto all’Universalità del Creatore, Fonte Unica di Vita, che altri popoli

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Uso della Rituaria ed Effetti (o Manifestazioni)

È come voler dire che il Principio Creatore Unico ha creato, nel contesto della sua creazione, le divisioni tra le razze buone e quelle cattive e la suddivisione tra gli uomini buoni e quelli cattivi (come se si potesse essere buoni o cattivi per nascita e non per scelta individuale). Sarebbe un Creatore razzista e non Principio Unico!!! Pur tuttavia, è pur vero che se la forma di adorazione individuale segue una strada, quale la vogliamo chiamare come Cristianesimo o Induismo o qualsiasi altra denominazione religiosa, dobbiamo seguire solo ed esclusivamente quella strada che abbiamo scelto; qualunque ne sia la tradizione o il nome. Se facciamo commistione tra un rito e l’altro, succede quello che ha già detto il fratello Duncan, ovvero, è come se andassimo allo stadio a fare il tifo con ambedue le bandiere delle squadre che al momento stanno giocando per contendersi il risultato della partita.

Un’altra considerazione da fare, è l’uso prettamente personale della rituaria. Tale intento egoico non solo non và bene e non è secondo i principi del Martinismo, ma, addirittura, genera dei grossi pericoli per chi si azzarda a metterlo in pratica. Infatti, scopo ultimo era (ed è) riferendoci sempre alle istruzioni degli Eletti Cohen - quello di ottenere i “passi”, cioè contatti con Entità che si manifestavano sia spiritualmente che materialmente. [Lettera di Martinez a Willermoz datata 16.2.1770]. I “passi” rappresentavano per l’operatore la manifestazione tangibile dell’Entità invocata. Per ottenere i “passi” la cosa non era (e non lo è) facile perché «la “Cosa” (“Chose” come la chiamava Martinez) è spesso restia per chi la desidera prima del tempo. » [lettera di Martinez come sopra citata]. Ciò perché il successo dell’operante dipendeva dalla sottomissione e dalla rinuncia alle “cose di questo basso mondo”; a ciò si aggiungeva (e si aggiunge) la rigorosa osservanza dei rituali e ben lo seppe Louis Cloud De Saint-Martin, N:::V:::Ph:::I:::, per avere fatto abusivamente uso di un “Nome”: «… So io quel che mi è capitato per aver fatto uso di un nome che mi era stato descritto prodigioso…» [Lettera del 3.2.1774 da L.C. Saint-Martin a Martinez]. Ho scritto al passato, perché volutamente ho riportato i brani di scambio epistolare avvenuto con i N::: Ph:::I::: affinché il

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lettore del presente documento non pensasse che fossero mie fantasticherie ma è ovvio che il discorso è da intenderlo, a maggior ragione, al presente. Ancor di più se consideriamo l’animo e gli intenti che dirigevano i nostri Maestri Passati e l’animo che dirige e governa i nostri intenti. Poi, per chi pensasse che la “Chose” fosse un’utopia del passato non più realizzabile, è in perfetto errore. Tutto dipende dal nostro lavoro fatto in modo puntuale, serio e onesto (verso l’Istituzione e verso noi stessi)!! Nel concludere questo lungo e forse tedioso documento e nell’unirmi all’esortazione del Fr::: Duncan aggiungo, forse più drasticamente, la seguente sintesi: 1) Chi non può operare nel Cristianesimo perché non esclusivamente di fede Cristiana, che osserva il Vecchio e il Nuovo Testamento, si astenga dall’essere Martinista. Altre strade, di altre tradizioni e altrettante valide, possono essere praticate con lo stesso profitto. Naturalmente, il discorso vale per chi fa “commistione” tra i due riti o pratica un rito diverso dal Cristianesimo. 2) Chi vuole essere veramente Martinista, operi nella vita quotidiana così come parla nelle tornate rituali o come vuol far capire agli altri di essere. Ciò al solo scopo di “Camminare nella Via della Reintegrazione”. Parlare bene e razzolare male, furbescamente, non porta al bene a livello individuale. Per tale argomento rimando agli scritti del Fr::: Saldar (al secolo Rino) che sono di esempio per tutti noi sul modo di essere nei rapporti con l’Altissimo, il

prossimo e verso noi stessi.. Tali scritti si possono scaricare dal nostro sito web. 3) Compiere le prescritte operazioni rituarie con costanza, assiduità e perseveranza. Se ciò non fosse possibile o per motivi profani o per stanchezza individuale, chiedere al N:::V:::M::: la sospensione dalla Catena; come dice giustamente il Fr::: Duncan. Non c’è nulla di male a farlo e i dubbi possono venire a tutti. L’importante è risolverli, anche col tempo, ma in modo chiaro e onesto, prima per se stessi e poi per gli altri. 4) Nelle operazioni giornaliere, chiedere prima la propria purificazione (altrimenti nessuna operazione può avere significato ed effetto), l’aiuto per gli ammalati e i “poveri di pace” e poi, per ultimo, per gli eventuali propri bisogni; ma che siano bisogni spirituali e mai materiali. Questo vuol dire, a mio parere, essere Martinisti.

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La Fenice

Vita fraterna

La Loggia Martinista "Silentium" e i suoi Gruppi

La Loggia Martinista “Silentium” ha

cominciato ad operare da circa dieci anni, presso la collina di Pescara, in sedi che di volta in volta vengono poste a disposizione da strutture iniziatiche amiche. Questo perché nel Martinismo, tradizionalmente, non ci sono quote di ingresso, capitazioni annuali e somme per passaggi di grado. Al più c'è un'equa ripartizione delle spese, qualora sostenute. Come ogni loggia martinista, anche la "Silentium", è seguita da un iniziatore, Iperion S:::I:::I:::, che assume la funzione di Filosofo Incognito della Loggia. La sua linea iniziatica è la seguente: Nebo (Francesco Brunelli) - Rigel (RMPN) Iperion (FRR). Iperion è stato associato al Martinismo dall'amatissimo Nicolaus (Nicola Ingrosso), nel 1998, entrando così a far parte dell'Ordine Martinista Universale, dove ha conseguito i tre gradi martinisti durante la Gran Maestranza dell'illuminante Giovanni Aniel (Fabrizio Mariani). Nella Loggia "Silentium", dalla sua costituzione, sono stati iniziati al Martinismo 83 fra fratelli e sorelle. Ovviamente non tutti sono rimasti all'interno della Loggia, soprattutto perché il Martinismo richiede un'operatività costante e continua, che può non essere alla portata di tutti. Vi è anche chi ha optato per il passaggio in altre diverse strutture. Per tutti vale il motto "semel abbas semper abbas" non avendo il Martinismo previsto forme affini alla "scomunica".

Durante questo decennio di operatività la Loggia Martinista "Silentium" ha cercato e provato approcci collaborativi con altre strutture martiniste, tutti conclusi. Quindi, allo stato attuale, la Loggia Martinista "Silentium" è una struttura iniziatica assolutamente indipendente da altri Ordini, Riti, Obbedienze, fratrie spirituali e da qualunque chiesa, pur rispettando ciascuna di tali organizzazioni. La Loggia “Silentium” opera alla Gloria del Grande Artefice dei Mondi, del sacro pentagramma e sotto gli auspici del Phil::: Inc::: Louis-Claude de SaintMartin, Nostro Venerato Maestro. Conformemente alla Tradizione Martinista, la Loggia “Silentium” adotta il simbolismo del ternario: i tre gradi (Associato Incognito, Iniziato Incognito, Superiore Incognito), i tre colori (nero, rosso, bianco), i tre simboli fondamentali (cordone, maschera, mantello), i tre lumi.

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La Loggia Martinista “Silentium” proclama la sua osservanza alle leggi dello Stato, così come l’inderogabile rispetto dei principi di libertà, tolleranza e fratellanza. Allo stesso modo, si oppone a ogni forma di miope, ottusa e umiliante discriminazione: di genere, sociale ed etnica; si astiene dal prendere parte in controversie di natura politica e confessionale nel rispetto del libero pensiero reciproco, individuale e sociale. Gli insegnamenti, la rituaria e il piano di studi sono conformi a quelli martinisti di estrazione "brunelliana" prevedendo un approccio essenzialmente teurgico occidentale con particolare riferimento alle dottrine sviluppatesi, in diversi periodi storici, nel bacino del mediterraneo e nel continente europeo. Dalla Loggia "Silentium", negli anni, sono "gemmati" diversi gruppi (ogni gruppo deve essere composto da almeno 4 fratelli/sorelle), ciascuno seguito da un Fratello/Sorella Maggiore. Attualmente, oltre la Loggia "Silentium" che ha sede a Pescara, affidata a Iperion S:::I:::I:::, sono presenti i seguenti gruppi: - "Anubi" - Palermo (Bes S:::I:::) - "Parthenope" - Napoli (Rhiannon S:::I:::) - "Zeteo" - Salerno (Eros S:::I:::) - "Stanislas de Guaita" - Bari (Zapquiel S:::I:::) - "Nova Lux" - Roma (Samas S:::I:::) - "Eirene" - Alessandria (Aspasia S:::I:::).

Fratelli e sorelle isolati (laddove non è ancora possibile costituire un gruppo) sono presenti in Toscana, Liguria e Sardegna. Oltre che con la presente rassegna riportante le idee e l’operatività che caratterizzano la Loggia Martinista “Silentium” e i suoi Gruppi - è in corso di realizzazione il sito web che offrirà notizie e materiali utili ad ogni martinista e a ogni cercatore dello spirito. In vista di questi ambiziosi propositi, non resta che augurare che la pace, la serenità, e la gioia ardano sempre nei nostri e vostri cuori. Ora e per sempre. Iperion S:::I:::I:::

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