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Direttore responsabile cristiano zanni / cristianoz@hipow.com Capo reDattore alessandro redaelli / aler@6am.it art DireCtor matteo di nisio / matteod@6am.it in reDazione jacopo atzori / jacopo@6am.it FotograFi senior cristian osde benzoni, enrico rizzato & Federico romanello testata www.lucabarcellona.com Collaboratori testi bruno aballay, luca basilico, anita giavoni & alessandro volpin Collaboratori immagini carlo cassan, gaston Francisco, beatrice sugliani & alessandro volpin
editore e pubblicità johnsons media - via valparaiso 4 - 20144 milano tel +39 02 43990087 Fax +39 02 48022901 info@hipow.com - www.johnsonsmedia.it amministratore delegato cristiano zanni - cristianoz@hipow.com servizi generali luisa pagano - luisap@hipow.com distributore esclusivo per l’italia press-di distribuzione stampa e multimedia s.r.l. - 20090 segrate (mi) distributore esclusivo per l’estero johnsons international news italia - via valparaiso 4 - 20144 milano
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6:00am è una testata della casa editrice johnsons media che pubblica anche gli annuari: surfing (surf, windsurf, kite), snowb (snowboard) e le riviste Funboard (windsurf), surf latino (surf), sup time (stand up paddle), kite magazine stance (kite), 4skiers (sci freestyle), entry (snowboard), girland (girlie action sport). registrzione tribunale di milano n°661 del 23/11/2001. periodicità bimestrale: febbraio/marzo, aprile/maggio, giugno/luglio, agosto/settembre, ottobre/novembre, dicembre/gennaio. codice issn 1593-7011. registrzione roc n.11243. stampa alfaprint - via bellini, 24 - busto arsizio (va). prezzo di una copia italia: 4,50 euro. abbonamento annuale italia (6 numeri): 18,00 euro. tutti i diritti 6:00am sono riservati e appartengono a johnsons media. nessuna parte di 6:00am può essere riprodotta in alcun modo senza la preventiva autorizzazione di johnsons media. testi, disegni e immagini non saranno restituiti se non espressamente richiesti. l’editore è a disposizione degli aventi diritto nei casi in cui, nonostante le ricerche, non sia stato possibile raggiungere il detentore del diritto di riproduzione di eventuali testi e immagini. l’editore e gli autori non potranno in alcun caso essere ritenuti responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati dall’utilizzo improprio delle informazioni contenute in questa rivista. poste italiane spa - sped. in abb. post. - d.l. 353/2003 (conv. l. 27.02.2004, n° 46), art. 1 comma 1, dc b milano.
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luca basilico bs boneless photo osde
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10 Waiting room 12 news 22 Frame reordering 24 scene support Jacopo Atzori 30 one day With etnies 32 the Art of todd bratrud 34 simple session 36 news 38 our thing lobster 40 Facilities 42 new buiz 44 clichè trucker tour 46 Finding concrete 58 dc the italian Vacation 66 luca basilico itw 76 Waiting For lightning 78 Muriel 84 otW spring classic 86 Focal Plane 94 display
c o n t e n t s 6 : 0 0 A M s k A t e b oA r d c u lt u r e M A g A z i n e / 9
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Waiting Room Qualcuno la chiama fotta, qualcuno lo chiama demone: più in generale è la voglia di distruggere e di distruggersi per chiudere un trick. L’insaziabile desiserio di atterarre una manovra con tutte le sue conseguenze positive e negative. C’è chi lo fa per avere un pizzico di popolarità, chi lo fa perchè ne ha semplicemente bisogno e chi lo fa perchè non saprebbe proprio che altro fare della sua vita... Quest’attitudine, questa voglia di sprecare del tempo, sono la vera e propria essenza di quello che ci deve essere dentro ad un grande skater... C’è una grande differenza fra mettere in mostra del talento ed essere un grande skateboarder: sudore, passione, coraggio e soprattutto voglia di farsi male, sono fattori che nemmeno ‘il più stiloso’ può sottovalutare. Stare a contatto con un po’ di rider americani negli scorsi mesi mi ha fatto capire un fattore importante: il rapporto stretto fra dolore e skateboarding, che dalle nostre parti forse non è poi così stretto. Non sono poi moltissimi quelli che hanno voglia di immolarsi per la causa, come si dice in gergo... Certo c’è da dire, che le prospettive future di uno skater italiano che decida di buttarsi dalle scale per una decina d’anni, non sono proprio rosee: niente fama, poca gloria e di sicuro nemmeno un euro per curarsi gli acciacchi. È un bel problema sapete, per chi scrive e produce skateboarding come noi, quello di trovare persone che abbiano voglia di impegnarsi a fondo, di mettersi in viaggio, di portare a termine la mission anche quando i talloni fanno male e il trick che si sta provando ha proprio rotto i coglioni. A rendere ancora più complicata la situazione, c’è il fatto che anche chi lavora nello skateboarding, fotografi, filmer, giornalisti e team manager, è vittima della stessa precarità economica e professionale: non esiste futuro, contratto, ne certezze. Questo è il cocktail che ad oggi vincola lo skateboarding italiano in una situazione di dilettantismo forzato. Resta sempre però intatta la straordinaria volontà di diversi gruppi di skateboarder ed addetti ai lavori, che non si fermano e continuano a spingere. Ce ne sono molti sparsi per tutta l’Italia e sono la testimonianza vivente del fatto che la passione per lo skateboarding sta facendo crescere una scena che sarebbe altrimenti morta. L’invito è a non fermarsi e a continuare a perseguire i propri obiettivi, anche quando sembrano aver perso di significato. Lo skateboarding è insieme il mezzo e il fine per compiere le nostre vite. La nostra realtà sta cambiando, ‘la tavoletta’ nel mondo sta guadagnando la posizione che merita, mettendo in mostra le sue straordinarie qualità. Non vorrete essere mica impiegati di banca o ex skateboarder, quando anche in Italia le cose cominceranno a girare nel verso giusto? Giorse che vedete nella sequenza è uno di quelli che non lascia mai indietro un trick: chiedersi se abbia senso o meno decidere di atterrare un bs grind in quindici centimetri d’acqua è superfluo. Lui ha voluto e lo ha fatto, voi andate fuori e fate il vostro! Losing time is what we do!
10 WAiting Room
Sergio Reinhardt > Water Ended Bs Grind // Word & Photo > Alessandro Redaelli
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skate friendly hostel
skateparks
do not think
Volete farvi un giro a Milano e girare gli spot meneghini, facendo tappa base in un posto fico? ostello Bello. È vicinissimo al duomo, nel centro storico, ed è perfetto per andarsene in giro a skateare e uscire la sera per locali... i ragazzi che lavorano in ostello Bello hanno viaggiato attraverso i cinque continenti visitando più di duecento ostelli e parlano praticamente tutte le lingue: sanno bene come dev’essere un ostello...
Ultimamente la situazione ‘skatepark italiani’ non è affatto delle più rosee: il legno, che tende a marcire e a bucarsi in pochi mesi, è sempre stato un problema...
arte e skateboarding alla fabbrica del Vapore di Milano. do not think è un’interessante iniziativa, decisamente fuori dall’ordinario, che si traspone in esposizione artistica: giunge a Milano proprio in questi giorni di giugno. Guardacaso non nasce da un movimento italiano, ma da un progetto pro-skateboarding promosso dalla francese fondation art oxylane, che con questa mostra sta girando l’europa e tocca l’italia come terza tappa, dopo la Germania e la polonia...
C’è il WI-FI gratuito, il bagno privato in ogni camera e la mattina super colazione inclusa nel prezzo: disponibile a qualunque ora ti svegli! Bar ristorante con tipica cucina italiana, drink di benvenuto e assaggi gratuiti e tipica ‘cucina della nonna’ a disposizione con orto e aromi. Terrazze con amache e barbecue e poi durante la settimana installazioni artistiche, mostre, degustazioni, dibattiti, cineforum, musica dal vivo e mercatini... Ci sono poi ping pong, calcio balilla, subbuteo, tv satellitare, videogiochi etc... In più corsi di cucina, lingue, cinema italiano, storia italiana etc... E strumenti musicali a disposizione tipo piano, chitarra, basso, tastiera, etc... Grande libreria e book exchange. Insomma una bomba, e la reception è sempre aperta! Accesso con badge, ascensore sui cinque piani, lenzuola incluse nel prezzo, asciugamani e servizio di lavanderia. Armadietti di sicurezza e deposito bagagli, telefono, fax, servizio scanner e stampa e carte SIM a disposizione: così la mamma ti chiama e tu non spendi! Completamente accessibile ai disabili, i bambini sono benvenuti e con eventuale servizio di babysitter disponibile. Servizio di accompagnamento da e per aereoporti, affitto biciclette ed eventualmente cruiser o longboard per andarsene a zonzo quando non sarete a macinare trick in giro per i vari spot... Parcheggio moto e macchine nelle vicinanze, cani e gatti sono benvenuti, si accettano carte di credito e ogni tassa è inclusa nel prezzo... Insomma: se non sapete dove stare a Milano quando siete in tour, fatevi un giro sul loro sito, passate a trovarli e di sicuro non ve ne pentirete! Tutte le info su: www.ostellobello.com
Come può un ente pubblico di quelli classici italiani con le braccine corte, resistere alla tentazione di risparmiare, almeno apparentemente, costruendo un park tutto in legno? La manutenzione necessaria dev’essere garantita, costante e attenta, e spesso è facile assistere ad abbandoni e declini in stile ‘cimitero degli elefanti’. Ma non siamo qui per portarvi brutte notizie: il triple six skatepark, grazie all’associazione Iron Town Skateboarding che l’ha messo al mondo, ha ottenuto anche quest’anno il prezioso appoggio di DC (California Sport), di Soul Shop e della ditta S.A.E.C. di Cesena, per la manutenzione. Per tutto il 2012 i 666 metri quadri del park (eh sì, il nome arriva proprio da lì), saranno tenuti in forma in maniera ottimale. Checckate il loro sito, www.t6park.com, per foto e notizie sui prossimi eventi! Una storia simile ma più attuale è quella di la Brugola, associazione che spinge lo skateboarding nell’est Piemonte, che ha recentemente comprato le strutture dell’ex Trinity park. Forse avrete avuto la fortuna di skatearle in un paio di eventi che hanno organizzato montandole al Mercato Coperto di Tortona. Da qui a poco installeranno in modo definitivo le strutture in uno spazio al coperto. Rimaniamo intanto tutti sintonizzati sulla loro pagina facebook, la-brugolask8 in attesa di informazioni succose. Ad Alessandria il vecchio skatepark dell’areoporto è stato esteso da Nelzi con nuove strutture in cemento. E da Torino giunge una delle notizie più interessanti: in piazza Valdo fusi, pieno centro storico, stanno costruendo strutture skateabili integrate all’arredo urbano: la prima vera skateplaza italiana! Non manca molto al termine dei lavori, tra poco potremo assaporare questa realtà che forse riuscirà a far comunicare molto di più lo skateboarding torinese, piuttosto che confinarlo in recinti appartati fuori dalle città...
“L’utilizzo libero dell’ambiente per ciascun artista, così come succede nella pratica per uno skater nella città”. È una delle frasi che meglio esprimono il concept che Chiara Santini Parducci, la curatrice, vuole dare al progetto. Questo connubio, a dir poco azzeccato, fuoriesce da quattro settimane di incontri a tema skateboard alla Berlin International Artists Skateboard Residence, durante le quali sono state sfornate le opere che vedremo in questa esposizione di Milano. L’idea è quella di accrescere il numero di opere lungo il percorso, così per questa tappa sono previste due nuove opere inedite: un’installazione di The Wa, Skate-Antiskate, e le fotografie del tedesco Christian Roth. Non è un evento da lasciarsi sfuggire, se passate da quelle parti in tempo, visto che è così raro trovare un tema come il nostro così valorizzato da artisti e dalla città. Se però l’arte è qualcosa di molto lontano dalla vostra pratica routine di macina-muretti, eccovi il piatto forte: durante la permanenza, oltre agli altri eventi, workshop e feste, sarà realizzata una struttura skateabile all’interno della Fabbrica del Vapore. E dopo la mostra, la rampa rimarrà in regalo al Comune di Milano, per cui una visita è d’obbligo! La mostra apre il 5 giugno e dura fino a metà luglio, checkate la pagina su facebook (do not think) per orari e tutte la altre informazioni.
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Looking for Something different?
Abbonati e conquista la possibilita’ di vincere una delle 3 tavole messe in palio da Strange!
6 numeri x 18 euri Di seguito le modalità per abbonarsi alla rivista. Bonifico bancario intestato a: JOHNSONS MEDIA SRL BANCA INTESA COORDINATE BANCARIE IT67 O 03069 09529 0724 0265 0199 Importo: 18,00€ (6 numeri). Causale: 6:00AM - NOMINATIVO, INDIRIZZO ed eventuale RECAPITO TELEFONICO.
© Fakso
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Addio sale giochi e consolle! È nata una nuova generazione di videogame da giocare online e sulla strada, è partito il Red Bull Skate Arcade, il contest a livelli legato al mondo dello skate che ti premia con la California. Partecipare è facile, basta iscriversi gratuitamente sul sito www.redbullskatearcade.it, scoprire i trick che ogni settimana, a partire dal 5 giugno, verranno proposti e allenarsi per riuscire a chiuderli. I trick chiusi dovranno essere filmati in un breve video di massimo 60 secondi e caricati sul sito www.redbullskatearcade.it. Ogni clip caricata che rispetterà tutti i criteri richiesti nel regolamento, sbloccherà uno dei sei livelli previsti. Una volta sbloccati tutti i livelli si potrà accedere alla gran finale del 21 luglio presso il Railway Skate Park di Brescia (foto a destra) per provare ad aggiudicarsi un esclusivo viaggio in California, il paradiso degli skater!
Verrà decretato vincitore del Red Bull Skate Arcade chi a Brescia, durante le sfide che si alterneranno durante la serata a partire dalle ore 20:00, totalizzerà il punteggio più alto e ‘resterà in vita’. Lo skater più meritevole avrà l’occasione di incontrare i top rider internazionali in California e aggiudicarsi un viaggio tra i più famosi spot di skate, tra cui lo Skate Lab e lo skate park privato di Sheckler (foto sotto). Ma non è tutto, i dieci skater che alla fine della fase online avranno accumulato il maggiore punteggio tramite il numero delle visualizzazioni dei video caricati e le tempistiche di caricamento, avranno diritto ad un rimborso spese per raggiungere la finale di Brescia. Visita www.redbullskatearcade.it e scopri ogni settimana il nuovo trick da eseguire!
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’t Don e r o enC Do equ th! s the e mon th of
Do... 1 / Andare veloce, poppare, aspettare che gli eventuali bambini o passanti si spostino da uno dei lati che stanno occupando per osservarti, girare in bici e mangiare il gelato.
2 / In caso di vicini che minacciano di chiamare la polizia, giurare che state ancora cinque minuti e poi andate, e vedere come evolve la situazione...
street gappin’ with: ale Cesana / bs heel photo Osde
22 // 6:00am Skateboard Culture Magazine
3 / Fuggire in caso di problemi: involontari incidenti causati tipo involontarie tavolate negli stinchi di persone in genere.
Don’t! 1 / Insultare bambini o passanti che vi stanno facendo perdere tempo: potreste perderne ancora di più. 2 / Fare baldoria tutta la notte precedente pensando che infondo sia solo uno street gap ed è come skateare in flat... Vi serve comunque un po’ di fiato per arrivare abbastanza veloci e riprovarlo almeno qualche volta... 3 / Non versare liquidi organici o inorganici di nessun genere sul landing: sarete voi a pagarne le conseguenze in prima persona!
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jacopo atzori fs lipslide / photo alessandro redaelli Ciao Jacopo, presentati ai lettori di 6:00AM... Sono Jacopo e studio Progetto della Comunicazione Visiva a Milano. Ci vivo da quasi due anni, e mi sta cominciando a piacere, forse perchè la scopro un po’ di più proprio in questi ultimi tempi. Mi piace skateare. Parlami della tua città d’origine, Alessandria: com’è la scena, lì? Ahahah! La città grigia... È in mezzo alle principali città del nord-ovest, ma stranamente non ne sembra trarre alcun vantaggio. Da ragazzini skateavamo il nostro parchetto con strutture prefabbricate, costruivamo muretti e flatbar e nel weekend prendevamo il treno per altre cittadine. Sinceramente abbiamo provato molte volte a spingere per la costruzione di park decenti, ma non abbiamo ottenuto nulla di concreto, finchè poi è venuto per me il tempo dell'università e sono riuscito a trasferirmi qui a Milano, dove ho più occasioni di confronto e di crescita. È la prima volta che skatei per l’obiettivo di una rivista: come ti è sembrata la session? La session è stata finalmente proficua! Abbiamo un po’ rincorso questo momento nelle ultime settimane, ma stavolta lo spot e la bella gente della giornata erano completmente positivi... Risultato: skateata rilassata e zero problemi.
24 // 6:00AM Skateboard Culture Magazine
Grazie a Jacopino Carozzi e al Crest! Peccato solo che avessi le gambe a pezzi dopo il trick... Ultimamente mi sono un po’ stufato, visti i numerosi sprechi di tempo, di stare allo spot a parlare, a pensare, ad imparanoiarmi e magari arrendermi: non ne ho proprio voglia. Ho avuto lunghe pause dallo skateboarding per una caviglia spappolata e qualche infiammazione ai piedi, ed ora trovo la motivazione in tutto il tempo che sento di aver perso. Che obbiettivi hai in merito alla tavoletta? Filmare con gli amici e scoprire spot. Credo di aver voglia di metter su una videopart variegata, in spot che mi piacciono, sarebbe la prima volta che riesco a farlo... Quest’anno sento di riuscire a filmare molto meglio, saltano fuori spot davvero succosi come questo della foto, e le persone spingono il livello... Filmiamo qui a Milano e in Piemonte con la crew del negozio del mio amico Nico. C’è ottimismo nell’aria! Chi ti ha impressionato di più quest’anno? Raffo Pola ed anche Edo Maule. Per quanto riguarda il resto del mondo, la tendenza di oggi, come ha scritto il Bas da qualche parte, è aprire una manciata di schede ogni mattina, con videopart di ragazzi che si sbattono davvero duro ma che ci dimentichiamo dopo due minuti.
In realtà credo che la questione ‘mi filmo la mia videopart e la uppo sul mio canale’ abbia un’importante lato positivo, cioè che il ritmo si fa più acceso, in generale si spacca di più e ci si fa notare di più. Personalmente tendo a lasciarmi impressionare da ogni ragazzino nuovo: esce letteralmente una videopart al giorno ormai... Ultimamente Evan Okeson mi ha caricato molto, così come Barney Page. Poi Clint Walker che rimane sempre il mio skater preferito. C’è qualcos’altro che ci tieni a dire? Di continuare tutti ad andare avanti nel miglior verso possibile! Non smettere di alzare il livello che fa bene a tutti, di condividere, confrontarsi e supportarsi a vicenda. Grazie mille a tutti quelli che ci stanno dentro quando si tratta di skateare o di spingere lo skate. Quindi prima di tutti a te Ale, al Matte e a Dave di Contest e a tutti quelli che hanno l’attitudine per il support giusto al momento giusto. E grazie a quelli che creano i momenti giusti, che ti motivano quando sembra un pessimo momento. Grazie a Nicola del Tattoo Communication Skateshop di Asti, che ha cominciato a supportarmi con materiale: per me è una cosa super positiva, siamo un gruppo di amici che skateano insieme e questo è il meglio che può capitare. Ciao a tutti gli amici e ai loro cani...
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n.d.i. tel +39 0464 514098 - nitro@nitro.it
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a4 distribution - tel 0342 68 34 94 - info@a4distribution - www.a4distribution.it
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one day with etnies global team willow // varial heel word & photo // alessandro redaelli È una cosa che si scopre quando si passa un po’ di tempo con lui: una cosa divertente e strana, si tratta dell’effetto Ryan Shekler. Ryan è nel complesso un essere umano come tutti gli altri: vive, respira, cammina (anche se in maniera un po’ goffa) e fa tutte le altre cose che noi abitanti della terra facciamo quotidianamente.
Ciò nonostante ha l’aspetto di un marziano... Innanzitutto parla come Texas Ranger anche se è californiano ‘born and raise’: mentre scandisce le parole sembra di ascoltare uno spot pubblicitario carico di stereotipi ma divertente e musicale. Ryan è il prototipo del ragazzo americano di successo: biondo, bello, con l’attitudine dello skateboarder pro e a volte gli occhi di un bambino al quale hanno dipinto addosso il suo mondo. In generale spacca e nonostante la sua fama è un tipo con cui non è difficile socializzare... La coda di ragazzine entusiaste che gridavano e si contorcevano quando Ryan è arrivato fuori dal Tresse Sport di Milano, è qualocosa di inconsueto per l’Italia, ma la sua fama e la sua popolarità scavalcano di gran lunga i confini dello skateboard, arrivando anche a quella parte di pubblico che solitamente è lontana dai nostri appuntamenti.
Questo è quello che io definisco l’effetto Shekler. Abbiamo passato un’intera giornata insieme a zonzo per gli spot di Milano e oltre a noi c’era gran parte del team Etnies americano ed europeo. La foto che vedete qui sopra è una bomba che Willow ha sparato durante la demo tenutasi il secondo giorno presso il Railway Skatepark di Brescia, ed è il culmine di una due giorni intensa di skateboard in terra lombarda. Loro erano reduci da un mega tour europeo e la tappa precedente era a Barcellona: mi è capitato di mettere occhio al footage fotografico che hanno prodotto... Vi consiglio di seguirci nelle prossime uscite di 6:00AM per poterlo vedere in anteprima. In Italia non abbiamo scattato molto, ma il materiale che c’è è una sassata! Don’t fuck with the Etnies team!
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the art of todd bratrud
word Ale redaelli photo beatrice Sugliani
SenzA ombrA di dubbio todd brAtrud è unA delle mAtite Più influenti nellA StoriA dell’Arte grAficA nello SkAteboArding. le collAborAzioni di todd negli Anni Sono infinite: conSolidAted, fliP, birdhouSe, enjoi, blAck lAbel, creAture, reAl SkAteboArdS e Volcom Sono Solo Alcuni dei brAnd che hAnno Potuto AVVAlerSi dellA SuA collAbAorAzione. L’evento che lo ha visto protagonista si è tenuto presso il bastard store, lo scorso diciotto aprile ed è frutto dell’ormai decennale collaborazione fra l’artista e Nike. L’azienda di Beaverton gli ha infatti affidato il design e la colorazione di parecchi modelli tra i più celebri della collezione SB.
Certo lui non ha bisogno della nostra pubblicità, ma vi consigliamo vivamente di non perdervi questa pubblicazione anche e soprattutto se non avete potuto prendere parte in prima persona all’evento...
© Alberto Pepe
Tra tutte mi piace ricordare le Dunk Skunk, il modello ‘puzzola’ che rispettando il famoso doppio senso veniva consegnato agli acquirenti in una bella busta di plastica... Il suo innato senso critico non si è mai perso anche negli anni della popolarità, le sopracitate scarpe sono connotate di tutto il suo acume. Non meno critiche sono le ultime grafiche sviluppate per Enjoi: una fra tutte la famosa P.B.J. all day, evidentemente in contrasto con i modi di fare eccessivi dei rapper di DGK.
‘I Hate: The Art of Todd Bratrud’ è il libro che raccoglie i suoi lavori più importanti ed è la motivazione dell’intero evento. Evento che ha visto la presenza di moltissimi skater ed esponenti della scena italiana che hanno scelto di partecipare per guardarsi le opere del ragazzo di Costa Mesa.
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SIMPLE SESSION
TALLIN
WORD & PHOTO - ANDREA VOLPIN / DIDRIK GALASSO - FEEBLE TO NOSE BONK
Un’altra edizione di Session è andata in onda a Tallinn: oramai si può parlare di serie ‘skatelevisiva’ in quanto l’evento è l’unico in Europa ad aver continuato non stop dopo avere celebrato il decimo anno consecutivo. Anche se la serie indoor è cominciata nel gennaio 2003, Session prima ha avuto un appuntamento estivo outdoor a Tartu, nell’ormai remoto 2002. Quest’anno addirittura c’era il mega screen della classifica in tempo reale che girava pubblicità progresso e non tra una pausa e l’altra del contest: non si butta via niente pur di intrattenere e imbottire il pubblico... Dopo aver visto tutte le edizioni indoor chiaramente mi aspettavo di vedere qualcosa di diverso e siccome è difficile oggigiorno vedere tecnicate nuove, visto l’alto livello standard dello skateboarding odierno, riuscire a produrre conigli che escono da cilindri magici, soppratutto di prima mattina, non è facile per nessuno: neanche se hai un nome di tutto rispetto. Quest’anno il destino ha voluto che una compagine non indifferente di italiani fosse iscritta al contest, ben quattro nomi noti nella scena italiana ed europea presenziavano in lista, da Fabio Montagner alla neo promessa Ivan Federico, passando per Jacopo Carozzi (non meno promessa), fino all’emigrato più o meno temporaneo in Tirolo, Varrese Marco. Man mano che si avvicinava la data del contest mi arrivavano notizie non confortanti. Lunedi 27 marzo tramite skype, il Carozzi mi avvisa facendomi sapere che non si sa perchè, ma non ha mai avuto una prenotazione aerea e anche se confermato on line sul sito di Session era difficile effettuare un teletrasporto gratuito, per cui Jacopo se n’è dovuto stare a strettare nei dintorni di MC. Martedi 28 marzo: ore 11:25 Ivan Federico con al seguito la famiglia e il suo nuovo team manager Posta erano fisicamente presenti a Tallinn, indenni dal solito disatroso atteraggio di Rinoaria che ogni volta che vola a Tallinn da Orio, mette al comando il pilota stagista che non è capace di atterrare...
34 // 6:00AM Skateboard Culture Magazine
Vi prego, basta! Dopo un breve scrutamento del programma si denota che il computer non ragiona, ma sapendo bene che il Montagner ed Ivan Federico sono amici per la pelle, ha ben pensato di farli uscire a competere assieme nella seconda heat di qualifiche in prima mattinata estone, visto che qui c’è un ora di fuso avanti. Poi anche l’inizio primavera è come il profondo inverno italiano: quindi le 12:00 qui, biologicamente sono come le 09:00 da noi. A quel punto Ivan, che non teme nessuno se non altro che Montagner, si vede in difficoltà e decide di ricorrere ad un rito wodoo verso Fabio. La sera di martedi 28 verso mezzanotte mi arriva un sms da un numero italiano che non ho in rubrica, non firmato: alla fine non capisco bene chi me l’ha mandato, e per fortuna che la mia ragazza è scaltra e mi fa capire subito che si trattava del Montagner, e se non lui chi doveva arrivare a Tallinn il giorno seguente come da accordo? Non poteva più venire per una improvvisa ed imprevista infiammazione ad un ginocchio. Tanti Auguri Fabio. Giovedi e venerdi prove libere e sabato la grande prova di banco. Ivan si ritrova nell’arena che rispetto a lui è così sproporzionata che ogni tanto, tra un transfer e l’altro, sparisce dietro qualche struttura. La cosa può far ridere, ma un po’ meno se valutiamo quel che è successo: Ivan si ritrova mezzo addormentato a girare a palla di prima mattina su strutture con misure da bmx, fa una line quasi perfetta, dove sbaglia solo un bluntslide, ma chiudendola alla seconda e toccando tutte le strutture del park, con bs flip melon transfer su di una hip non proprio dolce, tre trick sul passamano tondo: boardslide, fs 50-50 e feeble, tutto alla prima. Risultato, prende meno punti degli altri che hanno fatto quattro flip a due chilometri l’ora. Forse non hanno ben visto cosa ha fatto Ivan rispetto agli altri ma chiaramente riuscire a seguire contemporaneamente quattro skater in quel park, anche con all’ausilio dello speaker (che anche lui ha due soli occhi), è difficile. E la stessa situazione si è poi verificata con gli altri che sono venuti dopo...
Morale della favola destino beffardo, in quanto a fine giornata si scopre che anche Marco Varrese non è mai arrivato, ma magicamente ad un certo punto è spuntato dal nulla Marco Giordano: se la girava in modo ‘sciallo surfer style’, ma purtroppo nè lui nè Ivan sono riusciti a passare. Con più di 60 rider da scremare sicuramente poi si è visto un livello alto... La domenica la finale era bella pompata, nomi europei che risaltavano davano spettacolo a mille, ma quest’anno a quanto pare, anche se l’area street pura non comprendeva più di 1/5 del park, è stato premiato lo street vero e tecnico, chi ha vinto è uno che macina panchine e marciapiedi dalla mattina alla sera e da qualche edizione presenzia a Tallinn: Austen Seaholm. Niente da dire, ha il suo stile molto tecnico e se ne frega della competizione pura: era lì per girare, ha detto la sua e ha avuto ragione. Questa volta lo street puro ha prevalso anche su di un contest che ha sempre voluto estremizzare lo skateboarding quasi denaturalizzandolo per il piacere del mainstream. Mi dispiace per Ivan, anche se l’ho trovato con un’attitudine più matura e consapevole per l’età che ha... Go street skateboarding! Grande Austen Seaholm e i suoi piedini vellutati! E Salabanzi che è diventato papà non ha perso lo smalto da giovane ghepardo: big spin flip to front board sul rail tondo durante il best trick! Di seguito la classifica finale: 1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10°
Austen Seaholm USA Axel Cruysberghs BEL Simon Stricker SUI Thaynan Costa POR Phil Zwijsen BEL Jonathan Thijs BEL To m a s Vi n t r C Z E Didrik Galasso NOR Gosha Konishev RUS Tim Zom NED
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Bunker Vert
AmSterDAmn Am
In questo periodo di transizione, dove lo skateboarding si affaccia su realtà sempre più omogenee per quanto riguarda i terreni sperimentati, giunge una solare notizia dalla capitale: una nuova, appena inaugurata, vert half-pipe come poche ce ne sono in Italia, costruita al Bunker Skatepark di roma, che finalmente porta a compimento il proprio progetto originale che prevedeva una struttura simile fin dall’inizio. Questa rampa in legno ha due altezze, 2.6 e 3.2 metri la più easy e la vera parte alta ha un aggiunta di mezzo metro di vert su entrambi i lati. E il suo legno profuma di storia dello skateboarding. L’esperienza che ha dato vita a questa perla è quella di Claudio Ruggeri e Francesco ‘Jekill’ Albertini, due dei big di questo progetto insieme ad Alessandro ‘Cois’ Cocciuti, storico creatore del Bunker. La loro avventura parte quasi trent’anni fa, ed è una storia che parla di piccole rampe DIY, di legno recuperato nei cantieri, di colpi di fortuna e di chilometri di coping grindati, di pro americani e di half-pipe famose non solo in tutt’Italia. Oltre che per la rampa di via Nomentana sempre a Roma, quella apparsa sul Thrasher del novembre 1982, i due amici, sono infatti famosi per la rampa di Overseas a Spinaceto. Quest’ultima, o almeno quello che ne rimane, è stata rimessa in gioco dopo qualche avventura proprio per questo progetto. L’altro legno deriva dalla rampa nel bosco di ‘Cois’, smontata e fusa con gli altri pannelli per costruire l’ultima vert ramp sul panorama italiano. È l’occasione per sperimentare una delle discipline più ‘root’ ma curiosamente più attuali, dello skateboarding: che si risvegli per tutti la vera anima del vert skating in Italia!
LBStr APPAreL teAm
Lbstr Apparel è lieta di annunciare che ha ufficialmente formato un vero e propio team di skateboard!
Anche quest’estate la città più rinomata sotto il livello del mare, ospiterà la competizione tra amateur più accesa dell’europa. Ormai si è già arrivati alla settima edizione, e come si può immaginare, gli Am di tutto il continente spingeranno oltre il limite come puntualmente accade. Oltre al montepremi di diecimila euro che, come dicono gli organizzatori è solo la ciliegina sulla torta, l’AmsterDamn AM è il trampolino di lancio per il Tampa AM di ogni anno, pensato per tutti quegli skater di livello mostruoso, che non riuscirebbero a farsi notare per entrare ad eventi simili oltreoceano. Se già ci stai facendo un pensierino, scrivi in fretta a rob@skateparkoftampa.com, perché c’è un top di cento skateboarder ammessi. Le giornate saranno venerdì 6 e sabato 7 luglio per practice e qualificazioni e domenica 8 luglio sarà giornata delle finali. Un gesto che possiamo fare tutti per aiutare la scena della città è firmare una petizione che servirà proprio per salvare lo Skatepark Amsterdam, che sta vivendo un periodo di difficoltà e minaccia di chiudere per sempre. Lo si può fare online, in un attimo, al link: http://www.change.org/petitions/stichting-kinetisch-noordndsm-werf-save-the-skatepark-amsterdam?utm_medium=twitter&utm_source=share_petition
Il team rispecchia in pieno il flavor di Lbstr, con un mix di veterani e new entry, ma sopratutto un mix di culture e background. I membri al momento sono Fabio Bottelli e Andrea Munari, Mattia Restante, Francesco Marconato, Alvin Francescato e Daniele Fenili. Poi ci sono gli skater che sono con Lobster dal primo giorno: Gian Maria Pivetta e Fabiano Origuela. Per quest’estate è gia stato fissato il primo tour che toccherà il Veneto e la Lombardia: avrete presto ulteriori informazioni e dettagli. www.lobsterapparel.com
enjOI On SterOIDS
La sperimentazione nel mondo delle tavole non ha più a che vedere con la forma. L’ultima novità è l’introduzione di un laminato in fibra di carbonio nel mezzo delle tavole. Enjoi applica questa tecnologia alle deck della nuova serie: piu leggere, con più pop e resistenti agli urti: ogni esemplare viene venduto con una garanzia di trenta giorni sui difetti di fabbricazione.
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Itw & photo / Enrico Rizzato Lobster Apparel è un marchio relativamente giovane: volete introdurvi ai nostri lettori? Lbstr Apparel nasce circa cinque anni fa ed è un brand di abbigliamento, comunemente denominato street (termine che non ci piace molto), e che ha come riferimento e si propone alla subcultura in tutti i suoi vari aspetti: quindi i graffiti, lo skateboard e la musica hip hop e Hardcore... Chi c’è dietro a Lobster? Dietro Lobster ci sono due amici: Stefano (Cento) e io (Jeppy) - nella foto qui sopra - che a un certo punto hanno deciso di unire le rispettive qualità in un progetto comune, Lbstr Apparel appunto. Com’è nato il nome? Il primo nome che proposi fu Hot Souce, che venne subito bocciato da Cento (meno male), ma mi piaceva l’idea di cercare un nome che fosse anche un cibo, e se era un animale tanto meglio, l’ispirazione mi venne poi da una t-shirt di un brand di skate che avevo comprato qualche anno prima, a cui ero molto legato, e che aveva disegnata un’aragosta e da lì Lobster. La scritta poi aveva le lettere giuste, la lunghezza
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giusta ed era una parola che lasciava molto spazio alla creatività, quando la proposi ci trovammo subito d’accordo. Qualche episodio legato a Lobster che vi va di raccontarci? Mah, non c’è ancora stato quell’episodio singolo, epico, altamente esilarante o strano, escludendo che il mese scorso è passata di qui Jenna Haze, la cosa più particolare che mi viene in mente da raccontare e quella legato agli inizi, quando ancora era raro vedere qualcuno che non conoscevamo, con un capo Lobster addosso, e ricordo che quando questo succedeva, ci si spediva l’un l’altro un sms, tipo: “sono a un concerto, c’è uno tra il pubblico con la felpa Lobster ;-)”... Eheheh! Questo è durato per un po’... Cosa combinavate prima di lanciarvi in questa avventura e cosa vi ha spinto ad impegnare le vostre energie in questo? Prima di entrare in questa avventura, Cento lavorava come grafico free lance per Broke, Nano Rec ed altri marhi... Io invece in quel momento mi occupavo di sviluppo abbigliamento per Alpinestars.
La spinta a creare Lobster è stata molto naturale, il punto di partenza è stato il Marker Shop, un negozio che avevamo aperto assieme. Ad un certo punto ci siamo detti: perchè non utilizzare le capacità lavorative acquisite per fare dei vestiti, con un nostro brand? Poi penso che inconsciamente, sia io che Cento, avessimo sempre avuto l’aspirazione ad avere un nostro brand... Guardando il sito mi sono chiesto: quanta gente supportate e in quante cose siete invischiati? A dire il vero non sono neanche tutti, dovremmo aggiornarlo ma non abbiamo mai il tempo, comunque la pagina dei supporter rappresenta perfettamente quello che è Lobster, per quello tra i supporters trovate fotografi, writer, skater, dj, band, bmx rider, mc’s e molto altro. La cosa che ci piace di più e che sono tutti nostri amici, e tutte le cose nelle quali siamo ‘invischiati’ sono le cose che vivremmo giornalmente in ogni caso anche se non avessimo un brand.
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Sotto a sinistra la cover di 6:00AM numero 58: Fabio Bottelli, ollie in. A destra Andrea Munari, crookie a Vicenza. Quali sono le soddisfazioni più grandi che avete avuto finora con Lobster... Forse l’articolo sul Sole 24 Ore? Eheheh! No, l’articolo sul Sole ha solo dato il movente alla gente per farsi buttare da bere! In realtà penso che le soddisfazioni più grandi siano quelle giornaliere, quando vedi per strada, magari in una città che non è la tua, qualcuno che indossa il tuo brand, e di essere riusciti al tempo stesso a lavorare e dare lavoro ad amici. Poter trovarsi in osteria con degli amici e discutere effettivamente di lavoro, è la cosa più appagante che ci abbia dato Lobster. Vi va di anticiparci quali sono i progetti nell’immediato futuro del marchio? ...E sparando alto? Al momento ci stiamo concentrando molto sia sullo skateboard che sulla bmx, perchè troviamo siano due cose che rispecchiano molto l’immagine del brand ed abbiamo sempre più bisogno di rafforzare questa immagine, quindi stiamo iniziando ora il passaggio da un coinvolgimento marginale ad uno più serio e impegnato, vedi i team che abbiamo creato sia di bmx che di skate e i tour che stiamo organizzando per l’estate. Ovviamente continua il massimo supporto anche per tutti gli ambienti musicali, della bici a trecentosessanta gradi e di tutti i mondi nei quali siamo coinvolti. Sparando alto ci piacerebbe vendere all’estero!
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wood for summer
murder 8.0 bat murder.it
enjoi 8.0 louie barletta blast-distribution.it
enjoi 8.0 nestor judkins blast-distribution.it
enjoi 8.0 caswell berry blast-distribution.it
stereo 8.25 benny fairfax blast-distribution.it
creature 8.26 peter beste srdsport.it
real 8.38 justin brock srdsport.it
santa cruz 8.0 sink or swim srdsport.it
mystery 7.5 team srdsport.it
dumb 8.125 tom derichs dumbskateboards.com
dumb 8.0 simone verona dumbskateboards.com
dumb 8.125 yellow logo dumbskateboards.com
element 8.0 mark appleyard elementskateboards.com
element 31.25 travel well elementskateboards.com
el santo 8.125 rex elsantoskateboards.com
el santo 8.0 toky elsantoskateboards.com
el santo 8.2 santo elsantoskateboards.com
el santo 8.5 cido elsantoskateboards.com
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new buiz / Abbiamo fatto quattro chiacchiere con ale cesario, da poco entrato nel team di Franklin & Marshall. Il brand scaligero ha recentemente intrapreso una bella collaborazione con Ale, diventando uno dei pochi marchi italiani extra settore che supporti direttamente uno skateboarder. speriamo che questo buon esempio possa indurre altri imprenditori ad investire nel nostro mondo. 42 // 6:00AM Skateboard Culture Magazine
ale cesario / bs tailslide / photo ale redaelli
Come è nato il rapporto fra te e Franklin & Marshall?
Cosa ne pensi che un’azieda esterna investa nello skateboarding?
È nato da un progetto di Mauro Peduto che a sua volta fa parte di un progetto più grande dell’azienda stessa. In pratica Franklin ha deciso di mettere in piedi un team di persone che siano di riferimento in diverse discipline. Ci sono parecchi sport canonici tipo il pugilato e la vela e poi anche ‘cose più core’ tipo lo skateboard ed il surf. Mauro ha spinto molto perchè uno skater potesse avere un posto in un progetto simile, direi che è abbastanza raro in Italia. Oltre a Mauro il merito dell’operazione va anche riconosciuto a Max Mantegazza, che è l'uomo marketing dell’azienda...
È una cosa positiva se una grande azienda interviene nel mondo dello skateboarding senza volerne snaturare le regole, sarebbe da idioti opporsi. In oltre credo che il marchio sia anche abbastanza in linea con l’abbigliamento del nostro mondo, loro sono famosi per il ‘college style’ che è un classico a trecentosessanta gradi.
Come ti stanno supportando? Inanzitutto con serietà: è una grande azienda e come tale sa sempre riservarti un occhio di riguardo. Sono precisi e scrupolosi e soprattutto mi aiutano a sbarcare il lunario, cosa che è fondamentale per poter seguire la mia strada di skater.
Quindi pensi che si stiano muovendo bene? Sì, supportano un rider, anche se è uno solo, questo è fondamentale. Significa che hanno interiorizzato le prime regole del nostro mondo. Io sono fomentato per portare avanti questo progetto con loro e mi sembra che anche loro credano molto in me. Progetti futuri? Per ora stiamo lavorando ad un video, ma non posso dire molto altro al momento...
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Cliche’ trucker tour lands in italy word / luca basilico photo / ale redaelli pete eldrige / fs ollie & sw fs flip Nel mostrargli la copertina di Edo Paris di 6:00AM numero 57, l’espressione sul volto di Chami, fotografo di Clichè, è cambiata istantaneamente: Let’s go there! In men che non si dica i tredici pellegrini di cui era composta la carovana Clichè hanno ripreso posto nei furgoni. Rispedite al mittente le richieste di cibo, farmaci e bibite, lasciandoci alle spalle la guardia giurata di Rho-Fiera, siamo partiti in volata. Un fotografo professionista sa riconoscere al volo uno spot unico nel suo genere e le gobbe bianche sono proprio questo. Un’occasione da non perdere. Dopo l’entusiasmo iniziale è stato a tutti ben chiaro che il serpentone di sali scendi non è affatto uno spot easy. Primo, serve trovare la giusta velocità. Poi il punto per poppare. Infine l’assetto giusto per il landing. Tre ore di session ed un bel po’ di ‘never done before’... Successivamente eravamo in regolare ritardo, stanchi morti, ma pronti a partire alla volta della demo di Brescia. Sorry Kids, lo spot era troppo figo per non chiuderci tutto il possibile... Se skateate sul serio, sapete cosa intendo!
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finding concRete
40° 38’ n - 15° 48’ e Word Alessandro Redaelli Photo federico Romanello
46 | finding concrete
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finding concrete | 47
044-053_POTENZA:Layout 1 07/06/12 18:16 Page 3
ale redaelli fs rock 48 | finding concrete
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40° 38’ n 15° 48’ e
raramente ho speso così tanto tempo nell’orga-
Si sa, Simo non si perderebbe un’avventura in mare
nizzazione di un trip e forse questa storia del
per tutto il rum dei Caraibi.
ponte mi aveva indotto a perdere la lucidità.
Daniele Galli invece lo abbiamo convinto a fatica con
Uno skate trip assomiglia tanto ad un’avventura
una trattativa durata ben cinque minuti e gli abbiamo
da romanzo dei pirati, ad una caccia al tesoro con
subito dato il ruolo di nostromo anche se, bastardo
tutte le sue ansie: quella di essere i primi, quella
lui, non ha guidato manco per cinquecento metri.
di skatearlo fino in fondo...
Come vi dicevo questa storia del ponte ci aveva proprio rincoglionito: sarà che una struttura del genere è
Quando ci si mette per mare alla volta di una mis-
davvero inconsueta, sarà il fatto che essendo in Italia
sione del genere non si può spendere troppo tempo
ci sembrava troppo vicino per poterci tirare indietro.
nella scelta della ciurma, ma non si può certo nem-
Anche se poi, nei fatti, così vicino non è.
meno mettere la propria vita e la riuscita della mis-
Forse mettersi in macchina per andare a skateare
sione nelle mani del primo marinaio che passa per la
senza nessuna certezza di riuscita, con tanta strada
banchina.
davanti e la speranza in tasca, è la cosa più bella che ti possa capitare.
La scelta dell’equipaggio non è stata per niente facile in questo caso perchè purtroppo i budget per coprire
Forse è proprio questo che vogliamo fare: perdere
tutte le spese non c’erano, ed ogni avventuriero
tempo inseguendo sogni di cemento, passando frene-
avrebbe dovuto partecipare anche se in forma ridotta
ticamente da uno all’altro.
alle spese. I due artefici di questa avventura sono
In ogni caso, questi sono i fatti. Il nostro tesoro ci
stati il marinaio scelto Alessandro Redaelli (cioè io) ed
aspettava lì immobile: dal 1969 ad oggi nessuno lo
il capitano di ventura Federico Romanello, seguiti a
aveva violato con le proprie rotelle, o quantomeno
ruota e senza ombra di dubbio dal cannoniere Si-
non ne esisteva nessuna prova tangibile. E quindi,
mone Verona.
fuck everything e siamo partiti.
finding concrete | 49
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50 | finding concrete
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simone verona boneless finding concrete | 51
044-053_POTENZA:Layout 1 07/06/12 18:17 Page 7
simone verona hurricane 52 | finding concrete
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40° 38’ n 15° 48’ e
Io e il Galli avremmo raggiunto Bologna dalla fottuta
Trovammo tutti opportuno mettersi in marcia senza di-
Milano mentre i due marinai toscani avrebbero rag-
lungarsi in chiacchiere.Intorno alle sei del mattino i
giunto il rendez vous dalla soleggiata Versilia.
miei occhi cominciavano a chiudersi spontaneamente
Come è noto a tutti, le avventure per mare sono ca-
mentre ero alla guida, così decisi di saltare fuori dal-
ratterizzate da diversi inconvenienti, noi infatti ab-
l’autostrada e cercare un posto appartato dove im-
biamo avuto il primo problema appena dopo la
provvisare una zona di camping.
partenza: autostrada chiusa in direzione Bologna e
I colli abruzzesi ci hanno offerto spontaneo rifugio a
quattro ore d’attesa fermi nel parcheggio di un cinema
pochi metri dal casello: il nostro ‘camping’ per quel
in zona fiera, in attesa che i nostri due soci giunges-
mattino sarebbe stato il rudere di un cascinale che
sero all’appuntamento.
mostrava appena le sue forme alla luce giallo rosa
Chi ha passato un po’ di tempo con il Danny di sicuro
dell’alba mediterranea.
sa che in sua compagnia si parla un sacco di skate-
Quattro ore di sonno, poche ma davvero profondis-
boarding.
sime, prima che il sole inizi a bussare sulle tende. Wake up. La meta ora sembra vicina e le quattro ore
Ebbene dopo quattro ore di convivenza forzata nel-
effetive di marcia hanno l’aria di essere non più di
l’abitacolo della macchina, io e Danny avevamo finito
due. Qualche sguardo alla mappa e siamo allo spot...
qualunque argomento inerente alla tavoletta a rotelle: avevamo coperto ampiamente sia la scena italiana
Le transizioni naturali sono come le sirene: hanno un
che quella europea, passando infine ad un rapido
gran bell’aspetto, ti incantano con le loro forme ma
riassunto della scena globale...
nascondono sempre un sacco di insidie.
Skateboarding is madness.
Il ponte di Musmeci è un esempio perfetto di ciò che
Quando ormai il gruppo era riunito era notte fonda, si
vi sto dicendo.
discuteva su quanti chilometri saremmo riusciti a fare
Ruvido, sporco, pieni di detriti, vetro e merda di zin-
prima che fosse l’alba.
gari.
finding concrete | 53
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54 | finding concrete
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daniele galli fs blunt finding concrete | 55
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40° 38’ n 15° 48’ e
Ha delle pendenze assurde, con degli anelli di ferro
Muovere i primi passi off board sul ponte ci aveva
che spuntano qui e là, che servivano per tendere un
fatto immediatamente capire che la mission non sa-
cavo con funzione di corrimano.
rebbe stata così semplice, le caratteristiche delle tran-
In pratica è il transition spot della vita, skateabile sì,
sizioni sotto al ponte erano assolutamente
ma veramente incazzato.
sfavorevoli...
I primi passi sul ponte li abbiamo fatti procedendo con
Incominciamo a prendere le misure, a capire quali
molta attenzione: non vi nascondo che per la prima
ruote avremmo usato, cercando di levarci dalla fronte
mezz’ora ho pensato che forse avevamo sopravvalu-
quella sensazione di eccitazione misto paura, che ti
tato lo spot...
sale in queste situazioni: quella che ti indurisce le gambe e non è buona subito per skateare.
In realtà non c’erano poi tante linee, e i posti migliori
56 | finding concrete
dove skatearlo erano quelli do or die dove anche
Va miscelata con un po’ di fotta ed allora si trasforma
chiudendo il trick rischiavi la pelle.
in dinamite!
Il problema più grande a mio parere era il fatto che il
Il primo giorno lo abbiamo passato così, prendendo le
ponte è praticamente privo di flat.
misure nella parte bassa, cioè quella nell’apice della
La sua struttura convessa fa sì che non ci sia nes-
grande guglia di cemento armato.
suna superficie davvero piana.
Blunt bs per il Danny, fs rock downhill per me e com-
Immaginate di entrare in una transizione da una su-
pliation di ‘feebelini & uragani’ del cannoniere Simo
perfice convessa e quindi opposta alla transizione
Verona.
stessa e dover poi anche uscirne cercando di fare in
Abbandoniamo il ponte intorno alle sette, quando
modo che il cambio di pendenza non vi porti oltre, fa-
ormai la luce è scomparsa, il tramonto cala il rosso si-
cendovi cadere dalla parte opposta.
pario su questa bella giornata e le idee ora sono più
Il fs slash in cover del Danny parla chiaro.
chiare. La giornata di domani vedrà il compimento
Controllo.
della mission.
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Il discount di Potenza si rivela subito essere il risto-
Fede, che in quel momento è alla guida, vede un
rante che più si addice ai nostri portafogli: una bella
campo enorme e ci si infila di prepotenza. Lo spot è
cena abbondante consumata nel parcheggio sarà il
trovato, una stellata mozzafiato ci culla trasportandoci
preambolo di una grande serata. Dovete sapere che i
nel sonno più profondo.
miei tre compagni di viaggio sono tre maledetti
Il secondo giorno non ha molti aneddoti, visto che è
astemi, straight edge, anti alcool del cazzo di quelli
tutto documentato dagli scatti di Fede.
che ti guardano male ogni birretta che ti bevi e zan-
Uno dei pochi backstage che forse le foto non of-
china che ti accendi... Sono daccordo con loro che il
frono, è il recupero delle tavole quando ovviamente
nuovo messaggio dello skateboarding fattone in stile
volavano dal ponte: venti minuti a piedi attraversando
shake junt sia una merda totale, ma una sana via di
proprietà, strade statali, campi, fiumi e schifezze di
mezzo non farebbe male.
ogni genere: un’altro elemento da aggiungere all’elenco delle folli difficoltà dello spot.
Insomma la serata in compagnia di questi tre ele-
Come in ogni avventura di mare che si rispetti il finale
menti si è rapidamente trasformata in un giro turistico
si svolge nel porto della città di rientro, quando la folla
nel sobrissimo centro di Potenza: io facevo dentro e
aspetta trepidante il ritorno dei valorosi marinai.
fuori dai bar prendendo amari e birrette, mentre il trio
A casa mia quella notte ci aspettavano solo la mia ra-
campeggiava fuori dai locali dove mi fermavo gene-
gazza ed il mio cane, ma io mi sentivo compiaciuto
rando lo stupore degli avventori autoctoni.
come se ci fosse stata una folla.
Cercare un posto dove campeggiare e trascorrere la notte non è stata impresa da poco, i sobborghi della
Il lucido e sano delirio dello skateboarding si è com-
città assomigliano tutti troppo a Scampia o a Rio de
piuto un’altra volta: mille chilometri, un sacco di sbatti-
Janeiro per fidarsi e dormire in strada.
menti, un sacco di tempo perso ma tanta
Ci inoltriamo nella campagna, e dopo nemmeno due
gratificazione. Esiste forse qualcosa di migliore?
tornanti ci troviamo su dei colli molto alti.
Finding concrete.
finding concrete | 57
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58 | dc shoes the italian vacation
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word bruno aballay photo Gaston Francisco javier paredes bs lipslide
dc shoes the italian vacation | 59
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Ci siamo radunati in Piazza Spagna, a Barcellona, per dare inizio al tour in Italia. Sul van c’erano: il team manager Gaston Francisco, Javier Paredes, Josef Scott, Thaynan Costa, Edu Moñoz (filmer), Jesus De Pedro ed io. In questa occasione, viaggiava anche con noi una persona molto speciale, molto importante per tutti: Tomi, il nostro cuoco personale che ci faceva da mangiare tutti i giorni del cibo delizioso, cosicché uscivamo ogni giorno sazi e pieni di energia (grazie Tomi!). Abbiamo deciso prendere l’autostrada in direzione Nord Italia, 60 | dc shoes the italian vacation
verso la Lombardia e il Veneto. L’idea di farlo in van è uscita fuori perché sembrava una strada abbastanza corta e ci saremmo spostati molto più facilmente per gli spot... Dopo varie ore siamo arrivati. Il posto per dormire era una bellissima casa fuori Bergamo, in campagna, in un paese chiamato Pontida: è vicino a Milano e Brescia e non è lontano da Verona, quindi abbiamo pensato a questo come punto strategico per poter andare a skateare in vari posti in poco tempo, spostandoci velocemente in autostrada.
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bruno aballay Flip in dc shoes the italian vacation | 61
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Siamo arrivati, ci siamo piazzati nella casa e abbiamo incontrato i nostri contatti, che ci avrebbero fatto da guida per gli spot per due settimane: i signori Daniele Galli e René Olivo e il milanese GPS, che è stata la chiave per raggiungere tutti gli spot. Col tempo si sono poi aggregati altri soldati alle nostre schiere: Madars Apse, Jody Smith, Mikey Sommer e Nisse Ingemarsson: un ragazzino che skatea per DC Svezia... Abbiamo diviso le giornate che ci aspettavano a seconda delle varie location, per ottimizzare il tempo e skateare gli spot vicini tra loro. In ogni città in cui arrivavamo avevamo sempre qualcuno che ci dava una mano e ci portava a skateare. Le giornate sono state belle, soprattutto all’inizio: alla fine del tour ha però cominciato a raffreddarsi il clima, e in Italia quando c’è brutto tempo fa freddo veramente. Abbiamo girato Brescia con i ragazzi di Frisco Shop insieme a Dumb Skateboards (Simone Verona e Giò Grazzani); ringraziamo anche i ragazzi della Knodel Bowl, gran bella bowl
al coperto, con i quali abbiamo fatto una session serale incredibile. Poi Bergamo, con l’indiscutibile local Breatrice Sugliani (mitica fotografa di skateboard). Infine Verona e Desenzano del Garda accompagnati da Ricky Comini, Matteo Lavarini e Thomas Donelli. Ci svegliavamo sempre presto, verso le nove o le dieci della mattina: colazione sempre pronta e uscivamo subito a skateare. Questo perché a volte gli spot erano davvero lontani, e la luce andava via presto, per cui dovevamo ottimizzare i tempi. Come in tutti i tour, cercavamo di skateare e fare più trick possibili. Questa volta noi avevamo in progetto di filmare per ‘Where EU AT?’, il video DC Europa che uscirà a giugno direttamente on line, sul sito DC. sopra jodi smith sw bs Flip alto sx nisse inGemarsson hardFlip sequenza javier paredes tailslide Fs heel Flip out dc shoes the italian vacation | 63
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E sinceramente penso che verrà fuori un bel video: siamo tutti motivati e concentrati in questo progetto, ci stiamo mettendo molto impegno e dedizione e con questi presupposti sicuramente ne uscirà qualcosa di buono. Una bella storia che ci è capitata mentre eravamo in direzione Milano. Abbiamo passato il casello entrando in autostrada, e sulla destra abbiamo scorto i carabinieri fermi in macchina. Dopo un po’ io, che ero copilota, dico a Gaston: “Oi, guarda che ci sta seguendo la polizia...”. Dopo un paio di minuti che ci seguivano, ci fanno segno di accostare: usciamo dalla carreggiata e ci fermiamo ad un benzinaio.
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Questi due giovani ufficiali vengono da noi (io non volevo nemmeno parlare) e ci chiedono se possono farci una domanda... E noi: “Chiedi pure!” “Mah... Voi siete un team di skateboard? Perché ho un figlio che va in skate e volevo chiedervi: avreste degli adesivi?” Ahahah! Noi che avevamo paura della multa, e loro che vengono a rompere i coglioni per degli adesivi! Siamo tornati in autostrada ridendo come pazzi... Siamo riusciti a produrre molto footage, bei clip per il video e siamo stati molto contenti di aver visitato l’Italia. Per me è sempre un piacere passare da queste parti: l’ultima volta è stata qualche anno fa, ed ho instaurato molte amicizie in quel periodo! Grazie mille a tutti quelli che ci hanno dato una mano, in tutti i sensi: buon proseguimento a tutti quanti!
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L’INTERVISTA parole
Alessandro Redaelli
FOTOGRAFIA
Osde
Ho conosciuto Luca meno di dieci anni fa, ma avrei voluto conoscerlo prima. Non saprei come introdurre il personaggio Luca Basilico al popolo degli skateboarder, del resto credo che lui un’introduzione non la necessiti. Questa è l’intervista più sentita, più difficile e più importante che mi sia capitato di pubblicare da quando porto avanti il progetto 6:00AM... Per quanto mi è stato possibile ho cercato di mettere in difficoltà Luca sugli argomenti più delicati, quelli su cui tutti gli skateboarder d’Italia vorrebbero interrogarlo. Le sue risposte sono qui di seguito, spero vivamente che tutti le leggano e che possano essere utili per conoscere, capire ed eventualmente criticare meglio la scena.
Luca Basilico anno 2012 come si dice: still rippin’. Cosa mi racconti del tuo presente? So far so good... come si dice. Non ho di che lamentarmi. Skateo più che posso, lavoro, leggo, mi informo, pago un mutuo. Fai parte di quella che io definisco la seconda generazione degli skateboarder italiani, è corretto? Mmmh. No, mi sa della terza. La prima generazione è quella della fine degli anni ‘70 quella di Bonassi, Nelzi, Contati. Poi c’è stata quella di metà anni ‘80 con Geppo, Alfani, Cecchini, Leoncini. Io sono figlio della terza generazione. Classe 1989, quella di Trashing Corsa al Massacro. Pare funzioni così: ogni 5 anni c’è una nuova infornata di skater. Quante volte skatei alla settimana? Ora?!? Diciamo il più possibile. D’inverno un paio di volte, d’estate, quando posso uscire dall’ufficio ed andare a farmi una ‘session aperitivo’, un giorno sì ed uno no. Cerco di prendermi sempre un giorno di pausa tra una skateata e l’altra, così da non stressare troppo le mie articolazioni.
La tua situazione fisica? Ginocchia, gomiti, schiena? Beh insomma... ho skateato senza soste (e con una certa fotta) per 23 anni, sarebbe un po’ utopistico pensare di non avere problemi fisici. Il mio problema maggiore sono le ginocchia: ho i crociati anteriori che nelle RMN non si vedono, potrebbero essere rotti o quasi. Il menisco del ginocchio destro è estruso (esploso), ho le cartilagini consumate ed un principio di sofferenza ossea. Questo tre anni fa... l’ultima volta che ho preso una storta e ho pensato di farmi operare. Dopo gli esami e le impegnative sono passati circa cinque mesi per la chiamata all’intervento, a quel punto stavo già skateando senza grossi problemi e ho scelto di non fare nulla ed andare avanti così. Vado regolarmente in palestra, controllo il mio peso, alleno bene i muscoli che mi servono per irrubustire il ginocchio. Insomma, con un po’ di disciplina ed evitando le pratiche più cruente, come gap e rail, skateo senza problemi. Del resto gap e rail a trentasei anni anche no: ci sono così tante altre cose da fare con uno skateboard!
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BS SMITH GRIND
“Se non lo hai mai provato in prima persona, se non conosci esattamente quello di cui stai parlando, se sei fuori dal contesto: stai ZITTO ed impara prima di parlare.�
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La tua passione per i documentari sul fascismo e dittature varie mi inquieta. Puoi parlarmene? Mi piace studiare in generale. Al di là di quanto ho studiato all’università, Scienze Biologiche, ho sempre avuto una gran passione per la storia contemporanea, che è quanto più direttamente ha avuto influenza nel mondo in cui vivo. Mi piace capire i meccanismi e le ragioni dei fatti di attualità, ciò è possibile solo studiando la storia degli ultimi due secoli. I totalitarismi come il Fascismo (ma non solo quello) sono un argomento di studio interessantissimo e tra l’altro, parlando di documentari, grazie all’Istituto Luce, è anche uno dei più riccamente documentati in video. La cosa più importante che hai imparato nella tua carriera di skater e addetto ai lavori? Dalla vita vorrai dire... se non lo hai mai provato in prima persona, se non conosci esattamente quello di cui stai parlando, se sei fuori dal contesto: stai ZITTO ed impara prima di parlare. Io cerco di fare così. Le tue grandi fonti di ispirazione: skateboarder, company e skateboard media. Ho sempre avuto grandissime difficoltà ad individuare un ‘migliore’, un ‘preferito’, soprattutto nello skateboarding. Non fosse altro che col passare degli anni mi sono reso conto che i miei giudizi sono spesso stati dettati dall’entusiamo o dall’angoscia del momento. Magari anche un momento lungo, ma sempre a tempo determinato. Non ho particolare passione per le aziende, nè per i media... che sono anch’essi aziende. Entrambe sono solo un’espediente per fare profitto. Preferisco le persone e mi piacciono le idee, ancora più delle persone... quelle sì che sono interessanti e mi ispiarano. Hai visto il mondo dello skateboard italiano crescere quasi dall’anno zero: che opinione hai della scena italiana nel 2012? Da sempre abbiamo un solo e semplice problema: vediamo lo skateboarding italiano, la scena, come se fosse un ‘Hotel’. Guardiamo fuori dai nostri confini con invidia perchè ‘loro’ hanno un 5 stelle di lusso con piscina. Poi ci chiudiamo in un lamento infinito perchè alberghiamo in uno scantinato puzzolente. Il fatto è che se la scena è un Hotel gli skater non sono gli ospiti che ci albergano, bensì i muratori che DEVONO costruirlo. Tutti si lamentono cercando un colpevole e nessuno si rende conto di non aver mai fatto nulla per cambiare ciò che non va. Gli skater pensano esista un’ ‘entità terza’ che
costruisca ‘le scene’ e poi decida a chi dare lo skatepark di Malmo e a chi quello di Gratosoglio... fino a quando non cambierà questo, con le dovute differenze dettate dall’epoca, la storia sarà sempre la stessa. Mi chiedi come è lo skateboarding italiano? Sempre come ce lo siamo meritato! Lo skateboarding ha di recente visto il nuovo prepotente ingresso delle multinazionali ‘esterne’ nel buiz, Nike, Adidas ed i vari energy hanno assunto un ruolo importante: qual’è la tua visione delle cose al riguardo? Sebbene dal nostro punto di vista italiano non appaia, lo skateboarding è mainstream. Le dimensioni ed i numeri del fenomeno sono tali per cui le multinazionali entrino nel gioco, o meglio: se lo comprino. La realtà è che mano a mano che lo skateboarding cresce si crea dello spazio affinchè possano coesistere tutte le realtà che lo compongono. La faccia pulita di Ryan Sheckler può convivere con i political uncorrect di Ben Raybourn. Gli esperimenti e l’attitudine DIY di Pontus Alv con gli skatepark da sogno costruiti e distrutti in una settimana per gli X-Games. Le company super ‘glossy’ come Element e quelle HC come Bacon Skateboards. Gli skater che vivono di contest e quelli che campano facendo una video part ogni due anni... nello skateboarding c’è posto per tutto, basta decidere dove stare. Certo un tempo era più facile... c’era un pensiero dominante ed il 90% degli skater seguiva il flusso: ora la gente è messa in condizione di scegliere, il che è un bene. Le multinazionali hanno assunto un ruolo importante? Dipende cosa chiedi allo skateboarding, certo se vuoi essere sponsorizzato o entrare nell’elite di quanti campano di skateboarding allora sì, devi imparare ad averci a che fare e può non essere piacevole. Trattandosi però di professionismo ti domando quale lavoro non ha dei risvolti sgradevoli? Credo nessuno. Non volete scendere a compromessi con lo skate-biz? Compratevi le tavole, pagatevi le skateshoes e andate a lavorare per guadagnarvi da vivere. Poi uscite ed andate a streettare con gli amici che è la cosa più bella e pura dello skateboarding. È semplice no? Generalmente quando si pensa allo skateboard e alle multinazionali la gente pensa a Nike, Adidas e Red Bull senza sapere o ammettere che ormai i marchi noti sono per il 70% corporate. Vans, Volcom, Quiksilver, Globe & Dwindle, Element, Plan B, Zoo York, Alien e Habitat sono quotati o di proprietà di aziende quotate in borsa. Il punto non è chi è il proprietario, ma piuttosto cosa fa di buono un marchio per gli skater.
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Dal 1989 ad oggi hai ricoperto qualunque ruolo nel nostro mondo e ad oggi sei una delle poche figure professionali che gravitano intorno allo skateboarding italiano, che cosa significa essere un professionista nel mondo dello skateboarding? Una delle poche? Non direi. In Italia ci sono non meno di cinquanta skater che in qualche modo traggono il proprio vivere dallo skateboarding. Country manager, marketing manager, proprietari di negozi, distributori, proprietari di vari brand di abbigliamento, costruttori di rampe, fotografi, team manager, agenti di commercio, editor, organizzatori di eventi, istruttori di skateboard, gestori di skatepark. Io semplicemente lo faccio da più tempo di molti, ho fatto tante cose diverse e spesso sono stato più in vista proprio per i ruoli che ho ricoperto. Che cosa significa per me? Guadagnarsi da vivere facendo un mestiere che mi piace. La concezione DEMENZIALE e tutta italiana è che sia sbagliato guadagnare soldi con lo skateboarding, come se uno, guadagnadosi il pane con lo skateboarding, stesse contaminando la presunta purezza di quanti lo skateboarding lo praticano e basta. Guadagnarsi i soldi con lo skateboard è uguale a farlo con qualsiasi altro mestiere: se sei capace di fare il tuo lavoro, se il tuo lavoro serve a qualcuno, se qualcuno potrà guadagnare a sua volta dal lavoro che tu fai... allora ci paghi le bollette. Diversamente devi cercarti un altro lavoro. Nessuno ti regala nulla a questo mondo. Che cosa significa essere un pro skater nell’Italia 2012? Significa da sempre la stessa cosa in tutto il mondo: prestare la propria immagine affinchè qualcuno possa guadagnare più soldi di te, per poi dartene una parte. Se compra la tua immagine e non guadagna abbastanza, sei col culo a terra, per questo è necessario salire un pò di gradini nella scena internazionale, prima di poter veramente essere PRO. E con questa la poesia del ‘guadagnare i soldi facendo quello che amo’ la archiviamo... Visto che hai fondato e diretto la ‘rivistaccia’ su cui stiamo scrivendo, cosa ne pensi della situazione degli skateboard media italiani? Pessima e su più fronti. Per quanto riguarda la carta per qualche motivo malsano, fatta l’eccezione di SIX, stiamo tornando all’incubo del FREE PRESS che è la cosa peggiore possibile. Te lo dice uno che è proprio da li che è partito, con Wimpy nel 1997. Il fatto è che un tempo si facevano i Free Press perchè andare in edicola costava troppo. Oggi si fanno i Free Press perchè diversamente nessuno comprerebbe riviste di pessima qualità pagandone il prezzo di copertina. In questo modo si lascia che siano gli inserzionisti non solo a pagare il conto ma anche a decidere “il menù”. Mentre la credibilità (e la diffusione) della carta è in picchiata, sul web non esistono alternative valide. I siti italiani sono fermi alla griglia di partenza e stentano a fornire un’alternativa autorevole alle riviste. Apri Skatemap, Skateboard.it e SkateOn e ti trovi davanti ad un mero digest di
notizie e video prese dal web e dai lettori. Fotografi e filmer sono dispersi in mille blog inutili. Tutti fanno tutto part time e nessuno pare avere i coglioni per mettere in piedi un progetto al passo coi tempi. La buona parte degli importatori fa pubblicità sulla carta perchè è costretta dalle case madri e su internet investe timidamente per i motivi di cui sopra... gli unici a fare buoni affari in questo momento sono Google e Facebook ed è giusto che sia così, almeno fino a quando gli skater piagnucoloni non si sveglieranno e coglieranno l’occasione di creare un media nuovo e valido. Ce n’è bisogno. Diciamo che la scena italiana non è mai stata avara di critiche nei tuoi confronti, mi piacerebbe che tu parlassi senza remore delle problematiche che si incontrano nell’avere a che fare con i diversi ‘gruppi’ e scuole che si sono create nella storia dello skateboarding italiano. C’è stato un periodo in cui mi curavo di quello che la gente scriveva su internet... e rispondevo pure. Poi un bel giorno ho imparato a cliccare ‘chiudi finestra’ invece che perdere tempo e farmi cattivo sangue. Sono la persona più ‘raggiungibile’ della scena italiana, sono spesso in giro a skateare o organizzare eventi, trovare la mia email o un numero di telefono a cui rispondo è molto semplice. Se c’è qualcosa che vi ho fatto o che va di dirmi, tirate fuori le palle e fatelo, sono pronto a discutere su qualsiasi argomento. Il fatto è che per molti è più semplice fare la bella faccia quando ci si incontra o poi sparlare dietro alle spalle... In ogni caso: Fate Vobis. Personalmente non ho apprezzato tutti i lavori che hai fatto come park constructor ma ammetto di non sapere molto di come, nei fatti, si arrivi alla finalizzazione del progetto di uno skatepark. Quali sono le difficoltà che si incontrano nel costruire un park in Italia? Sono diventato un park constructor? Non lo sapevo! Vedi come si fa in fretta a fare carriera?!? E magari c’è in giro pure la leggenda che guadagni decine di migliaia di euro costruendo skatepark... ahaha! La realtà è un altra. Da quattro anni circa faccio da consulente a Concrete Skateparks, per intenderci l’azienda che fa i moduli con cui sono costruiti Parco Lambro, Cesena, Vicenza. Quando vengo chiamato in causa, il che non è il 100% delle volte, il mio ruolo è quello del ‘mediatore culturale’: faccio in modo che politici, architetti, ditta appaltatrice, Concrete, importatore, agenti di commercio e skater comprendano le reciproche necessità e si arrivi con il miglior compromesso possibile alla realizzazione di uno skatepark. Salvo casi RARISSIMI io non mi occupo nè di progetti nè ovviamente di costruzione. Lo skatepark di Cesena è un progetto di Marco Morigi, quello di Vicenza è un progetto Concrete sviluppato con gli Zucka, la bowl di Corsico è un progetto di Andrea Paulicelli e Claudio Bernardini, le nuove strutture di Trieste sono state scelte direttamente dagli skater, alcuni park come Parco Lambro, Area Motta, Cinecittà e Cesano Maderno
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sono stati progettati prima che io e l’attuale importatore lavorassimo con Concrete. Gli unici park dove ho ‘progettato’ io sono stati Seregno, Vittorio Veneto (che per ora è stato costruito solo a metà) e per ultima la skate plaza di Milano Chiarella... giusto per chiarezza. Il solo fatto che serva il ‘mediatore culturale’ ti da un’idea di quante possano essere le difficoltà connesse alla realizzazione di uno skatepark. Hai recentemente seguito la costruzione di un nuovo skatepark a Milano, una vasta parte degli skateboarder milanesi, me compreso,pensano che non sia quello di cui la città aveva bisogno: Milano è completamente sprovvista di una bowl in cemento fatta con criterio che abbia delle belle linee, non esiste uno skatepark che abbia uno stair set completo e di giusta dimensione nel raggio di molti chilometri. Non pensi che sia dannoso per la crescita del livello? Ah si?!? Io invece pensavo fosse lo skatepark più bello del mondo... sai volevo costruire la Combi Bowl con di fianco Stoner Plaza... Ma sai com’è, sono un mongoloide e gli skater mi stanno sul cazzo, di conseguenza mi sono limitato a fare il park così com’è... Ale, ma ci stiamo prendendo in giro? Per quale motivo la gente parla senza sapere quello che dice? Credete che i park ‘della vita’ si materializzino nelle città del mondo per illuminazione divina di architetti e pubblica amministrazione? NON FUNZIONA così. La colpa nel 90% delle volte sta nell’inettitudine e dell’abulia degli skater. Per ottenere un park come dici tu, con tutto e tutti contenti, bisogna fare un lavoro di questo genere: costituire un comitato/associazione pro skatepark, fare richiesta all’aministrazione pubblica, trovare alleati a livello politico e civile per esercitare la pressione, individuare insieme al politico i cospicui fondi necessari all’opera, condividere le proprie richieste progettuali con l’architetto incaricato, esercitare tutta la pressione necessaria affinchè l’architetto accetti le richieste progettuali, collaborare nella scrittura della gara d’appalto in modo che tutti i dettagli costruttivi vengano PER FORZA rispettati dall’azienda che costruirà il park, per ultimo bisogna vigilare pedestremente affinchè il progetto venga realizzato nel modo corretto; se manca anche solo uno di questi passaggi non ti si materializza la Stoner Plaza e nemmeno la Combi Bowl. Non sto dicendo cazzate: è così che funziona, davvero. Il processo che in tutto il mondo porta ai risultati OTTIMI che conosciamo è questo. Ti faccio una domanda io: dove sono gli skater di Milano? Cosa sta facendo la loro associazione? Mi pare si possa smettere di parlarne. Per chiudere su Milano Chiarella, a metà dicembre l’impresa incarica dei lavori
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chiama l’agente Concrete, vado a fare il sopralluogo lunedì e la commitenza mi chiede entro il venerdì un progetto ed un offerta, diversamente l’architetto del Comune avrebbe proseguito per la propria via. Lo stato di fatto era una vecchia pista di pattinaggio ed il budget risicatissimo per un area così grande, in più ad aggravare il contest c’era l’imposizione di avere per forza una minirampa. Non c’era tempo quasi nemmeno per progettare... figuriamoci per aprire un dibattito pubblico. Ho fatto il meglio che potevo nei limiti di budget e progettuali imposti, questa è la vita, bamboli: compromessi, compromessi, compromessi. Al di là di tutto credo sia un park divertente, alla portata di tutti ed in grado di far imparare, divertire e far crescere un sacco di skater... staremo a vedere. Volete lo skatepark definitivo? Non era e non poteva essere questo, alzate il culo e guadagnatevelo... non lo hanno mai regalato a nessuno! Alcuni parlano di ‘skatemafia’ quando parlano del tuo lavoro, sostenendo che tu sia sempre il primo ad arrivare ai budget delle aziende, incanalandoli nelle tue attività: cosa rispondi? Ancora con sta minchiata? Nel corso della storia non mi pare non ci siano stati altri organizzatori di contest, altri siti, altre riviste, altri distributori. I ragazzi di Aneema non erano daccordo su come io e Marco Morigi gestivamo il CIS? Hanno organizzato il Break Ya Deck! A Vans non andava più di sponsorizzare il CIS? Ha organizzato la Vans Cup. I ragazzi di Skatemap volevano aprire la propria distribuzione? È nata Mayday! Non è mai stato trovato un accordo perchè skateboard.it passasse all’editore di 6:00AM? È nato Skate On. Non mi pare nessuno glielo abbia impedito, anzi, tante aziende li hanno supportati coi propri budget. Chi deve investire nello skateboarding si affida a chi gli pare. Nessuno ha un diritto di prelazione sui budget e io ho semplicemente una credibilità che ho costruito in 15 anni di attività. Volete una fetta della torta? E chi ve lo vieta, però guadagnatevela lavorando anche voi... PRETENDERLA NON BASTA! Hai di recente intrapreso la direzione della federazione che si occuperà dello skateboarding in Italia. Quali sono gli obiettivi di FIHP? Non capisco la domanda. O meglio... se capisco quello che mi chiedi sei fuori strada. Non è lo skateboard che va verso la Federazione CONI ma viceversa. La FIHP, come tutte le federazioni sportive, ha lo scopo di organizzare e disciplinare lo svolgimento dell’attività agonistica dello sport di cui è mandataria. Ci tengo a farti notare che si parla solo di agonismo.
FS OLLIE
“Volete lo skatepark definitivo? Alzate il culo e guadagnatevelo... non lo hanno mai regalato a nessuno!�
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Vale a dire di gare. E non tutte le gare, ma solo e semplicemente quelle interne ai confini FIHP. La scelta di aderire alla federazione è libera sia per gli skater che per chi organizza le gare. In genere colgo un sacco di allarmismo negli skater. Come se la federazione fosse questo orco cattivo che arriva per stuprare le anime pure degli skater; in realtà la federazione non è un Golem che agisce con un istinto e degli scopi pre determinati, la federazione è un organismo fatto di persone. Sono le persone che decidono cosa e come la FIHP farà. Al momento la commissione skateboard è diretta da me ed al suo interno ci sono SOLO skater: siamo noi a decidere le nostre regole. Molti mi dicono: “ehi da quando il CIS è passato alla FIHP non è che sia cambiato questo gran che”. Questa non è una cosa negativa, anzi, è la riprova che tutto è realmente in mano agli skater. Spetta ora a noi imparare ad utilizzare gli strumenti e le potenzialità della federazione (che sono
canoni che la FIHP ritiene necessari per omologare uno skatepark potrebbe evitare tanti aborti di cui si sta riempendo l’Italia. Questo solo per darti un idea... Ho da un po’ maturato la convinzione che la scena italiana andrebbe ‘svecchiata’, ovvero: le nuove generazioni, se giustamente motivate fanno meglio di noi con meno sforzo. Che ne pensi? Avendo voglia... sì. Potrebbero fare meglio di noi. La differenza tra ‘Ppotrebbero fare’ e ‘fanno’ sta nel verificarsi o meno dell’azione. Per quanto mi riguarda valuto solo i fatti, non le potenzialità. Per il momento sono solo tante chiacchiere. Sarei lieto se qualcuno mi dimostrasse il contrario. Davvero... provateci cazzo. Cosa ti piace e cosa non ti piace di ciò che lo skateboard e gli skateboarder mondiali sono oggi? Mi piace il fatto che siano cadute molte barriere ideo-
TANTE!) per poter dare una svolta. Ti parrà strano ma... alla fine... ancora una volta: dipende degli skater. Perchè ritieni che sia utile allo skateboarding italiano essere rappresentato da una federazione? Lo skateboarding italiano è cosa ben più complessa di quanto la federazione possa e debba rappresentare. La FIHP è solo un tassello del puzzle: quello dei contest... e nemmeno tutti. Certo poi nel proprio operato, sempre in relazione all’attività ‘agonistica’, la federazione nazionale può interessare ‘tematiche’ correlate molto importanti. Alcune di queste, come la costruzione di skatepark e l’insegnamento dello skateboarding, sono cose che, debitamente gestite, faranno l’interesse di TUTTI gli skater italiani. Il riconoscimento CONI della figura dell’insegnate di skateboard permetterà presto agli skater di lavorare insegnando ai kids le basi dello skateboard, senza dover arrangiarsi come mille lavoretti per stare in piedi. La definizione di quale siano i
logiche che un tempo spaccavano lo skateboarding. Non mi piace l’attitudine di Jake Phelps, Thrasher Magazine e con essi tutti i mentecatti in stile Shake Junt, Baker e via di seguito. Spingono i kids a sballarsi invece che a skateare... boys: vi pigliano per il culo! I boss delle company che scimmiottate stanno lindi e puliti nelle loro ville in California ad incassare i vostri soldi mentre voi buttate via gli anni migliori del vostro skateboarding sballandovi come idioti. La cosa brutta è che ve ne accorgerete SOLO quando non avrete più tutti i pomeriggi e le estati libere per skateare. Non sono un santo, le ho fatte anche io, e qualcuna la faccio ancora, ma lo skateboarding è sempre venuto PRIMA e così sempre sarà. Hai un tuo messaggio da dare ai lettori di 6:00AM? Osservate. Studiate. Imparate. Provate. Fallite. Riuscite. Parlate.
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Itw Ale Redaelli Photo Enrico Rizzato
Avevo in testa da qualche giorno il fatto di dover incontrare Danny Way e non vi nascondo che una certa emozione la provavo: insomma, mister Way non è proprio il primo skater a caso... Il video Questionable è una delle pietre miliari con la quale sono skateisticamente cresciuto e la figura di Danny ha sempre avuto un certo fascino su di me, anche e soprattutto prima che decidesse di dedicarsi agli stunt dell’ultimo periodo. Insomma, io ed Enrirco Rizzato ci siamo presentati all’appuntamento la mattina di venerdì presso un noto albergo di Milano come bravi scolaretti, pronti per tenere l’intervista della vita. Dopo una prima accoglienza, tutta la truppa dei worker di DC si raduna nella hall dell’albergo. Fra gli altri si presenta anche un signore che si chiama Colin Mckay. Nella hall si crea il silenzo di tomba. Come al solito rompo il ghiaccio e Colin si dimostra subito essere la persona molto tranquilla che è. Gli dico che sono sorpreso e che non mi aspettavo di incontrarlo, lui mi risponde che è più sorpreso di me di essere lì, e dice che la ragione della sua presenza è casuale: ha semplicemnte colto l’occasione per farsi un giro in Italia. Dalla stanza di Danny giunge una chiamata per informarci che al momento non è al massimo della sua forma: nell’utimo periodo è attanagliato da problemi allo stomaco che ogni tanto si manifestano. Chiedo a Colin se gli va di fare una rapida intervista con me e lui mi risponde: “off course, why not”. La sua interview la trovate nel prossimo numero, rapida ed interessante: l’occasione per conoscere un personaggio da paura con poco sforzo: non perdetevela. Finita la sua interview, dalla stanza di Danny non giungono nuove notizie, così Colin ci invita a fare un giro nella sua stanza. Anche lui è meravigliato di trovarsi in un posto del genere: la sua suite sembra quella di un palazzo regale del secondo ottocento, lui se la ride e mi dice: “Italy is amazing”! Passiamo con lui una mezz’ora buona, si fa in tempo a chiacchierare e a confrontarsi su vari argomenti, lui ci mostra in anteprima un po’ del suo footy per il video Plan B... Delle bombe assurde. E in generale, dopo pochi minuti, mi sembra di essere in stanza con uno che conosco da vent’anni. Di lì a poco Mr Way ci chiama a raccolta per incominciare l’intervista: da subito ho capito che il suo malessere non erano scuse, il colore del suo viso ne era una prova certa... Gli chiedo se è sicuro di voler proseguire e lui mi risponde di sì, ma ha scritto in faccia che si sarebbe fatto altre due ore di sonno: mi sento lusingato da questo, Danny è un professionista. Sfortunatamente interompiamo l’intervista poco dopo, quando tutti e due ci rendiamo conto che le sue condizioni erano davvero difficoltose: lui mi chiede scusa più volte dimostrandosi anche un gentlemen oltre che un professionista.
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Passiamo tutta la giornata insieme e io continuo a sperare di riuscire a fargli qualche domanda, ma il programma della giornata è fitto e come se non bastasse un uragano di pioggia si abbatte sulla città rendendo tutto più lento e difficoltoso. La giornata se ne va, ma io non mi do per vinto: decido di aspettarlo di nuovo nella hall prima di andare a cena. Appoggio sul tavolino davanti al divano una tavola, per la precisione la reissue della sua tavola Blind, la Bladerunner, affiancata da una t shirt Knodel Bowl lasciando intendere che mi avrebbe fatto piacere che lui le autografasse. Appena entrato nella sala Danny nota la tavola, si avvicina a noi e lasciandosi scappare un sorriso dice: ‘is this for me”?, “yes Danny”, rispondo io. Lui prende in mano la tavola, incomincia a parlare a fiume e ci racconta i retroscena della grafica di quella tavola: dice che si trovavano con il team Blind in un motel dell’Arizona ed affacciandosi alla finestra hanno visto questo raduno di chopper e hot rod. Sono subito scesi nel piazzale ed hanno cominciato a farsi prestare i vestiti assurdi dagli hot rodder, così tra una birra e l’altra, si sono uniti al party. Il Gonz faceva foto a caso, e da una di quelle foto McKee tirò fuori la grafica... Mi rendo conto che Danny Way mi sta raccontando un pezzo di storia importantissimo. Mi riprendo dallo svarione ed a stento gli chiedo: “com’era avere a che fare con Steve Rocco?” Lui mi risponde: “era facile essere nel team di Rocco, il suo unico scopo era quello di far divertire i suoi skater, permettendogli di esaudire ogni desiderio. Qualunque cosa tu chiedessi a Steve, ti rispondeva mettedoti in mano una mazzetta di pezzi da cento. Una volta eravamo nel nord della California per una video premiere, ed io dissi a Steve che volevo andare a San Diego a fare festa: lui estrasse dalla tasca le chiavi della sua porsche Carrera 4 nuova fiammante, me le mise in mano e mi disse di andare dove mi pareva. Credo che non ci sia bisogno di spiegare cosa fa un ragazzo di diciassette anni alla guida di una Porsche. Io e Rudy Johnson andammo a tutto gas dalla nord Cali a San Diego in quattro ore, coprendo un percorso che normalmente ne richiede almeno sei. Nelle ultime ore di viaggio fummo inseguiti dalla polizia, che non si sa per quale mircolo ci lasciò andare: i tempi di Blind erano surreali”! Non appena Danny smette di parlare, sia io che Enrico capiamo che ci ha regalato qualcosa di molto meglio di un intervista: cogliamo l’occasione per fare qualche scatto ed è gia il momento di andare a cena... Il programma della serata prevede la premiere del documentario di cui questo articolo porta il nome. Waiting For Lightening è una bomba, e noi tutti non vediamo l’ora di potercelo godere in DVD sul divano di casa. Decisamente grazie a Danny e Colin per la fantastica giornata...
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“...quando fotografavo io se chiedevi ad uno skater di cambiarsi la maglietta perchè magari si confondeva con lo sfondo e non contrastava nella foto spesso ti mandava a cagare...”
MURIEL ITW / MATTEO DI NISIO
XXX-STYLE LAYOUT / MURIEL
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Danny Way Luca Torgano Mike McGill Ciao Muriel, raCContaCi un po’ delle tue radiCi: di quando faCevi foto di skate e tutti gli skateboarder sapevano Chi fossi... …Eh! Tanti pischelli vedendo che firmavo le foto ‘ph. Muriel’, pensavano che ph. fosse parte integrante del nome! Mitici! Tutto inizia e ruota attorno a XXX Board Magazine, ‘la prima ed unica rivista di skate’ come, mentendo spudoratamente, la sottotitolavamo un po’ per far rosicare la rivista concorrente Skate Snow Board, e un po’ perché rivendicavamo fieramente il fatto di parlare solo di skate e di essere una rivista indipendente (inizialmente SSB usciva come allegato ad un’altra rivista, se non ricordo male). Era il 1988 quando la fondammo. All’inizio era bimestrale e poco più di una fanzine. Noi eravamo assolutamente inesperti e con mezzi veramente risibili, ma altrettanto assolutamente, entusiasti e carichi. Agli inizi non eravamo visti di buon occhio dalla ‘vecchia guardia’, più vicina appunto a SSB di Marco Contati per la quale scriveva e fotografava. Questo, che all’inizio fu un forte handicap, si rivelò poi essere la fortuna di XXX negli anni a seguire. SSB era solo una sequenza di belle foto... Un po’ come tante riviste di oggi! L’intuizione geniale, come si dice ‘di necessità, virtù’, fu quella di aggiungerci dei contenuti: parlavamo di quello che succedeva nei contest, negli spot famosi ma anche nelle piccole realtà di provincia sparse nell’Italia (la scena era molto più piccola e sparpagliata di oggi). Davamo voce agli skater più bravi, ma anche a tutti quelli che un giorno, magari, lo sarebbero diventati. E poi musica: l’hardcore e l’hip hop che da sempre hanno accompagnato la maggiorparte degli skater. Ma per fare tutto ciò servivano persone che scrivessero e che fotografassero... E noi non ne avevamo, un po’ perchè lavoravano quasi esclusivamente tutti per SSB e un po’ perché comunque non avevamo soldi per pagarli. In XXX, attorno al nucleo storico composto da Max Mameli, G di Roma e Andrea Ferro (ora cantante dei Lacuna Coil) confluirono, soprattutto per (e con) passione, skater che trasformarono il loro entusiasmo in articoli e foto. Diventammo una ‘redazione vera’, forte e coesa e soprattutto molto eterogenea nello stile: ognuno vedeva lo skate dalla sua angolazione arricchendo i contenuti di sfumature che divennero la nostra forza. Questo rimane tutt’ora l’aspetto di cui vado particolarmente fiero. Di molti di loro probabilmente avete continuato, in questi anni, a seguirne le gesta come Davide Biondani, Guido Bendotti, Lorenzo e Ale Formenti per citarne alcuni... Anche Andrè Lucat fece parte, seppur sporadicamente, in uno degli ultimissimi numeri, della famiglia di XXX... I primi anni furono duri, dovevo occuparmi di mille cose: l’impaginazione per esempio, nonostante fossi un grafico, era relegata ai ritagli di tempo se non addirittura delegata ad altri. Ed anche come fotografo nello skate dovevo farmi le ossa. Ma poi con l’andar del tempo ci presi gusto. I soldi erano quello che erano per cui l’attrezzatura rimase negli anni molto al di sotto degli standard: non ebbi mai (senza peraltro sentirne la mancanza) un fisheye, la Canon che usavo aveva il synchro flash ad 1/60 quando per lo skate (o comunque per fissare col flash soggetti in movimento) dovevi averlo a 1/250. Ma nonostante ciò, tutto sommato, sono riuscito a cavarmela... Oggi probabilmente un tale approccio è impensabile o, almeno lo si ritiene tale... Devo dire che è stata un’esperienza unica, sicuramente faticosa ma impagabile... Il piacere di girare il mondo, di conoscere un sacco di persone, di documentare e raccontare quello che succedeva... E poi fare foto di skate è una figata: devi seguire lo skater, assecondarne il ritmo e la velocità e bloccare quell’attimo, fuggente, l’unico in cui il trick è al suo culmine... Dopo un po’ finisci per entrare in una sorta di simbiosi con lo skater stesso. Che tipo di persona ti definisCi? Quando pubblicammo ‘A Tribe Called XXX’, un articolo in cui noi della redazione ci raccontammo ai lettori, Max Mameli mi definì ‘il ragazzo che sorride’. Mi è sempre piaciuto e mi ci ritrovo in pieno. Mi piace cercare sempre l’aspetto positivo di ogni cosa: in ogni cosa, anche nella peggiore, ce n’è sempre uno! Questo inevitabilmente mi porta a volte ad essere critico perchè il rovescio della medaglia c’è... Anche quando le cose paiono buone. Oggi sono alla ricerca dell’equilibrio. Sono sempre stato portato ad eccedere, cosa che non rinnego, anzi bisogna osare, andare oltre... Ma col tempo ho imparato a ricercare l’armonia nelle cose. Questo non vuole dire però che sia zen anzi... Se mi trovo davanti qualcuno che tira la corda, per contrappeso, io la tiro più forte!!! Diciamo che sono sempre stato decisamente ‘contro’: contro le convenzioni, le convinzioni, l’omologazione. Ogni giorno che passa mi accorgo di quanto ancora ho da imparare dalla vita e divento parecchio irritabile quando incontro persone depositarie del sapere. quando, dove e CoMe nasCe inveCe la tua storia di skateboarder? Ehm, ehm... Nasce nel 1988 quando capito ad un contest di vert a Piacenza. Capisco subito che quella è una storia che fa per me. Ma, contemporaneamente, nasce anche la rivista che prende il sopravvento su tutto e su tutti. Ed anche sul mio skateboarding che finisce per essere relegato ad un, pur piacevole... Just cruising! XXX assorbiva il 90% del mio tempo, il rimanente era destinato alle funzioni vitali... Ciò non toglie che mi ha sempre attratto e che virtualmente lo assorbissi visceralmente, tanto da sentirmi uno skater. Peccato non aver mai imparato... ad ollare!!!
alex moul . fs nosebone ed templeton . fs nosegrind
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ho fatto un giro sul tuo sito - www.Muriel.it - ed ho rivisto tutte le foto ‘della Mia infanzia’, le riCordo tutte Cazzo! ed ho visto Che fino ad oggi hai fatto un saCCo di altre Cose, diMMi un po’ di Che ti oCCupi adesso... Adesso?... mmmh… gioco con i miei bimbi!... E poi, nel ‘tempo libero’... …ti oCCupi anChe di grafiCa o sbaglio? e di Cos’altro? Sì infatti... Già prima della rivista facevo il grafico e dopo ho continuato a farlo fino a tutt’oggi. XXX tra l’altro, nonostante i mezzi spartani di quei tempi, era veramente all’avanguardia graficamente. Quando dopo la rivista sono passato in altri ambienti (Radio DeeJay prima ed il mondo della discografia dopo) mi sono trovato costretto a fare dei passi indietro, perchè il mondo stava andando con un passo leggermente più lento e nessuno (o almeno pochi) avevano voglia (o le palle) per avventurarsi oltre, più rassicurante stare nel gregge, magari nelle prime file, ma sempre nel guscio protettivo dell’omologazione. Oggi, di volta in volta, tutto passa per innovazione... E si scambiano nuove sfumature per cambiamenti radicali. Come accadeva nello skate dei primi anni novanta quando ogni nuova variante di flip sembrava la rivoluzione dello skateboarding. Mi è capitato di veder girare Marco Giordano, Alex Sorgente e qualche altro giovane skater e non mi sembra siano passati vent’anni... Bravi, potenti, veloci... Veramente un piacere guardarli... Ma lo skating non mi è sembrato così diverso da allora... Comunque sì dicevamo grafica: cartacea, web e fotografica. E di un progetto che mi riporti indietro verso una sfera, come dire, più... ‘Artistica’? Mi sono proprio stufato, dopo tutta l’esperienza accumulata nella comunicazione (sono ormai trent’anni che faccio questo lavoro) di lottare con gente che non sa cosa vuole, ma la vuole subito!!! E quando, ragionando, provi ad ipotizzare la soluzione ottimale (che poi è per questo che vieni chiamato e pagato) loro hanno sempre il colpo di genio di volerne un’altra diversa, non più efficace, ma come in quel momento piace a loro. È un po’ come chiamare un idraulico, farsi fare un progetto per il bagno e poi imporgli di far passare le tubature anche dal salotto, dietro la televisione! Eheheh... CoM’è CaMbiato il tuo approCCio alla fotografia, durante il passaggio al digitale? Certo tenere in mano la mia vecchia reflex semiautomatica e guardare il mondo attraverso essa è una sensazione unica, impagabile. Però poi il mondo va avanti... Come dire, la felpa che mi strippava dieci anni fa adesso non mi va più bene, però vestire una felpa continua a piacermi! È così, l’approccio è forse l’unica cosa che non è cambiato per nulla. Per me fotografare è sempre stato cogliere, scovare, rubare un attimo del mondo che mi scorre attorno. Una vecchia reflex o una compattina moderna per me, oggi, sono solo dei particolari... Anzi! Oggi, ho trovato quello che ho sempre sognato: l’iPhone... Ce l’ho sempre ed ovunque con me! E quindi sempre ed ovunque posso scattare. Certo ha i suoi limiti, per esempio nello skate ci tiri fuori ben poco (se ti va bene)... Ma non è quello il probema, per lo meno non il mio: per me la fotografia è come le scarpe, mi devono essere comode e funzionali ed accompagnarmi nella vita di tutti i giorni... Se poi devo andare in montagna mi compro degli scarponi o delle ciabatte al mare... Certo, rispetto al passato, quando prima di scattare stavi attento all’inquadratura, provavi posizioni diverse, luci e quant’altro perchè non potevi permettere di fare mille scatti, oggi è tutto più facile... E poi tutto quel ‘knowhow’ ormai l’ho acquisito, ce l’ho nel sangue, per cui il primo scatto è già, molto spesso, quello che volevo. In più posso permettermi di portarmi a casa anche delle varianti. Il one-shot è, per me, solo un virtuosismo, apprezzabile ma non indispensabile... Credo che il digitale inoltre abbia fatto, fortunatamente, scoppiare una bolla di sapone. La fotografia una volta era ad appannaggio di pochi: la tecnica ed i costi selezionavano in modo elitario. Oggi basta girare un po’ in rete per trovare una marea di belle belle foto, anche schifezze sia ben chiaro. Molto meglio o di pari valore, giusto per fare un esempio, di ‘Recognize’, l’ultimo libro fotografico di Glen E. Friedman, quotatissimo fotografo che peraltro ha fatto delle bellissime foto sull’hardcore americano... E come di questo anche di tanti altri libri fotografici di altri. Per me la fotografia (come la grafica), va a braccetto con la sensibilità che uno ha. Il cogliere quel particolare, quel sapore che magari ad altri sfugge. Per diventare un professionista, dando per scontata la sensibilità e la necessaria tecnica, conta il saper essere al posto giusto nel momento giusto. E aggiungiamoci anche, cosa che non guasta affatto, con le persone giuste! Il digitale, metafora di questo tempo e della nostra modernità, è però anche overload: prima si soffriva perchè si aveva poco, ma adesso si ha troppo! Quando iniziano ad accavallarsi centinaia di scatti, se non hai la voglia, la pazienza (ed il buon tempo) per una corretta catalogazione, finisci che ti ritrovi sommerso ed alla fine finisci per ‘perdere’ il materiale solo perchè non ricordi più di averlo. Una volta si era ‘costretti’ a stampare le foto che facevamo, oggi non più. A me viene da dire: una foto non stampata, è una foto che non esiste! A riuscirci, c’è un risvolto positivo, una sorta di ‘carpe diem’: Fai una foto? Bene! Pubblicala, inviala, condividila, stampala, insomma fanne quello che vuoi ma fallo oggi! Che domani si perderà sotto ad altre e poi, comunque, sarà già tempo di pensare ad una nuova. Per non morire schiavo dell’accumulo. Insomma, una sorta di ‘essere contro avere’. hai dei riMpianti per quanto riguarda l’uso della pelliCola? Nessuno! Scherzi? Fa molto ‘cool’ rimpiangerla (come nell’annosa querelle vinile/cd) e, oggettivamente, era bello scegliere la pellicola giusta per una determinata session e sopratutto ogni pellicola aveva un ‘corpo’ qualitativo tutto suo e caratterizzava una foto indelebilmente... Ma se poi penso ai costi (della pellicola, dello sviluppo e dell’eventuale scansione) e quanto si allungavano i tempi di lavoro... No way! E poi, essendo un grafico, Photoshop è la mia pellicola e la mia camera oscura: ora mi concentro nel fare una foto che sia equilibrata e ben bilanciata, poi arrivo dove voglio. Siamo nel nuovo secolo! Dev’essere stata una vera figata viaggiare in carrozza ma oggi bisogna cavalcare i mezzi di oggi, con i loro pregi e difetti (non credo che la carrozza fosse molto comoda e veloce). e delle esperienze all’estero Che Ci raCConti? Avere un rivista di skate ti imponeva di essere sempre in giro. E ti permetteva, o meglio, ti dava il pretesto (visto che di soldi ce n’erano ben pochi) di girare l’Europa. Munster, nel nord della Germania dove ogni anno si svolgevano i mondiali di skate, era il ‘place to be’. C’erano tutte le companies e tutti i pro, il meglio dello skateboarding mondiale tutto condensato in tre/quattro giorni di session e gare. Dopo la giornata nella Munster Halle, dove si svolgeva il contest, tutti si riversavano in giro per la cittadina universitaria tedesca o al concrete skatepark. E così la session continuava: alla sera ti girava la testa per quanto avevi visto. Dopo quei quattro giorni tutti si sparpagliavano per il resto dell’Europa e per cui si continuava on the road in Francia od in Spagna. E appena appena c’era la possibilità, magari facendo coincidere la trasferta ‘di lavoro’ con la vacanza, si andava a Parigi, a Stoccarda o a San Sebastian, in Spagna, a seguire contest europei. Delle volte l’ospitalità che ricevevamo come rivista era veramente notevole. Altre volte meno, ma comunque il divertimento era totale. qual è la Cosa Che ti Caratterizza di più CoMe uoMo Che attribuisCi alla tua esperienza nello skateboarding? Bella domanda... Un po’ più difficile il rispondere... Dico difficile perchè arrivai allo skateboarding che non ero proprio più un pischello: l’adolescenza prima e il periodo nel punk in qualche modo mi avevano già caratterizzato. Certo è che anche che nello skate ho trovato l’ideale continuazione con le esperienze precedenti: ho visto moltiplicarsi e riprodursi il piacere di divertirsi, di uscire dal convenzionale e di superare i propri limiti. E sopratutto l’aver conosciuto così tanta gente, persone così tanto diverse tra di loro (seppur accomunate dallo skating), ha sicuramente contribuito ad allargare la mia apertura mentale.
Gianluca Mariani
Jason Lee
“...quando fotografavo io matteo di nisio era un pischello non insensibile all’irresistibile fascino dell’ollie japan...”
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MURIEL
giorgio zattoni . fs noseblunt
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massimo panfili
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MURIEL Matt Hensley Tony Hawk
dopo XXX non hai Mai pensato di Continuare a fare foto di skate? Con la chiusura della rivista per me si chiudeva il cerchio, un ciclo. Avevo dato e avevo avuto. Continuare avrebbe significato farlo diventare routine, o perlomeno c’era quel rischio, mentre io avevo voglia di provare cose nuove... E poi comunque la crisi economica e commerciale che uccise lo skate in quegli anni in Italia (e determinò la chiusura di XXX) non lasciava molti margini di scelta: forse se non mi fossi allontanato troppo come feci, magari... qual’è la session più intensa Che hai avuto la fortuna di doCuMentare? I mondiali di Munster rappresentavano inevitabilmente l’occasione dell’anno. In una di quelle occasioni ebbi la fortuna e l’intuito di seguire Matt Hensley (foto sopra) fuori dal palazzetto nell’area outdoor dove c’erano delle strutture. Si diresse verso un quarter dove iniziò a provare frontside ollie to 50-50 sul passamano. Non l’aveva fatto mai nessuno prima di allora, ed io ero l’unico fotografo presente! Gli scattai sequenze su sequenze (non so quanti rullini!) prima che, proprio agli ultimi fotogrammi rimasti nel rullino, lo chiuse! Devo dire comunque, che anche in Italia certi contest, certe demo, certe trasferte per interviste come per esempio il weekend passato a Savarna per l’intervista a Giorgio Zattoni, si raggiunsero ottimi livelli d’intensità. L’aspetto bello di quel periodo, in cui non c’era tutto e di più come al giorno d’oggi, quel poco era quasi sempre vissuto con grande intensità... Con quale Criterio sCeglievi i rider da fotografare dato Che non C’erano grosse ‘pressioni’ da parte degli sponsor? Eheheh... Già dalla domanda si capisce com’è cambiato il mondo. Come editore e fotografo di una rivista la mia mission era quella di fare giornalismo. Raccontare e far vedere quello che succedeva nella scena skate italiana ed europea, sia che fossero contest, spot o semplici private session. Io, come del resto tutti gli altri fotografi della scena italiana ed europea, scegliavamo ‘il tutto’. Lo skate aveva molta meno visibilità di oggi, c’erano meno strutture in giro e quindi qualsiasi cosa succedesse era un’occasione ghiotta, al limite ‘dell’imperdibile’. E noi di XXX rispetto ad altri, andavamo a cercare anche skater non legati a sponsor - incredibile, vero? - perchè credevamo che, per supportare una scena, fosse giusto dare visibilità anche ai meno bravi affinchè si sentissero incentivati a continuare e migliorare. Ogni mese visitavamo una città diversa e ne raccontavamo la scena. E questo ai lettori piacque molto. Gli sponsor c’erano anche allora e dare coverage ai loro skater non era altro che supportarsi a vicenda per dare linfa alla scena. Perchè lo skate, proprio come il calcio, il basket o altre discipline professionistiche, per sopravvivere ha bisogno anche di aziende che investano nello sport e di media che ne diano risalto, altrimenti rimangono quattro ragazzini che giocano con una palla fatta di stracci arrotolati... Ma non ne eravamo schiavi, si rimaneva nei confini del reciproco interesse, supportare la scena skate. In questo periodo, casualmente, mi sono riavvicinato al mondo skate: mi è capitato di sentire delle cose sulle quali sono molto indeciso se sorridere o rabbrividire. Ho sentito di fotografi che non seguono più i contest, che snobbano anche situazioni che ai tempi di XXX sarebbero state una manna dal cielo. Che escono a fare delle session fotografiche solo se pagati profumatamente, solo se lo skater può mettere sul piatto trick di un certo livello costruendo uno scatto come si fa per uno still life o in un servizio di moda: quando fotografavo io, se chiedevi ad uno skater di cambiarsi la maglietta perchè magari si confondeva con lo sfondo e non contrastava nella foto spesso ti mandava a cagare... Oppure lo skater doveva essere molto molto disponibile per organizzare una vera session fotografica con le luci giuste, al posto giusto e con trick a comando... E comunque, tranne in rari casi una session fotografica non poteva prescindere dalla session di skating del gruppo, per cui se avevi bisogno di foto di qualcuno per un profilo o un’intervista dovevi comunque coglierla all’interno di un normale pomeriggio di skating. Mi sembra che si sia passati da un eccesso all’altro. Noi lo facevamo principalmente per passione cercando di viverci. Oggi mi pare di sentire (ma posso sbagliarmi) che siano tutti professionisti da corteggiare. Oggi sfoglio le riviste e vedo tutte foto bellissime, curate, quasi ineccepibili, ma forse la sensazione che mi rimane è di leggera freddezza: mi sembra di sfogliare Vogue... segui anCora un po’ la sCena? e CoMe è CaMbiata l’attitudine degli skateboarder? Qualche mese fa sono andato a trovare Geppo che non vedevo da parecchi anni. Io cercavo una condivisione per la mia attività (da dieci anni avevo uno studio mio e mi ero proprio rotto di stare da solo) e così mi ha proposto uno spazio all’interno della bastard. Così da qualche mese sono rientrato, seppur di riflesso, in contatto con lo skateboarding. L’attitudine degli skater? Non so, forse mi sono riavvicinato da troppo poco tempo per poter giudicare, ma la sensazione è che l’attitudine sia rimasta uguale... Ti racconto un aneddoto. La sera dell’inaugurazione della mostra I Hate di Todd Bratrud, al bastard store c’è stata una session nella bowl. E così vado su e inizio ad osservare. Dopo un niente iniziano a prudermi le mani e sento risvegliarsi quell’istinto da fotografo skate che credevo ormai sopito: me ne sto lì, accovacciato in un angolo e non resisto alla tentazione di tirare fuori l’iPhone e iniziare a riprendere... Così, non per lavoro, ma solo per il gusto di assaporare vecchie, piacevoli, sensazioni... E mi gusto tutta la session, vedo skater bravi, altri magari meno, ma tutti assolutamente con la stessa passione che conoscevo. Il giorno dopo, a tutto quel materiale, non resisto ad una seconda tentazione: quella di metterci mano com’era nella consuetudine ai tempi di XXX. Non mi importava che il footage che avevo in mano fosse girato tutto dalla stessa inquadratura con magari skater che mi erano passati davanti mentre riprendevo... La sera prima quello che avevo visto mi aveva dato sensazioni positive e siccome l’avevo ripreso mi è tornata la voglia di ‘impaginarlo’ per poterlo condividere. Essendo materiale video, mi sono scaricato un trial di un programma di montaggio video (del tutto simile a quelli che uso abitualmente per la grafica) e così in un paio d’orette era pronto, con tutta l’inesperienza del caso e l’improvvisazione di realizzazione. Sicuramente non era perfetto, ma ‘reportava’ quella situazione che avevo vissuto, nella sua totalità: e questo mi rendeva soddisfatto. Ho ricevuto diverse critiche, alcune peraltro pertinenti... Tempo dopo decido di farlo vedere comunque a Marco Giordano, uno degli skater di quella session, per capire come l’avrebbe percepito. Non ci conoscevamo, io per lui ero (e sono) un signor nessuno, ma nonostante ciò e nonostante gli eventuali ‘difetti tecnici’, il suo feedback fu uno yeah! Tutto questo mi indurrebbe a rispondere che non trovo molto cambiata l’attitudine degli skater di oggi: li ho visti fare skating assieme indipendentemente dalla bravura, ho visto Marco seguire attentamente e appassionatamente tutti i tre minuti del clip, anche nelle parti in cui non c’era lui... E tutto questo sembrerebbe stridere con l’immagine che i media mostrano, con le foto patinate e di ‘solo trick strafighi’. Forse piuttosto è cambiato il mondo che ci sta attorno. Quello sì. Siamo in un’epoca in cui il moto capitalistico dal dopoguerra ad oggi ci ha portato a credere, a convincerci che si può, che si ‘deve’ avere sempre il meglio. Banalmente partendo dalle cose materiali come casa/auto/accessori e quant’altro, sconfinando pericolosamente anche in ambiti più delicati come volere a tutti i costi un figlio anche se non lo si può avere, fino ai deliri di immortalità. E così di riflesso in piccolo, inevitabilmente anche nel mondo dello skate ‘la macchina’ ha portato ad una estrema ‘sofisticazione’ del tutto. Ma lo skater, al di là di come viene mostrato, rimane lo stesso con la stessa voglia di divertirsi, di provare quel piacere unico che da lo skateboarding. E prova ne è che anche i trick, dopo vent’anni siano rimasti praticamente gli stessi, magari più spinti, magari combinati tra di loro, ma sempre fermamente saldati alla voglia di vincere, in senso fisico quanto metaforico, la forza di gravità.
Alex Sorgente Marco Giordano
Cosa farai nel futuro? Eh! Chi lo sà... non ho ancora deciso cosa fare da grande... ma ci sto pensando! Intanto continuo - felicemente - a giocare coi miei figli...
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word & photo | federico romanello
sopra | tobias fleisher | fs feeble destra | kevin kowalski | fs air tweeked
Lo Spring Classic è un appuntamento fisso ed è il miglior evento in assoluto che si svolge sl suolo dello stivale. Sono di parte quando si parla di Vans e di transizioni, ma chiunque sia stato almeno una volta a vedere lo spettacolo di Varazze riconoscerà che è il contest a cui si è divertito di più, hands down... Il mix è presto fatto: i migliori transition skater da tutta Europa, la festa del sabato sera, la location del molo di Varazze davanti al rinomato surf spot, e un sole implacabile che ogni anno ci fa dimenticare il freddo e la pioggia invernali... Quest’anno tutto è stato fatto ancora più in grande rispetto alle precedenti edizioni: più skater europei, una manciata di invitati direttamente dagli Stati Uniti, una nuova mini, un’area street ampliata e messa direttamente sul molo, il concerto del sabato spostato nella piazza centrale con i Turbonegro come headliner. Tutto perfetto? No: quest’anno a Varazze c’era la pioggia!
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Cosa resta da fare quando piove nell’unico weekend di maggio in cui tutti vorremmo il sole? Prima di tutto si spera che il tempo regga, poi si copre la rampa coi teli e per finire appena la pioggia smette di cadere si parte con le run del contest, stringendo i tempi di free skate per non rischiare di restare a metà. Ma soprattutto non bisogna farsi impaurire dalle previsioni e dal grigiore del cielo. A quanto pare sono stati veramente in tanti a non farsi intimorire, non solo gli organizzatori e gli skater, ma anche il pubblico che ha riempito gli spalti e l’area circostante per tutti e tre i giorni ed ha invaso la piazza per i concerti del sabato sera. Come nota personale, annovero il set dei Turbonegro come una delle session migliori di crowd surfing degli ultimi anni, e questo la dice lunga su quanta gente c’era! Dal punto di vista prettamente skateoso vale il proverbiale ‘dovevate esserci’. E se sperate in una classifica, vi devo deludere: una peculiarità del contest è che non c’è una vera e propria classifica, ma vengono dati 18 premi diversi, che spaziano dal peggior slam allo skater più veloce, rendendo gli skater molto più liberi di esprimere il loro skateboarding.
Tra gli skater che però non posso esimermi dal menzionare c’è sicuramente Simone Verona, che pur non avendo vinto niente ha spaccato tutto in finale passando tra l’altro il buco nell’estensione in bs urgano e sw k-grind. Mason Merlino, che con una spalla lussata valsagli il premio per il best slam, usciva in fs air e chiudeva fs blunt sulla parte alta come se niente fosse, il suo team mate Kevin Kowalski che se la capeggiava in quanto a stile, il vincitore overall Alain Goikoetxea che andava a una velocità imbarazzante, Kris Vile che è stato l’unico a vincere un premio sia in mini che in street, e nella best line in street Nassim Guammaz che pur non avendo chiuso la line più pesa in assoluto, ha portato a casa più trick di chiunque altro. Tirando le somme, anche questa edizione è stata un successo nonostante i timori meteorologici, e anzi, vi confesso che il maltempo non mi è dispiaciuto affatto. Certo, le fanciulle presenti erano un po’ troppo coperte rispetto alle altre edizioni, ma insieme alle nuvole e alla pioggia sono arrivate le onde, e appena finito il contest sono riuscito a farmi una surfata... Fuggedaboudit!
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marco balestreri noseslide photo osde
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Thaynan costa fs noseblunt photo gaston francisco
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wipeout.
Edo Maule ph. Ale Redaelli
one more!
6:00AM numero 63 sarĂ in edicola ad agosto 96 / wipeout!