Automatismi residui

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Copertina: “X per ... (bianco)” di Jörg Christoph Grünert foto di Gino Di Paolo

Jörg Christoph Grünert

Elie Abou Samra

Automatismi Residui Ex-Aurum, Pescara - Italia 16 aprile - 2 maggio 2010 Curatore e testo critico: Rolando Alfonso Referenze Fotografiche: Gino Di Paolo Progettazione e Realizzazione editoriale: Associazione Deposito Dei Segni Onlus Responsabile organizzativo: Cam Lecce Allestimento Mostra e Grafica: Jörg Christoph Grünert Traduzioni: Giorgio Tomasi - italiano/inglese Aristidi Abou Samra - arabo/inglese Yasser Odeh - arabo/italiano Ufficio Stampa: Rosaria Maresca, Cristina Mosca Stampa: Publish, San Giovanni Teatino - Italia 2010 Deposito Dei Segni Onlus

con il patrocinio di:

Ministero della Cultura del Libano

Comune di Spoltore Settore Cultura

Regione Abruzzo Ass.to allo Sviluppo del Turismo e Politiche Culturali

Provincia di Pescara Ass.to Cultura

Università degli Studi AICCRE Abruzzo “G. D’Annunzio” di Pescara - Chieti Sezione Italiana del Consiglio Facoltà di Scienze Sociali e dei Comuni Facoltà di Lingue e Letterature Straniere e delle Regioni d’Europa

Comune di Pescara Ass.to Cultura

Università degli Studi di Teramo Facoltà di Scienze Politiche


Automatismi Residui

a cura di Rolando Alfonso

JĂśrg Christoph GrĂźnert


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Memorie Mediterranee: Automatismi residui è una mostra che non è solo unʼesposizione delle opere più belle ed importanti degli artisti Jörg Christoph Grünert ed Elie Abou Samra ma rappresenta una manifestazione reale di scambio dellʼarte tra le due nazioni in una duplice forma, pittura e scultura, che i due autori intendono comunicare al visitatore. La commistione tra la cultura libanese e quella italiana, che ha offerto ai due artisti il sapere accademico del nostro paese, si mostra in tutta la sua completezza e concede allo spettatore la possibilità di conoscere una cultura a lui lontana non solo nellʼaspetto geografico ma anche e soprattutto simbolico. La mostra ci mette a disposizione la conoscenza di un mondo, quello mediterraneo, che è come un immenso teatro: a volte prolifico, a volte fosco, a volte drammatico, ma comunque un teatro, nel quale, dalla volontà degli attori, dipende la scena. Per secoli il Mediterraneo è stato punto di incontro, di dialogo e di commercio tra culture diverse. Le civiltà che ne hanno popolato le sponde hanno contribuito a edificare pagine importanti della storia, della cultura e dellʼarte non solo mediterranea. Il Mediterraneo è un mare che unisce e non divide. Così Grünert e Abou Samra anche se artisticamente molto diversi sono uniti dalla stessa radice allʼItalia, paese a loro molto caro. La cooperazione tra il Libano e il nostro paese è sempre stata basata sul rispetto delle idee, dei valori e dei costumi. Il rispetto, infatti, è il presupposto necessario per il dialogo. La mostra è un esempio concreto di come due paesi, seppur lontani geograficamente, mantengono vivo lo scambio non solo politico ma anche artistico e culturale con un miglioramento qualitativo da entrambe le parti.

Mauro Di Dalmazio Assessore allo Sviluppo del Turismo e Politiche Culturali

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Non è strano che si organizzi una mostra che unisce un artista libanese e un artista italiano di adozione, in considerazione degli stretti legami culturali e sociali, persino storici e geografici esistenti che uniscono i due paesi. Quello che accomuna i due artisti Elie Abou Samra e Jörg Grünert è lʼispirazione irradiata dalle opere dʼarte presentate al pubblico, nonostante le differenze di stile e di tecnica, fenomeno questo naturale. I possibili comuni denominatori rivelati da queste opere hanno un valore notevole rappresentato dalle relazioni storiche continue fra i due paesi segnate da duplici influenze artistiche condivise: da un lato, per la tradizione di nostri grandi pionieri che sono venuti a cercare possibilità di studio e formazione in questo paese altamente creativo, una tradizione mantenuta viva e costante anche dalla nostra nuova generazione; dallʼaltro, per lʼesistenza storica di Orientalisti italiani in Libano. Vorremmo esprimere la nostra gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito alla creazione di questo contesto per raggiungere lʼobiettivo della collaborazione fra artisti. Il Ministero della Cultura Libanese darà sempre il proprio sostegno agli sforzi volti alla promozione del nobile lavoro artistico, a livello sia privato che pubblico, con lʼaugurio che questo passo sia seguito da altri passi in tutti i campi, in particolare quello dellʼarte, che si dovrebbe far conoscere dal pubblico italiano e libanese, in considerazione dei sentimenti e della visione comuni sulla vita condivisi dai nostri due paesi. Dima Raad Direttore del Dipartimento Esposizioni Ministero della Cultura Libanese

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Jörg Christoph Grünert corpo - 2009, stoffa, gesso, pietra, legno, ferro, acrilico, 100 x 80 x 14 cm 8


AUTOMATISMI RESIDUI

Viaggio alla base di uno scambio necessario

di Rolando Alfonso JÖRG CRISTOPH GRÜNERT – ELIE ABOU SAMRA Opere 2010 Zeitgeist della tarda modernità, tra valore delle “cose prossime” in Elie Abou Samra, e uso della metafora della profondità in Jörg Grünert Eʼ possibile oggi tentare una lettura diversa dello Zeitgeist dellʼarte contemporanea che riconsideri il ricorso, sin troppo risolutivo sul piano storico, alle categorie del citazionismo e dellʼepigonismo - recepiti nellʼaccezione negativa quale solo fonte imitativa - caratteristiche attraverso le quali la maggior parte della critica ha interpretato il variegato mondo del formalismo attuale come risposta alla fine delle potenzialità insite nel moderno e nelle avanguardie artistiche del novecento? Si può ripartire dal solco profondo segnato dalla tarda modernità per enucleare ed elaborare sui compiti che, comunque, ci sono innanzi, nonostante il decreto definitivo sulla mancanza di un futuro, di una fine della filosofia e della storia e, quindi, dellʼarte? Quanto ancora sia necessario, per uscire da una troppo lunga impasse, seguire la riflessione di Nietzsche, prima, e poi quella di Simmel sul recupero di un nuovo significato e valore delle cose prossime dopo il dissolversi del pathos della ricerca dellʼorigine? Per quanto tempo ancora si è costretti a confrontarsi tra una rinascita del primato della superficie da un lato e la metafora della profondità dallʼaltro, cioè tra un rinnovato avvento della metafisica e lʼossessiva ricerca del fondamento caro al pensiero scientifico? Sicuramente interrogazioni e risposte relative non esaustive in questo frangente ci accompagnano, ma sta a noi, comunque, indicare un procedere diverso e ricostruttivo. Postmoderno come “affezione” del Moderno Un procedere che si distanzi dalla rigida collocazione su cesure epocali definitive delle strutture narrative della modernità, e che riconsideri, forse, con maggiore attenzione lʼaccento posto su di una seconda e più profonda interpretazione del postmoderno che ci ha consegnato il suo divulgatore più 9


popolare, Jean Francois Lyotard, che riconsiderando la sua formulazione iniziale ha definito il postmoderno come “affezione” del moderno. Sottoponendo lʼubicazione di un procedere oltre a ricongiungersi con la matrice originaria e a caratterizzarne euristicamente un effetto di superficie ancora tutto da analizzare. Questa affezione – che possiamo, con maggiore esattezza, scegliere come significato di una disposizione morbosa, o per meglio intenderci, come indice di uno stato di malattia – permea ed evidenzia la superficie del corpo del moderno con le pustole di unʼinfezione virale del dejà vu e della coazione a ripetere. Utilizzando lʼuso della metafora possiamo dire che così come accade al corpo dellʼuomo sottoposto ad uno stato di malattia così il corpo dellʼarte, nel suo continuo mutamento linguistico, nella sua organicità e nella sua fisiologia, mostra le sue “affezioni”. Affezioni che vanno a strutturarsi sul piano della storia in dimensioni epigenetiche. Tale da permetterci uno sguardo clinico sul corpo dellʼarte che scruta lʼemersione di un accadimento che si discosta da quel nucleo di verità, ad esempio, che fonda la riflessione cara a Deleuze e da lui teorizzata in “Differenza e ripetizione”. Punto di vista che qui si privilegia, invertendone però la disposizione dei termini, in modo tale da permetterci lʼanalisi del legame tra epigenesi, che allʼoccasione divengono storiche, e automatismi. Considerazione su automatismo e epigenesi storica Riposizionandoci sulla dimensione estetica possiamo dire che lʼautomatismo - caro ai surrealisti e non solo ad essi, basta vedere la sua funzione in relazione allʼindividuazione del feticcio merce nel ready made duchampiano, così come, per derivazione da questʼultimo, la sua presenza nelle combinazioni di Robert Rauschenberg e nelle composizioni di John Cage - ha origine sia nella regione pulsionale, che già presenta solide strutture narrative, sia in quella istintuale, dove ha una scelta limitata tra due affermazioni categoriche, cioé tra conservazione della vita e determinazione della morte. Lo iato di valore tra narrazione e affermazione fa valere i suoi diritti quando lo si considera sul piano, precedentemente individuato, della ripetizione e della differenza. La differenziazione delle strutture narrative nella ripetizione trova la sua giustificazione nella natura espansiva e mai sazia della memoria di chi narra, mentre nel caso dellʼaffermazione abbiamo a che fare con uno stato della memoria indifferenziato, costretto ad una ripetizione limitata simile alla forma imperativa. Lʼautomatismo, nelle modalità di risposta delle diverse regioni da cui ha origine, porta ad evidenza e fa operare sul piano della realtà ciò che è nascosto, 10


ed è il caso della derivazione dal mondo pulsionale, mentre si propone come monosillabica definizione di un sé esposto allʼannichilimento, per quanto riguarda la dimensione istintuale. A questo punto per passare ad analizzare lʼaspetto epifanico e la natura dellʼepigenesi storica – lʼaltro termine operativo in abbinamento con lʼautomatismo – è necessario tentare la sua fuoriuscita dalla sfera di una risposta individuale ben strutturata in un sistema chiuso, in altre parole ideologico. Per riuscire in tale compito bisogna tenere presenti come coordinate di riferimento sia lʼeterno ritorno dellʼuguale nietzschiano che la ripetizione differente deleuziana. Coordinate di un presente storico, di una tipologia di “tempo vuoto della sparizione” succeduto a quel “presente come storia”. Macigni epistemici di difficile dislocazione. Per trovare una possibile via di fuga è utile scandagliare il significato nascosto del termine epigono. Esso non sempre ha avuto la connotazione negativa che solitamente gli si attribuisce. Sorto con unʼaccezione prevalentemente genealogica di “discendente da”, successivamente è stato letto in chiave neutra nelle direzione proprio di una “epigenesi storica” (Liebmann). Riservando agli epigoni un compito rilevante che li colloca nellʼindomani delle grandi prospettive sistemiche. Con essi infatti si struttura lʼidea che la filosofia e i filosofi, e tutto ciò che ne deriva anche per il campo estetico, si affermino già come postfilosofia e postfilosofi. Cosicché, è nella storia delle idee la sua accezione adeguata. La coscienza dʼepigono non sʼidentifica con un generico lamento per lʼepoca né con la coscienza del declino. Questo è lo stato di coscienza che sovrasta la messa in forma delle espressioni linguistiche dei due epigoni in osservazione, Jörg Grünert ed Elie Abou Samra? La risposta che questo stato di coscienza ci consegna ci apre la visione del panorama dellʼincompletezza, e dellʼincertezza. Essa sosta su di un lavoro di raffinamento dei mezzi concettuali, di azzeramento e di radicale decostruzione delle sintesi ereditate, di dialogo ermeneutico con la tradizione del passato ritenuto parte integrante dei compiti interni alla prospettiva della tarda modernità.

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materia

2010 pigmenti, pietra, cenere, bitume, stucco su legno 101 x 71 cm

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X per ... (bianco)

2009/2010 stoa, pigmenti su legno 125 x 125 cm 14


X per ... (grigio)

2009/2010 ferro, pigmenti su legno 125 x 125 cm

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X per ... (rosso)

2009/2010 legno, pigmenti su legno 125 x 125 cm 16


handle with care

2009, ferro, legno, vetro ca. 220 x 150 x 130 cm

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on – o

2009 legno, ferro, gomma, feltro 109 x 211 x 17 cm

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perpetuum inerte - 2010

legno, ferro, gomma, pietra, piombino, 185 x 170 x 140 cm 19


lastra radiograďŹ ca I

2010, vetro, ferro, oggetti, 150 x 77 x 7 cm 20


lastra sociologica I

2010, vetro, ferro, oggetti, 134 x 41,5 x 7 cm

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natura morta: zerpresste Blumen n° 351808/1814 I-IV 1999-2009 vetro, ferro, pigmenti, acrilico ca. 58 x 44-26 cm

natura effimera n° 1492-851941 2010 vetro, ferro, feltro, lucidi 65 x 51 cm 22


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ďŹ le 20XX/6.756.482.391 - 400.gcj

2010, legno, ferro, alluminio, giornali, etichette, 210 x 130 x 6 cm

ďŹ le 19XX/non assegnato I-II

2010, giornali, spago rosso, etichetta, ca. 80 x 12 x 12 cm, ca. 74 x 14 x 14 cm


fiore (pour Jean Genet) I-IV

2002, cartone, giornali, feltro, cerotto, bottiglia, stoffe, filo di ferro, stampa, 107 x 16 x 14 cm


esecuzione

1990/1991, tempera su carta, 36,5 x 162 cm

winterreise

2010, giornale, carta, bitume, lamiera zincata, 58 x 81 cm, 41 pagine 26


Gestell - 2010, ferro, giornali, ca. 280 x 152 x 91 cm


zeitlos I

2008 ferro, pietra, tela, smalto, 47 x 73 cm

zeitlos II

2009 aluminio, pietra, tela, smalto, cafĂŠ, pigmento 50 x 82 cm

zeitlos III

2010 ferro, pietra, tela, smalto 124 x 120 x 60 cm

temperie II

1994, acrilico, matita, sabbia su cartoncino 38,5 x 62 cm

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terra fossile

1993/2010, pietra 140 x 55 x 50 cm 29


salma

1994 colla, smalto, matita su cartoncino 20 x 45 cm 30

organo I

2009 colla, smalto, matita pietra, caÊ, acrilico su legno 26,5 x 81 cm

organo II

2009 smalto, matita, acrilico su cartoncino 50 x 117 cm


temperie I

1994, acrilico, matita su legno su tela, 70 x 100 cm

temperie III

2009, creta, smalto, acrilico, matita su legno su tela, 60 x 80 cm

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JĂśrg Christoph GrĂźnert corpo

2009, pietra, acrilico, olio, feltro, legno, ferro, 120 x 74 cm


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