COlOIISSIONE SEXESE DI 8'.l'ORIA PATRlA NELLA
R. ACCADEMIA DEI ROZZI
E. ROCCHI Tenente Colonnello del Genio
L' OPERA E I TEMPI DI
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1900
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R. ACCADEMIA DEI ROZZI
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E. I~OCCHI Tenente Colonnello del Genio
L' OPERA E I TEMPI DI
FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI Conferen za, te1111 tu il 31 :i\Ian rn 1900.
SIEN A 'l'IP. E LIT. SORDO-MU'rl DI L . LAZZEIU
1900
L'OPERA E I TEMPI DI FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI
Dire dell' opera di Francesco di Giorgio Martini secando la verita storica e con competenza di giudizio e cosa oltremodo ardua. Molti hanno scritto di lui, cominciando dal Vasari; ma, dopo che gli studi storici si sono avviati su criteri positivi e dopo che nuovi documenti riflettenti la storia artĂstica del suo tempo sono vennti in luce, si e avuto campo di riconoscere quanta strada rimane ancora da percorrere per giungere ad una ricostruzione scientificamente esatta dell' opera dell' artista senese. Carlo Promis, nella vita particolareggiata di Francesco, che premette al trattato d' architettura, fa, con taglio netto, piena ragione di quanto aveva su di lui scritto l' erudiziooe del secolo scorso, e primo tenta di ricostruirne la personalita e l' opera secando la verita storica. Ma quell' acuto ed infaticabile ricercatore ignoro molte fonti d' indagine; su molti dati, che furono poi riconosciuti erronei (ad esernpio quelli del!' anno di nascita e dell' armo di morte di Francesco) ebl.Je a fondare deduzioni e giudizi; eppero il suo lavoro biografico e critico, conforme alla verita storica dove venne intessuto sul cartegg-io del Gaye, e in talune parti manchevole ed in talune altre errata. Un Jarg-hissimo con tributo alla ricostruzione dell' opera del Marti11i e si.ato portato dall' illustre l\1ilanesi nel suo
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prezioso libro sui « Documenti perla stoda dell' arte Se» e nelle copiose ed erudite note apposte alla « vita » del Vasari. Sulle tracce del Milanesi, il professor Pantanelli pubblicava nel 1870 un pregevolissimo studio che sara sempre consultato con grande 11tilit.a da chiunque preuda a trattare dell' opera artistica di Francesco di Giorgio ('). A chiarire infine la detta opera in uno dei suoi piu vasti e forse meno noti campi d' azione, in servizio cioe dei principi Aragonesi, concorrono taluni documenti che vennero recentemente pubblicati nell' Archivio sto1·ico per le provincie napoletane. Peraltro le notizie che in quelle pagine hanno veduto la luce, se valgono a costituire un buon punto cli partenza per ulteriori e piu esaurienti ricerche, non riescono a colmare le molte lacune che ancora rimangono sull' opera del Martini alla Corte Aragonese, e fanno anzi sentire maggiormente la necessita di notizie piu estese e piu particolareggiate. Nell' esame del!' opera artística di Francesco di Giorgio e difficile raggiungere un' adegnata competenza di giudizio in causa della multiformita del!' opera stessa, dovuta al1' universalita degli studi di quell' epoca meravigliosa. Questa multiformita include inoltre il pericolo che, nel detto esame, venga fra le manifestazioni artistich e di Francesco di Giorgio posta maggiormente in rilievo, con detrimento delle altre, quella che e piü affine alle tendenze, agli studi ed allo scopo di chi scrive. Cosi, co lla clovuta riverenza al nome di sl chiaro autore, avvenne un poco allo stesso Promis, il quale, animato da! no!Jilissimo intento di mettere in luce l' opera del Martini come ingegnere militare, ha 1asciato forse soverchiamente in ombra il magistero di questo nella civile arcllitettura.
nese
Queste considerazioni si
e creduto di
premettere perche
(1) Di Francesco di Gio1·gio Martini, pitt01·e, scultore ed architetto senese del secolo XV e dell' arte dei suoi tempi in Siena. Siena 1870.
SU FRANCESCO Dr GIORGIO JIIARTINI
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:abbia ad essere a<'colto con indulgente giudizio il seguente -q uadro, dove verra rapidamente delineata l' opera artística di Francesco di Giorgio in talune delle sue principali ma11ifestazioni; senza dire che l' assunto di ricordare degnamente l' illustre quattrocentista sembra tanto piu arduo nella sna pat.ria, in questa citta, dove e tuttora cosi vivo 41 sorriso dell' arte italiana e dove le memorie di un pas,sato glorioso, che si conservano intatte nei monumenti, nelle tradizioni, nel linguaggio, impongono a chi prenda .ad evocare que! passato di mautenersi all' altezza del sog.getto.
l. Francesco di Giorgio, nato in Siena nel 1439 e vissuto 4n pieno rinascimento, fu uomo de' suoi tempi, de' quali ritrae pienamente il carattere per la universalita degli ·studi, per la multiformita del suo magistero artístico e per 1' incondizionato amor-e alle tradizioni dell' antichita -classica. Era J' epoca in cui il mondo sembro rinnovarsi e ringiovanirsi al sole della coltura italiana, quando gli italiani seppero col!' erudizione liberare se stessi e r Europa -dalle pastoie del Medio Evo, e, ritemprandosi alle sorgenti -del classicismo, assorsero quasi ali' antica grandezza. Tutto, in qnell' epoca, spingeva verso il mondo antico, e l' irnitazione degli anticbi divenne la base della coscienza rnorale, política ed artística degli italiani del rinascimento. I sovrani vollero imitare Cesare ed Augusto; i repubblicani Bruto; i capitani di ventura Annibale e Scipioue; i filosofi Aristotile e Platone; i letterati Cicerone e Virgilio; gli architetti Vitruvio. La vita civile si animava .11 culto -dell' antichita classica, e mentre Firenze accoglieva con rnani(estazioni di pubblica esultanza le scoperte di antichi manoscritti che il celebre umanista Poggio Bracciolini faceva nel Nord d' Europa, la Roma del rinascimento ce-
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E. HOCCHI
lebrava con feste che vincevano, quasi, al paragone quelle del!' antica, r ingresso nelle sue mura di alcuni capolavori scultort dell' arte greca. lo quest' ambiente saturo di classicismo, e nello studio del!' architettnra classica, sia nei ruderi dei monumenti romani, sia nelle pagine del principe degli architetti latini, si tormo la coscienza artística di Francesco di Giorgio ; quella coscienza che si rivela ad ogoi tratto nell' opera sua, ed alla quale si deve il car:.tttere che traspare nelle multiformi manifestazioni del suo ingegno. « Tanto ando investigando (scrive di lui il Vasari) il « modo degli antichi anfiteatri e d' al tre cose somigl:anti, « ch' elleno furono cagione che mise manco studio nella « scultura; ma non pero gli foro no, ne son o state di manco « onore che le sculture gli potessino essere state ». Con queste parole il hiograf'o aretino mostra di attribuire una grandissima importanza agli studi fatti sui monumenti del!' arte antica da Francesco di Giorgio che qualifica « grandissimo ingegnere » ed a cui afferma doversi grande obbligo ~ per avere facilitato le cose d' architet« tura e recatole giovamento piu che alcun altro dopo « Brun81 lesco ». Effettivamente, lo studio dei monumenti romani costituisce come uno dei meno noti, cosl pure uno clei piu caratteristici tratti del!' opera di Francesco di Giorgio. Tale studio lo consacra, nella storia, vero artista del suo tempo e rende piena ragione del!' influenza che l' antichita classica esercito poi sempre su! suo magistero d. architetto. Nello stndio dei monumen ti romani, ebbe Francesco a predecessori e compagni i piu grandi artisti del rinascimento. Mentre i letterati e gli umanisLi ricercavano, raccoglievano, copia vano, traducevano ecl illustravano gli antichi manoscritti, apparerchiando i mezzi necessari alla rinnovazione del pensiero, una pleiade di architetti scavava, rilevava, misurava i monnmenti del!' antichita classica, studiandoli nella pianta, nella costruzione, nelle. forme, nelle proporzioni, nella correlazione degli ordini e prepa-
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rando, in tal modo, gli elementi per una vera r1voluzione del!' architettura. Centro degli studi era Roma, ove l' arte ritrovava finalmente la patria sua da tanti secoli obliata, e dai cui ruderi, che avevano resistito al ferro e al fuoco dei barbari, doveva sorgere la grande arte italiana del quattrocento e del cinquecento. Dante e Petrarca avevano ancora contemplato Roma « e I' ardua sua opra » con occ hio poetico diatro la scorta delle « Mirabilia ». Cola di Rienzo, primo ne! suo secolo, tento la ricerca e lo studio archeologico dei monumenti romani, leggendo le epigrafi ed interpretando le an tic he « fiure » (figure). Ma veri ricordi ed appunti di misure architettoniche dei monume • ti Ji Roma datano soltanto dal 1375 e sono opera di Giovanni Dondi, celebre medico paclovano, ed insigne mecc3.nico appellato dall' orologio per la singolarita dell' invenzione da lui fatta cli un orologio che segnarn i moti delle stelle. Circa il 1407, Brunellesco e Donatello misurarono in Roma le rO\' ine delle terrne, dei circhi, dei templi e delle lJasiliche e furono forse i primi ad eseguire sea vi secondo un piano razionalmente pre.stabilito per compiere esattamente 1' opera loro. I Romani, usi a ca\·are lucro di clistruzione, non a domandare misure e proporzio_ni, dalle rovine monumentali, Brunellesco e Donatello stimarono cercatori di tesori nascosti. E lo erano; ma di tesori incornprensibili al volgo clegli ignoranti e tlei d otti di quell' eta. Nel 1424 Ciriaco anconitano clisegnava i monumenti di Roma: «
Quaeque superfuei·ant vetentni monumenta., poetae « Omnia Kydaco Roma vetusta dedit »
canto di lui, conforme alla verita storica, que!!' umanista rivoluzionario che fu Stefano Porcuri. Giuliano Giamberti cla Sangallo raccolse « molti disegni « misurati et tratti dallo anticho » in un libro « chomin« ciato a. d. n. s. MCCCCLXV in Roma »: prezioso codice
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autografo che si conserva ora alla Barberiniana (1). Dii Bramante scrive il Vasari che messo mano a misnrare tutte le fabbriche antiche di Roma « solitario e cogitativo « se ne andava e fra non molto spazio di tempo misuro« quanti edifizi erano in quella citta e fuori per la cam« pagna ». In q uali anni abbia Francesco di Giorgio atteso con maggiore intensita allo studio de_gli antichi monumenti non sembra possibile accertare, non essendo di verun aiutola scarsa notizia del Vasari, ne potendo servire di guida le errate inclicazioni di Garlo Promis che fa nascere Francesco ne! 1423, e pone come origine dei suoi studi del1' antichita la sua partenza da Orvieto, dove non fn mai (2) . Si disse poi, con maggiorc intensita, perche quegli stndii Francesco di Giorgio, secondo l' indirizzo dei tempi, prosegui, sempre quando gli fu possibile, durante tutta la sua vita. Risulta infatti che negli anni 1491 e 149:2, gia piu che cinquantenne, rilevo e misuro le anlichita di Napoli e delle circostanti regioni, mentre si trovava cola al servizio degli aragonesi. E tuttavia da ritenere che gli studi dei monumenti di Roma, de' quali ha lasciato larga traccia nei suoi scritti. Francesco di Giorgio abbia compiuto iu eta giovanile, nella. prima meta della sua vita, in quegli anni, circa i qualí scarsa memoria ha lasciato di se. ¡ 1 ) Codice 822. (2) PRO)IIS - Vita di F,·ancesco di Giorgio 11Iartini - Tom. I, pag. 7 del • Trattato • . Torino 1841. Il Padre DrnLLA VALI.El nella • Storia del Duomo d' Orvieto » afferma che nel 14J7 Francesco di Giorgio si trovava ai servigi di quella fabbrica ; e per intendere tale notizia il Promis fu indotto ad anticipare di circa 16 anni la nascita dell' artista senese. Pervenne a ristabilfre la verita storica il Milanesi, il qua.le, avenclo avuto comodita di esaminare per due voltee con molta diligenza i libri del1' archivio di quel duomo, ebbe da quelli a riconoscere come, in detto anno 1447, lavorasse in Orvieto un Francesco da Siena figliuolo di Stefano e a conchiudere come il De11a Valle errasse confondendolo con Francesco di Giorgio.
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Il fatto che era povero, e che doveva, come egli stesso dichiara « alle necessitá del vitto supplire » ('), porta ad escludere che abbia tenuto per qualche anno dimora stabile in Roma, per attendere ad un lavoro non retributivo. Effettivamente fin da! 1464, cioe al 25º anno dell'eta sua, fu impiegato al l' opera clei boltini di Siena con Pavolo d' Andrea, che forse gli fu maestro in quell' arte, e sembra pero probabile che abbia dimorato in Roma soltanto ad intervalli, secondo le esigenze della sua vita g-lielo consentivano, spendendovi i denari altrove guadagnati « con « una ,nasserizia grandissima » come il Vasari narra facesse il Bramante qnando riescl per qualche tempo a vivere del suo in Roma per ivi attendere, come gia si accenno, allo studio di quelle antichita. Risultando poi che Francesco ne! 1469-70 era sempre impiegato da! Comune di Siena per !'opera dei boltini e forse per al tre acq ue e che fino al 1477 ebbe a rimanere in patria dove attese a cliverse altre opere, massime di pittura (2), e as ai probabiJe che le sue, piü o meno lunghe, dimore in Roma e nelle circostanti regioni per lo studío degli antichí monumenti, siano anteriori al 1460, cioe al 30. 0 anno del!' eta sua . La nuova era papale, inaugurata da oltre un ventennio, per opera di Tommaso Parentucelli, nolla cui persona parve che l' eruclizione stessa cingesse la tiara, volgeva (' ) Prologo al libro primo del Trattato - Tom. I, pag. 127. Ediz. torinese 1841. l"J el 1470 dipinse per la chies'.1 dello Spedale una storia nella tribuna: e ne! 1471 una Incoronazione di Nostra Donna sul muro della cappelletta a capo dell' altar maggiore. P ei monaci di Montoliveto, nella loro chies,i di San Benedetto, fuori di Porta Tufi (monastero rovinato) fe ce nel 147ó una tavola col Presepio che ora e nella Gallería del!' Istituto di Belle Arti: nella quale e scritto: • l!'ranci cus Georgii pin x it • . Parimenti si vede nella detta galleria un'altra tavola molto grande, gia ne! hlonastero di hlontoliveto, di Ohiusuri, che si dice di lui, nella quale e l' Incoronazione della Vergine con molti$Sime figure. (M.ILANE 1 -
Note alla i:ita del Vasari¡.
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allora al suo pieno sviluppo, e Roma dalle strette sanguinolenti della democrazia si risvegliava alle molli carezze della rinascenza. I monumenti dell' antica citta dovettero allora mostrarsi al giovane architetto in tutto lo splendore della loro vita risorta, quali si vedono rappresentati nella grand~ pianta di Roma di Leonardo Bufalini (') prima cioe che il rinnovamento edilizio, iniziato da Sisto V sulla fine del secolo xvr producesse in quei monumenti devastazioni assai piu esiziali di quelle apportatevi dai barbari e prima delle spogliazioni e delle manomissioni che si protrassero per tutto il secolo XVII ed anche dopo. Piu volte Francesco fa cenno, ne! trattato, dei monumenti dell ' antiea Roma e ne trae talvolta canoni d' architettura, come, ad esempio, a proposito dei templi circulari, riferenclosi al Pantheon, al tempio di Bacco (chiesa di S.tâ&#x20AC;˘ Costanza sulla via omentana) ed al tempio di S. Stefano rotondo (~) La maggior parte dei disegni dei monumenti romani e raccolta in un coclice che si conserva nella biblioteca gia Saluzzian a (ora Ducale) di Torino, dalla quale prende il nome. Sono circa oltanta disegni di basiliche, archi, porticati, lapidi, sepokri, palazzi, templi , terme, pon ti, teatri ed antichi edifizi ignoti colle icnograĂźe congiunte alle ortografie. I titoli e le dichiarazioni in lingua senese rispecchiano le vergini impressioni del giovane architetto, cui molti di quei monurnenli si presentarono, come gia si disse, in assai miglior stato di conservazione del!' attuale; eppero dall'esame che h a lasciato dei medesimi emergono di frequente notizie importanti e poco n ote.
(1) Vedi: La pianta di Roma (1551 ) : di LEONARDO B UFALINI Da un esernplare a penna gia conservato in Cuneo, riprodotto per cura del Ministero della pubblica Istruzione. 2 ( ) Capo II del libro IV (Tom. I , pag. 225) e Capo VII dello stesso libro IV (id. pag. 237 ).
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Oltre quelli del codice Saluzziano, altri disegni di documenti romani si rinvengono nelle Cartelle della R. Galleria clegli Uffizi in Fieenze, iuentificati come opera di Francesco dall' egregio Ispettore d' arte antica, Nerino Ferri. Le dette cartelle contengono inoltre disegni di monumenti antichi di Capua, Baia, Averno, Pozznoli, Cuma Montecassino, Sangermano, rilevati e clisegnati da Francesco di Giorgio nei gii accennati periodi di permanenza in 1 apoli. Chi prenda a considerare questi diversi disegni del nostro archit.ctlo non eleve perdere di vista lo scopo pel quale i rilievi dei monumcnti romani vennero intrapresi dagli artisti del quattrocento; senza di cho l' apprezzamento dei detti disegni potrebbe forse riescire inferiore all'aspettazione. II sistema degli studi di Francesco di Giorgio, in relazione appunlo allo scopo pel quale quegli studi venivano intrapresi, e grossamente significativo e poco preciso. I norni delle rovine e dei monumenti non differiscono generalmente dai volgari, o da quelli delle « Mirabilia », poiche gli artisti del quattrocento nei monumenti ricercavano, come disse, le proporzioni e le norme del!' architettnra, non i nomi classici degli antichi edifici. Erano, in so lanza, studi di carattere essenzialmente architettonico, anziche archeologico, e neppure topografico; tan to che nessuno di quegli artisti fece la pianta generale, o parziale, della citta. Tuttavia i disegni lasciati da Frnncesco di Giorgio, al pari di quelli degli altri artisti dell'epoca, molto contrilrnirono a dirozzare le vecchie e tradizionali prospettive di Roma C). E noto agli eruditi ed agli archeologi l'utile che da quei rilievi si pub trarre anche adesso per la topografia compara ta del!" antica Roma; ed avviene, aquesto proposito, di ricorclare il richiamo fatto alla pianta del « Capitoliwn » delineata da Francesco di Giorgio e ripro(') Vedi: Piante icnografiche e prospettiche di Roma anteriori al S erolo XV raccolte ed illustrate da G10. BATII TA DE Rossr - .Roma 1879.
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dotta dal Codice aluzziano, nello studio sul « Tempio di Giove Ottimo Massi'tno » del!' insigne archeologo prof. Rodolfo Lanciani (t ) e le considerazioni cuí que! disegno ha dato luogo nell' esame del!' importante que tione. II.
Lo studio dei monumeoti romani Francesco di Giorgio come architetto umanista, secondo le teudenze dell'epoca, proseguiva parnllelamente ali' interpretazione di Vitruvio, indagando con molta fatica e con assiduo studio, ed indovioando talvolta, i concetti dello scrittore latino per via della comparazione del testo cogli antichi rnlleri (2). Questo fu dunque per l' opera artística di Francesco il periodo della preparazione. Il periodo dello sviluppo data dalla sua permanenza alla Corte d' Urbino, cioe dal 1477. !vi, come egli stesso confessa, avvenne la maggiore espan ione del suo ingegno, quando con quella versatilita e con quella meraviglio a potenza d' assimilazione, che fu caratteristica negli artisti del quattrocento, da pittore, scultore, fonditore di metalli, maestro degli acqu edotti, divenne architetto ed ingegnere militare. I contatti che ebbe frequenti alla Corte el' Urbino con tanti illu tri artisti cola convenuti; la lettura di libri che spesso avra avuto occasione di esaminare per la ricca biblioteca che Federico cla Montel'eltro andaYa formando, e sopratutto l' assist.enza amichevole di questo condottiero letterato che volle essergli guida sicura nel campo degli studi ed in qnello dell' azione, non e dubbio abbiano potentemente contribuito a portare la mente di Francesco a que! grado di matmita, per cui lo vediamo a· indi in poi emergere, nella storia del!' arte, come architetto civile, come costruttore e come ingegnere militare. (1) Bolletlino della 'om misl!ione arclleologica m unicipale di Roma • Fascicolo : ottobre-di cembre 1875, pag. 165-189: Tav.• XXV 1-XX VIII. 1 ( J Prologo al libro prim o • Tom. I pag. 128.
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Eppero la grandiosa figura di Federico da Montefeltro, il quale amo teneramente qual figlio Francesco di Giorgio, siccome questi ricorda ne! suo trattato, quando con espressioni di leal e riconoscenza esa! ta la memoria del suo protettore (!), si col lega intimamente ali' opera dell' artista senese. Federico da Montefeltro, valente capitana di ventura, allievo dello Sforza e di Piccinino, discendente percio in linea reLta da! capostipite Alberigo da Barbiana, il vincitore della battaglia di Marino e primo restauratore delle armi italiane, fu, come Francesco di Giorgio, uomo de' suoi tempi. Al servizio dei principali Stati italiani, le ricchezze raccolte nelle prede e nella condotta dello genti di guerra spendeva a rendere splendida di edifizi la citta di Urbino ed a costituire quclla prodigiosa biblioteca che ora trovasi alla Vaticana; al mudo stesso che Nicolo V, uomo anch' egli de' suoi tempi, spendeva i denari del giubileo a comprare codici e ad assoldare letteraLi e traduttori. Del suo stato che fu nel quattrocento splendido gioiello in mezzo agli Appennini, Fede'rico fe qnasi un' opera d' arte e la sua Corte, ove convenivano artisti italiani e stranien, soldati ed eruditi, con,,ertl in una vera scuola militare e di umanesimo, ove molLi principi mandavano i loro figli per educarli alle discipline guerresche ed al culto del le lettere. La sua vita trascorreva tra le armi e l' erudizione, ed accompagnando Pio l[ a Tivoli, sotto la sferza del sole, fra la poi vere sollevata dai cavalli, al luccicare degli elmi e delle spade, discuteva col papa umanista sulle armi degli antichi e sulla guerra Troiana. Nella cosi detta Casa Gioiosa di Vittorino Rambalcloni da Feltre, dove fu educato insieme coi figli del marchese di Mantova e di cittadini el' ogni ceto secando i principi pedagogici di cletta scuola ordinata con criteri moderni, venne formato a quella lealta di carattere ed aquella generosita di cuore che mai si srnentirono nel corso della sua vita avventu(1ยก Libro V Capo ]JI - Tom. I, pag. 252.
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rosa. Ell anche in queste alte qualita morali il condottiero Feltresco presenta un sorprendente contatto col suo protetto Francesco di Giorgio. Questi si mostra la prima volta su! teatro della storia come ingeg nere militare durante la biennale guerra di Toscana che segui la fallita congiura ele' Pazzi: g·uerra di limitato interesse per fatti militari, ma di non lieve importauza storica, sia per la personal i ti dei condottieri che vi presero parte, sía perche, ne! gran secolo del!' arte e degli ingeg-ni italiani, coml.Jatt.uta con nuovi metodi riesci feconda di nuo\·i insegnamenti. Guidava le milizie del papa, di Urbino e di Napoli Federico da Montefeltro e con luí andava Alfonso duca di Calabria accompagnato da! fiore della Baronia napoletana e da! capitano Giulio Acqnaviva, che acq1tisto notorieta pochi arrni dopo all'assedio di Otranto. Dall'altra parte stava Lorenzo il .Magniflco con quanto di valore, di scienza e d'arte capiva in Firenze, in Milano, in Ferrara, in Venezia. Come e accertato da leUere del Duca d' Urbino all a Signoria di Siena (1), ·Francesco di Giorgio si trovava nel campo dei collegati in qnalita d' ingPgne re militare (p,·aefectiis fabrwn si sarebbe detto negli esercili rornani: e-0mandante del genio si direl.ll>e ora) per dirigere le operazioni d' assedio dei luoghi fortificati, che nel luglio ed agosto del 1478 venncro assaliti e presi dai colleg-ati. Controla Castellina del Chian ti, a nove miglia da Siena verso Firenze, luogo forte per postura e l.Jen difeso, tuonarono le bombarJe del papa e di Siena, che piantate in batteria da Francesco di Giorgio negli ultimi cinqne giorni di luglio, al 14 di agosto vi aprirono la breccia, alla quale seguiva il 18 dello stesso mese la resa della piazza ( 2 ) . In (1) Lettera di Fed erico Duca d' Urbino alla Signoria di Siena da Rencine in data 24 giugno 1478: altrn lettera id. id. clal Campo della Castellina in data 2 luglio 1478. Vedi GAYE - Cal'teggio inedito degli artisti - Vol. II. (!) ALLEGRETTO ALLEGRETTl -
Sto1·ie fiorentine.
Diario senese;
8ClPl0NE A~D(IRATO -
SU FRANCESCO DI GIORGIO l\1ARTINI
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quei tempi di operazioni di guerra eternamente lunghe e di assedi che si protraevano ali' infinito, la spedita tattica ossidionale di Francesco di Giorgio coronata da cosi felice successo, dovette sembrare ~orprendente ed assicurargli fama di accorto ingegnere, massime se dentro alle mu:-a della Castellina si tro,·ava quale organizzatore della difesa e capo dei bombarclieri il gia nominato Ginliano GiambertL da Sano-allo, insigne architetlo civile e militare protetto di Lorenzo. Si e accennato in modo dubitatiV'o alla presenza di Giuliano dentro le mura della Castellioa, perche tale presenza, ritenula come molto probabile da! Ravioli (1 ) e data per certa dal Pantanelli (2) e da! Guglielmotti (ª) non si troYa confermata dai documenti storici del tempo. i ei libri pubblici dell' anno 1478 il Sangallo non e nominato fra i maestri maudati alla difesa di quel posto fortificato; mentre invece risulta che audo nell' anno seguente insieme con Paolo di Francesco, col Francione, e col Cecea, come maestro d' ascia e non come bombardiere, a fortificare Colle della Valdelsa. L' opera di Francesco di Giorgio sotto le mura della Ca tellina elibe a segnare il punto di partenza de' suoi studi d' ingegneria militare. E infatti da presumere che nei ventiquattro giorni che duro quell' assedio condotto con i mezzi moderni, la sua mente siasi levata alquanto piu su di quella rocca, per moglio considerare da una parte i vantaggi delle nuove offese e dall' altra la necessita delle nuove ditese. Tali considerazioni, maturate dal1' ingegno aculo dell' architetto senese e confermate dalle successive prove di guerra cui ebbe ad assistere a contatto di uno dei piu illustri condottieri del suo tempo, do,evano condurlo ad inventare i primi elementi della moderna arte fortificatoria, ricevuta in appresso in tutti i paesi. 1 ( ) (
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I nove da
angallo - Roma 18G3.
¡ Op. cit.
) Storia dtlla Mal'ina pontificia nel medio e1:o - Libro IV, Capo XXV. (Vol. 2°¡.
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Le origini di una im·enzione grandiosa e complessa, come il tipo di una fortificazioQ~, che corrisponda ai nuovi mezzi introdotti nel la guerra, sono di solito assai confuse. II trapasso dal vecchio al nuovo si compie sempre laboriosamente. Vi sono le idee vecchie fondamentali, le forme tradizionali, sulle quali le nuo,-e cominciano ad innestarsi piü o meno a disagio, dando luogo a disposizioni singolari e spesso bizzarre, che risentono del vecchio ed accennano al nuovo, ma in modo indeterminato ed incerto . Le forme nuove, tra mille tentativi e pentimenti, si vengono man mano accentuando, finche il vecchio e sparito, ed il nuovo tipo si afferma ed appare in tutti i suoi caratteri. Cosl appunto e avvenuto per l' arte fortificatoria nella seconda meta del secolo XV di fronte alla cresciuta potemm delle artiglierie. Anticamente si respingevano gli assalitori colle difese piombanti, onde le mura si facevano alte e le torri, elemento principale del recinto, sporgendo fuori delle mura, pigliavano di flanco ed un po' anche a tergo l' attaccante; con che si pre! udeva gia al concetto del flancheggiamen to. L' idea madre del flancheggiamento e della difesa radente si rinviene infatti nelle Porte Scee d' Ilio, in qnelle della Roma quadrata e delle maggiori piazze del!' antichita. Ma le uuove armi, prevalendo sulle piombanti, diedero rnaggior valore al fiancheggiamento, e perche il saliente, che deve fianclieggiare la cortina, potesse poi ricevere da questa eguale servizio, si vennero pronundando pei recinti fortificati le forme stellate. Le torri, che ancora non volevano sparire, si cacciavano, ora sulla punta delle stelle, ora nei rientranti, finche, bandite dalla linea di difesa esterna, si vennero a chiudere nell' interno della piazza, irnpersonate ne!!' unico mastio, il conservatore per eccellenza, e piü tardi sparirono del tutto. Talune delle inflnite varieta di recinti che vennero escogitati durante il periodo di transito, presentano analogía apparente colle fornie bastionate, quantunque, mancando l' intenzione e l' effetto del fianchegg·iamento, non
SU FRA NCF.SCO DI GIORGIO MARTINI
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possa in quei recinti rinvenirsi alcuno dei caratteri essenziali delle predette forme. Ma nello studio postumo dei tracciati svariatissirni della seconda meta del secolo XV, 11ell' esame dei numerosi abbozzi e tentativi di nuove forme difensive che si voleva risponclessero ai bisogni derivanti da!!' efficacia cresciuta delle artiglierie, !' erudito, se non e profondamente versato ne!!' idea madr~, se non e, quasi potrebbe dirsi, professionista, arrischia di prendere abbagli colossali. E ne prese difatti lo stesso dottissimo P. Guglielmotti, altamente versato negli stadi sulle origini della moderna architettura militare, che tanto fece avvantaggiare sulla via tracciata da! Promis, scambiando per fronti bastionate dei segni convenzionali coi quali Mariano di Jacopo da Siena, ingegnere e meccanico del secolo XV, rappresentava, secondo il costume del tempo, i margini frastagliati delle coste marittime o clelle ripe dei fiumi (1 ). E neppure si possono ammettere come baluardi, sebbene presentino con qucsti organi della moderna fortificazione molta analogía di forme, certi membri pen tagoni di vecchie cinte murate, certe torri pentagone isolate, prive affatto di fiancheggiamen to, come la grande torre cen trale del castello d' Astura (2).
Storia delle fortificazioni n ella spiaggia romana - Roma, tipografia Vaticana 1887. (2) GuGLIELMOTTI - id. id. Analogamente al P. Guglielmotti, ed egualmente con scarso fondamento scientifico, il colonnello Augusto von Cohausen, noto pei suoi lavori di archeologia militare, volle qualificare, in un suo breve scritto • Zui· Geschichte eles Bastions • (pubblicato nell' • Archiv für die Artill erie-und Ingenieur-Offiziere • del 1895) come rudimentali bLLluardi taluni membri di fortifi.cazioni medioevali tedesche llalla meta circa del secolo XV. Non pu6 in,ero ritenersi come un rudimentale baluardo la torre pentagona alta 16 metri che sorge nel punto culminante della cinta di r eckarbischofsheim, e neppure possono riguardar i come tali le torri quadrangolari con sagliente acuto, giudicate di costruzione non posteriore al 1439, che si trovano a ti:e degli angoli del Castello di 1 ( )
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11 sistema bastionato che riuscl a risolvere il problema delle nuo,e difese, non poteva nascere ad un tratto e per ispirazione subilanea neppure nella fervida mente di un arch itetto del rinascimento. Francesco di Giorgio vede, come tutti gli ingegneri del suo tempo, rotto dalle armi da fuoco l' equilibrio tra r attacco e la dife a a danno di questa: vede la necessita. di ristabilírlo con nuove forme fortificatorie atte ad oslare Ri nuovi mezzi d' otresa ma comprende la difficolla. del problema laddove osserva che: « colui che aquesta offesa (cioe alle prol)'redite arLicdierie dei suoi tempi ) trova e la defensione, piü presto divino che umano ingegno doveria essere chiamato » (1). Gli studi fino a noi pervenuti di Francesco di Giorg-io ri,elano i punti di partenza, i tasteggiamenti, le fa i intermedie, i risultati parziali del pertinace ricercatore. Sono torrioni, puntoni, linee a den ti di sega, f'orti a stella, combinazioni molteplici e svariatissime, spesso in apparenza capricciose, di tutti questi elementi, attraverso ai quali b mente irrequie!a dell' architetto e passata prima di ginngere al concetto organico della magistrale bastionata. Il ricordo del!' an tico, ed il culto del le tradizion i classiche,
l\Ieinzberg (situato a 6 km . a N.O. di Sierk), di pian ta rettangolare, e che ha una torre rotonda al quarto angolo. Il Col. Cohausen nella pian tina di questo castello che riporta nel suddetto scritto, ed anche nella grande opera postuma • Die Befestigungsu·eisen de,· Von:eit unll des Afitlelalte1·s • pubhli cata nel 1 98 a Wiesbaden da 1111.s imiliano J ahns disegna u cia cuno dei latí le Hnee di dife a per dimo trare che vi era effettivamente, in quei pretesi baluarcli l' intenzione di battere coi :fiancbi le facce opposte. Ion si puo peraltro fare a meno di riconoscere che una tale intenzione venne dal dotto archeologo tedesco regala ta a quelle torri medioe-vali pel desiderio di trarne la conseguenza che la Germanía possiede baluardi di un' epoca anteriore a quella nella qua.le si mili organi clifensivi furono ideati e costruiti dai primi ingegneri militari italiani. II Cohausen aggiunge peraltro clie quei presunti baluardi tedeschi non ebbero mai, sia per loro stessi, sia per le imitazioni cui diedero luogo, importanza pari a quella dei baluardi italiani. 1 ( ¡ Lib. V. Capo III. Tom. l. pag 251.
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viví si1110 nel quattrocento anche nelle discipline militari, nocque forse agli architetti del periodo di transito e ritardo la rivo luzionP- de i sistemi difensiv i, vo luta per bi lanciare i progre si raggiunti dalle artiglierie. Al culto delle tradizioni classiche deve i aggiungere l' influenza che le forme del!' architettura militare dell' antichita ebbero ad esercitare per la loro bellezza sugli inge 0 neri del rinascimento; e que! sen timen to artístico, il quale, come contribui dapprima a fare indugiare i grandi maestri del quattrocento sulla via delle nece sarie innovazioni delr arte difensiva, si manifesto poi nelle popolazioni che vede vano con rammarico cimare le altissime e bellissime torri dei loro recinti, costituenti tanta parte delle patrie memorie. Dagli studi di Francesco di Giorgio si apprende con quanta <lifficolta questi andasse svincolandosi dagli elementi dell' antica fortificazione e sopratutto dalla torre. Anche nelle nuove forme ctifensi,· e cui infine pervenne, gli arrotondamenti agli angoli di spalla, che costituiscono gli orecchioni a protezione clei fianchi ritirati, rammentano i torrioni del periodo di transito. oltanto dopo luno-o e laborioso periodo di tentativi, negli ultimi anni della sua vita ginnso Francesco di Giorgio ad afferrare il concetto organico della magistrale bastionata che víluppo, non in alcuna delle numerose opere difensive da luí erette prima che que! concetto rifulgesse nítido nella sua mente, ma nelle Tavole del « Codice Ma gliabechiano di macchine e fortíficazioni » che si ritengono disegnate di sua mano. La scoperta dell' architetto enese segna la fine del periodo di tran ito dell' arte difensi,a. Questa, posta ulla nuo,·a vía, diventera arte italiana e percorrera il mondo applicata dovunque per oltre un secolo dagli ingegneri militari italiani, i quali svolgeranno tutte le virtualita di cui va fecondo il concetto iniziale maturato da Francesco di Giorgio. L' organismo completo della magi trale bastionata, che questi delineo ulló scorcio del secolo XV, dimostrera come troppo tardi
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sia giunto il Pagan sulla meta circa del secolo XVII a produrre quei tracciati che, con assoluto disprezzo della verita storica, si vollero da taluni scrittori presentare per nuovi ed originali, dopo che un secolo e mezzo prima erano stati con tanta evidenza e chiarezza disegnati nelle Tavole di Siena. E da notare per la storia dell' arte che ropera pratica dell'inventore del baluardo moderno si esplico esclusivamente col le forme di transito. L' elemento fondamentale e caratteristico clelle numerose fortezze che Francesco ebbe a costruire per gli Urbinati, per Giovanni della Rovere, ecl a11che per la sua patria, fu il torrione che aveva soppiantato le alte torri dell'antichita e del medio evo e che cloveva a sua volta cedere il posto ai baluardi pentagonali mezzo nascosti nei fossi. e poteva essere altrimenti; poiche, come gia si accenno, soltanto uegli ultimi anni della sua vita e secondo il Promis dopo il 1491 (1), Francesco arrivava, nell' evoluzione del suo pensiero, al concetto della magistrale bastionata. Per non avere costruito di sua mano baluardi non fu peraltro meno grande il contributo portato all'incremento del!' arte difonsiva dall' architetto seue e. I sistemi di fortificazione da lui ideati furono ostacolo potente contro 1' invasione stra niera prevalente in campo aperto: furono la salute di tanti piccoli stati, e riuscirono forse a prolungare l' autonomia della sua patria, come l' ordinamento militare nazionale di Niccolo Macchiavelli prolungo di qualche lustro la liberta florentina. Le tradizioni militari di Francesco di Giorgio vennero ereditate in primo luogo dal suo piß illustre discepolo Baldassarre Peruzzi, il qnale, negli anni 1527-28-29, fortificava la sua patria disegoando sui colli che occupano le adiacenze della citta presso le mura sette baluardi che fiancheggiavano le cortine delle mura stesse e guarda(') M emoria st01¡ica IV.ª
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vano le sottoposte valli (1). Non rimane in piedi che il baluardo di piattaforma in mezzo alla lunga cortina fuori Porta Pispiui C), cui g·li orecchioni alle spalle, i fianchi ritirati, le baLterie alte e basse su! fianchetto, il sagliente ottuso, ed il capannato caratteristico sulla piazza d'arme gridano lo stile di Francesco di Giorgio, tanto che il P. Guglielmotti lo ha creduto sua fattura (°). A Francesco si riattaccano per mezzo del loro maestro Baldassarre Peruzzi i Senesi: Giambattista Pelori, dal Peruzzi sopra ogni altro allievo prefületto, uomo d' ingegno versatile e pronto e d' elevata dottriua, ma di carattere volubile ed irrequieto; condotto nel 1536 dal rnarchese del Vasto al servizio di Cario V, poi ar sérvizio degli spagnoli ~ o la sua patria € d in ultimo difensore di questa neJI' assedio ('); Antonmaria Lari, il qu a le servi attivamente Siena come i ng-egnere militare nelle fortificazioni della Maremma da! 1543 al 1546 (5) ; (1) Ettore Romagnoli a pag. 104-105 del volume VI della Biografia cronologica dei Bellartisti Senesi riporta il testo flella deliberazione del Gran Oonsiglio in data 21 agosto 1527, nella quale e cletto di prendei-e a condotta il maestro Balclassarre di Giovanni di Sih·estro Peruzzi per tutti i lavori di costruzione che potessero occonere nella citta e nel territorio eolio stipendio di scuili cinque al principio d'ogni mese a partire dal giorno della deliberazione del Oonsiglio. (2) Dei rimanenti baluardi il primo era presso la porta della Giustizia: il secondo tra la porta Oamollia e Fontegiusta: il terzo e il quarto a S. l\Iarco: il quinto era quello dello sportello di S. Prospero che costo 2000 scudi e fu atterrato da D. Diego di Mendoza nel 1550; il sesto era quello della porta Laterina che ser,i poi di cinta ad un giardino di proprieta privata. ( 8) (
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)
GuGLlELMOTTJ.
Storia delle fortificazioni nella spiaggia 1·omana.
Vedi: le inclicazioni documentate di
AMADIO
RONCBIK[
negli
.Atti e memorie delle RR. Depittazioni di sto1·ia pe.tria p er le pro-,;incie J,Iodenesi e Pm·mensi - Vol. q u arto, anuo 1868 p. 249-253 e la corrispondenza tra la Signoria di Siena e l' architetto G. B. P elori nell' anno 1553 nel Carteggio inedito del GAYE - Vol. II. 5 ( ¡ Nel Vol. II clel piu volte citato Carteggio inedito cl'al'tisti del GAYE sono riportate clodici lettere della corrispondemm tra la Signoria cli Siena e Antonmaria L ari riflettenti le fortificazioni di Orbetello e di altri luoghi della maremma.
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Pietro Cataneo, noto ingegnere civile e militare, aulore di un tratlato d' arc hite ttura, che fu al ser vizio della sua patria nel 1546 ('). Alla scuola di Francesco di Giorgio appartengono infine: l' ingegnere senese Lorenzo P omare lli, che fu prirua al servizio di Paolo III e poi del suo nipote Orazio Farnese pe l quale disegno le fortificazion i di Castro C) e que! Giorgio di Giovanni, pittore ed architetto senese che, in quaJita di ingegnere militare al servizio della repul>IJlica, preparo nel dicernbre del 1552 le difese di Montalcino e che fu poi l' an ima della vittoriosa resistenza opposta da quella citta, dal marzo al giugno 1553, agli spagnoli con-
(') Nella R. Galleria degli U.ffizi in Firenze si conserva un bellissimo .álbum ineclito del Cataneo che contiene 106 disegni svariati di elementi el' ornato, di architettura civile e militare e di macchine di verse. I disegui di architettura militare son o la ri procluzioue esatta degli studi di Frnncesco di Giorgio (compresi quelli che rappreseutano le nuove fronti bastionate) d' onde la quasi certezza che il Oataneo abbia tratto quei disegni dai manoscritti del suo concittadino . La pre enza nell' Album del Oataneo, che vi se oltanto un mezzo secolo dopo il .hlartini, delle fronti bastionate disegnate da questo nel Oodice Magliabechiano di macchiue e fortificazioni, costituisce una prova di fatto che quelle fronti non sono state iutruse posteriormente nel detto Oodice. Stante la maturita dalle fronti bastionate del .hlartini, che precorsero ben piu di ruezzo secolo quanto si rappresento sulla carta e si costrui snl terreno, la loro intrusione nel Oodice Magliabechiano non avrebbe potuto a.ver luogo che sulla fine del secolo XVI o nel XVII, dopo cioe che il Oodice stesso era passato per le maní del Oataneo, il quR.le roori nel 1569. Oosi l' Al bum del Oataneo offre una prova di fatto deU'autenticita dei predetti disegni di Frnucesco di Giorgio, a rincalzo di quelle cui con serena e fondata critica pervenne il generale Schroder ne) sno elaborato studio su Francesco di Giorgio Martini, come arch itetto militare, pubblicato nel gia. citato Archivio per gli ufficiali el' artiglieria e del genio dell' esercito tedesco (anuo 1891) col titolo: • JJiai·tini und die uasf:ionirte Front • . (2¡ Vedi : AMADio Ro:--cmxr - Di Loi·enzo Pomarelli i11gegnere senese del secolo XVI - Negli atti e memorie sopracitate - Vol. quarto, anuo 1868 pag. 263-265.
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dotli da D. Garzia di Toledo. Il giornale dell' assedio di Montalcino di autore anonimo venne, con saggio intendimento, pubblicato nell' Archivio stol°ico italiano (anno 1850). La sua conoscenza meriLerebbe di essere diffusa, ricordan dosi ivi con efficace narrazione, una delle piu belle prove del valore italiano (1 ).
III. Il primato di Francesco di Giorgio nell' architettura militare ha nociuto alla sua fama di architetto civile, che venne forse soverchiamente tenuta in ombra dagli stessi scrittori che piu contribuirono ad illustrare la memoria del!' artista senese. Il colossale lavoro del Promis, che rispecchia in tutte le sue parti, nella vita, nel catalogo analitico dei codici, nelle note al trattato e nelle magistrali memorie storiche, l' eccellenza del i\lartini come architetto militare, appare conformato essenzialrnente al concetto che l' opera sua siasi quasi esclusivamente esplicata in questo ramo del!' arte ingegneresca. Prima del Promis, il Gaye (~) aveva gia osservato come tutti coloro che ebbero a servirsi del!' opera di Francesco di Giorgio, lo abbiano chiamato piu in qualita di ingegnere che di architetlo. A tale apprezzamento si avvicina pnre il Milanesi nei commenti al Vasari, qnantunque in quelle eruditissime note il dotto ricercatore ponga in rilievo, colla scorta di nuove notizie, l' opera di Francesco di Giorgio come
(1) Nel Vol. JI del Carteggio inedito d' a1'tisti ele] GAYE sono riportate le lettere rifiettenti la corrisponclenza tra la Signoria cli Siena e l' architetto Giorgio di Giovanni quando questi si trova va a Mon¡ talcino per preparare quelle difese. Da taluna di quelle lettere si rileva il carattere energico e risoluto del valoroso ed a hilissimo difensore di Montalcino. ( 2 ) Op. cit. - Vol. I. Nota alla lettera ( . CXLVII) degli anziani di Lucca alla Signoria cli Siena, clel 29 agosto 1491. (Arch. di Rif. di Siena: filza 58).
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architetto civile assai meglio di quanto non fosse stato fatto prima di luí. 11 magistero di Francesco nella civile architettura si rivela nel Trattato e nei lavori compiuti. 11 trattato, restituito in uce con elevato sentimento patriottico ed arl tistico da Cario Promis, sotto gli auspici di quell' illumil nato gentiluomo che fu il cavaliere Cesare Salnzzo, viene, quale nobilissimo documento della sapienza italiana nelle discipline architettoniche, terzo, in ordine cronologico, dopo i trattati del Filarete e di Leon Battista Alber ~ primo fra gli scrit (i"" nella nostra 1i ñ"gua e primo fra gli stampati ad unire alla pratica le 1ezioni teoriche. Ivi la mente indagatrice di Francesco ha deposto il germe di tante preziose scoperte in tutti i rami del!' architettura ed ha rivendicato clall' obblio, in cui eran cadute durante il medio evo, molte fra le piu importan ti teorie iogegneresche clell' antichita: ad esempio la teoría sulla immissione del le corren ti mari ttime nei por ti pe! purgarnen to di questi, nella cuí applicazione l' architetto senese precorre di piu che tre secoli quanto verrne proposto ai nostri giorni (1 ). Delle mende che si rinvengono ne! trattato di Francesco, puo la critica storica agevolmente rendersi conto, riferendosi allo spirito de' tempi in cui quello fu scritto. Come tutti gli artisti ed antori del quattrocento e il Martini legato alla catena Vitruviana ed Aristotelica, e nella veuerazione di Vitruvio eleve rintracciarsi r origine clelle verbose discussioni, che tah·olta s' incontrano nei suoi scritti, interno ai pretesi rapporti tra il corpo umano ed un edificio. E' noto come r ·architetto latino colla sua capanna pelasgica, colla sua vergine corinzia e colle sue proporzioni antropografiche modellasse un po' a modo suo le dottrine estetiche dei greci e clei roma11i. La teoria Vitrnviana delle proporzioni antropografiche, che cioe nessuna cosa (') Libro VI, Capo I - Tom. I , pag. 316.
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puo riescire bene proporzionata « Nisi uti ad hominis bene fi,gurati membro1·u.m habue1'it exactam rationem »-, fu accolta e pur anche e.sagerata dagli architetti del quattrocento. Oltre che pe! culto predominante del classicismo, cio avvenne perche essendo c¡uelli insieme pittori e scultori, d' in gegno acuto e d' immaginaziooe vivissima, ed assai piu abili a fare che a discutere, furono facilmente portati ad adattare all' architettura le leggi che sono tutte proprie delle arti figuratiye . Da questi sofismi artistici si tenne piu lontano d' ogni altro scrittore de' suoi tempi l' Alberti: piu d' ogni altro vi s' ingolfarono il Filarete ed il frate Luca Pacioli di Borgo S. Sepolcro, l' au tore della « Divina Proportione », stampata a Venezia ne! 1509. Francesco di Giorg io rammenta bensi la faotasia vitruviana, ma con certa misura, senza ricorrervi continuamente come a canone fonclamentale ed assoluto dell' arte. Anzi, al fine del libro terzo (1) discutendo delle trabeazioni confessa che « alcuoa vo l ta immaginanclo et investigando se « la propositione (proporzione) della cornice si potesse « ridurre a quella della testa del horno et commensu<< rando piu varie spetie di cornici, ho visto di molte es« sere impossibile, benche grande similitudine si truovi » . Se peraltro, ne! quattrocento, le reminiscenze classiche erano talvolta d' impaccio a l retto giudizio e l' erudizione vinceva spesso gli ingegni, g·li artisti, come bene osservo il Pantanelli, nell' opera dimenticavano i teorici e, sottraendosi a leggi piü arbitrarie che vere, dalla propria ispiraziooe traevano il carattere della propria originalita. Le opere di architettura civile lasciate da Francesco di Giorgio valgono ad attestare che oegli artisti del quattrocento la potenza del fare vinceva d' assai quella del dire, e quanto finora, intorno a dette opere, venne da
1 ( ¡ Capo VII - Delle trabeazioni ed analogía di esse col corpo umano - Tom. I, pag. 210-214.
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incontestabili documenti accertato e sufficiente per assicurargli chiara rinomanza in questo ramo delr arte. La chiesa del Calcinaio fuori di Cortona~ disegoata da Francesco nel 1485 e solidamente edificata, vincendo le difficolta del luogo ed asciugando un terreno acquitrinoso e malsano, e prova ancora visibile del suo gusto architettonico e della sua grande perizia nell 'arte costru itoria (1). E' inoltre da ricordare l' opera sua a Milano, dove fu chiamato nel 1490 da! Duca Gian Galeazzo Sforza a dare il parere sul modo di voltare Ja cupo la del Duomo (2); la sua visita a Pavia, avvenuta nello stesso periodo, insieme con Leonardo da Vinci, per consigliare sopra l' edificazione della nuova cattedrale, di cui Bramante aveva fatto un progetto, che dopo queIJa visita fu mu tato; il disegno da luí inviato a Firenze pel celebre concorso cola aperto nel 1491 per Ja facciata di S. Ma ria del Fiore, nel quale gareggio con quelli di Giuliano e Benedetto da Maiano, di Filippone pittore, del Verrocchio, del Pollaiolo e di altri, e che, al parí di tante altre cose sue, e andato perduto. Le quali opere non si saprebbero invero comprendere e spiegare se Francesco non fosse stato valente architetto e come tale riconosciuto in quel tempo, quando un gran numero di preclari artisti fioriva in Italia ed il sentimento del bello, largamente sviluppato in tutte Je classi sociali, rendeva il giudizio adeguato e sicuro. Della chiesa del Calcioaio e della cupola del Duomo
( 1 ¡ Durando lungamente quella fabbrica e la cupola non essendo ancora cominciata alla morte di Francesco, i Oortonesi la fecero architettare da Pietro di Domenico di Nozzo (e non di Norbo, come si legge nelle • m emorie .~tol"iche clella 111aclonna del Calcinajo presso Cortona • del Prnucc1) legnaiuolo ed intagliatore florentino, nato nel 1451. La cupola svelta ecl elegante armonizza coll' edificio disegnato da Francesco. (21 Vedi la corrispondenza tra Gian Galeazzo e la Signoria di Siena - GAYE: Carteggio inedito - Vol. II (lettere ai N. cxxvu, cxxvm,
cxx1x e oxxx).
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di Milano fece Francesco i modelli, giusta il costume dei piu chiari artisti del rinascimento, quando architeLLi ed ingogneri, civili e militari, esprimevano i loro concetti, non soltanto coi disegni, ma con bellissimi ectifici di co:umesso e di scalpello di legno; de' qnali non pochi sono ricordati da! Vasari, ed alcuni si conservano ancora come ogg·e tti degni dello studio e .dell' ammirazione dei posteri. Valga per tutti il grandioso modello della basilica vaticana, diretto da Antonio da Sangallo il giovane ecl ese.guito da Antonio Dall' Abbaco, che tuttavia si conserva in Roma (1). Ma J' opera di Francesco a Cortona, a Milano, a Pavía, ben nota nei diversi particolarí C). E' in vece assai meno conosciuta l' opera del nostro architBLto in nn notevol issimo edificio civile, che basterebbe da solo a porlo in prima linea con Giuliano da l\.1aiano, con Giuliano ed Antonio Giamberti da Sangallo, col Rosellino, con Baccio Pon telli, fra i piu chiari rappresentan ti clell' arte toscana del q uattrocen to. Ne! 1486 venne innalzato il palazzo del Comune di Iesi,
e
(1J Il modello della cupola del duomo di Milano fatto da Fntncesco di Giorgio fu esaminato insieme con q uelli di Giovauni Antonio Amedeo (o Omoc1eo), di Gio. Iacobo Dolcebuono e di Sirnoue de Sirtori, nell' adunanza dei consiglieri della fabbrica tenuta il 27 luglio c1i quell' anuo, ed ivi si conchiuse che alla costruzione della cupola dovessero intendere l' Omodeo, il Dolcebono ec1 il Martini. l\Ja questi a' di 4 luglio 1490 parti da Milano, avenc1o avuto in premio delle sue fatiche 100 fiorini del Reno, una veste per se ed una pel suo servitore. (GrnoLAMO CALVI - Notizie de' professo1·i di Belle arti che fiorirono in ltfüano sotto il governo dei Visr;onti e degli .Sforza: parte 2.ª pag. 159-160). ( 2 ¡ Di Francesco di Giorgio come architetto del Calcioaio e largamente detto dal Pno~rrs al Capo IV della • "Vita • e da Grn0LAM0 MANCINr nella importante monografia « Notizie sulla chiesa del Calcinaio • (Cortona 1868). Del!' opera di Fi-ancesco alla cupola del Duomo di Milano e pu1·e ampiamente trattato dallo stesso Promis, al Capo V della • Yita •, dove sono riportati integralmente i precetti fonnulati dall' architetto senese per la costruzione di quell' edificio.
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che sorge isolato quasi ne! centro della citta vecchia e sulla parte piu elevata della medesima. Del disegno di qnesta pregevolissima operad' arte dei bei tempi del rinascimento, che la tradizione attribuiva a Bramante e che l' Angelucci, seguendo erronee congetture, riteone, per un momento di Baccio Pontelli (1 ), risulta incontestabilmente au tore Franeesco di Giorgio. · Antonio Gianandrea, nella bella monografia sul palazzo del Comune di lesi, pubblica r istrumento autentico con cui viene accottimata la distruzione del palazzo vecchio, architettato nel secolo XII forse da Giorgio da Como, e la rifabbricazione del nuovo. L' atto porta la data del 27 maggio 1486 ed insieme ai nomi dei maestri cottimatori contiene ripetuto in dno dei diciotlo capitoli o patti, il primo ed il settimo (2) il nome di Mag.ro Francesco da Sena, nel qnal norne la critica storica la piü esigente
In una breve monografia pubblicata nel 1860 nel • Co1·1·ie1·e d elle 1l{a1·che • giornale anconitano, l' Angelucci, clope, avere ripudiato la tradizione che a.ttribuiva a Bramante il clisegno dell' edificio, manifesta l' avviso che possa essere opera cli Baccio Pontelli, e corrobora il suo giudizio coll' argomento che l' istesso Baccio cüecle il piano e cliresse la fabbrica della Rocca co truita circa quel tempo in I esi per ordine cli papa Innocenzo VIII. hla un' induzione avvalora ta da questo fatto non potea ris olYer e la questione; ne lo stato cli confusione in cui a quell' epoca si trova va l' archivio municipale di Iesi poteva permettere di rinvenire tutti i clocumenti necessari a tale scopo. 2 ( J Eccone la. trascrizione: l. º • Li sopra dicti a ccoptumatori in nome ele la dicta comu• nita accoptumano la dicta fabrica del palazo ali prefati mag.ri Jo " Domenico et mag.ro Piern, li quali promectono in solido buttare in • terra il dicto palazo vecbio et murarlo et rifarlo secondo il modello • fa cto da 111ag.1·0 Fl'ancesco da S enct et promectono murare la canna • elel muro a la mesura ele Esi per bolognini sexantacinque ad uso « ele bon mag.ro et a maton et testa: grosso cioe de tre teste • . 7. 0¡ « item che siano obligati dicti mag.ri fornir dicta fabri ca « secondo il disegno del 1l{ag.1·0 Prancesco ad uso de bon mag.ro a • muro rustico > . (lstrumento di allogazione della fabbrica del palazzo ). ( 1)
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non potrebbe non riconosüere la personalita di Francesco di Giorgio. Da frammenti di dne documenti amministrativi pubblicati dal Gianandrea (1) si rica va inoltre che l' architetto della f'abbrica ando in Iesi ne! gennaio, o ne! febbraio del 1486 e che della fabbrica stessa venne eseguito innanzi la costruzione un modello di legno. L' architettura severa, a muro rustico, di mattoni vivi, J' ornamen tazione sobria e di sq uisi to lavo ro tu tto in pietra, che peraltro non si distacca molto dalla superficie piana del muro, il predominio del!' opera dello scultore, che ha decorato dei suoi fini scalpelli le finestre, le porte ed il grande tabernacolo sopra la porta principale, do"ve e scolpito, con molto arclire e con vera maestría, il Jeone rampante e coronato, impresa della cilla (2), rivelano il carattere del!' arte toscana del rinascimento, quando quegli arcbitelti trasportavano nelle loro fabbriche sempre nuovi elementi del!' arte classica, nella quale vivevano, e si servivano degli antichi modelli architettonici a fine essenzialmente decorativo, componendoli a lor modo, trasformandoli, adattandoli, traducendoli, per cosi dire, nella
(1) Il primo framrnento, che porta la data del 26 febbraio 1486, come segue: • Restituere pro munere facto designafo1i palatii et expensis flo• renos viginti novem, de quibus habetur bullecta •. Il secondo, colla data del 9 aprile 1486: « Restituere pro solutione 1nod1tli sive exemplai·is palatii, soluta • magistro Dominico ele Sancto Severino, ele quibus habetur bul• lecta, florenos quatuordecim • . (-) Gli scultori che conclussero i lavori ornamentali del palazzo del Comune di Iesi furono (come risnlta clai clocumen ti prodotti clal Gianandrea) Michele cla Milano ecl Al vise suo figliuolo: lombarcli di patria, come la massima parte clei marmorari o scultori clecorativi clell' epoca. 11 piu noto di tutti, mastro .Andrea da Milano, lavoro lungamente in Roma clove, dopo il nuovo inclirizzo elato dal Bramante ali' architettura, clivenuta vana l' opera sua, si adatt6, gettato vía lo scalpello, a fo.re l' intraprenclitore cli costruzioni nella fonclazione della fabbrica di S. Pietro.
e concepito
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Jingua del quattrocento. E l' architettura di cui si hanno numernsi esempi nei palazzi costruiti durante il secolo XV, ollreche in Toscana, in mol te citta del!' Italia centrale, a Orvieto, a Gul>bio, a Urbino, a Perugia, ed anche in taluni edifizi di Roma, prima che ivi alla gentile arte toscana e quattrocentistica venisse a sostituirsi la magnifica arte romana del cinquecento, per opera di Bramante. Quest' artista di genio ricerco gli effetti architettonici nella struttura, nel movimento e nella robusta membratura della .fabbrica e tornando ai forti rilievi ed al pieno sviluppo degli antichi ordini, rnaneggio e ricompose gli elementi del!' arte romana con quell' original ita potente che si ammira nella concezione della basĂlica vaticana. e nella stupenda corte di Bel vede re. L' archi tettura fu allora rinnovata dalle sua fondamenta e sull' arte toscana, che aveva dominato nel secolo XV, e che, senza la rivoluzione llramantesca, sarebbe divenuta probabilmente arte italiana, prevalsero gli ideali e le forme clell' architettura classica di Roma an tica.. Col palazzo comunale di Iesi presenta una certa analogia di linee il palazzo del Comune di Ancona, a proposito del qnale nelle cronache anconitane di Lazzero Bernabei si leggono queste parole: ÂŤ havuto un desegno da un ingegne1'0 del duca d' Urbino Âť. Ne! 1484, quando fu cominciato il palazzo comuna.le di Ancona, era sempre ingegnere del dnca d' Urbino Francesco di Giorgio e non, come erroneamente ebbe a ritenere l' Angelucci, Baccio Pontelli, che aveva gia da due anni, dopo la morte cioe di Federico a\¡venuta ne! 1482, abbandonato i servigi dei sigoori di Montefeltro e si era posto sotto quelli di papa Sisto IV e poi di Innocenzo VIII, come iugegnere ed architetto militare. Il prof. Ciavarini nelle erudite note alle cronache del Bernabei (1 ) crede che possa essere autore del palazzo 1 ( )
Vecli: Vol. I della Collezione di Documenti storici antichi inediti ed editi rari delle citta e terre rnarchigiane ms. Ancona MDCCCLXX, pag. 173.
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comunale d' Ancona lo stesso architetto di quello di Iesi ed in questo avviso coovenne posteriormente anche l' Angelucci, riferendosi alla gia notata analogia tra i due palazzi (1). Sarebbe assai opportuno di accertare, con ricerche negli archivi del Comune di Ancona, l' autore del pal azzo di detla citta. E certo che, prenclendo a studiare Francesco di Giorgio come architetto civile, si presenta un campo tuttora poco esplorato dall'indagine storica, da! quale sembra possano trarsi utili indicazioni per una piu completa conoscenza dell'opera sua in questo ramo dell'arte. Nel territorio dell'ex-ducato d' Urbino e nella citta di Napoli, ove, assai piu che in patria, ebbe Francesco, nei lunghi anni che passo al servizio dei Feltreschi e <legli Aragonesi, ad esercitare la sua multiforme opera artistica, dovrebbero intraprendersi le ricerche in proposito. Narra lo stesso Francesco che dal 1477, anno in cui egli ando alla corte di Url>iuo, al 1482, auno in cui Federico da Montefeltro mori, ebbe qu esti a commettergli cen to e tren tasei ediflci « nei quali continuamente si lavorava )> C) . Cario Promis, seguendo sempre l' idea che i principi Feltreschi tenessero Francesco di Giorgio in conto d' ingegnere di guerra, anziche d' architetto, crede che questi edifici siano in gran parte militari, riportandosi in cio anche al detto dello stesso Martini che ne indica parecchi (3 ) . 1\fa, dopo fatta l' enumerazione del le rocche cer-
(') Vedi • La Critica » Giornale di Torino - Auno IV (1878) : n. 35. \2) Libro V. Capo III. Toro. I; pag. 253. ( 8 ) id. id. Esempi. Toro. I. pn.g. 288-292. « A vendo il mio illustrissimo Signo re Duca F ederigo nella min. • esigua intelligenza fecle piu forse che quella nou merita va, gli piacque • in piu luoghi del suo territorio facessi fondare rocche le quali al « presente non mi pare superfluo descrivere • . Descrive quincli la Rocca di Oagli: la Rocca del Sasso di Monte
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tamente edificate coi disegni di Francesco eü altresi di quelle altre che furono probabilmenLe opera sua, il Promis riconosce come di molti dei centotrenLasei eclifici che Francesco co11dusse pe! duca Federico manclli ancora qualsiasi indicazione. Vasto percio e il ca1upo aperto alle indagini ed in gran parte inesplorato. Pur escludendo il palazzo dncale ct' ·ruino che la critica storica, contrariamente ali' as erzione del Vasari ecl alla tradizione, ha dimostrato non essere opera di Francesco, sembra probabile clte parecchie fabbriche civili siano state da lui disegnate nel territorio appartenente a Federico di Montefeltro ed al figlio suo Guidobaldo, a' cui servizi stava tuttora nel 1485 e che in seguito ebbe ancora a servire saltuariamente, poiche si trovo ancora presso que! principe ne! 1487, 1489, 1490, 1492, e 1499. Tullo inoltre induce a ritenere che ropera di Francesco in corte d' Urbino fosse d. architetto civile, non meno che militare, giusta il costume dei tempi, in cui le due attitudini si accomunavano nella stessa persona, formando una caratteristica del!' arte italiana del quattrocento, che si mantenne viva anche nei secoli suceessivi. Infine che a Francesco di Giorgio non siano mancate presso i Feltreschi occasioni di acquistare bella rinomanza anche nelr architettura civile, si e indotti a,l ammettere per la considerazione che, ne Luca Signorelli lo avrebbe proposto per architetto della chiesa del Calcinaio, ne i maggiorenti del Comune di Iesi avrebbero messo gli occhi su di lui pe! disegno e per la ricostruzione del loro monumentale palazzo, se, mentre era in corte d' Urbino, non
Feltro; la Rocca del Tavoleto e la Rocca della Serra di S. Abondio; oltre le due Rocche di Mondavio e di l\Iondolfo che ebbe a costruire in « terre del Signor Pi-efetto • ¡Giovanni della Rovere, nipote di Si• sto IV, prefetto di Roma clal 1475 e genero di F ederico d'Urbino). Queste ultime due rocche dovevano essere veramente grancliose giacche in uno scanduglio fatto ora e un secolo valutossi la prima a scudi romani 30998 la seconda a 50846.
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fosse stato, per opere eseguite, riconoscinto valente ne! detto ramo d' arcbitettura, come lo era in quello della fortiflcazione.
Le relazioni che Francesco di Giorgio ebbe con Alfonso dnca di Calabria cominciarono nel 1478 al campo della Castellina. Alcuni documenti pubblicati da Erasmo Percopo « nell' Archivio storico per le provincie Napoletane » (') chiariscono il carattere e la portata di quelle relazioni. Dai detti documenti rilevasi che « mastro Francesco pinctore senese » fu, durante que! periodo, provvisionato dal cluca di Calabria con quattro llucati al mese; che negli ultimi mesi del 14 79 ave va « pinctato una certa opei·a del Pogio lmperiale per mandarla al Signor Re » C). Altra volta Alfonso gli fa « gracia di ducati dui per uno paro di calzi (calzoni) o« di ducati sei per certo panno » o gli fa pagare « ducati dui d' oro pe1' una testa de cavallo de marmoro antiquo » o quattro per uno specchio che il Martini ne! Marzo e nel Giugno 1479 gli aveva venduto (3 ) . Lo sbarco dei Tnrchi ad Otranto avvenuto nell'estate del 1480 obblig-o Alfonso, che aveva fermato sua stanza in Siena per intrigare in quelle fazioni cittadine, a tornare frettolosamen te nel reame, ne si conosce se abbiano negli anni successivi continuato fra lui e Francesco le relazioni rl' arte. Risulta peraltro che queste divennero intime e si ·svolsero in assai piü largo campo di azione artistica nel periodo di calma in cui il Juca di Calabria, scacciati i Turchi da Otran to e dorna ta la congiura dei Baro ni, si diede a fare di Napoli un centro di coltura, che fu dei non meno splendidi cli que! periodo meraviglioso. • Nuovi docwnenti sit gli scrittori e gli artisti clei tempi aragonesi • . Vol. XVIII, XIX e XX (anni 1893-9-1-95). 1 ( )
ei
La vittoria di Poggio Imperiale riportata dal Duca di Calabria su i fiorentini, che il Boiardo ed i rimatori Napoletani clecantarono. 3 ( ¡ Documenti III, IV, V, VII, X e XIII prodotti nello stuclio del Percopo.
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E noto come Alfonso I d' Aragona, abbandonato con singolare rapidita il caraltere nazionale e trasformatosi in un vero italiano del rinascimento, al>bia gareggiato cogli altri principi nel proteggere le arti, ricercare codiei antichi, studiare i classici e circondarsi di letterati. Ogni altro della sua ca a ne segui l' esempio ed il duca di Calabria (che fu poi Alfonso II) del quale la storia non dice invero un gran bene dipingendolo piu impetuoso, piu crudele e d' ingegno inferiore a l padre Ferdinando I, porto grande amare alle lettere ed alle arti. Come Lodovico il Moro nell' Italia superiore, ebbe AlfonsQ a godere nell'inferiore grande rinornanza del poter suo e se ne preva] e per chiarnare in Napoli molti fra i piu illustri architetti, pitlori e scultori del!' epoca . I diari del tempo ricordano Ja dimora iu quella citia di Giuliano e Benedetto da Maiano, di fra Giocondo da Veroua, di Guido Mazzoni scultore modenese, di Galvano da Padova pitlore, di Giacomo della Pila marmorario di Milano, di Giuliano Giarnberti da Sangallo, di Francesco di Giorgio Martini. Alfonso promosse in apoli grandiose costruzioni e come attesta un contemporaneo : « in fabriche molto se « delectava et in piu lochi ameni faceva fabricare; ita et « taliter che ha facto molti huomini richi » C). La direzione delle principali fabbriche aveva affidato a Bencdetto da laiano, manda to a' suoi servigi nel 14 7 da Lorenzo il Magnifico, che aveva strette relazioni colla casa reale d' Aragona. Morto in Na poli nell" Ottobre del 1490 il pred etto arcbitetto con grande rammarico di Alfonso, questi scriveva a Lorenzo che si adopero per inviargli Luca Fancelli; il quale, troppo occupato nella corte di Mantova, non vi ando (2). Si rivolse allora il duca alla Signoria di Siena (') Nelle Effemen"di di G.P. LESTELLo pubblicate dal principe Filangieri. 2 ( ) GAYE. Cai-teggio inedito el' artisti. Vol. I. (lettere CXXXVIII e CXXXIX).
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per avere Francesco di Giorgio (1), il quale coll'assenso di c¡uella si recb in Napoli, una prima volta nell' anno 1491 rimanendovi dal Febbraio fino al 31 Maggio: ed una seconda volta, dopo lunghe e laboriose trattative tra il duca stesso e la Signoria, nell' anno successivo, dimorandovi per un tempo piü lungo, dal Giugno alla fine di Novembre. Tutto cib risulta dal copioso carteggio pubblicato dal Gaye (2), da! quale peraltro non si rileva in modo preciso c¡uale fosse l' opera di Francesco di Giorgio in Napoli negli anni 1491 e 1492. Dal detto carteggio risulta soltanto che il nuovo arcbitetto richiesto da! duca dopo la morte di Giuliano da Maiano do\·eva « dare perfectione a tucte « c¡uelle cose che lui haveva principiate et che per la « morte sna sono restate imperfecte :i> e che Francesco di Giorgio succedette a Giuliano da Maiano nella direzione delle fabbriche del dnca. Che si trattasse poi di edifici civili anziche di costruzioni militari iñducono a ritenere: il carattere pacifico di que! periodo; le gia accennate tenclenze di Alfonso di abbellire Napoli con sontuose fabbriche; la precedente e ben nota opera di Giuliano da Maiano che fu esclusivamente di arcbitetto civile e della quale Fraucesco fu, come si e ved u to, il continuatore; ed intine la lettera scritta il 7 Luglio 1492 dalla Signoria a Francesco di Giorgio (3). In quella lettera gli si dichiara che la sna presenza e necessaria a Siena per le feste di S. Maria d' Agosto perche ~ come carnerlingo delle fonti :i> doveva proneclere d' acqua il lago; e s' invita urgentemente Francesco a recarvisi, quantunque (premette la Si(') id. id. id. (lettera CXLI1. La citata lette'i·a del duca alla Signoria di Siena in data 13 febbraio 1491 comincia co i: « Noi haveriamo per alcuni nostri designi • grnndemente bisogno per alcuni di di maestro Francesco, architecto • de questa magnifica citta de Sena • . (2) id. id. id. Lettere CXLIII, CXLVIII, CXLIX, CL, CLII, CLIII, CLIV. (ª¡ Lettera CLII sopra cita.ta.
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gnoria) « noi siamo certi che ali edifici quali si fanno per « la maesta del Re e delo 111.mo S. Duca tu sii necessario, « acciocche quelli si traggano a perfectione ». Colle quali parole sembra si voglia piuttosto alludere a fabbriche civili che a lavori di difesa. D' a!Lra parte l' opera milit~re di Francesco di Giorgio in servizio rlel dnca di Calabria nell' anno 1492 e accennata soltanto nella lettera scritta da questo alla Signoria di Siena il 24 Novembre (1) colla quale si scusa di avere trattenuto presso di se l' architetto oltre i termini convenuti anche perche« esseudo successa la estate passata la « suspitione de' Turchi, egli lo baveva dovuto condurre in « Puglia per quello havesse possuto bisognare ». Ma cío ha tutto il carattere di essere stato scritto principalmente per giustificare la troppo prolungata dimora del Martini alla Corte Aragonese; ne il preteso viaggio nelle Puglie pub avergli impedito di esplicare l' opera sua di architetto a Napoli od altrove. · Non vennero fin ora prodotti documen ti che valgan o a cambiare le accennate probabilita in certezza, e a dare indicazioni positive sull' opera di Francesco di Giorgio quale architetto civile al servizio degli Aragooesi. Nulla piü di quanto si rileva da! carteggio del Gaye e indicato intoroo all' opera del Martini ne! ricordato stuclio del Percopo ed in quello posteriormente pubblicato, nel << Repertorio di erudizione artistica » che si stampa in Berlino, da! professore Cornelio Fabriczy intorno agli artisti chiamati a Napoli da! Duca di Calabria da! 1486 al 1494 (2). Si accenna anche in quest' ultimo studio al1' opera del Martini in :t':iapoli, rna non vengono in esso riprodotti se non taluni dei documenti gia resi noti dal Percopo, coll' aggiunta di qualche commento. (1) Lettera CLIII sopra citata. (2) • Toscanische und oberitalianische Künstle1· in Diensten der Aragone.~en zu Neapel • · Von . C. von Fabriczy. Repertorium für Kunstwissenschaft redigirt von H enry Thode und Hugo von Tschudi. Berlin 1897 (xx Bancl. 2 Heft).
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In una lettera scritta nel 1524 da Pietro Sumrnonte a Marcantonio Michiel, lettera edita da! Cicogna e da altri e che ha grande importanza per la storia dell' arte a Napoli, e delta che: « Alfonso ad exeguir sue magnanime « imprese per fabbricare lo Poggio Regale condusse in « questa terra alcuni di quelli architetti che pit1 allora « erano stimati: Giuliano da l\Iaiano florentino, Francesco « da Siena, mastro Antonio (da San Gallo) florentino, ben« che costui fosse piu per le cose belliche e macchina« mentí da fortezze, et sopratutto ebbe qui il bono et sin« guiare fra Jocondo da Verana ». Giuliano da Maiano fece ne! 1487 i di egni del palazzo di Poggio Reale e ne diresse i Javori iniziati pure uello stesso anno C) . E quantuuque il palazzo dovesse essere almeno in parte compiuto intorno alla meta del 1488, poiche Alfonso vi condu.sse a desinare il padre e la regina per inaugurare con que] convito la splendida dimora C), e da ritenere che la fabbrica e l' ornamento delle stanze, dei giardini e delle f'ontane abbiano durato ancora parecchi auni. Nella bella monografía « sul palazzo ed il giardino di Poggioreale » di Antonio Colomuo (5) e posta in rilievo tutta la grandiosita di quello splendido monumento, ora completamente distrutto, del!' arte italiana della rinascenza, monumento che ebbe a riempire di meraviglia quanti Yennero al seguito di Cario VIII, ed appare evidente come molti anni siano effettivamente occorsi per aizare le varíe fabbriche, per allargare il parco, per abbellire ecl ampliare i giardini e gli orti, per costruire acquedotti, vasche, fontane e bagni, per scavare grotte. E' percio molto probabile che Giuliaoo da Maiano non abbia potuto condurre a termine tutti i lavori e che il ( 1¡
Elfemeridi del Leostello, p. 132. • Et quello (Giuliano cla lvfaiano) stava a sua provisione et feva • fare sue fabricbe della Duchesca et del Poggio » ivi p. 377. ( 2) Id. id. id. p. 160. (ªJ Archivio storico per le provincie napoletane - 'Anno 1885 ( anno X: fascicolo I ).
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Duca, dopo la sua morte, iasi per quelli giovato del consiglio e dell' opera lli Francesco di Giorgio, chiamato a surrogarlo, come del resto e accennato nella riportata testirnonianza del Summonte. L' importanza della questione per la storia del!' arte e per Jo studio della personalita di Francesco di Giorgio e tale da consigliare ulteriori indagini. IV. L' opera di Francesco al ' ervizio degli aragonesi si collega alle origini ed alla prima ben riescita applicRzione di una delle piĂź arclue discipline guerresche: della scienza e della pratica del minatore. II piu caratteristico dei monurnenti di apoli, testimone di tante vicende politiche dell' epoca angioina ed aragonese, ricorda altre i lo scoppio della prima mina a poi vere, predisposta ed incendiata dall ' ingegnere sene e. 11 21 fel>braio 1495 Cario VIII entrava in Napoli. Alfonso II, riounciat.o al trono, si rifugiava in Sicilia tra i monaci di Mazara e suo figlio Ferdinando II o, come alJora dicevano, Ferrandino, impotente a resistere ali' invasione, fuggiva prima ad Ischia e poi a 1essina. Thla, dopo appena cinquanta giorni di di1nora nella conquistata citta il re di Francia doveva partirne piu che in fretta per non vedersi tao-liata la ritirata dalle armi della Jea-a e Jasciava in apoli un Vicere nel duca di fontpensier. Ricompariva bentosto Ferra11dino, ed il popolo, gia stanco della mala signoria dei francesi, insorgeva contro di qnesti, costretti a ridursi dentro i forti della citta che vennero assediati dagli aragonesi. clal quale i francesi trassero colle 1 rel Castelnuovo, artiglierie contro la citta clal mese di agosto ali' 8 dicembre prodncendo gravissimi danni (' ), scoppiava il venerdi 27 novernbre 1495 una mina condotta secondo i nuovi (1) GuAzzo - Hisio1-ie.
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principt tecnici, ed apriva nelle mura della cittadella una larga bret:cia, perla quale entrando gli aragonesi presero la cittadella e la casamatta del castello o Mastio (1). Questo, stretto dai trinceramen ti improvvisati dagli aragonesi tra Je rnacerie della mina sul terreno abbandonato dai francesi, cadeva poi il giorno 8 dicembre. Lo scoppio della mina cosl narrato dal Giovio ('1) : « Certauatur quoticlie ad citadellae muros, conatique « sunt aragonii saepins trascendere hostium munitiones, « sed ea res semper, multis illatis acceptisque vulneribus, « improspere ten tata. Nw·cissus demum Aethruscus, mira« bilium operum machinator et agendorum maxime cuni« culorum insignis, ingenium suum prosternendis citadel« lae muris, Ferdinando obtulit. Nec multo post sinuosos « cuniculos subter ima fündamenta, occulto multorum « agrestium labore, per noctem excavavit, plurimoque « sulphureo pul1Jere r eplevit. Quibus perfectis operibus, « quum aragonii quotictiana consuetudine ad munitiones « succes isent et Gallos ad locum defendendum s:uo illlpetu « procurrentes in summum murum elicuissent, Na1·cissus « opportune cuniculis igne1n intulit, extemploque, horri« bili fragore edito, totus ab radice uzurus, cum rnirabili << superstantinm Gallorum clade, div ulsus atque diffractus
e
<(
«
in interiorem partem procubuit. Tum vero A r agonii pe1· ruinas signa intulerunt et Gallos, tantae atque ino-
« pinatae cladis miraculo perculsos, instando caedencloque (1) 11 Gua rino te timone ocul ar e s cri,e cosi del faLto: ·«
«
Anno 1495
a di 27 novembris. De veneri di ad hore 23 la cittadella del Castel lo
fo pigliata r . 18ILVE ' TRO GuARINO - Diario napoletmw ). Contrariamente alla significazione d' 01·dinario apposta nlla voce « cittadella • (piccola fortezza ch e orge nella parte piil vantaggiosa di una citta per rnaggior difesa di e sa e per tenere a freno gli abitanti) quella che n ella storia e nei diari del tempo e detta la • Cittadella del Castelnuouo • non era s e non un' opera a,anzntn verso terra che sorgeva snlla controscarpa del fossato recingente il Mastio secondo i caratteri della fort,ificazione del periodo di transito. (MA«
Napoli militare). Historiai-wn sui tempori - Lib. III.
RIANO n'AYALA 2 ( )
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« in fugam verterunt, statimque, omnibus in opere versan« tibus, munitiones proferri captae: ac tanturn spatii intra
hostium septa occupatum est, quantum temporario ag« ge1·e~ priusquam Galli a timore se reciperent, tormen« tique dirigerent, complecti potuerunt ». II rarcisso toscano, celebre macchinatore di opere ammirabili, maeslro di lavori sotterranei, che scavo gallerie a svoltate, carico le mine e dato fuoco aqueste in tempo opportuno, mando ali' aria gran tratto di muro colle soprastanti truppe, non e altri che Francesco di Giorgio. La teoria ruclimentale delle mine a polvere risale alla meta circa del secolo XV ecl e dovuta ad un ingegnere italiano, al gia mentovato Mariano di !acopo da Siena, detto il Taccola, od anche l' Archirnede senese, per la sua non on maria valen tia nella meccanica militare e per la molteplicita delle sne scoperte, morto prima del 1458. Un clisegno, assai grossolano, di mina a polvere con relativa leggenda latina si trova ne! codice « De machinis libri deceni » opera indiscu tibile del TaccoJa, che si conserva nella Marciana di Venezia ('). «
(1) Un analogo disegno di mina a polvera , alquanto perfezionato nella forma e con talune varianti nei particolari, si trova nel bellissimo Oodice • De 1lifachinis beUicis ,, della Nazionale di Parigi, dove fu portato, sotto Luigi XIV, cla Oostantinopoli. Questo manoscritto, attribuito a Paolo Santini, non e in sostanza che una riproduziooe ilel Oodice i.\Iarciano e fa parte con quello di un importante gruppo di manoscritti inediti, illnstrati con somma cura dal celebre chimico francesa Berthelot uegli • .Annales de chimie et de physique • (Dicembre 1891). Dei codici marciano e Parigino e di qualche altro affine (ad esempio di un manoscritto a figure esistente a Vienna presso il coote Vilczeck) si sarebbe trovato, secondo i particolareggiati ragguagli del B erthelot e del generale Schroder, il capostipite o la prima minuta in un manoscritto a disegni, opera accertata di penna italiana e portante l' iodicazione: • Taccola • che ne manifesta autore Mariano di !acopo. · Questo tesoro paleografico venne recentemente dissotterrato nella biblioteca goveroativa di ::IIonaco da hlassimiliano J ahns dott.o scrittore cli cose militari.
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SU F.RANCESCO DI GIORGIO llíAR1'1NI
Francesco di Giorgio, conterraneo del Taccola, ed a questo posteriore di appena due generazioni, non pub averne ignorato J' opera, mentre il suo magistero d' ingegnere militare e la sua grande perizia nella guerra d'assedio dovevano condurlo a perfezionare la teorica delle mine abbozzata dal suo predecessore. Nei manoscritti di Francesco si vedono infatti disegnate parecchie combinazioni di mine, e da quei disegni appare manifesta l' evoluzione delle idee, attraverso alle quali egli pervenne a stabilire le norme scientifiche per la regolare esecuzione delle mine a polvere. Basti qui accennare, in relazione alla narrazione del Giovio, ad uno dei tan ti particolari del!' esecuzione stessa. Riconosciuti, e probabilmente esperimentati, gli inconvenienti della mina agente in colonna aLtraverso una galleria rettilinea, come la carica di un pezzo d' artiglieria, Francesco idea.va le gallerie a risvolti (sinuosos cimiculos) che impedivano lo sventare delle mine e ne assicuravano gli effetti C)L' arte di scavare i cunicoli aveva appreso Francesco in gioventu dai bottinieri senesi durante il lungo esercizio da lui fatto ne!!' opera degli acqnedotti. Gli effetti formidabili dello scoppio delle mine previde qnando, meditando di valersene a scopo offensi vo per la di fesa dei fossi delle opere di fortificazione, non volle esporre con parole il risultato de' suoi studi affine di non propagare un' invenzione che « inopinatarnente a grande moltitudine di uo« mini faria in un punto terminare la vita » Sembra che Francesco vedesse gia, nella sua immaginazione, i battaglioni nemici « tantae atque inopinatae cladis miraculo « perculsos » come i francesi coinvolti nello scoppio della mina del Castelnuovo.
n.
(1 ) Di gallerie a 1:isvolti si trova un notevole clisegno nel Oodice Senese di macchin e. (2) Libro V. Capo VI. Della parti della forteza. Dei fossi. Toro. I. pag. 260.
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L' opera ardita di Francesco di Giorgio nello scoppio della mina di Castelnuovo si rivela pertanto, secondo quanto venne precedentemente ricordato, nei piu caratteristici particolari dell' esecuzione, come nei terribili risultati: posti in evidenza gli uni e gli al tri da! trasparente racconto del Giovio. Quanto al nome di « Narcissus » ancora assai raro nel secolo XV e da nessun altro scrittore di quelle storie mentovato, e da credere che sía stato starnpato per errore in luogo di « Fi·anciscus », che tanto g-li rassomiglia, si nel suono che in iscritto. Ma alle congetture sottentra la critica storica, la quale cambia le accennate probabilita in certezza. Antonio Spannocchi oratore di Siena presso il papa, in una lettera scritta da Roma alla Signoria il 7 Dicemllre 1495, dopo avere accennato ad alcuni fatti della guerra che allora si combatteva in Napoli tra francesi ed Aragonesi, narra che: « el chastello e remasto tutto solo, « d' in torno al q u ale e il nostro m.° Francesco di Giorgio « et con cave et altre materie non attende che a stre« gnerlo di modo che in brevissimi giorni, o per amore · « o per forza, si existima sara del Re, che sotto con cave « et di fora le bornllarde, assai I' ha uno offeso. Roma die « VJj Decernbre MCCCCLXXXX.V » (1 ). Viene cosl accertata anzitutto la presenza di Francesco in Napoli su! finire del 1495. Dicendosi nella lette.ra dello Spannocchi che « el Chastello e remasto tutto solo » e implícitamente ammessa la caduta di tutte le opere avanzate eppero anche della cittadella. Questo fatto era stato peraltro in modo d1retto narrato dall' oratore Senese in una precedente lettera scritta egualroente da Roma il 30 Novembre 1495 (cioe tre giorni dopo la caduta della cittadella) nella quale quegli riferisce: « chome a Ji xxv1j il S. Re di Napoli « prese per forza la ciptadella avanti al Chastello, con « alcune case rnatte de li fossi, adeo che Ji franzesi sono ( 1)
R. .Archivio di Sta to in Siena. Serie V. N. 23 a car te 16.
SU FRANCESCO DI GIORGfO MARTINI
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« reducti
tucti strecti nel Chastello del quale fra otto « giorni questi Aragonesi sperano essere vincitori » (1). Quanto e narrato nelle due importantissime lettere dello Spannocchi, concorda percio pienamente colle storie e coi diari del tempo. Uiteriori e pií.1 particolareggiate notizie sulla presenza di Francesco di Giorgio in Napoli nell' anno 1495 sono contenute ne! g·ia ricordato studio del Percopo. Si riportano ivi tre documenti dell' anno 1495 intestati a « maest-1·0 F1·ancesco da Siena. architectore ». Nel primo, in data del 26 Agosto: « lo Signor Re li « comanda dare trenta ducati in cunto de sua provisione ». Nel secondo, del 17 Settembre, Francesco viene pagato per avere comperato « certi materiali per fare certo foco ar<< tificiale per servizio del Signor Re ». Erano fuochi di gioia per le vittorie di Ferrandino sui francesi, ovvero le consuete luminarie per la festa di Piedigrotta? Nel terzo in data del 22 Dicembre « lo Signor Re comanda di dare « trentasei ducati a Francesco in cunto de sua annua « provisione et de li primi denari li coreranno » (2). Rimane percio accertato che fin dall' agosto del 1495 Francesco si trovava al servizio di Ferrandino retribuito con annua provvisione. s· ignora peraltro quando sia tornato in Napoli, dopo che ne parti nel rovem bre del 1492. 11 Percopo ritiene che il suo ritorno cola abbia avu to luogo nel febbraio del 1494. 11 Duca di Calabria salito da pochi mesi sul vacillante trono, mentre Cario VIII si preparava a valicare le alpi, avra forse pensato di valersi, contro le temute artiglierie dei francesi, dei talenti militari di Francesco di Giorgio, de' quali era stato tostimone ali' assedio della Castellina. ressun documento peraltro conferma questa presunzione del Percopo. Nulla si sa della presenza e dell'opera di Francesco in Napoli durante il
(1) R. á.rchivio di Stato. id. id . id. Documenti XV, XVI, e XVII del precitato studio del Percopo¡ riportati, cogli ste si numeri, nella pubblicazione del prof. Fabriczy. (2)
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torbido periodo di fughe e di defezioni che precedette ed accompagno l'entrata di Cario VIII in quella citta e s'ignora parimente se Francesco siasi ivi trovato dopo l'abdicazione di Alfonso, nei pochi mesi dell' occupazione francese (dal febbraio al luglio 1495); cio che sembra poco probabile, senza dire che a lmeno per qualche mese del 1495 ebbe Francesco a dimorare in Siena, dove riceveva dal pubblico ducati 200 per suo avere (1 ). Il Gaye (2 ) riporta le letterc riflettenti il mancato ritorno, (malgrado le vivissime istanze di Alfonso) (8) di Francesco a Napoli nell' anno 1493 in ca1:1sa di una indisposizione probabilmente da lui addotta, perche giovava alla Signoria di Siena, preoccupata degli sdegni di Carlo VIII, di cni si annnnciava prossima la discesa in Italia, che quel viaggio non avvenisse. Ma dopo le vicende del 1493 nulla piti i1 Gaye ci apprencle. Rimanendo ne! campo delle congetture, sembra piü probabile che, soltanto dopo il ritorno di Ferrandino, Francesco sia a ndato a Napoli, chiamatovi dal nuovo re e col pieno assenso della Sigooria di Siena, la quale, in quell' impeto di risorta fortuna per gli Aragonesi, doveva adoperarsi, come gl i altri minori Stati italiani, a far obbliare i servigi gia resi a l re di Francia. L' opera di Francesco in Napoli, durante la guerra ivi combattutasi tra francesi ed aragonesi nel 1495~ e tuttora
1 ( ) PR0:111s. Vita di F,·ancesco cli Giorgio llfartini Tom. I pag. 79. id. Memoria storica V. Tom. II. pag. 342. 2 { ) Carteggio ineclito el' artisti vol. I. Lettere CLV, CLVI. 3 ( ) Nella lettera (CLV¡ del duca di Calabria alla Signoria di Siena, datata cla Palmi 24 marzo 1493, alludendosi alla indisposizione di Francesco, e detto: « et quando sara con noi lo teneremo appresso • al suo piacere et riposo, senza mandarlo in loco alcuuo; salvo che « con lo suo consiglio et parer se ordenera ad li soprastanti con !et• tere o bocea che exeguiscano q u ello che l uy orden era e fara de• signo. Et pero repregaruo le S. V. vogliano per nostro amore tal• mente versuadere et costringere lo prefato ifastro Francisco che . • omnino venga .....
a
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avvolta in molte incertezze. E soltanto incontestabilmente provato che egli fu l' autore della prima mina a polvere scoppiata ne! Novembre del 1495 contro la cittadella, od opera avanzata del Castelnuovo ten·uto dai francesi di Cario VIII ed assediato dagli aragonesi, al servií\io dei quali Francesco si trovava in qualita di capo degli ingegneri. Questo fatto consacra nella storia del!' arte militare l' architetto senese primo e grande maestro nella scienza e nella pratica del minatore e toglie qualsiasi importanza, per cio che riflette le origini del!' invenzione, alle mine susseguenti, ad esempio a quelle che scoppiarono contro il Castel dell' Ovo di Napoli ne! 1503 quando Gonsalvo di Cordova, b3.ttuti i francesi a Cerignola, cinse d' assedio i forti della Capitale. ll biscaglino Pietro Navarro, che pare abbia eseguito le clette mine, fu per lunghi anni ritenuto inventore del nuovo trovato, perche tale venne indicato dal Guicciardini e solennemente proclamato nella « Vita Gonsalvi a Corduba » dallo stesso Giovio, il quale ne! libro III delle « Storie » aveva con tanta evidenza descritto la mina scoppiata otto anni prima sotto le mura della cittadella del Castelnuovo, dichiarandone autore il toscano Narcisso. Delle mine operate in Napoli ne! 1503, Vannoccio Biringuccio, il dottissimo dei mineralogi e degli artiglieri del!' eta sua, fa antore il suo concittadino Francesco di Giorgio e la sua descrizione concorda in molti particolari con quella del Giovio relativa alle mine del 1495 (1). Accertata peraltro la morte di Francesco nel 1502 e !'opera sua nella mina del 1495, e manifesto essere il Biringnccio incorso in un errore di data ne! suo racconto, in tutti gli altri particolari esatto e veritiero. I servigi di Frnncesco presso i principi aragonesi non ebbero termino nel 1495. elle notizie storiche raccolte clai ,( Registri curiae 1 ( )
Pirotecnia. Venezia 15JO: Lib. X: cap. IV.
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della cancelleria aragonese », pnbblicate da Nicola Barone « «
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si legge quanto segue: « 1.4 marzo 1497. ~ ei di passati, dimorando Federigo in Gaeta, Francesco di Giorgio architetto ai r. servizi chiesegli licenza di recarsi in casa sua in iena; ottenuta che l' ebbe parti promettendo di ritornare subito. Ma indugiando a far ritorno, il re gli scrisse che essendo la presenza di lui necessaria per le f'aubriche et designi del castello novo et de alt1'i lochi venga subito, soggiungendo nella lettera : perche non solum semo per
{arce quelli medesimi partiti ve fece la felice memoria del serenissimo S. Re D. Alfonso nostro colendissimo « fratello et tractarve in modo che resterite de noi con« tento ma havemo provisto se siano pagati cento ducati « doro~ con li quali ve possate levare et veni1·e ad tro« varee ». «
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E nello stesso giorno il re fa premura ad Antonio Spannocchi, a Pandolfo Petrucci, a Nerio Placidi e ad Antonio Bichi militi da Siena affinche Francesco di Giorgio ritorni subito. Questa notizia getla nuova luce sull' ultimo periodo, meno noto, della vita dell' opero o architetto e dimostra come egli sui primi del 1497 fossc al servizio di Federic0 d' Aragooa, fratello di Alfonso II, succeduto, nel trono di Napoli, al nipote Ferrandino che mori nell'ottobre del 1496. Da quanto tempo Francesco fosse tornato a Napoli s' ignora e nulla si conosce del!' opera sua, probabilmente d' ingegnere militare, tennto conto dei tempi minacciosi di nuove invasioni francesi e delle parole colle quali Federico sollecita il ritorno di Francesco: « per le fabb1·iche et designi del Castello novo ». L' ultimo dei principi aragonesi, che nel 1495 aveva veduto alle pro...-e di guerra il fortunato minatore della cittadella del Castelnuovo, doveva apprezzarne in sommo grado l' opera militare, come
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Archhio storico per le proi;incie Knpoletane. A nno 1S90.
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lo climostrano le lusinghiere offerte fattegli per indurlo a tornare ed il largo assegno, malgrado le angustie dei tempi, di 100 ducati d' oro. Non si sa se Francesco siasi arreso alle sollecitazioni del!' aragooese e se abbia ancora una volta percorso, quasi sessantenne, la strada li Tapoli. Ne fa dubitare la notizia data da! Milanesi che il 2-1 l~ebbrajo del 1497 gli venne dalla. ignoria ordinato di non escire dallo stato « sub pena arbitdi collegii balie » e che fu mandato a Montepulciano a visitare le rocche ed a provvedere ('). Raffrootando la data del 14 marzo 1497 cui si riferisce la nolizia estratta dai regist,·i della cancelleria aragonese, con quella della ricordata proibizione di escire dallo stato, e fuori di dubbio che questa tenne immediata.mente clietro al suo ritorno in patria per la licenza ottenuta da Federico in Gaeta. Che iasi poi recato a apoli • el progresso di quell' anno 1497 appare poco probabile, risultando che nella prima meta del cletto anno ebbe a cominciare i due angeli di bronzo del Duomo di Siena, commessigli da Pandolfo Petrucci suo amico e protettore, ed allora operaio del Duomo, peí <1.uali nell' agosto cbiedeva il prezzo e fn ordinato gli venissero pagate Lire 13G4, 10 (2 ). Come si rileva dai documenti precedentemente richiamati, l' opera di Francesco di Giorgio in apoli abbraccia un periodo di ben sette anni, dal 1491 al 1497, ed,
(') pecchio cronologico della vita ·e delle opere di Franccsco di Giorgio. 2 ( ) Specchio cronologico id. id. I clue angeli di bronzo cominciati nel 1497 furono da France co due anni dopo clati finiti e rinetti coll' opera. cli mae tro Giovanni di tefano cultore e cli Mariano di Domenico orafo. Per ta.le lavoro Pandolfo Petrucci ed Angelo Palmieri il 23 settembre 1•197 ordinarono fossero paga.te a Francesco cli Giorgio Lire 594, 8 . .All' opera dei detti due angeli di bronzo si riferi cono taluni documenti in data. 1497-98-99 riportati dal Gaye nel • Ca1·teggio i11edito > ivi - ol 2. 0
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avuto riguardo al duplice campo del!' architettura civile e militare in cuí ebbe a svolgersi, si pre enta nella storia dell' arte superiore aquella clegli al tri quattrocentisti che vissero e lavorarono alla corte aragonese. Concorse con questi Francesco nelle opere <l'architettnra civile che ebbero in 1 apoli largo sviluppo per impulso del duca di Calabria. Quando, sopraggiunti i tumulti della guerra, quella schiera d' arListi fu dispersa ed uno dei piu illustri, fra Giocondo, ando a Parigi, per invito di Carlo VIII, a costruire i ponti sulla Senna (' ), Francesco pose il suo mag·istero d'iogegnere militare a servizio dei suoi protettori (diveuuti per tendeoze e per consuetudine principi italiani) contro lo straniero invasore del bel paese, ed applico le discipline gnerresche su quello stes o suolo sul quale, a,eva qui esercitato la sua opera di architetto civile . .
Ecco delineata a larghi tratti in tal una de lle sue principali manifestaziooi !'opera di Francesco di Giorgio, quale emerge dalla verita storica: opera multiforme ne! concetto e nell' esplic.;azione pratica, che rivela uno dei piü acuti e versatili ingegni del quattrocento. Molto ancora resterebbe a dire se si volesse seguire l' opera delr artista senese in tutte le sue manifestazioni, alcune delle qnali, se possono apparire di minore importanza rispetto a quelle che hanno reso chiaro il suo nome, valgono tuttavia a porre in sempre piu viva luce J' universalita del suo magistero. Cultore dell' antichita classica nello studio dei monnrnenti di Roma; ingegnere militare e costruttore di fortezze per gli Urbinati, per la sua patria, per Giovanni della Rovere, per Virginia Orsini, per gli Aragonesi; architetto civile nella chiesa del Calcinaio, nel palazzo comunale di (' ) 11 ponte di Kotre-Dame ed il Ponte Piccolo. • Jucundus geminas fecit, sEquana, ponles • - Epigr. Sannnzaro.
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Iesi, e probabilmente in quello d' Ancona ed in al tri edifici; trattatista, primo nell' italico idioma, della scienza e del!' arte ingegneresca civile e militare ed inventore delle nuove forme di fortificazioni; autore della prima mina a polvere ali' asseclio del Castelnuovo di Napoli; Francesco fu inoltre: maestro d' intagli, pittor.e pei monaci del Monte Uliveto ne! 1475 e pel Duca di Calabria nel 1479: scul tore pel duca ct· rbino nei bassorilieYi di marmo costituenti il fregio che ornava la base di quel palazzo ducale; ingeg nere idrau lico negli acquedotti di Siena, nelle opere a l lago della Bruna e nei lavori di restauro, insieme con Xntonio Barili, ai pon te del i\lacereto; maestro di cont (nell'arte classica del!' antichitá restaura ta da! Pisan ello) nella medaglia del dnca Federico; artiglierc valen te, educato alla scuola dei bombardieri piaeentini ai servizi di iena e d'Urbino, e precursore, con Leonardo da \ inci, della tecnica del tiro; plastico, cesellatore e rinomato gettatore di bronzi, massime negli ultimi anni della sua vita, nell' opera dei due angeli del duomo di Siena ed in al tri lavori. In campi diversi dall' artistico lo troYiamo: oratore diplomatico nel 147 per FedericodaMontefeltro; arbitro e conci li atore di vertenze, fra quei di Cllianciaoo e di Montepulciano, pel confine Sene e e Fiorentino; eletto nel 1493 a sedere nel supremo magistrato della sua patria. Per ricostruire integralmente ropera di Francesco di Giorgio occorrerebbe un campo assai pii'.1 , asto di quello circoscritto nei limiti di un discorso, il quale non puo ragginngere altro intento se non che di rendere sempre piü vi\'O in que ta nobile terra del I' arte e della tradi zione italiana il culto verso uno dei piü valenti, operosi e multiformi artisti del quattrocento, verso il cittadino che amo la patria di amor vero, che fu sempre devoto ai suoi voleri, che l' onoro altamente dentro le sue mura e fnori, essendo stato sempre g·iudicato degno di encomio da tutti co loro cuí, colla facilita del suo carattere, ebbe a prestare l' eletta operad' artista. Basti ricordare Virg-inío Or ini, uno dei pit1 chiari g-entiluomini e dei piu ,alenti condottieri
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del suo tempo, il quale dichiaro tali essere le virtu cli Francesco che ad uomo piu versato di lui avrebbero certamente soddisfatto; ecl i governanti di Lucca i quali ebbero a rallegrarsi con Siena che avesse un casi buono e modesto cittadino e nell' architettura versato per modo che, a Joro giudizio, non v' era pari in tntta Italia. A commemorare degnamente, sui primi dell'anno 1502, il quarto centenario della marte del!' illustre artista e del cittadino benemerito, sembrerebbe alto intendimento quello di promuovere lo stndio del le sue opere e, col!' aiuto del1' indagine storica, ricostruire, quanto e piĂź possibile, completa la figura di Francesco di Giorgio nelle piu irnportanti fasi della sua vita e del suo multiforme magistero artistico. Una sirnile proposta non potra non trovare favorevole accoglimento in questa iJlustre e coita citta, dove il ricco patrimonio d' arte del nostro rinascimento e casi gelosamente conservato e dove e sempre casi vivo il culto delle patrie memorie. Se le mie disadorne parole sn Francesco di Giorgio avranno contribuito a diffondere fra i suoi concittadini questa nobile idea ed a determinarne J' attuazione, dovro ritenermi ben piĂź che pago dello scopo da quelle raggiunto.
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Estrn.tt.o dl\l Bullettino Senese di Storla Patria .d n110
VI{. faso. II. (1900)