Il ragazzo selvaggio - annuario 2020

Page 1

Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70% - DCRB-Roma - Anno XXXVI - nuova serie - Periodico bimestrale - Supplemento al n. 142/143 della rivista il Ragazzo Selvaggio

CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA

142/143

LUGLIO-OTTOBRE 2020

Supplemento

Tutti i film per la scuola


TUTTI I F I L M

D E L L’A N N O P E R L A S C U O L A

SOMMARIO pagina 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14

Editoriale / 1917 Ad Astra / L’agnello Alla mia piccola Sama / Andrej Tarkovskij Il cinema come preghiera Bombshell - La voce dello scandalo / Burning L’amore brucia C’era una volta … a Hollywood / Cattive acque Cena con delitto - Knives Out / Cosa mi lasci di te Il diritto di opporsi / Eighth Grade - Terza media Emma / L’età giovane La famiglia Addams / La famosa invasione degli orsi in Sicilia Farewell - Una bugia buona / La fattoria dei nostri sogni Favolacce / La Freccia Azzurra Frozen II - Il segreto di Arendelle / Un giorno di pioggia a New York Gloria Mundi / La Gomera - L’isola dei fischi Hammamet / Honey Boy

pagina

12

pagina

Frozen II 15 16 17 18

La famosa invasione degli orsi in Sicilia

19 20 21 22 23 24 25 26

15

Jojo Rabbit

Non conosci Papicha / Il paradiso probabilmente Parasite / Piccole donne Pinoccchio / Promare Qua la zampa 2 - Un amico è per sempre / Qualcosa di meraviglioso La ragazza d’autunno / Richard Jewell Ride/ Il ritratto negato Scherza con i fanti / La seconda patria Il segreto della miniera / Shaun vita da pecora: Farmageddon - Il film

pagina

26

pagina

Shaun vita da pecora: Farmageddon

Jojo Rabbit / Joker Light of My Life / Lilli e il vagabondo Maleficent - Signora del Male / Martin Eden Mio fratello rincorre i dinosauri / I Miserabili pagina

9

11

Favolacce

Il sindaco del Rione Sanità / Sole Sorry We Missed You / Spie sotto copertura 29 Storie di pietre / Sulle ali dell’avventura 30 Il terzo omicidio / Tornare 31 Tutto il mio folle amore / L’ufficiale e la spia 32 L’uomo invisibile / La vita nascosta - A Hidden Life 33 Volevo nascondermi /Who’s Romeo 27

28

20

Piccole donne

In copertina:

Emma

di Autumn De Wilde, Gran Bretagna 2020 AUTORI SCHEDE

pagina

12

Un giorno di pioggia a New York

f.b. p.c. t.c. m.c. l.c. c.d. d.d.g. n.f. p.f. m.gn. g.g. l.g . m.m. a.m.

Franco Brega Patrizia Canova Tullia Castagnidoli Massimo Causo Luisa Ceretto Carla Delmiglio Davide Di Giorgio Nicola Falcinella Paolo Fossati Marzia Gandolfi Giuseppe Gariazzo Leonardo Gregorio Marco Marrapese Alessandra Montesanto

f.p. g.p. j.p. m.g.r. d.s. f.s. a.s. f.v. l.v. c.m.v. f.vo. l.z. g.za.

Francesco Pellegrini Grazia Paganelli Jennifer Perego Maria Grazia Roccato Domenico Sarracino Francesca Savino Andreina Sirena Flavio Vergerio Luca Visintini Cecilia M. Voi Filippo Volpini Laura Zardi Giancarlo Zappoli


EDITORIALE

ANNUARIO 2020

L

e problematiche condizioni in cui le Associazioni di Cultura Cinematografica (riconosciute dal MiBACT e sostenute dai contributi ministeriali) svolgono il loro lavoro di ricerca, formazione ed educazione ai linguaggi multimediali sono molte. Quest’anno abbiamo dovuto affrontare anche le difficoltà connesse con la situazione sociosanitaria che ha sconvolto profondamente il mondo della cultura e dello spettacolo: blocco delle produzioni e delle uscite di nuovi film, chiusura delle sale, crisi dei Festival… Grazie alla disponibilità e all’impegno della Redazione e di tutti i collaboratori Il Ragazzo Selvaggio è riuscito ad arrivare puntualmente ai lettori con tutti i numeri programmati. I responsabili del Centro Studi Cinematografici ne sono soddisfatti e orgogliosi.

Riusciamo a offrire puntualmente anche l’Annuario dei film per la scuola che pubblichiamo da 15 anni. Come di consueto, lo mettiamo a disposizione in versione digitale (PDF) come supplemento al n. 142/1343, scaricabile gratuitamente dal Sito del Centro Studi Cinematografici: www.cscinema.org. Oltre ai film segnalati in queste pagine ricordiamo, come ogni anno, anche le molte opere “classiche” tornate recentemente in sala (molte prese in esame nelle pagine della Rivista nella sezione FELLINI 100). Ci auguriamo che le indicazioni contenute in questo Speciale, accanto a quelle dei vari numeri dell’annata, possano arricchire le proposte degli insegnanti e degli animatori culturali impegnati LA REDAZIONE nella Scuola e nei Cinecircoli.

DAI 12 ANNI

ANNUARIO 2020

1917 A seguito di una ricognizione aerea, gli inglesi scoprono che la ritirata dei tedeschi è un bluff per attirare le forze britanniche in una trappola. In realtà essi si stanno riorganizzando sulla Linea Hindenburg. Per questo il Generale Erinmore ordina ai caporali Tom Blake e William Schofield di attraversare la terra di nessuno e comunicare urgentemente al colonnello Mackenzie l’ordine di interrompere l’imminente attacco dei suoi uomini. Blake tuttavia ha una motivazione in più per compiere la missione: suo fratello Joseph presta servizio nel battaglione destinato al massacro. I due caporali e amici si trovano così a dover affrontare molteplici pericoli e difficoltà nel corso della missione. Il territorio che attraversano è ostile. Le linee infatti sono ancora occupate dai tedeschi, e i cecchini sono sempre dietro l’angolo. Con grande spirito di sacrificio e coraggio, da soli, in mezzo alle distruzioni della Prima guerra mondiale, i due affronteranno una missione quasi impossibile.

r. Sam Mendesm or. Gran Bretagna 2019 distr. 01 Distribution dur. 110’

S

am Mendes, affascinato e ispirato dai racconti del nonno, staffetta durante la Grande Guerra, racconta un episodio della prima guerra mondiale dal punto di vista di due semplici caporali. Lo sviluppo della trama è poco più che un pretesto per costruire il castello delle scene successive. La struttura narrativa deve molto alla tecnica e al linguaggio dei videogiochi di guerra, sempre più realistici e simili al cinema grazie alla tecnica virtuale. Le sfi-

de che il caporale Schofield compie, ricordano il susseguirsi dei livelli che l’avatar del videogame deve superare. In questo senso 1917 può essere utile per avvicinare i giovani alla sala cinematografica e al cinema di genere storico. Il film rifugge dagli eccessi di una ricostruzione della guerra retorica e di “bandiera”. Al centro vi è il sentimento di amicizia che sopravvive tra i soldati in un contesto disumano dove la morte in battaglia è rappresentata come fenomeno ineluttabile e vissuta quasi con rassegnata malinconia. La fotografia di Deakins contribuisce a sottolineare questa atmosfera. La cura formale e quella filologica dei particolari sono ricercate e precise. Il linguaggio cinematografico innovativo grazie all’uso del continuo piano sequenza. Proprio come in un videogioco, la macchina da presa segue i protagonisti per tutto il film, sposandone spesso il punto di vista, in soggettiva. Grazie a un attento lavoro di montaggio e raccordo di singole lunghe riprese, Mendes genera così nello spettatore l’effetto di un film girato in un’unica ripresa, come uno spettacolo teatrale. Vedi anche nel n. 139, p. 26. f.p.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

1


DAI 14 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

2

Ad Astra In un Futuro prossimo il Maggiore astronauta Roy McBride ha il compito di individuare forme di vita aliena nello spazio e durante una missione rischia la vita per uno sbalzo di corrente. Altri incidenti simili inducono l’intelligence americana a pensare che le tempeste elettriche siano causate da raggi cosmici inviati da una navicella dai pressi di Nettuno. Lì, sedici anni prima, era stato attuato il supersecretato Progetto Lima, prima missione fuori dal sistema solare, guidata dal padre di Roy, H. Clifford McBride. Roy viene incaricato di puntare verso Marte dove dovrà tentare di parlare con il padre - probabilmente ancora vivo e pericoloso - sperando di salvare l’umanità da un disastro radioattivo. Roy inizia un viaggio di avvicinamento a Marte e poi a Nettuno - nell’isolamento, nei propri pensieri - per localizzare i segnali, soprattutto per cercare di trovare il genitore. Un atto eroico, l’occasione per indagare la profondità dell’universo e la propria interiorità.

r. James Gray or. Brasile/Usa 2019 distr. 20th Century Fox dur. 124’

R

iallacciare le comunicazioni, questo il fulcro dell’ultimo film di James Gray: con gli alieni (i diversi), con il padre, con la parte più oscura di sé. Ad Astra propone i segni linguistici della fantascienza. Camera quasi sempre sul volto di Pitt, spesso nascosto dal casco perché a interessare è la sua mente: viaggerà al limite del sistema solare, ma si spingerà oltre la

L’agnello Anita è una sedicenne che vive con il padre nell’entroterra della Sardegna, non lontano dal mare. Molto vicino all’abitato vi è una base militare, recintata e sorvegliata, che condiziona pesantemente la loro vita. Vi si sperimentano nuove armi e la conseguente dispersione di polveri radioattive avvelena i corpi. Il padre Jacopo ha infatti la leucemia e necessita di un trapianto di midollo osseo. Né Anita né il nonno risultano compatibili e, poiché trovare un donatore in tempi brevi è molto difficile, si vedono costretti a chiedere aiuto allo zio Gaetano. I due fratelli sono in disaccordo da molto tempo per motivi dovuti a differenze caratteriali. Il rifiuto dello zio è netto. Non vuole riallacciare alcuna relazione. Solo l’insistenza caparbia di Anita lo smuoverà, ma purtroppo non sarà neppure lui idoneo. Durante le sedute di chemioterapia Jacopo incontra Flora, malata pure lei, e tra loro nasce una breve, dolcissima intesa.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Mario Piredda or. Italia 2019 distr. Articolture dur. 97’

È

l’entroterra sardo l’ambiente nel quale si snoda questo piccolo mirabile film. Un ambiente aspro, quasi desertico, come ruvidi e solitari sono i personaggi che lo popolano. L’unica anima ribelle è Anita che non accetta, orfana di madre, di perdere anche il padre e lotta con le unghie e con i denti contro un destino avverso. La scabrosità e l’irruenza tipiche di ogni adolescente e la mancanza di cultura in un ambiente povero sia dal punto di

rabbia e la sofferenza nei confronti di un padre assente con il quale fare i conti. Riferimenti a Nolan (Interstellar) e a Solaris di Tarkovskij, ma non azzarderemmo il paragone con un tale capolavoro. Nel film c’è lo sforzo di ragionare sulla piccolezza dell’Uomo nei confronti dell’Infinito, sulla dimensione familiare spesso dolorosa, sui temi dell’abbandono e della rassegnazione, ma senza gli strumenti culturali (estetici e contenutistici) di Tarkovskij. L’incidente iniziale che stordisce e disorienta, l’inseguimento sulla luna con gli spazi di un western futuristico e l’adrenalina di un action-movie, la chiusura claustrofobica nella stazione norvegese. Tanti i passaggi emozionanti, così come le strade che si vogliono far percorrere agli spettatori: ambientalista, religiosa, intimista... Per quanto l’Uomo si spinga oltre, porta con sé, se non risolte, le proprie sofferenze, in questo caso il rapporto con un padre leggendario e inarrivabile. Un padre che può essere inteso anche come un Dio, spesso assente per i comuni mortali che rimangono muti davanti al Mistero del Creato e alle risposte mancate di una fede senza prove. Vedi anche nel n. 136/137, p. 18. a.m.

vista economico che sociale, rendono ancora più impervio il suo percorso di crescita. È ostinata nel tentativo di salvare la vita del padre, è ribelle contro la base militare, una presenza pericolosa e ingombrante, ma non sempre sa incanalare nella giusta direzione le sue proteste. Col padre Anita ha un rapporto che è un perfetto connubio di amore e complicità. Le figure femminili sono tratteggiate in modo straordinario. Mute, ma fortemente comunicative, parlano con gli occhi, con le espressioni del viso, parlano persino con i loro silenzi. Le figure maschili sono forse più rassegnate, incapaci o stanche di lottare e anche l’anima riluttante dello zio non sa individuare i veri nemici da combattere. Su tutti incombe un mostro invisibile che li opprime, li vincola, li soffoca con la sua cappa di morte. Una morte non rappresentata, ma suggerita dal trasferimento dello strumento musicale della ragazza, una batteria, dalla casa paterna a quella del nonno e dalla scena finale in cui si vede Anita che sta tosando proprio l’agnello che con molta ostinazione aveva voluto allevare. Vedi anche nel n. 140, p. 18. f.b. e t.c.


DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Alla mia piccola Sama For Sama

DAI 16 ANNI

Aleppo, ieri, o quasi. Seconda parte dagli anni 10, quelli del dissenso, delle proteste studentesche, delle repressioni sanguinose, la guerra civile che diventa genocidio, la mano pesante del presidente Bashar alAssad con la benedizione dei russi. Waad al-Kateab è una giovane giornalista che racconta gli orrori del conflitto. Il suo è un video-diario che non risparmia le pagine più cruente del massacro giornaliero ad Aleppo. Nonostante lo sfondo, Waad si innamora del medico Hamza, i due si sposano, danno alla luce una bambina, Sama (che significa Cielo). Ma proprio quando nasce la piccola, l’inerzia del conflitto si sposta a favore del Presidente. Il documentario, che non segue una linea temporale lineare, è la cronaca del privato che si intreccia alla storia contemporanea della Siria, testimoniando la tragedia di un popolo schiacciato da un dittatore che non esita a bombardare quartieri popolati di bambini e ospedali.

r. Edward Watts, Waad al-Kateab or. Siria/UK 2019 distr. Wanted dur. 100’

B

isogna scavare tra le macerie per trovare ciò che resta di Aleppo e ripercorrere la storia degli ultimi anni in Siria, quelli delle proteste studentesche fino alla repressione sanguinosa. La regista documenta senza domandarsi fino a che punto può mostrare l’orrore, perché un film del genere ha un’intenzione iniziale che parte dalle viscere, risponde all’urgenza di filmare tutto, di non perdere un istante, di incamerare ogni sfumatura della realtà, ri-

Andrej Tarkovskij Il cinema come preghiera

Andrey Tarkovsky. A Cinema Prayer La voce del regista ricostruisce la propria vita privata e artistica, riflettendo sul rapporto fra atto creativo e ricerca di assoluto. La vita e i film sono segnati dal rapporto con i genitori, separatisi quando Andrej era bambino. Il padre, poeta, e la madre lo hanno educato all’amore per la natura, la cultura e l’arte. Malgrado i successi del film d’esordio, L’infanzia di Ivan, e Andrej Rublev (1966), finito il periodo del “disgelo” krusceviano, il regista incontra difficoltà con la burocrazia brezneviana e, dopo l’ostracismo decretato ai danni delle sue opere più poetiche e metafisiche - Lo specchio (1974) e Stalker (1979) - si trasferisce in Italia. In Toscana gira l’amaro e pessimista Nostalghia (1983) e infine il film-testamento Sacrificio (1985) nell’isola svedese di Gotland.

r. Andrej A.Tarkovskij, or. Italia/Russia/ Svezia 2019 distr. Lab 80 film dur. 97’

T

arkovskij si pone ai vertici del cinema di ricerca “spiritualista”. Cattura l’attenzione per la misteriosa astrazione e per la complessa simbologia. Ci appare come un profeta sospeso fra terra e cielo, un poeta della verticalità. Fra le sue figure stilistiche mi pare che la più efficace sia quella del movimento di ascesi, segno di ricerca dell’uomo verso un destino di felicità e pienezza. Nella sequenza finale de L’infanzia di Ivan, un movimento onirico

nunciando a qualsiasi sottotesto interpretativo; c’è la verità di un paese falcidiato, abitato da persone stremate ma forse non ancora vinte. Per questo non si fatica a comprendere la regista Waad al-Kateab quando sceglie di non staccare mai dal sangue che a un certo punto inonda le inquadrature del film, copioso dalle ferite mortali sui corpi, anche di piccoli corpi bambini, fino quasi a uscire dallo schermo. Waad prende la videocamera e gira non perché sia una documentarista, ma perché ha dato alla luce una bambina, Sama, per cui è soffocata dal senso di colpa per averla concepita sotto le bombe, ma ancorata pure al desiderio di vivere in pace nel suo paese, magari con un Presidente rispettoso del Diritto Internazionale. Il film è una lettera aperta alla figlia nella speranza che possa sopravvivere; poi è anche un documento eccezionale, un diario di resistenze, di lotte impari, di immagini vere di mura che cadono, di polvere che acceca occhi e obiettivo, di scie rosse lasciate da corpi trascinati verso reparti di rianimazione dove i macchinari si confondono con i calcinacci. Vedi anche nel n. 140, pp. 4 e 5. a.l.

ipotizza quale avrebbe potuto essere l’esistenza del bambino se fosse sfuggito alla morte in guerra. Ivan corre con un’amica su un bagnasciuga inondato dal sole. Ma l’anelito si interrompe quando la mdp si arresta contro il tronco di un albero rinsecchito, segno di un destino funesto. Più aperta alla speranza un’immagine de Lo specchio in cui il protagonista adolescente sogna di aggirarsi attorno alla dacia nel bosco e in un movimento dal basso in alto esplora l’esile fusto di un abete, forse suo alter ego. Nell’ultima sequenza di Nostalghia lo scrittore dopo la morte sogna di tornare a uno dei suoi luoghi preferiti, l’Abbazia di San Galgano. La mdp con un movimento a salire scopre la navata scoperchiata verso il cielo. Anche in tale occasione la sequenza si conclude prima di aprirsi all’Infinito. Infine, in Sacrificio, viene proposto ancora un albero esplorato con un movimento della mdp verticale. Dopo che il padre, lo scrittore Alexander, ha bruciato la sua casa ed è stato internato in manicomio, il figlio torna a innaffiare un secco alberello, che forse tornerà a fiorire. Vedi anche nel n. 139, p. 24. f.v.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

3


DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Bombshell

La voce dello scandalo Bombshell

DAI 16 ANNI

Megyn Kelly e Gretchen Carlson, in carriera ma non più giovanissime sono alle prese con il mondo dell’informazione americana. 2016, negli uffici e postazioni della Fox, mass-media televisivo molto seguito dai conservatori in Usa, durante una diretta sulla corsa alla presidenza di Donald Trump, Megyn decide di accusare di sessismo il futuro leader. Gretchen, invece, non ha il coraggio di fare lo stesso nei confronti di Roger Ailes, capo laido e manipolatore di Fox News Channel. Megyn porta avanti la denuncia anche quando la sua vita privata viene messa sotto i riflettori, riuscirà a trovare altre vittime di abusi, costruendo una rete che finirà per travolgere Ailes, ma anche altri suoi collaboratori con la soddisfazione di Gretchen e di Kayla. Grigia conclusione della vicenda: Ailes riceve una somma ingente come buona uscita e il magnate Rupert Murdoch prende le redini della Fox.

U

na bionda con occhi chiari racconta come si lavora alla Fox News, emittente televisiva americana, orientata politicamente a destra. Uomini eleganti, donne fasciate nei loro abiti e tacchi a spillo. Queste le regole per chi lavora con Roger Ailes. Kayla, ingenua e di famiglia borghese, si presenta per un colloquio e Ailes le chiede di alzare il vestito fino al limite della decenza, mentre lui guarda, sospira, sbava. Si tratta di sexual harressment,

Burning

L’amore brucia Burning Jong-su vive nella periferia rurale di Seoul: sogna di diventare scrittore ma per ora fa consegne a domicilio. Incontra Hae-mi, che proviene dal suo quartiere: al contrario di lui, è espansiva e lo conquista. I due si frequentano e, quando la ragazza parte per l’Africa, Jong-su accetta di prendersi cura del suo gatto, che però non si fa vedere. Al ritorno Hae-mi gli presenta Ben, ricco e affascinante, conosciuto nel viaggio, al quale sembra molto legata. Jong-su si trova coinvolto in un’ambigua relazione, anche perché Ben non rivela molto della sua vita. Dopo un diverbio, tenta di farsi da parte, ma le cose si complicano quando Hae-mi scompare. Ossessionato da Ben e dalla sua dichiarazione di voler dar fuoco a una vecchia serra abbandonata, Jong-su sembra perdere la cognizione della differenza tra realtà e immaginazione, prigioniero di una rabbia mista a paura che lo porterà a un’azione estrema.

4

r. Jay Roach or. Usa 2019 distr. 01 Distribution dur. 109’

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Lee Chang-dong or. Corea del Sud 2018 distr. 01 Distribution dur. 148’

L’

ispirazione per Burning viene da un racconto pubblicato nell’83 dal giapponese Haruki Murakami, da cui il regista coreano ha estrapolato Jong-su, questa figura di giovane in bilico tra entroterra rurale e metropoli. Una scheggia dimenticata della sua infanzia si conficca nel suo vago presente: Hae-mi, la conosce sin da bambino ma non si ricorda di lei. Sembra quasi un fantasma evo-

una delle definizioni per le molestie di cui sono spesso vittime le donne. Il luogo del film rappresenta la società: Trump volgare capobranco di una parte dell’elettorato ignorante e becero, Ailes suo alter ego. Bombshell, la denuncia di Megyn - volto seguito e amato durante un momento politico importante per i Repubblicani - fa tremare i palazzi più alti, come la Trump Tower e quello della Fox. Montaggi serrati, movimenti di handcam, dialoghi brevi, sguardi obliqui. Sullo schermo il mondo della comunicazione contemporanea e lo stato di ansia perenne a cui è soggetto chi intraprende la scalata al successo nel settore nell’infoteitment: conflitti mescolati a prodotti pubblicitari, lacrime e sorrisi, corpi nudi e cerimonie religiose. Intorno ad Ailes, moloch perturbante e pericoloso, una pletora di portaborse, uomini e donne che lo vedono come un eroe, accecati dalla smania di potere, burattini guidati dal misogino dirigente. Poco originale il racconto, ma le figure femminili diventano testimoni del gigantesco movimento che si è riproposto in tutta la forza nel Mee Too del 2019. Vedi anche nel n. 141, p. 15. a.m.

cato dalla sua inibizione al presente, che ben presto si tramuta in una bruciante assenza: prima un viaggio esotico, poi il ritorno che la trova sostanzialmente cambiata, accompagnata da una figura destabilizzante. Quando poi, d’improvviso, Hae-mi sparisce nel nulla Burning si spinge in un radicale disequilibrio tra ciò che è reale e ciò che è l’effetto distorto di una interpretazione soggettiva e ossessiva degli eventi. Lee Chang-dong costruisce così un mistero ambiguo, in cui allo spettatore non è dato orientarsi. Il suo cinema si basa su personaggi che vivono l’esistenza nello scarto tra la realtà interiore, su cui costruiscono la loro spesso fragile identità, e le coordinate di un mondo che sfugge a una concreta e univoca definizione morale degli eventi. Rispetto ai film precedenti, però, il protagonista di Burning vive quello iato in una dimensione prevalentemente mentale, che lo conduce lungo una progressiva smaterializzazione della sua struttura psicologica ed esistenziale, verso una trasfigurazione simbolica che lo rende quasi la nemesi di se stesso. Vedi anche nel n. 136/137, p. 22. m.c.


DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

C’era una volta a... Hollywood Once Upon a Time in… Hollywood

DAI 14 ANNI

Nel febbraio 1969 l’attore Rick Dalton constata che la sua carriera è in declino. Ottenuta la celebrità con una serie televisiva western, non è riuscito a fare il salto nel mondo del cinema. La situazione è peggiore per l’amico Cliff Booth che, come stuntman, lavora a giornata e vive in una roulotte. Si adatta a essere il tuttofare e autista di Rick, dopo che a quest’ultimo è stata ritirata la patente. Di ritorno alla villa di Los Angeles dei Dalton, i due intravedono i nuovi vicini: Roman Polanski e Sharon Tate. Rick è convinto che un contatto con il regista più acclamato del momento possa essere il lasciapassare per lavorare in pellicole di qualità. Mentre l’attore è sul set, Cliff Booth nota un giovane che gironzola nel giardino intorno alle ville, cercando i vecchi proprietari. È Charles Manson che, prima di essere scacciato, adocchia Sharon Tate.

r. Quentin Tarantino or. Gran Bretagna/ Usa 2019 distr. Warner Bros dur. 165’

C’

era una volta a... Hollywood è una finestra su sei mesi di un anno tra i più analizzati dai sociologi, il 1969, ma il cui intento è di rimanere entro i confini di un ambito preciso, il cinema e i suoi protagonisti, per testimoniare la muta commozione del suo autore, uno spettatore prima che un regista, un ap-

Cattive acque Dark Water 1975, Parkersburg, West Virginia, esterno notte. Tre ragazzi arrivano in auto sulle rive del fiume Ohio, scavalcano la recinzione di un impianto industriale e si tuffano in acqua. 1998, Cincinnati, Ohio, esterno giorno. Il giovane avvocato Robert Bilott è appena diventato socio di uno dei più importanti studi legali della città, ma una visita in ufficio da parte di Wilbur Tennant, allevatore della Virginia conoscente di sua nonna, gli cambia la vita per sempre; gli animali della sua fattoria hanno delle strane malformazioni e Tennant è convinto che la causa sia l’acqua del fiume a cui si abbeverano. Robert inizia così un’estenuante battaglia legale per dimostrare la diretta relazione che intercorre tra i residui di scorie tossiche riversati deliberatamente nel fiume dall’azienda del gruppo chimico DuPont e le malattie che anno dopo anno hanno finito per contaminare persone, animali e vegetazione.

r. Todd Haynes or. Usa 2019 distr. Eagle Pictures dur. 126’ or. Usa 2019

N

ato dalla volontà di Mark Ruffalo, che del film è produttore e protagonista, il progetto di raccontare la battaglia legale intrapresa da Robert Bilott contro il colosso DuPont si trasforma, nelle mani di Todd Haynes e del suo fidato direttore della fotografia Ed Lachman, in un film perturbante, che inquieta lo spettatore con inquadrature che sottintendono un male incombente che preme da fuori campo. Traendo spunto da un lungo articolo pubblicato nel 2016 dal New York Times

passionato, prima che la celebrità mondiale che a tutti gli effetti è. “Questa è Hollywood, la città dei sogni: alcuni si avverano, altri no! Ma voi continuate a sognare.” Si conclude così Pretty Woman e similmente si canta nel recente La La Land. Non c’è frase migliore per descrivere in sintesi questa ultima fiaba noir di Tarantino. Cresciuto a B-movie di cui conosce ogni minimo dettaglio; politicamente schierato a sinistra, ma tutt’altro che pacifista, non fa mistero di impartire feroci vendette ai “suoi” cattivi, punendoli, a distanza di anni, dei crimini di cui si sono macchiati. Ora riesce a infliggere una lezione anche a coloro che hanno spezzato uno dei più rosei sogni americani. L’omicidio di Sharon Tate inorridì tutto il mondo e quanti sono ancora oggi gli spettatori che, dopo cinquant’anni, avrebbero voluto che le cose fossero andate diversamente! Tarantino prova ad accontentarli e sceglie di essere fedele solo alla Hollywood nella quale ripone un’incrollabile fiducia, icona luminosa di un Novecento buio. Vedi anche nel n 136/137, pp. 10 e 11. c.m.v.

Magazine, The Lawyer Who Became Dupont’s Worst Nightmare, il film ricostruisce infatti la vicenda giudiziaria con dovizia di particolari e un ritmo incalzante, utilizzando uno stile ormai codificato per questo genere di pellicole. Il suo cuore, però, batte in controtendenza rispetto alla morale americana e al senso di giustizia consolatorio che solitamente traspaiono da questi film: ci sono infatti, in Cattive acque, una vena scura, un retrogusto amaro, un sentore malsano che serpeggiano per tutta la durata del racconto e prendono forma nel suggestivo incipit e nelle riprese sgranate da horror low budget girato in videotape - siamo pur sempre nel 1998 quando la vicenda ha inizio - che l’allevatore Tennant mostra a Bilott come prova dei danni all’ambiente nell’area che circonda la sua fattoria. Con l’epidemia di Coronavirus in corso, Cattive acque risulta ancora più profetico e spaventoso, ma il suo piccolo grande eroe non si arrenderà. Come canta Johnny Cash nei titoli di coda, su musica e parole di Tom Petty, “No, I won’t back down”. Vedi anche nel n. 140, p. 15. f.s.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

5


DAI 14 ANNI

DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2020

Cena con delitto Knives Out

Un famoso romanziere, Harlan Thrombey, viene trovato morto nel suo studio la mattina dopo la festa organizzata da figli e nipoti per celebrare il suo ottantacinquesimo compleanno. Il celebre detective Benoit Blanc è incaricato da una persona non meglio identificata di portare a soluzione quello che solo in apparenza pare un suicidio. La famiglia è numerosa e tutti vengono chiamati a raccontare gli ultimi momenti passati con il defunto. Viene ascoltata anche Marta, la giovane infermiera sudamericana che non può mentire senza vomitare, forse per questo l’unica persona di cui lo scrittore si fida ciecamente. Quando al momento della lettura del testamento viene annunciato il nome della ragazza quale unico erede dell’ingente patrimonio familiare, pian piano cadono le maschere dietro le quali si erano nascosti i membri della famiglia, portando in superficie avidità, egoismi, lacerazioni interne, moventi che giustificherebbero un omicidio.

R

icalcando le strutture narrative classiche, il regista azzarda un impianto moderno e avvincente, capace di divertire lo spettatore con un approccio ai personaggi intriso di ironia graffiante. Non manca nulla: una cena, una riunione familiare; una tenuta immersa nel bosco e una villa signorile in stile vagamente neo-gotico; una morte improvvisa che sembra un suicidio; le testimonianze preliminari che raccontano poco per nascondere tanto.

Cosa mi lasci di te I Still Believe Jeremy lascia la famiglia e la propria casa per frequentare il Calvary Chapel Bible, università di stampo religioso. Ha con sé poche valige, la chitarra e il sogno di diventare un musicista. Arrivato e ambientatosi al campus, conosce Jean, cantante dei The Kry. Durante un concerto, il protagonista incrocerà lo sguardo di Melissa. I due cominciano a frequentarsi e, contemporaneamente, Jeremy inizia a esibirsi grazie all’aiuto di Jean, creandosi un nome nel mondo della musica. Gli eventi prendono una brutta piega quando Melissa sta male e si scopre da lì a poco che è affetta da un tumore. Dopo un terribile periodo arriva una notizia straordinaria, Melissa è guarita. Sei mesi dopo, Jeremy e Melissa si sposano. Durante la luna di miele però Melissa sta nuovamente male, la patologia tumorale è tornata. La situazione è ormai irreversibile e non c’è modo di curarla…

6

r. Rian Johnson or. Usa 2019 distr. 01 Distribution dur. 131’

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Andrew e Jon Erwin s. Jon Erwin e Jon Gunn or. Usa 2020 distr. Notorious Pictures/Prime Video dur. 115’

I

l film viene distribuito in esclusiva sulla piattaforma streaming di Amazon. È ispirato a una storia vera e si basa sul bestseller di Jeremy Thomas Camp. Racconta l’incontro, la nascita e il consolidarsi della vicenda vera - di fede e amore - del cantante e della sua prima moglie Melissa quando i due avevano circa vent’anni.

Eppure in Cena con delitto c’è qualcosa che da subito lascia presagire un movimento della trama per nulla scontato e un approccio ai personaggi che affonda nelle pieghe psicologiche pur nella coralità del racconto. Il risultato è un accumulo di indizi che non affiorano solo dagli scambi verbali, ma dalle espressioni dei volti, dai tagli di ripresa sui corpi, dalle focali che li mettono in relazione con gli elementi scenici, in generale da una messinscena che svela solo per infittire il mistero. Lo spettatore è nella condizione di sapere più di quanto sappia il detective, quando i flashback sconfessano ogni dichiarazione resa: non c’è un solo personaggio che non si sdoppi nel suo demonio. E quando sembra che l’arcano debba risolversi nel teatro di Villa Thrombey, in linea con la tradizione del giallo, gli sviluppi imprevisti dopo la lettura del testamento spingono l’intreccio fuori dalla tenuta, spezzando l’incanto della casa, con i suoi orpelli e i suoi segreti, per allargare il mondo del film e definire la sciarada enigmatica come una metafora calata nelle mostruosità del ventunesimo secolo. Vedi anche nel n. 139, p. 25. a.l.

A interpretare Jeremy è KJ Apa, attore giovanissimo, noto per l’interpretazione di Archie Andrews nella serie televisiva drammatica Riverdale. Il titolo originale della pellicola è I Still Believe che è anche il titolo di una delle canzoni più famose di Jeremy, composta in occasione della morte di Melissa. L’opera affronta temi importanti come quelli di fede, speranza e coraggio necessari per affrontare problemi che all’apparenza possono sembrare insuperabili. Il susseguirsi di scene drammatiche e caratterizzate da tristezza e sofferenza porta a riflettere su quali siano i valori importanti della vita. Per dare veridicità agli eventi alcune scene del film sono state riprese dal vivo come ad esempio quella del concerto sulla spiaggia, girata durante l’Hangout Festival, un happening musicale che si tiene in Alabama. Il cast e la troupe si sono rivelati dotati di notevole professionalità perché, inserendosi in uno spettacolo dal vivo, non sarebbe stato possibile ripetere le riprese. Vedi anche nel numero 141, p. 17. l.v.


DAI 14 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Il diritto di opporsi Just Mercy Bryan Stevenson, laureato in Giurisprudenza ad Harvard, va in Alabama per mettersi al servizio di persone condannate ingiustamente e che rischiano la pena di morte, ancora presente nello Stato, in particolare nella cittadina di Monroeville. Il suo primo caso sarà quello di Walter McMillian, condannato - siamo nel 1987 - per il presunto omicidio di una ragazza di diciotto anni, Ronda Morrison, anche se molte prove dimostrano la sua innocenza. Con l’aiuto dell’attivista Eva Ansley lotterà per dimostrare la verità, all’interno dei giochi di potere e della burocrazia americana dell’epoca dell’edonismo e della xenofobia reaganiani. Egli stesso sarà oggetto di discriminazione da parte dei colleghi per il colore della pelle. Stevenson e McMillian, due facce della stessa medaglia: vittime di razzismo, sfiduciati nei confronti della classe istituzionale, ma con la forza di reagire e chiedere Giustizia, sostenuti dai propri cari o dai pochi che credono nei valori.

r. Destin Daniel Cretton or. Usa 2019 distr. Warner Bros. Pictures dur. 136’

N

el far west dell’America profonda resta ancora la dicotomia tra bianchi e neri. Ma c’è chi ha tentato di rimetterli al centro della riflessione. Lo fanno sia il regista di questo film sia l’avvocato Bryan Stevenson con l’attivista Eva Ansley. La sceneggiatura è tratta da una storia vera e proprio lo scorso gennaio le forze dell’ordine hanno ucciso 175 giovani afroa-

Eighth Grade Terza media Eighth Grade Kayla ha 13 anni, sta per finire il suo ultimo anno di middle school - la nostra scuola media - mentre sembra invece non terminare mai la sua ansia, la sua perenne sensazione di inadeguatezza. È intelligente, è impacciata, rigida nei movimenti e nelle relazioni. Ha compagni ma non ha amici, allestisce la sua stanza a set per registrare video destinati al web in cui dispensa consigli ai coetanei, tuttavia socializzare è un’impresa e anche i suoi canali social sono un piccolo deserto. Ha soltanto suo padre, che le vuole un gran bene senza però riuscire a essere figura autorevole: accondiscendente, bonario, vorrebbe forse essere suo “amico” ma è proprio con lui che la ragazzina sfoga di più la propria inquietudine. Lui parla e lei guarda lo schermo del cellulare, ha auricolari che le dicono altro. Cerca il suo posto nel mondo, Kayla, è sempre connessa, mai felice. Ma qualcosa cambierà…

r. Bo Burnham or. Usa 2018 distr. Netflix dur. 93’

È

il film d’esordio di Bo Burnham, classe 1990, attore, comico e musicista, anche autore dello script. È un racconto di formazione che a volta assomiglia a un documentario, altre volte a un videoclip; è una commedia, un diario intimo, un malinconico paesaggio umano. Opera che ha un che di familiare, di già noto, visto, e nel contempo una verve narrativa acerba e precisa insieme, a tratti quasi spiazzante, imprevista.

mericani che hanno portato, di conseguenza, alla strage di poliziotti a Dallas. Dalla realtà alla finzione, quindi, e viceversa. Stevenson ha costituito la Equal Justice Initiative con cui presta la propria competenza in favore di chi non può permettersi una buona difesa in caso sia accusato ingiustamente e ha scritto un memoriale sulla propria storia personale mentre Destin Daniel Cretton riprende questa vicenda per trasporla in un legal thriller, un po’ naif, ma utile per riflettere sul tema. Lineare nello svolgimento della trama, scene drammatiche e commoventi al momento giusto per coinvolgere gli spettatori, sguardi tra i parenti delle vittime e i detenuti che creano empatia e indignazione. Al centro il condannato, Walter, statuario e dignitoso, capace di grande sensibilità e poesia anche quando, nel braccio della morte, sostiene un compagno di cella in procinto di morire per mano dello Stato. Un film biografico che, partendo dai singoli, diventa vettore di un messaggio universale e, purtroppo, attuale: le differenze sociali, i diritti delle minoranze sempre negati, la gestione trumpiana in materia di sicurezza. Vedi anche nel n. 140, p. 18. a.m.

Mentre la terza media sta finendo e il liceo è alle porte, Burnham incornicia la protagonista tra paura e speranza, goffi e fallimentari tentativi, innamoramenti per nulla ricambiati e blocchi comunicativi. Ma riesce a restituirle molto di più: è il tempo di Kayla quello del film, tempo sospeso e veloce, ripetitivo e digressivo, in un’opera quasi sdoppiata, tra solitudine e fame di vita, tra adulti impreparati e figli che li correggono, tra una cameretta e il mondo esterno, tra la protagonista che fatica a conquistare spazio, emozioni, occhi, e la sua bravissima interprete che invece domina l’inquadratura, la narrazione, le traiettorie del film. Eighth Grade è un’opera su un’adolescente, sugli adolescenti, ma realizzata da un regista che né ammicca né giudica, che osserva con sguardo curioso, divertito, partecipe, anche diffidente, ma mai moralistico. Che gioca e fa sul serio, che conferisce levità all’inquietudine e densità al superfluo. Fino a quel dialogo tra la protagonista e suo padre che dà al film nuovi sensi. Film presente nella lista 2018 dei preferiti da Barack Obama. Vedi anche nel n. 141, p. 21. l. g.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

7


DAI 16 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

8

Emma Durante l’era della reggenza britannica, la ricca Emma Woodhouse cerca una nuova amica nell’orfana Harriet Smith. Emma suppone che Harriet sia la figlia non riconosciuta di un gentiluomo. Alla giovane, che a differenza delle sue coetanee non sembra interessata all’amore, piace combinare matrimoni. Quando scopre che Robert Martin ha chiesto a Harriet di sposarla, riesce indirettamente a farle rifiutare la proposta, convinta che anche il più nobile Elton sia innamorato dell’amica. Nel frattempo, Emma è distratta dalla presenza del signor Knightley, che non sembra gradire le intromissioni della giovane nella vita delle persone. Quando arrivano Jane Fairfax e Frank Churchill, l’apparente armonia della piccola comunità si scompone. Harriet ed Emma subiscono il fascino dell’anticonvenzionale signor Knightley, l’una all’insaputa dell’altra. Ma l’intrico creatosi è destinato a sciogliersi favorevolmente per i destini di tutti.

r. Autumn De Wilde or. Gran Bretagna 2020 distr. Officine UBU dur. 125’

E

mma è l’ennesima trasposizione cinematografica del romanzo di Jane Austen del 1815, ma con la tacita ambizione di essere quella definitiva, più femminista che mai e quindi più fedele, non tanto nella vicenda narrata, quanto nello spirito e nelle intenzioni. Al centro ci sono le trame della ventunenne Emma, bella, ricca e intelligente. Geometrico e ironico, intelligente e raffi-

L’età giovane Le jeune Ahmed Ahmed, 13 anni, è entrato nella spirale dell’integralismo musulmano grazie all’indottrinamento di un Imam che, tra le altre cose, gli ripete che la sua insegnante di lingua araba, musulmana, è un’apostata. Ahmed, che venera un cugino martire dell’Islam, decide allora di passare all’azione nei suoi confronti. La decisione non avrà l’esito sperato e il ragazzo si troverà affidato ai servizi sociali conservando un legame contrastato con la madre che è di fede musulmana ma non ha propensione per il radicalismo. Assegnato a una realtà agricola per la parte di rieducazione riguardante il lavoro, Ahmed conosce una coetanea per la quale prova un sentimento che considera peccaminoso. Potrà ipotizzare di volerle bene solo se si convertirà all’Islam. Ricevuto un rifiuto motivato Ahmed fugge dall’istituto in cui vive per andare a completare l’atto rimasto incompiuto. Un incidente lo costringerà a ripensare al senso delle sue azioni.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne or. Belgio/Francia 2019 distr. Bim dur. 84’

A

l processo di radicalizzazione déjà vu al cinema si sostituisce in questo film un protagonista radicalizzato, il cui sguardo è già stato pesantemente velato da un indottrinamento. Se in Rosetta i Dardenne seguivano da vicino la disperazione di una ragazza bisognosa di un lavoro che non riusciva a trovare, in L’età giovane la disperazione sembra avere trovato ospitalità nel loro

nato, il film è suddiviso in quattro capitoli scanditi dall’alternarsi delle stagioni, perché la luce e i colori della natura fanno da cornice a una messinscena studiata nei minimi dettagli, come se il décor di stanze e giardini avesse un ruolo attivo nell’andirivieni sentimentale dei protagonisti. Inquadrature di maniacale simmetria sfiorano quasi il manierismo trovando, però, perfetto equilibrio nei dialoghi e nelle musiche. Come fosse una danza che organizza i movimenti reciproci di ognuno in una società apparentemente dinamica, in realtà congelata in un rituale di celebrativa autorappresentazione in cui, paradossalmente, è assegnato alla donna il potere di manipolare e decidere l’assetto sociale dell’intera comunità. L’ironia scorre sottile e arguta nel sottotesto. Il film lascia il dominio alle parole, senza mai eccedere, tuttavia, nell’inutilità o nella ripetizione. I dialoghi hanno la precisione che contraddistingue l’intera rappresentazione e si susseguono senza sosta fino a quando le parole stesse saranno superate dal silenzio e dallo stupore. Pochi attimi, ma capaci di dare senso a tutto il film. Vedi anche nel n. 141, pp. 4 e 5. g.p.

sguardo. La radicalizzazione del ragazzino è a un livello tale da manifestarsi compulsivamente anche nella gestualità e da rendere praticamente fallimentari i tentativi di tutti coloro che lo circondano. I due registi belgi non hanno mai smesso di sperare nelle persone che mettono in scena senza per questo ricercare accomodanti happy end. Vorrebbero poterlo fare anche questa volta ma tutto sembra andare nel verso opposto. Qui non siamo di fronte a servizi sociali assenti o a una famiglia non attenta. Nonostante ciò, ecco la parola giusta: nonostante. Perché l’indottrinamento del radicalismo trova terreno fertile in questo adolescente di seconda generazione, svuotandolo interiormente per riempirlo di precetti coercitivi che lo tengano rigidamente in piedi. Si va allora verso un finale che non ha convinto tutti ma che, nell’ottica degli autori, assume il significato di un confronto diretto con una morte non più mitizzata ma che potrebbe mordere la propria carne mutando di colpo e profondamente la prospettiva esistenziale del giovane Ahmed. Vedi anche nel n. 138, p. 26. g. za.


DAI 10 ANNI

ANNUARIO 2020

La famiglia Addams The Addams Family

DAGLI 8 ANNI

In un lontano paese si celebra il matrimonio tra due eccentrici sposi: Morticia e Gomez Addams. Gli abitanti del villaggio irrompono nella cerimonia, costringendo la coppia a un frettoloso “sì, lo voglio” e quindi alla fuga. Giunti nello Stato del New Jersey, Gomez e Morticia prendono domicilio in un vecchio manicomio abbandonato, assumendo come maggiordomo un ex paziente, Lurch. Tredici anni e due figli dopo gli Addams vivono ancora (in)felici e (s)contenti nel maniero, avvolto dalla nebbia che lo rende invisibile; fino a quando Margaux Needler, conduttrice di un reality televisivo, fa bonificare la palude per edificare la città di Assimilazione. Trasformare la grigia casa diventa l’obiettivo di Margaux, proprio nei giorni in cui gli Addams ospitano nel castello una riunione di famiglia. Margaux tuttavia ignora che sua figlia ha fatto amicizia con Mercoledì Addams con conseguenze imprevedibili.

r. Greg Tiernan, Conrad Vernon or. Uk/Usa/ Canada 2019 distr. Eagle Pictures dur. 86’

O

gni generazione ha avuto la sua Famiglia Addams, poiché a intervalli di circa dieci anni, la televisione, il teatro e il cinema hanno alimentato con regolarità il fenomeno dei personaggi creati da Charles Addams alla fine degli anni Trenta. L’apice è stato raggiunto all’inizio degli anni Novanta, grazie a un cast cinematografico di celebrità. L’attuale fascia di giovani spettatori viene agganciata con un film d’animazione

La famosa invasione degli orsi in Sicilia Il re degli orsi Leonzio perde il figlio Tonio, catturato da due cacciatori. Caduto in depressione, non governa più il suo popolo che finisce alla fame. Allora viene persuaso a scendere a valle in cerca di cibo fra gli umani. Convinto dal mago De Ambrosiis che si tratti di un’invasione, il Granduca di Sicilia scatena l’esercito, ma gli orsi fanno rotolare su di esso enormi palle di neve. Usa allora un’orda di cinghiali, che vengono trasformati in palloni aerostatici dal mago al servizio di re Leonzio. Tornato alla corte del Granduca, il mago cerca ogni modo per sopraffare gli orsi. Dopo alterne vicende, il Granduca muore, Leonzio ritrova il figlio Tonio ma, per salvare il suo popolo, finisce stritolato dalle fauci di un drago. Sul letto di morte nomina successore il figlio Tonio, ordinandogli di riportare il popolo sulle montagne, lontano dai vizi degli umani.

r. Lorenzo Mattotti distr. Bim or. Francia 2019 dur. 82’

A

prima vista il romanzo da cui è tratto il film sembra una divertita illustrazione degli eterni temi del rapporto ambiguo dell’uomo con l’ambiente in cui vive. Ma sul piano narrativo e stilistico appare come un giocoso e ironico smontaggio degli stereotipi della fiaba classica. La vocazione ecologista e pauperista di Buzzati si manifesta tuttavia in modo esplicito nel discorso sul letto di morte di Re Leonzio ai suoi orsi.

che aggiorna i valori all’età contemporanea, recuperando però la grafica originale. Nella logica pungente di Charles Addams era assente qualsiasi tentativo moralizzante; la carica eversiva e la critica sociale all’America borghese erano lasciate al non detto e alla satira intrinseca ad ogni vignetta. Il target di riferimento nel 2019 scende di qualche anno, perché i reali protagonisti sono i figli, in special modo Mercoledì che deve affrontare l’eterno dilemma adolescenziale: abbracciare il gruppo e imitarne gli usi oppure riconoscersi parte di una famiglia solidale. Lo scorrere del film è vivace e non fa pesare il suo esplicito intento didascalico, ben camuffato da battute e giochi di parole. Si percepisce il divertimento sotterraneo di autori e sceneggiatori che hanno lavorato astutamente con la colonna sonora. Mentre non vi è dubbio che il film si proponga di sensibilizzare il pubblico sulle grandi tematiche sociali quali: diversità, inclusione, voracità del sistema mediatico, solitudine dei ragazzi nella crescente competizione tra pari. Vedi anche nel numero 138, p. 27. c.m.v.

Il carattere ludico, ilare e umoristico del testo di Buzzati cede il passo a un’ispirazione più poetica e malinconica nella sua trasposizione filmica. Mattotti e i suoi collaboratori sembrano aver presente l’affermazione di Bettelheim secondo cui le fiabe non debbono essere illustrate con immagini e figure realistiche, pena la riduzione e il condizionamento dell’immaginazione del bambino. Il film risponde a questa necessità di indeterminatezza con una complessa strategia di astrazione simbolica delle immagini. Ogni figura umana o animale è sottoposta alle esigenze di un’estetica antinaturalistica desunta da diverse tradizioni culturali. Ma il principio di indeterminatezza trova una felice realizzazione soprattutto nella pittura del paesaggio. Il film è comunque costruito con una serie di rimandi e di incastri. Affida la sua prospettiva umanizzante, più che al messaggio “morale” pronunciato da Re Leonzio sul letto di morte, con l’invito agli orsi a tornare alle loro montagne, a un’estetica dell’armonia e di un rapporto pacificato delle forme fra la natura e l’uomo. Vedi anche nel n. 138, pp. 12, 13 e 14. f.v.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

9


DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2020

Farewell

Una bugia buona The Farewell

DAI 12 ANNI

Billie, aspirante scrittrice di origine cinese vive a New York, parla poco la lingua d’origine, veste in stile Usa e non ha molte soddisfazioni professionali. Telefonando alla nonna paterna cui è affezionata, la trova in ospedale per dei controlli medici. Gli esiti non sono positivi: ha un tumore, ma si decide di non dirle la verità. Billie e i genitori - che vivono pure nel Nuovo Mondo e si sentono americani fino al midollo, senza però rinunciare agli schemi culturali cinesi - partono per Changchun; vogliono salutare la matriarca per l’ultima volta con la scusa delle nozze del nipote Hao Hao che vive da tempo in Giappone. Billie dovrà sostenere la farsa, ma sarà difficile perché prova sentimenti contrastanti, tra l’educazione americana basata sull’affrontare i problemi di petto e la cultura orientale che impone di accompagnare la persona verso la fine solo con il bagaglio dei bei ricordi.

T

he Farewell (l’addio), tratto da una storia semibiografica della regista alla sua opera prima, mescola temi tristi (malattia, morte) con elementi leggeri e tratti di ironia. Interessante l’incipit, giocato sui rumori cacofonici della Grande Mela in cui i muove la protagonista in contrasto con quelli ovattati della Cina dove si trova la nonna: un confronto culturale tra

La fattoria dei nostri sogni The Biggest Little Farm Apricot Lane Farms è la realizzazione di un sogno. Un sogno che un cane di nome Tood tira fuori dal cassetto di Molly e John Chester, due professionisti californiani che sognano da tempo di trasferirsi in campagna. Quando vengono sfrattati decidono di spiccare il volo. Parenti e amici collaborano con piccole donazioni che, unite al finanziamento richiesto e ricevuto, permettono l’acquisto di 200 acri di terra a Moorpark, a nord di Los Angeles. È un appezzamento abbandonato da tempo, per cui inaridito e inospitale. Fondamentale è l’aiuto di Alan York, un esperto agronomo, che li indirizza a compiere i passi necessari per trasformare la fattoria e ridarle vita. In otto anni Molly e John lavorano a 75 varietà di coltivazioni biodinamiche e allevano 850 animali di specie diverse. Hanno difficoltà ma credere fortemente nella loro impresa permette ai due di riuscire a coronare il sogno di una vita.

10

r. Lulu Wang or. Usa/Cina, 2019 distr. Bim dur. 98’

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. John Chester or. Usa 2018 distr. Teodora Film dur. 91’

P

erché è piaciuto tanto agli americani questo film documentario che, inizialmente proiettato in sole cinque sale, ha conquistato velocemente, grazie al passaparola, 285 schermi? Perché ci parla della realizzazione di un sogno. E ci mostra come fare, quale percorso intraprendere. Ci dice che è possibile. Se i giovani, un po’ in tutto il mondo, si stanno ribellando a un sistema sociale ed economico che va compromettendo la salute del pianeta e di con-

Occidente ed Estremo Oriente, le due culture che creano un dissidio interiore nella giovane che torna alla terra d’origine. Lo stile strizza l’occhio ai maestri dell’Est e all’Ovest, per le inquadrature fisse, - pulite, che portano lo spettatore a immaginare cosa ci sia fuori campo - e per la fotografia che privilegia i colori freddi; il tutto corredato da situazioni semicomiche per tenere alta l’attenzione e non cadere nel tragico. Il cast omaggia le radici dell’autrice con sensibilità e delicatezza riservate ai momenti in cui i personaggi - che fino a quel viaggio si erano persi di vista - ritrovano una relazione intima e profonda.. Trattandosi di un’opera prima, si potrebbero evidenziare nella sceneggiatura alcune sbavature, ma a noi piace sottolineare i punti di forza di questo lavoro: riflessioni interessanti sulla famiglia dove al di là delle provenienze e delle tradizioni - permangono legami forti solo se c’è la volontà di mantenerli; il senso della perdita, qui metafora anche della fine di un mondo fagocitato dai disvalori occidentali; l’identità spezzata di chi è costretto a migrare e di chi appartiene alle nuove generazioni. Vedi anche nel n. 139. p. 22. a.m.

seguenza la vita dei suoi abitanti significa che sta nascendo una nuova consapevolezza. Sono ragazzi che non si rassegnano alla vita che è stata disegnata per loro e chiedono a gran voce un cambiamento. È quello che fanno Molly e John, nel 2000, lasciando Santa Monica per trasferirsi in un appezzamento di terra che a prima vista sembra impossibile recuperare. Tanto più che il loro progetto è ambizioso, vogliono dar vita a un’agricoltura biodinamica, rispettosa del sistema naturale che si basa su due concetti chiave: la biodiversità e la sostenibilità. Quella che sembrava un’utopia diviene una riorganizzazione dei propri orizzonti, la ricerca di un nuovo equilibrio. Ridare un futuro a una fattoria, ma anche e soprattutto a se stessi. Cambiando lo sguardo. Quando John imbraccia il fucile per sparare a un coyote che minaccia le sue galline, pone un quesito fondamentale. Che valore ha il suo gesto? Quanto la antropomorfizzazione incide sulla natura? Fino a dove l’uomo può spingersi? In fondo, come sostengono i due protagonisti, si tratta sempre di gestire una “disarmonia sostenibile”. Vedi anche nel n. 136/137, p. 30. f.b. e t.c.


DAI 16 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Favolacce Periferia di Roma, estate, clima vacanziero, tensioni familiari represse. La scena è illustrata da una voce narrante che racconta di un diario ritrovato tra i rifiuti. Spiccano alcune figure: i Placido, papà Bruno e mamma Dalia, la cui felicità è in equilibrio sulla costante violenza psicologica e fisica che il padre nutre a scapito di Dennis e Alessia, i sin troppo quieti figli. C’è poi la famiglia Rosa, con papà Pietro che proietta lo stress del suo piccolo successo lavorativo sulla bellezza dell’introversa figlia Viola. C’è il più modesto Amelio Guerrini, che fa il cameriere e vive in un camper assieme al figlio, il timido Geremia, al quale è legato da un affetto quasi infantile. C’è poi Ada, poco più di una ragazzina, che è incinta di un ragazzo col quale cerca una via di fuga. I ragazzini vivono passivamente la loro estate e seguono i precetti del Professor Bernardini, strano insegnante che a suo modo sembra capire la loro silenziosa infelicità.

r. Damiano e Fabio D’Innocenzo or. Italia/ Svizzera 2020 distr. Vision Distribution dur. 98’

F

avolacce pare un film adulto sull’infanzia, ma è piuttosto uno sguardo disperato dell’infanzia sull’età adulta. Ma in realtà il punto focale sta proprio nel tenere separati i due mondi, come fossero due condizioni esistenziali estranee tra loro e soprattutto estraniate dalla realtà. I fratelli D’Innocenzo disconoscono sia stilisticamente che contenutisticamente ogni

La Freccia Azzurra The Blue Arrow Manca un giorno alla notte della Befana ma lei è ammalata. Nel laboratorio l’aiutante Scarafoni raccoglie le lettre con le richieste. Francesco, bambino povero e solo, si presenta per chiedere un trenino, la Freccia azzurra, che gli ricorda quello su cui lavorava il papà che è morto. Scarafoni gli dice che i doni devono essere pagati e sono destinati solo ai bambini ricchi. I giocattoli assistono alla scena e il cane Victor decide, con gli altri, di fuggire sulla Freccia azzurra per cercare Francesco e soddisfare il suo desiderio. La Befana scopre l’imbroglio di Scarafoni e si attiva per consegnare i doni mancanti, mentre il suo aiutante, falliti i tentativi di recuperare i giocattoli, torna nel laboratorio per rubare i soldi e fuggire; all’uscita trova i ragazzi che non hanno ricevuto i doni inferociti e viene arrestato dalla polizia. Il dono della Befana per Francesco sarà il cagnolino Victor in carne e ossa.

r. Enzo d’Alò or. Italia/Svizzera/ Lussemburgo 1996 distr. Viggo dur. 92’

L

a città, dall’alto, mostra il via vai delle persone, il dialogo di due gemelli benestanti sul fatto che sia giusto che i ricchi abbiano maggiori diritti (quindi migliori regali) ci anticipa il messaggio di fondo: la disparità di condizione nel tessuto cittadino e la supponenza di chi la ritiene giusta e scontata. Gli episodi si intrecciano con ritmo sostenuto: il viaggio dei giocattoli e quello di Scarafoni che dà loro la caccia; la vi-

possibile realismo, attingendo al malessere esistenziale di una periferia proletaria imborghesita. Lo sguardo tradisce qua e là un malcelato senso di pietà per tutti i personaggi e, per quanto la narrazione non sfugga dall’annichilimento che le loro azioni generano, il punto di contatto tra la loro solitudine e il disadattamento relazionale cui sono soggetti produce il senso dissonante e straniato che caratterizza il film. Il dramma dei personaggi è rappresentato nella distanza abissale che si apre tra loro e il mondo in cui vivono. Favolacce ha la consistenza di un impasto di stati d’animo indefiniti che induce una riflessione sulla condizione umana. Per individuare la fonte di tale spaccato i D’Innocenzo seguono i vari tracciati esistenziali con un empatico cinismo che si fa carico dell’irresolubile dissidio dell’esistere: il film non fa sconti ai personaggi e nemmeno allo spettatore, insistendo su una regia che adotta sempre la prospettiva più spietata e al contempo umana. Sono queste scelte a segnare la tara del peso morale del film, la capacità di ridefinire uno status etico per lo sguardo dello spettatore. Vedi anche nel n. 141, pp. 10 e 11. m.c.

cenda di due ladri che vogliono svaligiare la cassaforte di Scarafoni e rapiscono Francesco per costringerlo a entrare nel laboratorio da una finestra e ad aprir loro la porta dall’interno - il ragazzo riesce a chiamare la polizia che, ritenendolo complice, arresta anche lui. Infine quello della Befana, che si attiva per rimettere le cose a posto scagionando Francesco dall’accusa di furto. Il film è un’innovazione per la tecnica che mescola animazione tradizionale e computer, una sfida ai canoni figurativi dei colossi dell’animazione per la scelta di una grafica elementare e accattivante. Piccole trovate ravvivano gli eventi: una statua conversa con i giocattoli, il ballo dei giocattoli e della statua nella piazza si trasforma in una serata di gala; i disegni creati da un set di matite si animano e interagiscono con la realtà, i protagonisti di un film impegnati in una scena d’amore vengono disturbati dallo starnuto di uno spettatore; infine il sogno di Francesco che sul treno azzurro ritrova il papà e riesce a superare così il dolore per la sua scomparsa. Vedi anche nel n. 140, p. 27. l.z.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

11


DAI 4 ANNI

ANNUARIO 2020

Frozen II

Il segreto di Arendelle Frozen II

DAI 14 ANNI

Le sorelle Elsa e Anna vivono nella ritrovata armonia del villaggio di Arendelle. L’unico pensiero irrisolto di Elsa riguarda l’origine dei poteri magici che le rendono possibile domare i ghiacci. A far scattare la ricerca delle radici della propria identità è il richiamo di una misteriosa voce, che solo lei può sentire e che le mostra immagini del passato più remoto dei suoi avi. Decide di seguire questo richiamo viaggiando attraverso la foresta incantata conosciuta da bambina tramite i racconti del padre. Significherà dominare gli spiriti dell’Aria, dell’Acqua, del Fuoco e della Terra. Ad accompagnarla, determinati a proteggerla, la sorella Anna, lo spasimante di quest’ultima Kristoff, con la renna Sven, il pupazzo di neve Olaf. Mentre Elsa insegue l’Ignoto e si ritrova a scoprire e sanare colpe storiche ripercorrendone le tracce nel passato, anche gli altri superano i propri limiti.

r. Chris Buck, Jennifer Lee or. Usa 2019 distr. Walt Disney Pictures dur. 103’

F

rozen II è il film perfetto per le famiglie dove negli ultimi anni sono nati un fratellino o una sorellina ai bambini che s’innamorarono delle sorelle Elsa e Anna, unite da un legame di sangue che - a maggior ragione - veicolano tramite la loro salda unione un poderoso panorama affettivo. Molto più che nel primo fortunato capitolo (da Oscar, anche per la miglior canzone Let it go, in versione italiana All’alba

Un giorno di pioggia a New York A Rainy Day in New York Gatsby è uno studente universitario dell’immaginario college di Yardley, innamorato della bionda Ashleigh. Il giornale del campus incarica la ragazza di intervistare un regista di cinema impegnato, Roland Pollard. È l’occasione per trascorrere un fine settimana a New York, città natale di Gatsby, rampollo di una ricca famiglia di Manhattan che pianifica nei dettagli visite a musei e pranzi romantici. Ashleigh però rimane bloccata dagli imprevisti risvolti che assume la sua intervista a Pollard, mentre Gatsby, passeggiando per ingannare l’attesa, si imbatte in vecchie conoscenze che gli danno modo di misurarsi con il tempo trascorso dalla realtà di liceale. I fidanzati vivono esperienze parallele, complicate dalla pioggia battente. Si ritroveranno solo la domenica per il giro in carrozza a Central Park, ma…

12

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Woody Allen or. Usa 2019 distr. Lucky Red dur. 92’

T

imothée Chalamet interpreta il personaggio di Gatsby Welles come lo stesso Allen nei primi suoi film: curvo, impacciato, goffo, spiritoso, talvolta esaltato, più spesso demoralizzato. Gli mancano gli occhiali, per il resto è un perfetto emulo del regista-personaggio. Ashleigh Enright, figlia di un magnate degli Stati Uniti del Sud, ha il candore ingenuo e i colori chiari di Elle Fanning e ricorda da vici-

sorgerò, cantata da Serena Autieri, doppiatrice del personaggio di Elsa e voce protagonista anche in questo film) risiede nell’ossatura da musical il segreto più magico del successo di Frozen 2. Gli ingredienti drammaturgici sono ben calibrati, tuttavia il diffondersi capillare e virale dell’entusiasmo planetario per la nuova avventura delle sorelle Anna ed Elsa affonda le radici in una tessitura minuziosa che intreccia i testi dei brani musicali con i dialoghi. Il racconto procede così nella direzione tracciata dalla tradizione dei classici cantati americani. A beneficiarne non è soltanto l’esperienza da spettatori durante la visione, bensì la possibilità di espandere i confini di quella “sospensione della realtà” tipica dei musical. Non a caso è una melodia molto riconoscibile l’elemento portante del brano centrale del nuovo lungometraggio: Nell’ignoto (in originale Into the unknown dei Panic at the Disco). Nella versione italiana cantata dalla Autieri (affiancata da Aurora) e riproposta in chiave rock da Giuliano Sangiorgi nei titoli di coda, seguiti da una clip dove il pupazzo Olaf riassume il film. Vedi anche nel n. 139, p. 30. p.f.

no Melodie St. Ann Celestine, la giovane coprotagonista di Basta che funzioni: una provinciale emotiva che vede in New York la summa delle sue ambizioni, la svolta culturale che darà a lei, aspirante giornalista con il corpo da reginetta di bellezza, il fascino sottile dell’intellettuale. La passione che unisce Gatsby e Ashleigh ha un fondamento nella cultura che entrambi condividono, nell’idealismo della loro giovinezza che non si è ancora confrontato con i compromessi della vita, con i suoi snodi di verità. Sono come Isaac e Mary di Manhattan o come Gil e Adriana di Midnight in Paris, sognatori che pensano sia possibile sfuggire alla banalità di un mondo contemporaneo che inghiotte qualsiasi innocenza. Il registro lieve della commedia sentimentale pervade tutto il film, ma l’amore, più che verso i personaggi o tra i personaggi, è quello del regista per la sua città. Volere di più da una commedia che non cede mai a un buonismo di facciata è chiedere troppo. Ovvio sarebbe riconoscere che Woody Allen non delude mai. Vedi anche nel n. 139, pp. 4 e 5. c.m.v.


DAI 12 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Gloria Mundi A Marsiglia una famiglia si riunisce per la nascita della piccola Gloria. Nonostante la gioia condivisa, per i giovani genitori sono tempi duri. Mathilda è precaria in un negozio di vestiti, mentre suo marito Nicolas, autista privato, è costretto a restare a casa dopo un incidente. Mentre lottano per uscire dalla difficile situazione, ricompare Daniel, il nonno di Gloria, che ha appena terminato di scontare venti anni di prigione. Durante la sua assenza ognuno ha portato avanti le proprie vite e sua moglie ha costruito un solido rapporto affettivo con Richard che di fatto si è preso cura delle sue due figlie. Entrambi impiegano tutte le loro risorse per sostenere chi li circonda. L’uscita dal carcere di Daniel si rivelerà salvifica nei precari equilibri della famiglia, messa alla costante prova dall’incerta condizione economica e dalle dinamiche relazionali avvelenate da egoismi e interessi personali.

r. Robert Guédiguian or. Francia/Italia 2019 distr. Parthenos dur. 107’

P

artendo da una riflessione di Marx, Guédiguian mette in scena un racconto asciutto e crudele che ci ricorda da vicino il cinema di denuncia di Ken Loach. L’evidenza di base è infatti l’effetto del neocapitalismo sulle relazioni, il diradarsi della solidarietà e dei legami fraterni tra le persone, a favore degli interessi economici e dei calcoli opportunistici. Il nostro odierno stile di vita viene analizzato attraverso un nucleo familia-

La Gomera

L’isola dei fischi La Gomera Cristi è un ispettore della polizia di Bucarest che non disdegna incursioni nell’illegalità e per questo è sottoposto a costante sorveglianza dai superiori. Ugualmente riesce a essere avvicinato dall’irresistibile femme fatale Gilda che lo coinvolge in un’operazione criminale. Dovrà aiutare il gangster spagnolo Paco a far evadere dal carcere un suo complice per recuperare i trenta milioni che lo stesso ha nascosto alla banda. Per evitare fughe di notizie, Cristi viene dunque condotto sull’isola della Gomera, in modo da imparare el Silbo, ovvero la locale (e segreta) “lingua dei fischi”, che gli permetterà di aggirare ogni tentativo di intercettazione. Si consuma così un gioco di potere e di segreti, in cui i vari partecipanti non si fidano reciprocamente e si tengono sotto costante controllo, mentre imparano il modo di comunicare indisturbati.

r. Corneliu Porumboiu or. Romania/ Francia/Germania/Svezia 2019 distr. Academy Two dur. 97’

L

a Gomera si pone quale ulteriore tassello tematico rispetto ai precedenti lavori di Corneliu Porumboiu, per l’importanza del linguaggio come motore delle relazioni e dei giochi di potere fra le parti coinvolte nell’intreccio. Nel pessimismo generale del ritratto al vetriolo che ammanta la società rumena, Porumboiu inserisce così un punto di fuga, dato dal progressivo legame che

re nel quale appaiono da subito forti divergenze generazionali. I genitori hanno un trascorso difficile e continuano a lavorare e a sacrificarsi per i propri figli, pur nell’età della pensione; i trentenni di oggi invece, abituati a inseguire il sogno del guadagno facile e della posizione sociale di prestigio, ci sono presentati senza etica né morale, risucchiati in una spirale di ambiguità che degrada e azzera il valore di chi li circonda. Gloria nasce in una mirabile sequenza al rallentatore, sudicia di sangue e placenta, innalzata alla vita attraverso il suono di una musica sacra che le conferisce un alone di significato inequivocabile, come il sapore di un miracolo; quello che viene dopo è proprio il venir meno di questa percezione di sacralità dell’esistenza, di un senso pieno che avvolge la vita. Questa famiglia si fa specchio di una società infarcita di falsi miti e senza il senso del bene comune. Il regista vuole interrogarci sui disvalori della nostra epoca ‘per non soccombere all’illusione che ci sia qualcosa di naturale nella società in cui viviamo’. Vedi anche nel n. 140, p. 23. a.s.

si instaura fra Cristi e Gilda, seppur nato in una situazione di emergenza: per non perdere la sua copertura, la donna si finge infatti amante dell’uomo durante il loro primo incontro, consumando con lui un rabbioso rapporto sessuale. L’incontro repentino dei corpi tara il tono del racconto che, da quel momento in poi, manterrà costante il gioco della fisicità, evidente nell’addestramento di Cristi al Silbo, in cui l’uomo deve imparare a muovere correttamente il viso e il corpo. In questo modo La Gomera evidenzia bene il doppio registro su cui agisce: quello meramente esteriore, diretto, anche brutale, e uno più sottile, insinuante, in cui le emozioni inespresse scavano lentamente nell’animo e finiscono per riscrivere gli equilibri. Il fatto che il codice attorno a cui ruotano le relazioni sia la paradossale “lingua dei fischi” aggiunge infatti una connotazione più divertita a una vicenda per il resto molto seria. Il doppio registro è dunque anche quello che, quando mantiene uno sguardo critico sul reale, sa giovarsi pure delle possibilità di trasfigurazione che la vicenda offre. Vedi anche nel n. 140, p. 20. d.d.g.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

13


DAI 14 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

14

Hammamet Il congresso del partito è l’occasione giusta per Vincenzo Sartori per esternare i suoi timori all’applauditissimo leader circa la conduzione di alcune mosse non lecite da parte della formazione politica. Dieci anni dopo, l’innominato presidente è rifugiato a Hammamet dove vive un esilio solo in parte dorato. Ormai invecchiato e malato di diabete si muove affannosamente, perennemente scortato da guardie tunisine che sembrano avere il compito di proteggerlo e di sorvegliarlo allo stesso tempo. Le cure amorevoli della moglie e della figlia Anita insieme alle visite inaspettate di alcuni ospiti gli rendono meno amaro il soggiorno africano. Eppure le giornate del presidente trascorrono senza troppi colpi di scena, perseverando nel tentativo infruttuoso di riemergere nel dibattito pubblico, riaffermando, in maniera puntuale e ostinata, le sue posizioni sul sistema politico italiano che invece lo vede sempre più emarginato.

r. Gianni Amelio or. Italia 2020 distr. 01 distribution dur. 126’

A

mato e odiato. Bettino Craxi è una delle figure politiche più divisive della storia italiana. Gianni Amelio prova a fotografare il tramonto di un uomo, un leader potente e carismatico, nel suo momento di massima difficoltà personale, facendo slalom tra tutti i risvolti politici che avrebbero potuto riabilitare o affossare la figura dell’ex presidente. Hammamet infatti non è un film sulla politica, ma neanche un film politico, nel

Honey Boy Il dodicenne Otis Lort vive con il padre James in un motel a Hollywood; è una piccola star del cinema e della televisione. Inadatto a qualsiasi forma di responsabilità, James è molto legato al figlio. Ex clown da rodeo ed ex alcolista, ha un approccio infantile al mondo ed è geloso della fama di Otis, che dimostra di essere il capofamiglia. Otis fa amicizia con la giovane prostituta Shy Girl. Insieme condividono il senso di abbandono e solitudine che li pervade. A 22 anni la stella di Otis è già offuscata da una serie di comportamenti aggressivi. Come il padre, esprime un carattere rissoso e una dipendenza dall’alcol al punto da dover affrontare un periodo in una struttura di riabilitazione. Una terapista gli consiglia di utilizzare la scrittura per liberarsi della propria aggressività. Otis riesce ad affrontare i propri demoni e il rapporto con il padre, lasciandosi dietro le spalle un passato psicologicamente e fisicamente devastante.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Alma Har’el or. Usa 2019 distr. Adler Entertainment dur. 94’

H

oney Boy mette in scena un pezzo, rilevante, della biografia dell’attore Shia LaBeouf. Ma è un film anomalo all’interno del genere biografico. Un’opera dall’approccio intimo al soggetto che slitta con fluidità tra il passato e il presente del protagonista, mettendo in stretta sintonia, quasi in sovrapposizione, le due età del giovane attore, che nel film si chiama Otis Lort. Come se fosse un film-terapia, il ruolo del padre James è interpretato da La-

senso che non c’è presa di posizione nei confronti di alcuna tesi, bensì solo il tentativo di indagare il lato umano di un uomo impegnato in una lotta fuori tempo massimo per la riaffermazione della sua verità. Eppure le vicende politiche riemergono continuamente dal passato dei protagonisti, ma solo in maniera funzionale alla drammaturgia, per gli effetti che hanno sul presente narrativo, che prende linfa vitale proprio dagli avvenimenti di un passato omesso, o solo evocato, ma quanto mai indispensabile per interpretare la contemporaneità. La mimesi di Favino nel ruolo del protagonista è prodigiosa e la sua presenza scenica totalizzante, rasentando il rischio di risultare invadente. Se da una parte, infatti, la gestualità ricercata e ancor più il trucco prostetico, ricostruito con minuzia, donano una meravigliosa verosimiglianza all’ex segretario socialista, dall’altra appongono una maschera tanto vistosa quanto impenetrabile a un personaggio che avrebbe necessitato di essere “spogliato” il più possibile per poter instaurare una più forte connessione empatica e umana con il pubblico. Vedi anche nel n. 139, p.19. m.m.

Beouf (in una performance fisica che lo rende irriconoscibile), perfetto nel plasmare un uomo alla deriva, che continua a vivere nel mito delle sue gag quando si guadagnava da vivere come clown in un rodeo facendo dei giochi di magia con una gallina. Accanto alla relazione tra padre e figlio, va rilevata quella di amicizia, di tenero e profondo affetto, che si instaura fra il ragazzo e la prostituta afroamericana Shy Girl, descritta in alcune delle scene migliori del film. I due si costruiscono una sorta di rifugio dalla rabbia e dalla violenza del mondo esterno. L’israeliana Alma Har’el proviene dal documentario, e si vede nel modo di filmare, osservare i personaggi, farsi loro complice, cogliere gesti ed espressioni nel turbinio di esistenze lacerate. Har’el crea un flusso di memoria, di immagini dove non si sente mai lo stacco tra oggi e ieri. Il tocco della regista, e del montaggio, sono precisi, rendono palpabile tanto la presenza quanto l’assenza di un personaggio in un modo di fare cinema consapevole e personale. Vedi anche nel n. 141, pp. 6 e 7. g.g.


DAI 14 ANNI

DAGLI 8 ANNI

ANNUARIO 2020

Jojo Rabbit Jojo Betzler (10 anni) vive nella Germania nazista. Cicciottello e maldestro, fatica a relazionarsi con i compagni che spesso si prendono gioco di lui, chiamandolo Jojo Rabbit coniglio. Per sfuggire alla solitudine il ragazzo inventa un amico che lo sprona a ridicoli addestramenti: Adolf Hitler. Con Yorki, unico amico bullizzato quanto lui - si dedica a esercizi guidati da adulti in divisa nazista. La mamma di Jojo, è dolce, eccentrica e determinata. Il padre assente. Jojo, integrato nella gioventù hitleriana, odia gli ebrei. La sua visione cambia quando scopre che la madre nasconde in soffitta Elsa, ragazza ebrea. Dopo una negativa reazione iniziale, è costretto a fare i conti con tale presenza e scopre che è tutt’altro che un mostro. Da quel momento farà i conti con i dubbi sul nazionalismo. Quando tutto andrà a pezzi, l’amicizia trionferà sull’odio razziale e permetterà ai due di continuare a vivere.

r. Taika Waititi or. Germania/Usa 2019 distr. Walt Disney Italia / 20th Century Fox dur. 108’

M

ettere in scena gli orrori della Shoah non è semplice, soprattutto se si vogliono coinvolgere anche i giovani. Il rischio è di proporre rappresentazioni troppo crude e dolorose, oppure semplificazioni e narrazioni didascaliche. Jojo Rabbit si sottrae a entrambi i rischi e mette in scena - con efficace registro ironico - una storia che mette in scacco la fol-

Joker Joker Arthur Fleck soffre di un disturbo psichico, quando si emoziona non riesce a contenere una risata stravagante e nervosa mescolata a lacrime amare. Perché nella vita di Arthur c’è davvero poco da ridere. In casa si occupa di una madre malata, fuori prova a integrarsi in un mondo che non vuole saperne di quelli come lui. Di quel mondo freddo e sporco, dove la povertà avanza e gli aiuti sociali si riducono progressivamente, Arthur è il clown patetico. Vessato dai bulli di turno, sogna di diventare uno stand-upper e di partecipare allo show televisivo del suo idolo, un presentatore molto popolare che guarda ogni sera entusiasta. Ma all’ennesima aggressione in metro, Arthur collassa e infila l’abisso. Gli basterà una notte per andare dalla A di Arthur alla J di Joker. Convertito in clown assassino, diventa suo malgrado l’emblema di Gotham City e di un popolino che si sente maltrattato da chi lo governa.

r. Todd Phillips or. Usa 2019 distr. Warner Bros dur. 123’

D

imenticate Batman, ancora impubere, e i comics, perché Todd Phillips naviga in pieno realismo e immagina un racconto biografico nella New York degli anni 80. Senza più ideali, senza Batman, senza lega di giustizieri o un universo condiviso di supereroi, il suo Joker è paradossalmente aperto. Aperto a tutto, specialmente a l’essere umano che dorme al cuore del mostro, divorandosi il pallido Jared Leto e assumendo la fiamma di Heath Ledger.

lia nazista mostrandola in tutta l’insensatezza e disumanità. Una commedia tragica, si potrebbe definire il film, con retrogusto nero, che alterna momenti di ilarità ad altri di drammaticità, appena sfiorati dallo sguardo morale della macchina da presa. Ma Jojo Rabbit non è solo capace di raccontare e ridicolizzare un mondo accecato dalla smania di potere, è anche un delicato racconto di formazione, un percorso di crescita di un bambino nella Germania nazista e un processo di decostruzione degli stereotipi. Liberamente tratto dal romanzo Caging Skies / Come semi in autunno di Christine Leunens (2004), che ambientava la storia a Vienna, e nominato a cinque premi oscar. il film è senza dubbio un’interessante favola nera, un’ode alla tolleranza e al rispetto reciproco. È anche una lezione di vita, utile, efficace e attuale per le giovani generazioni di oggi: un invito ad andare ‘oltre le apparenze’, a non omologarsi, a non aver paura di pensarla in modo differente o di sentirsi diversi, ad agire con coscienza, consapevolezza, capacità di opporsi, soprattutto quando vengono proposti dis-valori ingiusti o inaccettabili. Vedi anche nel n. 139, p. 27. p.c.

Nessuna scena originaria per lui. A compensare il fantasma infantile provvede l’origin story di Phillips, risalendo il passato fino al trauma fondatore e giocandosi fino in fondo la carta del dramma psicologico. Joker, interamente consacrato al celebre supercattivo della DC, prescinde qualsiasi cosa detta fino a oggi sul personaggio, di cui coglie una demenza ancora latente. A interpretarlo è Joaquin Phoenix che alla plasticità ideale di Ledger oppone il volto accidentato da un marchio di nascita. Una cicatrice in cui sembra concentrarsi tutta la sua fragilità e che risale come una virgola dalle sue labbra fino al naso. 44 anni e 15 chili persi dopo, Joaquin Phoenix alza la posta, infila la marsina rossa e annuncia la sua versione realista di Joker. Un personaggio insondabile, quasi metafisico, il più puro e malato fra gli esseri cinematografici. Dionisiaco e fuori norma, Joaquin Phoenix si serve dello scacco come base di composizione per alimentare un motore burlesco, l’acrobazia comportamentale di un clown poeta del disordine. Con Joker, l’attore accede definitivamente a una forma di eternità. Vedi anche nel n. 136/137, pp. 8 e 9. m.gn.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

15


DAI 6 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Light of My Life Caleb e la figlia Rag sono accampati in un bosco. Si spostano da un luogo all’altro da quando, una decina d’anni prima, la terra è stata sconvolta da un’epidemia che ha sterminato la popolazione femminile. Le poche donne sopravvissute sono state costrette a nascondersi. Per questo motivo Caleb spaccia la figlia undicenne per maschio. Non ci si può fidare di nessuno, ognuno potrebbe essere una spia. Poco distante dal bosco, scoprono una casa abbandonata che diventa il loro temporaneo rifugio, ma sono costretti a scappare all’arrivo di alcuni uomini, resisi conto che Rag è una ragazza, e si riparano in una chiesa. L’intenzione di Caleb è di raggiungere la casa dei nonni, in montagna. Arrivati a destinazione, Caleb e Rag si accorgono che la casa è abitata da tre anziani i quali li accolgono. Tutto sembra precipitare quando dei criminali fanno irruzione. Rag e Caleb riescono a salvarsi e si stringono in un abbraccio.

Lilli e il vagabondo Lady and the Trump È Natale in una città del sud degli Stati Uniti d’inizio Novecento. Gianni Caro regala alla moglie Tesoro una femmina di cocker spaniel chiamata Lilli. Questa cresce con Fido e Jackie, mentre per le strade gironzola Vagabondo, schnauzer che fa impazzire l’accalappiacani Elliot, ossessionato dalla sua cattura. Un giorno Vagabondo finisce nel cortile della casa di Lilli, fuori di sé per essere stata trascurata dai padroni, presi dalla nascita di un figlio. Il randagio cerca di spiegarle che questo evento comporta che lei debba andar via, ma Lilli non gli crede. A seguito di varie peripezie i due hanno modo di conoscersi meglio: cenano insieme e passeggiano per le colline della città, ma vengono trovati da Elliot, che porta Lilli al canile, dove presto viene recuperata. Dopo qualche tempo i due innamorati si ritrovano e, grazie ad un caso del destino, riusciranno a rimanere per sempre insieme.

16

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Casey Affleck or. Usa 2019 distr. Notorious Pictures dur. 119’

I

n Light of My Life si assiste all’infinita erranza di un adulto e una ragazzina. Non si sa da dove vengano, prima che il film cominci sono già accadute molte cose, lasciate solo intuire, quel tanto che serve per fornire indicazioni sui motivi che li hanno costretti a mettersi in viaggio. Siamo in un “dopo”, in una sorta di ambiente distopico, un futuro imprecisato che però mantiene tutte le sembianze del presente.

Casey Affleck ricorre alla cornice “fantascientifica” per descrivere, soprattutto, il rapporto tra un padre e una figlia in una situazione estrema. Entrambi hanno trovato un equilibrio che permette loro di affrontare il disequilibrio che li circonda, hanno adottato codici di sopravvivenza fatti di gesti, segnali, parole, nascondigli. Sorprende la schiettezza instauratasi tra loro, la maturità di Rag, la semplicità con la quale il padre le spiega cose complicate o delicate (si pensi al discorso sulle mestruazioni). C’è una sintonia affinatasi durante gli anni passati insieme lontano da casa, un passato recente che sembra di vederlo, impresso nelle immagini del presente, sul volto dei protagonisti in un film che per Rag segna il “salto” nell’età adulta, lasciandosi alle spalle quella dell’innocenza. Con uno sguardo che non sovrasta mai i fatti narrati, Affleck crea lievi e densi legami fra il presente oscuro vissuto dai personaggi ed episodi che ri-sorgono dalla memoria, come dei lampi che si accendono per visualizzare un ricordo, uno stato d’animo. Vedi anche nel n. 138, pp. 10 e 11. g.g.

animali di articolare la bocca nelle scene di dialogo. Ben lontano dal rappresentare il meglio che gli studios disneyani possono offrire, il film prova a onorare il materiale d’origine attraverso un adattamento modesto e timoroso, incapace di osare e di ricreare, se non in minima parte, la magia che caratterizzava la pellicola originale. La sceneggiatura si limita ad aggiornare qualcosina, eliminando gli imbarazzanti accenti esotici del passato e rimpiazzando i gatti siamesi, tanto famosi r. Charlie Bean. or. Usa 2019 distr. quanto discriminatori nei confronti deDisney+ dur. 104’ gli asiatici, con due nuovi felini che mettono sì a ferro e fuoco la casa ma senza canzoni dal sapore razzista. Ma a parte illi e il vagabondo è il primo remake questo non c’è molto altro. Il remake di Lilin live action di un classico d’anima- li e il vagabondo, ripulito come altre recenzione della Disney a non uscire nelle sa- ti opere Disney da ogni superata rappresenle ma ad approdare direttamente su Di- tazione stereotipica e da riferimenti posney+. Come il rifacimento de Il re leone, tenzialmente offensivi, farà facilmente anch’esso utilizza una computer-gene- breccia nel cuore degli spettatori più afferated imagery fotorealistica, ovvero si zionati al film del 1955 e potrà certamente tratta di un film di animazione con per- incontrare il favore delle generazioni più sonaggi in carne e ossa che cerca di imi- giovani, ma la vivacità e la complessità tetare il più possibile la realtà, impiegan- matica dell’originale restano solo pallidi do la CGI soprattutto per consentire agli ricordi. Vedi anche nel n. 141, p. 19. d.s.

L


DAI 16 ANNI

DAGLI 8 ANNI

ANNUARIO 2020

Maleficent Signora del Male Aurora capisce che il matrimonio col principe Filippo sarà un trabocchetto per sterminare gli invitati della Brughiera; liberatasi dalla prigionia e chiesto perdono a Malefica, invita alla pace, dichiarandola sua madre. La regina Ingrith però la colpisce col filtro magico che Sicofante (elfo traditore) ha elaborato per annientare il popolo della Brughiera. Malefica la difende, restandone annientata. La regina confessa di aver divulgato le fake newws sul conto di Malefica per farla odiare e perseguire da tutti gli uomini. Aurora piange e dalle ceneri bagnate dalle sue lacrime Malefica risorge come la Fenice. Ingrith scaraventa giù dalla torre Aurora, che viene salvata da Malefica, la quale distrugge l’arcolaio, risveglia Giovanni e trasforma la regina in una capra. Malefica, che ha visto Filippo combattere contro il nemico ma proporgli la pace, benedice le nozze. Tornerà al battesimo del figlio.

r. Joachim Ronning or. Usa 2019 distr. Walt Disnney dur. 118’

D

otato di una rutilante strumentazione visiva, il film mostra in Aurora la conquista dell’autonomia di scelta e utilizza la strumentazione favolosa per proporre importanti temi contemporanei. Oltre alla lotta fra il Bene e il Male, nella contrapposizione fra creature magiche e umani mostra la differenza fra libertà e oppressione, apertura e chiusura nel rapporto con l’estraneo e suggerisce la tolleranza rispet-

Martin Eden Napoli, inizio del 900. Martin Eden, un marinaio ventenne, teppista per estrazione sociale, ma generoso per natura, salva da un’aggressione Arturo Orsini, giovane rappresentante di un’importante famiglia borghese. Per ringraziarlo Arturo invita Martin a pranzo. Nella ricca magione il proletario rimane abbagliato dall’apparente cultura e raffinatezza degli Orsini e si innamora della bella sorella di Arturo, Elena. Per dar senso alla propria esistenza e conquistare la donna, Martin decide di cambiare vita e di farsi scrittore. Ma poesie, saggi e racconti elaborati in lunghi anni di travaglio sono sistematicamente rifiutati da tutti i periodici cui si rivolge. Per sopravvivere, torna a imbarcarsi come marinaio e poi accetta il duro lavoro di lavandaio. Infine, inaspettatamente, il successo gli arride e, in pochi anni, diventa ricco, si sistema in un albergo e benefica con grandi donazioni parenti e amici. Ma il tarlo del fallimento esistenziale lo perseguita.

r. Pietro Marcello or. Italia 2019 distr. 01 Distribution dur. 129’

M

artin Eden è un film volutamente imperfetto fondato sulla struttura della dissonanza e del contrasto. Non illustra le complesse vicende del protagonista, espresse con approfondimento psicologistico, si ispira piuttosto a una dichiarazione di estetica sottesa al racconto. Illuminante l’episodio metaforico con cui si apre il romanzo. Nella villa degli Orsini, Martin è sommerso dall’esibizione di oggetti d’arte. “Un quadro a olio at-

to alla scelta di guerra, muri, confini, voluta da chi sobilla il popolo con la paura del diverso. Anche le fake news messe in circolazione dalla regina Ingrith sul conto di Malefica mostrano un attuale, subdolo strumento nella lotta per il potere. Fra le tre donne, di cui due volitive, energiche e un po’ androgine, virago del potere, capaci di vendetta e distruttività, a vincere sarà la dolcezza innocente e istintiva di Aurora, che riproporrà e alla fine metterà in atto il ripudio della guerra, la pacificazione fra due popoli e l’unione di due regni: quello umano di Ulstead, in cui mascherata governava la tirannide, e quello della Brughiera, in cui si viveva con fantasia e libertà, in equilibrio ecologico con la Natura. Il rispetto della quale e degli indigeni dei luoghi primigeni è un altro dei temi portanti del testo, che mette in rilievo che, nella lotta fra il Bene e il Male, i cattivi sono gli umani. E questa della differenza fra realtà e apparenza, con l’invito a non giudicare in base a dicerie e pregiudizi, è la morale della storia, che si conclude con la felice unione di due popoli diversi, auspicata e realizzata da una tenera ragazza. Vedi anche nel n. 138, p. 16. m.g.r.

trasse la sua attenzione. Una violenta risacca s’avventava contro una scogliera protesa; basse nubi temporalesche coprivano il cielo. Al di là della risacca una goletta, a vele ammainate…. Il quadro spirava bellezza, e lo attrasse in modo irresistibile.., si avvicinò al quadro, vi si accostò. La bellezza di colpo sparì dalla tela… si allontanò. Immediatamente la tela riacquistò l’incanto di prima”. Il movimento di avvicinamento e allontanamento non rappresenta la ricerca di una giusta distanza, tipica del cinema classico, ma una dichiarazione di irrisolvibilità dei termini messi in relazione. Lo stesso movimento è messo in atto quando entra in campo per la prima volta Elena. Questo conflitto fra “messa a fuoco” e indefinitezza dell’immagine viene adottato lungo tutto il film. Si vedano gli inserti tratti da archivi storici e le immagini sgranate in soggettiva, generate dallo sguardo di Martin sui quartieri popolari della Napoli di oggi e di ieri. Immagini apparentemente incongrue e casuali, ma più dotate di verità di quelle degli interni borghesi di casa Orsini. Vedi anche nel n. 136/137, pp. 6 e 7. f.v.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

17


DAI 14 ANNI

DAGLI 8 ANNI

ANNUARIO 2020

18

Mio fratello rincorre i dinosauri Giacomo ha cinque anni e due sorelle. Quando i genitori gli comunicano l’arrivo di un fratellino tocca il cielo con un dito. Finalmente un maschio, Giovanni, con cui condividere esperienze, il gioco, lo sport, ogni fantasia. Appena dopo il parto però i medici comunicano alla famiglia che il bimbo è trisomico. Gli occhi da cinese, la nuca piatta e una serie di inconfondibili tratti somatici incuriosiscono i tre figli, a cui viene spiegato che Giovanni è speciale, definizione che per Giacomo significa dotato di poteri superiori. Crescendo, però, Giacomo inizia a comprendere la natura della diversità di Giovanni, i cui poteri sono in realtà disabilità. Ormai adolescente, inizia una nuova avventura in un liceo di città. Il confronto con ragazzi più grandi, la prima cotta per la coetanea Arianna, sconvolgono Giacomo che cambia look, entra in una rock band e, soprattutto, mente sull’esistenza di un fratello disabile.

r. Stefano Cipani or. Italia/Spagna 2019 distr. Eagle Pictures dur.101’

I

spirato all’omonimo romanzo autobiografico scritto dall’allora diciassettenne Giacomo, il film traspone una storia

raccontata in forma diaristica, costruita su una serie di episodi nell’arco di quasi dodici anni. Il regista, affiancato dallo sceneggiatore Fabio Bonifacci, fa proprie le suggestioni del romanzo, con qualche inevitabile concessione: piccoli tradimenti necessari a tradurre in for-

I Miserabili Les Misérables Sul cielo di Montfermeil un drone veglia. La camera volante, manovrata da un bambino, ama sorprendere le ragazze negli spogliatoi passando per le finestre aperte nei giorni di canicola. Perché fuori il clima è opprimente come la coscienza del quartiere, magma di culture sull’orlo di un’eruzione. L’occhio meccanico sorvola un mondo abbandonato ai suoi espedienti, misura le tensioni e osserva la polizia fare il buono e il cattivo tempo coi più deboli. Ma questa volta i bambini della cité hanno visto tutto e hanno registrato tutto. Ai poliziotti coinvolti, un agente aggressivo ossessionato dalla difesa del suo statuto, il suo doppio ‘positivo’ cresciuto nelle banlieue e il collega appena sbarcato dalla provincia, non resta che recuperare il video, a tutti i costi. Ai ragazzini impedirglielo, con ogni mezzo.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Ladj Ly or. Francia 2019 distr. Lucky Red dur. 102’

A

dolescente nella cité des Bosquets a Montfermeil (a est di Parigi), Ladj Ly ha acquistato a diciassette anni la sua prima videocamera per registrare le tensioni sociali e raccogliere le prove dei metodi della polizia contro i ragazzi del suo quartiere. Un giorno del 2008, la violenza ordinaria passa il limite e Ly filma il pestaggio di un minore ammanettato. Segue uno scandalo, un’indagine e la sospensione dal servizio di alcuni agenti.

ma cinematografica vissuti intensi ma lontani da una struttura drammaturgica che possa arrivare sul grande schermo. Cipani coglie il cuore tematico del testo e molto dell’anima della famiglia Mazzariol che aleggia tra le pagine scritte. Il film esalta le virtù dei genitori tanto nella difficile mediazione tra la disabilità e i figli - una guida morbida alla scoperta della singolarità del bambino - quanto nel reggere saldamente il timone di fronte alle trasformazioni di Giacomo nel delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza, quando l’identità individuale passa attraverso l’accettazione nel clan, per cui un fratello disabile potrebbe essere una vergogna che sancisce l’esclusione. Il concetto di diversità è associato a quello di unicità, esteso a ogni individuo; va da sé che la disabilità è tale rispetto a un sistema di riferimento che privilegia una serie di competenze a discapito di altre, la cui conseguenza più rilevante è quella di togliere valore a uno sguardo divergente, inconsueto, che spesso coglie impreparati, ma che può sorprendere e, in certi casi, allargare gli orizzonti. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 136/137, pp. 6 e 7. a.l.

Quel video è l’origine dei Miserabili, declinato in un cortometraggio nel 2017 e nella versione in lungo due anni dopo. Nella figura del bambino col drone, riconosciamo Ladj Ly, sentinella del quartiere e guardiano delle immagini. Ma il punto di vista morale del regista sulla storia che racconta passa sorprendentemente per un poliziotto (Damien Bonnard), testimone candido delle rivalità del quartiere e delle ‘bravate’ dei suoi colleghi. Affiancando con empatia la pattuglia e i loro interventi, l’approccio del regista apporta un equilibrio singolare tra le forze in campo. Due punti di vista, dove vittima e carnefice finiscono per scambiarsi il posto. Premio della giuria al Festival di Cannes, I Miserabili è un film implacabile sulle banlieue che trascende il ‘film de banlieue’. Un gioco dove tutti perdono, dove tutti sono miserabili, ma certi più colpevoli di altri. È l’immagine mancante dei ‘territori perduti’ della Repubblica, tutti quegli spazi trascurati dai grandi racconti del cinema francese. In quei territori Ladj Ly ha aperto una scuola di cinema e promette di far nascere nuovi sguardi. Vedi anche nel n. 140, pp. 8 e 9. m. gn.


DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Non conosci Papicha Papicha

DAI 16 ANNI

Nedjima studia all’università di Algeri e sogna di diventare stilista. Con l’amica Wassila, va di nascosto in discoteca per vivere e vendere nei bagni femminili vestiti di sua creazione. Ma il Paese è investito da un’ondata di fondamentalismo religioso: le donne sono “invitate” a indossare l’hijab, azioni terroristiche seminano ferite e morti. Nedjima rifiuta le imposizioni e ottiene dalla direttrice del campus l’autorizzazione a organizzare una sfilata di moda. L’assassinio della sorella giornalista la fa vacillare. Sconvolta dal dolore, la giovane decide tuttavia di confermare la scelta di sfidare il sistema, perseguendo quanto si era prefissata. Disegna degli “haïk”, vesti bianche tradizionali, sinonimo di purezza ed eleganza, sostenuta dalle amiche, anch’esse alle prese con negazioni di diritti e libertà. La vicenda si svolge durante la guerra civile (92-99) che ha causato molte morti.

r. Mounia Meddour or. Francia/Algeria 2019 distr. Teodora dur. 105’

P

apicha, primo lungometraggio di Mounia Meddour, ci immette nell’Algeria degli anni Novanta, decennio devastato dall’ondata di integralismo e dalla guerra civile. Lo racconta attraverso lo sguardo ribelle e gioioso di una studentessa universitaria che con una sfilata di moda di abiti da lei disegnati, intraprende una battaglia di resistenza al montare del sessismo ed estremismo religioso.

Il paradiso probabilmente It Must Be Heaven Il regista Suleiman torna dall’estero a Nazaret per la morte della madre. Durante il soggiorno osserva i cambiamenti della società arabopalestinese. Antiche abitudini e riti culturali e religiosi hanno perso significato e valore e sono deturpati da una generale deriva morale e relazionale. Dopo essersi immerso brevemente nell’ancora intatto paesaggio della natia Galilea, Suleiman si reca prima a Parigi, poi a New York per contattare produttori per il suo prossimo film. Parigi è deserta e militarizzata per la festa nazionale del 14 luglio. A New York tutti girano armati. Dopo alcuni incontri infruttuosi con produttori che vorrebbero da lui un progetto più didascalico e militante, il regista torna in Palestina dove osserva con perplessità un’ulteriore omogeneizzazione dei costumi.

r. Elia Suleiman or. Francia/Qatar/ Germania/Canada/Turchia/Palestina 2018 distr. Academy Two dur. 97’

L’

arte (e il cinema non banalmente mimetico e riproduttivo) ricreano il mondo con procedure di scrittura che “strappano” la materia della visione alle sue apparenze naturalistiche per farla diventare altro. Il procedimento di scrittura di Suleiman è fondato sull’invito allo spettatore a scoprire tale mistero attraverso la sospensione dell’azione, la rarefazione del tempo e dello spazio, l’imprevedibile coincidenza di elemen-

Per testimoniare la lotta delle donne contro l’oppressione fondamentalista, la regista sceglie il campus universitario di Algeri, microcosmo privilegiato della società algerina, da cui osservare il precipitare degli eventi in tutta la sua tragicità. Papicha, che vuol dire bella ragazza indipendente, è un inno libertario, sui sogni e le illusioni della giovane Nedjima, dove i toni leggeri e la spensieratezza della commedia si incrociano sin dalle prime battute con la drammaticità della Storia. La narrazione procede con ritmo incalzante e per contrasto, dove i colori vivaci degli abiti e del maquillage si contrappongono al nero di tuniche informi, all’uso dell’hijab, all’oscurità dei dettami che impongono alla donna, oltre ad altre restrizioni, la reclusione in casa - dettami di cui, come il film mette in luce, possono essere le stesse donne a farsi temibili portavoce. Film d’ispirazione biografica Papicha mette in scena le dinamiche del sospetto e della paura, per cui il nemico può essere chiunque, la propria vicina di stanza, il guardiano del campus, una donna che bussa alla porta di casa, ma è anche una storia di amicizia. Vedi anche nel n. 140. p. 25. l.c.

ti figurativi e/o narrativi che rivelano il possibile senso delle cose. Nella dimensione dell’atemporalità e dell’astrazione dello spazio la materia della visione assume un altro significato, quasi scattasse un corto circuito della conoscenza, la scintilla di un nuovo concetto. Il regista con i lunghi primi piani del suo stesso volto osservatore, appena increspato talvolta da un sorriso ironico, chiede allo spettatore di condividere il proprio stupore per l’assurdità dei comportamenti umani che gli si presentano. L’incipit del film - in una chiesa ipogea che custodisce una riproduzione del Santo Sepolcro si celebra il rito della Resurrezione di Cristo - nella sua fulminante paradossalità rappresenta la chiave di lettura di tutta l’opera. Nell’ambivalenza, suggerisce almeno due livelli di lettura. Segnala la desacralizzazione dei riti religiosi da parte dei ceti popolari che ne hanno smarrito il significato simbolico; evidenzia la violenza con cui la struttura religiosa cerca di confermare la propria autorità, imponendo i riti quali strumenti immutabili della credenza fideistica…. Vedi anche nel n. 139, pp. 8 e 9. f. v.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

19


DAI 12 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

20

Parasite La famiglia Kim appartiene al sottoproletariato sudcoreano e sbarca il lunario come può. Un giorno, però, arriva l’occasione della svolta: il figlio maggiore Ki-woo riesce infatti a farsi assumere come insegnante d’inglese per il rampollo della ricca famiglia Park. Il ragazzo imbastisce così un piano truffaldino per estromettere gli altri inservienti, sostituendoli con i suoi cari: la sorella Ki-jung diventa perciò la docente d’arte del figlio dei Park, il padre Ki-taek è il nuovo autista della famiglia e la madre Chung-sook la governante. Tutto sembra procedere per il meglio, finché la precedente governante Moongwang non rivela che, in un bunker nascosto sotto la casa, vive, all’insaputa dei Park, suo marito Geun-se. Inizia così una guerra tra famiglie e truffatori per mantenere quel poco di benessere che sono riusciti a strappare.

r. Bong Joon-ho or. Corea del Sud 2019 distr. Academy Two dur. 132’

B

ong riassume la dinamica di infiltrazioni e sfruttamento reciproco tra le famiglie attraverso un gioco di spazi articolato sugli ambienti della casa dei Park. L’abitazione è infatti un autentico set-corpo che, con la sua struttura labirintica, gli interstizi in cui nascondersi e proliferare parassitariamente, diventa un organismo da invadere, articolato come le macchinazioni dei personaggi.

Piccole donne Little Women 1868. Jo March, aspirante scrittrice che vive a New York, è costretta a ritornare a casa nel Massachussets per l’aggravarsi di una malattia che ha colpito la sorella Beth. Il viaggio è l’occasione per ricordare quando sette anni prima, le sorelle vivevano insieme con la madre, in perenne attesa del ritorno del padre, cappellano sul fronte unionista. Insieme a Jo e Beth, vivono Meg, la sorella più grande, giudiziosa con il desiderio di far famiglia, e la più piccola, Amy, ambiziosa con la passione per il disegno. Quando Laurie, il giovane nipote del ricco vicino di casa, familiarizza con la famiglia March attratto da Jo, alcuni equilibri cadono, anche perché Amy ha un debole per il giovane rampollo. Il 1868 sarà fatale per Beth. Dopo la sua morte, Jo si ritrova a fare i conti della sua vita e a riconsiderare il rapporto con Laurie, che invece a Parigi incontra e si innamora di Emy, in trasferta con la zia.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Greta Gerwig or. Usa 2019 distr. Warner Bros dur. 135’

Q

uesta firmata da Greta Gerwig è la sesta versione di Piccole donne di May Alcott. Pellicole figlie dei tempi che interpellano il contesto storico a loro vicino, nonostante mai nessuno abbia rinunciato all’ambientazione ottocentesca e ai forti legami con la guerra di secessione. Eppure l’epopea delle sorelle March, che racconta in parte vicende autobiografiche dell’autrice, ha in nuce elementi che, film dopo film, hanno raccontato l’emancipa-

Una fucina in grado di garantire autosufficienza (sembra infatti che si autoalimenti, nonostante le sporadiche scene in cui i personaggi fanno acquisti al supermercato), ma che allo stesso tempo è foriera di numerose storie, ambienti inediti, vite che si intrecciano: cambia in continuazione pur restando sempre uguale, è testimone di proprietà che si avvicendano e di gente che anela a occuparne anche solo un pezzo, e in questo modo raggiunge l’affinità con quel quartiere povero in cui i Kim difendono ogni centimetro dalle incursioni dei passanti. In mezzo ai due spazi c’è il lungo percorso che i personaggi percorrono a piedi, nella notte battuta dalla pioggia, che è un continuo scendere scale, attraversare sottopassi, in una metaforica “discesa agli inferi” di una città letteralmente “a livelli” dove il “sopra” non può comunicare con il “sotto”, anche se vi si rispecchia. La capacità sopraffina di Bong è quella di orchestrare questo gioco al massacro attraverso un’elaborata variazione di toni, propedeutica a rovesciare sempre le aspettative e le certezze dello spettatore. Vedi anche nel n. 138, pp. 4-5. d.d.g.

zione di un certo modello femminile. Una vera e propria alleanza tra romanzo e cinema, dove il cinema si fa strumento capace di mettere in luce un potenziale, se non taciuto, in parte solo suggerito dal romanzo. Che è poi anche un romanzo di formazione, un must della letteratura americana per ragazzi, la cronaca del passaggio all’età adulta con l’inevitabile attraversamento delle crisi e delle tragedie, con “aggiustamento” finale. Gerwig, senza stravolgere il romanzo, lavora sugli archetipi femminili della Alcott, concentrandosi naturalmente su Jo, intrepida e generosa, sfacciata e provocatoria, mascolina e femminile al tempo stesso. Saoirse Ronan, che ne veste i panni, porta con sé una carica di energia che muove il film, interpretando con naturale trasporto il conflitto con Amy e il confronto con Meg, ovvero modelli e alternative di vita più semplici anche nel contesto emancipato della famiglia March. Attraverso una narrazione frammentata in flashback, la regista riesce a dosare dramma e commedia, con un occhio all’affresco storico e uno al racconto da camera. Vedi anche nel n. 141, pp. 4 e 5. a.l.


DAI 12 ANNI

DAGLI 8 ANNI

ANNUARIO 2020

Pinocchio Il falegname Geppetto riceve in dono dal collega Mastro Ciliegia un pezzo di legno, che sembra vivere di vita propria. Ne ricava perciò un burattino, Pinocchio, per crescerlo come un figlio. Con fatica e rinunce, Geppetto gli procura l’occorrente per studiare, ma Pinocchio è mosso soprattutto dall’entusiasmo della giovane età e dall’ingenua curiosità verso il mondo, ragion per cui rimane invece coinvolto in varie avventure. Raggirato dal Gatto e la Volpe, due lestofanti che lo lasciano privo di averi, Pinocchio trova una possibilità di redenzione nella Fata dai capelli turchini, ma la curiosità continuerà a metterlo nei guai. Dopo essere stato arrestato e trasformato in ciuchino per aver seguito il cattivo esempio dell’amico Lucignolo, si ricongiungerà infine a Geppetto nel ventre del pescecane. La fuga dei due sarà il preludio alla rinascita come un bambino di carne e ossa.

r. Matteo Garrone or. Italia/Francia 2019 distr. 01 Distribution dur. 125’

I

l percorso che ha condotto Matteo Garrone a Pinocchio è lo stesso che ha progressivamente spostato i suoi lavori dal realismo degli esordi alle aperture fantasy del prosieguo, in un intrigante rinnovamento della formula del “realismo fantastico” che ha più di un precedente nel nostro cinema. Pur rifacendosi strettamente al testo originario e non dimenticando

Promare Prossimo futuro. La città di Promepolis deve fronteggiare la minaccia dei Burnish, individui che hanno sviluppato capacità pirocinetiche con cui provocano terribili incendi. Contro di loro si erge la Burning Rescue, speciale unità di pompieri attrezzata per ogni emergenza: in particolare, nel gruppo spicca Galo Thymos, giovane entusiasta e ansioso di dimostrare il suo valore a Kray Foresight, creatore e magnate della città, che lo aveva salvato da un incendio in tenera età. Così, Galo instaura una spiccata rivalità con Lio Fotia, capo della fazione terroristica Mad Burnish, responsabile degli ultimi attacchi incendiari. Ma, mentre la lotta procederà senza esclusione di colpi, emergeranno i reali scenari della battaglia, gli inganni e i piani autentici di Foresight, che costringeranno Galo a rivedere le sue priorità e a ripensare ai valori in cui ha sempre creduto.

r. Hiroyuki Imaishi or. Giappone 2019 distr. Nexo Digital/Dynit dur. 111’

L

a voglia di sperimentare dell’autore è evidente nel modo in cui ribalta il setting apparentemente “tradizionale” del racconto rendendo il pompiere Galo impetuoso e con la voglia di lasciar ardere il fuoco che gli brucia dentro, laddove il piromane Lio è misurato e glaciale nei modi. Imaishi riflette così la sua ricerca narrativa e stilistica, volta a smascherare gli inganni dell’apparenza per aprire nuove possibilità.

le trasposizioni più note, Garrone cerca una cifra propria con cui rileggere criticamente l’opera di Collodi e abbraccia così la vitalità di Pinocchio, caratterizzandola di una tenerezza inedita, che si estrinseca nel continuo contatto fisico, nello slancio con cui abbraccia amici e persone amate, che non sembrano percepire la sua “legnosità”, ma lo avvolgono con il calore proprio di un umano. La tendenza a mettersi nei guai è di conseguenza derubricata a eccesso di curiosità, che lo spinge a provare nuove esperienze di vita e l’intero percorso delle avventure, pur nei momenti più drammatici, non fa venir meno l’impronta di un film ottimista e solare. Il burattino assume sul suo corpo ligneo (e perciò incapace di provare dolore) la violenza che i precedenti antieroi garroniani estrinsecavano verso il mondo, rivoltandola in amore e risultando così l’unico personaggio reale in un mondo di burattini che agiscono secondo ruoli preordinati, obbedendo alla logica della sopraffazione reciproca. Un mondo in cui le regole non hanno senso e le figure dell’autorità vengono costantemente ridicolizzate. Vedi anche nel n. 139, pp. 6-7. d.d.g.

Il percorso è compiuto mantenendo sempre la doverosa attenzione sui personaggi, sul legame oppositivo che lentamente si fa comprensione delle reciproche ragioni e svelamento degli inganni su cui si basa il mondo che si è progressivamente costruito. La necessità principale secondo l’autore sta infatti nell’accettare le ragioni altrui per poter compiere l’agognato passo in avanti tutti insieme, in quanto umanità e non agglomerato di singoli. In questo modo Imaishi coinvolge tematiche molto attuali e universali come la xenofobia e il confronto con altre realtà e minoranze. A questo si aggiunge lo stile, che porta l’animazione a un livello di sofisticazione mai visto prima, mescolando tecniche difformi, in una sinergia di animazione tradizionale, digitale, figure poligonali, fino alla massima esemplificazione del disegno infantile. Lo stesso vale per il peculiare uso del colore, che sintetizza tinte calde e fredde con scelte apparentemente dissonanti ma in grado di creare un amalgama psichedelico e affascinante. Vedi anche nel n. 141, pp. 12-13. d.d.g.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

21


DAI 10 ANNI

ANNUARIO 2020

Qua la zampa 2

Un amico è per sempre A Dog’s Journey

DAI 12 ANNI

Il cane Bailey vive in una fattoria con i padroni Ethan e Hannah. Al terzetto si uniscono la nipotina Clarity e la mamma Gloria, rimasta vedova. La convivenza vacilla quando i nonni propongono a Gloria di occuparsi della piccola perché possa far carriera. Lei travisa le attenzioni e i nonni si ritrovano soli. Gloria riparte con la figlia e Bailey passa a miglior vita. In punto di morte però Ethan gli strappa la promessa, nelle future reincarnazioni, di proteggere C.J. ovunque sarà. Clarity, cresciuta, colma l’affetto della madre, sempre assente, con la presenza della cagnolina Molly (Bailey) e il suo amico Trent. Alla maggiore età, dopo la morte di Molly, decide di partire per New York per coltivare il sogno della musica. Qui, anni dopo, ritroverà Trent e i due avranno modo di salvarsi a vicenda. Fino a quando una gita alla vecchia fattoria porterà alla luce le mille reincarnazioni dei “tanti” Bailey.

I

n Qua la zampa 2 ritroviamo Bailey dove l’abbiamo lasciato: a saltare sulla schiena del suo vecchio padrone, per acciuffare il vecchio e familiare pallone da rugby. In simbiosi nel loro gioco preferito che contraddistingue l’amico a quattro zampe nelle sue tante reincarnazioni. Altre vite e altre reincarnazioni nel sequel, per Bailey, passando, da cane Pastore, nei corpi di un Beagle (Molly), di un

Qualcosa di meraviglioso Fahim Dacca 2011 - Créteil, Parigi 2015. Nura Mohammad è costretto ad abbandonare il Bangladesh col figlio Fahim di otto anni e un talento per gli scacchi, per le sue convinzioni politiche. Con dolcezza Nura lo convince a lasciare la famiglia per incontrare in occidente un grande maestro. Tra mille difficoltà i due arrivano nella capitale francese. Dove l’asilo politico è sempre rifiutato; accolti in centri per rifugiati dalla Croce Rossa, sono costretti a vivere di piccoli lavori precari. Fin che qualcuno nota le capacità di Fahim e lo iscrive al Centro scacchistico di Créteil. Sylvain Charpentier, il maestro, campione di scacchi dal grande cuore, lo accoglie ruvidamente: sospetto e attrazione; nascerà però una franca amicizia. Il piccolo impara presto le regole del gioco e della vita nel nuovo Paese. Iscritto al campionato di Francia di scacchi, sbaraglia tutti i concorrenti. Ma può un clandestino essere il campione di Francia?

22

r. Gail Mancuso or. Usa 2019 distr. 01 Distribution dur. 109’

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Pierre-François Martin-Laval or. Francia 2019 distr. Bim dur. 107’

S

ì, nel 2012 un ragazzino dodicenne senza permesso di soggiorno, profugo dal Bangladesh, divenne campione di Francia di scacchi. Una classica commedia drammatica, impegnata in temi politici e sociali leggibile “come dramma sociale e come fiaba: un bambino brutalmente allontanato dalla madre in grado di uscire dall’inferno e risorgere grazie al gioco degli scacchi”. Un film multiforme narrativamente e stilisticamente. Molti i temi affrontati, di-

Mastino (Belcane) e di un minuscolo Yorkshire (Max). Tra una battuta e l’altra di Bailey che lo contraddistinguono in entrambi i film, la missione in Qua la zampa 2 però è del tutto nuova: con Ethan ormai ritrovato, le attenzioni del cane sono rivolte alla nipotina del padrone, Clarity, da raggiungere e salvare in tutti i modi possibili, solo come un cane sa fare, con tutto il suo amore puro e incondizionato. Sarà infatti Bailey/Molly/Belcane/ Max a fare le veci del “genitore” e a donare a C.J. tutto l’affetto di cui ha bisogno, compensando l’amore materno completamente assente. Tra mille peripezie e affetti riconquistati Max/Bailey si è proprio guadagnato il paradiso che ai suoi occhi appare come la fattoria dove ha sempre vissuto: prati, fieno, corse, giochi, gite in trattore a “orecchie al vento” ma, prima della tanta sospirata pace, il compito più difficile... Toccherà a lui questa volta (sotto le sembianze di Max) accompagnare e salutare Ethan per l’ultima volta, per poi ritrovarsi insieme, ancora una volta - e finalmente inseparabili - “nel loro paradiso”. Vedi anche nel n. 141, p. 18. j.p.

versificato e ricco il linguaggio visivo. Il lungo incipit a Dacca ci inserisce in una città in fiamme con tecniche documentaristiche. Un addio straziante dal finestrino di un treno, un viaggio pericoloso, un volo tra le nuvole e Parigi è ai loro piedi. La mostruosità del sistema burocratico di concessione del permesso di soggiorno li costringe a vivere come clandestini. Finalmente Fahim viene accolto al Centro scacchistico di Créteil dal burbero maestro Sylvain Charpentier. Il padre moltiplica ricerche di lavoro e tentativi di regolarizzazione, sempre falliti, mentre il bimbo è in rapida ascesa. Una forte connotazione emotiva percorre tutta la narrazione, in equilibrio tra riso e lacrime. Fahim e il maestro si studiano. Diventeranno più che amici. Coinvolgente la rappresentazione del mondo degli scacchi. Fahim, il clandestino, arriverà alle soglie della vittoria. E sarà miracolo: il ministro in diretta TV è costretto a rispondere: “La Francia è il paese dei diritti dell’uomo o solo il paese dove si sono scritti i diritti dell’uomo?” Un film che fa star bene. Tutti. Vedi anche nel n. 138, p. 19. c.d.


DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

La ragazza d’autunno Dylda

DAI 14 ANNI

Leningrado, autunno 1945, il primo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Iya lavora come infermiera in un ospedale della città. La sindrome post-traumatica, per via della quale era stata esonerata dal fronte, le provoca improvvisi attacchi nervosi che la bloccano nei movimenti. Vive in un pensionato insieme al bambino Pashka, che dice essere suo figlio. Un giorno una donna di nome Masha si presenta alla porta di Iya, è una sua amica appena tornata dal fronte. Pashka in realtà è suo figlio. Ma Pashka è morto mentre stava giocando con Iya. Masha sa di non poter più avere figli e chiede a Iya e al medico Ivanovich di farne uno per lei. Le due giovani donne sono unite da un indelebile legame di amicizia e forse anche di amore, hanno bisogno l’una dell’altra. Parlano di maternità: Iya dice di sentirsi vuota, Masha immagina un futuro con loro che crescono insieme un figlio. Si guardano e abbracciano.

r. Kantemir Balagov or. Russia 2019 distr. Movies Inspired dur. 137’

D

ue memorabili personaggi femminili sono al centro de La ragazza d’autunno. Due giovani donne sole le cui vite sono state devastate dai traumi fisici e psicologici subiti al fronte, nella Russia invasa dai tedeschi. Erano due delle tante soldatesse russe che, ricoprendo molte mansioni, avevano avuto un ruolo fondamentale in quegli anni di orrori e tragedie. Ma La ragazza d’autunno non è

Richard Jewell Richard Jewell 1996, Stati Uniti, Olimpiadi di Atlanta. C’è un concerto al Centennial Park, Richard Jewell è lì come addetto alla sicurezza. È attento, scruta ogni movimento che lo insospettisce. Si imbatte casualmente in uno zaino incustodito sotto una panchina, ma i suoi colleghi credono si tratti di esagerata premura. E invece nel frattempo al 911 arriva una chiamata anonima da un telefono pubblico: c’è una bomba che scoppierà fra trenta minuti. Sul posto intanto arrivano gli artificieri; la gente viene allontanata ma la bomba scoppia comunque: ferirà più di cento persone e ne ucciderà due, ma gli effetti sarebbero potuti essere ancora più devastanti se non fosse stato per Richard e per i successivi interventi della sicurezza. In poche ore l’uomo diventa un eroe. In altrettante poche ore per l’FBI i conti non tornano e diventa il principale sospettato. La notizia si diffonde, i media assediano casa sua. Solo anni dopo si arriverà al vero colpevole.

r. Clint Eastwood or. Usa 2019 distr. Warner Bros. Italia dur. 129’

N

el solco di Sully, di Ore 15:17 - Attacco al treno. Non è un personaggio con cui è facile entrare emotivamente in sintonia, Richard Jewell (Paul Walter Hauser): uomo che vive ancora con sua madre (Kathy Bates), grasso, senza vita sociale, in apparenza quasi privo di emozioni, in realtà controverso; guardia giurata che ama le armi e l’ordine sognando un lavoro più rilevante; l’FBI gioca sporco per provare a tutti che è colpevole ma lui continua a es-

un film di guerra, anche se i riferimenti sono precisi. Mette invece in scena psicologie in maniera convenzionale, si concentra nell’elaborare la verità e i sussulti dei corpi, tiene fuori campo un realismo dai toni altrettanto convenzionali per trasfigurarlo in una composizione visionaria delle inquadrature, in un magma dove i colori assumono un rilievo quasi tridimensionale creando scie luminose impalpabili e facendo sentire al tempo stesso la densità degli oggetti e dei corpi. Il dolore si manifesta affiorando da queste tele pittoriche che rendono tangibile la sofferenza, il disagio, il desiderio di morte, la speranza nel miracolo di una nascita, le lacrime e i sorrisi, la necessità infinita di aggrapparsi a qualcuno negli attimi in cui il baratro sembra inevitabile. Per il film Balagov ha avuto come principale fonte d’ispirazione il libro di Svetlana Aleksievic, scrittrice ucrainobielorussa premio Nobel per la letteratura nel 2015, La guerra non ha un volto di donna (2005), ovvero, come recita il sottotitolo, “l’epopea delle donne sovietiche nella seconda guerra mondiale”. Vedi anche nel n. 139, pp. 14-15. g.g.

sere assurdamente rispettoso e remissivo, continua ad ammirarli. Eroe per poche ore e poi ipotetico reo. Anche i suoi incubi, le sue paure, l’angoscia arrivano quasi come un’eco, come qualcosa che è distante, che non dice tutto. Per questo quello di Eastwood è un film “scomodo”, perché non bara, perché è un film piano, senza picchi, senza epica, ora perfino sommesso, chiuso. Eppure, Eastwood, grandissimo umanista individualista, riesce a dare un senso a tutto ciò, a questo personaggio che non commuove, per pochi istanti dà al Richard Jewell eroe il suo vero volto, la sua vera voce, prima che cominci il suo inferno, e dall’altra parte, in un momento che potrebbe essere acmeico, liberatorio, quando in un diner Richard apprende dal suo avvocato (Sam Rockwell) che finalmente è finita, il regista costruisce una scena straordinariamente triste, “stonata” quasi irreale, angosciante, terminale. Ed è qui che il film, finalmente, stranamente, si compie, pienamente si rivela. Richard Jewell morirà nel 2007, a soli 44 anni. Era diventato un poliziotto. Vedi anche nel n. 139, p. 23. l.g.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

23


DAI 14 ANNI

DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2020

24

Ride Max e Kyle sono due rider acrobatici che si dilettano in imprese estreme. Sul versante privato, però, l’uno è strozzato dai debiti contratti con il gioco d’azzardo, l’altro viene accusato dalla moglie Cristine di rischiare la vita senza provvedere al fabbisogno familiare. La soluzione ai problemi sembra presentarsi sotto forma di invito a una misteriosa gara in bici lungo un sentiero di montagna, con un premio di 250.000 dollari per il vincitore. Trasportati in gran segreto sul luogo della competizione, i due iniziano la discesa coperti di microcamere go-pro per riprendere ogni passaggio, a tutto vantaggio dei misteriosi spettatori che assistono in segreto. Gli ostacoli, però, si rivelano sempre più pericolosi e quando trovano i corpi degli altri concorrenti, Max e Kyle capiscono di essere finiti in un gioco spietato dove a essere in palio non è il denaro, ma la vita.

r. Jacopo Rondinelli or. Italia 2018 distr. Lucky Red dur. 102’

P

resentato come primo progetto italiano quasi interamente girato con microcamere go-pro, il film cerca di unire le logiche narrative classiche della competizione e della “trappola” a un’estetica vicina tanto ai reality show quanto al filone dei point of view movie, attraverso la visuale in soggettiva che permetta un’esperienza della visione più immersiva per il pubblico moderno.

Il ritratto negato Powidoki Władysław Strzemiński è un artista insegnante nella Scuola Nazionale di Belle Arti di Łódź. Stimato in patria e all’estero, cresciuto nell’alveo delle avanguardie storiche, nutre i cervelli di tanti giovani allievi che ascoltano ammaliati le sue lezioni di storia dell’arte. Sua figlia, la preadolescente Nika, si divide tra la madre malata, la scultrice Katarzyna Kobro, e il padre che vive nella sua casa-atelier spesso frequentata dai suoi studenti. Nika teme per le condizioni di salute del padre, mutilato di guerra a cui manca una gamba e un braccio, soprattutto quando, dopo le aperte contestazioni del professore verso il partito che, sotto l’influenza di Mosca, vorrebbe uniformare gli artisti alla visione del socialismo reale, viene licenziato e privato della tessera del sindacato degli artisti. Fedele alle sue idee Strzemiński diventa personaggio scomodo, pagando con un duro isolamento che lo porterà alla morte.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Andrzej Wajda or. Polonia 2016 distr. Movies Inspired dur. 98’

I

l racconto biografico degli ultimi anni di Władysław Strzemiński, è il ritratto di un intellettuale che non ha voluto piegarsi alla lettura opportunistica e tendenziosa che lo stalinismo aveva fatto del marxismo. È l’alba degli anni 50 quando a poeti, pittori, in generale artisti, uomini e donne di cultura, viene imposta l’adesione incondizionata al nuovo corso, ovvero a un pensiero unico che non conosca divergenze dai dettami impartiti da Mosca.

Ciò che comunque colpisce in Ride è come gli autori, attraverso un lavoro di scrittura che va di pari passo con quello compiuto in fase di ripresa e montaggio, cerchino di non lasciare scoperta alcuna possibilità narrativa e tematica. Il film diventa così un racconto totale che unisce l’avventura spericolata, l’horror con omicidi, il thriller con enigmi, fino al dramma umano che coinvolge i due protagonisti nel loro privato. Nulla è fuori campo perché l’intera vita è sempre sotto l’occhio costante di qualche obiettivo, pronto a cogliere e riprendere l’attimo. Si genera in tal modo un curioso corto circuito, per effetto del quale un film così apparentemente “libero” nel tentativo di cogliere la spontaneità della vita dei personaggi, è in realtà assolutamente preordinato in ogni suo passaggio e descrive la contraddizione stessa del presente, in cui il gesto improvvisato è in realtà sempre finalizzato a un’esibizione pubblica. Naturalmente, tanta consapevolezza può risultare estenuante, proprio in virtù del suo non lasciare mai spazi liberi nella narrazione. Vedi anche nel n. 136/137, p. 16. d.d.g.

In particolare l’arte deve rappresentare il popolo, la costruzione di un formicaio dedito al lavoro, rinunciare dunque alla speculazione teorica e alle sperimentazioni delle avanguardie che, negando la funzione ideologica dell’arte nella declinazione del servilismo politico, promuovono la totale libertà creativa. Wajda racconta la resistenza dell’artista supportato da pochissimi discepoli, una lotta quasi solitaria di idee fino al martirio. Nonostante l’aver onorato il suo paese durante il primo conflitto gli sia costato una gamba e un braccio, Strzemi ski è rubricato tra i nomi scomodi, punito per non aver accettato di funzionare come ingranaggio di una macchina di omologazione sociale. Il trattamento riservato all’artista è in linea con la sprezzante invettiva contro l’arte definita degenerata dalle dittature. Wajda cammina sui residui della storia polacca, respira vicino a Strzemiński e con il pittore afferma come l’arte rimanga baluardo delle più alte aspirazioni umane e specchio della storia. L’artista sarà riabilitato pochi anni dopo: il tempo passa e fa giustizia. Vedi anche nel n. 136/137, pp. 4 e 5. a.l.


DAI 12 ANNI

DAI 12 ANNI

ANNUARIO 2020

Scherza con i fanti Quattro diari di guerra scritti in epoche diverse: quello di un militare che vive oggi a Boscotrecase ma che alla fine degli anni 90 era di stanza in Kossovo; il diario di Carlo Margolfo, un milite lombardo, che descrive la strage di Pontelandolfo appena dopo l’Unità di Italia, giustificata dalla repressione del brigantaggio; il diario di Elvio Cardarelli, un fante viterbese impegnato nella campagna in Abissinia; infine la fierezza orgogliosa di Rosetta Solari, partigiana borghese che ha combattuto sull’Appenino tosco-ligure tanto i nazifascisti, quanto i pregiudizi degli uomini che mal digerivano una donna soldato. 150 anni di storia in poche pagine scritte di getto, per tentare di aprire una riflessione che non torni ancora alle ragioni delle guerre, di chi le ha vinte e di chi le ha perse, ma si allarghi al rapporto che noi italiani abbiamo avuto con le campagne belliche e con la figura del combattente.

r. Gianfranco Pannone or. Italia 2019 distr. Istituto Luce Cinecittà dur. 73’

Q

uello di Pannone è il cinema di un archeologo ma anche di un esploratore, che raramente parte da tesi, semmai ipotizza tracciati sinuosi sotto l’epidermide del nostro paese, o meglio dei nostri paesi, delle Italie regionali, microcosmiche, marginalizzate poi dai processi storici fino quasi a scomparire, a favore di una forzata omogeneità nazionale delle culture. Scherza con i fanti semina diversi interrogativi. Il tema del rapporto tra italiani e

La seconda patria Era il 10 settembre 1951 quando Giovanni Stea abbandonava la sua terra, Sannicandro di Bari, per andare in Canada, su suggerimento del padre che aveva colà dei parenti. Il viaggio intercontinentale a bordo della famosa motonave Vulcania, primato di tecnica e lavoro dell’Italia fascista, durava undici giorni, ma la voglia di migliorare il proprio progetto di vita spingeva a tentare l’avventura. Sbarcato in Quebec, Johnny è stato accolto nel seno martoriato delle miniere di ferro di Schefferville e da lì, reinventandosi più volte, ha sperimentato vari lavori. Come lui molti altri italiani sono partiti per cercare fortuna altrove e l’interessante documentario di Quaregna ce ne mostra alcuni che hanno in comune la destinazione, il Quebec, forse perché è una terra in cui si parla francese, una lingua “cugina” dell’italiano, in cui il cattolicesimo è radicato e in cui la comunità italiana è sempre stata consistente.

r. Paolo Quaregna or. Italia/Canada 2019 distr. Cinecittà Luce dur. 80’

L

a partenza, per un migrante, è un lutto. La si affronta il più delle volte per disperazione e la sofferenza del distacco è spesso unita a risentimento verso una patria che non trattiene, anzi spesso spinge ad andarsene tra l’indifferenza generale. A ciò vanno aggiunte le difficoltà di inserimento nel nuovo ambiente, la ricerca di un’identità. Spesso non si sa più chi si è. Si percepisce chiaramente, quando si vive in

impegno bellico è scivoloso, poiché rievoca pezzi di storia rimossi o riapre ferite non del tutto rimarginate. Sembreremmo brava gente, se non fosse che le guerre ammazzano le coscienze di chi le combatte spesso senza nemmeno conoscerne i motivi. Le parole dei diari delineano temi e dipingono sfondi, fluiscono intrecciandosi con le immagini, in larga parte attinte dall’Archivio Luce. Il regista si immerge negli archivi, taglia, incolla, trasforma e riporta in vita, creando un flusso di memoria nuovo eppure antico, appeso a un immaginario che credevamo perduto e che invece è latente in tutti noi. Il dialogo tra colonna visiva e colonna audio converge e diverge inaspettatamente, senza un ordito apparente, ma che sia narrazione ricercata si capisce dalla sinergia con altre due componenti sonore: da una parte i suoni di Marco Furlani che ricostruisce ad arte sussulti e scoppi, o soffi di vento su una bandiera ammainata per dare profondità sonora dove non c’è; dall’altra il lavoro di ricerca musicale di Ambrogio Sparagna, sodale di Pannone e a tutti gli effetti coautore del film. Vedi anche nel n. 140, p. 16. a.l.

una terra straniera che, essendo parte di una minoranza, si è obbligati a offrire qualcosa al nuovo paese, ma il punto è che “anche là devono rinunciare a qualcosa per accogliere i migranti”. È necessario puntare sullo scambio tra culture perché solo così avviene l’integrazione. Filo conduttore del docufilm di Paolo Quaregna è Johnny Stea che racconta con tono lieve le gravi difficoltà affrontate, il lavoro in un ambiente che raggiunge i 60°, la scoperta di una first nation, gli Innu, emarginata nelle riserve e quindi vista come immigrata nel loro stesso paese. Valeva la pena affrontare tutto ciò? Si chiedono i viaggiatori forzati. Oggi i nostri compatrioti all’estero sono più di 5 milioni. Siamo anche noi invasori? Anche noi siamo visti e temuti come potenzialmente pericolosi? Ernesto Balducci ammonisce: “Gli esclusi dal banchetto delle nazioni fanno ressa alla porta e c’è chi riesce a penetrare nella sala sfarzosa suscitando nei commensali sgomento e irritazione. La buona coscienza è finita per sempre e l’opulenza non può durare senza crimine”.Vedi anche nel n. 139, p. 20. f.b. e f.c.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

25


DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Il segreto della miniera Rudar

DAI 6 ANNI

La famiglia Baši ha origini bosniache ma vive in un paesino della Slovenia. Il capofamiglia Aijla lavora per una impresa mineraria sull’orlo del fallimento. La situazione è tesa perché il capo, un manager ottuso e arrogante, sta licenziando personale a decine. Ad Aijla viene affidato l’incarico, suo malgrado, di ispezionare un sito minerario in disuso dalla seconda guerra mondiale, prima che venga chiuso. Così il minatore, potendo contare su pochissimi mezzi e sull’aiuto del tirocinante Tom, comincia l’opera di verifica. Ma le condizioni fatiscenti del sito e lo scarso equipaggiamento a diposizione impediscono che i lavori procedano con il giusto ritmo. Inoltre, una macabra scoperta farà sì che i lavori si protraggano ulteriormente. Aijla infatti, rinviene alcuni resti umani e ne fa denuncia. L’operaio vorrebbe che fosse fatta chiarezza su quella vicenda, ma tutti gli altri sembrano non averne intenzione.

r. Hanna Antonina Wojcik-Slak or. Croazia/Slovenia 2017 distr. Cineclub distribuzione dur. 98’

S

lovenia. Nel 2009 un gruppo di minatori al lavoro in una miniera dismessa scopre una delle più grandi fosse comuni mai rinvenute. Si stima che i corpi ammassati tra i cunicoli siano tra i tremila e i cinquemila. Collaborazionisti, oppositori politici o semplici cittadini giustiziati dal regime comunista di Tito. Una pagina dolorosissima della storia europea che è anche lo spun-

Shaun vita da pecora:

Farmageddon - Il film A Shaun the Sheep Movie: Farmageddon Nel cielo di Mossingham bagliori strani anticipano l’arrivo di apparecchi alieni. Nella Fattoria Mossy Bottom, la pecora Shaun pensa ad affrontare le difficoltà quotidiane, esasperata dalla presenza del cane pastore Bitzer che non fa che vietare qualsiasi attività. Shaun è intelligente e furba e sa come ovviare ai divieti del guardiano. L’astronave precipitata nei pressi della fattoria sconvolgerà la vita dell’ovile. Le pecore verranno a contatto con la piccola LU-LA, aliena dolce e biricchina, portatrice di strani poteri che non sempre sa controllare. Shaun finisce per adottarla come una sorellina e dovrà far appello a tutta la sua astuzia per proteggerla dall’agente del governo che vuole catturarla per studiarla come fenomeno. Le pecore riusciranno a rimandarla sana e salva sul suo pianeta.

26

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Will Becher, Richard Phelan or. Usa/Gran Bretagna/Francia 2019 distr. Koch Media dur. 86’

I

l sequel di Shaun vita da pecora ripropone il contrasto tra mondo degli animali e mondo degli umani. I primi sono presenti e attivi, consapevoli dei propri diritti, possiedono senso dell’ironia venato di un leggero sarcasmo, accoglienti nei confronti del “diverso”, non demonizzano la sua alterità anche negli aspetti più inquietanti. Nel secondo dominano contrasti estremi: la sonnolente apatia del padrone del-

to dal quale la regista Hanna Antonina Wojcik-Slak ha concepito il suo film. ‘Il segreto della miniera’, però, non è solo un film dedicato al ricordo di quell’accaduto. Grazie a una peculiare capacità di giustapporre eventi e drammi temporalmente distanti nello stesso arco narrativo, il film riesce a restituire una lettura stratificata delle tensioni storiche, individuali e sociali di quel fazzoletto di terra e degli uomini che la abitano. Sulla superficie drammaturgica ci sono le agitazioni e i problemi, attuali e universali: la chiusura della industrie e lo spauracchio della perdita del posto di lavoro. Sullo sfondo si agita una Slovenia ostile, colma di indifferenza e tensioni sociali. Un film sull’accettazione del presente attraverso la riscoperta della memoria, messo in scena con una estetica minimale: pochi dialoghi, commento musicale quasi assente e una macchina da presa che si muove in maniera documentaristica, sapendo però anche astrarsi dalla realtà. Un’atmosfera austera da realismo sovietico che non rinuncia a un approccio di genere capace di sorreggere la tensione drammatica. Vedi anche nel n. 138, p. 21. m.m.

la fattoria e l’attivismo supertecnologico della scienziata folle al soldo di un’organizzazione decisa a impossessarsi dell’Extraterrestre. Il fattore è il vero, non tanto alieno, quanto “alienato”: nascosto dietro un paio di lenti spesse e opache, riesce a non “vedere” tutto quanto di catastrofico accade nella fattoria, ingenuo e irascibile, si attiva solo quando, avvertito di un interesse crescente della folla per supposte presenze extraterresti, progetta di realizzare un parco di divertimenti fantascientifico per fare quattrini. L’interesse materiale domina anche il potere che si materializza nella persona della scienziata ideatrice di un piano diabolico contro un essere indifeso. Tra i due mondi il cane Bitzer funziona da intermediario, supplisce all’indolenza del padrone e, come spesso succede nella realtà, si sente investito di un potere che lo pone al di sopra dei suoi simili. Quando sarà duramente coinvolto nell’azione modificherà il suo atteggiamento, con la raggiunta consapevolezza della follia degli umani si allenteranno in lui le pulsioni ossessive a imporre regole, ritrovando una nuova armonia nel rapporto con i suoi simili. Vedi anche nel n. 138, p. 28. l.z.


DAI 16 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

Il sindaco del Rione Sanità In un’abitazione di un quartiere napoletano viene allestita una improbabile sala operatoria. Qui arriva un ragazzo con una ferita da arma da fuoco, sorretto da un amico. Il giorno dopo Don Antonio Barracano inizia le udienze giornaliere ricevendo un usuraio e un debitore assieme ai due giovani coinvolti nella sparatoria, seguiti da una giovane coppia, Rafiluccio e Rituccia. La ragazza è incinta e ha un malore per la fame. Mentre viene sfamata dalla governante rientra da Napoli Armida, la moglie di Antonio, che era stata aggredita dal loro mastino la notte precedente. Don Antonio assolve il cane, preposto alla guardia, dando torto alla moglie che era uscita di notte senza prudenza. Rafiluccio intanto avvisa Don Antonio di voler uccidere il proprio padre, Arturo Santaniello. Il sindaco lo fa allora convocare per invitarlo a riconciliarsi col figlio.

r. Mario Martone or. Italia 2019 distr. Nexo Digital dur. 115’

L’

aspetto tragicamente moderno dell’opera di Martone consiste nella messa a fuoco di un bisogno collettivo: quello dell’irrompere di un uomo straordinario nella vita di tutti i giorni, di un giustiziere al di sopra delle parti che possa adoperare una bilancia equa per giudicare le vite degli altri. Era il medesimo bisogno che pervadeva il cult di Mainetti Lo chiamavano Jeeg Robot.

Sole Ermanno e Lena: un ladruncolo sfaticato che trascorre le giornate a giocare con le slot machine e una ventenne polacca, arrivata in Italia per iniziare una nuova vita. Fabio, zio di Ermanno, con la moglie Bianca, coppia sterile che vuole ottenere una bambina tramite un imbroglio tra parenti. Lena darà l’utero in affido, Ermanno si prenderà cura di lei durante la gravidanza. Ma il piano illegale va in crisi nel momento in cui Ermanno e Lena iniziano a convivere. La giovane cerca di non affezionarsi alla creatura che porta in grembo, ma dopo il parto sia lei che il finto compagno iniziano a provare sentimenti veri per la bambina e nasce in loro il desiderio di creare una famiglia autentica. anche perché entrambi provengono da un passato privo di affetti sinceri. Sole, questo il nome della neonata, regala un istante di speranza alle esistenze di adulti senza scrupoli, ma la gabbia etica in cui si sono infilati non si può aprire con facilità.

r. Carlo Sironi or. Italia/Polonia 2019 distr. Officine Ubu dur. 102’

U

n racconto minimale, che affronta temi molto duri, che spesso restano nei trafiletti della cronaca, ma colpiscono la società al cuore, se mai un cuore c’è ancora. Donne giovani usate come involucri, uomini giovani usati come intermediari in affari oscuri come le anime; adulti privi di vergogna e di umanità. Seguendo le vicende dei protagonisti non si può non pensare al cinema dei Dardenne, asciutto nella narrazione, fermo

Nel riproporre un testo teatrale di 60 anni fa, Martone riflette innanzitutto sull’assenza odierna delle istituzioni. Al contrario di Jeeg-Santamaria, Antonio Barracano non ha superpoteri; egli è assurto a giudice imparziale grazie a un carisma che lo ha reso tanto autorevole da produrre il consenso immediato a ogni sua sentenza. La sua capacità risolutiva, il buon senso e la durezza che gli provengono dall’esperienza sopperiscono alle inadempienze dello Stato, lontano dai binari della legge, da uno ius scolpito nei manuali di giurisprudenza e avulso dalla vita di quella particolare realtà locale dove chi “tiene santi”va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio. Tutta l’opera è pervasa da un estremo pessimismo nei riguardi della giustizia ufficiale. In questo audace esperimento in cui il teatro si fa realtà e la realtà si converte in cinema, spicca l’interpretazione di Francesco Di Leva nel ruolo del protagonista. Con una fisicità sanguigna e impetuosa, uno sguardo liquido e un timbro che spazia dal collerico all’accorato, ridona allo spettatore di oggi un Eduardo immensamente nuovo e viscerale. Vedi anche nel n. 136/37, p. 19. a.s.

nelle inquadrature, freddo nei colori, misurato nel giudizio. Piani medi, angolazioni orizzontali, una porta, una stanza, uno scaffale: pochi segni, un montaggio che resta esterno ai personaggi. Tutto qui. Perché poco c’è da dire davanti alla desertificazione emozionale, alla mancanza di empatia che segue come un’ombra le scelte, le azioni di chi attraversa il microcosmo messo in scena. Un microcosmo che avverte la società tutta del rischio di rimanere vuoti, involucri come Lena. Rari zoom alludono a un ritrovamento come coppia, come genitori, come esseri umani da parte dei due giovani, che prima attendono l’arrivo della bambina per denaro e poi vorrebbero farne un’occasione di riscatto. Un dramma emotivo e sociale che scuote le coscienze di individui-fantasma al cospetto di una bambina che tanto rappresenta a livello simbolico: la pienezza che avrebbe potuto riempire i vuoti, l’amore che avrebbe potuto scaldare i corpi e le anime, la giustizia che avrebbe potuto riequilibrare i torti. La luce che avrebbe potuto illuminare gli sguardi. Vedi anche nel n. 138, p. 22. a.m.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

27


DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2020

Sorry We Missed You Sorry We Missed You

DAI 12 ANNI

Dopo un fallimento, Ricky trasloca con la sua famiglia a Newcastle dove prova a risalire la china. Operaio edile, originario di Manchester, decide di diventare autista di consegne a domicilio in seno a una piattaforma di vendita online. Il capo del deposito gli spiega il lavoro e le scadenze da rispettare, esaltando la libertà di cui potrà godere e omettendo il prezzo da pagare. Padre di famiglia, Ricky non ha altra scelta che piegarsi a quell’ingranaggio infernale e adattarsi a un quotidiano dove il riposo non esiste, nella speranza di poter comprare un giorno una villetta. Al suo fianco combatte Abby, consorte e ausiliaria senza contratto che cura a domicilio le persone anziane. Oppresso volontario agli occhi del figlio adolescente, che lo contesta aspramente e marina la scuola. Ricky non ha più orari, non ha più aria, non ha più (una) vita..

F

edele a se stesso, Ken Loach accompagna le evoluzioni del mondo e continua a fustigare lo smantellamento dello stato sociale britannico. Il colpevole, sempre lo stesso, è l’ordine neoliberale che dissolve la solidarietà collettiva e pesa sulle spalle dei più deboli. Dopo Io, Daniel Blake, storia di un uomo ordinario che prova a conservare la sua umanità in fac-

Spie sotto copertura Spies in Disguise Walter Beckett sin da bambino era considerato ‘strano’ perché dedito a invenzioni finalizzate a combattere il crimine senza usare la violenza. Cresciuto, per questa caratteristica è stato assunto dai servizi segreti anche se non tutte le sue invenzioni vengono apprezzate. In particolare non le gradisce il super agente Lance Sterling che lo fa licenziare. Quando però si trova ad affrontare Killian, avversario che assume le sue sembianze compiendo crimini di cui fa ricadere la colpa su di lui, Lance è in difficoltà. Walter continua nel suo lavoro: sta testando un siero che faccia scomparire le persone. Lance lo beve senza autorizzazione ma il liquido conteneva una piuma di un piccione e lui si trasforma in un volatile. Con quell’aspetto dovrà fare squadra con Walter mentre dall’agenzia dell’intelligence risultano ricercati. Saranno le invenzioni di Walter a risolvere di fatto la situazione.

28

r. Ken Loach or. Gran Bretagna/Belgio/ Francia 2019 distr. Lucky Red dur. 101’

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Nick Bruno, Troy Quane or. Usa 2019 distr. 20th Century Fox dur. 101’

A

lle origini di questo film c’è un cortometraggio di animazione prodotto, scritto e diretto da Lucas Martell dal titolo Pigeon: Impossible del 200, disponibile su Youtube.. Il plot di base del corto era quello di un agente che ha la valigetta nella quale, tra gli altri strumenti, si trova anche il pulsante che può far partire un missile con testata nucleare. Avendo offerto solo un pezzettino del donuts che sta

cia a uno stato previdenziale divenuto mostro orwelliano, Sorry We Missed You abborda il fenomeno dell’uberalizzazione del lavoro, mostrando gli effetti collaterali su una famiglia indebitata di Newcastle. Sorry We Missed You comincia alla stessa maniera del suo predecessore, con una descrizione minuziosa del sistema nel quale l’eroe si imbarca, perché come dice il suo (futuro) capo, se non si sale a bordo non si è (im)piegati. Al fine di svelare gli ingranaggi, Loach e Paul Laverty, il suo sceneggiatore abituale, infilano di nuovo la via della cronaca documentata, assumendo pienamente la forma didattica, formula che è divenuta il loro marchio di fabbrica. Eterno sismologo dei rovesci sociali, Loach riesce ancora una volta a mettere in scena la relazione tra il linguaggio disincarnato delle nuove forme di economia e i suoi effetti sul corpo e lo spirito. A 83 anni, l’irriducibile autore è ancora in lotta contro l’ingiustizia e sempre dalla parte dei lavoratori. Mentre il mondo cambia a tutta velocità, il suo cinema resta immutabile e di una stabilità esemplare. Vedi anche nel n. 139. pp. 12 e 13. m.gn.

mangiando a un piccione, ne suscita la reazione. Il volatile si infila nella valigetta e schiaccia tutti i pulsanti rischiando di far scoppiare la terza guerra mondiale. Il piccione e la spia. Questa è stata quindi l’associazione creativa che ha portato a una rilettura della serie cinematografica dedicata all’agente 007 con un Lance Sterling che ha tutte le caratteristiche del Bond più fantascientifico. È lui a ritrovarsi nelle piume di uno dei volatili che troviamo nelle piazze italiche. È una condizione simile a quella di Walter che è assunto dall’intelligence ma continua a essere considerato ‘strano’, perché è convinto che ci siano altri mezzi, oltre alla forza, per mettere i malvagi in condizione di non nuocere. Ad esempio facendo comparire davanti a loro la tenera immagine di un gattino... La mamma di Water era una poliziotta ed è morta in servizio. Per questo motivo lui ha acquisito la consapevolezza di dover cercare di rispondere con la vita a chi procura la morte. Questa è la morale che accompagna un film che alterna scene di azione a momenti di riflessione senza mai scadere nel predicatorio. Vedi anche nel n. 140, p. 29. g.za.


DAI 12 ANNI

DAI 12 ANNI

ANNUARIO 2020

Storie di pietre Un anno dopo il terremoto del 2016 che ha colpito l’Italia centrale, centinaia di persone nei dintorni di Norcia vivono ancora all’interno di moduli abitativi temporanei. Nonostante la situazione precaria, gli abitanti della piccola comunità di Frascaro cercano di riprendersi dal trauma e si preparano a celebrare la festa patronale di San Rocco. Intorno si coltivano i campi e si pascolano le greggi. Nella chiesa di San Salvatore in Campi i restauratori lavorano per recuperare tra le macerie un prezioso patrimonio artistico. Intanto a Preci, nell’eremitaggio di San Fiorenzo, il monaco polacco Tadeusz vive in armonia con la natura e con il divino e si occupa instancabilmente di riparare ogni crepa della chiesa dopo ciascuna scossa.

r. Alessandro Leone or. Italia 2019 distr. Ester Produzioni dur. 74’

D

ue bambini giocano battendo le pietre sui muri e correndo tra le macerie e i pochi edifici rimasti in piedi. L’inizio di Storie di pietre scopre l’abitato distrutto e suggerisce la vita che c’era prima del sisma, ci dà segni di presenza, affidati, non a caso ai giovanissimi. Lo spopolamento e l’abbandono dell’Appennino hanno impoverito i paesi, ma qualcuno rimane, sia nei moduli abitativi temporanei sia nelle case che han-

Sulle ali dell’avventura Donne-moi des alles Ispirato alla storia vera dell’ornitologo Christian Moullec, scienziato visionario col solo pensiero di salvare specie rare di oche dall’estinzione. Separato dalla moglie, si è trasferito in Camargue per studiare un piano che indichi rotte migratorie sicure, che le preservi dai pericoli: cavi elettrici, aeroporti, bracconaggio. Chiede fondi e autorizzazioni agli enti competenti, che li negano. Non esita a creare documenti falsi. Il figlio Thomas, 14 anni, costretto dalla madre a passare le vacanze estive con lui, vive quest’opportunità come un incubo. È un tipico adolescente tutto videogiochi e ricerca “di campo e della connessione”. Eppure lo spettacolo della vita che nasce lo appassionerà. Padre e figlio partiranno verso l’Artico. Dove le Autorità scopriranno le falle burocratiche e tenteranno di sequestrare le ochette. Sarà Thomas a salvarle, solo alla guida di un aereo ultraleggero. Torneranno tutti sani e salvi?

r. Nicolas Vanier or. Francia 2019 distr. Lucky Red dur. 113’

I

l rispetto per la natura incontaminata e l’alleanza tra uomo e animali caratterizza tutta la poetica del regista e scrittore Nicolas Vanier (Belle & Sebastien 2013, Il Grande Nord 2006), dal linguaggio semplice, gradito al pubblico. Quest’ultimo lavoro fonde con intelligenza il filone del cinema per famiglie e un tema attuale come quello dell’ecologia, insegnando e aiutandosi con tratti di fiction. La straordinaria storia dell’ornitologo Christian Moullec che nel 1995 si accor-

no resistito al sisma, ed è molto legato alle terre d’origine: continua con i lavori di sempre; riposiziona un cartello stradale; visita i cantieri; ricorda vecchie storie; tiene acceso un senso di comunità. Alessandro Leone osserva con rispetto e filma, senza disturbare, partecipando al processo in corso nella comunità. È un passaggio lento, faticoso, anche doloroso, ma non rassegnato, che le immagini registrano e restituiscono. Il lavoro dei restauratori e degli archeologi è paziente e certosino, come quello dell’eremita Tadeusz. Si accelera il recupero e riassemblaggio di un crocifisso per portarlo in processione nel giorno di San Rocco, segno dell’attaccamento della popolazione alle tradizioni, dove il sacro riveste ancora un ruolo centrale. Se è inestimabile il patrimonio artistico sotto e tra le macerie, lo è pure quello culturale, umano, sociale e relazionale, che deve essere conservato, ricomposto, difeso. Leone dà un contributo alla ricostruzione del tessuto della comunità: pur nella rispettosa distanza, si percepisce il rapporto profondo che lo lega alla realtà che filma. Vedi anche nel n. 138, p. 24. n.f.

se dei problemi migratori delle oche lombardelle minori, raccolse le loro uova e, col metodo dell’imprinting, diventò il genitore delle piccole orfane, affascina il cineasta e il letterato. Domina l’aspetto documentario, per l’alta qualità delle immagini e le tecniche di ripresa all’avanguardia, come la parte didascalico/informativa, che sa comunque alternarsi ai conflitti della narrazione. Spettacolari sono le scene di volo dall’Artico alla Camargue: spazi immensi e primi piani di Thomas, solo alla guida, e persino delle ochette. Niente computer grafica, oche vere. Pari rilevanza ha nel film la vicenda di un padre e un figlio che si riconciliano. E il mutamento non avviene unilateralmente. A Thomas, tipico adolescente virtuale, basterà il contatto diretto con un uovo che si schiude per appassionarsi. Il padre dovrà uscire dal suo splendido isolamento e affrontare il suo ruolo. Le vicende sentimentali tuttavia rimangono sullo sfondo. Grandi temi ambientali, psicologie sommarie, ottimo cast, umano e non: un film accattivante, che avvince e insegna. Vedi anche nel n. 139, p. 21. c.d.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

29


DAI 16 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2020

30

Il terzo omicidio Sandome no Satsujin Shigemori è un avvocato di successo a cui viene affidato il compito di difendere Misumi, un uomo di mezza età accusato di aver ucciso il direttore della fabbrica in cui lavorava. Già trent’anni prima l’uomo aveva scontato una lunga detenzione per un duplice omicidio e adesso rischia la pena di morte. L’accusato dichiara senza remore di essere l’unico responsabile dell’efferato delitto. Il legale si adopera in tutti i modi per salvarlo e inizia a studiare il caso confrontandosi sia con i conoscenti dell’indagato, sia con la famiglia della vittima. In quest’ultima emergono alcuni episodi inaspettati, come uno scambio di soldi tra la moglie dell’uomo assassinato e il suo carnefice che lascerebbe pensare a un omicidio su commissione. Più Shigemori approfondisce alcuni aspetti del caso, più i colloqui col suo assistito si infittiscono, alimentando i dubbi che Misumi sia realmente colpevole.

r. Hirokazu Kore-Eda or. Giappone 2017 distr. Double Line dur. 124’

L

a parabola di Kore-eda coincide con le trasformazioni della società giapponese, in costante aggiornamento sui codici sentimentali e i nuovi valori imposti dalla contemporaneità. Partito dall’indagine sul nucleo familiare, anche in un crime movie come Il terzo omicidio è costretto a offrire il punto di vista dei figli nella vita degli adulti. E come in Un affare di famiglia anche qui la materia trattata diviene mobile e instabile.

Tornare Alice, 40 anni, dopo aver lasciato Napoli negli anni 60, torna nella sua città dagli Stati Uniti, dove è diventata una giornalista affermata, per i funerali del padre. Si sistema poi nella casa di famiglia disabitata da molto tempo che, in accordo con la sorella, mette in vendita. Insieme agli oggetti da sistemare riaffiorano i ricordi, quasi un presente con cui dialogare. Ma la casa è abitata da una ragazza giovane e bellissima. È se stessa diciottenne: con le sue apparizioni il rapporto diventa intenso. Non solo: anche con Marc, un uomo affascinante conosciuto durante la cerimonia, si crea un bel legame. E una bimbetta, ancora se stessa a dieci anni, la invita a partecipare alle sue scorribande in posti proibiti. Comincia un viaggio a ritroso nel suo passato. Farà scoperte sconvolgenti: affiorerà il ricordo confuso di una violenza subita, che le spiegherà chi è stata e perché è stata mandata a vivere tanto lontano.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

L’accusato cambia versione ogni volta che è a colloquio col legale difensore. L’incertezza si estende mentre i pezzi del mosaico sembrano andare verso un ordine. L’instabilità di tutti i personaggi diventa il fulcro del film. Mentre a livello giuridico la matassa sembrerà sbrogliarsi, sul lato personale tutto si aggroviglia. Nel trionfo del relativismo avvertiamo gli echi di Rashomon di Kurosawa. Kore-eda non sembra giudicare nessuno, si limita a raccontare gli eventi attraverso i personaggi. E dietro presunti assassini e audaci difensori scopriamo padri malinconici che maturano la consapevolezza di non aver dato abbastanza. Agli aspetti formali di carattere processuale fanno da contraltare squarci privati, confessioni che consegnano poesia pura alla narrazione. La realtà è frammentata senza una forma iniziale che le dia un senso. Compaiono fragilità, punti di vista più intimi. Tutti entrano nel limbo della nebbia dei ruoli, quasi come una conferma al commento del servo col bonzo all’inizio di Rashomon: . “C’è forse un perché nelle azioni degli uomini?”. Vedi anche nel n. 139, pp. 10 e 11. a.s.

Tutto gira attorno a una data, l’8 maggio 1967: cosa avvenne in quella fatidica data? Alice, la bambina testarda che correva a giocare con chi non avrebbe dovuto, era diventata un’adolescente ribelle, che voleva solo divertirsi o una ninfomane? E perché dovette lasciare precipitosamente Napoli? Presente e passato coesistono. “Tornare è anche un thriller dell’inconscio e un film sul tempo”. r. Cristina Comencini or.Italia 2019 distr. Vision Distribution dur.102’

L

a regista torna ai temi a lei più cari, tratteggiando un’altra delle figure femminili che compongono il suo cinema. “Tornare è l’indagine di una donna su quello che è accaduto prima della sua fuga dalla città. Gli oggetti, i luoghi e le persone appaiono e scompaiono come pezzi del rebus di una vita, misteriosi segni che la protagonista deve interpretare e risolvere”. Dal passato rimosso emerge anche Marc. Non lascia mai sola Alice con le sue difficoltà. Gentile, ma ossessivo nel sollecitare i suoi ricordi.

Alice viaggia nel tempo, che diventa il vero protagonista del film. I ricordi confusi emergono dal suo inconscio, mentre le tre Alice percorrono ripetutamente i corridoi della casa e le gallerie labirintiche di tufo della città, al termine di una delle quali infine Alice si avventurerà. La casa su tre livelli (ancora il tre: es, io, super io?), domina simbolicamente il film. Come Napoli, città depurata da elementi realistici, credibile solo come proiezione della memoria. Un film ben girato, attento alle inquadrature e al loro significato simbolico. Procede in modo ondivago, sollecita la mente, ma smorza l’emozione. Vedi anche nel n. 141, p. 27. c.d.


DAI 14 ANNI

DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2020

Tutto il mio folle amore Vincent ha sedici anni, un sorriso furbo, è autistico. Vive con la madre e il padre adottivo in una bella casa. Una sera la routine familiare si spezza perché ricompare il padre biologico del ragazzo, il poco responsabile Willi che si era dileguato il giorno stesso in cui aveva saputo che avrebbe avuto un figlio. Ovviamente Elena, la mamma di Vincent, lo scaccia in malo modo, ma il ragazzo, all’insaputa di tutti, si nasconde nel furgone di Willi. Quando quest’ultimo se ne rende conto sono già lontani. Inizia quindi un viaggio avventuroso che sarà, per entrambi, occasione di conoscenza non solo dell’altro, soprattutto di se stessi. Ed è ciò che succederà anche a Elena e al nuovo marito, partiti all’inseguimento dei fuggiaschi e costretti a guardarsi dentro. Soprattutto Elena dovrà fare i conti con il suo ruolo di madre stanca per aprire gli occhi e vedere in suo figlio che la diversità, se è accolta, diventa una ricchezza.

r. Gabriele Salvatores or. Croazia/Italia 2018 distr. 01 Distribution dur. 97

“I

l calabrone ha ali troppo piccole per il suo peso, ma lui non lo sa e vola ugualmente”. Anche Vincent, come il calabrone, non sa che lo abita un coinquilino scomodo, un potenziale carceriere e affronta la vita con gaiezza e curiosità. Per gli altri, soprattutto per la mamma, è un adolescente ispido, scivoloso, sfuggente. È un figlio amato, ma scomodo. Nonostante il grave disturbo psichico di Vincent sia evidente, il regista non ne fa

L’ufficiale e la spia J’accuse Il 5 gennaio 1895, il capitano Alfred Dreyfus è giudicato colpevole di alto tradimento, degradato pubblicamente e deportato sull’Île du Diable, in Guinea. Il colonnello Picquart, ufficiale antisemita e suo vecchio superiore, è promosso alla direzione dei servizi segreti. Nel mettere ‘ordine’ nel bureau finisce per trovare documenti compromettenti su cui appare il nome del comandante Ferdinand Walsin Esterhazy. Questo oscuro personaggio si rivela il perno di una macchinazione le cui ramificazioni risalgono fino ai ranghi più alti della gerarchia militare. Picquart fa rapporto ai superiori sulle irregolarità del caso e sull’innocenza del capitano Dreyfus, precipitando nel cuore di un affare che fa vacillare la III Repubblica (1870-1940).

r. Roman Polanski or. Francia 2019 distr. 01 Distribution dur. 126’

L’

ufficiale e la spia si apre sulla degradazione militare del capitano Dreyfus. Un debutto folgorante e preciso nel ricostruire la cerimonia ma pure l’ignominia istintivamente avvertita dallo spettatore. Un debutto di una violenza secca, tipicamente polanskiana, dove crediamo di rivedere sotto l’uniforme della Repubblica la Francia ostile che spingeva Trelkowski a gettarsi nel vuoto alla fine dell’Inquilino del terzo piano.

il fulcro del suo lavoro. L’handicap è il pretesto per una riflessione sul ruolo di genitore. Il viaggio, che rappresenta da sempre un’occasione di maturazione con la sua bella dose di indeterminatezza, diventa un uscire allo scoperto per affrontare la parte di noi stessi che meno conosciamo. Salvatores racconta la storia di questo gruppo familiare non tra le pareti domestiche, ma on the road. Vincent scappa presto da casa e dimostra, nella sua a-normalità, quindi nella sua unicità, di sapersi adeguare anche alle situazioni più disparate e scomode. Dorme in automobile, mangia scatolette di fagioli a colazione, attraversa il filo spinato al confine tra Slovenia e Croazia di notte, a piedi. Incontra anche persone “strane”, che hanno fatto scelte di vita diverse, ma non per questo si sente a disagio. Anzi, è lui che costringe tutti a cambiare, a diventare generosi. Non è Vincent che scopre di avere un padre, è Willi che scopre di avere un figlio. Non è lui che stanca e delude la mamma, è Elena che deve approcciarsi al figlio in modo diverso, che deve guardarlo con uno sguardo nuovo. Vedi anche nel n. 138, p. 17. f.b. e t.c.

Sebbene la persecuzione sia uno dei grandi temi del cinema di Polanski, non ci sono interferenze nel film tra l’affaire Dreyfus e l’affaire Polanski. L’autore evita accuratamente di trasformare questa variazione di un naufragio militare, politico e giudiziario in un appello pro domo sua. Il progetto viene da lontano e ci ripiomba in una storia che credevamo di conoscere bene ma che riscopriamo letteralmente grazie a un racconto accattivante come quello di The Ghost Writer o di Chinatown. Di fatto L’ufficiale e la spia è un thriller dove, come sovente in Polanski, i paranoici finiscono per avere ragione. Il paranoico in questione non è il capitano Dreyfuss ma il colonnello Picquart, strumento di riabilitazione di un uomo accusato a torto di tradimento. Non si tratta di trasformare l’affaire Dreyfus in farsa ma di rendere ancora più evidente la sua dimensione mostruosa e tragica. Con L’ufficiale e la spia, il regista riannoda la Storia dolorosa che aveva già toccato con Il pianista. L’intenzione è la stessa: denunciare la deliberata cecità di un’epoca che non è mai davvero finita. Vedi anche nel n. 138, pp. 8 e 9. m.gn.

numero 142/143· luglio-ottobre 2020

31


DAI 14 ANNI

DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2020

32

L’uomo invisibile The Invisible Man Cecilia Kass abbandona il marito Adrian Griffin, brillante ingegnere, ma anche uomo violento e oppressivo. Nella fuga viene aiutata dalla sorella Emily e dall’amico d’infanzia James Lanier, che si offre anche di ospitarla a casa sua. Adattarsi alla ritrovata libertà non è facile per Cecilia, che ha inizialmente paura anche soltanto a uscire di casa. Inaspettata arriva poi la notizia che Adrian si è suicidato e ora a Cecilia spetta in eredità il suo ingente patrimonio. La ritrovata calma però è ben presto rotta da strani segnali, come una presenza insinuante che si muove in casa e minaccia Cecilia in maniera sempre più evidente. La donna inizia perciò a sospettare che Adrian, grazie alle sue conoscenze di ingegneria, non solo non sia morto, ma abbia anche trovato un modo per diventare invisibile e potersi così accanire ancora contro di lei.

r. Leigh Whannell or. Usa/Australia/Canada 2020 distr. Universal Pictures dur. 124’

I

l nuovo Uomo invisibile è un film “piccolo” nelle risorse, senza attori di grido nel ruolo eponimo, volutamente non rivoluzionario negli effetti, che ribalta di senso l’iconografia stessa del mostro: se l’originale di Whale si faceva metafora della perdita identitaria di una società che usciva dalla crisi economica e veleggiava ver-

La vita nascosta A Hidden Life

Ubicato nell’Alta Austria, Radegund è un’oasi di pace dove Franz e Fani si sono incontrati e innamorati. La loro vita scorre lieta, scandita dalle stagioni e dalle campane della chiesa, dal lavoro nei campi e la ricreazione sui prati. Ma la guerra allunga la sua ombra e rovescia il loro destino. Franz è chiamato alle armi e a giurare fedeltà al Führer. Incapace di concepire la violenza obietta, procedendo in direzione ostinata e contraria. Morire piuttosto che compromettersi per Franz, abbarbicato alla terra come il suo villaggio e resistente sotto il peso della guerra, nera come il corvo e le divise delle SS. Arrestato per tradimento, viene processato e condannato a morte nell’agosto del 1943. Obiettore sconosciuto e simbolo di un eroismo assoluto, nel 2007 la Chiesa lo beatifica facendone a tutti gli effetti un martire.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

r. Terrence Malick or. Germania/Usa 2019 distr. 20th Century Fox dur. 173’

L

asciata alle spalle la preoccupazione della narrazione, Terrence Malick si era avventurato sempre più lontano nell’esplorazione mistica dello spazio e del tempo. Voyage of Time sviluppava il racconto delle origini di The Tree of Life, rivelandosi l’esito logico della traiettoria del suo cinema: un assemblaggio di immagini improntate alla realtà fisica del mondo e di altre generate dal computer. Poetico forse ma filosoficamente modesto.

so il secondo conflitto mondiale, l’epigono del 2020 estroflette l’Invisibile in quanto minaccia che dall’esterno arriva a minacciare un’identità di genere ben definita ma costantemente costretta a negarsi. Tutto conduce lucidamente a una brillante metafora dello stalking e delle discriminazioni di genere molto sentite nell’attuale momento storico. Ma diventa anche una più sottile metafora di quanto oggi i risultati socialmente conseguiti siano costantemente messi in crisi da una sostanziale “confusione dei segni” tipica della nostra società ossessionata dal controllo e dalla catalogazione netta degli elementi. Per poter sparire, l’uomo deve quindi letteralmente sovrastrutturarsi con una tuta ipertecnologica che rimanda quasi a una specie di società post cyberpunk. Il corpo è smaterializzato, reso pura immagine manipolabile e non a caso la guerra fra i sessi si articola anche nel senso del distruggere la reputazione altrui: Adrian si suicida perché non sopporta la rottura familiare e la sua controparte Invisibile cerca di screditare l’affidabilità di Cecilia come donna e come elemento produttivo della comunità. Vedi anche nel n. 141, p. 24. d.d.g.

La vita nascosta - A Hidden Life rimette l’autore nel suo asse di predilezione: il dramma storico dentro il contesto rurale e la celebrazione della natura. Malick ritorna ai fondamentali: la sua visione di una natura viva che esprime i sentimenti dei personaggi e i loro legami col mondo. Franz e Fani sono al cuore del film ma non si esprimono mai ‘in primo grado’. È un carteggio assiduo a leggere le loro anime, i dubbi che li assalgono e i principi che li salvano. La vita nascosta - A Hidden Life è una meditazione che prosegue da un coniuge all’altro, convergendo in un solo monologo melanconico. Franz non può risolversi a portare le armi, Fani ad abbandonarlo quando tutti intorno li scongiurano di rinunciare ai loro principi e all’amore assoluto che li lega. È nella loro unione e nell’altezza morale della loro ispirazione che risiede tutta la bellezza di un film che deve il suo titolo a George Eliot, scrittrice britannica che ha celebrato in un verso l’irriducibilità di chi lotta in silenzio per preservare la grazia e l’umanità. Vedi anche nel n. 141, pp. 8 e 9. m.gn.


DAI 14 ANNI

DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2020

Volevo nascondermi Toni, figlio di un’emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive solo in una capanna sul fiume. Lo scultore Renato Marino Mazzacurati lo riavvicina alla pittura. È l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte può costruire la sua identità, la possibilità di farsi riconoscere e amare. È rachitico, brutto, spesso deriso e umiliato, ma diventa il pittore immaginifico che dipinge un mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari. Sopraffatto da un regime che vuole “nascondere” i diversi e vittima delle sue angosce, viene richiuso in manicomio. Anche lì riprende a dipingere, soprattutto se stesso, come a confermare il desiderio di esistere al di là dei rifiuti subiti. All’uscita dall’Ospedale avviene il riscatto e il riconoscimento pubblico del suo talento. La fama gli consente di ostentare un raggiunto benessere e di aprire lo sguardo alla vita e ai sentimenti che aveva sempre represso.

r. Giorgio Diritti or. Italia 2020 distr. 01 Distribution dur. 120’

N

el 1977 fu Flavio Bucci, in uno ‘sceneggiato televisivo’ di Salvatore Nocita, a dare uno scossone al modo di raccontare biografie interpretando Ligabue. Elio Germano ha certamente saputo di doversi confrontare con una prova d’attore che aveva segnato l’immaginario di una generazione. Possiamo comunque affermare che non ha nulla da invidiare al predecessore. Grazie a Giogio Diritti, che ha fatto della sobrietà e della profondità di

Who’s Romeo Gratosoglio è un quartiere periferico nella zona sud di Milano. I flussi migratori degli ultimi decenni lo hanno trasformato in un territorio popolato da una numerosa comunità musulmana. In questo scenario, sei diciassettenni, quattro ragazze e due ragazzi, vengono coinvolti dal regista/sceneggiatore e dalla sceneggiatrice/attrice nella riscrittura moderna di Romeo e Giulietta. Cristiani e musulmani come Capuleti e Montecchi? È possibile leggere il presente attraverso Shakespeare? Atto dopo atto, guidati da Valentina Malcotti, i sei ragazzi si interrogano sulla loro vita, sulle differenze e le affinità culturali con cui si confrontano giornalmente, sulla possibilità di fare comunità nonostante retaggi diversi e distanti, rappresentati dai rispettivi contesti familiari. Innamorarsi, abbracciarsi, baciarsi, promettersi vicendevolmente il futuro, diventano passaggi che abbattono barriere e arricchiscono la costruzione del sé.

r. Giovanni Covini or. Italia 2019 distr. Indipendente dur. 89’

W

ho’s Romeo è uno spaccato sociale e culturale. Chiaro, lucido, con estrema onestà, coglie il vero del contesto e, merito maggiore, il vero psicologico di sei adolescenti che, pur sforzandosi di interpretare Romei e Giuliette, restano se stessi, autentici, colti nella flagranza del loro percorso di crescita. Shakespeare è un pretesto, certo, ma un pretesto neutro, lontano culturalmente

sguardo la propria linea di intervento estetico, l’attore ha saputo fare ‘suo’ Ligabue offrendogli la profonda sofferenza interiore che sa spesso conferire ai personaggi che gli vengono proposti sul grande schermo. Chiunque abbia visitato una mostra dedicata al grande pittore sa quanto l’esplosione di forme e di colori ne costituisse il polo d’attrazione. Quasi che divenissero per lui strumento indispensabile per sfuggire alle sofferenze di un’esistenza marchiata dai disturbi mentali e dalla derisione. Diritti non giudica ma neppure assolve i tanti che, per ignoranza o insensibilità, mettevano alla berlina il matto e ne disprezzavano l’opera. Così come inquadra con tenerezza i pochi che seppero comprenderne il tormento ma anche la grandezza. Sulla sua tomba si legge: “Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore”. Solitudine, dolore, libertà e amore. Sentimenti e sensazioni che il film ha saputo trasferire sullo schermo. Vedi anche nel n. 140, p. 21. g.za.

da tutti i ragazzi in egual misura, per cui diventa alimento per un terreno fertile, ovvero l’adolescenza e i suoi preconcetti deboli, che sono poi difese indispensabili da abbassare di fronte alle meraviglie del mondo, sempre che siano accessibili. Ecco, Giulietta e Romeo si configurano come meraviglie, personaggi eroici che mettono in discussione il pregiudizio e rifiutano la coercizione a ruoli preconfezionati. Niente di più ammaliante di un Romeo che scavalca il muro paterno per amare Giulietta, cavaliere moderno che incarna la caparbietà di chi lotta oggi per abbattere nuovi muri come forma di resistenza all’apertura all’altro. Nel percorso esplorativo del testo, i ragazzi incontrano una poliziotta, un sacerdote, un filosofo, un poeta, ma anche una coppia mista, un’educatrice musulmana, ognuno con il proprio sguardo e con un orizzonte da condividere. Esperienze che entrano in dialettica con le vite di questi giovani di periferia, alcuni di loro pure figli di coppie miste che hanno sfidato barriere, tagliato fili spinati in nome dell’amore. Vedi anche nel n. 140, p. 22. a.l.

numero 142/143 · luglio-ottobre 2020

33


FILM

Film e Serial europei della stagione

La rivista, trimestrale, recensisce i film

italiani ed europei che escono in Italia e le serie televisive, sempre italiane ed europee. Per ogni produzione riporta cast e credit. È uno strumento di lavoro utile per chi voglia avere un panorama della produzione cinematografica e televisiva nazionale e dell’Europa, una rivista di ricerca e approfondimento per cinefili e studiosi, per animatori culturali e insegnanti. Un archivio storico prezioso per Scuole, Università e Biblioteche. Il costo dell’abbonamento annuo è di €26,00 Per abbonamenti: Centro Studi Cinematografici Via Gregorio VII, 6 - 00165 Roma - Tel/Fax 06.6382605 - email: info@cscinema.org Disponibile la versione digitale (PDF) gratuita scaricabile da www.cscinema.org

Bimestrale di cinema, televisione e linguaggi multimediali nella scuola Anno XXXVI, nuova serie, supplemento al n. 142/143 luglio-ottobre 2020 Rivista del Centro Studi Cinematografici 00165 Roma, Via Gregorio VII, 6 Tel. e fax: 06 6382605 info@cscinema.org · www.cscinema.org www.centrostudicinematografici.it © Centro Studi Cinematografici In collaborazione con Centro Studi per l’Educazione all’Immagine di Milano ISSN 1126-067X Un numero euro 6,00 Aut. Trib. di Bergamo n. 13 del 30 aprile 1999 Alla rivista si collabora solo su invito della redazione. Testi e immagini vanno inviati a: ragazzoselvaggio@gramma.it Progetto grafico e impaginazione jessica benucci - www.gramma.it

Direttore responsabile Maria Gamba Redazione Andrea Bettinelli, Massimo Causo, Luisa Ceretto, Davide Di Giorgio, Anna Fellegara, Silvio Grasselli, Alessandro Leone, Flavio Vergerio, Giancarlo Zappoli Collaborazione alle ricerche iconografiche Giuseppe Foroni Segreteria di redazione Cesare Frioni Stampa e confezione Tipostampa per conto di Joelle srl Città di Castello (PG) Finito di stampare: agosto 2020

Pubblicazione realizzata con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema - Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

Rivista riconosciuta con il criterio di scientificità dall'ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione Universitaria e della Ricerca) per quanto riguarda la classe 11 (Scienze Storiche, Filosofiche, Pedagogiche e Psicologiche).

Abbonamento annuale intestato al Centro Studi Cinematografici euro 35,00 conto corrente postale numero 26862003

Ricordiamo che, grazie alla Direttiva Ministeriale n. 70 del 17 giugno 2002, è operativa l’azione di rimborso per le spese di autoaggiornamento degli insegnanti. Tra le spese rimborsabili sono previste anche quelle relative ad abbonamenti a riviste specializzate.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.