Il ragazzo selvaggio - annuario 2021

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Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70% - DCRB-Roma - Anno XXXVII - nuova serie - Periodico bimestrale - Supplemento al n. 148/149 della rivista Il Ragazzo Selvaggio

CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA

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LUGLIO-OTTOBRE 2021

Supplemento

Tutti i film per la scuola


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D E L L’A N N O P E R L A S C U O L A

SOMMARIO 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18

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Editoriale / After 2 - Un cuore in mille pezzi Un altro giro / Asia L’Assistente della Star / Il cattivo poeta Collective / Il concorso - Una serata epocale Cosa sarà / Crescendo Crudelia / Il delitto Mattarella The Dissident / Una donna promettente Dreambuilders - La fabbrica dei sogni / Estate ’85 The Father - Nulla è come sembra / Fellini degli spiriti Fireball - Messaggeri dalle stelle / Il futuro siamo noi Il giardino segreto / Glassboy Gretel & Hansel / Una intima convinzione Lasciali parlare / Lassie torna a casa Lezioni di persiano / Listen Mank / Maternal The Mauritanian / The Midnight Sky Minari / Miss Marx Music / La nave sepolta

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TUTTI I F I L M

Raya e l’ultimo drago 19 20 21

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On the Rocks / Padrenostro Palazzo di giustizia / Pieces of a Woman Il processo ai Chicago 7 / The Prom La ragazza col braccialetto / Raya e l’ultimo drago Rifkin’s Festival / Sei minuti a mezzanotte The Shift / Shorta Le sorelle Macaluso / Soul The Specials - Fuori dal comune / Spider-Man: Far from Home

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Estate ’85

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Rifkin’s Festival

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Crudelia

Nomad - In cammino con Bruce Chatwin / Nomadland Non odiare / Non ti presento i miei Notizie dal mondo/ Onward - Oltre la magia pagina

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WolfWalkers Il popolo dei lupi

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Lassie torna a casa

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La nave sepolta

Storia di un matrimonio / Storm Boy Il ragazzo che sapeva volare Le Streghe / Sul più bello Togo - Una grande amicizia / Versi x versi La vita straordinaria di David Copperfield / WolfWalkers - Il popolo dei lupi In copertina

Storm Boy - Il ragazzo che sapeva volare di Shawn Seet, Australia 2020

AUTORI SCHEDE

a.a. f.b. t.c. m.c. l.c. c.d. d.d.g. n.f. m.g. m.gn. g.g. l.g . a.l.

Alessia Astorri Franco Brega Tullia Castagnidoli Massimo Causo Luisa Ceretto Carla Delmiglio Davide Di Giorgio Nicola Falcinella Mariolina Gamba Marzia Gandolfi Giuseppe Gariazzo Leonardo Gregorio Alessandro Leone

m.ma. a.m. s.n. g.p. j.p. a.p. f.s. a.s. a.t. l.v. c.m.v. l.z. g.za.

Minua Manca Alessandra Montesanto Sofia Nadalini Grazia Paganelli Jennifer Perego Andrea Porrazzo Francesca Savino Andreina Sirena Amelia Tronconi Luca Visintini Cecilia M. Voi Laura Zardi Giancarlo Zappoli


EDITORIALE

ANNUARIO 2021

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appiamo di ripeterci, ma anche quest’anno dobbiamo sottolineare le precarie condizioni in cui le Associazioni di Cultura Cinematografica (riconosciute dal MIC e sostenute da suoi contributi) sono costrette a svolgere il loro lavoro finalizzato alla ricerca e alla formazione del pubblico al cinema e ai suoi codici. Per realizzare le iniziative che ogni anno programmiamo - tra cui l’edizione di questa Rivista (nata nel 1985) - come collaboratori del Centro Studi Cinematografici siamo costretti a far riferimento quasi esclusivamente alle profonde radici culturali e ai valori che sostengono il nostro impegno di volontariato da sempre. In quest’ottica abbiamo comunque deciso di arricchire anche quest’anno il nostro legame con i lettori assicurando, oltre all’uscita puntuale dei

numeri della Rivista, anche quella dell’Annuario dei film per la scuola che pubblichiamo da 16 anni. Lo mettiamo a disposizione in versione digitale (PDF) come supplemento al n. 148/149, scaricabile gratuitamente dal Sito del Centro Studi Cinematografici. Oltre ai film presentati in queste pagine - che testimoniano ancora una volta che il cinema è da sempre uno strumento prezioso per riflettere su temi rilevanti e attuali - ricordiamo tante altre opere “classiche”, schedate nella Rivista, che abbiamo ritenuto utile segnalare per approfondimenti in ambito scolastico. Ci auguriamo che, affiancate a quelle fornite nei vari numeri dell’annata, le indicazioni contenute in questo Speciale potenzino le proposte degli insegnanti e quelle degli animatori dei Cinecircoli. LA REDAZIONE

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ANNUARIO 2021

After 2

Un cuore in mille pezzi After We Collided Hardin è disperato e cerca in tutti i modi di ricontattare Tessa, la quale, nel frattempo, comincia a lavorare come stagista presso la casa editrice Vance. A una festa di lavoro Tessa, finisce per ubriacarsi e telefona ad Hardin, il quale si allarma e corre da lei, ma viene anticipato da Trevor, che la soccorre per primo portandola in camera. Sarà proprio qui che i due verranno sorpresi da Hardin, il quale si arrabbierà follemente in preda alla gelosia. La ragazza, non ancora pronta a perdonarlo, passerà con lui la notte lasciandosi travolgere dalla passione del momento. I fatti si complicano quando arriva la mamma di lui, in quanto quest’ultima è convinta che il figlio sia ancora fidanzato; Hardin chiederà dunque a Tessa di fingere sulla loro relazione. Proprio in questa occasione i due riusciranno a fare pace e tenteranno di ricostruire il loro rapporto rendendolo più stabile e solido.

r. Roger Kumble s. Anna Todd or. Usa 2020 distr. 01 Distribution dur. 105’

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a saga di After torna in un secondo capitolo che segna una rinascita al Box Office italiano dopo un periodo di mercato cinematografico fermo in uno stallo a dir poco preoccupante. Uno dei maggiori pregi di After 2 è stato quello di riportare in sala il pubblico dei più giovani che sembrava ormai assuefatto a vedere i film sulle piat-

taforme che li offrono in Rete. Il primo film, anche se aveva riscosso ottimi incassi, non era stato particolarmente gradito dal pubblico perché “non abbastanza fedele” ai romanzi rosa di Anna Todd e, a tal proposito, l’autrice ha deciso di scrivere lei stessa la sceneggiatura del sequel. Anche se la trasposizione dei libri non è eccellente, si sapeva in partenza che i film di After sarebbero stati un successo per due motivazioni: la prima perché i libri erano già dei best-seller e quindi avrebbero trascinato una parte del pubblico in sala; la seconda perché le collane di romanzi adattati in versione cinematografica hanno quasi sempre creato tendenza e coinvolgimento del pubblico. Dopo il loro primo incontro i due protagonisti di After si scoprono cambiati nell’animo e Tessa mette tutta la sua vita a rischio, dal rapporto con sua madre alla sua carriera universitaria. La ragazza, timida e composta, si ritrova in un’intensa storia d’amore burrascosa e infine a dover scegliere tra l’affascinante e dannato Hardin e il bello e posato Trevor. Vedi anche nel n. 142/143, p. 16. l.v.

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Un altro giro Druk Martin non prova più alcun entusiasmo. Professore di storia alle scuole superiori, non riesce più a trasmettere agli studenti la passione per la materia; padre e marito devoto, è poco comunicativo con la moglie che pure ama moltissimo; amico e compagno di bevute di tre colleghi, si è dato ormai all’acqua. Ma dal confidarsi conviviale i suoi problemi emergono, per finire sommersi fra vodke degne di zar e ottimi vini francesi. Ne nasce una missione con velleità di esperimento scientifico che vede i quattro docenti ubriacarsi calcolatamente secondo lo stile di Hemingway (smettere di bere alle 8 di sera) e lo spirito di Churchill (non bere mai prima di colazione). Sulla base teorica del filosofo che ravvisò una carenza di alcol nel corpo umano, dal pulpito di una nazione con l’indice di consumo di alcolici fra i più alti in Europa, Vinterberg affronta il dramma intimo della felicità negata attraverso l’antichissimo rito sociale del bere.

r. Thomas Vinterberg or. Danimarca 2020 distr. Movies Inspired dur. 115’

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apita, nella vita, di cominciare a perdere colpi e di accorgersene a processo inoltrato, quando l’attività professionale si è fatta ripetitiva, il rapporto coniugale non ha più grandi slanci, il nucleo famigliare è avvolto in un desolante mutismo: a quel punto è il momento di darsi all’alcol. Finn Skårderud è il filosofo e psichiatra norvegese che ha elaborato la teoria se-

Asia Gerusalemme Ovest. Asia, di origine russa,immigrata in Israele, lavora come infermiera in un ospedale e vive con la figlia adolescente Vika. È una madre ancora giovane e, oltre al lavoro, trascorre del tempo con amiche e amici vivendo temporanee storie d’amore. Vika frequenta coetanei con i quali ama praticare lo skate in un parco. Vorrebbe provare per la prima volta un’esperienza sessuale, ma quando sta per farlo si irrigidisce, colta da una crisi. Sono i segni di una malattia muscolare che si impadronirà del suo corpo. Asia deve cominciare a fare la madre che non ha finora fatto. Ci sono solo loro due. E Vika è ormai su una sedia a rotelle. In seguito a una crisi più grave, Vika non accetta di essere ricoverata e fa intendere alla madre di voler morire per non soffrire più. Asia le prepara dei farmaci che lei inghiotte e rimane accanto al suo letto, mentre la figlia si sta lentamente spegnendo.

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r. Ruthy Pribar or. Israele 2020 distr. Lucky Red/Mio Cinema (streaming) dur. 85’

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ue donne, madre e figlia (o, come suggerisce la regista israeliana, “piuttosto due sorelle” data la limitata differenza anagrafica che consente di alimentare una vicinanza fra loro), sono al centro di Asia, film che disegna con tratti al tempo stesso lievi e densi argomenti sui quali sarebbe stato facile scivolare. Si parla di malattia e morte, di

condo la quale si nasce con un deficit dello 0.05% di alcol nel sangue: colmare questo scompenso significa migliorare le prestazioni sociali e professionali, incrementando l’autostima e riabilitando il proprio rapporto con il mondo. Così Martin recupera una verve scomparsa per guidare verso i temuti esami di maturità una generazione di studenti che si mostra già inserita nel contesto scandinavo di crescita personale e lavorativa. Fra il lirismo della popolare In Denmark I was born e la grande gara di bevute intorno al lago, le immagini cantano l’afflato sociale nordico con le sue contraddizioni - così comunitario, così individualistico, così rigoroso, così tollerante - con la predilezione per la musica in, il suo cambio di statuto in over e il fluire sospeso e ambivalente che ne deriva; con l’epicità inquieta dello Tchaikovsky de La Tempesta in un crescendo che va a schiantarsi contro lo stipite di una porta; con la soppressione dei dialoghi che lascia decorrere un ralenti disperato e grottesco; con la predilezione per la camera a mano sempre memore del Dogma che fu. Vedi anche nel n. 145, p. 25. a.a.

accompagnamento alla morte, così come di desiderio infinito di realizzarsi e provare nuove esperienze senza disperdere un istante di quel che ai personaggi è dato vivere nel loro transito terreno. Pribar, con due attrici d’immensa bravura in ruoli complessi e pieni di sfumature, adotta uno sguardo libero nel comporre immagini che respirano per immergersi con realismo privato di qualsiasi retorica nella quotidianità della diciassettenne Vika e della trentacinquenne Asia. Il loro legame assumerà sempre più energie inattese con il progredire della malattia di Vika. Ma è forte anche il loro bisogno di indipendenza, cercare emozioni, sfidare il dolore e la solitudine. E ritrovarsi accanto. Pribar usa una camera a mano pertinente, avvicinandosi con discrezione alle sue attrici e ai loro personaggi, facendoli ovunque sentire veri, concreti, credibili, palpitanti. Rimarranno a lungo impressi nella memoria. Così come questa opera prima, limpida e tesa come una corda popolata di sentimenti, che invita alla riflessione e al confronto. Vedi anche nel n. 146, pp. 4 e 5. g.g.


DAI 12 ANNI

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L’Assistente della Star The High Note

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Maggie lavora come assistente per la cantante Grace Davis e nel tempo libero si adopera per diventare produttrice musicale. Grace ha una carriera di grande soddisfazione e continua a fare tour anche se non pubblica un nuovo album da dieci anni; il suo manager crede che non riuscirà più a creare nulla degno del suo nome e che dovrebbe accettare uno show stabile. Durante una riunione la cantante esprime il desiderio di registrare nuova musica ma l’etichetta discografica prova a dissuaderla. Maggie, al contrario, la incoraggia, ma Grace, sconfortata, le fa presente che donne della sua etnia ed età raramente riescono ad arrivare in cima alle classifiche. Durante la sera del lancio dell’album dal vivo, Maggie cerca di procurarsi l’occasione per farsi notare ma crea disordini e viene licenziata. La star si renderà ben presto conto della mancanza di Maggie, assistente fedele che non l’ha mai usata.

r. Nisha Ganatra s. Flora Greeson or. Usa 2020 distr. Universal Pictures dur. 113’

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i potrebbe affermare che questo lungometraggio sia un grande “dietro le quinte”. Ci mostra come avere un sogno sia forse la cosa più importante al mondo perché esso diventa motore d’azione. Maggie Sherwoode sogna di diventare produttrice musicale dopo aver vissuto tutta la sua vita nel settore della musica statunitense senza mai aver ricoperto il ruolo che desiderava

Il cattivo poeta Nel 1936 Achille Starace, segretario del Partito Fascista e numero due del regime, decide di promuovere al grado di federale il giovane Giovanni Comini e di affidargli la delicata missione di recarsi al Vittoriale per sorvegliare il poeta Gabriele D’Annunzio. Quest’ultimo è già sottoposto a controllo speciale a causa delle sue posizioni dissidenti nei confronti del governo. Starace teme che una persona come D’Annunzio, pronunciandosi a sfavore dell’alleanza italo-tedesca, possa mettere in discussione la fiducia popolare. Giunto al Vittoriale, Comini invierà regolarmente i suoi rapporti sulle attività del poeta alla casa del Fascio, mentre D’Annunzio, pur consapevole della missione del giovane federale, gli si affezionerà sempre di più. Col passare dei giorni, il legame tra i due si intensificherà a tal punto da insinuare nell’animo di Comini molti dubbi sull’operato del partito.

r. Gianluca Jodice or. Italia/Francia 2020 distr. 01 Distribution dur. 106’

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ono passati lunghi anni dal vivere inimitabile tessuto sul bisogno del superfluo, dall’amore in vetrina con la celebre Eleonora Duse e dai voli sui cieli insanguinati di Vienna. L’Immaginifico è ormai nel crepuscolo della vita, in un’inconsolabile malinconia. Di tanta gloria non resta che un monumentale reliquiario bellico-liturgico, rappresentato dal Vittoriale.

davvero. La musica è tutto il suo mondo, se le avessero detto quando aveva dodici anni, che avrebbe lavorato come assistente per un’icona quale è Grace Davis non ci avrebbe creduto, eppure, raggiunto questo traguardo, non trova in esso la sua massima aspirazione. Il talento non le manca ma le occasioni in una vita sono limitate e cogliere l’attimo risulta fondamentale. Il film sotto più punti di vista manda un messaggio di sostegno all’empowerment femminile evidenziando come la prevalenza di individui di genere maschile renda ostile la possibilità di successo femminile nel campo dello Show Business. L’amicizia forgiata in tre anni tra l’assistente e la star porterà a una collaborazione proficua per entrambe ma gli impedimenti sono molti. L’intento del racconto è di trasmettere il valore della dedizione e del dovere non lasciandosi scappare le occasioni che la vita ci porge. Alla fine la mossa vincente che Maggie fa è di supportare sempre Grace la quale capirà che non è scontato avere qualcuno dalla propria parte. Vedi anche nel n. 146, p. 21. l.v.

Il giovane federale Giovanni Comini, ci introduce in questo tragico e iperbolico mondo privato, dove D’Annunzio è spogliato del suo aspetto pubblico e ufficiale. Si fronteggiano due mondi contrapposti, una storia in ascesa e una in declino, un gerarca in carriera e un poeta ormai vecchio, depresso, in un esilio auto-inflitto. All’esterno giganteggia invece la dimensione politica, nelle solenni architetture del regime, nella folla che inneggia al duce e nella propaganda sulla nuova alleanza estera. Ma il regime è narrato soprattutto nel modo in cui queste si riverberano sui personaggi. La regia di Jodice è fortemente evocativa e ricorda vagamente la trilogia del potere di Sokurov. La messinscena è ricercata: le stanze del Vittoriale diventano teatri di posa, le architetture fasciste si ergono a solenni cornici o a strumenti prospettici. Castellitto veste perfettamente i panni dell’ultimo Vate, contribuendo a riqualificare la sua immagine agli occhi di una critica superficiale che lo aveva ingiustamente derubricato a uno strumento del regime. Vedi anche nel n. 147, p. 25. a.s.

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Collective Colectiv Il 30 ottobre 2015 al Colectiv, una discoteca nel centro di Bucarest, divampa un incendio. Le uscite di sicurezza non erano a norma, molti i giovani rimasti intrappolati all’interno del locale. L’incidente ha provocato un’ondata di indignazione in Romania, decine di migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro il governo e chiedere le dimissioni del primo ministro Victor Ponta, dimessosi alcuni giorni dopo. Ventisette morti e centottanta feriti, ustionati gravi. Nei quattro mesi successivi all’incendio il numero delle vittime del fuoco aumenta, saranno infatti altri trentasette i pazienti deceduti negli ospedali per le ustioni riportate, pur non essendo in pericolo di vita nel momento in cui erano stati ricoverati. Le rivelazioni da parte di un medico fanno venire a galla frodi e una situazione di grande corruzione nell’ambito dell’universo ospedaliero a livello nazionale.

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a forza di Collective risiede nella constatazione della manipolazione della verità nelle comunicazioni ufficiali che il governo stesse gestendo perfettamente la situazione, assicurando che i pazienti sarebbero stati curati “come se fossero in Germania”, rifiutando gli aiuti dei Paesi confinanti. Nessuna intervista, nessuna voce fuori campo, Nanau adotta uno stile registico

Il concorso

Una serata epocale Misbehaviour 1970. Presso il Royal Albert Hall, a Londra, si organizza il celebre concorso di Miss Mondo, presentato da Bob Hope che solleva gli animi dei soldati americani impegnati in Vietnam con battute sessiste. Nello stesso anno prende vita il Movimento di Liberazione delle Donne che rese epocale quell’edizione della gara facendo irruzione sul palco. Sally, già madre, desidera iscriversi all’Università per studiare e affermarsi; sarà lei a incontrare le attiviste che sostengono la parità di genere. Le femministe che creeranno scompenso sul palco del concorso verranno arrestate, ma il 1970 segnerà anche la vittoria di Grenada, la prima donna nera a conquistare il titolo superando la bionda svedese (e favorita), altra contendente alla coroncina. Un anno, poche ore che cambiano le certezze del patriarcato, del maschilismo e degli stereotipi sulla bellezza femminile.

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r. Alexander Nanau or. Romania/ Lussemburgo 2019 distr. I Wonder Pictures dur. 103’

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r. Philippa Lowthorpe or. Francia/Gran Bretagna 2020 distr. Bim Distribuzione dur. 102’

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l film affronta il tema dei diritti delle donne due anni dopo le manifestazioni del 68, quando la società era ancora scossa dalle proteste per affermare i diritti di libertà contro autorità. Secondo questa dicotomia si dipana la narrazione, in un’alternanza tra le azioni compiute da Sally, la protagonista che scopre la propria coscienza politica e le ragazze esposte al concorso, una gara organiz-

asciutto, di attenta osservazione, con la sua cinepresa “entra” nella redazione del giornale, segue da vicino le indagini dei giornalisti, il lavoro indefesso per scoprire le relazioni tra le case farmaceutiche che diluiscono scientemente i loro disinfettanti da anni e gli ospedali, la raccolta di dichiarazioni da parte di personale ospedaliero e di medici che denunciano la mancanza assoluta di igiene nelle sale operatorie. Fino a introdursi nelle stanze del potere, assistendo alle riunioni del nuovo ministro della sanità, che intende fare luce e riformare il sistema ospedaliero. E mentre scorrono le sequenze sullo schermo l’impressione sempre più palpabile è di una messinscena invisibile e implacabile a opera di un governo che colpevolmente ha agito nell’interesse di lobby e si ostina a fare dichiarazioni mendaci, la riproduzione del potere dei regimi del passato, la nomenklatura. Collective - diretto da Alexander Nanau, trasferitosi in Germania, dove ha studiato cinema per poi fare ritorno, nel 2015, a Bucarest - ha meritatamente ottenuto importanti riconoscimenti. Vedi anche nel n. 147, p. 24. l.c.

zata tra mille difficoltà e che vede emergere la figura di Jennifer... Il titolo originale del film è più significativo di quello italiano: Misbehaviour, un “cattivo comportamento”, riferito alle proteste delle femministe che finiranno in arresto. La cinepresa le accompagna per riprendere il dialogo tra Sally e Jo, la militante oltraggiata durante un’intervista alla BBC dove dichiara: “Le donne non sono oggetti... Protestiamo perché questa competizione simbolizza il nostro sfruttamento”. Tornando al Concorso, tra le aspiranti spiccano Miss Svezia, emancipata e tutt’altro che superficiale, e Miss Granada (hostess), solare e intellettualmente vivace, che con la sua vittoria, nel periodo storico in cui impera l’apartheid, diventa simbolo di un cambiamento epocale di tale portata che se ne renderanno conto persino le attiviste del movimento per la parità di genere. Un film al femminile: gli uomini fanno da sfondo perché i riflettori sono puntati sui pensieri, sui desideri, sui diritti delle donne e non solo sui loro corpi. Vedi anche nel n. 145, p.17. a.m.


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Cosa sarà Il regista Bruno Salvati (45 anni), lasciato da poco dalla moglie Anna, sta attraversando un momento di crisi. Sottoposto ad accertamenti medici dopo un piccolo incidente, gli viene diagnosticata una forma di leucemia per cui è necessario un trapianto di midollo osseo. Per trovare un donatore compatibile vengono sottoposti ad analisi i figli: l’universitaria Adele e l’adolescente Tito. Ma i due risultano incompatibili alla donazione per alcune allergie. Così all’anziano padre Umberto, bugiardo ed egoista, con il quale Bruno ha da sempre un rapporto contrastato, non resta che rivelare al figlio l’esistenza di una sorella mai conosciuta, nata da una relazione extra matrimoniale con una donna di Livorno. Pertanto padre e figlio partono alla ricerca di Fiorella, che però, scossa dall’incontro, subito respinge l’imprevista richiesta. I fatti sono narrati da flash-back mentre in ospedale un infermiere prepara il protagonista a una seduta di chemioterapia.

r. Francesco Bruni or. Italia 2020 distr. Vision Distribution dur. 101’

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l gioco di parole nascosto dentro il nome e il cognome del protagonista aiuta a cogliere i riferimenti personali nel quarto film di Francesco Bruni. Cosa sarà nasce dall’esperienza della malattia vissuta dall’autore, mantenendo però una certa distanza dall’autobiografismo. È un film semplice e stratificato insieme, che si appoggia sul terreno della commedia per addentrarsi nell’animo

Crescendo #makemusicnotwar Il direttore d’orchestra Eduard Sporck accetta l’incarico di formare un ensemble di 20 giovani musicisti palestinesi e israeliani per preparare un concerto che si terrà in Alto Adige nell’ambito dei negoziati di pace tra Israele e Palestina. Comincia le audizioni a Tel Aviv. La violinista Layla e il clarinettista Omar arrivano con grandi difficoltà dalla Cisgiordania; nessun problema per il violinista israeliano Ron e i suoi colleghi. L’orchestra si forma, ma rimane divisa in due fazioni ostili guidate dai due violinisti. A Vipiteno, in campo neutro, tutti saranno sottoposti a varie forme di rieducazione per imparare a suonare ascoltandosi reciprocamente. Forse nasce anche un amore tra il timido palestinese Omar e l’israeliana Shirai. Ma proprio il loro tentativo di fuga metterà a rischio tutti. La perfezione raggiunta nella musica riuscirà a sanare l’odio che divide due popoli?

r. Dror Zahavi or. Germania 2019 distr. Satine Film dur. 102’

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l regista Dror Zahavi conosce bene il problema, come tutti i giovani attori. Tematica non nuova nel cinema quella del potere salvifico della musica. Non si tratta affatto comunque di un lavoro ripetitivo. Da diversi anni il regista si documenta su ogni aspetto inerente il conflitto tra israeliani e palestinesi. E il film è documento e vera narrazione in cui la

umano, sia del malato, sia di chi gli sta intorno. Il prologo durante l’infanzia mostra un momento di gioco e getta un’oscura luce sul fidarsi degli altri, tema che tornerà più volte nel corso del film. Mentre si prepara alla chemioterapia assistito dall’infermiere Nicola, la mente di Bruno ripercorre le settimane e i mesi precedenti, cominciando dalla diagnosi di un male che lo coglie impreparato. I piani temporali si alternano in maniera fluida: i passaggi da un livello all’altro non sono mai forzati e gli incastri fanno crescere drammaturgicamente la vicenda. È una storia di malattia, di presa di coscienza, di paura, ma anche di fiducia in un medico attento e vicino ai pazienti e di vicinanza di tutta la famiglia, ex moglie compresa. Kim Rossi Stuart, che ha anche collaborato alla sceneggiatura, è un perfetto interprete della fragilità e della voglia di reagire di Bruno. Del resto tutto il cast è ben scelto e ben diretto, dai due giovanissimi Fotini Peluso e Tancredi Galli, all’esuberante Nicola Nocella (l’infermiere), a Barbara Ronchi nella parte di Fiorella. Vedi anche nel n. 144, p. 14. n.f.

musica diventa personaggio, contesto, mezzo espressivo. Mai titolo fu più coerente al contenuto e alla forma di un’opera che del crescendo musicale riprende la struttura, trasmettendo emozioni e tensione fino all’ultimo fotogramma. E ne fa un sinonimo di evoluzione. Il campo neutro di Vipiteno non aiuta, l’urlo “Non ci sarà mai pace tra arabi ed ebrei” esplode ancora. Come, aggiunge il maestro, “Non ci sarà mai pace tra tedeschi ed ebrei”. E racconta la propria storia di figlio di due medici nazisti, soffocato da colpe innominabili. Ma la musica costringe a sciogliere l’odio: suonando con l’altro, non contro l’altro, trasforma finalmente i singoli in un team. Nasce anche un amore, che comunque permetterà alla tragedia di riaffacciarsi. La conclusione in aeroporto è data ancora dalla musica. Ron e Layla l’uno di fronte all’altra eseguono l’affascinante crescendo del Bolero di Maurice Ravel: due violini che vibrano all’unisono, due sguardi che finalmente si incontrano. Potrà nascere un mondo migliore? Utopia? Fantascienza? Indispensabile per le scuole. Vedi anche nel n. 142/143, p. 14. c.d.

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Crudelia Cruella Espulsa da scuola per cattiva condotta, Estella costringe la madre a lasciare la cittadina in cui vivono e a trasferirsi a Londra. L’improvvisa morte della donna obbliga la bambina a crescere sola. Un giorno la ragazza riesce a farsi assumere nel magazzino più in voga di Londra come sguattera e per via di un “fortunato” incidente conosce la Baronessa, importante e influente stilista. Quest’ultima riconosce il potenziale della giovane e decide di prenderla a lavorare come designer. Tutto scorre nel verso giusto fino a quando Estella comincia a sospettare che, dietro alla morte di sua madre, ci sia proprio la Baronessa. Da questo momento in poi Cruella prende il sopravvento su Estella e dà inizio a una vera guerra, alimentata da vendetta e crudeltà. Lo stile e la moda sono il campo di battaglia per distruggere la rivale e portarle via tutto, cominciando dal titolo di regina della moda londinese.

r. Craig Gillespie s. Dana Fox, Tony McNamara or. Usa 2021 distr. Walt Disney, Disney+ dur. 134’

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stella, fin da quando è in fasce, manda un messaggio che non può essere capito da tutti perché il mondo non è in grado di comprenderlo, il bene e il male possono coesistere. La verità è che Cruella de Vil è nata brillante e un po’ pazza ma la sua vena psicotica è la reazione a una serie di torti che ha subito nella sua squallida crescita. Cruella, in questa

Il delitto Mattarella 6 gennaio 1980. Un ragazzo si avvicina al finestrino di un’auto e spara una raffica di colpi, a sangue freddo. Nella macchina ci sono Piersanti Mattarella (all’epoca Presidente della Regione Sicilia), sua moglie, i figli e la suocera. La famiglia si stava recando a Messa. Con gli spari il presidente muore sul colpo. A ritroso il film ripercorre i tredici giorni precedenti al delitto: un impasto di politica, cosche mafiose e bande criminali (in particolare quella della Magliana), di collusioni e interessi occulti vanno a raccontare un fatto di cronaca troppo spesso dimenticato. Pietro Grasso, allora Sostituto Procuratore Antimafia e poi Presidente del Senato, avvia le indagini che saranno continuate da Giovanni Falcone. Questi individuerà nei terroristi di estrema destra gli esecutori materiali di un assassinio di matrice mafiosa. Solo nel 1995 alcuni boss verranno condannati. Il delitto resta, comunque, un fatto irrisolto.

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r. Aurelio Grimaldi or. Italia 2019 distr. Cin 1 Italia dur. 97’

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llievo di Aldo Moro, Piersanti Mattarella - fratello dell’attuale Presidente della Repubblica - militava nella DC. Le sue proposte politiche, che andavano verso posizioni più morbide rispetto al conservatorismo reazionario, si ponevano contro il primo partito di quegli anni e avrebbero toccato gli affari tra Istituzioni e Mafia per cui nell’estrema destra romana

nuova versione, non è più icona dell’inesorabile crudeltà, ma una figura molto più elaborata e contorta che ha in sé la dualità bene e male rappresentata dal bianco e nero. La controparte perfida e senza pudore è affidata alla Baronessa. Lo scopo di Estella diventa quello di gettare scompiglio nell’esistenza della sua nuova nemesi ma, non potendolo fare nei suoi panni, perché verrebbe scoperta, lo fa in quelli del suo alter ego: Cruella. Obbiettivo primario diviene l’oscuramento dell’egocentrica Baronessa con l’inizio di una lotta all’ultimo abito. Le pessime qualità della rivale influenzano in maniera concreta Cruella, la quale arriva all’apice della sua furia vendicativa quando ordina a Jasper e Horace di rapire i dalmati della Baronessa facendo credere al pubblico la sua intenzione di volerci realizzare un capotto. Dopo aver illuso anche i suoi nemici ed essere diventata scandalosamente famosa, la protagonista ci rivela che non ha scuoiato nessun animale e che anzi li adora e sono una parte fondamentale della sua banda. Vedi anche nel n. 147, pp. 12 e 13. l.v.

si trovarono alcuni alleati per portare a termine la sentenza di morte contro l’esponente democristiano dello Stato. Questa la tesi del regista del film Aurelio Grimaldi, tratto da una sua opera letteraria. Porta in luce una delle pagine più nere della storia del nostro Paese che vede coinvolti diversi nuclei di potere: dai membri della Politica ai capi di Cosa Nostra, da esponenti della P2 ai criminali della banda della Magliana fino alla Gladio, organizzazione paramilitare sostenuta dalla CIA per contrastare un’eventuale invasione dei sovietici in Europa. Il film esce in occasione del quarantesimo anniversario della morte di Piersanti Mattarella grazie alla volontà del regista di raccontare fatti importanti del Passato per far riflettere anche sull’attualità. E non fa sconti a nessuno. Un contenuto complesso che Grimaldi ha studiato attraverso i documenti di indagini e sentenze, che porta sullo schermo tramite lunghi dialoghi e un montaggio serrato; con un finale di informazioni che vanno a chiosare l’assunto di base del film e richiedono un impegno ulteriore. Vedi anche nel n. 144, p. 15. a.m.


DAI 16 ANNI

DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2021

The Dissident Nel consolato saudita a Istanbul, nel 2018, viene assassinato Jamal Khashoggi, dissidente contrario al regime del Paese arabo che, però, ne aveva fatto parte a lungo per poi trasferirsi negli Stati Uniti. Giornalista, per anni vicino alla famiglia reale, aveva deciso di continuare la propria vita negli USA e di scrivere in maniera continuativa per il Washington Post. Lì aveva chiesto la collaborazione di Omar Abdulaziz - trasferitosi in Canada con una borsa di studio dal 2009 - e i due approntavano programmi informatici per contrastare il controllo saudita dei social media e denunciavano la propaganda del regime. Il 2 ottobre 2018 Khashoggi, attirato in una trappola, si reca al consolato di Istanbul per ritirare i documenti necessari per sposare Hatice Cengiz, ma sparisce nel nulla. Più di due settimane dopo, grazie alle indagini svolte dalla polizia turca, i sauditi ammetteranno che il giornalista è deceduto all’interno del consolato.

r. Bryan Fogel or. Usa 2020 distr. Lucky Red dur. 114’

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a cronaca racconta che i sicari di Khashoggi, assoldati dal regime saudita, si spostano da Ryad a Istanbul per cogliere il dissidente nel consolato turco, ucciderlo, fare a pezzi il suo corpo mentre il governo arabo nega tutto e la folla si accalca davanti all’edificio. Bryan Fogel realizza, di questa vicenda, un potente documentario che viene

Una donna promettente Promising Young Woman Studentessa di medicina, ora barista in una caffetteria, la trentenne Cassie è segnata da un fatto del passato: lo stupro della sua migliore amica Nina, una sera in cui era ubriaca, da parte di alcuni ragazzi del college. Vittima dell’indifferenza di molti e della connivenza delle istituzioni, Nina era poi caduta in una forte depressione fino al suicidio. Per vendicare la memoria dell’amica ogni settimana Cassie, vestita in abiti provocanti, si reca in un locale fingendosi ubriaca; quando un uomo le si avvicina con la scusa di aiutarla, smaschera il malintenzionato rivelando la sua sobrietà. Un giorno ricompare Ryan, chirurgo pediatrico, ex compagno del college; i due si innamorano e Cassie sembra pronta ad abbandonare il suo progetto di vendetta. Quando però scopre che Ryan è ancora in contatto con i responsabili di quel tragico evento, ritorna sui suoi passi con un piano ancor più definitivo.

r. Emerald Fennell or. Usa 2020 distr. Universal Pictures dur. 113’

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esordio di Emerald Fennell alla regia è certamente promettente tanto quanto doveva esserlo la protagonista di questa storia nera che mescola i generi, tra il rape-revenge movie e la dark (a tratti romantic) comedy, in un’atmosfera da thriller psicologico con qualche lampo grottesco dal sapore tarantiniano. Il film ha vinto l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale (scritta dalla stes-

trasmesso sulla piattaforma Miocinema. Si vedono immagini di Khashoggi ripreso dalle telecamere a circuito chiuso poste negli uffici e poi il discorso si allarga alla ricostruzione dei fatti per delineare i motivi di quell’assassinio e le sue conseguenze nel mondo politico internazionale. “Roba che scotta”, quindi. Personalità opposte entrano in scena: coloro che cercano la verità e coloro che vogliono celarla a tutti i costi. Secondo la ricostruzione dei fatti, ci sono voluti solo sette minuti e mezzo per soffocare Khashoggi: si possono ascoltare le ultime frasi della vittima, i rumori del suo corpo smembrato, le battute degli esecutori (quindici contro uno). Viene descritta una monarchia che non vuole essere criticata, cuore della religione islamica (in particolare del wahabismo, la frangia più radicale di quella Fede); viene raccontato un Paese che nega i diritti fondamentali, che attua una blanda lotta al terrorismo e che bombarda - da anni ormai - lo Yemen. Eppure la comunità internazionale tace, serva del bisogno di idrocarburi. Vedi anche nel n. 146, p. 27. a.m.

sa Fennell) e questo ne ha suggellato il successo. La scrittura è sicuramente una delle chiavi vincenti del film e in particolare lo è la scelta di narrare una storia tragica in chiave pop con un piglio disilluso e tetro ma allo stesso tempo irriverente. La narrazione comincia sette anni dopo i fatti scatenanti, tratto curioso perché le terribili vicende del passato sono solo evocate nelle parole di Cassie (Mulligan), che è l’alter ego di Nina. Nina non c’è più eppure c’è sempre, è una presenza costante e invisibile che aleggia ovunque e Cassie vive per lei, per vendicare la sua morte e ricordarla soprattutto a coloro che, a vari livelli, l’avevano in qualche modo causata con la loro indifferenza. Caratterizzato da una serie di stridenti contrasti rispetto al tema centrale, Promising Young Woman è un film che non vuole compiacere o illudere il suo pubblico e che nel suo andamento ondivago tra i generi resta con i piedi ben saldi a terra fino alla fine, quando una conclusione grandguignolesca porta sì al compimento della vendetta, ma tutt’altro che risolutiva e confortante. Vedi anche nel n. 147, p. 19. s.n.

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ANNUARIO 2021

Dreambuilders

La fabbrica dei sogni Drømmebyggerne

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Una nuova famiglia, come tante ne conosciamo oggi, vive in campagna: Minna (pronuncia Mina) e suo padre condividono la passione per gli scacchi e per una vita semplice. La mamma se n’è andata anni prima per seguire la sua vocazione di cantante country. Un giorno l’equilibrio perfetto viene spezzato: il padre ha una nuova compagna che sta per traslocare presso di loro. Helena non tarda ad arrivare, accompagnata dalla figlia Jenny, coetanea di Minna. Subito si rivelano gli attriti tra le due ragazze: Minna è acqua e sapone, Jenny è la cittadina perfetta, tutta Facebook e disgusto per la natura. Una notte, il sogno che Minna sta facendo viene letteralmente “rotto” dall’interno da un inspiegabile guasto che rivela la natura cinematografica dei sogni di tutti noi. La falla spazio-temporale suggerisce a Minna il modo giusto per dare una lezione alla sorellastra insopportabile.

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r. Kim Hagen Jensen or. Danimarca 2020 distr. Bim dur. 80’

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reambuilders scorre piacevole e senza pretese; vuole affascinare come un cartoon americano, mentre spinge alla riflessione come un film europeo. Il tema centrale è una delle situazioni sociali più discusse: le nuove famiglie, le loro composizioni insolite, l’adattamento dei figli, l’adolescenza trascorsa con coetanei con le stesse fe-

Estate ’85 Été 85 Le storie d’amore qualche volta finiscono male ma il debutto è sempre folgorante. Lo è quello di Alexis e David. Alexis affonda tra i flutti di un’estate (irre)quieta, David lo salva dal naufragio come un dio greco. Alexis ha sedici anni e una passione per i riti funerari, David pochi di più e un dinamismo che non conosce freni. Sullo sfondo di una stazione balneare, si amano febbrilmente ma non aspirano allo stesso amore. Uno attraversa le emozioni forti, l’altro le brucia. Cresciuto senza slanci in una famiglia proletaria, Alexis è attirato da David, orfano di padre e figlio di una madre divorante e impudica. Tutto li separa, tutto li innamora dentro un dramma annunciato e una stagione stordente. L’ultima, spensierata e innocente, prima dell’inverno e dell’HIV.

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r. François Ozon or. Francia 2020 distr. Academy Two dur: 100’

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opo Grazie a Dio, film dossier sul silenzio della Chiesa, François Ozon si concede una parentesi estiva partendo dal romanzo iniziatico di Aidan Chambers (Danza sulla mia tomba), che ha marcato la sua giovinezza. Estate ‘85 racconta l’attrazione fatale tra due adolescenti. Un idillio che volge in dramma sulle note di “Sailing” e si ricostruisce nel racconto di Alexis. La me-

rite, che risultano ostili e poi improvvisamente complici. Minna e Jenny sono figlie dell’oggi, affidate al genitore più premuroso, ma sottilmente incredule che sia toccato proprio a loro raccogliere i cocci della famiglia in frantumi. Il canovaccio è quello della favola antica Il topo di città e il topo di campagna, dove si oppongono due visioni. Minna, brunetta abituata alla semplicità di una villetta fuori mano, ha per maestri un grande giardino e la compagnia di un criceto, dove c’è spazio per fantasticare e sfidare il papà a scacchi. Jenny, biondina proveniente dalla grande città, è abituata allo shopping compulsivo e trova conforto nella sua nutrita community di seguaci su Instagram. Entrambe devono convivere o meglio condividere la stessa camera da letto, con gli ovvi problemi di privacy che ne derivano. Come nella morale del racconto di Esopo/Fedro, vincerà l’etica della natura, verranno dichiarati migliori i valori del “topo di campagna”: una vita semplice, ma felice è preferibile a una vita di abbondanza, sempre sull’orlo della paura e del risentimento. Vedi anche nel n. 145, p. 27. c.m.v.

moria frammentata del narratore illumina lo spettatore e nutre una riflessione sulla maniera di raccontare le storie. Ozon lo aveva già fatto Nella casa sperimentando il limite tra realtà e finzione. Ma a questo giro la teoria dimora leggera. A contare più di tutto sono i personaggi, tuffati nel grande mare delle prime volte. L’amore tra David e Alexis divora ogni angolo dell’immagine. Mai completamente segreto, si dimentica candidamente dello sguardo degli altri. Ma il film non riduce mai la sua storia a una problematica gay, soffiando un’aria fresca e universale, prossima al progetto della Sciamma con Ritratto della giovane in fiamme. Se l’omofobia persiste in filigrana, non costituisce mai il centro del suo racconto. Estate ’85 racconta piuttosto la collisione di due esseri che tutto oppone e che vivono un desiderio impossibile da soddisfare. L’innocenza di Alexis incontra il desiderio di libertà assoluta di David dentro una relazione amorosa che infila a tutta velocità il crepuscolo e insieme l’idea poetica di conservare una parte dell’altro in noi, per l’eternità. Vedi anche nel n. 147, pp. 2 e 3. m.gn.


DAI 16 ANNI

ANNUARIO 2021

The Father

Nulla è come sembra The Father

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Dopo aver fatto fuggire l’ultima governante, rivendicando la propria autonomia, Anthony, un ingegnere londinese facoltoso e brillante ormai ottantenne, viene pregato da Anne, sua figlia, di accettare un aiuto domestico; Anne, infatti, è in procinto di trasferirsi a Parigi con il nuovo compagno Paul. Deluso da una notizia che vive come un abbandono, Anthony lotta per stare a galla in una realtà che gli appare sempre più deformata, dove passato e presente si confondono. Perché l’altra figlia, Lucy, ha smesso di fargli visita? Chi sono gli estranei che irrompono in casa sua, provocandolo e scompaginando ogni certezza? I famigliari, l’appartamento e i particolari della sua routinaria vita sono in ogni momento diversi, destabilizzandolo in un gioco crudele, mentre Anthony è sempre alla ricerca dell’orologio da polso che compare e scompare come un preoccupante segno premonitore.

r. Florian Zeller or. Gran Bretagna 2020 distr. Bim dur. 120’

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he Father è debitore della sua origine: un forte impianto teatrale come la pièce da cui è tratto che favorisce anche nel film una sensazione di estraneità alle vicende narrate come succede spesso a teatro. Una scenografia volutamente costruita per confondere le idee che ricorda la quinta di un palcoscenico. Attori che si somigliano l’un l’altro, spazi esterni di

Fellini degli spiriti “…poi ho pensato, oggi è il giorno dei morti, invece a me ha fatto un effetto tutto di vita, di gioia, proprio perché Fellini era il massimo delle persone capaci di entusiasmarsi per una cosa minuta, che è una grande spiritualità”. Con questa impressione, raccolta alla camera ardente di Federico Fellini nello studio 5 di Cinecittà, il 2 novembre 1993, si apre un’indagine nella sfera più intima del grande regista riminese. Fellini degli spiriti è un documentario dedicato alla grande attrazione del cineasta per l’insondabile e l’impatto di questa fascinazione sui suoi film. Amici, professionisti che hanno condiviso esperienze lavorative e critici tratteggiano il loro personale Federico, svelano aneddoti, episodi e opinioni, ma in questa galleria finisce il regista stesso grazie a interviste e preziosi documenti d’archivio.

r. Anselma Dell’Olio or. Italia 2020 distr. Nexo Digital dur. 100’

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on Fellini degli spiriti la critica cinematografica Anselma Dell’Olio compone un profilo del Fellini che insegue l’insondabile. Collaboratori, amici, critici cinematografici, registi internazionali disegnano il profilo del Federico spirituale: l’impatto travolgente con Ernst Bernhard e l’analisi junghiana, la passione per i tarocchi, la partecipazione

fatto assenti. Il film si gioca tutto all’interno come un dramma da camera e fa leva sulle similitudini tra i vari personaggi proprio per disorientare lo spettatore. Non si tratta solo di un film sull’invecchiare e meno che mai di un film sulla malattia di Alzheimer o sulla demenza senile, è piuttosto un’indagine sulla mente, sui suoi labirinti e le sue deformazioni. Il disagio degli spettatori è dato dal constatare la crudeltà delle persone che circondano il protagonista e che, dietro le buone maniere, celano l’insofferenza nei confronti di un malato da accudire. Anthony regredisce progressivamente a uno stato infantile e, nella straziante scena finale, vorrebbe accanto a sé solo la madre. Il film, tuttavia, non si limita a descrivere i peggioramenti, le crisi o i mezzi più o meno creativi che i famigliari devono trovare per convivere con la nuova situazione; The Father rimane dalla parte del protagonista e lo segue da vicino, empatizzando con la sua posizione e con il suo sentire che si fa via via più confuso, ma non per questo meno vero. Vedi anche nel n. 147, pp. 10 e 11. c.m.v.

a sedute spiritiche, l’incontro con la magia di Gustavo Roll, la natura del legame con Nino Rota e il rapporto tormentato con la ‘culla’ cattolica. Emerge un’attrazione irresistibile verso il trascendente e quindi il disamoramento per una realtà materiale e grigia, alla quale resta ancorato grazie alla figura-guida di Giulietta Masina. Dell’Olio cerca di lasciare alla viva voce di Fellini e a spezzoni dei suoi film il compito di corroborare le evidenze che emergono dalla sua ricerca. In alcuni casi le vicende e i particolari raccontati nel documentario sono davvero rivelatori se accostati ai temi, ai personaggi e alle storie di film come Giulietta degli spiriti, 8 e mezzo e La dolce vita; mentre suonano forse troppo perentorie le affermazioni legate all’impatto dell’incontro con Bernhard e Roll, secondo gli intervistati veri e propri turning point senza i quali Fellini non sarebbe diventato l’uomo e il grande regista che è stato. Peccato per l’assenza di riferimenti alle opere di Manara che trasformò in fumetti le ultime sceneggiature di Fellini. Vedi anche nel n. 145, p.19. a.p.

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Fireball

Messaggeri dalle stelle Werner Herzog e Clive Oppenheimer approfondiscono nuovamente l’amore e la passione comune per la natura, dedicando il loro ultimo documentario ai meteoriti e al loro impatto sulla Terra. Un incontro che può rivelarsi catastrofico, come nel caso del corpo celeste che 66 milioni di anni fa causò l’estinzione dei dinosauri, o ricco di fascino, come quello con i quasicristalli. I due autori ci addentrano negli studi condotti dagli scienziati sui corpi celesti, intersecando la ricerca chimica e biologica con la superstizione e la religione, incontrando varie comunità e consultando diversi studiosi in luoghi differenti, e viaggiando dal Messico alla Norvegia, da Chichen Itza a Castel Gandolfo per analizzare le diverse interpretazioni date al materiale cosmico piovuto sul nostro pianeta nel corso dei millenni. Oggetti di altri mondi che hanno viaggiato lungo tutta la galassia per atterrare qui.

r. Werner Herzog, Clive Oppenheimer or. Gran Bretagna/Australia/Italia 2020 distr. Apple Tv+ dur. 97’

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l documentario non è concepito come una fiaba chiusa che converge in una soluzione definita, ma come un racconto che resta sospeso, spalancando lo spettatore a numerosi interrogativi. La vertigine del mistero da sempre desta nell’uomo l’obiettivo di una risposta plausibile e risarcitoria al dramma che lo circonda; e i registi ce ne offrono di molteplici ed esemplari. Fireball - Messaggeri dalle stelle

Il futuro siamo noi Demain est à nous José Adolf ha solo sette anni quando nella sua terra, il Perù, dà avvio a un’impresa straordinaria: i ragazzini che gli porteranno cinque chilogrammi di rifiuti potranno aprire un conto personale in banca. Il ragazzo centra così più obiettivi: far guadagnare qualche soldo a chi vive in condizioni disagiate, ripulire l’ambiente e incentivare il riciclaggio. In Guinea la dodicenne Aissatou è talmente turbata quando la sua compagna di banco abbandona la scuola per convolare a precoci e combinate nozze, che si ribella e fa opera di incessante sensibilizzazione sul diritto delle bambine a godere l’infanzia, a frequentare la scuola e a scegliersi, quando lo riterranno giusto e opportuno, un compagno di vita. Parimenti Heena in India, Peter, Kevin e Jocelyn in Bolivia, Arthur in Francia e Khloe. Sono un popolo di giovanissimi imprenditori, una vera finestra aperta sul mondo, che giustamente si riconoscono come “il futuro”.

numero 148/149 · luglio-ottobre 2021

r. Gilles De Maistre or. Francia 2019 distr. Officine Ubu dur. 85’

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n un mondo malato, in cui lo “sviluppo” è spesso un sistema per spingere verso la cultura del desiderio, questo documentario è una boccata d’ossigeno. Offerta non da scienziati ottimisti o premi Nobel, ma da ragazzi sparsi ovunque sul pianeta, con in comune l’obiettivodi mettersi in gioco, senza aspettare che la soluzione ai problemi arrivi dall’alto. Hanno tra i dieci e i quattordici anni e

è soprattutto una grande indagine antropologica sull’interpretazione della caduta di corpi celesti in particolari aree geografiche e della loro influenza nella cultura e nella tradizione popolare. Ancora una volta Herzog, in collaborazione con Oppenheimer, elude le categorie interpretative e ci immerge in spunti contraddittori con la stessa lentezza analitica di un romanziere. All’occhio meravigliato dello spettatore si schiude una sequenza di scansioni che centuplicano la grandezza di questi frammenti cosmici, richiamando forme strabilianti che somigliano a occhi, diademi, mosaici e rose vorticose. Ci si ritrova nel regno della poesia che inevitabilmente tocca le corde più profonde del reportage. Mentre i precedenti Apocalisse nel deserto e L’ignoto spazio profondo potevano essere definiti come un requiem per un pianeta inabitabile, negli ultimi documentari Herzog tenta di comprovare un passaggio diverso, il tentativo di decifrare le forze occulte terrestri e cosmiche in un messaggio che non censura la speranza. Vedi anche nel n. 145, p. 26. a.s.

chiedono solo di non essere ostacolati. Con lucidità e fantasia si attivano per cambiare le anomalie intorno a loro. I protagonisti del documentario non perdono tempo e si attivano. Fanno proprio il problema altrui e cercano di risolverlo. Escono dalla visione individualista e aprono occhi e mente. Siamo noi i bambini che non sanno vedere, che demandano alla politica e alla finanza, sempre ad altri, le responsabilità. Questi giovani protagonisti si rimboccano le maniche, inconsapevolmente certi che la società è ciascuno di loro, che se una persona è in difficoltà il problema è di tutti. Questa la lezione che i protagonisti di Il futuro siamo noi ci affidano ed è una lezione talmente importante che si può sorvolare sulla confezione non impeccabile del film. Gli esempi di Greta Thunberg e Malala Yousafzai, con i rispettivi diciotto e ventitré anni, quindi rispetto ai nostri protagonisti attempate apripista - che i media esaltano e dimenticano seguendo gli stati emotivi dell’informazione - hanno tracciato un percorso di coscienza che si spera diventi endemico. Vedi anche nel n. 147, p. 23. f.b. e t.c.


DAI 12 ANNI

ANNUARIO 2021

Il giardino segreto The Secret Garden

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Mary Lennox, 10 anni, figlia di ricchi inglesi, vive in India in una splendida casa. Siamo nel 1947, alla vigilia della partizione tra India e Pakistan, colera e rivolte la rendono orfana. Sarà affidata allo zio Archibald Craven in un’immensa tenuta nello Yorkshire, il quale vive chiuso nel suo dolore per la morte della moglie e la ignora. La ragazzina vaga da sola per esplorare castello e soprattutto giardino. Scopre che in un’ala appartata del maniero vive Colin, figlio malato dello zio, quindi suo cugino e orfano come lei. Tra i due nasce una difficile amicizia. All’esterno scopre dietro un muro un meraviglioso giardino. Per caso ne trova la chiave, nascosta dallo zio perché in quel luogo la moglie aveva trovato la morte. Incontra poi Dickon, un contadino povero. Si formerà un gruppo e saranno in tre a vivere nel giardino segreto magiche avventure, che cambieranno per sempre le loro vite.

r. Marc Mudden or. Gran Bretagna 2020 distr. Lucky Red dur. 99’

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all’omonimo testo di Frances Hodgson Burnett (Il piccolo Lord), un classico della letteratura per l’infanzia già approdato al cinema più volte. Il regista cerca di attualizzarlo inserendo una sorta di ghost story attraverso doppi e fantasmi, e la valorizzazione dell’aspetto visivo rispetto a quello tematico, lavorando prevalentemente sulla qualità dell’immagine. Il giardino diventa il vero

Glassboy Pino - 11 anni -, di famiglia altoborghese, vive recluso a motivo di una malattia molto grave. Dalla finestra osserva i giochi di quattro ragazzi del quartiere, gli Snerd, capeggiati da Mavi (ragazza che pare un maschio per i capelli cortissimi e il tratto da leader). Quando si accorge di essere osservato, si ritira, finché un giorno Mavi, seccata, lo invita a unirsi a loro. Ma lui non può perché la nonna ribadisce l’obbligo della segregazione, dato che è affetto dalla stessa malattia del nonno. Anche l’insegnamento gli è impartito in casa da un precettore a cui Pino, uscito, manomette la macchina e i ragazzi del gruppo lo difendono. La mamma li invita in casa a fare merenda, mentre la nonna li esamina criticamente e d’improvviso al ragazzo esce sangue dal naso. Un giorno Pino sparisce: la nonna lo ha sequestrato e rinchiuso in un maniero al nord, oltre il confine. Gli amici partono in bicicletta per cercarlo e liberarlo.

r. Samuele Rossi or. Italia/Svizzera/ Austria 2020 distr. Solaria Film// #iorestoinsala dur. 90’

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ratto dal libro di Fabrizio Silei vincitore del premio Andersen 2012, il film è una fiaba moderna. Della fiaba ha la divisione dei personaggi in buoni e cattivi - protagonista, antagonista, aiutanti - e la prova, il rischio, la vittoria finale del bene sul male, l’inverosimiglianza, l’insegnamento morale sull’amicizia

protagonista, un luogo magico dai colori strepitosi, che muta (non manca la CGI) secondo il sentire dei suoi abitanti: selva oscura e rifugio accogliente che vive in simbiosi con i ragazzi. Per loro merito rinascerà a nuova vita, salvando a sua volta i piccoli ospiti. Meno riuscito l’aspetto narrativo, affrettato, personaggi secondari tratteggiati sommariamente, mentre la “tirannica ed egoista Mary” ben presto ci cattura: una bimba che ha vissuto la perdita dei genitori, calata in un ambiente gelido, che deve fare affidamento solo sulle sue forze. È circondata dal dolore, ma rifiuta istitutrici e collegi, rivendicando un’autonomia dagli adulti impensabile per l’epoca: la favola di una bambina che guarisce attraverso il potere salvifico della connessione con la natura e la scoperta dell’amicizia. Improvviso cambio stilistico nella lunga sequenza finale: chiusura incendiaria e risolutiva alla Brontë, stile grande film d’azione. Non è un film perfetto, ma sicuramente adatto ai ragazzi e agli adulti che li accompagnano. Vedi anche nel n. 145, p. 21. c.d.

e la solidarietà che determinano il successo finale, sul valore della comunicazione e della relazione, sul desiderio di libertà e avventura, sulla paura e la necessità di vincere la propria fragilità, sulla crescita e il coraggio di vivere. Del resto l’incipit, con la voce fuori campo che introduce i fatti in un ambiente favoloso, chiarisce l’angolazione dell’apologo, annunciandone una morale. Della fiaba il film ha anche la valenza simbolica: i temi della paura di vivere e la fatica di crescere sono simboleggiati dalla malattia, dato che tutti i ragazzi, sulla soglia dell’adolescenza, si sentono fragili, “diversi” dagli altri. Questo sentimento di insufficienza, ribadito dalla nonna, rappresenta la voce interiore dell’inadeguatezza di Pino che “non è come gli altri ragazzi”. Sul piano psicologico la trasformazione interiore del protagonista inizia quando i ragazzi, dopo l’accoglienza, confessano i loro problemi fisici e psicologici e lui dichiara di abbandonarsi alla musica e alla danza quando si sente giù: in sostanza quando intervengono relazione e comunicazione a sbloccare la chiusura. Vedi anche nel n. 146, p. 19. a.t.

numero 148/149· luglio-ottobre 2021

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DAI 14 ANNI

DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2021

Gretel e Hansel Tanto tempo fa, in una terra devastata dalla guerra nacque una bambina malata, per salvare la quale il padre si rivolse a un’incantatrice. La donna rimosse il male dalla piccola, ma infuse in lei un potere oscuro, tanto che alla fine la comunità si vide costretta ad abbandonarla nel bosco. Anni dopo, un’altra giovane, Gretel, è costretta a lasciare casa insieme al fratellino Hansel e a perdersi nel bosco, minacciata da presenze malvagie. Infine i due giungono a una casa isolata e ricca di dolci al suo interno. È l’abitazione di Holda, che offre generosamente asilo ai due ragazzi, ma che si rivela pure abile nell’uso dei poteri magici. Gretel è così incerta: la prospettiva di una vita lontano dalla cattiveria degli uomini è allettante, ma è come se la vecchia padrona di casa nascondesse qualcosa, forse un segreto collegato alla passata vicenda della bambina oscura.

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erkins recupera la cifra più gotica del modello letterario, accentuandone la componente femminile che diventa l’autentico oggetto del contendere tra le forze positive e quelle oscure. La storia rispetta sostanzialmente la progressione della fiaba, esaltandone iconograficamente gli spunti secondo un approccio che appare quasi esoterico: simboli che ricorrono (primo fra tutti quello del

Una intima convinzione Une intime conviction Tolosa, 27 febbraio del 2000: Suzanne Viguier, giovane madre di tre figli, scompare senza lasciare traccia. Olivier, il suo amante, fa di tutto per concentrare i sospetti sul marito Jacques e questi - pur senza il ritrovamento di un corpo - viene accusato dell’omicidio della moglie. Il processo di primo grado, che in breve tempo diventa un caso mediatico, si conclude con l’assoluzione di Jacques. La storia narrata in Una intima convinzione inizia quando, dieci anni dopo i fatti e un anno dopo la conclusione del processo di primo grado, l’accusa fa appello alla sentenza ed entra in scena il personaggio di Nora. Madre single e lavoratrice molto affezionata alla figlia dei Viguier, Clémence, ne prende a cuore la vicenda e si prodiga per convincere il celebre avvocato Éric Dupond-Moretti a difendere Jacques. Letteralmente “braccato” dalla donna, l’avvocato finisce per accettare e il processo di appello inizia.

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r. Osgood Perkins or. Canada/Usa/ Irlanda/Sudafrica 2020 distr. Koch Media dur. 87’

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r. Antoine Raimbault or. Francia 2019 distr. Movie Inspired dur.110’

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a ricerca della verità può diventare un’ossessione tale da far vincere la convinzione sulla ragione? Parte da questa domanda Una intima convinzione di Antoine Raimbault, che racconta la storia (vera) dell’omicidio di Suzanne Viguier e il successivo processo a suo marito Jacques. “Affascinato dal caso” - racconta il regista - “ho partecipato a due udienze del

triangolo), una concretezza diffusa e un costante inserire piccoli segnali di pericolo. Il tutto mentre la sfida si gioca sul corpo di un’adolescente che deprime la sua femminilità, percepita come un’esca per un mondo maschile e predatore, covando nel profondo un potere la cui forza trova espressione in luoghi chiusi ma al contempo ampi, oppressivi sebbene dotati di notevoli soluzioni di continuità nello snocciolare vari ambienti. Nell’ambito di una ricerca che guarda al femminile come a un elemento potente ma fragile e articola così le sue pulsioni in modo duale, Gretel è inoltre divisa fra l’amore e il senso di protezione per Hansel e la fascinazione per la liberazione che potrebbe darle il potere oscuro, quasi che il legame di sangue ne limiti le possibilità. In questo modo un racconto di infanzia violata diventa anche una ricognizione più ampia sulle stagioni della vita, dove Gretel non a caso è figlia, sorella e madre, preda e potenziale predatrice, sottolineando una volta di più la forza destabilizzante della fiaba. Vedi anche nel n. 142/143, p. 15. d.d.g.

processo Viguier e tra i banchi della Corte d’Assise ho conosciuto i suoi figli, piombati nella peggiore delle situazioni, con la madre morta e il padre accusato di averla uccisa. Per me, il cinema ha il compito di riesaminare la realtà prendendo in considerazione diverse prospettive. Per tale ragione, ho deciso di mostrare da vicino il funzionamento della Giustizia e di rappresentare l’universo delle Corti d’Assise, cercando di coglierne le complessità e il peso drammatico”. Raimbault ha l’intuizione di aggiungere alle vicende giudiziarie il personaggio fittizio di Nora, vero e proprio alter ego del regista, che “abbraccia” il caso con un trasporto tale da spingerla a un passo dal perdere il controllo, ma che proprio per questo è particolarmente coinvolgente. La storia è raccontata dal suo punto di vista e lo spettatore si ritrova completamente assorbito dalla vicenda, in una sorta di immersione in apnea, compulsiva e implacabile, in cui Nora incarna tanto l’immagine di una figura di giustiziere quanto una riflessione introspettiva sul pericolo delle nostre certezze. Vedi anche nel n. 142/143, p. 19. f.s.


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Lasciali parlare Let Them All Talk Mentre lavora al nuovo romanzo, l’affermata scrittrice americana Alice Hughes riceve un importante riconoscimento letterario in Gran Bretagna. Compie il viaggio su una lussuosa nave da crociera insieme al nipote Tyler e alle amiche Roberta e Susan, che non vede da decenni. Di nascosto, si imbarca anche la sua agente Karen, per scoprire quale sia il soggetto del nuovo libro di Alice, su cui la scrittrice mantiene il totale riserbo. Karen contatta Tyler chiedendogli di investigare per via della sua confidenza con la zia. Roberta crede che Alice si sia ispirata alla sua vita, senza riconoscerlo, per un suo best-seller. Intanto, ogni mattina un uomo esce dalla camera di Alice. Giunte in Gran Bretagna, le tre amiche e Tyler soggiornano in una pensione. Tutto cambia quando Alice viene trovata morta. Era malata da tempo. Al ritorno negli Stati Uniti, Tyler si reca nella casa della zia e, nel silenzio, inizia a ricordarla.

r. Steven Soderbergh or. Usa 2020 dur. 113’ distr. Warner Bros dur. 113’

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teven Soderbergh è un autore che ama le sfide, come se ogni suo film fosse un debutto. E Lasciali parlare ne è un esempio perfetto. Un’opera sperimentale nel progetto e nella sua realizzazione, ma dallo sguardo classico, pur se interpuntato da immagini spiazzanti, che richiama un cinema americano costruito su una regia solida e performances interpretative.

Lassie torna a casa Lassie: Eine Abenteurliche Reise Germania ai nostri giorni. I Maurer sono stressati. Mamma Sandra è incinta, papà Andreas perde il lavoro presso l’azienda di soffiatura del vetro artistico del conte Von Sprenger che è costretto a chiudere. Flo, dodici anni, è vittima del bullismo a scuola ma ha un grande amico: il suo collie Lassie. Purtroppo Frau Möller, proprietaria dell’appartamento affittato dai Mauer non ammette che vi alloggino animali di grande taglia. Data la situazione, il padre cerca un’occupazione in un’altra città. Provvisoriamente il cane deve trovare una sistemazione dal conte. Il quale però, per le difficoltà economiche, deve andare con la nipote Priscilla a un incontro su un’isola del Mare del Nord. I due portano con sé Lassie ma lo perdono. Priscilla e Flo uniranno le forze per ritrovarlo. A un certo punto tutto sembra perduto, ma Lassie non ha dimenticato la strada di casa.

r. Hanno Olderdissen or. Germania 2020 distr. Lucky Red dur. 96’

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ien da chiedersi se, a quasi 80 anni dal primo film, abbia un senso riproporre una storia che, nell’impianto, conserva le stesse caratteristiche. La risposta è affermativa se si tiene conto che si tratta di un film adatto a una visione familiare. Si possono così bypassare alcune incongruenze logistiche in favore di una storia in cui non si punta solo sul cane. Mostrare le conseguenze della perdita del lavoro su una famiglia oggi può

Solo che attrici e attori hanno ricevuto minime informazioni, lavorando sull’improvvisazione dei dialoghi: che si frammentano, inceppano e ripartono. Inoltre, la traversata compiuta dai personaggi corrisponde a quella compiuta da regista, cast, troupe, imbarcatisi sul vero transatlantico Queen Mary 2 per girare la buona parte di un film (che poi si sposta nelle lande britanniche) in tempo reale, senza prove e ripetizioni. Si crea un tempo sospeso, le giornate assumono un andamento a-temporale, mentre tre attrici che hanno fatto la storia del cinema (Meryl Streep, Candice Bergen, Dianne Wiest) disegnano altrettante figure femminili dai tratti forti e a volte detestabili. Lasciali parlare è un gesto d’amore verso una persona amata e la letteratura, il sentimento profondo di essa; parla di relazioni conflittuali, ambizioni di potere e stratagemmi per ottenerlo, esperienze da provare anche con il rischio che non si realizzino, riflessione sull’atto creativo, la morte, la potenza della parola (e transitivamente dell’immagine) e del silenzio. Vedi anche nel n. 147, pp. 14 e 15. g.g.

diventare significativo e comprensibile anche per un bambino. Così come accennare alle fasi di una lavorazione artigianale e artistica come è quella della soffiatura del vetro. L’avventura è sostenuta dalla ricerca dei due ragazzi nonché dall’emozionante scena della sparizione di Lassie nelle rapide di un fiume Lo spostamento della localizzazione della storia dalla Gran Bretagna alla Germania non influenza la resa del film. Anzi avvicina i giovanissimi spettatori offrendo loro un elemento semifiabesco (il castello del conte) non mancando di sottolineare come possano essere differenti i rapporti genitori/figli grazie alla messa a confronto tra i genitori di Flo e il padre di Priscilla che, a sua volta, ha avuto un rapporto difficile con il conte. L’unico elemento ‘teutonico’, nel senso stereotipo del termine - che comunque non guasta - è costituito dalla padrona di casa dei Maurer che ha una rigidità che non si può scalfire e che nella versione originale è caratterizzata da un forte accento bavarese. Vedi anche nel n. 147, p. 28. g.za.

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Lezioni di persiano Persian Lessons 1942. Arrestato dai nazisti, l’ebreo belga Gilles è internato in un campo di concentramento in Germania. Nel viaggio cede il suo panino a un prigioniero in cambio di un libro sulla Persia. Così può rocambolescamente spacciarsi per un iraniano e scampare a un’esecuzione sommaria. Accade infatti che nel campo venga condotto da un ufficiale tedesco che desidera imparare il farsi perché, finita la guerra, vorrebbe aprire un ristorante a Teheran. Pur avendo qualche sospetto, l’ufficiale assegna Gilles alle cucine e lo incarica di dargli lezioni private ogni giorno. Parola su parola, il protagonista costruisce una lingua che non conosce, spinto a inventare vocaboli sempre nuovi e a memorizzarli. Tutto mentre vive nella paura di essere smascherato. L’ufficiale apprende sempre più parole e si convince di poter conversare nel nuovo idioma, mentre Gilles è costretto a reggere la falsa identità fino alle estreme conseguenze.

r. Vadim Perelman or. Germania/ Bielorussia/Russia 2020 distr. Academy Two dur. 127’

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ezioni di persiano rilegge una storia non nuova, un tentativo di sopravvivenza nell’inferno di un lager grazie all’astuzia e alla fortuna, in maniera non troppo risaputa e con spunti originali. Gilles deve al caso il ritrovarsi in mano il libro di persiano che diventerà la risorsa per scampare a un massacro. Dovrà però meritarsi quell’evento favore-

Listen Bela e Jota sono una coppia di immigrati portoghesi, che si arrangiano fra mille difficoltà per crescere i figli Diego, Lu e Jessy a Londra. La piccola Lu, in particolare, è sorda, l’apparecchio acustico si è guastato e la famiglia deve aspettare per potersene procurare uno nuovo. Un giorno, proprio Lu viene trovata a scuola con dei lividi sulla schiena, fatto che determina l’azione dei servizi sociali. Sebbene certi di non avere alcuna responsabilità per quanto accaduto, i due coniugi si vedono strappare i figli dalle mani e, dati i tempi molto stretti dei programmi di ricollocamento e adozione, rischiano di perderli definitivamente. Devono perciò cercare in ogni modo di salvare la loro unione familiare.

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r. Ana Rocha de Sousa or. Portogallo/Gran Bretagna 2020 distr. Lucky Red dur. 74’

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a sfida portata avanti dalla regista Ana Rocha de Sousa è molteplice: da un lato ribadire l’importanza dell’ascolto per evitare l’incredibile concatenazione degli eventi che rischia di distruggere la famiglia di Bela e Jota. Dall’altro, elaborare il bisogno di ascolto attraverso espedienti tipici di un linguaggio visivo come il cinema, lavorando sugli spazi che distanziano e riavvicinano i personaggi.

vole continuando a dare conferme del suo essere di origine iraniana anche di fronte a precisi sospetti. Da una parte è privilegiato per la protezione che gli offre l’ufficiale Koch, dall’altra vive la paura di un passo falso che riveli la menzogna. È interessante che il regista utilizzi le parole per rendere questa situazione. Ogni termine aggiunto all’improvvisato dizionario costituisce un’insidia che può far cadere tutto il castello, tanto più che il detenuto si sente sempre sul filo dell’errore e deve continuamente memorizzare quanto ha improvvisato. È una sfida che si alza continuamente di livello e in ballo c’è la vita e c’è la presenza di un sottufficiale che dubita di Gilles fin dal primo momento. Il film si affida soprattutto alla sceneggiatura e agli attori principali, con una regia di servizio ma efficace. Ispirato a un fatto vero, mostra qualche segno di forzatura. Il regista però evita la retorica, oppone la scaltrezza di chi cerca di salvarsi alla burocrazia dello sterminio, e riesce anche a inserire qualche passaggio divertente che stempera la tensione. Vedi anche nel n. 146, p. 28. n.f.

Per questo, il punto di vista “alieno” di Lu diventa un punto di fuga trasversale, incarnato dalle soggettive della macchina fotografica di cartone con cui la piccola si rapporta al mondo. Questi momenti trovano un controcampo nei disegni realizzati da Jota, che si pongono quale veicolo comunicativo nei confronti di terzi, come l’altra coppia seguita dall’avvocatessa Ann Payne, cui l’uomo consegna un veloce ritratto vergato su un foglietto di carta. Tutto il terzo atto del film tira così le fila di un modello di comunicazione alternativo ribaltato, in cui l’immagine si fa parola e l’ascolto si esprime attraverso il silenzio, come avviene con il giudice apparentemente immobile di fronte all’accorato appello di Bela, ma che infine accorderà il riaffido di Lu alla famiglia. Listen riesce così a lasciar emergere l’umanità dei personaggi all’interno di uno schema altrimenti oppresso da un sistema che gli uomini si sono caricati addosso, ma che non è in grado di comprenderne esattamente le ragioni. E su cui non si può che simbolicamente chiudere la porta nell’inquadratura finale. Vedi anche nel n. 147, pp. 8 e 9. d.d.g.


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Mank Mankiewicz, giornalista e drammaturgo, con il vizio dell’alcol, confinato in un ranch a causa di un incidente stradale, ha due mesi di tempo per consegnare a Welles la sceneggiatura del suo primo lungometraggio. La stesura va a rilento, la lontananza dalla bottiglia non sembra aiutare lo scrittore, che però ha chiaro il soggetto da cui sviluppare la sceneggiatura: ovvero il potere esercitato da un magnate dell’editoria che in realtà nasconde in filigrana William R. Hearst, uno degli uomini più influenti in America nel periodo tra le due guerre, tanto da compromettere, aiutato dal produttore Louis Mayer la possibile vittoria di Upton Sinclair alle amministrative del 34 in California. Hollywood e la politica americana si intrecciano nel racconto di Mank che prende corpo su carta, cucito da ricordi personali più o meno mascherati, e che Welles rimaneggerà per realizzare Quarto potere.

r. David Fincher or. Usa 2020 distr. Netflix dur. 131’

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no spaccato in bianco e nero con messinscena e fotografia da togliere il fiato, inquadrature alla maniera di Welles, presente anche quando non si vede. C’è l’eco di un mito e di Hollywood/Babilonia nel film di Fincher, quella sotto la patina, costellata da scandali, da cadute rovinose, da milioni di dollari bruciati. Mank ne è il testimone soggettivo, attraversa questo mondo sornione, con ironia e disincanto, nella parte recitata

Maternal Lu e Fati, diciassettenni, vivono in un hogar, centro religioso italo-argentino di Buenos Aires per ragazze madri. Suor Paola è appena arrivata dall’Italia per prendere i voti perpetui e sta per finire il noviziato. Lu e Fati hanno entrambe un bambino piccolo da accudire. Fati, tranquilla e malinconica, accetta le regole di una casa che non sente sua ed è in attesa del secondogenito. Lu è l’opposto, ribelle e desiderosa di vivere una vita senza freni. Quando fugge per seguire un uomo, Suor Paola si prende cura della figlia abbandonata da Lu e si affeziona a lei al punto da mettere in discussione il cammino compiuto fino ad allora. Lu torna delusa, tradita e disperata, cerca l’amore della figlia ed entra in un silenzioso conflitto con la giovane suora. Entrambe si troveranno di fronte a un inatteso desiderio di maternità, ed entrambe dovranno trovare il modo di farlo convivere con la loro realtà.

r. Maura Delpero or. Italia/Argentina 2019 distr. Lucky Red dur. 91’

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opera prima di finzione di Maura Delpero parte da un percorso di osservazione minuzioso e sincero di una realtà insolita, di un microcosmo forzatamente femminile che è al tempo stesso libertà e costrizione. La sua esperienza di documentarista è preziosa nel conferire a Maternal la giusta distanza dalle situazioni che descrive, ma la necessaria vici-

di quello che si aspetta altro, più per sé che per il carrozzone del cinema. Un personaggio con sfumature noir, esistenzialista quanto basta per vivere le proprie contraddizioni da borderline, fuori e dentro l’acquario, per poi elaborare l’esperienza con una sceneggiatura che lancerà Orson Welles tra i grandissimi. Mank attinge a ricordi e romanza, altera i fatti, immagina dove non ha potuto mettere il naso, ma è evidente che i protagonisti del suo script siano vicini a Hearst e all’amante attrice Marion Davies. Sono numerose le licenze che si prende Fincher riadattando la sceneggiatura che suo padre Jack scrisse negli anni 90, anch’egli sceneggiatore e regista. E forse non sbagliamo affermando che al regista, più che il problema della paternità di Quarto potere, interessa l’ambiguità del racconto storico e in particolare del biopic. L’inganno flirta con la verità per restituire un’epoca in cui il sogno americano si fondeva con la fabbrica dei sogni per eccellenza, che risulta per questo più presente di ciò che sembra. Vedi anche nel n. 145, pp. 8 e 9. a.l.

nanza alle protagoniste. Lu e Fati sono descritte nella loro complessità di donne giovani impreparate alla vita e al tempo stesso cariche di esperienze troppo grandi per loro, mentre Suor Paola approda dall’Italia in un contesto protetto ed esposto, contraddittorio e spiazzante, regolato da schemi sconosciuti ai suoi occhi. Una materia ricca e dai mille possibili sviluppi, che la regista trentina sa stimolare e osservare, lasciando che le cose accadano o spingendo verso l’allusione e una minuziosa scoperta dei meccanismi invisibili di un hogar dove si vive come dentro a un cerchio. Impossibile non vedere e non essere viste. Si eseguono inconsapevolmente percorsi circolari attorno a un centro, reale o metaforico. È un continuo confronto, che per le tre protagoniste vuol dire anche contaminazione e scambio, reso con essenzialità formale, geometria degli spazi inondati di colori e disordine oppure spogli e neutri. Più livelli di verità e più sguardi si fondono in un testo teso a mostrare il risvolto umano di situazioni al limite, che sfuggono da facili definizioni. Vedi anche nel n. 147, pp. 4 e 5. g.p.

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The Mauritanian Mohamedou sta partecipando ai festeggiamenti di un matrimonio, in Mauritania, quando è raggiunto dai militari che lo invitano a seguirlo all’ambasciata americana per fornire alcuni chiarimenti. Inizia per lui una prigionia lunga sedici anni che trascorre nelle carceri afghane, giordane e in massima parte americane, nella tristemente famosa Guantanamo Bay, a Cuba. Sembra che il giovane Mauritano, con la sua vita dai contorni poco definiti, rappresenti l’ideale capro espiatorio in grado di placare la sete di giustizia che il popolo americano manifesta dopo l’attacco alle Twin Towers. Al pubblico ministero, rappresentato da un militare con legami professionali e amicali con uno dei piloti uccisi durante l’attentato, viene esplicitamente richiesta la condanna a morte di Mohamedou. Lo difende una agguerrita avvocatessa interessata a garantirgli un equo processo più che a dimostrare la sua innocenza...

r. Kevin MacDonald or. Gran Bretagna 2021 distr. Bim dur. 129’

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toria di sopraffazione e gelo, di interrogatori drogati e occultati, di militari chiusi nel loro circuito e capaci di far scomparire in silenzio le persone per costruire un colpevole. Il fine che giustifica i mezzi. In realtà non sappiamo se il prigioniero n. 760, Mohamedou Ould Salahi, sia coinvolto o meno nell’organizzazione dell’attentato dell’11 settembre 2001,

The Midnight Sky 2049. Lo scienziato Augustine Lofthouse rifiuta di lasciare la base artica in cui opera. La Terra è al limite del disastro ambientale e tutti si ritirano in alloggi sotterranei. Lofthouse, che non ha famiglia ed è malato terminale, preferisce attendere la morte lì. Scoprirà però la presenza di una bambina. Non parla ma, grazie a un disegno scopre che si chiama Iris. Augustine vuole entrare in contatto con un’astronave, inviata anni prima alla ricerca di un pianeta abitabile che ha trovato. L’equipaggio, composto da tre uomini e due donne, sta tornando; i suoi membri vanno avvisati di quanto sta accadendo perché tornino sul pianeta scoperto. Augustine e Iris affrontano gravi disagi per raggiungere un radar con la potenza sufficiente per stabilire il contatto. Intanto, poco prima che l’astronave venga investita da una tempesta di meteoriti, la compagna del comandante scopre di essere incinta.

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r. George Clooney or. Usa 2020 distr. Netflix dur. 102’

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raendo ispirazione dal romanzo di Lily Brooks-Dalton La distanza tra le stelle Clooney sfrutta le proprie esperienze legate a film sullo spazio e ne dà una lettura al contempo ‘politica’ e intimista. La lettura ‘politica’ risiede nell’aver mutato la fine della civiltà sul globo terrestre: nel romanzo era conseguenza di una devastante esplosione nucleare mentre qui è legata a una distruzione irreversibile dell’ecosi-

perché lui stesso è reticente nel racconto e lascia margine al dubbio, ma non è questo il fine vero del film che si propone di mostrare la prepotenza di chi si arroga il diritto di appropriarsi della vita delle persone, ferendo di fatto molte altre vittime collaterali. E non c’è finzione in tutto ciò, perché si narra la storia vera, pubblicata nel 2015, con il titolo Guantanamo Diary, di un ragazzo Mauritano che è stato imprigionato per sedici anni in quanto poteva rappresentare il capro espiatorio ideale da immolare sull’altare della giustizia. Il film di Kevin MacDonald si snoda su più registri narrativi, forse non sempre ben incardinati tra loro. Impossibile non riflettere che l’orrore è identico a tutte le latitudini, che le vicende odierne di Zaki la cui custodia è prorogata di quarantacinque giorni in quarantacinque giorni senza che si arrivi a un processo, o dei numerosi giornalisti detenuti in Turchia senza che sia formulata nei loro confronti una precisa accusa, ci dimostrano che la strada dei diritti umani è ancora lunga e tortuosa. Vedi anche nel n. 146, p. 23. f.b. e t.c.

stema. Sul versante intimista la vicenda che si svolge al Polo Nord e quanto accade sull’astronave convergeranno in un finale che impone una rilettura dell’intero film. Clooney, ormai sessantenne, si mostra interessato a riflettere su quanto contino gli affetti familiari e su quanto rinunciarvi per motivi professionali possa avere un costo troppo elevato. Il regista non rinuncia agli effetti speciali, in particolare nelle scene che riguardano il bombardamento meteoritico, ma si avvale anche del ricordo di Solaris quando ricostruisce, per gli astronauti che sono stati anni nello spazio, dimensioni familiari virtuali così come accadeva, con altro segno, nel film ‘tarkovskiano’ di Soderbergh. Il personaggio della bambina, che pronuncia una sola ma fondamentale battuta, finisce poi col diventare centrale e col rapportarsi con la gravidanza che si sta manifestando nello spazio. Tutto definito da una data che apparenta The Midnight Sky a Blade Runner 2049. Il futuro per il cinema di sci-fiction attuale non è poi così lontano e purtroppo non è roseo. Vedi anche nel n. 145, p. 22. g.za.


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Minari La famiglia Yi di origine coreana si trasferisce dalla California in Arkansas per realizzare il proprio sogno americano. All’entusiasmo di Jacob per la nuova vita si contrappone l’ansia della moglie Monica, scontenta della casa in mezzo al nulla, lontana dall’ospedale indispensabile al piccolo David che soffre di patologie cardiache. La coppia ha anche una figlia più grande, Anne e, per mantenersi, i coniugi lavorano in un’azienda di pollame. Decidono di far venire dalla Corea la nonna Soon-ja per accudire ai figli. La donna porta i bambini a seminare il minari (pianta simile al crescione americano ed europeo), gioca con loro e si prende cura di David. Jacob inizierà ad avere diversi problemi, tra cui il prosciugamento della fonte d’acqua che l’uomo aveva inizialmente trovato per il suo campo, nonché la disdetta da parte di un commerciante di Dallas di un carico delle sue coltivazioni.

r. Lee Isac Chung or. Usa 2020 distr. Academy Two dur. 115’

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incitore del Golden Globe come miglior film straniero, il racconto si muove su un doppio binario, la sfera pubblica e quella privata, sebbene il regista privilegi le dinamiche più intime della famiglia Yi. C’è l’infanzia di Lee Isaac Chung in Arkansas al tempo dei tanto celebrati anni Ottanta, quando negli Usa Reagan e la sua politica individualista portarono all’eccesso alcuni postumi del capitalismo.

Miss Marx La colta e brillante Eleanor Marx, figlia più piccola del filosofo di Treviri, dopo la morte del padre è in prima linea nel promuovere nel Regno Unito il socialismo, le lotte operaie, per i diritti delle donne e l’abolizione del lavoro minorile. Nel 1883 conosce il commediografo Edward Aveling. Se ne innamora e lo accoglie in casa sua, condividendo con lui la passione per lo studio e la militanza. Col tempo, però, la donna inizia a soffrire per come Edward spreca il denaro, si indebita e consuma l’eredità lasciata a lei da Friedrich Engels. I due non si sposeranno mai, perché lui è vincolato a un matrimonio precedente, e non avranno figli. Eleanor tocca con mano la triste condizione femminile e si impegna per cambiarla. Non le sarà facile accettare l’infedeltà del padre quando scopre di avere un fratellastro. Nel 1898, persa ogni energia e dipendente dall’oppio, si suicida, arrendendosi al patriarcato.

r. Susanna Nicchiarelli or. Italia/Belgio 2020 distr. 01 Distribution dur. 107’

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protagonisti di Miss Marx sono filmati con sguardo contemporaneo, sottolineando così con estrema efficacia l’attualità del discorso di cui Eleanor Marx si fa portatrice. Donna determinata e moderna, emergerà con il suo carattere complesso e dolce, pur portando avanti l’eredità paterna. Eleanor vuole potere dedicarsi interamente a se stessa, viaggiare, osservare, discutere nei “salotti” più progres-

Il sogno di Jacob è il risultato di una pressione politica, economica e sociale: l’acquisto di un pezzo di terra nell’Arkansas rurale scarsissimo di acqua e di una casa su ruote isolata da tutto. Le radici, che Jacob e sua moglie cercano di mettere, sia materialmente sia in maniera figurata, sembrano incontrare una terra ostile e ancora acerba. La storia in sé non è particolarmente originale ma è la chiave di lettura a fare la differenza: il racconto è affidato alla prospettiva del piccolo David. Attraverso gli occhi dolci e il cuore aperto del bambino viene raccontato l’incontro non sempre facile di due mondi, quello americano e quello del paese di origine, ma anche di tre generazioni differenti. Minari è un delicato film con cui il regista americano di origini coreane Lee Isaac Chung riflette sull’immigrazione, l’integrazione, le perversioni del capitalismo, descrivendo l’incontro tra due culture, due società differenti, due modi di vedere il mondo e proponendo l’amore e l’unione familiare come antidoto per ogni male. Vedi anche nel n. 147, pp. 6 e 7. m.ma.

sisti di un mondo che sta cambiando velocemente davanti ai suoi (e nostri) occhi. Si procede per accumuli e non come in un film biografico, sempre a cavallo tra la dimensione pubblica e quella privata. Alla regista interessa descrivere Eleanor in tutte le sue sfumature per mettere in rilievo le contraddizioni insospettabili eppure profondamente umane. Il suo ritratto “contemporaneo” di eroina punk emerge grazie a una scelta musicale insolita e coraggiosa che posiziona lo sguardo ben oltre la ricostruzione storica. Il punk è la chiave per entrare nell’intimo di una donna che appare emancipata, che non teme la lotta dialettica, ma che al tempo stesso resta intrappolata nella vita privata con un uomo che non può comprendere. Il conflitto interiore è il vero nodo di questo film, l’ostacolo che la donna non riuscirà ad aggirare in nessun modo anche a causa della cultura maschilista dominante. L’unica strada è lo strappo, la ribellione, altisonante tanto quanto la distorsione musicale che ci appare tanto forte. Vedi anche nel n. 142/143, pp. 8 e 9. g.p.

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Music Music, un’adolescente con un disturbo dello spettro autistico non verbale, vive con la nonna Millie dopo la morte della madre tossicodipendente. Il suo quotidiano è fatto di piccoli gesti ripetuti, dalla colazione alla passeggiata per il quartiere con le inseparabili cuffie in testa. Un giorno improvvisamente Millie muore lasciando Music in balia della sorellastra Zu che si ritrova suo malgrado a essere unica tutrice della sorella in difficoltà. Ma in difficoltà è soprattutto Zu, che ha un passato da tossicodipendente, è in libertà condizionata ed è ancora nel giro dello spaccio, in cui riesce a fare qualche soldo. Prendersi cura di Music sembra un’impresa e Zu non è un tipo responsabile; col tempo però imparerà a esserlo e a scoprire lati migliori di sé grazie a Music e alla complicità, all’aiuto e alla comprensione del vicino Ebo, ex-pugile e insegnante di box col quale entra in sintonia.

r. Sia or. Usa 2021 distr. Bim dur. 107’

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on poteva essere più burrascoso l’esordio di Sia nel mondo del cinema. Music, primo lungometraggio di finzione della popstar australiana, ancora prima dell’uscita si è trovato immerso in una marea di critiche e odio. L’accusa principale rivolta alla cantautrice e al film - che ha al centro la vicenda di un’adolescente autistica - è stata di aver affidato il ruolo di Music non a un’attrice affetta da questo disturbo, ma

La nave sepolta The Dig Suffolk, Inghilterra 1939. Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale Basil Brown, un anticonvenzionale “addetto agli scavi” archeologici, viene contattato dalla Signora Edith Pretty per visionare alcuni tumuli che si trovano sui suoi terreni. Il Signor Brown dà l’avvio agli scavi supportato da un paio di lavoranti della donna, dal figlio di lei, Robert, e dal cugino Rory. Incerto su come procedere, Basil si affida alla sua esperienza ignorando l’intuizione iniziale di Edith. Un incidente però, fa desistere Basil dalle sue convinzioni iniziali. Il team di “inesperti” si rivela inaspettatamente molto competente e il ritrovamento del primo rivetto (di una nave sepolcrale anglosassone) sposterà l’attenzione nazionale, nonostante l’imminente guerra, sugli scavi. I lavori progrediranno a ritmo incalzante - purtroppo a pari passo col progredire della malattia di Edith - portando alla luce una civiltà realmente esistita.

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r. Simo Stone or. Gran Bretagna 2021 distr. Netfix dur. 112’

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ratto dal romanzo di John Preston, il film narra la storia vera del ritrovamento del tesoro di Sutton Hoo, nella camera sepolcrale della nave sepolta. La vicenda è avvolgente e fin dall’inizio “catapulta”, come in un viaggio nel luogo del ritrovamento, nel tempo e nello spazio, in un crescendo sempre più incalzante. E questo continuo crescendo, icona dello scorrere del tempo, si percepisce in una serie di elementi sapiente-

alla neurotipica Maddie Ziegler, musa e alter ego di Sia con la quale collabora da anni nei concerti e nei videoclip. Music è infatti a tutti gli effetti un musical, dove i numeri canori e danzerecci sono in linea con lo stile dei videoclip di Sia: coloratissimi, vivaci, esageratamente pop. Al di là delle suddette critiche, il problema è che Music risente di una totale mancanza di indagine psicologica dei personaggi, trasformandosi in una sequela di cliché da manuale: dapprima l’equilibrio perfetto della vita con la nonna amorevole, poi l’entrata in scena dell’uragano Zu, una Kate Hudson rasata a zero per la parte da ragazzaccia, tra tossicodipendenza, giri di spaccio e temperamento autodistruttivo. Ma non mancano gli aiutanti come George, il custode del palazzo, inizialmente burbero ma che poi si addolcisce, e soprattutto Ebo, afroamericano premuroso e gentile vicino di casa, che sa comprendere il complesso mondo di Music e fa colpo su Zu per la bontà d’animo. Insomma ci sono gli elementi perché la vicenda finisca in un delizioso happy ending. Vedi anche nel n. 146, p. 29. s.n.

mente suggeriti dal regista: la musica in un evolversi di archi, le note di pianoforte prima accennate e poi sostenute, la pipa e la bicicletta del protagonista “assaporate” lentamente per interiorizzare lo scorrere del tempo. E poi ancora la pioggia battente e incessante a imporre il ritmo sostenuto delle scoperte e, icona su tutte, Robert, il “bambino dello spazio”, con il suo elmetto e il futuristico mantello: in quel tempo e in quello spazio vuole rifugiarsi come in un sogno, protagonista di viaggi fantastici che gli permettono di mantenere indissolubile il legame degli affetti. Viceversa il cugino quello stesso tempo lo “doma” immortalandolo attraverso gli scatti della macchina fotografica. Il tempo dunque, come suggerito, è avvolgente: “Il passato parla” attraverso “i suoi tesori che sono emissari di un altro mondo” dice Basil; “il presente va colto perché la vita è troppo breve” sostiene Edith. È il futuro la sola cosa che conta, “il futuro è delle prossime generazioni, è di coloro che conosceranno le storie dei loro antenati”. Vedi anche nel n. 146, p. 22. j.p.


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In cammino con Bruce Chatwin Nomad – In the Footsteps of Bruce Chatwin

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A soli quarantotto anni, nell’89, moriva Bruce Chatwin. Con la bussola dei suoi romanzi a orientare gli spostamenti, per allineare poi la storia della loro amicizia iniziata nel 1983 in Australia, Herzog racconta lo scrittore in otto capitoli, ripercorrendo luoghi significativi, da un capo all’altro del mondo, e raccogliendo le testimonianze di chi lo ha conosciuto e amato, dalla moglie al suo biografo, Nicholas Shakespeare. C’è la Patagonia, luogo elettivo per lo scrittore; poi l’outback desertico australiano, territorio di ispirazione per Le vie dei canti, percorso da aborigeni sciamani; la Gran Bretagna con i luoghi ancestrali e la casa rifugio in cui tornare dopo ogni viaggio: le Black Mountains gallesi, Llanthony Priory, cottage poggiato alle rovine di un vecchia abbazia, il sito neolitico di Avebury.

r. Werner Herzog or. Usa 2019 distr. Wanted Cinema dur. 85’

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erzog attende trent’anni per portare sullo schermo la storia di un rapporto intimo e produttivo (in termini puramente intellettuali). La macchina da presa si muove seguendo la penna. Herzog non sbaglia un solo momento del film, semplificando con grazia un racconto complicato, che si serve di almeno tre boulevard narrativi connessi da viuzze trasversali: la vita dello scrittore

Nomadland Fern è una donna inquieta, dalla vita non semplice. Quando il marito muore per lei è il colpo di grazia. Si ritrova sulla sessantina con un vuoto affettivo, economico e sociale che la inghiotte. Non trova altra soluzione che attrezzare il caravan con tutto ciò che le è necessario per viverci e partire. Inizia così un viaggio attraverso alcuni territori del West America che le permette di incontrare altre persone che come lei hanno scelto di lasciarsi alle spalle un tipo di società nei cui valori non credono più, per cercare altri orizzonti. Sono i nuovi nomadi, gente che per i motivi più disparati, ma sempre da ascriversi a un disagio esistenziale divenuto insopportabile, lasciano tutto e vivono alla giornata. Per mantenersi si adattano a tutti i lavori e si ritrovano in occasionali raduni per raccontarsi e soccorrersi a vicenda, senza tessere vere e proprie relazioni, ognuno chiuso nella propria solitudine.

r. Chloé Zhao or. Usa 2020 distr. The Walt Disney Company dur. 10’

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uando Fern perde lavoro e marito si allontana da tutto e da tutti. Non vuole più legami forti e definitivi e come i nomadi perde il concetto tradizionale di casa. Oltre alla sempre bravissima Frances McDormand, gli altri personaggi del l film della regista cinese Chloé Zhao sono veri nomadi, per cui sentire le loro

scandita dagli snodi professionali, dalla sfera privata (il matrimonio, le infatuazioni), dai grandi viaggi; i sei anni di amicizia ricchi di scambi proficui e di affetto sincero; una componente autobiografica funzionale al tracciato complessivo. Ma Herzog come elemento del racconto nel documentario ci entra quasi chiedendo il permesso, con lo stesso garbo che usa nei confronti dell’amico, quando mette piede nel recinto più intimo di Chatwin raccontando una lunga serie di storie legate allo scrittore e posizionate nella regione ai confini della realtà che separa la verità dalla sua edulcorazione fantastica. Di Chatwin esalta l’irrequietezza con cui si incuneava nei misteri di culture sedimentate nello sguardo di una donna, nei rituali di certe tribù, nei territori alla periferia del nostro mondo addomesticato dalla stanzialità. Quando fa capolino la morte, Herzog ne descrive commosso l’avvento, gli ultimi fuochi, il passaggio simbolico dello zaino che accompagnava Chatwin, toccato oggi come fosse la pelle dell’amico scomparso. Vedi anche nel n. 144, pp. 8 e 9. a.l.

voci, interrogare le loro rughe fa sì che il film risponda al compito di documentare scelte di vita alternative e profondamente sofferte. Spesso in realtà questi nomadi cercano il silenzio per far tacere un dolore che li dilania. Connettersi alla natura può essere la cura per perdite dolorose. Sorprende l’apparente serenità che caratterizza il rapporto tra questi nomadi che nei loro rendez-vous attivano un rodato sistema di sostegno reciproco, un sostegno non formale, ma neppure sostanziale, perché al termine dell’incontro ognuno riprende la sua solitaria strada pur confidando che, prima o poi, ci si rivedrà, nel loro lungo tragitto circolare. Quando il nomade Swankie manifesta a Fern il suo sincero affetto e le chiede di seguirlo mentre si accinge a imparare il mestiere di nonno, a risarcimento di non essere stato capace di fare il padre, la donna risponde che può solo passare a trovarlo, ma fermarsi no. È incapace di amare? O è la società che l’uomo ha costruito negli ultimi cinquant’anni a essere diventata sempre più respingente, classista e alienante? Vedi anche nel n. 145, p. 18. f.b. e t.c.

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Non odiare Simone Segre, affermato chirurgo, ebreo, benestante, vive nel centro storico di una città del Nord-Est. Una sera, di rientro dal consueto allenamento di canottaggio, soccorre un uomo ferito, ma poi lo abbandona quando scopre che ha tatuata sul petto una svastica. L’uomo muore. Colto da rimorsi, Simone inizia a indagare sulla famiglia di quella persona, sepolta con un funerale cameratesco, che abita in un quartiere popolare. Marica, la sorella maggiore, è tornata per stare accanto ai fratelli Marcello, divorato dall’odio razziale, e Paolo, il più piccolo, che apparentemente non dà segni di comportamenti violenti. Simone assume Marica come domestica. Marcello la insulta perché non si devono mai mischiare con degli ebrei. Ma dopo una lite finita male, Marcello è costretto a ricevere le cure da Simone. Marcello si reca poi a lavorare all’estero. Sulla tomba del padre, Paolo fa il saluto nazista.

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l suo primo lungometraggio, Mauro Mancini affronta un argomento di estrema attualità come quello del razzismo e dell’odio, e trasporta in una città italiana senza nome del Nord-Est un fatto di cronaca accaduto in Germania nel 2010. Da questo pre-testo, elabora un’indagine su derive razziste, sensi di colpa, relazioni umane complesse evitando

Non ti presento i miei Happiest Season Abby e Harper vivono a Pittsburgh, felicemente fidanzate. Da quando Abby ha perso i genitori non ama le festività natalizie. Harper la invita a trascorrerle con lei e la sua famiglia che risiede fuori città. Abby accetta e pensa sia l’occasione perfetta per conoscere i genitori di Harper e chiederle di sposarla, ma non sa che Harper non ha ancora detto loro nulla per paura di intralciare la campagna elettorale del padre Ted, candidato sindaco. La sua intenzione è di farlo, ma solo dopo la fine delle feste. I suoi piani saranno però scombinati da una serie di eventi che renderà imprevedibile il corso di quelle giornate. Sarà l’arrivo inatteso del migliore amico di Abby, John, che per la sua omosessualità era stato cacciato di casa, a modificare la situazione e a dare coraggio a Abby. Anche Harper ha deciso di dire la verità. E il giorno di Natale la famiglia si fa scattare da John una foto che include anche Abby.

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r. Mauro Mancini or. Italia/Polonia 2020 distr. Notorious Pictures dur. 96’

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r. Clea DuVall or. Usa 2020 distr. Hulu dur. 98’

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a “stagione più felice” (cui fa riferimento il titolo originale, Happiest Season) può essere foriera di imprevisti, avvenimenti inattesi che mettono a soqquadro giornate che dovrebbero esprimere, secondo le convenzioni, momenti di serenità in occasione delle feste di Natale. Commedia romantica, dove i potenziali drammi sfumano e si risolvono con un sorriso, nel segno della complicità fra

manierismi e prese di posizione. Fin dalla scelta geografica, luoghi di un’Italia di frontiera che coagulano tutte le tensioni sociali. Pur non detto, siamo in Friuli, in una Trieste lasciata immaginare, portandone sullo schermo il centro storico e una zona meno abbiente con uno sguardo inedito, quasi onirico, fatto di frammenti. E al tempo stesso entrando in luoghi finora inaccessibili al cinema (la sinagoga vuota in cui si reca Simone, dove per la prima volta è stata girata la scena di un film). E poi ci sono la campagna, un ambiente di montagna e un lago che tanto, anche in negativo, avevano avuto un peso nella vita di Simone bambino, cresciuto da un padre che lo costringeva ad azioni crudeli per educarlo. A contatto con questa materia incandescente, Mancini esprime lo stato delle cose costruendo una partitura per immagini concreta e rarefatta, a nervi tesi, metallica nelle luci, tagliente nella composizione delle inquadrature e nella recitazione degli interpreti anche loro chiamati a una sintesi nella rappresentazione delle emozioni. Vedi anche nel n. 142/143, p. 17. g.g.

personaggi infine appagati di stare insieme - ma senza retorica, perché la regista Clea DuVall ha la leggerezza di tocco del cinema americano classico. Tutto è esageratamente finto, e tutto è, grazie a questa esagerazione, estremamente vero. Si crede ai personaggi, a quello che capita loro, ai loro piaceri, desideri, interrogativi. Abby (Kristen Stewart offre una luminosa gamma di espressioni) è il corpo alieno, che crea scompiglio e che, inconsapevolmente, porta gli altri personaggi a confrontarsi con i loro non detti, a risolverli. Non ti presento i miei è un film divertente e intelligente, un Indovina chi viene a cena? aggiornato ai tempi presenti. Al posto di un protagonista afro-americano c’è una coppia lesbica. Si parla di inclusione, paure da superare, prese di posizione da adottare, un amore che può trionfare. In perfetta sintonia con il tono adottato, il film termina con un omaggio, anche qui scevro di sdolcinature, all’età d’oro del cinema. La famiglia va a vedere La vita è meravigliosa di Frank Capra. Vedi anche nel n. 145, p. 24. g.g.


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Notizie dal mondo News of the World 1870. L’ex capitano dell’esercito confederato Jefferson Kyle Kidd si guadagna da vivere leggendo le principali notizie dei giornali nei villaggi del Sud. Dopo una tappa a Wichita Falls, il veterano si imbatte lungo la strada in Johanna, una bambina di origini tedesche che ha vissuto sei anni con la tribù Kiova. Kidd deve continuare il suo viaggio e cerca, invano, di affidare la ragazzina al primo avamposto controllato dall’Esercito dell’Unione. L’uomo si rivolge allora a una coppia di educatori di cui si fida, ma anche il secondo tentativo fallisce. Non c’è alternativa: l’ex capitano decide di avventurarsi per la strada che conduce a Castroville, dove vivono gli zii di Johanna. Si tratta di un cammino pericoloso, terra di nessuno, dove è facile imbattersi in senza legge. Il veterano tuttavia deve raggiungere anche un’altra destinazione, San Antonio, dove fare i conti col suo passato.

r. Paul Greengrass or. Usa/Cina 2021 distr. Universal Pictures/Netflix dur. 118’

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tre anni da 22 July, Paul Greengrass rilegge il romanzo della poetessa statunitense Paulette Luke Davis Notizie dal mondo, ambientato in Texas all’indomani della guerra civile americana. La scelta del tempo e dello spazio è scientifica: il regista inglese usa come cornice del suo racconto il grande dibattito nato sulla spinta del movimento Black Lives Matter. L’ex capitano Kidd (Tom Hanks) è un uomo di saldi principi morali, la solitu-

Onward

Oltre la magia In un mondo incantato dove il progresso ha reso obsoleta la magia, vive il giovane elfo Ian, che non ha mai conosciuto il padre, morto prematuramente, e ha una relazione difficile con il fratello Barley, che diversamente da lui è appassionato della storia passata. Nel giorno del suo sedicesimo compleanno, però, Ian riceve in regalo dalla madre Lauren un bastone appartenuto al padre, con una Gemma della Fenice capace di far rivivere l’uomo per un giorno. Ian possiede suo malgrado doti magiche, ma riesce a concretizzare solo metà dell’incantesimo, rigenerando unicamente le gambe del padre. La gemma nel frattempo ha esaurito il suo potere e così Ian deve unire le forze con Barley per trovarne un’altra, in modo da completare l’incantesimo. Il tutto, però, deve avvenire entro lo scadere delle 24 ore concesse dalla magia.

r. Dan Scanlon or. Usa 2020 distr. Walt Disney Pictures dur. 102’

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ome sempre in Pixar le apparenze ingannano e investono proprio quella sfera emotiva su cui si consuma il dramma interiore dei protagonisti: il più umbratile e disilluso Ian si rivela così dotato di un’inconsapevole dote magica, mentre il più entusiasta Barley può mettere a frutto le sue passioni e l’interesse per la magia, fornendo la gui-

dine, la riluttanza alle regole della piccola Johanna (Helena Zengel) lo convincono a occuparsene di persona, e così il western assume anche le forme di un avventuroso on the road segnato da violenza e giustizia fai da te. Il regista, insieme a Luke Davies, firma una sceneggiatura dallo schema classico e assai facile da intuire, probabilmente il principale punto debole del film. Centrale il rapporto che prende forma tra i due viaggiatori, ma l’evoluzione di Kidd è condizionata dal plot: Hanks è chiamato per l’ennesima volta a incarnare un personaggio saggio, ma che in alcuni tratti cede in coerenza a favore di pathos e retorica. Prova ne sia la scena della sortita dal villaggio soggiogato dalla gang di Farley, dove tra l’altro si evoca un altro tema di stretta attualità: le fake news e l’utilizzo che ne fa chi ha il potere. Di grande potenza sebbene usate solo come sfondo le immagini dei nativi americani in marcia, cacciati dalle loro terre, simbolicamente accompagnati da tempeste di acqua o di sabbia. Vedi anche nel n. 146, p. 26. a.p.

da necessaria all’eroe o meglio il ruolo che nel celebre schema di Propp per la morfologia della fiaba è individuato nell’aiutante. La nuova realtà che ha ripudiato il fantastico viene così piegata a un processo mediante il quale i pezzi della fiaba vengono recuperati e riallineati alla natura precipua del racconto, attraverso il più classico schema del viaggio. La figura “a metà” del padre morto ma vivo, con un corpo diviso di cui restano solo le gambe, diventa quindi il paradigma preciso di un mondo passato da ricostruire pezzo per pezzo per l’adempimento finale. Il film si adegua a tale direttrice e tutta la storia ha il sapore di un ritrovare gli elementi fantastici disseminati per il regno e di rispolverarne la natura originaria, eliminando le incrostazioni del reale che ne hanno snaturato l’essenza, per il proseguimento della missione. Il tutto in una dinamica “piccola”, sempre orientata sugli affetti personali e che non investe mai davvero il mondo, ma unicamente il microcosmo dei personaggi. Vedi anche nel n. 142/143, pp. 10 e 11. d.d.g.

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On The Rocks La vita di Laura, sposata con Dean e madre di due figlie, sembra scorrere tranquilla, ma dopo qualche anno di matrimonio, quasi quarantenne e scrittrice, si trova ad affrontare una crisi lavorativa, mentre le si insinua il sospetto che il marito, affermato manager, la tradisca con la sua assistente Fiona. Per Laura i ritmi quotidiani mutano quando entra in scena il padre Felix, gallerista d’arte, frequentatore di club esclusivi, munito di autista, seduttore perenne. Sarà lui, con i suoi modi garbati ma intransigenti, e chiedendo aiuto ad amici fidati, a trasformarsi in detective, coinvolgendo la figlia per pedinare Dean quando rientra a New York tra un viaggio di lavoro e l’altro, sempre accompagnato da Fiona. Il pedinamento porta padre e figlia in Messico. L’equivoco si risolve, Laura e Dean si chiariscono. Felix esce di scena, appagato di avere potuto trascorrere dei giorni con l’amata figlia.

r. Sofia Coppola or. Usa 2020 distr. Apple+ dur. 96’

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ofia Coppola si conferma cineasta sofisticata nel creare atmosfere visive, narrative e musicali nelle quali immergere i suoi personaggi, abile a disegnare sfumature e a scavare negli stati d’animo, nei conflitti sentimentali, in relazioni affiatate e stratificate nel tempo. Usa i toni

Padrenostro A Roma a metà degli anni Settanta vive l’agiata famiglia Le Rose con due bambini ancora piccoli, Valerio e Alice. Il padre Alfonso è vicequestore ed è minacciato da telefonate anonime che Valerio ascolta di nascosto da un secondo telefono del loro grande appartamento. Una mattina all’improvviso il padre subisce un attentato terroristico da parte dei Nuclei Armati Proletari. Nessuno si accorge che il bambino assiste all’accaduto. Alfonso sopravvive e, dopo una lunga permanenza in ospedale, rientra in famiglia, ma ognuno dei componenti è mutato dalle drammatiche vicende, anche se cerca di proseguire la vita di prima senza far parola del proprio dolore. Valerio non riesce a reintegrarsi nella quotidianità scolastica. In uno dei momenti nei quali è più distratto dai pensieri che lo attraversano, la sua attenzione viene polarizzata da un ragazzino di nome Christian che gioca a pallone davanti a casa.

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r. Claudio Noce or. Italia 2020 distr. Vision Distribution dur. 120’

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n tappeto sonoro addolcisce il passaggio dal sonno alla veglia di un bambino, il consueto risuonare della sveglia con la sigla della radio che annuncia il gazzettino del mattino. Una quotidianità acustica confortante, spazzata via da scariche violente di arma da fuoco. Non visto dalla mamma, Valerio la segue

lievi della commedia attraverso cui descrivere il temporaneo spaesamento nell’esistenza di una donna. Sparge false piste assumendo il punto di vista di Laura e quindi le sue incertezze, i suoi dubbi, il pensiero che il marito abbia una storia con un’altra donna. Vediamo quel che accade attraverso gli occhi di Laura. E vediamo una donna sull’orlo di una crisi, evocata eppure trattenuta proprio dallo stile sobrio della regista, come ricorda anche il titolo del film: On the Rocks non solo in riferimento ai cocktail che lei e il padre bevono, ma traducibile appunto con “in crisi”, aderendo in tal modo agli sbilanciamenti interiori che si trova a vivere la protagonista. La città di New York, tanto le vedute dall’alto quanto il percorrerne le strade, e gli interni assumono rilievo, accompagnano e definiscono i personaggi, li caratterizzano in un film che si rivela essere, soprattutto, la rappresentazione del rapporto tra un padre ingombrante per il suo stile di vita e una figlia cui serve, in questo frangente, la sfrontatezza di un genitore fuori dalla norma. Vedi anche nel n. 144, p. 20. g.g.

sconvolto sulle scale, fino al cancello di casa dove ha una visione efferata di ciò che sta accadendo: un commando di terroristi spara a raffica sull’auto del padre e sulla scorta. Il padre è nascosto allo sguardo del figlio che, come in un incubo reso efficacemente con un rallenty silenziato, assiste alla morte di uno degli assalitori. Gli sguardi del bambino e dell’adulto si incrociano in un muto scambio, mentre lacrime silenziose scorrono sul viso di entrambi. È la scena nodale di un film insolito nel panorama italiano contemporaneo e la sola ricostruita esattamente così come si svolse 44 anni fa. Padrenostro, infatti, trae solo ispirazione dall’attentato del 14 dicembre 1976 al vicequestore Alfonso Noce, padre del regista, da parte dei NAP, in cui persero la vita il poliziotto Prisco Palumbo e il terrorista Martino Zicchitella. Il film non vuole essere una ricostruzione documentaria, ma ambisce a creare un excursus universalmente valido sulle dinamiche padri-figli e sugli archetipi che essi hanno rappresentato nella cultura italiana degli anni Settanta. Vedi anche nel n. 142/143, pp. 4 e 5. c.m.v.


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Palazzo di giustizia Il film si snoda nel Palazzo di Giustizia di Milano, precisamente nell’aula 349 della Corte d’Assise, Sezione 3° Penale, dove si svolge il dibattimento per un omicidio. Gli imputati sono il gestore di una pompa di benzina e un ladruncolo, già noto alle forze dell’ordine per una serie di reati. Durante una rapina perpetrata ai danni del benzinaio, quest’ultimo ha esploso contro di loro alcuni colpi di arma da fuoco uccidendo uno dei due rapinatori. Cosa lo ha spinto a una reazione così violenta? Legittima difesa o il desiderio di farsi giustizia da sé? La corte dibatte sul caso, ma la regista Chiara Bellosi dedica maggior attenzione a ciò che avviene nello spazio antistante l’aula 349, occupato dai congiunti degli imputati. Siedono ai lati opposti del corridoio, in una contrapposizione fisica e spaziale e la relazione tra loro avviene a fatica perché ostacolata da diffidenza e pregiudizi.

r. Chiara Bellosi or. Italia/Svizzera 2020 distr. Istituto Luce Cinecittà dur. 84’

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utti i personaggi di questo piccolo mirabile film vivono una giornata in cui passato presente e futuro si sono dati appuntamento e solo al termine del lungo scorrere delle ore conosceranno il risultato della complicata equazione. Nel frattempo riempiono le ore dominando l’ansia e il senso di vertigine che l’attesa porta con sé. Lo spazio è il Palazzo di Giustizia, un crocevia trafficatissimo di

Pieces of a Woman Martha e Sean sono in procinto di avere una bambina. Lei appartiene a una famiglia della borghesia intellettuale ebrea, lui, impiegato in un cantiere, ha origini più modeste e per questo è poco accettato da Elizabeth, la madre di Martha. Questa ha deciso di partorire in casa, ma la piccola muore pochi minuti dopo essere nata. Inizia così un’odissea lunga undici mesi per Martha, che deve trovare la strada per andare avanti. Anche Sean, che ha un passato di dipendenze, soffre da solo, ricomincia a bere e lascia il lavoro. Incapace di capire la moglie, cerca conforto in una lontana cugina, la stessa che la madre di Martha ha ingaggiato per intentare causa per negligenza contro l’ostetrica. Durante una cena di famiglia il non detto esplode ed Elizabeth offre a Sean dei soldi per andarsene per sempre. Al processo, Martha testimonia, ma le sue parole spingeranno l’epilogo verso una direzione inaspettata.

r. Kornél Mundruczó or. Canada/ Ungheria/Usa 2020 distr. Netflix dur. 128’

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ratto dalla pièce teatrale di Kata Wéber, rappresentata per la prima volta in Polonia, il film racconta le fasi dolorose che seguono la perdita della figlia appena nata da parte di una coppia. Al suo primo film in lingua inglese, il regista ungherese Kornél Mundruczó filma i suoi personaggi nel loro vagare spaesato. In un arco temporale di undici mesi

vite, ognuna concentrata sulla propria vicenda. Tra il pubblico c’è Luce, una bimba la cui anagrafe le impedisce di entrare nell’ingranaggio e così, con la sua presenza, rompe gli schemi. Corre per i corridoi e soprattutto si dedica a incrinare la diffidenza della ragazza seduta di fronte a lei perché non sa che a sera una delle due tornerà a casa senza papà. La mamma di Luce è, ovviamente, tesissima: tratta la figlia con impazienza, i suoi gesti sono bruschi, senza morbidezza. A un certo punto appoggia la testa sulle gambe della piccola, si accoccola nel suo grembo quasi a cercare protezione. I ruoli si scambiano. Le mani inesperte compiono gesti materni, ravviano i capelli, accarezzano, rassicurano. Il film è la somma di tanti, tantissimi dettagli che, insieme al colore tendente al grigio, suggeriscono stati d’animo, emozioni e senso di vita sospesa. Anche la vicenda giudiziaria è lasciata sullo sfondo, la regista ha preferito suggerirla alle coscienze dello spettatore, anziché svilupparla esponendo un personale punto di vista. Vedi anche nel n. 144, p. 16. f.b. e t.c.

(la durata del lutto secondo la tradizione ebraica) seguiamo alcune tappe della loro esistenza, che passa attraverso episodi esemplari, incastonati mese dopo mese, mentre il ponte cui lavorava Sean va via via completandosi. La strategia è quella di raccontare in sottrazione, senza spiegazioni e con poche parole. In Pieces of a Woman sono i gesti a contare e a mostrarci il punto di sofferenza e smarrimento, e con essi i dettagli, molti e ricorrenti. Tutto ha un significato e tutto trova un posto preciso in questo puzzle che ci viene rivelato nella sua interezza solo dopo la fine, guardando dall’alto questa storia tanto minuziosa. In spazi sapientemente connotati, il regista ungherese sa muoversi con dolcezza e discrezione. Uno sguardo presente e assente al tempo stesso, che ci coinvolge e ci consente una giusta distanza. Mundruczó ricorre al piano sequenza per tenere unito ciò che andrà scena dopo scena sgretolandosi, perché Pieces of a Woman è un film sui legami che si spezzano e, soprattutto, sui meccanismi invisibili che li accompagnano in questo collasso. Vedi anche nel n. 145, pp. 4 e 5. g.p.

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Il processo ai Chicago 7 Chicago, 1968, convention democratica. Gruppi di manifestanti vengono accerchiati prima e caricati subito dopo dalla Polizia Federale nonostante siano intenzionati a far sentire pacificamente il proprio dissenso, soprattutto verso la decisione di incrementare il numero di giovani soldati di stanza in Vietnam. Vengono arrestati, e ridotti a capri espiatori, sette giovani di estrazione sociale e ideologica diversa, a cui si aggiunge Bobby Seale, leader di spicco delle Pantere Nere, che in realtà non aveva partecipato alla manifestazione. Il processo che segue è una farsa, con un copione dal finale già scritto e una conduzione a dir poco stravagante di un giudice di matrice conservatrice determinato a chiudere con una condanna. Incriminati di cospirazione, l’impianto accusatorio è supportato da una serie di testimonianze pilotate di agenti infiltrati nelle fila dei movimenti di protesta.

r. Aaron Sorkin or. Usa 2020 distr. Lucky Red/Netflix dur. 129’

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embra che il cinema americano, per mettere a fuoco il presente, debba fare i conti con la sua storia recente: cioè quel passaggio cruciale che dalla fine degli anni 60 alla prima metà degli anni 70 ha visto lo scontro intergenerazionale tra padri e figli, con i figli poco disposti ad accettare il conservatorismo dei padri e disposti a farsi massacrare dai manganel-

The Prom A Edgewater l’associazione dei genitori del liceo annuncia che il ballo è stato annullato perché la studentessa Emma Nolan voleva portare la sua ragazza all’evento, infrangendo il regolamento secondo il quale non è consentito farsi accompagnare da un partner dello stesso sesso. Mentre, a New York, le due star di Broadway Dee Dee Allen e Barry Glickman sono pronte per la prima del loro nuovo musical Eleanor!, il loro entusiasmo viene però stroncato in seguito a una terribile recensione. Rovinati da questa critica, devono interrompere le rappresentazioni. Le celebrità capiscono di aver bisogno di una causa per apparire altruisti con lo scopo, in realtà, di riacquistare notorietà e risollevare la loro immagine. Così decidono di recarsi a Edgewater. Attraverso diverse esibizioni, ottengono consensi per la loro causa e infine a realizzare un ballo inclusivo al quale tutti sono i benvenuti.

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r. Ryan Murphy s. Chad Beguelin, Bob Martin or. Usa 2020 distr. Netflix dur. 132’

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oglio solo ballare con te” è una richiesta semplice ma non per una coppia di ragazze che vogliono partecipare al ballo insieme; solo grazie a un piccolo gruppo di star le due potranno costruirsi il ballo che si meritano dimostrando che esiste la speranza di un futuro migliore per tutti. “Noi proveremo che essere gay non è un crimine” questo è l’intento con il

li, piuttosto che abbandonare la netta condanna del militarismo connesso all’imperialismo statunitense, o di abiurare l’appartenenza orgogliosa alla cosiddetta “controcultura”. Il processo ai Chicago 7 vive tra eco cinematografiche e l’urgenza pressante di raccontare anni drammatici che rischiano di non farsi monito, adesso più che mai, dopo quattro anni di populismo spinto e demarcazione tra polarità in cui emerge inquietante, da parte conservatrice, il Moloch del suprematismo bianco. Il governo della menzogna costruita a regola d’arte, o l’impossibilità di guardare alla verità, temi già cari al regista, tornano in questo film, con le macchinazioni che vorrebbero distorcere i fatti, condannando gli imputati per punire un’intera generazione di giovani arrabbiati. Il ritratto grottesco della toga, tutore dell’ordine che smette di essere a servizio di tutti i cittadini, incapace di rispondere a tono alle sottili provocazioni di alcuni imputati, rischia di tanto in tanto di sfumare i connotati diabolici di una giustizia ingiusta e serva della politica. Vedi anche nel n. 146, pp. 10 e 11. a.l.

quale quattro star di Broadway vanno in Indiana per aiutare una giovane lesbica nella sua “battaglia” di accettazione. Il gruppo di liberali di New York vuole ottenere una vittoria con Emma che può significare molto per tutti gli adolescenti che stanno vivendo una situazione simile. Il personaggio che trasmette di più è quello interpretato da Meryl Streep; Dee Dee Allen è una celebrità arrogante, narcisista ed egoista; nonostante ciò riuscirà a mettere da parte i suoi secondi fini per sostenere una ragazza in difficoltà. I quattro perturbatori culturali si impegnano in una lotta di buon senso facendo comprendere alla cattolica comunità di Edgewater che Emma, in quanto omosessuale, sta “violando” le regole della Bibbia come tutti loro, visto che anche tatuarsi, perdere la verginità prima del matrimonio e divorziare è “vietato” secondo le regole della Sacra Scrittura e dunque seguire il primo insegnamento di Gesù - ovvero ama il prossimo tuo - è più importante che scegliere di osservare solo alcune “antiquate” regole. Vedi anche nel n. 145, p. 16. l.v.


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La ragazza col braccialetto La fille au bracelet

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Un piano sequenza riprende da lontano una classica famiglia - padre, madre, la figlia adolescente e il fratellino - su una spiaggia presso Nantes: potrebbe essere una sequenza che evoca spensieratezza, ma al contrario la scena, nella quale lo spettatore non riesce a sentire voci e suoni né a distinguere la fisionomia dei protagonisti, è attraversata da una venatura di inquietudine. L’improvviso arrivo di tre poliziotti che, in maniera repentina, prelevano la ragazza e la portano via, lascia spazio a un’atmosfera di turbamento e sospensione. Stacco e cambio di scena: due anni dopo, la ragazza, Lise, è diventata maggiorenne, e si scopre che è stata accusata di aver ucciso la sua migliore amica in seguito a un litigio. Dopo sei mesi di carcere e un anno e mezzo di arresti domiciliari, Lise si prepara, sempre controllata da un braccialetto elettronico alla caviglia, a essere processata per omicidio volontario.

r. Stéphane Demoustier or. Fracnia 2019 distr. Satine Film dur. 110’

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resentato nell’estate 2019 al Festival di Locarno, dove ha vinto il Premio Raimondo Rezzonico, La fille au bracelet di Stéphane Demoustier affronta molti temi: dalla ricostruzione dei fatti alla base del processo per l’accusa di omicidio a carico di Lise alla complessa relazione dell’adolescente con i genitori, i quali, pur sostenendo in tutto e per tutto la figlia, reagiscono in modo diverso - ma

Raya e l’ultimo drago Un tempo, nel regno di Kumandra, gli umani e i draghi vivevano in armonia. Ma un giorno i Druun, entità maligne generate dall’egoismo degli uomini, giunsero a minacciare il regno e così i draghi si sacrificarono per la salvezza di tutti. 500 anni dopo quegli eventi, le forze del Male sono tornate ancora una volta per distruggere quel mondo che nel frattempo si è diviso in cinque regni fra loro contrapposti. Toccherà a Raya, guerriera solitaria, trovare Sisu, l’ultimo leggendario drago in grado di ridare unità e forza alla gemma capace di salvare il mondo. Ma nel corso della sua ricerca Raya imparerà che non basta un drago per salvare l’umanità: occorrerà superare gli egoismi di fazioni ancora in lotta e superare i traumi nascosti nel proprio passato per riunificare finalmente Kumandra.

r. Don Hall e Carlos López Estrada or. Usa 2021 distr. Walt Disney Studios Motion Pictures dur. 107’

A

ll’interno di una narrazione preminentemente fatta da donne, il drago Sisu si pone quale incarnazione di un femminile mai ostile e sempre incline ad accettare l’empatia, in contrapposizione all’eroismo più muscolare delle controparti umane, Raya e l’amica/rivale Namaari. Il film mette così in campo una triangolazione che, all’ostilità perenne

molto umano - all’accusa e agli eventi che ne conseguono. Bruno, il padre, proattivo e razionale, riesce ad andare avanti perché motivato dalla speranza nell’assoluzione e nel ritorno alla vita normale; Céline, la madre, è invece bloccata e in fuga dalla realtà; lascia a Bruno il compito di accompagnare la figlia al processo con la scusa di essere troppo presa dal lavoro. A raccontare le ragioni più intime che lo hanno spinto a dirigere il film è lo stesso regista: “Vedendo i miei bambini crescere, sono rimasto sconcertato dalla loro alterità: ho visto la carne della mia carne diventare altro rispetto a me. Esiste una grande differenza tra ciò che io volevo per loro e ciò che loro sono diventati; credo che ciò sia alla base del rapporto tra genitori e figli”. Nel film tutto questo si traduce nei dubbi che tormentano i genitori di Lise, e che sono gli stessi per tutti noi: fino a che punto conosciamo i nostri figli? Quanto riusciamo davvero a capirli? L’amore dei genitori è incondizionato o ha un limite oltre il quale non può più andare? Vedi anche nel n. 144, p. 13. f.s.

che divide le due eredi umane dei rispettivi regni, oppone uno sguardo traversale, rappresentato dai vari poteri che portano Sisu a dominare gli elementi e a cambiare forma, chiara metafora della sua capacità di abbattere le distanze. Tutta la storia può quindi essere vista come l’elaborazione del torto subito da Raya, che aveva offerto il suo disinteressato affetto a Namaari, salvo vedersi poi tradita quando l’amica ha usato questo legame per offrire a sua madre la possibilità di impadronirsi della gemma di Sisu - gesto sconsiderato che invece ha come conseguenza la divisione della pietra in cinque parti, finite poi nei vari regni. Non casualmente, il tratto unificante dei due simbolici lutti che la protagonista subisce (la perdita dell’amicizia prima e quella del padre dopo) è proprio il suo approdo a una condizione di eroismo in solitudine. Conseguenza di questo approccio è quindi un film fatto proprio di distanze da colmare (il viaggio di Raya nei cinque regni), all’interno dello scenario unificato seppure diviso di un Kumandra ormai fatto letteralmente a pezzi. Vedi anche nel n. 146, pp. 14 e 15. d.d.g.

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Rifkin’s Festival New York in un interno, oggi: Mort Rifkin, per anni docente di cinema, ora scrittore - ma di un romanzo che non riesce a scrivere, perché teme la mediocrità, perché cerca il capolavoro racconta al suo psicanalista i movimenti recenti della sua vita. Eccoci allora a qualche settimana prima, a San Sebastián, Spagna, nei giorni dello storico festival di cinema della città. Mort è giunto lì con sua moglie Sue, addetta stampa di un giovane regista francese in ascesa - e sopravvalutato - che al Festival presenta il suo nuovo film. E, mentre il rapporto tra la donna e l’artista si fa via via più intimo, Mort si fa visitare da una dottoressa del luogo, perché da quando è arrivato in Europa ha dolori al petto: si invaghisce in un attimo della donna e con lei passerà sempre di più i suoi giorni spagnoli… Alla fine torniamo a New York, oggi, dove tutto è cominciato, nello studio di uno psicanalista.

È

il cinquantesimo film diretto da Woody Allen. È, Rifkin’s Festival, l’ennesima passeggiata tra le ossessioni del cineasta, tra le sue inevase, irraggiungibili conciliazioni, risposte, soluzioni. Mort, alter ego di Woody (certo, l’ennesimo alter ego: qui un Wallace Shawn che rimpolpa la sua lunga militanza alleniana), si addormenta, si astrae, e il

Sei minuti a mezzanotte Six Minutes to Midnight 15 agosto 1939. A Bexhille on sea è appena arrivato Thomas Miller a ricoprire il ruolo di insegnante in una scuola che prepara allieve a divenire membri della Lega delle ragazze di Hitler, dopo che il suo predecessore è scomparso misteriosamente. L’uomo insegna letteratura inglese alle figlie dei nazisti di alto rango dell’Augusta-Victoria College, sotto lo sguardo della direttrice Miss Rocholl e dell’assistente Ilse Keller, ex atleta che ha partecipato alle Olimpiadi a Berlino e devota alla causa nazista. La scuola esiste dai primi anni trenta, in nome dell’alleanza anglo-tedesca, ma con l’occupazione da parte della Germania della Polonia e l’imminente entrata in guerra dell’Inghilterra, la situazione si fa più complessa. Prezioso elemento dei servizi segreti britannici, Miller ha il compito di impedire che le ragazze lascino il Paese…

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r. Woody Allen or. Usa/Spagna 2020 distr. Vision Distribution dur. 92’

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r. Andy Goddard or. Gran Bretagna 2020 distr. Koch Media dur. 99’

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ituata ai confini meridionali dell’Inghilterra, delimitati dalle scogliere bianche di calcare e lambiti dalle acque della Manica, la cittadina di Bexhille on sea ha ospitato l’Augusta-Victoria College dove, negli anni trenta, studentesse tedesche imparavano la lingua inglese e a rappresentare l’ideale della femminilità germanica. A conferma della sua esistenza - il collegio è stato istituito nel 1932 e chiuso nel

mondo nei suoi sogni e nelle sue visioni diventa in bianco e nero: le paure, i desideri, la vita e la fine, l’amore finito e quello immaginato, i suoi fantasmi e il suo presente fanno capolino nel cinema di Fellini, Godard, Truffaut, Orson Welles, Buñuel, Lelouch, ovviamente Bergman. Allen (con la fondamentale fotografia di Storaro) reinventa su misura del suo protagonista Quarto Potere, Jules e Jim, L’angelo sterminatore, Fino all’ultimo respiro, 8 ½, Un uomo, una donna, il campionario del maestro svedese. Mort si ostina a non andare oltre quegli autori che hanno reso il racconto adulto smascherando il lieto fine americano. Allen rifà il suo cinema e quello dei suoi amati registi con elementare ma geometrica anarchia; affonda la presunzione narcisistica e vacua del regista interpretato da Louis Garrel con una leggerezza sintetica e affilata; cammina sulle immagini, sui colori della città, sull’esistenza, con una stanchezza quieta, non senile, perché la sua ironia è seria ma non si prende sul serio. E, ovvio, l’amore è impossibile, non basta che funzioni. Vedi anche nel n. 147, p. 27. l.g.

1939, tra le ospiti, le figlie di Himmler e di von Ribbentrop -, la documentazione conservata presso il museo locale, e in particolare alcune fotografie che hanno suscitato la curiosità dell’attore e sceneggiatore di Sei minuti a mezzanotte Eddie Izzard che a Bexhille ha vissuto e studiato. Un montaggio serrato segue la dinamica dei fatti, il precipitare degli eventi, mettendo in luce il valore che quel collegio - luogo strategico per la diplomazia tedesca e di arruolamento di collaboratori alla causa nazista - può assumere. Rispetto a una caratterizzazione psicologica appena tratteggiata delle studentesse, è ben delineata la figura della direttrice del collegio, Miss Rocholl, interpretata da Judi Dench, troppo compresa nel proprio ruolo educativo per cogliere i pericoli dell’ideologia nazista che serpeggia nel collegio e in particolare nelle lezioni a porte chiuse della sua fidata assistente, per coglierne il fanatismo, per rifiutare quel “banale” saluto alla vittoria. Sempre più spesso il cinema riesce a ridestare l’attenzione su momenti cruciali della storia e i suoi innumerevoli risvolti. Vedi anche nel n. 145, p. 22. l.c.


DAI 14 ANNI

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The Shift Un mattino due adolescenti di origine araba, Eden e Abdel, irrompono nell’atrio di una scuola superiore di Bruxelles per compiere una strage. Abdel, dopo aver sparato all’impazzata, si fa saltare in aria prima del previsto coinvolgendo Eden nell’esplosione. I paramedici Isabel e Adamo, a fine turno, accorrono sul posto e caricano sull’ambulanza un ragazzo privo di sensi, senza immaginare che si tratti di uno dei terroristi. Quando Isabel si accorge della cintura esplosiva indossata dal giovane è troppo tardi: Eden ha ripreso conoscenza e minaccia i paramedici di premere il bottone se non eseguiranno i suoi ordini. Intanto nella sede dell’unità di crisi la polizia inizia le indagini, cerca di identificare gli attentatori e di affrontare l’emergenza. Nell’ambulanza l’adolescente fanatico sembra pronto a far saltare in aria tutto; i due adulti cercano di farlo ravvedere e di sventare una nuova esplosione.

r. Alessandro Tonda or. Italia/Belgio 2020 distr. Notorius Pictures dur. 90’

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l film porta in primo piano due ragazzi musulmani radicalizzati che compiono un’azione nella loro scuola contro i coetanei che reputano infedeli. Lo spunto ricorda L’età giovane dei Dardenne, ma Tonda si distanzia subito dal naturalismo dei cineasti valloni per imboccare la via del thriller. Dopo un inizio con l’attentato girato in piano sequenza, il film si svolge per lo più a bordo del-

Shorta Talib Ben Hassi, diciannovenne, in manette in seguito a un’operazione di polizia, è in condizioni critiche. Jens e Mike, di pattuglia nel quartiere-ghetto di Svalegården, seguono gli sviluppi della vicenda mentre sorvegliano l’area e perquisiscono arbitrariamente un ragazzo. I metodi attirano l’attenzione dei presenti e culminano nell’arresto del ragazzo. Talib muore: la notizia si diffonde. La tensione esplode in guerriglia urbana, i due poliziotti chiedono rinforzi, ma capiscono che non arriveranno in tempo. Costretti ad abbandonare la volante bersagliata e a fuggire, si ritroveranno prigionieri di vicoli e palazzi di un quartiere furioso e, tolta la divisa per rendersi meno rintracciabili, cercheranno la via d’uscita da un labirinto di violenza e da un sistema di odio reciproco. Insieme a loro l’arrestato Amos, che, da anonimo sospettato, acquisisce un’identità che mette in gioco il confronto fra le parti, i ruoli, i pregiudizi.

r. F. Louis, H. Ølholm or. Danimarca 2020 distr. Scanbox Entertainment Denmark, Caramel Films, Koch Media Gmbh, Film Europe s.r.o. dur. 95’

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l corridoio di un luogo anonimo, poi un’inquadratura tragicamente iconica: “non respiro”, dice un ragazzo nero schiacciato a terra da un agente di polizia. Pattuglie armate sorvolano la città, in una veduta aerea che si alterna ai dettagli muscolari di un personaggio che si allena. È l’agente Jens, che presto costituirà, con

l’ambulanza, creando un ambiente claustrofobico che acuisce il senso di minaccia. Il regista si concentra sull’azione e riesce a mantenere una certa tensione fino alla fine. Eden, il terrorista ferito, vive in periferia; esprime una generica rabbia e un sentimento di esclusione. Si fa consegnare un telefono e chiama il trentenne Youssef, suo ex allenatore di calcio, nonché capo della cellula terroristica, che gli fornisce istruzioni. Il regista non dà molte spiegazioni sociologiche del gesto, ma fa capire che dietro le radicalizzazioni dei ragazzi c’è qualcuno che li suggestiona. A completare la connotazione del poliziesco ci sono le scene all’interno del quartier generale dell’unità di crisi, che si alternano a quelle dentro l’ambulanza. The Shift è un esordio lodevole dal respiro internazionale, capace di rendere in maniera comprensibile e non superficiale il tema degli adolescenti immigrati di seconda generazione che si radicalizzano, una questione particolarmente sentita in Francia e Belgio. Vedi anche nel n. 147, p. 21 n.f.

il collega Mike, la voce della coscienza nella classica coppia di agenti che si inoltrano in una giungla poliziesca. Il gioco delle ambiguità è già attivo in quello che si rivelerà un meccanismo potenzialmente infinito di scambi di ruoli e prospettive. Quando Jens e Mike si ritroveranno nell’abisso notturno dello scontro tra fazioni - tra agenti e criminali, tra danesi e arabi - daranno fondo anche allo scontro personale, sintomo di un sistema dialetticamente in crisi, a fronte dello spirito comunitario degli immigrati che fanno quartiere a parte, fra cronaca e fiction, nel ghetto immaginario di Svalegården, non coincidente con alcun luogo, ma parte di un’ordinaria distopia del presente, in cui tutto esiste e tutto è un altrove, filmato e diffuso in tempo reale. Nell’unità di luogo, tempo e azione si svolge la missione del sopravvivere, anche da colpevoli, e del tenere in vita un innocente in un mondo di colpevoli e di altri innocenti. Lo spunto - che risale all’abuso ai danni di un attivista nel 92 - diventa film survivorista in uno scenario bellico che ospita la lunga quest dei protagonisti. Vedi anche nel n. 147, p. 26. a.a.

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Le sorelle Macaluso Palermo, metà anni 80. In un misero appartamento vivono Maria, Pinuccia, Lia, Katia e Antonella, cinque giovani sorelle orfane. La loro unica fonte di sostentamento è un allevamento di colombi da affittare per i matrimoni che tengono in soffitta. Ognuna insegue passioni e interessi diversi. Durante una mattina di un’afosa estate, le cinque ragazze si recano in uno stabilimento privato per trascorrere l’intera giornata al mare. Entrano senza pagare l’ingresso, ma nessuno sembra badarci, finché una tragedia inaspettata colpisce l’intero nucleo familiare: la morte della piccola Antonella. Un dramma destinato ad accompagnare e tormentare le altre quattro sorelle per tutta la vita, un ricordo che continuerà a riecheggiare senza sosta nel malandato appartamento, sia per chi lo ha ormai lasciato cercando di dimenticare, sia per chi, resistendo con consapevolezza, ha continuato ad abitarvi.

r. Emma Dante or. Italia 2020 distr. Teodora Film dur. 89’

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l tempo è una dimensione scorrevole, i morti ritornano, non sono mai andati via e dicono quello che i vivi vorrebbero sentirsi dire in quel momento. La piccola Antonella compare a intermittenza, col suo sguardo acuto, il suo sogno mai realizzato di diventare gran-

Soul Joe Gardner è un insoddisfatto insegnante di musica delle scuole medie, che ha appena ottenuto la sua grande occasione di entrare nella band della celebre cantante jazz Dorothea Williams. Frastornato dalla felicità, Joe resta però vittima di uno sfortunato incidente e la sua anima si ritrova così prossima a raggiungere l’Oltremondo. Per nulla determinato ad arrendersi, Joe fugge nell’Antemondo, il luogo in cui si preparano le anime alla vita, nella speranza di poter da lì tornare nel suo corpo sulla Terra. Per riuscire nello scopo, si ritrova così a dover fare da mentore alla ribelle anima 22. Entrambi finiranno sulla Terra, ma nei corpi sbagliati: 22 in quello di Joe e quest’ultimo al posto di un gatto. Per riuscire a risolvere il problema c’è poco tempo: il concerto a cui Joe deve assolutamente presenziare si svolgerà infatti quella sera stessa.

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r. Pete Docter or. Usa 2020 distr. Walt Disney Studios Motion Pictures dur. 101’

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lteriore tassello di un percorso esistenziale che Pete Docter aveva iniziato con Up e proseguito poi con Inside Out, Soul costituisce pure una nuova ricognizione attorno al tema della morte, che i Pixar Animation Studios avevano già affrontato in opere come Coco e Onward. La scelta di trattare temi altrimenti considerati tabù dice dell’ambizione con cui la casa cerca di scardinare le catego-

de. La disillusione, la deprivazione e i sensi di colpa per quello che avvenne in quella lontana giornata al mare hanno segnato la sorte e gli sguardi di ognuna delle quattro sorelle ormai diventate adulte. Ci si illude di parlare, di arrivare a un accordo per la vendita della casa, di stare insieme e cenare. Ma quello che prima si chiamava entusiasmo ha adesso il sapore amaro del ripiego. L’infanzia e l’adolescenza sono volate come le traiettorie dei colombi che ramificano nel cielo per tornare poi a ricoverarsi nei tetti di casa. La precarietà dei sogni e dei fantasmi e la loro materializzazione nell’immagine, il concatenarsi di associazioni e allucinazioni che irrompono nello squallore di una realtà marginale, creano una solida spina dorsale al film. L’ispirazione sociologica di Emma Dante cede a visioni interiori che divengono pulsioni ataviche, scorci fantastici. Di tanto baccano non resta che la consolazione di un legame che si protrae oltre lo spazio tempo, che non viene consumato ma resiste nel silenzio della fine. Vedi anche nel n. 142/143, pp. 6 e 7. a.s.

rie tradizionali. Il film lavora così sulla contrapposizione di due mondi opposti (quello dei vivi e dei trapassati), accomunati da una certa filosofia orientata a trovare il posto giusto in cui collocare i suoi residenti. Lo spettatore sarà invece portato a identificarsi in due outsider che scardinano questa dinamica per inseguire i propri desideri, prendendo in mano una vita che non deve necessariamente identificarsi con una regola. La deriva finale è naturalmente scardinare anche il più classico “lieto fine” celebrando una sorta di trionfo del poco utile, dove la vita non sia cioè definita necessariamente da uno scopo, ma sia aperta alla complessa semplicità delle cose e, soprattutto, pronta ad accogliere anche chi non è necessariamente un “membro produttivo della società”, in nome del non lasciare nessuno indietro. Lo capirà Joe, che rinuncerà a quel successo tanto a lungo inseguito, e persino 22, che si imbarcherà nell’avventura della vita. In entrambi i casi nessuno saprà davvero cosa li aspetta, la loro storia è ancora tutta da scrivere. Vedi anche nel n. 145, pp. 8 e 9. d.d.g.


DAI 14 ANNI

ANNUARIO 2021

The Specials

Fuori dal comune Hors Normes

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Bruno e Malik, operatori sociali, da vent’anni lavorano a Parigi. Il primo, ebreo single, si occupa di persone autistiche, il secondo, arabo con famiglia, si fa carico di ragazzi difficili della banlieue. I due cercano di colmare le carenze dei servizi sociali dando ai ragazzi di quartiere un’occasione per sfuggire ai rischi della strada, formandoli per occuparsi di persone autistiche. Non hanno quasi una vita privata, le giornate sono piene di richieste urgenti, situazioni rischiose, momenti difficili e imprevisti incoraggianti. In particolare, Bruno cerca di inserire nel mondo del lavoro Joseph, ragazzo autistico al quale è legato; Malik è alle prese con Dylan, che sta imparando a occuparsi di Valentin, gravemente autistico. Intanto i servizi sociali municipali hanno in corso un’inchiesta sul loro operato che, per quanto indispensabile, non è riconosciuto dal servizio sanitario nazionale.

r. Eric Toledano e Olivier Nakache or. Francia 2019 distr. Europictures, Lucky Red dur. 114’

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asandosi su figure reali che gli autori conoscono, The Specials si occupa del contatto tra l’impegno personale e quello della comunità nel farsi carico degli individui “hors normes”, come recita il titolo originale. Bruno e Malik, infatti, con le loro associazioni di volontariato si fanno carico dell’assistenza a ragazzi autistici, che necessitano di un

Spider-Man Far from Home

Peter svela al suo amico Ned di essersi innamorato di MJ e che vuole sfruttare la gita per dichiararle il suo amore. Nel frattempo Fury sta indagando sugli Elementali, esseri mostruosi composti dai quattro elementi. Una volta arrivati alla prima tappa della gita, Venezia, Peter e i compagni visitano il Canal Grande, quando, improvvisamente, emerge l’Elementale d’acqua, che distrugge molteplici edifici mettendo in pericolo molti civili. Inaspettatamente interviene una figura misteriosa, la quale riesce a sconfiggere il mostro. La sera Fury incontra Parker in un laboratorio segreto e gli parla degli Elementali, inoltre fa conoscere Peter e Mysterio, ovvero l’uomo che ha eliminato il mostro. Egli racconta di provenire da un’altra dimensione, che il suo pianeta è stato distrutto dall’Elementale di fuoco e che, sulla Terra, ha già sconfitto tre Elementali; l’ultimo apparirà presto a Praga.

r. Jon Watts s. Chris McKenna, Erik Sommers or. Usa 2019 distr. Marvel Studios, Sony dur. 126’

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pider-Man: Far from Home è il ventitreesimo lungometraggio del Marvel Cinematic Universe. Ai momenti di viaggio e di azione si aggiungono quelli relativi alla storia d’amore di Peter e MJ, questo dà un senso di leggerezza al film perché, nonostante le “grandi responsabilità”, Peter cerca di vivere una vita normale.

accompagnamento al quale il sistema sanitario francese non riesce a provvedere, ma anche dell’integrazione di ragazzi borderline rispetto alle dinamiche devianti della banlieue. I registi lavorano su uno schema che si sviluppa sulla presa in carico reciproca tra i personaggi. Bruno parte da una struttura psicologica autocentrata: è un single che nega la sua solitudine nella relazione lavorativa, rivolta significativamente a persone autistiche, primo fra tutti Joseph, che cerca di avviare verso una vita autonoma. Malik parte da una struttura psicologica più disposta alla relazione: ha una personalità più definita e cerca nel gruppo la dinamica risolutiva per i problemi dell’individuo. E se Bruno deve fare i conti con la struttura sociale istituita, con le regole nel cui lasso si colloca la loro azione, Malik deve fare i conti con la struttura antisociale dei ragazzi della banlieue nel cui spazio deve orientare il suo intervento. Si tratta per entrambi di integrare delle disfunzioni: quelle del corpo sociale, esattamente come quelle degli individui. Vedi anche nel n. 144, p. 21. m.c.

Raccontare un super eroe adolescente, che si comporta come tale, non è semplice; tuttavia Tom Holland ci regala un’altra performance superba. Sempre più nel personaggio, Holland è capace di incarnare e diffondere le problematiche adolescenziali e quelle del super eroe, mostrandoci le responsabilità e i doveri che questo fantastico personaggio ha negli anni in cui un ragazzo cambia e si trasforma nell’uomo che dovrà essere. In questo nuovo capitolo viene chiesto al giovane super eroe di essere disposto a tutto. Il film parla di perdita, fiducia e ingenuità. La morte di Stark porta con sé un’immensa eredità e un peso non indifferente sulle spalle di Parker. La nostalgia perseguita il protagonista, il quale deve fare i conti con la realtà e accettare il fatto di aver perso il suo mentore. L’importante riflessione sul bisogno delle persone di avere certezze e il confronto tra verità e finzione fanno capire come l’essere umano cerchi spesso una rappresentazione, se pur visionaria, della realtà. Far from Home è un film di formazione nel quale Spidey ci insegna a rialzarsi sempre. Vedi anche nel n. 144, p. 22. l.v.

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Storia di un matrimonio Marriage Story

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Nicole e Charlie si amano di un amore grande. Accomodati nel confort della loro vita newyorkese ciascuno fa dell’altro un ritratto ironico e lusinghiero. Sono belli, sono intelligenti, sono sensibili, la loro coppia è solida come la loro storia. Ma quel modello coniugale negli anni si incrina, si aprono faglie, si accumulano frustrazioni, Nicole e Charlie non riescono più a parlarsi. Nicole vuole tornare a vivere a Los Angeles, dov’è nata e dove risiede la sua famiglia d’origine, Charlie vuole restare a New York, dove ha costruito la sua vita professionale e coltiva quella intellettuale. Per lei è impossibile restare, per lui è impossibile partire. Decidono di separarsi. Di comune accordo all’inizio ma poi le cose si complicano fino a precipitare, a schierare avvocati, a fare letteralmente a pezzi l’istituzione del (loro) matrimonio. Com’è potuto accadere?

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a qualche parte tra Scene da un matrimonio, Io e Annie e biografia (la separazione del regista da Jennifer Jason Leigh), il nuovo film di Noah Baumbach è la storia di un campo e di un controcampo, di un confronto obbligato, di una battaglia giudiziaria e di un lento superamento. Marriage Story è soprattutto un film intelligente e crudele sull’amore che passa e la ferita che resta, servito da due attori

Storm Boy

Il ragazzo che sapeva volare Michael Kingley, nonno e businessman in pensione, ritorna sul litorale sud dell’Australia, dove ha trascorso l’infanzia e dove dovrebbe votare una mozione che rischia di compromettere l’eco-sistema di quell’angolo di mondo. L’ostinazione della nipote, decisa a salvaguardare quello stesso paradiso e le sue creature, risveglia nell’uomo il ricordo di anni lontani, quando viveva con il padre in una capanna sul mare. Allora, bambino, aveva salvato tre piccoli pellicani orfani e si era affezionato intensamente a uno di loro chiamandolo Mr Percival. A quei tempi era così giovane ed entusiasta da immedesimarsi nel volo dei pellicani: era impegnato a salvarli dai bracconieri, nutrendoli poi con pesce frullato e tanto amore. I ricordi rinforzano nell’anziano la volontà di continuare a lottare per salvare la natura e, condividendo la convinzione della nipote, decide di non firmare il documento.

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r. Noah Baumbach or. Usa/Gran Bretagna 2019 distr. Netflix dur. 136’

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r. Shawn Seet or. Australia 2020 distr. Medusa dur. 98’

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el mondo anglosassone Storm Boy di Colin Thiele è un classico della letteratura per l’infanzia. Shawn Seet lo porta sullo schermo con una vicenda che si snoda tra la favola e la realtà mettendo a confronto il mondo dell’infanzia con quello degli adulti. II piccolo Michael è protagonista di una storia dal sapore antico, custodito e

magnifici: Scarlett Johansson e Adam Driver. Girato in 35 mm, indaga in profondità il meccanismo che conduce una coppia di persone civili ed equilibrate a un sanguinoso regolamento di conti. Una guerra non voluta, ma diventata non si sa come inevitabile, la travolge. È il tempo delle bassezze e degli orrori seppelliti. Qualsiasi occasione è buona per ferire l’altro, per spillare soldi all’altro. Chi si aggiudicherà la custodia del loro bambino? Sua madre, attrice che insegue la sua carriera a Los Angeles o suo padre che non può abbandonare la sua a New York? La strada è ardua e i danni collaterali insondabili. Sempre ad altezza della coppia, Baumbach non prende mai le parti dell’uno o dell’altra, non afferma mai chi ha torto o ragione. Ed è proprio la giusta misura del suo sguardo, associato alla critica esacerbata del sistema giudiziario americano, che ha trasformato il divorzio in un business spietato, a fare la forza del film. Quarant’anni dopo Kramer contro Kramer, Marriage Story esplora il momento in cui l’altro smette di essere la ‘visione’ che era al principio. Vedi anche nel n. 146, pp. 8 e 9. m.gn.

trasmesso dall’aborigeno di Trevor Jamieson, attore autoctono che racconta storie, canta e danza dipingendo un immaginario singolare, improntato ai canti rituali della tradizione orale australiana. Il rapporto che nasce tra il bambino e il piccolo pellicano può essere interpretato come il simbolo del patto che Michael fa di difendere il rapporto armonico tra l’uomo e la natura. E a questo vincolo resta coerente fino alla fine, supportato dalla condivisione dello stesso ideale da parte della nipote. L’alternanza tra i momenti in cui il protagonista è ormai anziano e quelli che raccontano le sue intense esperienze vissute da bambino rendono con efficacia la necessità che l’impegno per la protezione dell’ecosistema abbia continuità nel tempo. In questo caso un bambino, divenuto adulto, trova la forza per opporsi a una decisione ritenuta scontata da parte di un consiglio di amministrazione orientato al peggio. Storm Boy non è solo la storia dell’amicizia tra un bambino e un animale, è una favola ecologica che esalta la natura e aiuta a riflettere su temi attuali. m.g.


DAI 14 ANNI

DAI 12 ANNI

ANNUARIO 2021

Le Streghe The Witches Chicago 1968, un ragazzino rimane orfano in seguito a un incidente autostradale causato dal maltempo. Dopo il terribile evento viene preso in custodia dalla nonna materna e si traferisce in una piccola città rurale nello stato dell’Alabama. Purtroppo però, un giorno, si imbattono in alcune streghe e sono costretti a trasferirsi. Nonna e nipote viaggiano fino a un lussuosissimo hotel situato in una località balneare sul golfo del Messico ma tutto si complicherà ulteriormente perché, proprio durante il loro soggiorno, la terribile Strega Suprema tiene una conferenza con tutta la sua congrega di adepte per mettere a punto il loro piano di vendetta: sterminare tutti i bambini, parassiti del pianeta. Prima di riuscire ad avvisare la nonna della presenza di altre fattucchiere, il protagonista assiste alla trasformazione di un bambino, Bruno Jenkins, in topo, per poi fare la sua stessa fine.

r. Robert Zemeckis s. Robert Zemeckis, Guillermo del Toro or. Usa 2020 distr. Warner Bros/HBO Max dur. 106’

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l regista gioca molto sull’immaginario malvagio delle sue streghe in questo nuovo adattamento dell’omonimo romanzo del 1983 scritto da Roald Dahl e già portato al cinema nel 1990. Esse vengono descritte come demoni in forma umana. Ma la cosa più importante che contraddistingue le streghe è che sono tutte calve: “più lisce di un uovo sodo”,

Sul più bello Marta è una ragazza poco avvenente. Orfana dall’età di tre anni, sogna fin da piccola con gli inseparabili amici d’infanzia, il matrimonio “perfetto” con il “principe azzurro”. Affetta da mucoviscidosi (incurabile e degenerativa) è costretta a vivere “schiava” di aereosol, enzimi, fisioterapia respiratoria, evitando luoghi umidi e prolifici di germi. Nonostante tutto, fa’ “buon viso a cattivo gioco”... La sua vita ha una svolta quando, con gli amici Jacopo e Federica, andrà a vivere nella grande casa polverosa lasciatale in eredità dai genitori. Nel nuovo quartiere Marta ha però la necessità di fare nuove conoscenze “geolocalizzabili”... A una festa conosce il belloccio e benestante Arturo Selva e né la differenza di ceto sociale né quella estetica la intimidiscono... Comincia a “perseguitare” il ragazzo stolckerandolo fino a che finalmente non gli strappa la promessa di una cena insieme e... Sul più bello la vita avrà in serbo una sorpresa per entrambi.

r. Alice Filippi or. Italia 2020 distr. Eagle Pictues dur. 87’

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na bella favola contemporanea l’opera prima di Alice Filippi che, nonostante la tematica grave, non cade nella retorica del pietismo. Viceversa il film è scorrevole e leggero, così come leggera e ironica è l’imprevedibile vita di Marta. A far da contorno al film una colonna sonora altrettanto leggera, piacevole e scanzonata, composta da Alpha, da cui prende il titolo. Perché proprio Sul più

dunque indossano parrucche che causano prurito e uno sfogo che le manda fuori dai gangheri. Octavia Spencer arriva a noi come la nonna che tutti desidereremmo: gentile, divertente e disponibile ma, in questo caso, la sua migliore qualità è quella di introdurci nel terrificante mondo delle streghe. Anne Hathaway è perfetta nell’incarnare la Strega Suprema la quale risulta molto differente dalla Suprema interpretata da Anjelica Huston nella prima versione del film; quella della Hathaway è una strega più elegante, un perfetto “diavolo che veste Prada”, a differenza della Huston, che vestiva i panni di una precoce Morticia Addams. Zemeckis, per il suo film, trasporta le vicende narrate dall’Inghilterra all’Alabama e fa del suo giovane protagonista e di sua nonna due afroamericani, per poter accentuare la morale del film ovvero che: “Non importa chi tu sia o quale sia il tuo aspetto, l’importante è avere qualcuno che ti ami!”. Questi cambi, nella trama originale, di etnia e contesto storico, fanno sì che il film prenda un aspetto più inclusivo. Vedi anche nel n. 144, p. 17. l.v.

bello come recita la canzone la vita è in grado di regalarci delle sorprese. Anche se le storie sono completamente diverse, lo stile del film ricorda vagamente Il favoloso mondo di Amélie (2001) per le situazioni bizzarre, la singolarità dei personaggi - specie le protagoniste - l’abbigliamento e le capigliature improbabili. La malattia quindi fa solo da cornice a un’atipica storia d’amore e, pur essendo la tematica centrale, non ne appesantisce i contenuti. La vicenda scivola via grazie ai toni costantemente scherzosi e autoironici di Marta, ed è arricchita da paesaggi torinesi mozzafiato . Ma il film non si esaurisce qui, emergono almeno altre due storie. Gli strampalati Jacopo e Federica per esempio, pronti a “bruciare le tappe” e, nonostante la loro omosessualità, a regalare un nipote a Marta. E poi ancora la piccola stanza colorata del supermercato nella quale Marta si rifugia per gli annunci delle offerte, come in un piccolo mondo ritrovato. In questa confort zone nessuno la vede, l’arma vincente diventa la sua voce sensuale, capace di far invaghire tutti di lei. Vedi anche nel n. 145, p. 20. j.p.

numero 148/149· luglio-ottobre 2021

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DAI 10 ANNI

ANNUARIO 2021

Togo

Una grande amicizia Togo

DAGLI 8 ANNI

Leonhard Seppala è un esperto musher di Nome (sud Alaska) dove sta abbattendosi un’epidemia di difterite che colpisce prevalentemente i bambini causando già diverse morti. Si viene a sapere che l’ospedale di Ferbengs (nord Alaska), distante ben oltre 1000 chilometri, possiede una preziosa anti-tossina in grado di curare la dilagante piaga. A causa dell’imminente tempesta però, la via aerea non è percorribile. Spetterà al musher Seppala e alla sua muta di cani capitanata dal fido cane Togo prendersi carico della situazione. L’impresa non viene immediatamente condivisa dalla moglie di Leonhard che, oltre a essere seriamente preoccupata per le sorti del marito, lo è anche per il cane Togo, ormai dodicenne. Prega il marito di servirsi di un altro cane ma egli è consapevole che, se ha qualche speranza di tornare incolume, quella speranza la possiede solo con Togo...

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r. Ericson Core or. Usa 2019 distr. Walt Disney Pictures dur. 113’

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enti squadre parteciparono alla Staffetta del siero del 1925, 19 squadre percorsero in media 50 chilometri ciascuna. Una squadra ne percorse 425. A Central Park, a New York, fu eretta una statua in onore della Corsa al siero del 1925. È la statua di Balto. Solo nel 2011 il Time dichiarò Togo l’animale più eroico di tutti i tempi”. Una storia a ritroso quella di Togo che vede il cane caposlitta come vero prota-

Versi x versi Revolting Rhymes Una tranquilla signorina inglese si appresta a far da baby-sitter per una sera e, poco prima di prendere servizio, si reca in un bar per rileggere il libro di fiabe che porta con sé, con il quale intratterrà i bambini. Quando alza gli occhi dalle pagine, non può credere alla sorpresa (e allo spavento!) di trovarsi seduto di fronte un grosso lupo in cappello e cappotto. Costui, con fare mellifluo, getta uno sguardo indispettito alle illustrazioni del libro e poi comincia a dare la sua versione dei fatti. C’era una volta una bambina chiamata Rossa che raggranella pochi soldi vendendo fiori a un banchetto ambulante. Un giorno una principessina bionda della stessa età si avvicina triste: è Biancaneve, appena rimasta orfana di madre. Sconvolta dalle parole del Lupo, la baby-sitter è ansiosa di sapere il seguito ed ecco che nuove storie si intrecciano alla prima, in un susseguirsi di colpi di scena.

numero 148/149 · luglio-ottobre 2021

r. Jan Lachauer, Jakob Schuh or. Gran Bretagna/Germania 2016 distr. Cineteca di Bologna dur. 58’

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l film è fedele alla matita di Quentin Blake e riporta sullo schermo gli spigoli caricaturali dei personaggi, smilzi e scattanti. Il narratore è il Lupo, un gentleman molto British che, dietro il “pelo” degli abiti umani, nasconde il “vizio” proverbiale. La sua acerrima rivale è Rossa, combattiva ragazza che riscuote consensi perfino nel Porcellino… direttore di banca.

gonista (e non Balto) della Corsa al siero realmente avvenuta in Alaska nel 1925. La toccante storia vera del musher Seppala e del suo cane Togo testimonia come il rapporto tra cane e uomo possa essere intenso e indissolubile e come un cane spassionatamente al servizio del padrone tenti di salvarlo in tutti i modi a lui conosciuti. Come Bailey in Qua la zampa 2 ha fatto nei confronti del suo amato padrone Ethan, tra i freddi ghiacci dell’Alaska spetta a Togo il ruolo di “salvatore”, completamente dedito a Leonhard: perché Togo non vive per la slitta come inizialmente tende a credere il suo musher ma esclusivamente per lui. A convincerci sulla veridicità della storia troviamo “il maturo volto” di Willem Dafoe nel ruolo di musher: il conducente dei cani da slitta. Egli, grazie alla lungimiranza della moglie, vincerà il pregiudizio iniziale nei confronti di un giovane Togo “troppo piccolo e mentalmente carente” e dimostrerà come la resilienza e il cuore di un sopravvissuto possa riscattarsi nella vita stupendo oltre le comuni aspettative. Al cane verrà infatti assegnato il nome dell’ammiraglio Togo: uno sfavorito con il nome di un altro sfavorito. Vedi anche nel n. 144, p. 18. j.p.

Il racconto è a tratti in rima, a tratti no, senza risultare forzato. I personaggi hanno l’aspetto di pupazzi e ricordano, pur realizzati con raffinata computer graphic, la plastilina di La mia vita da zucchina o di Wallace & Gromit. Risulta anche efficace la suddivisione in due parti che crea suspense nei giovani protagonisti: il primo episodio, infatti, si conclude in modo… davvero hitchcockiano! Il doppiaggio contribuisce a creare l’effetto di attesa del deus ex machina che salverà chi di volta in volta si trova in pericolo. La morale dei racconti è moderna e invita soprattutto le ragazze a non cedere alle lusinghe di principi tutt’altro che nobili. Il film si presta bene per creare un ponte con i bambini, affascinandoli e divertendoli, partendo da una materia originaria che i più conoscono e mostrando poi il gusto puro della rinarrazione e della parodia. Questo apre al dibattito, perché molti bambini - abituati a vedere nel lupo una vittima o un simpatico pasticcione - saranno in disaccordo con il film che non risparmia colpi bassi alla nostra morale ecologista. Vedi anche nel n. 144, p. 23. c.m.v.


DAI 10 ANNI

ANNUARIO 2021

La vita straordinaria di David Copperfield

DAGLI 8 ANNI

In un teatro gremito, David Copperfield racconta la storia della sua vita: dall’infanzia con la madre, poi funestata dall’arrivo di un patrigno spregevole, al trasferimento a Londra, sfruttato in una fabbrica di bottiglie. Poi la giovinezza con la zia Betsey e il suo eccentrico inquilino Mr. Dick, gli studi a Canterbury dove conosce l’amico di una vita Steerforth e il lavoro nello studio legale di Spenlow and Jorkins, dove si innamora di Dora, figlia del principale. In una vita fatta di disavventure e momenti felici, emerge una personalità ironica e determinata a superare in ogni caso le avversità della sua epoca, che non si piegherà di fronte ai vari lutti familiari e personali e in cui l’amore si rivelerà inaspettato con l’amica Agnes, coronando un’esistenza che troverà infine la sua piena realizzazione nella scrittura.

r. Armando Iannucci or. Gran Bretagna/ Usa 2019 distr. Lucky Red dur. 119’

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a sempre celebre per la cifra drammatica con cui enumera le difficoltà cui Copperfield va incontro dall’infanzia all’età adulta, il romanzo, nell’analisi di Armando Iannucci, è invece fonte di sottotesti ironici, grotteschi e satirici, spesso espunti dalle narrazioni cinematografiche. Nel dare forma alla sua versione della storia, Iannucci com-

WolfWalkers

Il popolo dei lupi WolfWalkers I WolfWalkers sono un popolo di bestie intelligenti che riconoscono come guide una specie di dea madre e sua figlia Mebh, esseri che conservano sia la natura umana che quella selvaggia. Siamo nel 1650 a Kilkenny, gli inglesi opprimono le terre dell’Irlanda. Il Lord Protector ha incaricato un cacciatore di sterminare i lupi. Sua figlia, Robyn, mal sopporta la vita dentro casa e sogna l’avventura insieme al fido falcone. Ed è proprio la scomparsa dell’animale in seguito a un incidente che la porta a contatto con Mebh, la bambina lupo che, dopo un primo burrascoso scontro, si lega a lei con un’ affettutosa amicizia. Mebh le parla con accenti disperati della scomparsa della Madre. Robin, diventata anch’essa bambina-lupo, riuscirà a liberare la Madre e a riportarla tra la sua gente, mentre il padre, convertito alla causa del popolo selvaggio, ucciderà il Lord Protector.

r. Tomm Moore or. Danimarca/Francia/ Irlanda/Lussemburgo/Gran Bretagna/Usa 2020 distr. Apple TV+ dur. 103’

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obyn conserva nel profondo la consapevolezza di una seconda natura che la spinge a evadere e a immergersi nella natura: l’incontro con Mebh le permette di realizzare il suo sogno interiore. La riconquista di una identità poliedrica prevale sulla paura di tradire l’amore paterno che la vuole serva per proteggerla. I personaggi uniscono caratteristiche divine ad atteg-

pie dunque un rovesciamento di prospettiva, per effetto del quale David empatizza in modo naturale con le personalità meno allineate, in una sorta di garbato elogio della follia. In questo modo la cifra satirica, che guarda effettivamente con precisione al dettato dickensiano, allinea i “cattivi” ai meccanismi dell’accumulo del capitale, mentre i “buoni” vivono in condizioni di fortuna o si ritrovano facilmente espropriati dei propri beni da chi è meglio integrato con le logiche spietate del sistema. Il film è attento a mantenere questa malleabilità del mondo in linea con un approccio che esalti il ruolo attivo e dominante della narrazione. L’intero impianto rivela così la forza di un film ipertestuale, dove il potere insito nel dispositivo cinematografico è perfettamente parallelo a quella vitalità che David cerca di incanalare verso la parola scritta, che sempre gli sfugge finché non imparerà a dominarla. Un po’ come fa Iannucci, che ha chiarissimo l’intento che si è posto, ma cerca di lasciarsi sedurre dalle possibilità del mezzo cinematografico. Vedi anche nel n. 144, pp. 10-11. d.d.g.

giamenti umani. La Madre e la Bambina hanno i tratti di un’icona, ma poi si animano, la donna è imponente ma anche affettuosa; la bambina a volte stizzosa, ma anche capace di tenerezza. Il contrasto tra la città e la foresta è sottolineato da geometrie e scelte grafiche diverse. La città si presenta come un mosaico in cui prevalgono i triangoli dei tetti, con toni di grigio che connotano i palazzi del potere, mentre la città vissuta dagli abitanti è più varia e colorata e si anima nella festa in cui la popolazione invade le vie e fa cerchio attorno alle esibizioni degli artisti di strada. Ciò che rappresenta il potere dispotico è inserito in quadrati e rettangoli, mentre nel bosco prevalgono forme circolari: rotonde le forme umane della Madre e della Bambina, rotonde le cornici attraverso le quali osserviamo il dipanarsi di sentieri che si inoltrano tra la vegetazione, cunicoli circolari in cui la luce si accende e fa brillare i colori. I tronchi degli alberi si piegano in forme sinuose, obbedendo a un progetto che mira a inscrivere nel paesaggio naturale la circolarità che è tipica della vita. Vedi anche nel n. 146,pp. 6 e 7. l.z.

numero 148/149 · luglio-ottobre 2021

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FILM

Film e Serial europei della stagione

La rivista, trimestrale, recensisce i film

italiani ed europei che escono in Italia e le serie televisive, sempre italiane ed europee. Per ogni produzione riporta cast e credit. È uno strumento di lavoro utile per chi voglia avere un panorama della produzione cinematografica e televisiva nazionale e dell’Europa, una rivista di ricerca e approfondimento per cinefili e studiosi, per animatori culturali e insegnanti. Un archivio storico prezioso per Scuole, Università e Biblioteche. Il costo dell’abbonamento annuo è di €26,00 Per abbonamenti: Centro Studi Cinematografici Via Gregorio VII, 6 - 00165 Roma - Tel/Fax 06.6382605 - email: info@cscinema.org Disponibile la versione digitale (PDF) gratuita scaricabile da www.cscinema.org

Bimestrale di cinema, televisione e linguaggi multimediali nella scuola Anno XXXVII, nuova serie, supplemento al n. 148/149 | luglio-ottobre 2021 Rivista del Centro Studi Cinematografici 00165 Roma, Via Gregorio VII, 6 Tel. e fax: 06 6382605 info@cscinema.org · www.cscinema.org www.centrostudicinematografici.it © Centro Studi Cinematografici In collaborazione con Centro Studi per l’Educazione all’Immagine di Milano ISSN 1126-067X Un numero euro 6,00 Aut. Trib. di Bergamo n. 13 del 30 aprile 1999 Alla rivista si collabora solo su invito della redazione. Testi e immagini vanno inviati a: ragazzoselvaggio@gramma.it Progetto grafico e impaginazione jessica benucci - www.gramma.it

Direttore responsabile Maria Gamba Redazione Andrea Bettinelli, Massimo Causo, Luisa Ceretto, Davide Di Giorgio, Anna Fellegara, Silvio Grasselli, Alessandro Leone, Flavio Vergerio, Giancarlo Zappoli Collaborazione alle ricerche iconografiche Giuseppe Foroni Segreteria di redazione Cesare Frioni Stampa e confezione Tipostampa per conto di Joelle srl Città di Castello (PG) Finito di stampare: agosto 2021

Pubblicazione realizzata con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema Ministero della Cultura

Rivista riconosciuta con il criterio di scientificità dall'ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione Universitaria e della Ricerca) per quanto riguarda la classe 11 (Scienze Storiche, Filosofiche, Pedagogiche e Psicologiche).

Abbonamento annuale intestato al Centro Studi Cinematografici euro 35,00 conto corrente postale numero 26862003

Ricordiamo che, grazie alla Direttiva Ministeriale n. 70 del 17 giugno 2002, è operativa l’azione di rimborso per le spese di autoaggiornamento degli insegnanti. Tra le spese rimborsabili sono previste anche quelle relative ad abbonamenti a riviste specializzate.


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