Indice
pag.
1 Le tre scelte strategiche per far fronte alla crisi della giustizia civile 1.1. Premessa: l’attuale stato della giustizia civile in Italia 1.2. La prima scelta strategica per alleviare la crisi della giustizia: le ADR e la media-conciliazione 1.3. La seconda scelta strategica: le politiche dell’innovazione in campo giudiziario e le best practices 1.3.1. Le strategie d’impiego degli strumenti informatici nel settore giustizia da parte dell’Unione europea e nei singoli paesi dell’Unione 1.4. La Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (RUPA) 1.5. Il coordinamento della RUPA 1.5.1. Il progetto della RUPA 1.5.2. Il dominio della Rete Unitaria 1.5.3. I successivi interventi normativi 1.5.4. Il piano triennale 1.6. La terza scelta strategica: la Rete Unitaria della Giustizia. Brevi cenni introduttivi nell’alveo dell’informatica giudiziaria 1.6.1. Segue: I documenti programmatici del ministero in tema di informatizzazione della giustizia civile
1 4 11 17 23 25 28 32 35 37 38 42
2 I due pilastri del PCT: il documento informatico e la firma digitale. Gli altri atti del processo telematico 2.1. Premessa: i presupposti del Processo Civile Telematico
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pag. 2.2. 2.3. 2.4. 2.5. 2.6. 2.7. 2.8. 2.9. 2.10. 2.11. 2.12. 2.13. 2.14. 2.15. 2.16.
Il documento e la documentazione I documenti pubblici e privati Il documento informatico La nuova disciplina delle copie informatiche dei documenti analogici L’atto pubblico informatico notarile L’efficacia probatoria del documento in generale e di quello informatico in particolare Il problema della sottoscrizione autografa Il valore probatorio della firma digitale e di quella elettronica allo stato dell’arte La firma digitale Atti, documenti e provvedimenti del processo telematico La dematerializzazione della procura alle liti La procura alle liti La procura elettronica prima dell’ultima riforma La riforma della procura alle liti fatta con la legge n. 89/2009 Il fascicolo informatico
52 53 56 63 65 72 74 76 78 82 85 87 93 97 100
3 Le fonti, le regole tecniche e l’architettura del processo civile telematico 3.1. 3.2. 3.3. 3.4. 3.5. 3.6. 3.7.
3.8. 3.9. 3.10. 3.11. 3.12.
Premessa: i due pilastri del processo telematico L’avvocato e le nuove tecnologie L’avvocato nella rete Le fonti del processo telematico come nuova modalità processuale Il Decreto del Presidente della Repubblica 23 febbraio 2001, n. 123 Le regole tecniche del PCT dal d.m.g. del 14 ottobre 2004, al d.m. 17 luglio 2008 Il regolamento adottato con il Decreto del Ministero della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44 3.7.1. Dominio Giustizia, responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, gestore dei servizi informatici e il portale dei servizi telematici L’architettura del PCT: il punto di accesso, funzioni ed abilitazioni, i delegati dell’avvocato e gli ausiliari del giudice L’architettura del PCT: il PolisWeb L’architettura del PCT: il deposito degli atti alla luce del d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44 e specifiche tecniche del 29 luglio 2011 Registro generale degli indirizzi elettronici nel previgente sistema e nel nuovo decreto L’architettura: gli obiettivi e la sicurezza del PCT
105 110 112 115 120 123 130
134 140 143 147 151 156
Indice
VII pag.
3.13. I pagamenti telematici degli atti del Processo Civile Telematico e relative componenti architetturali 3.14. Le nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia
159 163
4 Le notifiche e le comunicazioni telematiche 4.1. Premessa. Le fonti del nuovo regime delle notifiche nel processo civile 4.2. Le comunicazioni e le notifiche nel corso del processo civile 4.3. Il regime obbligatorio delle notifiche telematiche nel processo previsto dalle recenti riforme legislative 4.4. Segue: il nuovo regime delle comunicazioni e delle notifiche telematiche nel processo civile 4.5. Le notifiche a mezzo posta elettronica ex art. 149-bis c.p.c. 4.6. Le pronunce di merito e di legittimità in tema di notifiche telematiche nel processo civile 4.7. Il valore dell’e-mail come prova scritta nella giurisprudenza e la validità delle comunicazioni di cancelleria fatte a mezzo e-mail semplice ai fini dell’instaurazione del regolare contraddittorio nel processo civile prima della novella legislativa 4.8. L’impatto della posta elettronica certificata sulle professioni legali ed il suo utilizzo nel processo civile e penale 4.9. La fonte del valore legale della posta elettronica certificata 4.10. Le peculiarità della disciplina sulla posta elettronica certificata per gli avvocati alla luce delle novità giurisprudenziali 4.11. Le nuove regole tecniche per le comunicazioni e le notifiche telematiche previste nel d.m.g. 28 febbraio 2011, n. 44 4.12. Requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno ed i sistemi informatici per i soggetti abilitati interni per le notifiche telematiche e tra gli avvocati sulla scorta del d.m. n. 44/2011 4.13. L’uso della posta elettronica certificata: brevi conclusioni
167 169 174 177 181 183
186 193 196 201 205
208 212
Appendice legislativa 1.
Decreto Ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44 – Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (in G.U. 18 aprile 2011, n. 89)
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VIII
pag. 2.
3.
4.
5.
6.
Provvedimento 18 luglio 2011 – Specifiche tecniche previste dall’art. 34, comma 1, del regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. n. 82/2005 e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, d.l. n. 193/2009, convertito nella legge n. 24/2010 Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e modificato dal decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24 Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. – Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (in G.U. 28 aprile 2005, n. 97) Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110 – Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio, a norma dell’articolo 65 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in G.U. 19 luglio 2010, n. 166) Codice dell’amministrazione digitale. Decreto legislativo 7 marzo 2005, con le modifiche ed integrazioni introdotte dal decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 (in G.U. 10 gennaio 2010, n. 6, S.O. 10 gennaio 2010, n. 8 ed indicate in carattere grassetto corsivo). Estratto artt. 20 al 36
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253
255
262
267
Bibliografia
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Indice analitico
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1 SOMMARIO
Le tre scelte strategiche per far fronte alla crisi della giustizia civile
1.1. Premessa: l’attuale stato della giustizia civile in Italia. – 1.2. La prima scelta strategica per alleviare la crisi della giustizia: le ADR e la media-conciliazione. – 1.3. La seconda scelta strategica: le politiche dell’innovazione in campo giudiziario e le best practices. – 1.3.1. Le strategie d’impiego degli strumenti informatici nel settore giustizia da parte dell’Unione europea e nei singoli paesi dell’Unione. – 1.4. La Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (RUPA). – 1.5. Il coordinamento della RUPA. – 1.5.1. Il progetto della RUPA. – 1.5.2. Il dominio della Rete Unitaria. – 1.5.3. I successivi interventi normativi. – 1.5.4. Il piano triennale. – 1.6. La terza scelta strategica: la Rete Unitaria della Giustizia. Brevi cenni introduttivi nell’alveo dell’informatica giudiziaria. – 1.6.1. Segue: I documenti programmatici del ministero in tema di informatizzazione della giustizia civile.
1.1. Premessa: l’attuale stato della giustizia civile in Italia
La crisi del sistema della giustizia civile in Italia almeno da due decenni è oggetto di continue analisi sociologiche e giuridiche. La grande mole di processi pendenti – che incidono direttamente e negativamente sul sistema economico del paese – altro non rappresenta se non l’arretratezza procedurale e strutturale dell’attuale arcaico metodo di organizzazione del lavoro nel processo. A questo stato di cose il legislatore ha tentato di porre rimedio, da un lato, con l’introduzione dei riti alternativi quali l’arbitrato, la mediazione finalizzata alla conciliazione, e con la poco garantista forma di riscossione coattiva e, dall’altro, lo stesso legislatore è intervenuto a piene mani, con la modifica del rito civile, tanto che solo recentemente ha accolto la richiesta degli operatori del diritto per l’unificazione, a poche fattispecie le tipologie procedurali per affrontare una causa civile. L’unifi-
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cazione dei riti nel processo civile era oramai un’emergenza irrinunciabile dato che vi era stata una proliferazione caotica degli stessi. In merito basti qui ricordare che al rito disciplinato dal codice del 1942, per le cause iniziate prima del 30 aprile 1995, era seguita la novella del 1990 per le cause iniziate dopo il 30 aprile 1995 e quest’ultimo era stato modificato dalla legge sulla competitività (la n. 80 del 2005) per le cause iniziate dopo il 1° marzo 2006. Questa poi era stata disciplinata sulla falsariga del rito societario per le cause iniziate dopo il 1° marzo 2006 e, in caso di scelta delle parti, ai sensi del nuovo articolo 70-ter disp. att., c.p.c. Ancora una profonda riforma del rito era stata fatta con legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha introdotto anche il rito sul processo sommario di cognizione, ed altre importanti novità, ivi compresa l’abolizione del rito societario, ed ancora con il d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito in legge 22 febbraio 2010, n. 24, con il quale è stato modificato il regime delle notifiche telematiche. Riforma del rito che ha poi trovato ulteriori modifiche con il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 che ha introdotto per molte materie il tentativo obbligatorio di mediazione ai fini della conciliazione quale condizione di procedibilità della domanda. Si aggiungano, inoltre, i vari riti speciali introdotti nel corso degli anni per singole tipologie di controversie in materia di lavoro, società, famiglia. Il solo processo di cognizione ordinario contava ben quattro riti ai quali erano da aggiungersi quelli speciali per un totale di circa trenta modi diversi per affrontare una causa civile. Tutto ciò fino alla recentissima riforma sulla semplificazione dei riti introdotta con d.lgs. 1 settembre 2011, n. 1 150 . E sottacendo delle altre riforme processuali quali, ad esempio, in materia di esecuzioni mobiliari, o la riforma del giudizio davanti alla Corte di Cassazione. Da qui l’esigenza di una ricostruzione di tutto il modo di pensare alla giustizia civile, ricostruzione di cui si sente l’assoluta necessità quando si deve prendere atto – come oggi purtroppo si è costretti a fare – che la Giustizia, di cui il diritto costituisce il supporto, è in crisi profonda, con tutta una serie di conseguenze negative di carattere sociale, economico e politico. Basti pensare all’intollerabile lungaggine dei processi, specie nelle aree meno infrastrutturate e di maggiore malessere economico del paese, con la conseguenza di fatto di un vero e proprio diniego di Giustizia. Ritardi e lentezze che non sono state recuperate con la semplicistica soppressione delle garanzie per il cittadino, come è stato fatto con la sostituzione del giudice collegiale con quello monocratico che eliminando il contraddittorio tra i giudici decidenti in camera di consiglio, quale elemento di distinzione dell’attività giudiziaria da quella amministrativa era garanzia dell’imparzialità dei giudizi. Questo stato di cose è poi oggi sempre più aggravato dal fatto che la stessa legislazione concorre a porre in crisi il sistema nel suo complesso, anche attraverso la soppressione di elementari garanzie per la generalità dei consociati, come avviene per innumerevoli fondamentali compiti di benessere a cui è tenuta la P.A., o fondamentali servizi pubblici, o di ogni mancanza di tutela giurisdizionale di1
Testo pubblicato in G.U. 21 settembre 2011, n. 220, in vigore dal 20 ottobre 2011.
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nanzi alle pretese tributarie e fiscali di un’amministrazione sorda alle giuste istanze dei cittadini, basti pensare all’attuale ibrida disciplina della formazione dei ruoli esattoriali. Questo stato di cose ha reso, nel tempo, sempre più determinante l’interpretazione della legge da parte dei magistrati, in funzione correttiva e integrativa e, quindi, sempre più decisiva l’attività ermeneutica e inevitabilmente anche di scelta politica dei giudici, finendo, così, per modificarli geneticamente, giacché non più soggetti soltanto alla legge, come il comma 2 dell’art. 101 della nostra Costituzione prescrive, ma al di sopra della legge, dovendola spesso completare, modificare od addirittura integrare per renderne più razionale l’applicazione. A questo stato di crisi del processo si è tentato di far fronte mediante il ricorso ad una generalità di soluzioni e, tra queste, all’informatica. Ma l’uso dell’informatica da parte del giurista, sebbene oggi sia abbastanza diffuso nell’ambiente forense, raramente è accompagnato da nozioni tecnico-scientifiche che dovrebbero essere possedute da chiunque voglia farne un uso consapevole. Questa cultura sostanziale oggi ancora manca e non solo perché esistono pochissimi corsi universitari della disciplina, ma soprattutto perché è assente una seria programmazione didattica universitaria sulla propedeuticità dell’insegnamento disciplinare specifico, non potendosi ritenere che vi possano sopperire gli scarni moduli didattici delle Scuole di specializzazione delle professioni legali e gli asfittici moduli sul processo civile telematico. Così come inammissibile è l’assenza dell’obbligatorietà della formazione 2 continua specialistica per l’avvocatura sulla disciplina . Il processo telematico nell’attuale esperienza storica, alla luce di queste considerazioni strategiche di fondo, oggi, versa perciò in reali difficoltà, nonostante con lo stesso, si miri al raggiungimento di obiettivi molto limitati, riassumibili nella duplice, ma diversa, possibilità di usare l’informatica nel diritto in un’applicazione immediata che possiamo chiamare di “automazione formale”, più superficiale, consistente nello svolgere talune operazioni di rilievo giuridico attraverso il computer al fine precipuo di guadagnare in termini di tempo e di comodità (come, ad esempio, nel caso in cui si ricorra alla telematica per eseguire le notifiche) o nel liberare le cancellerie dal lavoro sul fascicolo per abbattere i tempi del c.d. “attraversamento”. Altra cosa, invece, alla quale pervenire in tempi non immediati, è il suo utilizzo come “automazione sostanziale”, ben più rivoluzionaria, per ripensare – in occasione dell’uso del computer e valorizzando le sue notevoli caratteristiche e potenzialità – tutto il “modus operandi” prescritto dalle leggi per ricostruirlo su basi più razionali, più economiche, più democratiche, più rispondenti alle esigenze del tempo d’og-
2
Sul punto vedi M. GORGA, La formazione professionale dell’avvocatura anche alla luce delle discipline più recenti, in Riv. amm. rep. it., 2009, 499 ss.; per un’analisi completa delle problematiche in campo vedi G. ALPA, L’avvocato. I nuovi volti della professione forense nell’età della globalizzazione, III ed., Bologna, 2011, 158 ss.
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gi, realizzando nell’immediato l’automazione formale . Quindi, posto che le manchevolezze della nostra giustizia civile non sono denunciate dalle sole critiche interne, ma sono segnalate anche da studi internazionali, testimoniate dal disagio dei cittadini e delle imprese e che nella durata dei processi, occorre, seppur brevemente, richiamare qui il confronto internazionale che si presenta come impie4 toso . Va rilevato l’impressionante numero di condanne emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo – la CEDU – nei confronti del nostro Paese. E tuttavia deve essere segnalato che la crisi della giustizia non è dovuta tanto alla carenza di risorse quanto ai difetti dell’organizzazione e alla carenza degli incentivi. L’Italia è, infatti, lo Stato che per il costo pro-capite del servizio giustizia spende più di ogni altro Paese preso a paragone. La crisi della giustizia comporta effetti negativi sulla definizione dei rapporti economici, sull’affidabilità degli investimenti, sulla praticabilità dei rimedi e sull’enforcement dei provvedimenti ottenuti a seguito di processi lunghi e difficili che vanificano e banalizzano la certezza del diritto. Il problema che si è posto è stato quello della ricerca di soluzioni strategiche nell’immediato e nel medio periodo per risolvere la crisi del sistema giustizia. Economisti e giuristi attenti al diritto «in azione» s’interrogano sulla capacità di risolvere in modo rapido e giusto le controversie tra gli operatori e quelle tra operatori e consumatori, sicché si sono autoimposte scelte strategiche che sono state individuate nelle politiche dell’innovazione e nella riorganizzazione del sistema del lavoro giudiziario, nello sviluppo delle ADR, della mediazione e conciliazione e nella definitiva realizzazione del processo telematico. Quest’ultimo è il tema del presente lavoro, fermo restando che solo le tre scelte strategiche individuate tutte insieme costituiscono le possibili vie d’uscita dall’attuale semiparalisi del sistema giustizia e per la qualità del servizio nel suo complesso.
1.2. La prima scelta strategica per alleviare la crisi della giustizia: le ADR e la media-conciliazione
Il sistema innanzi descritto, indipendentemente dalla tempistica della piena realizzazione e della sua messa a regime delle soluzioni informatiche, non appare sufficiente, a breve termine, e neanche a medio termine, a sollevare la giustizia civile italiana dallo stato di crisi in cui versa. Il processo telematico di cui parlere3 V. G. RIEM, A. SIROTTI-GAUDENZI, La giustizia italiana e le procedure informatizzate, Rimini, 2005, 101 ss., v. anche A. CONTALDO, M. GORGA, E-Law, le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, Soveria Mannelli (Cz), 2006, 92 ss.; A. VILLECCO, Il processo civile telematico, Torino, 2011, 72 ss.; C. CASTELLI, Appunti su giustizia civile e prospettive del processo telematico, in Questione giustizia, 2003, 37 ss. 4 Nell’elenco il numero si riferisce alle denunce anno 2008: Albania 1; Andorra 0; Armenia 0; Austria 62; Belgio 44; Bulgaria 40; Danimarca 16; Francia 305; Germania 38; Grecia 204; Italia 1.258.
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mo nei capitoli seguenti richiede, infatti, tempi d’attuazione non brevissimi rispetto a quella che è l’attuale fase emergenziale. All’uopo il nostro legislatore ha ritenuto che nell’immediato potrebbe soccorrere da oltreoceano l’esperienza del5 le ADR, che nel sistema americano si sono già trasformate in ODR . Nell’impostazione del legislatore l’idea principale è che la mediazione, al pari degli altri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, deve porsi in posizione di complementarietà e accessorietà rispetto al processo. Deve cioè ampliarne lo spettro dei rimedi – ossia dell’offerta di composizione delle controversie – che l’ordinamento appresta per risolvere le liti tra i consociati anche con riguardo a soluzioni non improntate sullo schema rigido della distribuzione, in senso punitivo, delle ragioni e dei torti. Si tratta quindi di sistemi alternativi volti a valorizzare questi sistemi di complementarietà con il riconoscimento accanto al processo della specificità e dell’utilizzabilità di modelli e filosofie diverse per la composizione delle situazioni conflittuali in un’ottica di composizione amichevole e pacifica sulla base della tutela degli “interessi” in contestazione. Da qui deriva poi tutta la parti6 colare attenzione al tipo di procedimento di conciliazione adottato, la cui regolamentazione è specifica per ogni singola controversia e viene rimessa dal legislatore alla riconosciuta potestà regolamentare degli organismi di conciliazione. Ed è proprio questa “specificità” che ci consente di cogliere in pieno l’unicità del modello della media-conciliazione e la sua peculiarità rispetto ad ogni altro modello di regolazione del contenzioso. Convenzionalmente, la nascita dei metodi di risoluzione alternativa delle controversie coincide con un evento considerato un punto di svolta nell’evoluzione della giustizia civile statunitense, cioè la Pound Conference del 1976, celebrativa 5
A proposito di quest’ultima Ethan Katsh, Direttore del Center for information technology and dispute resolution dell’Università del Massachussets Amherst, pioniere e fautore delle ODR – acronimo di On line Dispute Resolution – diceva che “Il cyberspazio può essere un grande spazio, nel senso che non c’è quasi alcun limite ai soggetti che possono partecipare in esso ed alle attività che possono aver luogo on line. Tuttavia, è anche un ambiente in continua crescita e cambiamento ed è improbabile che queste condizioni non contribuiscano a creare conflitti … Seppure abbiamo costruito meravigliose e facilmente accessibili risorse per il lavoro, per il commercio, per l’insegnamento ed il gioco on line, abbiamo però trascurato di progettare sistemi per risolvere le dispute che si sarebbero presentate ed essendo il cyberspazio anche un luogo dove mezzi sempre più potenti per la comunicazione, lo stoccaggio ed il trattamento di informazioni vengono continuamente sviluppati, per questo, a ben vedere, può tramutarsi in uno spazio di risoluzione delle controversie”. Internet che è stato definito “il più grande centro di esperienza collettiva noto all’umanità” può offrire al navigatore – che diventa consumatore-acquirente – una gamma completa ed esauriente di servizi incluso quello di una soluzione rapida ed efficace dell’eventuale disputa insorta nel corso della navigazione e segnatamente a seguito dell’approdo e della visita con contrattazione in un sito commerciale. 6 Si intende con procedimento di conciliazione quel procedimento strutturato in fasi e sessioni non con sequenza necessaria ai fini del raggiungimento dell’accordo, quanto un’attività, una tecnica risolutiva complessa, articolata e strutturalmente alternativa rispetto alle attività svolte nel processo. Vedi al riguardo G. CASSANO, Le nuove forme di alternative dispute resolution (A.D.R.) nell’era di internet, 2004, in Dir. econ. mezzi com., n. 1, 62 ss.
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del settantesimo anniversario del discorso tenuto da Nathan Roscoe Pound, uno dei padri del diritto civile statunitense, dinanzi all’American Bar Association sul tema “The Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice”. Pound sostenne una tesi che per il nostro sistema è di grande attualità; egli constatò che in cinquanta anni di riforme intervenute sia nella struttura dell’ordinamento giudiziario sia nella disciplina del processo civile i risultati erano assolutamente scoraggianti. Presentò, pertanto, una serie di proposte dirette a sottrarre alle Corti civili alcune categorie di controversie. Tali controversie sarebbero state poi dirottate verso organi di decisione estranei all’apparato giurisdizionale, di natura privata ed operante secondo regole tali da configurare un procedimento flessibile ed informale e ciò allo scopo di ridurre il sovraccarico delle Corti civili Americane. Nel sistema di oltre oceano in alcuni casi è previsto il preventivo esperimento delle procedure ADR quale condizione di procedibilità dell’azione dinnanzi al 7 giudice ordinario . Si prevede, ad esempio, il previo esperimento del ricorso all’arbitrato endo-processuale nelle Corti federali di primo grado per le cause di 8 valore inferiore ai centocinquantamila dollari . È da osservare che la proposta di Pound si innestava in un sistema complesso, vale a dire quello in cui era fortemente presente quella alienazione tra società civile ed istituzioni tipica della moderna società americana e per questo innestata su di un terreno molto fertile per realizzare i nuovi obiettivi di partecipazione ed autoregolazione individuale e so9 ciale fatta proprio da chi rivendicava la necessità di nuove forme di giustizia . Ritornando al vecchio continente, nel contesto della più ampia problematica relativa all’accesso dei consumatori alla giustizia, anche nell’ambito della Comunità europea, le procedure ADR hanno acquisito un sempre maggiore rilievo. Il loro sviluppo ha risposto, in Europa, a dinamiche completamente differenti da quelle che le hanno generate negli Stati Uniti. Lo stimolo infatti al loro sviluppo è 7
Vedi A. BRENNAN, Review of the adversarial system of litigation ODR, its role in federal dispute resolution, febbraio 1997, sul sito www.awstlii.edu.au/au/other/alrc/pubblications/issues/25/toc.html. 8 La parte insoddisfatta del lodo endo-processuale non ha bisogno di impugnare la pronuncia arbitrale essendo sufficiente che adisca il giudice naturale ed inizi in tal modo il processo di primo grado essendo soddisfatta la condizione processuale del previo esperimento dell’arbitrato. L’arbitrato endo-processuale non è dunque vincolante nel risultato – non binding – pur rimanendo obbligatoria l’attivazione – mandatory –. Da rimedi con fondamento giuridico consensuale essi divengono per legge endo-processuali cioè momento prodromico del processo ordinario. Il sistema nordamericano ha in tal modo sussunto nell’ambito della giustizia pubblica forme di giustizia privata. Tecniche e metodi sviluppatisi principalmente in campo privato sono stati incorporati in istituzioni pubbliche, le Corti. Le diverse forme di giustizia hanno poi seguito un procedimento di normazione processuale in base alle cosiddette local rules. 9 J. SILBSY, A. SARAT, Dispute processing in law and legal scholarship: from institutional critique to the reconstitution of the juridical subject, in 66 U. Dew. L.R, 437, 479 ss., dove gli autori evidenziano il contrasto tra logica dei “diritti” rivendicata dai sostenitori del modello giurisdizionale tradizionale e logica degli “interessi” sostenuta dai fautori del nuovo modello di risoluzione delle controversie.
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venuto con direttive e raccomandazioni comunitarie volte a garantire in primis una maggiore fiducia nel commercio elettronico. Nel Libro Verde del 1993 la Commissione europea ha esposto, per ciascuno Stato membro, le procedure giudiziarie applicabili alle controversie in materia di consumo, le procedure extragiudiziali destinate a tali controversie – mediatori, ombudsman –, la protezione degli interessi collettivi, tramite l’intervento di associazioni di consumatori o di 10 alcune istanze amministrative, la sperimentazione di progetti pilota nazionali . Tale studio comparato ha messo in luce che nella maggior parte degli Stati europei le procedure giudiziarie applicabili alle piccole controversie erano state semplificate attraverso una riforma del codice di procedura civile o con la creazione di procedure semplificate. In taluni casi sono state create procedure extragiudiziali specificamente destinate alle controversie in materia di consumo individuate nella conciliazione, nella mediazione o nell’arbitrato. La Direttiva 20 maggio 1997, n. 7 (97/7/CE) riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, ha evidenziato che, al fine di favorire l’accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo e nel mercato interno, dovevano essere previste iniziative per la promozione dei procedimenti extragiudiziari. Con la Raccomandazione 30 marzo 1998, n. 257 si è inteso poi stabilire i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extra giudiziale delle controversie in materia di consumo mettendo in luce che per ovviare alle difficoltà esistenti nella regolazione delle controversie in materia di consumo la via è quella di creare procedure extragiudiziali quali la mediazione, la concilia11 zione o l’arbitrato . Per tutte queste Raccomandazioni è essenziale che le proce10
Libro Verde della Commissione Europea del 16 novembre 1993 relativo all’accesso dei consumatori alla giustizia e alla risoluzione delle controversie in materia di consumo nell’ambito del mercato unico. Vedi al riguardo E. SILVESTRI, Osservazioni in tema di strumenti alternativi per le risoluzioni delle controversie, in Riv. dir. proc. civ., 1999, 782 ss. 11
La Raccomandazione ha inteso stabilire una serie di principi applicabili al funzionamento delle procedure extragiudiziali a fini di garanzia, come la trasparenza, l’indipendenza ed il rispetto del diritto. In particolare: a) quando la decisione è adottata individualmente, il principio d’indipendenza è garantito nel momento in cui la persona designata: possiede la capacità e le competenze necessarie allo svolgimento delle sue funzioni; gode di un mandato di durata sufficiente a garantire l’indipendenza della sua azione e non può essere destituita senza giustificato motivo; non ha svolto attività lavorative, nel corso dei tre anni precedenti la sua entrata in funzione, per l’associazione professionale o l’impresa che la retribuisce o che l’ha nominata per questa funzione; b) quando la decisione dell’adozione è collegiale, il principio di indipendenza è garantito attraverso la rappresentanza paritaria dei consumatori e dei professionisti; c) il principio di trasparenza è garantito da varie misure, comprendenti: la comunicazione a qualunque soggetto che lo richieda: di una descrizione dei tipi di controversie che possono essere sottoposte all’organo; delle norme relative alla presentazione del reclamo all’organo; del costo eventuale della procedura per le parti; delle regole sulle quali si fondano le decisioni dell’organo (codici di condotta, disposizioni legali); delle modalità di adozione di decisioni; del valore giuridico della decisione; la pubblicazione di una relazione annuale relativa alle decisioni adottate; d) il principio d’efficacia comporta: l’accesso del consumatore alla procedura senza essere obbligato a ricorrere al rappre-
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dure soddisfino i criteri minimi e garantiscano l’imparzialità dell’organismo, l’efficacia della procedura, la sua pubblicità e trasparenza, fermo restando che deve essere rimossa ogni sproporzione tra la portata economica della controversia ed il costo della soluzione giudiziaria, in quanto le difficoltà eventualmente collegate alle procedure giudiziarie possono, in particolare, nel caso ad esempio di conflitti transfrontalieri, dissuadere il consumatore dal far valere effettivamente i propri 12 diritti . Con la Raccomandazione adottata dalla Commissione il 4 aprile 2001, n. 310 sono stati stabiliti i criteri minimi che devono essere garantiti nella gestione delle controversie in materia di consumo a livello transfrontaliero, qualora il soggetto terzo cui le parti si rivolgono per la soluzione della controversia non emetta alcuna decisione ma si limiti ad agevolare una soluzione conciliativa tra le parti, in base a procedure che comportano semplicemente un tentativo di fare incontrare le 13 parti per convincerle a trovare una soluzione basata sul consenso . La Commissione il 19 aprile 2002 ha adottato poi un Libro Verde con cui è stato descritto il sentante legale; la gratuità della procedura o la determinazione di costi moderati; la fissazione di termini brevi tra la presentazione del reclamo all’organo e l’adozione della decisione; l’attribuzione di un ruolo attivo all’organo compente; e) il principio di legalità, secondo il quale l’organo extragiudiziale non può adottare una decisione che avrebbe come risultato di privare il consumatore della protezione che gli garantiscono le disposizioni imperative della legge dello Stato sul territorio del quale l’organo è stabilito, deve essere a sua volta rispettato. Inoltre, le decisioni devono essere motivate; f) devono inoltre essere rispettati i principi del contraddittorio (possibilità per tutte le parti interessate di far conoscere il proprio punto di vista e di prendere conoscenza di quello della parte avversa), di libertà (scelta del consumatore di aderire alla procedura extragiudiziale) e di rappresentanza. La Raccomandazione ha improntato un sistema di principi in tema d’indipendenza dell’organo giudicante, di diritto al contraddittorio, di disponibilità delle prove, di trasparenza della procedura, cui devono sottostare tutte le iniziative extragiudiziali di composizione dei conflitti originati da rapporti di consumo e di utenza. Tali iniziative, gratuite, rapide, efficaci, sono caratterizzate dall’interposizione di un terzo, che non si limita ad invitare le parti ad intendersi, ma prende una posizione concreta in merito alla risoluzione della controversia. 12 La decisione può essere adottata non solo in conformità a disposizioni legali, ma anche in base all’equità e ai codici di condotta a condizione che ciò non conduca ad una diminuzione del livello di protezione che gli garantirebbe, nel rispetto del diritto comunitario, l’applicazione del diritto da parte dei Tribunali. L’accesso dei consumatori alle procedure alternative di risoluzione delle controversie è agevolato anche dall’elaborazione, da parte della Commissione europea, di un modulo standardizzato di reclamo, reperibile in Rete, in ogni lingua dell’Unione Europea. La Raccomandazione ha costituito quindi un primo tentativo di fissare minime regole comuni cui le procedure di risoluzione delle controversie e gli organismi che le gestiscono dovrebbero attenersi. 13 Testualmente nella Raccomandazione, al Considerando n. 6 è scritto che le nuove tecnologie possono contribuire allo sviluppo di sistemi elettronici di composizione delle controversie costituendo un organismo volto a risolvere efficacemente le controversie che interessano diverse giurisdizioni senza il bisogno di una comparizione fisica delle parti ed andrebbero quindi incoraggiate mediante principi volti ad assicurare standard coerenti ed affidabili a suscitare la fiducia degli utenti.
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fenomeno ADR relativamente alle controversie civili e commerciali nell’ambito dello spazio giudiziario europeo. Ma il riferimento europeo più cogente in ordine alla disciplina domestica è sicuramente la Direttiva 2008/52/CE, recepita all’art. 60 della legge n. 69/2009, in 14 base alla quale il governo è stato delegato a emanare il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 sulla mediazione in materia civile e commerciale. Quest’ultimo decreto regola il procedimento di composizione delle controversie vertenti su diritti disponibili ad opera delle parti. Il decreto prevede, nella sostanza, sotto il profilo contenutistico due tipologie di mediazione finalizzata alla conciliazione: la prima, volta alla ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia; la seconda, invece, volta alla formulazione, da parte del mediatore, di una proposta per la risoluzione della controversia. Il mediatore, sia esso monocratico o collegiale, svolge l’attività senza poter adottare decisioni vincolanti per i destinatari del procedimento di mediazione. Sotto il profilo del metodo e dell’accesso al servizio giustizia, e quindi alla relazione con la giurisdizione, il decreto legislativo distingue tre tipi di mediazione: la mediazione obbligatoria, quella volontaria e quella demandata dal giudice. La mediazione, poi, rispetto alle materie elencate nell’art. 5, d.lgs. n. 28/2010 15 si pone come semplice condizione di procedibilità della domanda. Si tratta, a ben analizzare, di materie per le quali è necessario il procedimento, presso un 16 organismo ad hoc autorizzato dal Ministero della giustizia, di rapporti di parti14 Vedi il commento di F. DELFINI, A. CASTAGNOLO, La mediazione nelle controversie civili e commerciali, Padova, 2010, 42 ss.; A. CAPUTO, P.G. MIRRÒ, Mediazione, ADR, Arbitrato, Torino, 2010, 71 ss.; L. D’URSO, G. DE CALO, D. GOLANN, Manuale del mediatore professionista, Milano, 2010, 41 ss.; ci si permette di rinviare a M. GORGA, A. CONTALDO, La mediazione civile e commerciale alla luce del D.M. 180 del 4 novembre 2010, in Corr. giur., 2011 Speciale n. 1, 7 ss. 15 In assenza del preventivo esperimento del procedimento di conciliazione sulle materie obbligatorie, l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, comunque, non oltre la prima udienza. 16 Il testo regola la figura istituzionale degli organismi di mediazione, ovvero degli enti pubblici o privati presso i quali può svolgersi il procedimento di mediazione, generalizzando il sistema previsto dalla conciliazione societaria, con un Registro tenuto e vigilato dal Ministero della giustizia. Per l’iscrizione dell’organismo sarà necessario depositare il regolamento in cui prevedere, in ipotesi di modalità telematiche di mediazione, le garanzie di riservatezza che si assicurano alle parti e al procedimento. Al regolamento dovranno allegarsi le tabelle delle indennità degli enti privati, mentre quelle degli enti pubblici sono stabilite con decreto. Nei casi di parti cui spetta, nel processo, il gratuito patrocinio, l’organismo fornirà la prestazione gratuitamente. Quanto agli enti coinvolti, i consigli degli ordini forensi possono costituire organismi, da iscrivere a semplice domanda, che facciano uso del proprio personale e dei locali messi a disposizione dal presidente del tribunale. L’iscrizione a semplice domanda è subordinata comunque alla verifica, da parte del Ministero della giustizia, di alcuni requisiti minimi, che consentono all’organismo il materiale svolgimento dell’attività. Si prevede poi la facoltà di istituire, previa autorizzazione, organismi di mediazione anche presso i consigli degli altri ordini professionali: ciò risponde all’esigenza di sviluppare organismi in grado di dare rapida soluzione alle controversie in determinate materie tecniche (ad es. in materia ingegneristica, informatica, contabile o simili). Anche tali organismi, così come quelli istituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, saranno iscritti a semplice domanda. La natura
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colare natura o perché si tratta di c.d. “conflitti di civiltà” o di “vicinato”, come avviene per le liti in materia di condominio o di diritti reali, o di “rapporti familiari”, com’è per le cause di successione e di divisione ereditaria, o di “durata”, com’è nel caso della locazione o per i contratti bancari, assicurativi e finanziari; oppure di materie nelle quali è conveniente conciliare, com’è per il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, o da responsabilità medica o da diffamazione. Si tratta cioè di quei rapporti particolarmente conflittuali rispetto ai quali, anche per gli “interessi” in gioco, è più facile la composizione della lite in sede stragiudiziale. In questi casi, la parte che intende agire in giudizio ha l’onere di tentare la mediazione e all’uopo deve essere informata dal proprio avvocato con un documento sottoscritto dall’assistito in assenza del quale l’intero rapporto di contratto d’opera professionale è compromesso, ma non certamente il mandato che deve, comunque, sempre essere adempiuto sino a sostituzione. Il giudice, qualora rilevi la mancata allegazione del documento all’atto introduttivo del giudizio, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione. In ogni altra materia la mediazione potrà essere avviata dalle parti su base volontaria, sia prima che durante il processo. Quando il processo è stato avviato, anche in sede di giudizio d’appello, il giudice (mediazione delegata) potrà valutare se formulare l’invito alle parti a ricorrere agli organismi di mediazione, e ciò lo farà in base allo stato del processo, alla natura della causa ed al comportamento delle parti. L’invito del giudice può essere rivolto alle parti fino all’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito del giudice, quest’ultimo rinvierà semplicemente l’udienza per un tempo non minore di quattro mesi, termine che rappresenta il tempo massimo entro cui la conciliazione deve avvenire. Il procedimento di mediazione, poi, comporta molti 17 vantaggi sia perché non è soggetto a particolari formalità , sia perché tutto ciò che pubblicistica degli enti che istituiscono gli organismi offre, infatti, una garanzia di serietà ed efficienza. Anche in questo caso l’iscrizione a semplice domanda non priva l’amministrazione, che detiene il registro, del potere di verificare l’esistenza dei requisiti minimi, né dei poteri di vigilanza successivi. Presso il Ministero della giustizia, è prevista l’istituzione, con decreto ministeriale, dell’elenco dei formatori per la mediazione. 17 Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi, trascorsi i quali il processo può iniziare o proseguire. Presentata la domanda presso l’organismo di mediazione, è designato un mediatore, e fissato il primo incontro tra le parti (non oltre quindici giorni dal deposito della domanda). La domanda e la data dell’incontro sono comunicate all’altra parte, anche a cura dell’istante. Il mediatore cerca un accordo amichevole di definizione della controversia. Se la conciliazione riesce, il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore. Se l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. Nel verbale, contenente l’indicazione della proposta, si dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c. In qualunque momento del procedimento, su concorde richiesta delle parti, il mediatore formula una proposta di conciliazione. Vedi sul punto C. CAMARDI, Metodi “alternativi” di soluzione delle controversie: diritto, spazio e tempo nell’ambiente delle tecnologie informatiche, in Europa diritto privato, 2004, 549 ss.
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avviene nel corso dello stesso procedimento, in ordine a dichiarazioni, posizione, 18 proposte e quant’altro, non ha alcun rilievo sotto il profilo della prova nel conseguente giudizio, in caso di fallimento del tentativo di conciliazione. In caso di accordo i vantaggi sono notevoli in quanto il verbale e l’accordo allegato hanno natu19 ra di “titolo esecutivo” . Le conseguenze, per la parte, invece, che non aderisce alla conciliazione sulla proposta sono estremamente negative in ordine al profilo del20 la condanna alle spese . Ex art. 13 del decreto legislativo in esame, anche in caso di vittoria nel processo si avrà una seria condanna alle spese, mentre sono stati previsti 21 incentivi, sotto l’aspetto fiscale , per invogliare le parti a raggiungere la conciliazione.
1.3. La seconda scelta strategica: le politiche dell’innovazione in campo giudiziario e le best practices
Le politiche per lo sviluppo della ricerca dell’innovazione e per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno un ruolo strategico nel settore vi18 Il procedimento di mediazione non è soggetto ad alcuna formalità ed è protetto da norme che assicurano alle parti del procedimento l’assoluta riservatezza rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni emerse. Tali informazioni non saranno utilizzabili in sede processuale, salvo esplicito consenso delle parti, ed il mediatore sarà tenuto al segreto professionale su di esse. Quando il mediatore svolge sessioni separate con le singole parti, non potrà rivelare alcuna informazione, acquisita durante tali sessioni, all’altra parte. La finalità della previsione, propria di tutte le esperienze comparate a livello internazionale, è finalizzata a consentire alle parti di svelare ogni dato utile al compromesso, senza timore che poi possa essere oggetto di un uso contro la parte medesima. I soggetti coinvolti si sentiranno così liberi di manifestare i loro reali interessi davanti ad un soggetto dotato di professionalità per comporli. 19 Dal punto di vista dell’efficacia esecutiva, qualora l’accordo venga raggiunto, dovrà essere omologato dal tribunale, che ne verificherà regolarità formale e rispetto dei principi di ordine pubblico. Il conseguente verbale costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica, oltre che per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. L’accordo, raggiunto anche a seguito della proposta del mediatore, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione od inosservanza degli obblighi stabiliti o per il ritardo nel loro adempimento. 20 All’esito del processo civile, se il provvedimento del giudice corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, relativamente al periodo successivo alla stessa, e la condanna al pagamento delle spese processuali della parte soccombente riferite al medesimo periodo, nonché al pagamento del contributo unificato. 21 Sono infine previste agevolazioni fiscali. Tutti gli atti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. In particolare, il verbale di conciliazione sarà esente dall’imposta di registro sino all’importo di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente. In caso di successo della mediazione, le parti avranno diritto a un credito d’imposta fino a un massimo di 500 euro per il pagamento delle indennità complessivamente dovute all’organismo di mediazione. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà.
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tale dell’amministrazione della giustizia essendo, più di altre, il motore per far crescere la competitività del Paese e superarne così i ritardi. La scarsa capacità innovativa del settore pubblico in generale – e di quello giudiziario in particolare – costituisce, infatti, una delle principali fonti del ritardo di competitività del Paese. Proprio per superare questo ritardo notevoli sono le spinte della politica regionale, comunitaria e nazionale volte ad evidenziare la necessità dell’innovazione e dell’applicazione della conoscenza e al migliore utilizzo del potenziale applicativo delle nuove Tecnologie. Le attuali debolezze, dunque, del sistema “giustizia” appaiono proprio dovute all’inadeguato clima concorrenziale e di assenza di valutazione del merito dell’amministrazione pubblica in generale e di quelle della giustizia in particolare, e quest’ultima amministrazione rispetto alle altre pare che voglia godere all’infinito di una non più tollerabile rendita di posizione che la proiettano ai livelli di competenza più bassi in ordine al servizio reso. Questo stato di cose scaturisce dallo scarso coinvolgimento dei lavoratori del settore giustizia al processo innovativo, nonostante le nuove opportunità offerte dalle Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione e dalla difficoltà a tradurre, nel sistema del lavoro giudiziario, tali nuove tecnologie in innovazioni organizzative, dato che si reitera in esso il geloso mantenimento di metodi lavorativi della classe forense, della magistratura e del personale amministrativo che appaiono poco inclini ad accettare trasparenze e valutazioni dell’operato. Il mondo giudiziario in generale e le singole unità operative dell’amministrazione della giustizia quali: Corti, Tribunali, Procure, poi, pongono come strutture non poche resistenze ai nuovi ed innovativi metodi di organizzazione del lavoro giudiziario ed alle nuove regole offerte dalla Tecnologia. Si concepisce cioè il software, il computer come qualcosa di alieno – frutto non solo di non conoscenza del personale addetto – ma anche segno dell’incultura di base degli operatori della giustizia selezionati e reclutati in epoche in cui le abilità informatiche non erano richieste. Occorre, pertanto, un ripensamento del lavoro giudiziario, che non può prescindere dall’innovazione tecnologica e dalla massiccia immissione di capitale umano, istruito all’uso degli strumenti della tecnologia, in modo da rivoluzionare totalmente il modo di accesso alla giustizia, attraverso tutta una serie di servizi fruibili solo on line così come quasi tutte le attività dovrebbero essere esperibili in predetta modalità, riducendo così l’accesso fisico al servizio giustizia solo per la trattazione orale delle cause e per l’istruttoria integrativa. È di tutta evidenza che ciò potrà essere assicurato con interventi programmatori e attuativi rivolti a promuovere, o comunque indurre la massima sensibilizzazione della domanda da parte dei cittadini per la diffusione dei servizi on line. In questo senso l’amministrazione della giustizia deve svolgere un fondamentale ruolo di traino e di stimolo alla diffusione e all’uso delle Tecnologie attraverso un’erogazione efficace ed efficiente del servizio ai cittadini-utenti (front office). L’attuale configurazione a compartimenti stagni del sistema organizzativo dei Tribunali rende oggi particolarmente difficoltosa la diffusione delle best practices che pure esistono al-
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l’interno del sistema come dimostrano i casi delle esecuzioni immobiliari, e di alcuni tribunali particolarmente attenti alla programmazione del lavoro, si vedano ad esempio in proposito le esperienze dei Tribunali di Bolzano e Torino. Esperienze quest’ultime molto pubblicizzate a livello nazionale, perché hanno comportato una riorganizzazione del lavoro giudiziario proprio mediante l’uso e l’introduzione di strumenti tecnologici e delle implementazioni informatiche che hanno rivoluzionato la stessa mentalità di accesso al servizio giustizia sino ad ora applicata, in quanto si basano sul basso costo delle nuove tecnologie e sulla formazione iniziale, in itinere e continua del personale giudiziario mediante il supporto di tutoraggio e-learning. Trasparenza, conoscenza, informazione e risultati messi a disposizione di tutti in tempo reale, facilitano i percorsi di benchmarking e favoriscono i processi di apprendimento organizzativo basati non su modelli astratti, bensì su “prassi virtuose” (best practices) sperimentate da altri operatori del sistema e che possono essere assunte, modificate, arricchite e adattate alle proprie specificità. L’attuale configurazione organizzativa del processo, dei Tribunali e delle relazioni con gli avvocati impedisce l’acquisizione di una cultura e di una logica dei servizi che metta al primo posto la relazione organizzazione utente (stakeholder), l’individuazione delle responsabilità, la definizione in tempi certi, i diritti dell’utente e la ricerca della qualità del servizio stesso. L’utilizzo sistematico delle nuove tecnologie comporterà, invece, inevitabilmente, un aumento della trasparenza in tutto ciò che è prodotto dai singoli e dall’organizzazione del suo complesso. L’approccio sistemico all’organizzazione del lavoro giudiziario e delle procedure lavorative richiede, quindi, un disegno scientifico, retto da una filosofia innovativa del servizio pubblico e un raccordo tra tutte le componenti orga22 nizzative, tecnologiche e regolamentari del sistema giustizia . Un approccio multidisciplinare nell’ottica di studio e verifica delle nuove soluzioni, con ricorso ad un percorso di progettazione, che sulla base di un programma generale gestibile a livello nazionale, veda a livello locale le singole realtà giudiziarie, tra loro raccordate, nelle soluzioni informatiche di analisti di organizzazione dei processi lavorativi il più alto coinvolgimento di esperti nelle differenti discipline dell’informatica e del diritto quali avvocati, giudici e cancellieri. Questi sono i veri attori-utenti principali del settore giustizia e questi sono i lavoratori del settore giudiziario e non è concepibile una riorganizzazione senza la partecipazione dei principali utenti del sistema giustizia. Occorre in verità un modello generale volto a superare le mere esperienze sin qui proliferate dei “progetti pilota” che non hanno mai avuto attuazione definitiva, nelle varie sedi di sperimentazione in giro per l’Italia e 22
Vedi S. BLESCIA, La new economy del processo civile, sfida telematica per il Ministero, in Dir. giustizia, 2001, n. 14, 37 ss.; S. ZAN, Fascicoli e Tribunali. Il processo civile in una prospettiva organizzativa, Bologna, 2003, 82 ss.; M. MARTONI, Automazione e giustizia: il processo informatico/telematico, in Cyberspazio e diritto, 2003, 179 ss.; R. BRACCIALINI, Spunti critici sul processo civile telematico e dintorni, in Quest. giustizia, 2005, 176 ss.; S. BLESCIA, P. LICCARDO, voce Processo telematico, in Enc. giur. Treccani, XIV (aggiornamento), Roma, 2006, 2 (ad vocem).
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che sono rimasti solo dei “progetti”. La metodologia da utilizzare, invece, è quella che deve rivolgersi in primis a tutti gli operatori del sistema giustizia e all’organizzazione dei loro processi lavorativi, alla loro formazione sia frontale che in modalità e-learning e, quindi, in quest’ultima modalità, in modo continuo e permanente. In secundis la finalità è quella di costituire un sistema valido dal punto di vista tecnico e dal punto di vista funzionale, verificabile nelle sue specifiche e nelle sue modalità operative, allo scopo di renderlo poi successivamente replicabile su scala nazionale. Occorre, perciò, coinvolgere, in modo molto determinante, oltre al personale tecnico, gli esperti in processi di organizzazione del lavoro, gli esperti delle misurazioni statistiche, i contabili e sopratutto quelli che saranno gli utilizzatori e i fruitori del sistema giustizia e cioè giudici, avvocati, cancellieri e personale di Cancelleria. In definitiva occorre una metodologia che rappresenti un’inversione totale rispetto a tutte le altre metodiche sino ad ora adottate da tecnici calati in una realtà non conosciuta. Metodica che sino ad oggi era rivolta ad operatori della giustizia totalmente esclusi dalla partecipazione ai processi di raccolta dei dati e che in assenza di ogni coinvolgimento del personale sono state 23 destinate inevitabilmente al fallimento . È bene sottolineare che aspetto completamente innovativo del lavoro e dell’organizzazione giudiziaria è lo sportello virtuale, ossia la strutturazione dei servizi delle Corti d’Appello e dei Tribunali, delle cancellerie virtuali, delle segreterie virtuali, l’ufficio virtuale, fascicolo, rubriche 24 e registri virtuali . È pleonastico asserire come la dematerializzazione spazio-temporale delle informazioni relazionali – digitalizzazione – con sostituzione della carta nelle relazioni tra giudici-avvocati-cancellieri-uffici esterni consente di effettuare per via telematica operazioni sino ad oggi fatte di persona. Inoltre la piena e puntuale conoscenza, aggiornata in tempo reale, del ruolo di udienza e la possibilità di “organizzare” e “selezionare” le informazioni, ha dei vantaggi immediati ed innegabili nell’esercizio dell’attività difensiva, oltre a liberare il personale di cancelleria dalla manipolazione delle carte. Inoltre, ogni giudice potrà organizzare il proprio ruolo e l’agenda delle udienze in modo da poter dare decisioni immediate con una significativa riduzione dei rinvii e delle riserve con maggior spazio per i tentativi di conciliazione, con benefici effetti sui tempi della resa decisione. Inoltre una causa programmata e preparata dal giudice, grazie agli strumenti telematici, rende immediatamente accessibile tutti gli atti del fascicolo informatico e trasforma così l’udienza da mero momento di ricerca ed aggiornamento “documentale”, tra giudice ed avvocati in ordine allo stato dell’arte della causa, a vero mo23
Vedi F. SARZANA DI SANT’IPPOLITO, Brevi considerazioni in margine al cd. processo civile telematico, in Corr. giur., 2001, 1242 ss.; S. FADDA, L’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’internet, a cura di G. Cassano, Milano, 2001, 1507 ss.; F. BUFFA, Al via il nuovo processo civile telematico: le nuove opportunità per gli avvocati, in Dir. internet, 2005, 9 ss. 24 Ancora S. ZAN, Fascicoli e Tribunali. Il processo civile in una prospettiva organizzativa, cit.
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mento di discussione nel merito della stessa con un recupero assoluto della dimensione orale del processo e delle rispettive funzioni costituzionalmente tutelate 25 della difesa e dall’esercizio della giurisdizione . L’applicazione delle nuove tecnologie, che di per sé riduce solo alcuni dei tempi e delle attività del processo, di converso libera anche le intelligenze di tutti coloro, cancellieri in primis, che oggi sono costretti a dedicare una parte cospicua del loro tempo alla semplice “manipolazione” e gestione del fascicolo che non dà alcun valore aggiunto alla sostanza 26 del processo . Considerando che in una qualsiasi struttura di servizio il capitale umano è da considerarsi risorsa principale, liberare intelligenze significa arricchire notevolmente le dotazioni di base del sistema a parità di costi. Ciò è particolarmente vero in un sistema organizzativo, come quello dei tribunali e delle Corti d’appello, dove rilevanti quote di personale laureato è dedicato ad attività di tipo segretariale. Si dovrà giungere, poi, ad una progressiva sostituzione degli sportelli fisici e delle tradizionali modalità di accesso all’ufficio ed ai fascicoli, sostituendo l’accesso fisico con l’accesso telematico ai “portali” delle sedi giudiziarie, “portali web” che dovranno consentire non solo lo scambio documentale, ma anche informativo e di servizio recuperando così risorse umane oggi non qualificate, e non funzionali al servizio giustizia. L’utilizzo delle tecnologie informatiche consentirà inoltre di produrre in tempo reale e attraverso modalità just in time, molteplici operazioni “semplici” che oggi richiedono più passaggi operativi, il coinvolgimento di più operatori e conseguenti lunghi tempi di erogazione dei servizi. Tra questi si possono citare, a titolo di esempio, le domande di visura, le comunicazioni tramite biglietti di cancelleria, il deposito degli atti e la comunicazione di avvenuto deposito. L’esistenza di dati come sentenze e provvedimenti dei giudici, la conoscenza in tempo reale degli orientamenti dei singoli uffici giudiziari, faciliteranno una progressiva acquisizione di uniformità negli orientamenti giurisprudenziali ed una più puntuale e sistematica conoscenza dei precedenti senza per questo imporre vincoli di tipo gerarchico, realizzando progressivamente un processo di apprendimento organizzativo, una sorta di nomofilachia indotta, che tenderà ad uniformare i pronunciamenti della giustizia, tranquillizzando in questo modo l’utente finale sempre disorientato dall’eccessiva disomogeneità di trattamento del risultato giudiziale. 25
Vedi al riguardo A. VILLECCO, Due facce di una stessa medaglia: il processo tradizionale, il nuovo processo tecnologico, in Ciberspazio e diritto, 2003, 207 ss. Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, E-law, le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, cit., 121 ss.; P. MORO, L’informatica forense. Verità e metodo, Cinisello Balsamo (Mi), 2006, 96 ss.; G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, spec. 92 ss. 26
Vedi G. BUONOMO, La firma digitale e il processo telematico, Milano, 2004, 121 ss.; C. MAIOC. RABBITTO, Il processo telematico: dalle proposte europee al nuovo regolamento tecnico italiano, in Ciberspazio e diritto, 2005, 27 ss.; F. BUFFA, Al via il nuovo processo civile telematico: le nuove opportunità per gli avvocati, cit., 17 ss. LI,
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L’architettura tecnologica, i diversi applicativi, l’accesso alle banche dati, l’informatizzazione dei registri, la disponibilità di statistiche della gestione e le implicazioni organizzative connesse al cambiamento tecnologico, consentiranno di riconfigurare il sistema della giustizia in un’ottica di graduale ma incisivo, miglioramento delle prestazioni che incideranno sull’andamento dei processi e per i quali occorrerà gestire le conoscenze, i Tribunali, le cause. Intendiamo, per “gestione della conoscenza”, la possibilità offerta dalle tecnologie informatiche di governare in modo nuovo, dopo numerosi secoli di continuità, l’intero sistema di conoscenze, informazioni e linguaggi che caratterizzano il processo inteso come percorso strutturato per la risoluzione dei conflitti e per l’affermazione della giustizia e come sistema sofisticato di relazione tra una pluralità di attori. In particolare il processo telematico consentirà l’accesso a una pluralità di banche dati. La facile conoscenza degli orientamenti del singolo giudice e/o della sezione, la rapidità di scambio dei documenti tra le parti, l’uso consapevole dell’elaborazione testi, renderanno più fruibili tutte quelle conoscenze essenziali per 27 la costruzione del contraddittorio . Fasi che sino ad oggi si sono caratterizzate per la loro estrema lentezza, data la difficoltà di reperimento delle fonti, perché polverizzate in libri, riviste, documenti, fascicoli, di difficile e lento accesso. Per “gestione dei Tribunali” e delle “Corti” intendiamo quindi un percorso a più dimensioni che partendo da una diversa configurazione organizzativa dei tribunali e dei ruoli dei giudici, e del personale di cancelleria, passando attraverso l’acquisizione della nuova cultura dei servizi, dei dati quantitativi, del risultato, utilizzi in maniera appropriata le tecnologie già oggi disponibili, individuando figure professionali dedicate a queste funzioni, predisponendo tutte le pre-condizioni organizzative che metteranno il singolo giudice nell’oggettiva condizione di dedicare il proprio tempo ed intelligenza allo jus dicere. In particolare, l’allineamento delle cancellerie alle sezioni, la costituzione dell’ufficio del processo, l’avvio di metodologie per lo smaltimento delle pendenze, l’utilizzo delle statistiche della gestione per l’organizzazione dei lavori e la programmazione degli stessi, consentirà di individuare unità organizzative responsabili del risultato che con l’attuale configurazione organizzativa e strumentazioni è ben difficile identificare. Il management del tribunale, più che un’invocazione ideologica, diventa quindi una realtà possibile. Per “gestione delle cause” intendiamo il nucleo tecnologico dell’organizzazione giudiziaria, la capacità del singolo giudice, supportato tanto dall’organizzazione che dalle tecnologie, di governare le singole cause e il suo ruolo in un’ottica più attenta alla sostanza del processo, ai risultati, ai tempi, ai costi. In particolare la facilità nel28 la navigazione nel fascicolo elettronico-telematico , la possibilità di accesso alle
27
Vedi R. BORRUSO, Prefazione, in A. CONTALDO, M. GORGA, E-law, cit., 5 ss. Vedi F. ROLLERI, Prefazione, in F. BUFFA, Il processo civile telematico, La giustizia informatizzata, Milano, 2002, 5 ss.; G. BUONOMO, La firma digitale e il processo telematico, cit., 84 ss. 28
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banche dati, la disponibilità di strumenti operativi (la consolle del magistrato) per la redazione dei provvedimenti, il supporto del personale liberato dalle incombenze burocratiche, la disponibilità in tempo reale di dati certi sull’andamento del suo ruolo, consentiranno al singolo giudice di ottimizzare l’utilizzo del suo tempo, di governare la propria agenda e di organizzare le udienze in ragione delle diverse tipologie di cause. Gestione delle conoscenze, gestione dei Tribunali e delle Corti, gestione delle cause sono fra loro strettamente interconnesse e rappresentano la sostanza del cambiamento organizzativo indotto dal cambiamento tecnologico nella consapevolezza che qualunque ulteriore cambiamento del quadro normativo di per sé non sarebbe sufficiente a raggiungere i risultati attesi in termini di maggiore efficienza, efficacia ed equità della giustizia. Da tutto quanto già detto deriva che il “processo telematico”, quale realizzazione d’insieme di applicazioni informatiche e infrastrutture tecnologiche atte a rendere accessibile via web il sistema informatico civile, non solo per la consultazione dello stato delle cause, ma soprattutto per il deposito di atti, la consultazione del fascicolo elettronico e la trasmissione per via telematica di comunicazioni, notifiche e copie di atti dagli uffici giudiziari, diventa l’ultima spiaggia cui approdare per evitare la morte del diritto. 1.3.1. Le strategie d’impiego degli strumenti informatici nel settore giustizia da parte dell’Unione europea e nei singoli paesi dell’Unione
Le strategie d’impiego degli strumenti informatici e di Internet nell’ambito della giustizia sino ad ora le possiamo ricondurre a due modelli principali di utilizzo. Un primo modello come semplice linea d’accesso alla maggiore quantità possibile di informazioni sulla giustizia, alle leggi e regolamenti, alle informazioni sulle procedure, alle possibilità di opposizione date dai singoli ordinamenti, alle banche dati sulle sentenze, nonché come mezzo di invio dei documenti legali necessari all’avvio ed allo svolgimento di un procedimento. Un secondo, come luogo virtuale dove avviare e sviluppare un procedimento, come è avvenuto per le ADR trasformatesi nel sistema americano oramai in ODR ossia in “on-line dispute resolutions”. L’Unione europea, grazie alle politiche messe in atto in esecuzione dei Trattati di Maastricht del 1992 e di Amsterdam del 1999, ha promosso e promuove la cooperazione in materia di sviluppo delle tecnologie informatiche in materia di amministrazione della giustizia. Basti pensare ai numerosi finanziamenti messi in atto, e tra questi vanno menzionati sicuramente quelli rivolti alla costituzione di banche dati valide, ben strutturate e di facile accesso per il cittadino, basti citare il progetto RIS austriaco, il progetto italiano Norme in rete, il sito Web francese Legifrance, quello inglese di Law Commission. Per quanto riguarda il trattato di Amsterdam, l’art. 255 prevede il diritto, da parte di tutti i cittadini europei, di accesso a tutti i documenti degli organi dell’Unione secondo principi generali contenuti nel regolamento n. 1049/2001. È sulla
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base di detta normativa che è stato così sviluppato il motore di ricerca Eurlex, gratuito dal 2004, che consente il libero accesso a leggi, regolamenti e norme europee, alle Gazzette Ufficiali dell’Unione europea, grazie anche al collegamento alla banca dati Celex, esistente quest’ultima sin dal 1980. Nel 2008 la Commissione europea ha annunciato il varo di un programma – che dovrà essere reso compatibile a tutti i livelli nazionali – di miglioramento dell’efficienza degli apparati di giustizia nazionali ed europeo, elemento centrale di una strategia per la realiz29 zazione di e-justice che non dovrebbe richiedere nuove iniziative legislative di modifica dei fondamenti giuridici esistenti, ma una efficace ed efficiente valorizzazione ed implementazione di quanto già esistente. Molte azioni quali il completamento della disponibilità degli ordinamenti on-line, il rendere disponibili crimini e condanne, in particolare per le cause più significative ed il rafforzamento della cooperazione per favorire lo scambio d’informazioni, con gli esistenti database ed il ricorso alle videoconferenze sono, infatti, già tutte immediatamente attuabili. Con la Raccomandazione 2008/2125 del Parlamento europeo alla Commissione si sono avviati, poi, i lavori per lo sviluppo ed il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nel settore della giustizia, segna30 tamente mediante la creazione di un portale europeo . 31 La creazione di un portale elettronico che applichi le TIC consente un migliore accesso alla giustizia, razionalizzando, semplificando e riducendo i costi. Lo sviluppo di un tale processo va però messo in atto, come rilevato dalla Commissione europea per l’efficienza della giustizia, sotto un controllo istituzionale a livello strategico. Tale sviluppo comporterà, nel lungo periodo, cambiamenti fondamentali del diritto processuale, la messa in rete dei registri commerciali, catastali, risultato al quale si potrà arrivare, attraverso l’interoperabilità delle reti, successivamente con la realizzazione del processo telematico, ossia la gestione di tutte le informazioni, dall’atto di citazione alla sentenza, in forma digitalizzata, fino alla fase successiva di soluzione delle controversie più semplici via Internet come nel caso dell’ODR. Quest’ultima è strumento molto usato, specialmente nelle transazioni commerciali. Con le ODR si procede per tappe, nel senso che si passa dalla fase iniziale della “transazione automatica”, fino alla “transizione assistita”, a mezzo provider che mette a disposizione delle parti un software che permette il dialogo, per giungere alla “conciliazione” per mezzo di un mediatore che formula 29
E. FALLETTI, E-Justice. Esperienze di diritto comparato, Milano, 2008, 72 ss.; v. anche A. CONM. GORGA, L’arringa elettronica. Il foro virtuale come strumento di trasparenza e doverosa pubblicità nell’attività amministrativa di supporto all’esercizio del potere giurisdizionale, in Dir. econ. mezzi com., 2010, n. 1, 20 ss. 30 Obiettivo prioritario e fondamentale se si pensa che è stato stimato che nel solo ambito UE circa 10 milioni di cittadini europei sono coinvolti in cause transfrontaliere. 31 Va segnalato che solo il 50% dei cittadini europei dispone di accesso ad Internet, di conseguenza nel processo di applicazione delle TIC si avrà un lungo periodo in cui tali sistemi avranno carattere supplementare e facoltativo in luogo dei sistemi convenzionali. TALDO,
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pareri e raccomandazioni. Si pongono però, nella fattispecie, non marginali problematiche in ordine alle esigenze di controllo pubblico e di trasparenza e ugua32 glianza dinanzi alla legge . Aspetto, poi, che la Commissione dovrà curare è che tutta la futura legislazione sia pensata e concepita per poter essere utilizzata in applicazioni on-line; ogni modulo dovrà essere disponibile in rete in versione digitale ed in tutte le lingue ufficiali dell’UE e andrà assicurata l’assistenza on-line, con ricorso alla videoconferenza attraverso stanziamenti specifici prevedendo la disponibilità di traduttori e interpreti, anche automatici on line. Ciò comporta un ripensamento globale della legislazione esistente in materia civile in modo da renderla compatibile con la giustizia elettronica, semplificando quanto più possibile per renderla accessibile alle cause 33 transfrontaliere in particolare, concentrando l’azione sul diritto preventivo evi32
Fonte: www.coe.int. Il progetto ECRIS, annunciato nel maggio 2008, è divenuto esecutivo con la decisione 2009/316/GAI del Consiglio europeo di “Istituzione del sistema d’informazione sui casellari giudiziari in applicazione dell’art. 11 della decisione quadro 2009/315/GAI”. Con tale progetto l’Unione europea si prefigge di fornire un sempre più elevato livello di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Con tale progetto l’Unione europea ha finalmente iniziato il processo d’aggiornamento del meccanismo d’assistenza giudiziaria, risalente all’aprile del 1959, che non consentiva un’efficace circolazione delle informazioni sulle condanne pronunciate dai singoli Stati membri. L’interconnessione telematica dei casellari fa parte del progetto «Giustizia elettronica», obiettivo che, dal 2007, è stato dichiarato prioritario per il Consiglio europeo. Il progetto si propone di costruire e sviluppare un sistema informatizzato fra gli Stati membri sulle condanne che risulti facilmente comprensibile, basato su standard omogenei e le misure andranno adottate entro aprile 2012. Considerati i limiti posti dalla non ancora attuata interoperabilità dei sistemi e dalle ingenti risorse finanziarie ed umane necessarie per l’attuazione, che sarà possibile solo attraverso profonde modifiche dei sistemi e ordinamenti interni, si è pertanto scelto di realizzare un sistema informatico decentrato, che non concede l’accesso diretto in linea ai casellari. Ma, pur costituendo un passo in avanti solo parziale all’attuazione dell’interoperabilità dei sistemi dei casellari giudiziari, rappresenta un evento di sicuro rilievo, avviando una progressiva omogeneizzazione. Gli obiettivi saranno coordinati dall’Unione europea che sosterrà i singoli Stati membri in base al principio di sussidiarietà, limitandosi all’attuazione delle sole misure strettamente necessarie in base al principio di proporzionalità. La conservazione dei dati avverrà unicamente nei database degli Stati membri d’origine. Particolare attenzione è stata posta alla denominazione e codifica dei reati, al livello di partecipazione, alle misure inflitte. Lo sviluppo e l’evoluzione del progetto saranno assicurati dalle periodiche consultazioni fra rappresentanti degli Stati membri e Commissione per definire, adeguare ed ottimizzare le procedure di registrazione, la realizzazione di statistiche non personali, l’adeguamento dei sistemi di sicurezza, le procedure di verifica. L’allegato finale della decisione elenca i parametri da codificare che riguardano: livello di realizzazione del reato, grado di partecipazione, esonero di responsabilità penale, eventuale recidiva, tipo di crimine fra cui, oltre ai più comuni, genocidio, crimini di guerra, partecipazione ad organizzazioni criminali, terrorismo, reati in materia di stupefacenti, razzismo, xenofobia, reati contro l’immigrazione, reati contro lo Stato, comprendendo quindi, soprattutto quelli maggiormente degni di attenzione ai fini del rispetto dei diritti fondamentali e di attuazione del Trattato europeo di creazione di uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia. Sul punto ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole tecniche del nuovo casellario giudiziario telematico, in Dir. internet, 2008, 411 ss. 33 Fonte: www.coe.int. Il progetto STORK è un progetto pilota su grande scala, denominato ap-
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tando così le spese tipiche derivanti dal diritto internazionale privato. Il portale europeo di giustizia elettronico dovrà, quindi, garantire l’accesso alle banche dati giuridiche, garantire la comunicabilità e, mediante links di collegamento agli elenchi d’avvocati, notai, ufficiali revisori, traduttori, consentire operazioni quali la facile e rapida individuazione di un difensore civico, trovare un avvocato di un altro Stato membro che parli nella lingua richiesta. Il tutto garantendo livelli d’accessibilità differenziati, commisurati ai differenti ruoli di giudice, cancelliere, avvocato o terzo. Ma oltre a quelle che sono le politiche dell’UE in materia di «Giusinfonauti34 ca» pare utile qui analizzare per sommi capi alcuni dei modelli nazionali dei paesi membri dell’Unione e ciò al fine di meglio comprendere quanto fatto in Italia – e quanto resta da fare – in ordine sia all’informatizzazione delle Corti e punto S.T.O.R.K. (Secure idenTity acrOss boRders linKed) che mira a realizzare un sistema europeo di riconoscimento transnazionale dell’identità elettronica. Il progetto permetterà ai cittadini dell’UE di dimostrare la loro identità e di utilizzare sistemi nazionali d’identità elettronica (password, carte d’identità, codici PIN e altri) in tutta l’UE, e non solo nel loro paese d’origine. Tale progetto, pensato principalmente per i programmi di E-Government, porterà di riflesso indubbi benefici nell’ambito dei programmi di E-Justice europei. Mira ad avviare numerosi progetti pilota transnazionali basati sui sistemi nazionali esistenti. Grazie alla sua ampiezza ed alla sua natura dinamica, permetterà di superare gli ostacoli tradizionali e favorirà il riconoscimento reciproco delle identità elettroniche d’altri paesi. Al termine del progetto, i cittadini dovrebbero poter eseguire questo tipo d’operazione utilizzando la propria carta d’identità elettronica nazionale. Il progetto avvicina l’Europa agli obiettivi di mobilità senza ostacoli tra i paesi dell’Unione europea in un mercato unico senza frontiere. Rappresenta anche un importante passo in avanti verso scenari futuri, poiché a oggi i vantaggi offerti dai servizi in linea scompaiono quando un cittadino prova ad utilizzare una carta d’identità elettronica emessa in un paese per accedere ai servizi di un altro paese. Tale progetto mira ad avviare numerosi altri progetti pilota transnazionali basati sui sistemi nazionali esistenti. Le soluzioni sviluppate e l’esperienza acquisita dal gruppo del progetto saranno condivise con tutti gli Stati, indipendentemente dal fatto che vi partecipino o no. Il nuovo sistema, che non sostituirà quelli nazionali, permetterà ai cittadini di identificarsi in via elettronica in modo protetto e trattare con le amministrazioni pubbliche, sia da uffici pubblici, sia dal loro computer o da qualsiasi altro dispositivo mobile. Ciò significa, ad esempio, che uno studente potrà iscriversi ad un’università straniera tramite l’identità elettronica assegnatagli nel paese d’origine. Esistono già alcuni servizi transnazionali: un portale Internet belga, ad esempio, permette alle imprese straniere di registrarsi per assumere cittadini svedesi. Al termine del progetto, i cittadini dovrebbero poter eseguire questo tipo d’operazione utilizzando la propria carta d’identità elettronica nazionale. Il programma sarà sviluppato nell’ambito del quadro per la competitività e l’innovazione (CIP) dell’Unione europea. Il programma di sostegno strategico in materia di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), uno dei tre programmi operativi del CIP, promuove l’innovazione e la competitività mediante l’adozione generalizzata delle TIC e il loro migliore utilizzo da parte dei cittadini, delle imprese e dei governi. Il progetto sostanzialmente mira a garantire la prestazione transnazionale di servizi basati sulle TIC già operativi a livello nazionale, regionale e locale. I progetti pilota su grande scala sono imperniati su questi ultimi per definire specifiche comuni che possono venire ulteriormente sviluppate ed essere oggetto di un più ampio consenso, per consentire ai vari sistemi nazionali di comunicare ed interagire tra loro. 34 Giusinfonautica qui intesa come l’applicazione operativa dell’informatica e della telematica per la navigazione nel fascicolo sia esso civile, penale, amministrativo, tributario o contabile come momento di realizzazione del contraddittorio processuale.
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dei Tribunali che del diritto processuale sia esso civile, penale, amministrativo, tributario o contabile. Muoviamo perciò dall’analisi di alcuni dei modelli na35 zionali maggiormente sviluppati in Europa. La Germania, ad esempio , è uno dei paesi che ha compiuto i maggiori sforzi nel settore dell’informatizzazione, sia a livello verticale, ossia fra organi centrali dello Stato, che orizzontale, vale a dire, tra gli organi federali dei Länder. L’esperienza tedesca, una delle prime in Europa, è iniziata nel 1966 con la creazione della Commissione Federale Statale per l’informatizzazione e razionalizzazione della giustizia (BLK) e dei primi progetti d’informatizzazione dei Länder fra gli anni ’60 e ’70, coi progetti di informatizzazione del catasto, e per la riscossione dei crediti. Di rilievo, nel settore della giustizia, l’istituzione del gruppo di lavoro sul traffico giuridico elettronico, col compito di realizzare un sempre più stretto rapporto fra Rete e Giustizia. Il Ministero di giustizia federale da anni, poi, dispone di collegamenti con tutte le Corti specializzate, Tribunali federali, Tribunale costituzionale. Il portale della giustizia offre un’elevata interazione con altri settori della pubblica amministrazione e notevoli sono i progressi nell’ambito del processo civile, con la procedura di identificazione del mittente dell’atto giuridico e la possibilità d’invio di atti giudiziari in forma elettronica anche da parte di chi non è titolare di firma elettronica. In tale ambito la scelta del legislatore è stata quella di un’interpretazione flessibile delle norme processuali, rendendole quanto più possibile adattabile allo sviluppo tecnologico, con il raggiungimento dei più elevati standard di sicurezza ottenibili in ragione dello sviluppo tecnologico. Altri elementi di rilievo sono l’introduzione della videoconferenza nelle udienze del processo civile e la gestione dell’archivio documentale dal computer di ogni operatore. Per i decreti ingiuntivi, in Italia ancora agli albori, l’automazione raggiunta in Germania è notevole, infatti, è stata accettata l’idea che l’interesse delle parti sia delegata a programmi software utilizzabili via Internet, e lo svolgimento di tale procedimento, in tutte le sue fasi, da quella istruttoria a quella di replica delle parti avvenga on-line. Il valore legale dei documenti è garantito dalle procedure di convalida stabilite dal giudice delle ingiunzioni. La tutela delle parti è garantita ex post, in una fase successiva di fronte all’organo giurisdizionale attraverso il meccanismo dell’opposi36 zione . Notevolmente sviluppato è anche il procedimento fallimentare che è di competenza della Corte ordinaria, con trasparenza d’informazioni sui dati inerenti il patrimonio del debitore, che possono essere pubblicati per esigenze procedi37 mentali, anche se a scapito del diritto alla riservatezza . I Tribunali elettronici e la 35
E. FALLETTI, E-Justice. Esperienze di diritto comparato, cit., 84 ss. I risultati ottenuti in Germania sono eloquenti: alla fine del 2006 il 96% delle richieste d’ingiunzione di pagamento avveniva tramite Internet, con evidenti benefici in termini economici e d’efficienza del servizio d’amministrazione giudiziaria. 37 Sono così resi pubblici dati quali nome, cognome, residenza, estremi della procedura fallimentare. La privacy soccombe in favore delle esigenze di trasparenza nei rapporti con i creditori, ma tale squilibrio viene in qualche misura temperato dalla garanzia del continuo e tempestivo ag36
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casella di posta elettronica amministrativa certificata rappresentano un importante progetto di riforma, avviato inizialmente in via sperimentale nel Land di Brema e che, nello specifico, consente di interagire elettronicamente con tutti gli organi di 38 giustizia presenti e competenti nel Land . In Gran Bretagna l’innovazione tecnologica del sistema giudiziario ha seguito uno sviluppo a fasi riassumibili nell’automazione interna al sistema giudiziario, una seconda consistente nell’ottimizzazione del sistema ed il suo sviluppo per renderlo fruibile agli utenti finali. Importante è stato in merito lo sviluppo dell’On-line dispute resolutions che ha permesso di sottrarre un imponente numero di cause seriali alle Corti e Tribunali. Il primo modello inglese di realizzazione di 39 una Corte virtuale è il Money Claim Online (MCOL) nel quale le spese del procedimento sono anticipate dall’attore per mezzo di carta di credito. La prima fase della causa avviene esclusivamente on-line ed il convenuto, una volta ricevuta la notifica della Claim, può opporsi entro 14 giorni, sia telematicamente che in modo convenzionale. Il sistema calcola poi automaticamente l’importo della Claim comprensiva delle spese legali. La controversia è chiusa quando la controparte versa la somma stabilita ed il sistema, a questo punto, segnala l’avvenuto pagamento, mettendo a disposizione delle parti gli estremi della sentenza. Sull’esperienza positiva del MCOL il metodo è stato applicato anche alle cause inerenti il recupero del possesso di una proprietà fondiaria e per i pagamenti dei canoni di locazione. Questo sistema è stato denominato Possession Claim Online (PCOL), decide il giudice competente per territorio. Il pagamento delle spese ed i risarcimenti possono essere saldati a mezzo carta di credito ed automaticamente è generata l’agenda delle udienze. La causa viene iniziata on-line per procedere, poi, in aula davanti al giudice a differenza del MCOL che, a meno di opposizione della controparte, può invece svolgersi interamente on-line. Quindi, in tutti i sistemi di E-justice l’elemento denominatore comune è la Rete; l’evoluzione telematica ha infatti ricevuto spinte innovatrici dal basso. Si sono prima connessi gli uffici tra di loro, successivamente questi si sono connessi alla Rete, infine ci si è preoccupati di dotarli delle difese tecniche e legali necessarie.
giornamento delle informazioni, evitando al fallito una prolungata ed ingiustificata esposizione, comunque limitata ai tempi di svolgimento del procedimento. 38 Dopo la prima fase sperimentale si è esteso a tutti i Land. Per dare piena efficacia a tali innovativi sistemi elettronici la riforma è stata affiancata da modifiche ad hoc delle leggi federali, come la legge sulle comunicazioni giudiziarie e la notifica di atti e documenti processuali in via telematica. 39 Con questo sistema, che ha avuto inizio nel 2002, sono adesso avviate circa 600 cause a settimana. Vantaggi derivanti dal suo utilizzo si possono riassumere in una massimizzazione del recupero dei crediti, in un sostanzioso alleggerimento del sistema giudiziario da un consistente numero di cause seriali di recupero danni, consentendo di impegnare al meglio tempo, uomini e risorse nelle cause più impegnative.
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1.4. La Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (RUPA)
In ordine alla Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione, preliminarmente si impone un excursus, sia pur breve e per sommi capi, sul lungo percorso di riforme che ha condotto alla realizzazione della RUPA, poi confluita nel sistema pubblico di connettività (SPC) che dalla RUPA si differenzia soprattutto per l’architettura del sistema. Stiamo cioè parlando di quel sistema di interconnessione alla quale partecipa, e ne è parte integrante, la Rete Unitaria della Giustizia (RUG), associata al domicilio giustizia e del suo sottoinsieme di risorse che prende il nome di sistema informatico civile (SIGI) del processo civile, di cui tratteremo nei paragrafi successivi di questo capitolo. Tralasciando solo per il momento il d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, venendo allo stato dell’arte della normativa recente, è da dire che a partire dal 2006, la RUPA è stata sostituita dal sistema pubblico di connettività (SPC) la cui disciplina risiede nel d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159, che ha abrogato il precedente d.lgs. 28 febbraio 2005, n. 42 introducendo il codice dell’amministrazione digitale (CAD) e le regole tecniche di sicurezza emanate con d.p.c.m. 1° aprile 2008. Diversamente, come detto, sono, quindi, le norme che sottintendono la costituzione e l’impiego di reti, ma le modalità di utilizzo o le possibilità di interconnessione sono rimesse alla discrezionalità amministrativa delle singole P.A. interessate. Le singole amministrazioni ai sensi dell’art. 2, d.lgs. 12 febbraio 1993 e del d.lgs. n. 39 provvedono di norma con proprio personale alla progettazione, allo sviluppo ed alla gestione dei propri sistemi informativi automatizzati. Solo ove sussistano particolari necessità di natura tecnica le amministrazioni possono conferire affidamenti a terzi qualora la proposta sia stata prevista nel Piano triennale per l’informatizzazione della P.A., messo a punto dall’AIPA ed ora di competenza di DigitPa. Soltanto la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha voluto adoperarsi in proprio costituendo un proprio ufficio per l’informatica, la statistica e la telematica e lo ha fatto con il d.p.c.m. 6 agosto 1998, che all’art. 18 prevede un tale ufficio appositamente per predisporre e gestire il piano triennale, ed i piani annuali, relativi all’informatizzazione della Presidenza sia per curare l’analisi funzionale e la progettazione dei sistemi e dei servizi informatici e di telecomunicazione coordinandone la relativa gestione, sia per analizzare le esigenze relative alla sicurezza e riservatezza dei sistemi e dei servizi informatici e di telecomunicazione, sia infine per curare la formazione specialistica degli addetti ai sistemi e servizi e l’addestramento e formazione di base degli utenti. La Pubblica Amministrazione in Italia, del resto, può già avvalersi di reti proprie sia via ponte radio, sia via cavo, sia via satellite, ma le diffuse inefficienze (preponderanza di impiego di linee dedicate a bassa velocità che sovente si accompagnano ad improprie utilizzazioni degli impianti ed alti costi unitari di noleggio), l’eterogeneità dei centri decisionali, dovuta anche alla gestione diretta degli apparati da parte dell’Amministrazione interessata o spesso alla gestione di terzi (come le
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società concessionarie), nonché la struttura stellare centrata a Roma della maggior parte delle reti, con conseguente incapacità di assorbire traffico trasversale fra gli uffici periferici, caratteristica essenziale per lo sviluppo di servizi applicativi avanzati hanno comportato diffuse inefficienze, alle quali si è cercato di porre rimedio con un’azione più proficua di coordinamento della teleamministrazione. Tale esigenza è stata manifestata in maniera assai puntuale nel c.d. Rapporto 40 per l’e-government del 23 giugno 2000 adottato dal Consiglio dei Ministri , allorquando si ricorda come non siano sufficienti le azioni di informatizzazione dirette a migliorare l’efficienza operativa interna delle singole amministrazioni ma che ci vogliano azioni dirette ad informatizzare «l’erogazione dei servizi ai cittadini e alle imprese che spesso implicano una integrazione tra i servizi di diverse amministrazioni» ed «a consentire l’accesso telematico degli utilizzatori finali ai servizi della pubblica amministrazione e alle sue informazioni». Per realizzare il programma integrato di informatizzazione dell’amministrazione il Governo ha costituito una cooperazione informatica paritetica i cui attori sono soprattutto le amministrazioni locali, le quali avrebbero dovuto assumere nel modello decentrato e federale dello Stato sempre più il ruolo operativo di front-office del servizio pubblico. Pertanto per la formulazione di un piano d’azione italiano per l’e-government sarebbe stato necessario sia che tutte le amministrazioni e gli enti fossero dotati di un sistema informativo progettato non solo per l’automazione delle funzioni e delle procedure interne della amministrazione e per l’erogazione di servizi ai propri utenti, ma anche per l’erogazione di servizi direttamente ai sistemi informatici delle altre amministrazioni, sia che i sistemi informativi di tutte le amministrazioni fossero connessi tramite una rete senza gerarchie o sovrastrutture istituzionali. Tutte le amministrazioni se svolgono un ruolo di back office avrebbero dovuto rendere accessibili senza oneri i propri servizi sulla rete, mentre nel caso di front office avrebbero dovuto realizzare un’integrazione dei servizi delle amministrazioni. Ciò avrebbe dovuto portare alla costituzione di un’unità permanente per la strategia di e-government presso la Presidenza del Consiglio, per curare sia l’elaborazione, l’aggiornamento e l’evoluzione del piano d’azione, sia la comunicazione interna e esterna della strategia, sia l’identificazione delle soluzioni e dei servizi infrastrutturali così da realizzare la connettività globale delle amministrazioni e la interoperabilità dei sistemi informatici, delle amministrazioni, sia locali che centrali. L’unità avrebbe avuto anche il compito di identificare le modalità di realizzazione delle infrastrutture tecnologiche abilitanti necessarie per realizzare il piano d’azione. A questo fine avrebbe dovuto essere realizzata prioritariamente, a partire dalle reti esistenti, una rete telematica a copertura nazionale in grado di inter40 Per ulteriori approfondimenti sulle problematiche ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, Dalla teleammnistrazione all’E-government: una complessa transizione in fieri, in Foro amm., 2002, 921 ss., nonché ai saggi contenuti in AA.VV., E-government, a cura di G. VESPERINI, Milano, 2006. Da ultimo, ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, L’obiettivo dell’e-justice nel sistema di egovernment dell’Unione europea, in Dir. econ. mezzi com., 2011, 111 ss.
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connettere tutte le amministrazioni e gli enti locali e centrali che si ispiri al modello delineato così da consentire in condizioni di sicurezza lo scambio di servizi applicativi paritetici tra tutte le amministrazioni. La realizzazione di un tale Programma di lavoro avrebbe comportato l’attivazione di progetti informatici con la partecipazione di numerose amministrazioni centrali e locali. Sarebbe apparso così necessario costituire un organismo esecutivo autonomo con capacità professionali di gestione progettuale che operi sotto il controllo della Presidenza del Consiglio. Questo organismo avrebbe svolto il coordinamento e la direzione lavori di tutti i progetti per le amministrazioni centrali e locali e sarebbe stato responsabile del raggiungimento degli obiettivi del piano.
1.5. Il cordinamento della RUPA
Una politica amministrativa di raccordo per l’informatizzazione nella pubblica amministrazione sembrava potesse avverarsi con la previsione di un Ministro senza portafoglio presso la Presidenza del Consiglio con una delega per l’innovazio41 ne e la tecnologia . Al Ministro venivano assegnate altresì le funzioni connesse all’innovazione per le amministrazioni pubbliche, i cittadini e le imprese, con particolare riferimento alle strutture, tecnologie e servizi di rete, allo sviluppo dell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, della diffusione della cultura informatica e digitale, anche attraverso i raccordi con gli organismi internazionali e comunitari che agiscono nel settore, giungendo ad una puntuale indicazione di tutte le 42 competenze . 41
Con il d.p.c.m. 9 agosto 2001 recante “Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di innovazione e tecnologie al Ministro senza portafoglio dott. Lucio Stanca”, viene data particolare organizzazione nell’ambito della Presidenza del Consiglio ai sensi dell’art. 4, d.lgs. 30 luglio 1999, n. 303, recante l’ordinamento della stessa Presidenza, a norma dell’art. 11, legge 15 marzo 1997, n. 59 all’esercizio delle funzioni spettanti al Presidente del Consiglio dei Ministri nelle materie dell’innovazione tecnologica, dello sviluppo della Società dell’informazione, per la cui realizzazione era stata già previsto un Comitato di Ministri alla cui presidenza viene delegato lo stesso Ministro. 42 L’art. 2 del decreto prevede puntualmente le funzioni esercitabili: a) per quanto concerne le amministrazioni ed enti pubblici, le funzioni di indirizzo, coordinamento ed impulso nella definizione ed attuazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione, nonché le funzioni di valutazione delle proposte formulate al riguardo dalle amministrazioni e di controllo sull’attuazione e sull’impiego delle relative risorse, con riferimento alle innovazioni connesse all’uso delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, al fine di ulteriormente assicurare l’efficienza, l’efficacia, l’economicità e la produttività delle amministrazioni, la trasparenza dell’azione amministrativa e la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese, anche avvalendosi degli strumenti e delle risorse finanziarie definiti allo scopo da provvedimenti normativi; b) per quanto concerne i settori diversi da quelli delle pubbliche amministrazioni, le funzioni di impulso e promozione, nonché quella di definizione di
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Il Ministro doveva operare in costante raccordo con il Ministro per la funzione pubblica (e peraltro il Ministro per la Pubblica amministrazione è anche Ministro per l’innovazione tecnologica), al fine di assicurare il coordinamento tra gli interventi oggetto della delega che riguardano le pubbliche amministrazioni e quelli delegati allo stesso Ministro. In relazione a questi ultimi, venivano adottati di concerto i provvedimenti relativi alla formazione, all’aggiornamento professionale e alla valorizzazione del personale nelle pubbliche amministrazioni, nonché alla programmazione e gestione delle relative risorse finanziarie, con riferimento ai progetti che riguardano la diffusione di tecnologie dell’informazione e comunicazione; i conseguenti provvedimenti di gestione delle risorse finanziarie venivano adottati dal Ministro per la funzione pubblica, sentito il Ministro per l’innovazione e le tecnologie. Con il d.p.c.m. 27 settembre 2001 veniva istituito il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, come struttura di supporto al Ministro per l’innovazione e le tecnologie ai fini del coordinamento nelle politiche di promozione dello sviluppo della società dell’informazione, nonché delle connesse innovazioni per le amministra43 zioni pubbliche, i cittadini e le imprese . Il Ministro si sarebbe dovuto avvalere indirizzi strategici del Governo, per l’impiego delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, nei diversi settori economici, sociali e culturali del Paese, con particolare riferimento alle nuove forme di commercializzazione elettronica e all’innovazione tecnologica per le piccole e medie imprese; tali attività sono svolte in raccordo con i vari Ministeri interessati alle singole iniziative; c) tutte le attività necessarie per assicurare, con le Amministrazioni interessate, lo sviluppo e la diffusione delle competenze necessarie per un adeguato uso delle nuove tecnologie nei mondi della scuola, dell’università e della ricerca, della pubblica amministrazione, centrale e locale, dell’impresa, del lavoro, dell’attività sociale e dei cittadini; d) per quanto concerne l’AIPA (ora DigitPa), tutte le funzioni e i poteri spettanti al Presidente del Consiglio dei Ministri a norma del d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39; e) la costituzione di commissioni di studi e consulenza e gruppi di lavoro nelle materie oggetto della presente delega; f) la designazione di rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in organi, commissioni, comitati, gruppi di lavoro ed altri organismi di studi e consultivi, operanti nelle materie oggetto della presente delega presso altre amministrazioni ed istituzioni nazionali ed internazionali. Vedi al riguardo D. MARONGIU, Il governo dell’informatica pubblica, Napoli, 2007, 62 ss. 43 In particolare il Dipartimento cura il supporto per: a) la definizione di una strategia unitaria per la modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che si traduca in piani di azione e progetti coordinati; b) l’elaborazione, il monitoraggio e la verifica dell’attuazione dei piani d’azione volti, attraverso il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, a migliorare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità delle pubbliche amministrazioni, a riorientare i servizi resi ai cittadini e alle imprese utenti, a sperimentare l’uso avanzato delle nuove tecnologie; l’elaborazione, la promozione, l’aggiornamento, il monitoraggio e la verifica del piano d’azione “governo elettronico”; c) l’impulso, l’indirizzo e il coordinamento dei progetti innovativi che, attraverso l’interoperabilità dei sistemi informativi, riguardano le attività di più amministrazioni; d) l’assistenza alle singole amministrazioni per la progettazione e la realizzazione di progetti di informatizzazione dell’attività e di fornitura di servizi di rete agli utenti; e) l’utilizzo e l’accelerazione della diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei settori della vita economica e sociale del Paese, nonché il coordinamento della ricerca applicata nelle medesime tecnologie; f) le attività dell’attuazione delle relative decisioni; g) le attività di concertazione del Governo con le parti sociali, per gli aspetti di competenza; h) salve le competenze attribuite al Dipar-
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del Centro tecnico di cui all’art. 24 della legge 24 novembre 2000, n. 340, adottando le opportune direttive ai fini del coordinamento dell’attività del Centro tecnico e dell’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione con quella del Dipartimento, anche attraverso appositi uffici e relative risorse umane e strumentali. Tuttavia l’art. 29 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 prevedeva una sorta di soppressione della stessa AIPA e del Centro tecnico. Tale norma non trovava attuazione per una difficoltà interpretativa, la qual cosa ha portato il Legislatore con l’art. 27, comma 10, legge 16 gennaio 2003, n. 3 a prevedere un’attribuzione della potestà regolamentare al Governo «su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale» per la soppressione dell’AIPA e del Centro tecnico ed alla costituzione del CNIPA, le cui funzioni sono state successivamente trasferite con d.lgs. n. 177/2009 all’ente pubblico DigitPa. L’art. 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 prevedeva che il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, nell’attività di coordinamento e di valutazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione formulati dalle amministrazioni per lo sviluppo dei sistemi informativi, sostenesse progetti di grande contenuto innovativo, di rilevanza strategica, di preminente interesse nazionale, con particolare attenzione per i progetti di carattere intersettoriale, con finanziamenti aggiuntivi a carico e nei limiti del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, ed altresì promuovesse e finanziasse progetti del Dipartimento per l’Innovazione e le tecnologie con le medesime caratteristiche. Il Ministro, sentito il Comitato dei Ministri per la Società dell’informazione, individuava i progetti con l’indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione di ciascuno di essi da imputare al predetto Fondo, iscritto in una apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle 44 finanze . Entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge n. 3/2003 sarebbe stata attribuita la competenza al Governo di emanare uno o più regolamenti, ai sensi dell’art. 117, comma 6, Cost. e dell’art. 17, comma 2, legge 23 timento per il coordinamento delle politiche comunitarie, l’attuazione delle decisioni degli organismi comunitari ed internazionali e l’elaborazione delle proposte governative nelle sedi comunitarie ed internazionali. 44 Per il finanziamento del Fondo è stata autorizzata la spesa di 25.823.000 euro per l’anno 2002, 51.646.000 euro per l’anno 2003 e 77.469.000 euro per l’anno 2004. Al relativo onere si provvedeva mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Inoltre le risorse destinate al finanziamento dei progetti innovativi nel settore informatico, sono confluite nel Fondo e a tal fine sono state mantenute in bilancio per essere versate in entrata e riassegnate al Fondo medesimo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è stato autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Ancora P. MARONGIU, op. et loc. supra cit.
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agosto 1988, n. 400, per introdurre nella disciplina vigente le norme necessarie ai fini del conseguimento dei seguenti obiettivi: a) diffusione dei servizi erogati in via telematica ai cittadini ed alle imprese, anche con l’intervento dei privati, nel rispetto dei princìpi di cui all’art. 97 Cost. e dei provvedimenti già adottati; b) diffusione ed uso della carta nazionale dei servizi; c) diffusione dell’uso delle firme elettroniche; d) ricorso a procedure telematiche da parte della pubblica amministrazione per l’approvvigionamento di beni e servizi, potenziando i servizi forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso la CONSIP S.p.a. (concessionaria servizi informativi pubblici); e) estensione dell’uso della posta elettronica nell’ambito delle pubbliche amministrazioni e dei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati; f) generalizzazione del ricorso a procedure telematiche nella contabilità e nella tesoreria; g) alfabetizzazione informatica dei pubblici dipendenti; h) impiego della telematica nelle attività di formazione dei dipendenti pubblici; i) diritto di accesso e di reclamo esperibile in via telematica da parte dell’interessato nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
1.5.1. Il progetto della RUPA
Il Piano per l’informatica della Pubblica Amministrazione relativo al triennio 1995-1997 prevedeva la costituzione e la realizzazione di una Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione per collegare telematicamente le singole amministrazioni così da consentire nel futuro al sistema informativo di ciascuna amministrazione l’accesso ai dati ed alle procedure nei sistemi informativi delle altre pubbliche amministrazioni. Pertanto era stata progettata una sorta di interconnessione telematica di tutte le reti esistenti, che comunque avrebbe funzionato sotto le diverse competenze. «La Rete Unitaria – che si manifesta come un sistema integrato delle singole reti, e dunque come “Rete delle reti” – condurrà all’utilizzazione ottimale delle risorse telematiche ed a significative economie nei 45 costi di impianto e di esercizio» . Si presentava pertanto, fin dalla sua ideazione il Piano triennale come un progetto intersettoriale prioritario per il persegui46 mento di obiettivi di efficienza , miglioramento dei servizi, potenziamento dei 47 supporti conoscitivi e contenimento dei costi dell’azione amministrativa . Uno 45 Vedi in tal senso le analisi di E. ZAFFARONI, La Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione, le banche dati e la democrazia informatica, in Nuov. gov. loc., 1997, 45 ss. 46 Vedi al riguardo M. IASELLI, La Rete Unitaria della P.A., in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’internet, a cura di G. CASSANO, Milano, 2002, 1276 ss. 47 Sul collegamento fra diritto di accesso ed art. 97 Cost. vedi F. SCARCIGLIA, L’accesso ai documenti amministrativi, in Nuova rass., 1991, 272 secondo il quale “la giurisprudenza amministrativa ... ha individuato il fondamento costituzionale del diritto di accesso nell’art. 97, comma 1, e nell’art. 98, comma 1, Cost., in cui si prevede che gli impiegati pubblici sono al servizio esclusivo della nazione e di conseguenza dei cittadini. Il legame tra principio di buon andamento e trasparenza
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degli obiettivi del progetto si risolveva nell’aggiornamento dei sistemi informatici e nella diffusione di reti locali e di posti di lavoro automatizzati, in modo da assicurare il collegamento alla Rete unitaria e quindi la condivisione delle informazioni esistenti, rendendo allo stesso tempo disponibili i servizi ed in secondo luogo assicurando posti di lavoro tecnologicamente più avanzati. Ogni amministrazione doveva poi essere messa in condizione di poter garantire il nuovo traffico informativo, proseguendo nell’opera di adeguamento tecnologico già avviata in passato. Perché potesse essere realizzata una cooperazione tra i diversi sistemi applicativi, era previsto che presso ciascuna P.A., o dominio ad essa associato, fossero realizzate componenti chiamate “porte applicative” e “porte delegate” funzionali alla necessità di: a) rendere accessibili i propri servizi applicativi verso altri domini; b) superare le eterogeneità dei sistemi informatici esistenti; c) consentire l’accesso ai servizi messi a disposizione da altri domini; d) gestire tutti gli aspetti connessi alla cooperazione fra sistemi informatici dei vari rami della P.A. Diveniva necessario e fondamentale che tutte le amministrazioni avessero a disposizione piattaforme hardware e software di tipo aperto, idonee ad accogliere tale tipo di componenti per poter trasportare in Rete le applicazioni già esistenti e garantire lo sviluppo di nuovi servizi di cooperazione. La definizione degli interventi per l’automazione dei processi di servizio veniva inserita in un complesso e unitario disegno di iniziative per il rinnovamento dell’attività operativa, eliminando le funzioni inutili ed allo stesso tempo modificando le attuali mansioni allo scopo di accrescere la professionalità del personale. Il recupero della qualità dei dati, come presupposto della condivisione delle informazioni che realizzano il collegamento tra amministrazioni, era la problematica più direttamente inerente al progetto di Rete Unitaria. La prospettiva dell’integrazione delle basi informative della P.A. imponeva a quest’ultima di rivolgere un’attenta riflessione sugli aspetti di qualità intesi come correttezza, completezza e tempestività nell’aggiornamento dei dati conservati e diffusi. Il problema della qualità dei dati diveniva molto più complesso in un sistema come quello della Rete Unitaria, di utilizzo cooperativo, poiché la scarsa qualità si trasmetteva e si amplificava via via che il dato veniva trasportato o messo in correlazione con altri dati. Era essenziale per cercare di risolvere il problema adottare una strategia che intervenisse sul problema della qualità dei dati attraverso l’utilizzo di strumenti software specializzati allo scopo. Il valore strategico della Rete Unitaria inteso come opportunità e strumento essenziale per il miglioramento della produttività delle amministrazioni risiedeva principalmente nella capacità di sostenere lo sviluppo di nuovi sistemi applicativi per la collaborazione fra le stesse. dell’azione amministrativa viene sottolineato in un’altra decisione, in cui si rileva che “dall’obbligo di buon andamento, sancito dall’art. 97 discende che la pubblica amministrazione deve adottare, nei confronti degli amministrati, comportamenti rispondenti ai fondamentali canoni della trasparenza e della linearità, idonei ad orientare (e non a disorientare) l’attività dei privati, specialmente quando si tratti di incidere su diritti di rilevanza costituzionale”.
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Gli indirizzi del Piano, del resto, apparivano in nuce già delineati dalla Presidenza del Consiglio, la quale interveniva al riguardo con la Direttiva approvata il 5 settembre 1995, definendo altresì le linee di riferimento del progetto. «La Rete Unitaria consentirà in prospettiva al sistema informativo di ciascuna amministrazione, l’accesso ai dati e alle procedure residenti nei sistemi informativi delle altre, nel rispetto della normativa in materia di limiti all’accesso, di segreto e di tutela della riservatezza ... (omissis) ... ed offrirà un sistema informativo integrato che permetterà alle singole amministrazioni da un lato di colloquiare tra di loro per lo scambio di ogni documento ed informazione utile, dall’altro di proporsi verso la collettività come centro unitario erogatore di dati e prestazioni amministrative favorendo così l’avvicinamento del cittadino all’Amministrazione e il decentramento reale di quest’ultima» (art. 2 Direttiva). Veniva, inoltre, affidata all’Autorità Informatica per la Pubblica amministrazione, le cui funzioni ora sono in capo a DigitPa, coadiuvata dal Ministero delle poste e telecomunicazioni (le cui competenze sono ora in capo al Ministero per lo sviluppo economico) con i suoi organi tecnici e con l’ausilio di un apposito Comitato di Ministri, presieduto dallo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri, la predisposizione nel termine del 31 gennaio 1996 di «uno studio di fattibilità concernente gli aspetti relativi all’interconnessione ed all’interoperabilità fra le reti». Gli scopi erano molteplici: da un lato si sarebbe dovuto dar luogo all’analisi sia dei bisogni informativi dell’amministrazione in relazione all’assetto organizzativo delle amministrazioni interessate, sia delle attuali procedure e metodologie per la produzione, la gestione, la diffusione e utilizzazione dell’informazione rispetto a strumenti manuali, informatici e telematici; inoltre si sarebbero potute dare specifiche generali per l’hardware ed il software di rete nonché per la definizione di soluzioni architetturali generali, evidenziando fasi e priorità dei processi di automazione, programmi di formazione e previsioni di spesa. Partendo dai bisogni informativi l’AIPA vi evidenziava la dimensione dell’intervento, nonché il sistema di comunicazione attuabile, analizzando le varie fasi del processo di informatizzazione, sia dalla produzione alla gestione delle informazioni, sia dalla diffusione alla utilizzazione delle stesse. Venivano così individuate ipotesi concrete di sviluppo di alcune aree strategiche a partire dal sistema delle anagrafi nazionali, al sistema dei pagamenti, a quello dello scambio dei dati territoriali e del sistema catasto-comuni. Il modello di ispirazione per l’architettura della rete veniva a coincidere con quello della rete delle reti, con una struttura acefala e diffusa per la trasmissione per un accesso indifferenziato ai singoli sistemi interconnessi in maniera indipendente rispetto alle tecnologie hardware e software in uso sulle stesse infrastrutture. Veniva evidenziata così, oltreché, beninteso, un’organizzazione di massima dei sistemi elaborativi, sia l’organizzazione logica di massima delle banche dati, indipendentemente dalla loro organizzazione fisica, sia quella fisica delle banche dati e dei servizi di gestione. Le esplicitazioni architetturali venivano definite in base a motivazioni riconducibili ai flussi informativi nonché al sistema organizzativo e
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gestionale, prendendo quindi atto del preesistente tecnologico e contemplandovi anche l’assorbimento del sistema pregresso con le possibili modalità organizzative del patrimonio informativo già automatizzato. Si escludeva l’impiego di Internet per la veicolazione dei dati delle P.A. che non dovessero avere una piena pubblicità legale, riservandolo solo per quelli divulgabili al pubblico, laddove si evidenziava nello stesso studio di fattibilità come la Rete delle reti potesse integrare la RUPA nelle sue funzioni amministrative ed in particolare di quelle aventi ad oggetto il rapporto con i cittadini. Alla medesima logica di compenetrazione tra Stato e realtà sociale ed economica cui è rapportato il fenomeno dell’informatizzazione amministrativa fa capo infatti pure la comunicazione pubblica. Affinità, questa che risulta evidente se si considera come una delle funzioni a cui vengono adibiti i terminali di Internet sia proprio quella di organizzare il reperimento delle informazioni di cui dispone la P.A. o la singola amministrazione, così da predisporle efficacemente all’utilizzo da parte dello stesso nello svolgimento delle attività che gli competono. In tal modo si apre altresì la possibilità di soddisfare in modo pieno la domanda informativa dei cittadini, tenuto conto che sfruttando le possibilità messe a disposizione dalla rete telematica è possibile implementare il patrimonio di conoscenze dei soggetti interessati: viene così consentita rapidità di consultazione e di trasferimento delle informazioni e si concorre, in maniera determinante, al perseguimento in questo ambito di quegli obiettivi di efficacia ed efficienza che si esplicitano nella interpretazione del princi48 pio di imparzialità e buon andamento enucleati nell’art. 97 Cost. . Da un lato l’introduzione di WWW di ciascuna P.A. su Internet consente la più precisa conoscenza delle situazioni in cui si deve operare, attribuendo mag48 Sulla rilevanza del sistema informativo nell’efficacia ed efficienza dell’attività amministrativa vedi A. PREDIERI, Lo Stato come produttore di informazioni, in Studi Chiarelli, Milano, 1974, II, 1613 ss.; G. SELLERI, Gli atti amministrativi in forma elettronica, in Dir. e soc., 1982, I, 133 ss.; V. FROSINI, voce Telematica e informatica giuridica, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 60 ss. Vedi P. MARSOCCI, I profili giuridici dell’attività di comunicazione istituzionale nel difficile confronto fra pubblico e privato, in Comunicazione pubblica e cultura del servizio, a cura di F. FACCIOLI, Roma, 2000, 157 ss.; ID., Poteri e Pubblicità. Per una teoria giuridica della comunicazione istituzionale, Padova, 2002, 221 ss. Inoltre sul principio del buon andamento ex art. 97 Cost. si possono individuare varie posizioni anche se tutte orientate ad attribuire al principio stesso valore vincolante anche rispetto agli obiettivi da perseguire. In particolare vedi G. BERTI, La pubblica Amministrazione come organizzazione, Padova, 1965, 72 ss.; M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice della P.A., Milano, 1966, 112 ss.; A. ANDREANI, Il principio costituzionale di buon andamento dell’amministrazione, Padova, 1979, 71 ss. Più specificatamente il Nigro riconduce al principio di buon andamento il potere di autorganizzazione della P.A., mentre l’Andreani lo individua facendo riferimento alla connotazione pluralistica dell’ordinamento. Tali orientamenti vengono però criticati dallo Stammati. Vedi S. STAMMATI, Il buon andamento dell’amministrazione: una rilettura e principi per un ripensamento (riattraversando gli artt. 95, 3° comma, e 91, 1° comma, della Costituzione), in Scritti Giannini, III, Milano, 1988, 797 ss. Vedi infine C. PINELLI, Il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione, in P. CARETTI, C. PINELLI, V. POTOTSCHING, C. LONG, G. BORRÈ, La pubblica Amministrazione. Artt. 97-98 Cost., in Comm. Branca, Bologna, 1994, 31 ss.
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giore rapidità alle decisioni ed alla loro concreta attuazione, dall’altro consente una maggiore accelerazione delle procedure di registrazione, favorendo pure la comunicazione pubblica dei contenuti. L’informatizzazione nella fattispecie può allargare enormemente la possibilità di acquisire elementi sulla base dei quali l’opinione pubblica può accedere ad informazioni importanti anche per la loro vita quotidiana. L’ubicazione di computer connessi ad Internet negli Uffici per le Relazioni con il Pubblico istituiti con l’art. 12, d.lgs. n. 29/1993 in ciascuna P.A. vuole consentire quell’accesso generalizzato alle informazioni in possesso del soggetto pubblico soddisfacendo quel diritto all’informazione dei cittadini nei con49 fronti della P.A. riconosciuto dalla generalità della dottrina giuridica . In questo senso può comprendersi come la comunicazione pubblica sia un’esigenza sempre più diffusa in numerose democrazie occidentali e, soprattutto, in quelle considerate più evolute. Dai rilievi svolti emerge dunque la stretta connessione sussistente fra l’utilizzo delle moderne tecnologie dell’informazione e l’evoluzione dei principi degli attuali ordinamenti giuridici. Pertanto emerge l’opportunità di superare un aprioristico atteggiamento di rifiuto, spostandosi l’attenzione dallo strumento, che risulta funzionale agli obiettivi più diversi, a contenuti di cui esso viene di volta in volta investito. L’interpretazione dei principi fissati nell’art. 97 Cost. è infatti attualmente soggetta ad una rapida evoluzione, dovendosi considerare profondamente mutato il contenuto dell’efficienza rispetto agli orientamenti tradizionali, che sembrano privilegiare gli aspetti formali dell’azione amministrativa. Per converso, va assumendo rilievo assorbente l’attenzione verso i contenuti sostanziali del buon andamento. Ciò implica pure un diverso approccio con la problematica concernente lo svolgimento dell’attività comunicativa pubblica. 1.5.2. Il dominio della Rete Unitaria
L’introduzione del concetto di dominio rappresentava una scelta fondamentale effettuata nel corso dello studio di fattibilità, coerentemente con l’approccio comunitario del Piano IDA, che comunque voleva tutelare l’insieme di risorse hardware, di comunicazione e di software che ciascuna P.A. veniva ad avere, garantendo così l’autonomia delle singole P.A., ma finendo per considerare la Rete uni49
Per un’analisi giuridica vedi G. ARENA, Gli uffici per le relazioni con il pubblico: commento all’art. 12 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, a cura di F. CARINCI, M. D’ANTONA, II ed., Milano, 1999, 365 ss.; T. DI NITTO, Gli uffici per le razioni con il pubblico, in Giorn. dir. amm., 1999, n. 3, 293 ss. Vedi altresì per un’analisi dell’efficacia dell’azione degli URP G. ROLLA, A. MESSERI, A. GRISENDI, Gli URP. La comunicazione tra l’ente locale e il cittadino, Rimini, 1998, spec. 42 ss.; S. ROLANDO, Potenzialità e criticità nello sviluppo degli URP, in Quaderni di comunicazione pubblica, Regione E-Romagna, 1999, 5 ss.; A. MARTELLI, A. LA SPINA, Gli Urp in rete. A proposito della nuova legge sulla comunicazione pubblica, in Comunicazione pubblica, 2001, n. 8, 126 ss.
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taria come un insieme di domini, cioè come un insieme di sistemi informativi automatizzati. L’approccio architetturale della RUPA era basato sull’autonomia dei soggetti che vi partecipano e su di una struttura di cooperazione facile da realizzare, da usare e da gestire, oltreché su servizi standard di interoperabilità. La Rete unitaria è stato un insieme di componenti, comprensive di tutte le risorse hardware e software controllate dalle singole P.A. e chiamate domini, con piena autonomia funzionale ed organizzativa, visto anche che non era richiesto alle singole amministrazioni di adeguarsi a specifiche norme nella realizzazione dei propri sistemi informativi. La porta di rete è stata l’unico punto logico di connessione tra le amministrazioni ed il dominio della Rete Unitaria, che si componeva di una dorsale che avrebbe instradato il traffico tra le amministrazioni, e tra quest’ultime e gli enti locali e verso Internet. La porta applicativa era invece il nodo in cui erano disponibili i servizi che ogni dominio voleva esportare. Questo potente meccanismo di astrazione permetteva di incapsulare le procedure esistenti, permettendo il loro utilizzo da parte di altre amministrazioni e la creazione di nuove applicazioni che utilizzavano servizi di più amministrazioni. La porta delegata era l’elemento architetturale che accedeva per conto di ciascun utente di un dominio ai servizi esterni, permettendo una migliore distribuzione delle responsabilità e delle autorizzazioni. Bisognava quindi anche stabilire i limiti del dominio della Rete Unitaria con quelli delle singole amministrazioni, delineando le funzioni di queste ultime. Il dominio della Rete Unitaria era quella parte della Rete che consentiva alle reti delle 50 diverse amministrazioni di interoperare . Esso si «compone di una dorsale che in termini molto semplici può essere pensata come costituita da un unico router, cioè di un nodo in grado di instradare messaggi, dotato di tante porte, dette porte di rete 51 quanti sono i domini delle amministrazioni che si vogliono connettere alla Rete» ; vi erano più nodi distribuiti geograficamente e “magliati” fra di loro in modo da assicurare un’elevata resistenza ai guasti che consentono la connessione fra più Soggetti pubblici. In linea con le tendenze del settore conseguenti alla liberalizzazione, le interconnessioni telematiche saranno realizzate ricorrendo ad un fornitore di servizi, sia per quanto riguarda la rete nazionale sia per le aree metropolitane. Tali servizi venivano forniti in modo non esclusivo e quindi la Rete Unitaria condivideva le infrastrutture delle reti pubbliche esistenti con gli altri utenti, con una cooperazione fra i vari rami della P.A., condividendo e modificando le in52 formazioni che appartenevano a più sistemi informativi . 50
In tal senso vedi M. IASELLI, Lo stato di informatizzazione della P.A., in Il diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’Internet, a cura di G. CASSANO, Milano, 2002, 1160. 51 Vedi in tal senso M. MINERVA, Verso l’integrazione dei sistemi informativi pubblici:la reta unitaria delle pubbliche amministrazioni, in Diritto informatico, 1998, 647; per una panoramica delle problematiche in campo vedi D. LIMONE, I processi di automazione nelle Pubbliche Amministrazioni, in Studi Frosini, cit., 142 ss. 52 Vedi A. CONTALDO, Dalla teleamministrazione all’E-government: una complessa transizione in fieri, cit., 928 ss.
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La concezione e la realizzazione del sistema informativo unitario ricalcava l’impostazione della cosiddetta “federazione forte” in cui gli organismi centrali avevano il compito di coordinare, mentre quelli periferici svolgevano i loro compiti in autonomia. In una federazione forte ogni soggetto manteneva la sua autonomia ma accettava di mettere servizi a disposizione per poterne ricevere dagli altri soggetti. Lo studio di fattibilità del resto finiva per distinguere le grandi aree di servizio omogenee per tipologia di servizi: a) i servizi riguardanti l’ordine pubblico, l’amministrazione della Giustizia e le relazioni internazionali; b) servizi finanziari e di pagamento; c) i servizi relativi all’emissione di specifici atti e/o regolamenti della Pubblica amministrazione, di grande interesse per la collettività. Il dominio della RUPA era divenuto essenziale per l’elevazione della produt53 tività della struttura amministrativa , poggiando su alcuni criteri guida come riferimento per l’individuazione delle aree di intervento prioritario sia sotto il profilo dell’ammodernamento, con le connesse valutazioni dell’impatto sociale e dei benefici sociali, sia sotto il profilo dell’efficienza, con una valutazione del rapporto investimenti/benefici e del contributo all’efficienza interna delle varie amministrazioni interessate, sia sotto il profilo dell’esecutività normativa, quali l’adeguamento delle procedure amministrative alle Direttive dell’Unione Europea, delle leggi e dei regolamenti italiani. La Rete avrebbe potuto così dare vigore a diversi sistemi di flussi e stoccaggi informativi, quali quello delle anagrafi nazionali, quello delle comunicazioni e gestione dei flussi di lavoro, quello di interscambio per l’erogazione dei servizi di competenza, quello di accesso a informazioni, documentazione e servizi, nonché a quello di pagamento. Gli strumenti operativi erano i c.d. progetti intersettoriali che avevano lo scopo di fornire nell’ambito dei singoli domini un supporto allo sviluppo dei processi automatizzati e di diffusione delle informazioni territoriali tra le Amministrazioni centrali, le Regioni e gli Enti locali. Tuttavia senza un’architettura applicativa, cioè senza una definizione degli scopi e delle modalità del suo uso da parte delle applicazioni, la rete si era ridotta ad un’infrastruttura per il semplice trasporto dell’informazione. In tal senso era possibile leggere l’evoluzione della prima attuazione al progetto di Rete Unitaria, che anticipava la struttura a livello di amministrazione centrale, quale la rete di cooperazione tra gli Uffici di gabinetto, gli Uffici legislativi e gli Uffici dei responsabili dei sistemi informativi automatizzati appartenenti alle Amministrazioni centrali e agli enti pubblici non economici nazionali (Rete G-NET). Questa infrastruttura di rete ha permesso a ministri, sottosegretari, uffici di gabinetto, uffici legislativi e uffici dei responsabili dei sistemi informativi di comunicare tra loro in regime di interoperabilità. Secondo la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 novembre 1997 vengono garantiti elevati standard informatici per offrire ai vari uffici: a)
53 Vedi le considerazioni dell’allora Ministro per la funzione pubblica F. BASSANINI, E adesso va in rete anche la pubblica amministrazione, in COME, 2001, n. 18, 16 ss.
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posta elettronica; b) firma digitale; c) acceso alle banche dati; d) accesso a Internet. Anche per questa rete è stata necessaria l’istituzione di un comitato di coordinamento per risolvere i problemi di omogeneizzazione delle risorse già in uso nei singoli uffici.
1.5.3. I successivi interventi normativi
Gli obiettivi del progetto RUPA venivano ribaditi dal Governo in sede di approvazione del Documento di programmazione economica e finanziaria per il triennio 1997-99, sottolineando in tale occasione il carattere di priorità e di valenza strategica del progetto in relazione alla ridefinizione delle funzioni e dei compiti attribuibili alle singole P.A. anche con il conseguimento del potenziamento «delle capacità di comunicazione delle amministrazioni pubbliche fra loro, con i cittadini e le imprese». Successivamente l’art. 2, comma 2, d.l. 3 giugno 1996, n. 307 convertito nella legge 30 luglio 1996, n. 400, autorizzava la spesa di 30 miliardi di lire per il 1996, 50 mld. per il 1997 e 100 mld. per il 1998 al fine di finanziare il progetto della Rete Unitaria, nonché dei progetti intersettoriali e di infrastruttura informatica e telematica ad essi connessi. La disposizione prevedeva altresì che l’AIPA formulasse al Ministro del Tesoro le proposte di assegnazione dei fondi in capitolato di bilancio per ciascuna delle amministrazioni interessate. Per l’attuazione della Rete appariva necessario intervenire con nuovi ed adeguati strumenti normativi, così da consentire un maggior coordinamento dell’attività connessa alla realizzazione della Rete. Pertanto l’art. 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59 prevedeva una competenza specifica per il Ministro della funzione pubblica al fine di promuovere interventi organizzativi e procedimentali per la realizzazione della RUPA, mentre all’AIPA veniva attribuita la competenza di stipulare nel rispetto delle norme vigenti in materia di scelta del contraente uno o più contratti 54 quadro , con i quali i prestatori dei servizi e delle forniture relativi al trasporto dei dati potessero impegnarsi a contrarre con le singole amministrazioni. In relazione alle esigenze ed agli obiettivi posti dallo studio di fattibilità, si rendevano necessari diversi interventi normativi finalizzati a risolvere importanti questioni di carattere giuridico, organizzativo ed economico relative alla concreta attuazione della Rete, ma in particolare appariva necessaria l’istituzione di una struttura per la sua realizzazione materiale. La legge 15 maggio 1997, n. 127 all’art. 17, comma 19 attuò l’indicazione dell’Autorità istituendo presso di essa, ma con autonomia amministrativa e funzionale, un «Centro tecnico per l’assistenza ai soggetti che utilizzano la Rete Unitaria», centro poi che con l’art. 27, legge n. 3/2003 fu ricompresso nell’Agenzia Naziona54 Così L. CARLASSARE, voce Legalità (principio di), in Enc. giur., XVIII, Roma, 1990, 4 (ad vocem).
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le per l’Innovazione Tecnologica. La norma legislativa finisce però per non esplicitare in alcun modo l’organizzazione amministrativa violando così la riserva di legge prevista dall’art. 97 Cost., limitandosi ad attribuire alla stessa AIPA una potestà normativa per l’organizzazione e lo sviluppo del Centro senza delinearne i criteri e le finalità. Ciò, peraltro, confermava la tendenza manifestata dal legislatore ordinario di disporre direttamente l’abrogazione delle disposizioni legislative vigenti nelle materie devolute alla disciplina regolamentare, mentre affidava alla potestà regolamentare persino la facoltà di determinare autoritariamente quali fossero le disposizioni abrogate o quelle vigenti nel settore. Il Legislatore ordinario dismetteva la potestà di regolare una certa materia, affermando la delegificazione come «trasferimento della disciplina normativa di una determinata materia o attività dalla sede legislativa alla 55 sede regolamentare» . E proprio il trasferimento in un ambito come quello dell’organizzazione di una struttura ad alta competenza, dal suo canto, «delimita la nozio56 ne di delegificazione» ad un settore definibile secondo parametri tecnologici ed organizzativi. La natura giuridica del Centro tecnico appariva quella di una sorta di azienda autonoma con un grado di autonomia ancora più elevato, essendo fornita (così come dal regolamento del 10 luglio 1997) anche di personalità giuridica. La sua atipicità era imputabile alla sua attività prevalentemente tecnica, facendo capo ad una Autorità amministrativa che ne risponde alla Presidenza del Consiglio. Tutta questa problematica dovrebbe ora essere superata con la sua ricomprensione nel CNIPA (ora DigitPa). Il Centro trovava pertanto una sua composizione in un’organizzazione anche complessa, articolata in funzioni e competenze diverse anche con carattere di flessibilità, che vengono individuate dal suo responsabile, il Direttore, nomina57 to su proposta del presidente, ed al quale spettano compiti decisionali .
55 Ancora L. CARLASSARE, Il ruolo del Parlamento e la nuova disciplina del potere regolamentare, in Quad. cost., 1990, 16. 56 Pur senza addentrarci nelle complesse problematiche che interessano il tema del segreto e la sua evoluzione rinviamo a A. ANZON, Segreti di Stato e Costituzione, in Giur. cost., 1976, 1756 ss.; M. PALEOLOGO, Segreto e pubblicità nella pubblica amministrazione, in Impresa, ambiente, P.A., 1978, 3 ss.; G. ARENA, Il segreto e la libertà di circolazione delle informazioni, in Scritti Serrani, Milano, 1984, 39 ss.; G. ARENA, Segretezza e pubblicità nell’azione amministrativa, Bologna, 1978, 26 ss.; A. VIGNUDELLI, Il diritto della sibilla. Informarsi od essere informati?, Rimini, 1993, 220 ss. 57 Per l’organizzazione, il conferimento delle funzioni (provvedendo alla direzione e gestione del personale), nonché le disposizioni attinenti alla gestione delle spese con particolare riguardo alla contabilità speciale, alla modalità dei pagamenti attraverso gli ordini di pagamento, alla conservazione delle somme, al funzionamento del servizio cassa, alla rendicontazione ed alle procedure contrattuali applicabili “per l’acquisizione dei beni e dei servizi e di quant’altro necessario per l’attuazione del programma e della gestione del Centro”.
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1.5.4. Il piano triennale
Il Piano triennale è stato così, a cadenza annuale, un momento importante per la dialettica nel governo dell’informatica pubblica, consentendo agli organi ed agli organismi pubblici coinvolti di verificare periodicamente l’equilibrio del settore e l’efficacia degli interventi effettuati. La predisposizione del Piano non avrebbe potuto limitarsi ad una mera acquisizione di dati provenienti dai soggetti interessati abbinata ad un’elencazione degli interventi effettuati, quanto ad una elaborazione della situazione in atto anche attraverso analisi non più solo giuridiche, ma altresì di ordine statistico ed economico sugli step in corso per la realizzazione del progetto. Era possibile, funzionalmente alla sua redazione, predisporre autonome indagini sullo stato ed il funzionamento concreto del settore, anche ricorrendo alla collaborazione delle amministrazione statali interessate. Il Piano, pertanto, non poteva assolvere in alcun modo funzioni consulenziali, ma doveva esplicarsi nel rispetto della discrezionalità amministrativa degli organi dell’informatica pubblica, anche come stimolo importante laddove insisteva su integrazioni degli interventi provvedimentali esistenti. Era ovvio del resto che permanessero le differenze prodotte dal ruolo e dalle caratteristiche dei fruitori dei servizi giungendo così alla conclusione che in questo caso «i due indicatori della produttività, l’efficienza che attiene alla produzione del servizio e l’efficacia che riguarda il consumo del servizio erogato, si presentavano 58 come aspetti affatto inscindibili l’uno dall’altro» . Tale ratio sembrava sottintesa 58
L’art. 97 Cost. contiene unitamente all’art. 98 Cost. le uniche disposizioni fissate nel testo costituzionale relativamente all’organizzazione amministrativa (in questo senso C. ESPOSITO, Riforma dell’amministrazione e diritti costituzionali dei cittadini, in La costituzione italiana, Padova, 1954, 245, e M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice della P.A., Milano, 1966, 67). Relativamente al valore dei principi (buon andamento e imparzialità) in esso espressi vd. M. NIGRO, 67 ss., si pronuncia nel senso dell’attribuzione agli stessi di un valore esclusivamente formale, facendone derivare il potere di autorganizzazione che sussisterebbe in capo all’amministrazione. Si vedano contra, il P. BARILE, Il dovere di imparzialità della Pubblica Amministrazione, in Scritti Calamandrei, Padova, 1958, 26 ss. e in Scritti di diritto costituzionale, Padova, 1967, 195 ss.; nonché il BARONE G., L’intervento del privato nel procedimento amministrativo, Milano, 1969, 26 ss., i quali parlano di costituzionalizzazione del merito. Ricollega l’interpretazione dei due principi alla pluralità dell’ordinamento D. ANDREANI, Il principio costituzionale di buon andamento della Pubblica Amministrazione, Padova, 1979, 27 ss. In quest’ottica quindi tale A. ritiene che l’imparzialità abbia come riferimento un unico soggetto, mentre il buon andamento consisterebbe in un’imparzialità intersoggettiva. In argomento anche N. SPERANZA, Il principio di buon andamento-imparzialità dell’amministrazione nell’art. 97 Cost. della Costituzione, in Foro amm., 1972, 79 ss., laddove l’A. considera la norma in esame come la sede in cui individuare il tratto caratterizzante dell’attività amministrativa rispetto agli altri poteri dello Stato. In ogni caso pare di poter prefigurare per l’art. 97 Cost. una ricostruzione come norma in bianco relativamente alla quale si rinvia a C. ARCIDIACONO, Organizzazione pluralistica e strumenti di collegamento, Milano, 1974, 80 ss.: «l’art. 97 ha natura per così dire neutra, poiché in astratto, sarebbe in grado di tradurre qualsiasi principio che informasse l’organizzazione».
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nella disposizione per la gestione informatica del flusso documentale ex art. 21 d.p.r. n. 513/1997 laddove si prevedeva che singole P.A. dovessero disporre per la tenuta del protocollo amministrativo e per la gestione dei documenti con procedura informatica al fine di consentire il reperimento immediato e la disponibilità degli atti archiviati nonché l’accesso ai documenti amministrativi per via telematica. Erano queste norme organizzative basilari per qualsivoglia collegamento in rete fra Amministrazioni pubbliche, così da rendere possibile a qualunque soggetto pubblico di accedere ai dati ed alle procedure residenti nei sistemi informativi di altre amministrazioni, indipendentemente dalle reti attraversate e dalle tecnologie adottate. In tale ottica bisognava altresì leggere le novità normative riguardo le modalità di gestione di formulari moduli e questionari previste ex art. 22 dello stesso d.p.r. laddove si obbligavano le varie P.A. a definire e rendere disponibili per via telematica moduli e formulari elettronici validi ad ogni effetto di legge per l’interscambio di dati nell’ambito della Rete Unitaria e con privati. La disposizione pertanto spingeva le singole amministrazioni a predisporre ed a rendere disponibili anche a chi si collegava a distanza (come i soggetti privati a cui fa riferimento sempre l’art. 22) documenti elettronici che potessero ovviare alle tradizionali forme di esternalità amministrative, incentivando le potenzialità organizzative proprie della teleamministrazione alla stregua dello sviluppo tecnologico ed economico. In tal modo si apriva altresì la possibilità di soddisfare nel modo più pieno la domanda informativa delle singole P.A., tenuto conto che, sfruttando le possibilità messe a disposizione dalla rete telematica, sarebbe stato possibile implementare il patrimonio di conoscenze dei soggetti interessati sia pubblici che privati: veniva consentita rapidità di consultazione e di trasferimento delle informazioni, concorrendo in maniera determinate al perseguimento in questo ambito di quegli obiettivi di efficacia ed efficienza che si esplicitano nell’interpretazione del principio di 59 imparzialità e buon andamento .
1.6. La terza scelta strategica: la Rete Unitaria della Giustizia. Brevi cenni introduttivi nell’alveo dell’informatica giudiziaria
Nell’ambito delle Rete Unitaria della Pubblica amministrazione, uno specifico sottosistema era dedicato all’amministrazione della giustizia ed era denominato RUG (Rete Unitaria Giustizia); nel suo dominio troviamo un ambito dedicato al Processo Civile Telematico denominato Sistema Informatico Civile (SICI). La ratio dello svi59
Al riguardo il Fois, ponendo in discussione l’esistenza stessa del principio di legalità sostanziale, finisce per sostenere la necessarietà di un’apposita legge di attribuzione della potestà regolamentare con l’indicazione sull’ampiezza del potere conferito. Si rinvia a S. FOIS, voce Legalità (principio di), in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974, 265 ss.
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luppo della RUG, pensato anche prima della RUPA, sulla scorta dell’art. 2, comma 1, lett. m), legge n. 421/1992, ha consentito al Ministro di Giustizia di avviare una sua informatizzazione e telematizzazione degli uffici giudiziali. Con l’impiego della rete telematica, lo sviluppo del processo telematico è divenuto ambito dell’informatica giudiziaria, il cui campo operativo è quello di progettare sistemi di documentazione giuridica automatica e procedure automatizzate facendo ricorso a strumenti concettuali e metodologie di indagine e di sviluppo. I limiti metodologici dell’informatica giudiziaria sono il suo carattere esclusivamente meccanico razionale a cui deve essere adeguato il dato giuridico per essere elaborato elettronicamente, sia il carattere linguistico formale, vuoto di contenuti concreti e di significati, poiché l’informatica è un mezzo per l’accumulazione e la distribuzione dell’informazione giuridica, ma non aggiunge nulla ad essa in termini di contenuti, sia la sua essenziale ripetitività. Appare evidente la funzione strumentale delle metodologie e delle tecnologie dell’informatica giudiziaria nei confronti della risoluzione dei problemi processualcivilistici poiché si tratta di uno strumento che pone una serie di vincoli quando deve essere utilizzato. Del resto, l’automazione del ragionamento processualcivilistico si dirige attualmente verso sistemi di deduzione automatica di conseguenze giuridiche relative a premesse giuridiche. Tutto ciò, però, non influisce minimamente sulla discrezionalità, a meno che non ci si affidi totalmente alla consulenza del computer. L’automazione, infatti, può essere un mezzo di grande decentramento o di grande accentramento, secondo l’ideologia che presieda alla sua messa in opera. Nell’Amministrazione della giustizia numerosi sono i problemi affidati alla discrezionalità del funzionario di cancelleria, e l’introduzione dell’automazione processualcivilistica tende a ridurre questo ambito di discrezionalità; il che non è necessariamente un male. È un bene nella misura in cui rende rigorosi i criteri di valutazione vaghi, grazie ai quali facilmente la discrezionalità diviene arbitrio, e talora, arbitrio interessato. È un male nella misura in cui i criteri di valutazione divengono non solo rigorosi, ma anche rigidi: l’automazione integrale riduce infatti la possibilità di interpretazioni elastiche delle norme. Queste considerazioni tecniche si fondano però su un presupposto politico: quello che gli interessati vogliono effettivamente ridurre la possibilità di agire arbitrariamente. Il problema, infatti, è legato non alla genesi, ma all’esercizio del potere discrezionale. Quindi, ai problemi tecnico-giuridici, sarà bene aggiungere anche questi problemi socio-politici: solo così si avrà un’idea abbastanza realistica delle difficoltà che incontra nel diritto l’automazione che non riguardi esclusivamente 60 attività strumentali o comunque senza o con irrilevante contenuto discrezionale .
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Vedi ancora S. ZAN, Fascicoli e tribunali. Il processo civile in una prospettiva organizzativa, cit., 94 ss.
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In merito alla questione dell’autonomia dell’informatica giudiziaria rispetto alla più tradizionale informatica giuridica, dobbiamo dire che l’informatica giudiziaria si presenta come una disciplina teorico-applicativa che si è sviluppata anche per esigenze di carattere economico, per affrontare e risolvere problemi giuridici di tipo operativo nella Giustizia; ed in ciò vi è una prima differenza con le altre discipline giuridiche tradizionali che invece affondano problemi di ontologia giuridica o di descrizione ed interpretazione dei fenomeni connessi all’applicazione del diritto. Teorico-applicativa significa non solo che produce applicazioni suscettibili di esatta valutazione, ma anche che richiede una continua sperimentazione delle sue ipotesi e dei suoi risultati sul computer da parte degli studiosi che si avvicinano a questo ambito. L’informatizzazione delle attività dell’Amministrazione della giustizia ha consentito di vedere le potenzialità di una Società dell’informazione, creando quel habitus mentale fra gli utenti (giudici, avvocati, cancellieri) che potrebbero rivelarsi propedeutici alle nuove tecnologie: per poter automatizzare un’attività giuridica bisogna fornire una descrizione di essa che possa essere tradotta in uno o più programmi eseguibili elettronicamente. Il relativo iter metodologico si compone di una serie di fasi che iniziano dalla descrizione in linguaggio naturale di uno specifico lavoro e proseguono col passaggio da essa ad un’altra descrizione con modelli di vario tipo (matematici, di logica giuridica, di ricerca operativa, empirici, statistici). Infatti, nel passare dalla formulazione in linguaggio ordinario ad una formulazione in forme suscettibili di automazione, è necessario poter disporre di una rappresentazione intermedia, che sia da un lato più rigorosa di quella espressa in linguaggio ordinario e che da un altro lato sostituisca il supporto per l’automazione, supporto in cui le varie operazioni devono essere indicate, per quanto possibile, in termini espliciti ed u61 nivoci . Ad una descrizione che possa essere operativa ai fini dell’automazione, si giunge per successivi approfondimenti nel corso dei quali l’attività in esame viene progressivamente analizzata nei particolari. Una volta completate queste fasi descrittive, che possono produrre uno o più modelli, si passa all’analisi delle descrizioni per decidere se si può (o se conviene) automatizzare l’intera attività od alcune sue fasi o se conviene non adottare strumenti di automazione per ragioni di complessità di realizzazione o di costi, e co62 me porre in essere le scelte compiute . 61 Sulle problematiche connesse alla linguistica giuridica, vedi, per una panoramica dei problemi G. PERUGINELLI, Multilinguaggio e sistemi di accesso all’informatica, Milano, 2000, spec. 21 ss.; ID., Lingua del diritto e tecnologie informatiche, in Ciberspazio e dir., 2010, 305 ss. 62 Tali scelte possono essere di quattro tipi: 1) il modello di descrizione può consentire direttamente il passaggio all’automazione. In questo caso si può operare per un’automazione di tipo “analogico”, nel senso che già il modello costituisce il supporto per l’adozione di strumenti di automazione generalmente appartenenti all’informatica; 2) il modello di descrizione può evidenziare che al-
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Le applicazioni finora sviluppate riguardano generalmente due tipi di approccio: la simulazione e la logica giuridica. Ambedue richiedono qualche precisazione preliminare. Il termine “simulazione” viene utilizzato nel suo significato di rappresentazione di un sistema reale per mezzo di un modello sviluppato su un computer. Ciò comporta che la traduzione dei procedimenti in modelli e quella dei modelli in algoritmi utilizzabili con il computer sono operazioni critiche. Non esistono modelli appropriati per tutti i procedimenti e gli atti che vorremo automatizzare, né esistono algoritmi adatti per gestire con il computer tutti i modelli selezionati. Normalmente, tuttavia, nel diritto si incontrano difficoltà di modellizzazione e di algoritmizzazione superiori a quelle che si incontrano in altri settori, per esempio nell’analisi economica. Il procedimento giuridico può essere considerato come un caso speciale di processo decisionale volto a collegare alcune pre63 messe con le possibili conclusioni . Nel campo dell’informatica giudiziaria, questo fattore è di fondamentale importanza, essendo le conoscenze giuridiche interconnesse, e dovendo dette conoscenze, poter essere utilizzate per scopi molteplici. La possibilità di utilizzare le medesime conoscenze dichiarative per usi diversi è di aiuto alla coerenza nella rappresentazione della conoscenza, e valido per trattare problemi complessi la cui soluzione non possa essere derivata dall’esame di un singolo campo di fonti diverse.
cune parti dell’attività – o nel nostro caso specifico del ragionamento – sono suscettibili, con vari livelli di difficoltà, di automazione, mentre altre – quasi sempre corrispondenti a quelle decisorie – non lo sono o non conviene che lo siano. In tal caso si può adottare un’automazione “a segmenti” in base alla quale la sequenza o la rete delle operazioni sono sottoposte in alcune parti a controllo automatico mentre in altre, in corrispondenza di opportune interruzioni, seguono il loro corso tradizionale, affidate all’esclusivo intervento umano; 3) il modello di descrizione può costituire la base per la costruzione di uno o più sistemi “intelligenti”, nei quali dovrebbe essere il computer stesso ad elaborare gli algoritmi necessari per pervenire alla soluzione (o alla migliore soluzione possibile o anche alla sola impostazione) di attività giuridiche (e in generale di “ragionamenti” giuridici). Ciò viene ottenuto cercando di riprodurre alcuni meccanismi ritenuti tipici dell’intelligenza dell’uomo e che costituiscono i fondamenti della logica utilizzata nei settori più diversi, dalla fisica al diritto: deduzione, inferenza, generalizzazione, ipotesi, analogia; 4) il modello di descrizione può infine far emergere che l’attività, anche se a volte contenente disfunzioni, va lasciata così come è, poiché ogni intervento su di essa presupporrebbe radicali modifiche normative o, addirittura, potrebbe provocare danni maggiori di quelli causati dalle succitate disfunzioni. È chiaro che ciò comporta una scelta di rinuncia all’automazione, tuttavia non bisogna sorprendersi perché questa situazione è molto frequente, anche se i “tecnici” non sempre sanno o vogliono renderla palese. 63 Sulla diagrammazione a blocchi delle procedure giuridiche vedi R. BORRUSO, La legge, il giudice, il computer. Un tema fondamentale dell’informatica giuridica, in Miscellanea, 1993, fasc. 4-5, 80 ss.; G.F. D’AIETTI, R. FRASCA, E. MANZI, C. MIELE, La riforma del processo civile. Commentata e visualizzata con 153 tavole sinottiche di confronto tra vecchie e nuove norme, I, Milano, 1991, 355 ss.; M. LOSANO, Diagrammazione a blocchi e programmazione reticolare di procedure giuridiche, Milano, (Consiglio regionale della Lombardia), 1979; M. LOSANO, L’informatica e l’analisi delle procedure giuridiche, Milano, 1989.
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La penetrazione dell’informatica nello scenario della quotidianità delle professioni legali è stata percepita (ed è stata rappresentata dagli Ordini professionali e dalle Associazioni di categoria) come l’annuncio di una rivoluzione, con una rottura con l’ordine delle cose esistenti e l’instaurazione di un sistema anche diverso. L’innovazione tecnologica del processo telematico implica una serie di chiarimenti, sotto il profilo della sua coincidenza o meno con la sfera della libertà di comunicazione e di manifestazione del pensiero: ciò comporterà un’altra delle questioni da tempo oggetto di discussione, ossia il rapporto fra il diritto alla privacy e l’attività professionale in rete e quindi la sicurezza degli impianti e delle reti. Si è, così, individuato anche un modello di matrice comunitaria, più propenso a regolamentare le infrastrutture e la rete con previsione di interventi pubblici diretti sulla sicurezza delle infrastrutture e delle reti nonché con interventi privati (c.d. teoria della “hands off policy”, ritenuta positiva anche in vista dello sviluppo di servizi innovativi). E che vi sia un rapporto di stretta continuità e derivazione tra i due aspetti viene confermato proprio dalla Comunità in diversi atti ufficiali, nei quali è stato sottolineato come i servizi di interesse generale si pongono “al centro del modello europeo di società”, in quanto sono riferiti ad un insieme di valori comuni a tutti i nostri stati e che fanno l’originalità dell’Europa.
1.6.1. Segue: I documenti programmatici del ministero in tema di informatizzazione della giustizia civile
I documenti programmatici del Ministero della giustizia riconducono ai progetti su tre aree d’intervento: a) area di Giustizia civile; b) area di Giustizia penale; c) area di Amministrazione centrale. In una visione generale, l’area di Giustizia civile comprende tutti i settori d’intervento riguardante il Sistema Informativo dell’Ufficio Giudiziario Civile, il quale soprassiede alla conduzione di più archivi elettronici gestiti da diversi sistemi applicativi, i quali a loro volta gestiscono i registri di cancelleria a seconda dell’oggetto del procedimento. Le loro integrazione e cooperazione sono finalizzate alla costituzione di un sistema informativo che permetterà: a) il trasferimento automatico di tutti i dati comuni (elenco delle sezioni, dei magistrati e degli avvocati), inseriti una sola volta ed a favore di tutte le basi di dati, minimizzando in tal modo l’attività cosiddetta di data entry, le duplicazioni e gli errori; b) lo scambio di informazioni strutturate sui procedimenti; c) la creazione di una base di conoscenza giurisprudenziale unitaria e comune a tutto l’Ufficio; d) l’unificazione del numero di Ruolo Generale; e) l’unificazione dei numeri progressivi assegnati ai documenti del fascicolo processuale indipendentemente dalla materia trattata. Il principio ispiratore di tali interventi è quello di informatizzare gli Uffici giudiziari secondo criteri di coerenza ed organicità, essendo opportuno che i singoli sistemi informatici fac-
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ciano parte di un disegno strutturale di più ampio respiro, all’interno del quale, tuttavia, ciascun sistema possa mantenere la più ampia autonomia progettuale. A questo principio ispiratore corrisponde, inoltre, la realizzazione del Sistema di Integrazione dell’area civile, come nel progetto del processo telematico, il quale rappresenta un sistema informativo integrato dell’Ufficio giudiziario civile e che costituisce la base informatica unitaria per l’accesso ai dati ed ai documenti del procedimento civile, fruibile sia dall’utenza interna che da quella esterna, in concomitanza con altre attività necessarie all’operatività del sistema informativo o di un qualsiasi ufficio giudiziario (e cioè la predisposizione dell’infrastruttura tecnologica, la formazione del personale, l’installazione e la configurazione dell’hardware e degli applicativi, nonché l’assistenza nella fase di avviamento). Le attività legate all’Area della Giustizia civile iniziano nel 1995, riguardando prima l’avvio e, poi, il completamento dell’automazione degli Uffici giudiziari civili e la conversione della procedura di gestione del contenzioso civile di alcuni tribunali di capoluoghi di provincia. Nel 1996 inizia l’assegnazione ai giudici civili di personal computers portatili con office automation e vengono previste postazioni di lavoro individuali per i funzionari, anche al fine dello sviluppo del software finalizzato alla conversione della procedura di gestione del contenzioso civile esistente presso il Tribunale di Roma e presso alcune sedi sperimentali. Nel 1998 si provvede all’installazione dell’applicativo “Contenzioso civile” presso alcuni tribunali. Inoltre viene bandita una gara nazionale per la conversione delle applicazioni da Delphi a Delphi 5 ed inizia la realizzazione di un software per la creazione di statistiche. Il Piano triennale per l’informatizzazione 1999-2001 del Ministero della Giustizia indicava la strada da percorrere e cioè quella di abbandonare i sistemi proprietari a favore di piattaforme client/server, e di progettare uno strato middleware per “consentire lo scambio dei dati e delle funzionalità tra i diversi applicativi”. Il Piano triennale per l’informatica del Ministero della giustizia 2001-2003 prevedeva una pianificazione volta all’estensione progressiva, in tutto il territorio nazionale, delle procedure attualmente in uso nelle sedi di sperimentazione ed al completamento del processo di fornitura delle postazioni di lavoro “a totale co64 pertura delle esigenze di tutti gli uffici giudiziari” ; mentre i successivi interventi di sostituzione o aggiornamento delle piattaforme hardware, acquisite nell’ambito del progetto, venivano considerati come attività di evoluzione del sistema informativo. Inoltre era stato previsto un sistema d’interscambio tra l’applicazione Po-
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Sul punto vedi S. BLESCIA, Il processo civile telematico: linee strategiche e regole. Uno strumento complesso che incide sull’organizzazione, in Dir. e giust., 2004, n. 21, (supplemento speciale), 22 ss. R. BRACCIALINI, Questione informatica e Consiglio Superiore della Magistratura, in Questione giustizia, 2006, 957 ss.
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lis e quella del contenzioso civile per gestire in maniera univoca la numerazione delle sentenze durante la fase di pubblicazione e garantire l’interscambio e l’aggiornamento automatico dei dati relativi ai fascicoli. Il progetto prevede la realizzazione di un sistema informativo ancora orientato all’archiviazione ed alla diffusione dei provvedimenti emessi in materia civile. Tale sistema costituisce il supporto tecnico per la raccolta informatica dei provvedimenti resi obbligatori dal nuovo regolamento per la tenuta dei registri di cancelleria, anche perché il relativo applicativo ha due specifiche funzioni: l’una di archivio delle sentenze e degli altri provvedimenti aventi natura decisoria; l’altra di raccolta giurisprudenziale e di sistema informatico finalizzato alla redazione facilitata dei provvedimenti medesimi, anche se in un primo tempo, ed in attesa di adeguamenti normativi, l’originale delle sentenze sarà depositato ancora su supporto cartaceo. Contestualmente sarà archiviata su supporto telematico una copia autentica con firma digitale. Pertanto il diritto costituisce anche l’ossatura delle strutture pubbliche e, in particolare, regola le procedure secondo cui queste ultime operano. L’avvento dell’informatica e dell’elettronica nella società industriale ha determinato un profondo mutamento degli assetti sia nell’ambito produttivo sia in quello sociale, al punto che attualmente tutti i processi di produzione e le stesse possibilità di progresso economico sono condizionate, inevitabilmente, dalla struttura tecnologica tipica delle società moderne. Tale fenomeno ha permeato a tal punto il tessuto sociale che si è addirittura arrivati a definire l’elaboratore elettronico come «un nuovo personaggio sociale collettivo, interprete e interlocutore della società produttiva, la quale considera ormai l’elaborazione come il suo simbolo più rappresentativo». Queste enormi modificazioni, riscontrabili in ogni aspetto del vivere quotidiano, hanno in alcuni casi contribuito ad allargare il solco, da sempre esistente, tra “società civile”, intesa quale insieme di interrelazioni che coinvolgono gli interessi dei singoli e delle formazioni sociali e “società politica”, intesa quale Stato che governa per mezzo della Pubblica amministrazione e dei suoi funzionari. Oltre i vari “programmi triennali” sinora illustrati, si sono poi avute, a cavallo degli anni 2004/2006, significative iniziative ridotte però a mere esperienze di c.d. “progetti pilota” dato che non hanno mai avuto attuazione definitiva nelle varie sedi di sperimentazione in giro per l’Italia e che sono rimaste solo delle “sperimentazioni”. Uno dei motivi di questi fallimenti è da imputare sicuramente non tanto alla carenza delle infrastrutture tecnologiche, quanto all’assenza di presupposti legislativi di validazione degli atti. In questo senso i due fondamentali “Pilastri” del Processo Civile Telematico quali il “documento elettronico” e la “firma digitale” (di cui tratteremo al capitolo seguente), accanto all’architettura del PCT (dettata dalle nuove regole tecniche di cui parleremo invece al capitolo terzo), in unione alla introdotta novità della posta elettronica certificata (PEC), in materia di comunicazione e notifiche telematiche (di cui daremo conto al capitolo quarto), rappresentano le condizioni necessarie, ma ancora non sufficienti, per il completo lancio del Processo Civile Telematico la cui esperienza, nella
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realtà attuale, non può certamente ridursi ai buoni risultati ottenuti in alcune 65 sedi giudiziarie dal decreto ingiuntivo telematico .
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Sulle prime esperienze vedi G. CASSANO, I.P. CIMINO, Quando la “chiocciolina” entrò nelle aule di giustizia: brevi considerazioni a margine di due recenti decreti ingiuntivi emessi in forza di e-mail, in Dir. econ. mezzi com., 2005, 92 ss.; C. ABBATISTA, L’esperienza dello sportello polifunzionale nel Tribunale di Bari, in Quad. org. giustizia, 2006, n. 1, 72 ss.; P. PECCHIOLI, F. PAPPALARDO, Il decreto ingiuntivo telematico con valore legale: l’esperienza del Tribunale di Milano, in Dir. internet, 2007, 203 ss.
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SOMMARIO
I due pilastri del PCT: il documento informatico e la firma digitale. Gli altri atti del processo telematico
2.1. Premessa: i presupposti del Processo Civile Telematico. – 2.2. Il documento e la documentazione. – 2.3. I documenti pubblici e privati. – 2.4. Il documento informatico. – 2.5. La nuova disciplina delle copie informatiche dei documenti analogici. – 2.6. L’atto pubblico informatico notarile. – 2.7. L’efficacia probatoria del documento in generale e di quello informatico in particolare. – 2.8. Il problema della sottoscrizione autografa. – 2.9. Il valore probatorio della firma digitale e di quella elettronica allo stato dell’arte. – 2.10. La firma digitale. – 2.11. Atti, documenti e provvedimenti del processo telematico. – 2.12. La dematerializzazione della procura alle liti. – 2.13. La procura alle liti. – 2.14. La procura elettronica prima dell’ultima riforma. – 2.15. La riforma della procura alle liti fatta con la legge n. 89/2009. – 2.16. Il fascicolo informatico.
2.1. Premessa: i presupposti del Processo Civile Telematico
Il codice di procedura civile, nella sua formulazione originaria, ha visto la luce nel 1940 mentre la legge che ha dato il via all’evoluzione telematica è solo del 1997. Uno spazio temporale quindi di oltre un cinquantennio, che ha visto l’inarrestabile ascesa tecnologica nella P.A., ma che non ha segnato un’uguale tendenza nell’ascesa culturale per un approccio consapevole ai nuovi strumenti tecnologici. Permane perciò, in gran parte della classe forense e nel mondo giudiziario in generale, una generalizzata e non chiara conoscenza, almeno nelle sue linee fondamentali, di cosa sia veramente il computer, quali siano le sue potenzialità, quali
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i vantaggi, ma anche i rischi che il suo utilizzo implica . A ciò si aggiunga che esiste un vizio sostanziale nella cultura giuridica che non si è ancora affrancata dalla tradizionale nozione di documento, così come si desume in conformità a quella 2 che è stata l’interpretazione fattane dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Com’è noto il nostro ordinamento è privo di una definizione normativa di documento, giacché esso si limita solo a prendere in considerazione l’attività di documentazione ed i suoi risultati. Sull’attività di documentazione, poi, vi è da osservare come questa sia regolata da una serie di norme gran parte delle quali sono state pensate ed emanate quando lo sviluppo tecnologico era ben lontano dai livelli attuali, e quando era impensabile l’utilizzo dell’elaboratore elettronico quale strumento ordinario per produrre, conservare e trasmettere i documenti. In relazione, invece, ai risultati della documentazione, l’ordinamento detta norme sulle varie specie di documenti, sulla loro forma, sulla loro efficacia, quali mezzi di 3 prova e come condizione di validità degli atti giuridici, sulla loro conservazione , sulla loro tenuta, ed infine sulla loro validità per la conoscenza delle situazioni 4 giuridiche in essi rappresentate . In mancanza di una definizione normativa la 5 dottrina ha definito il documento come res signata, ossia come una cosa corporale, un oggetto che reca una serie di segni tracciati dall’uomo o dalla sua attività, volta a conferirgli rappresentatività; segni impressi, destinati a durare nel tempo e con capacità rappresentative che si atteggiano alla stregua di un fatto esterno alla res documentale. La funzione del “documento” è, pertanto, quella di essere il 1
Vedi R. BORRUSO, G. CIACCI, Diritto civile e informatica, VI, Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Napoli, 2004, spec. 292 ss.; ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, E-Law, le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, cit., spec. 21 ss. 2 La dottrina offre varie definizioni al riguardo: F. CARNELUTTI, Documento – Teoria moderna, in Nov. Digesto Italiano, VI, Torino, 1957, 85 ss., per il quale “documento” è «qualsiasi oggetto, qualsiasi cosa idonea a far conoscere un fatto, diversa dal testimone, che è una persona che narra, e non una cosa che rappresenta»; G. CHIOVENDA, Principi di diritto processuale civile, III ed., Napoli, 1923, 842, considera “documento” in largo senso «ogni rappresentazione materiale destinata ed idonea a produrre una manifestazione del pensiero». 3 È possibile rinvenire, nel diritto positivo, una serie di norme per la conservazione dei documenti di particolare importanza, e per la tenuta degli appositi archivi: si tratta in particolare di norme desunte sostanzialmente dalle regole della scienza dell’archivistica. 4 L’ordinamento prevede una serie di istituti diretti a rendere possibile la conoscenza delle situazioni giuridiche rappresentate dai documenti da parte del maggior numero di persone, come la notificazione, la pubblicazione e la pubblicità; e prevede, ancora, il diritto da parte degli interessati di utilizzare i documenti stessi attraverso l’istituto dell’esibizione, od il dovere della Pubblica amministrazione di fornire, a coloro che li richiedano, i documenti idonei a costituire pubbliche certezze, come le copie, gli estratti e i certificati. 5 Vedi P. GUIDI, Teoria giuridica del documento, Milano, 1950, 46, «documento un oggetto corporale, prodotto dall’umana attività di cui si conservino le tracce, il quale, attraverso la percezione dei grafici sopra di esso impressi, o delle luci o suoni che può fornire, è capace di rappresentare, in modo permanente, a chi lo ricerchi, un fatto che è fuori di esso documentato».
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contenitore materiale di un fatto immateriale, dove l’elemento materiale, definito res signata, è l’attività del soggetto che ha modificato la materia in modo tale da consentire la rappresentazione del fatto – immateriale – a chi lo esamini. Il più antico dei mezzi idonei a tracciare i segni rappresentativi del fatto è la scrittura e la res è la carta. Questa ricostruzione dottrinale del documento meglio conosciuta come “teoria della rappresentazione” trova fondamento su precise norme codicistiche che sono ispirate alla ratio della conservazione nel tempo o del fatto “oggettivo” rappresentato nel documento di ciò che è avvenuto dinanzi al pubblico ufficiale o del fatto “soggettivo”, volitivo, riportato in un contratto sottoscritto dalle parti o stipulato alla presenza di testimoni. Ciò, tuttavia, non impedisce che qualunque materia, atta a formare una cosa rappresentativa, possa costituire un documento perché è stato, da sempre, unanimemente ritenuto che ogni strumento idoneo a conservare nel tempo la registrazione di un atto, di un fatto o di un dato, può essere un “documento”. Il mezzo, cioè, della rappresentazione documentale può essere scritto, verbale, figurativo o sonoro; tuttavia, solo in relazione a quello che è stato sino ad un certo punto il progresso tecnologico, il legislatore non ne ha preso atto ed ha considerato come rappresentazione “documentale” solo quello più diffuso costituito appunto dalla scrittura, accanto alla quale, però, oggi si collocano tutta una serie di altri documenti introdotti prima dalla giuri6 sprudenza, con l’attività di “diritto vivente” , e poi dalla stessa legislazione che, in relazione ai nuovi prodotti generati dalla tecnologie, ne ha ampliato confini e nozione. Per quanto attiene, poi, all’altro elemento individuabile nel documento, ossia il contenuto immateriale, deve ribadirsi come qualunque fatto possa essere 6
Il “primato della legge” e il diffondersi del “diritto vivente”: «in tempi di globalizzazione emergono, con forza, poteri tecnico-economici che sono difficilmente irreggimentabili dalla legge di un singolo Stato, territorialmente limitata, e se tali poteri fanno emergere, per reazione, “contro-poteri”, ciò aumenta la conflittualità generale del sistema, dando luogo a una miriade di nuove controversie. I nuovi conflitti vanno comunque risolti, anche in carenza di un chiaro dettato legislativo da applicare. Questo fa ricadere sul Giudice nuove responsabilità, poiché la funzione giurisdizionale – ossia la decisione del conflitto – va esercitata in ogni caso, e non può essere mai rifiutata. L’assenza, o la “crisi”, della legge non possono determinare un’assenza di tutela giurisdizionale. Questa funzione della giurisdizione trova fondamento nel fatto che il popolo compare espressamente nel primo comma, ma anche, indirettamente, nel secondo comma dell’art. 101, se letto in combinato disposto con l’articolo 1 della Carta. La sovranità del popolo, nel cui nome si amministra la Giustizia, e alimentata attraverso le pronunce di giudici “soggetti solo alla legge”, poiché la legge e emanazione della sovranità popolare, esercitata nelle forme stabilite dalla Costituzione. Il ruolo di un Giudice “decisore dei conflitti” imposto dal nuovo contesto non deve allentare il vincolo di cui al secondo comma dell’art. 101. L’esclusiva soggezione alla legge e il fulcro dell’autonomia e dell’indipendenza del Giudice. Il “primato della legge” e il primato della Lex sullo Jus, delle regole scritte dal Parlamento sulle altre regole morali, religiose, ideologiche, politiche. E l’applicazione al caso concreto di una “legge” (scritta da un soggetto “altro da se”) consente al Giudice di apparire – oltre che di essere – terzo, super partes, indipendente da altre regole e anche “da se stesso”, al fine unico ed essenziale di risolvere il conflitto insorto. E di risolverlo mediante una risposta tempestiva, funzionale ed efficiente alla domanda di Giustizia posta dal cittadino». Relazione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Suprema Corte di Cassazione del 29 gennaio 2010).
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documentalmente rappresentato. La dottrina tradizionale distingue tra documenti “dichiarativi” e documenti “narrativi”, a seconda che essi contengono manifestazioni di pensiero o di volontà destinate a produrre effetti giuridici, oppure si limitino soltanto all’esposizione di un accadimento. Nell’ambito dei documenti dichiarativi, si distinguono poi i documenti testimoniali da quelli dispositivi, a seconda che le dichiarazioni in essi rappresentate siano di scienza oppure di volontà. Infine, al documento che rappresenta un altro documento, si assegna il nome di “copia”. Pertanto, quando, nel nostro ordinamento si fa riferimento al “documento”, nella 7 quasi totalità dei casi, si sottintende il documento cartaceo scritto e, solo marginalmente, quello fotografico o quello impresso con altri mezzi automatici. L’avere individuato il documento giuridico nella res signata, comporta che una grande rilevanza deve essere riconosciuta all’attività e, quindi, alla successiva utilizzabilità di quella cosa rappresentativa che è il documento. A quest’attività si dà il nome di “documentazione” intendendo con tale termine l’operazione attraverso la quale l’atto, cioè il negozio rappresentato nel documento, viene reso manifesto, prescindendo dal suo contenuto. Così il vigente codice civile, nel disciplinare l’efficacia costitutiva, probatoria ed esecutiva del documento, fa riferimento esclusivamente al documento cartaceo scritto, considerando del tutto marginali le forme di documentazione diverse. Basti pensare che, ad esempio, l’efficacia esecutiva e costitutiva è riconosciuta esclusivamente ai documenti scritti, distin8 guendo il codice civile solo gli atti pubblici dalle scritture private . Per quanto attiene, poi, all’efficacia probatoria, il codice civile stabilisce espressamente dall’art. 2721 all’art. 2726 una preferenza del documento scritto rispetto alla prova orale e, tra i documenti scritti, dà importanza privilegiata agli atti pubblici ex artt. 2699-2701, rispetto alle scritture private ex artt. 2702-2708. Tre soli sono, invece, i documenti non scritti che lo stesso codice prende marginalmente in considerazione e che disciplina: il desueto istituto delle taglie e delle tacche di contrassegno ex art. 2713; le riproduzioni meccaniche, fotografiche ed informatiche ex art. 2712, come modificato dal comma 1 dell’art. 23 del d.lgs. n. 82/2005; le copie fotografiche di scritture ex art. 2719. Non diversamente è poi trattata la materia nel nostro vigente codice di procedura civile, il quale ad esempio all’art. 165, nel disciplinare la costituzione in giudizio dell’attore, dispone che nel fascicolo da depositare nella cancelleria siano inseriti l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Identicamente dispone l’art. 166 che, per il con7
In tal senso vedi L. BOVE, Documento (storia del diritto), in Novissimo Digesto, VII, Torino, 1991, p. 14. 8 Vedi sul punto C.M. BIANCA, Diritto civile, III, II ed., Milano, 2000, 305 ss.; G. FINOCCHIARO, Firme digitali e firme elettroniche. Profili privatistici, Milano, 2003, 122; A.M. GAMBINO, voce Firma digitale, in Enc. giur., XIV, Roma, 2001, 2 (ad vocem); A. GENTILI, Documento informatico e tutela dell’affidamento, in Riv. dir. civ., 1998, II, 163 ss.; IDEM, I documenti informatici: validità e inefficacia, in Dir. internet, 2006, 297 ss.; A. VILLECCO, L’atto digitale e la procura: una ragionevole soluzione sul rilascio della procura speciale, in Dir. internet, 2008, 347 ss.
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venuto, presuppone sempre il fascicolo cartaceo ed i relativi documenti scritti, e nella stessa linea è anche l’art. 212 c.p.c. che prevede, in sostituzione dell’originale, l’esibizione di copia anche fotografica del documento. Ugualmente dicasi per il procedimento d’ingiunzione ex artt. 633 e 644 c.p.c., dove si afferma che, su domanda del creditore, il giudice può pronunciare un’ingiunzione di pagamento o di consegna, se del diritto fatto valere si dà prova scritta; e, si specifica che, sono prove scritte idonee a tali fini le polizze e le promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice civile. Si vedano, poi, a proposito del procedimento di acquisizione e valutazione delle prove, gli artt. da 214 a 217 c.p.c., nei quali sono regolate le modalità e gli effetti del disconoscimento della scrittura privata prodotta in giudizio, del riconoscimento tacito, ex art. 215 c.p.c. e le modalità per la proposizione dell’istanza di verificazione; le modalità di custodia delle scritture oggetto di verificazione; lo svolgimento del giudizio di verificazione; nonché la querela di falso, nelle varie fasi di proposizione, di svolgimento del giudizio e di decisione. Ma altrettanto dicasi, poi, per quanto attiene l’attività del giudice che ex art. 115 c.p.c., non potendo acquisire informazioni al di fuori del processo, deve «porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti» e così di seguito esiste tutta una serie di norme che costellano i nostri codici e le varie 9 leggi, che qui per necessità non tratteremo e che ci inducono a ritenere che nel nostro ordinamento non esiste, o non può esistere, un documento senza rappresentazione. Giurisprudenza
Cass., sez. III, 7 febbraio 2005, n. 2411, in base a questa sentenza la parte che intende avvalersi di una scrittura privata disconosciuta deve presentare l’istanza di verificazione, in modo non equivoco, entro il termine perentorio previsto per le deduzioni istruttorie delle parti (entro il termine, cioè, entro il quale è possibile la produzione del documento). Il procedimento incidentale di verificazione di scrittura privata disconosciuta ha, diversamente da quello proposto in via principale, funzione strumentale e finalità istruttorie, inquadrandosi nell’ambito dell’attività probatoria delle parti, in quanto esso non risulta fine a sé stesso, bensì preordinato all’utilizzazione, nel processo, della prova documentale, con la conseguenza che, qualora anche la parte contro la quale la scrittura è stata prodotta fondi su di essa la propria difesa di merito, il documento deve ritenersi implicitamente riconosciuto come autentico e validamente acquisito agli atti quale fonte di convincimento per il giudice. Cass., sez. III, 30 aprile 2005, n. 9024 in ordine alla previsione che l’onere del disconoscimento della scrittura privata grava, però, esclusivamente sul soggetto che appare essere l’autore della sottoscrizione.
9 Mediante le norme penali, poi, l’ordinamento giuridico prevede e punisce i reati di falso e tutela la pubblica fede, ossia la fiducia di ciascuno nella genuinità, autentica e veridicità dei documenti e, dunque, nella loro efficacia. Anche il legislatore penale ha preferito seguire un sistema di specificazione analitico per singoli tipi di documento, configurando a proposito della falsità di ognuno di essi un particolare tipo di reato.
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Normativa
Art. 2712 c.c. (Riproduzioni meccaniche): Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.
2.2. Il documento e la documentazione
L’avere individuato il documento giuridico nella res signata, comporta che una grande rilevanza deve essere riconosciuta all’attività volta alla produzione e, quindi, alla successiva utilizzabilità di quella cosa rappresentativa che è il documento. A tale attività, presa in considerazione dall’ordinamento giuridico, si dà, come già detto, il nome di documentazione. Con tale termine s’intende, in un’accezione diversa rispetto a quella comune, l’operazione attraverso cui l’atto, cioè il negozio rappresentato nel documento, è reso manifesto prescindendo dal suo contenuto. Invero non tutti i documenti sono il risultato di un’attività di documentazione giacché la nozione di documento giuridico ricomprende due distinte realtà: da un lato, le cose che sono create con la specifica destinazione di fornire la rappresentazione di determinati fatti; dall’altro, le res che possono divenire documenti giuridici in quanto, pur originariamente destinate a fini diversi, racchiudono in sé dati o segni eventualmente in grado di servire quali elementi su cui fondare il giudizio sull’esistenza di un fatto giuridicamente rilevante. Tra i documenti che appartengono alla prima categoria, possiamo ricordare, per rimanere nell’ambito delle prove documentali previste dal codice civile, gli atti pubblici e le scritture private, i contrassegni, le copie e le riproduzioni meccaniche. In tutte queste ipotesi il documento può considerarsi un opus e, cioè, il risultato di un lavoro diretto alla sua creazione. L’attività di documentazione può essere svolta dai notai o da altri pubblici ufficiali autorizzati ad attribuire pubblica fede al documento nel luogo dove l’atto è formato, oppure dai privati. Nella prima ipotesi, nella quale la documentazione costituisce esercizio di una pubblica funzione, che dà luogo alla formazione dell’atto pubblico, il documento è sempre eterografo, venendo ad essere formato da un soggetto diverso da colui al quale sono imputabili le dichiarazioni contenute nel documento stesso. Nella seconda ipotesi, relativa all’atto formato da privati, i documenti possono essere autografi o eterografi. Nell’ambito delle attività giuridiche private di documentazione, assume poi rilievo la distinzione tra documentazione richiesta ai fini della validità dell’atto, e documentazione richiesta ai fini di prova dell’atto. Quando la legge subordina la validità di un atto giuridico alla formazione di un documento, la documentazione appartiene alla forma dell’atto, e rientra nella fattispecie dell’esercizio del potere come elemento necessario alla produzione dei suoi effetti – in tali ipotesi si parla
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di forma richiesta ad substantiam, che è requisito di validità non del documento ma della documentazione –. Diversamente avviene quando al documento sia legata la possibilità di fornire la prova di un fatto in giudizio; in tal caso la forma prescritta non appartiene, infatti, alla disciplina sostanziale dell’atto, ma si riconnette alla funzione originale del documento, ossia alla funzione probatoria: si parla in questo caso di forma ad probationem. Ora, poiché tale funzione si svolge in virtù dell’idoneità rappresentativa della res documentale, in dottrina si ritiene che essa prescinda da ogni considerazione dell’attività di documentazione, risultando questa del tutto irrilevante sul piano probatorio. In sintesi, quindi, quando si parla di forma ad probationem, non si fa riferimento alla forma scritta (documentazione), ma allo scritto “documento”. Quando, invece, si parla di forma richiesta ad substantiam si fa riferimento alla “documentazione” del fatto. Infine vi è poi la problematica relativa alla paternità del documento, ma vi sono eccezioni che qui di seguito vedremo, che sono state introdotte dalla recente normativa e dalla giurisprudenza, che hanno inserito deroghe al principio della necessaria autografa sottoscrizione, fattispecie poi notevolmente ampliata sia in sede di previsione del documento informatico che in quella di previsione dell’atto amministrativo informatico, ed anche in sede della recente introduzione dell’atto pubblico informatico notarile di cui parleremo di qui a breve.
2.3. I documenti pubblici e privati
Per la dottrina, il concetto di documento pubblico è esclusivamente collegato al soggetto dal quale proviene e, quindi, al pubblico ufficiale o al pubblico impiegato deputato a ciò per legge. Nella categoria, pertanto, sono ricompresi, non soltanto gli atti emessi dalla Pubblica amministrazione ma tutti gli atti emessi in genere dai pubblici uffici. Atto pubblico in senso stretto è, invece, quello disciplinato dall’art. 2699 c.c., che lo definisce come il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato. Particolare rilevanza assumono, tra i documenti pubblici, gli atti amministrativi, la cui categoria comprende tutti gli atti unilaterali aventi rilevanza esterna posti in essere da una Pubblica amministrazione nell’esplicazione di una sua potestà amministrativa. Essi consistono, come gli altri atti giuridici, in manifestazione di volontà, di apprezzamento, di scienza, basate su una certa rappresentazione della realtà, la quale può essere utilizzata o per la pura e semplice sua enunciazione, oppure come presupposto per una valutazione. A proposito della forma degli atti amministrativi, e cioè al modo in cui l’atto si presenta nel mondo esterno, è stato affermato che «un atto amministrativo non potrebbe esistere ove una manifestazione esteriore mancasse, o non fosse riferibile all’autorità cui l’atto debba essere imputato, o non indicasse di pro-
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venire dal suo autore nella veste di autorità amministrativa e, perciò, non fosse ri10 conoscibile come atto di (quella) autorità» . Ciò non implica, peraltro, che tutti gli atti amministrativi debbano avere una forma determinata, anche se, nella generalità dei casi, una forma particolare, quella scritta, risulta richiesta della legge ad substantiam. Anche secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, comunque, la regola da applicare in materia di atti amministrativi, in mancanza di disposizioni legislative esplicite o implicite, è ancora una volta quella della libertà della forma, nonostante non manchino decisioni secondo cui gli atti amministrativi devono assumere la forma scritta. Sempre rimanendo nel campo pubblicistico, non si possono ignorare neppure le norme dettate sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione di firme. La regola – per quanto attiene alla redazione degli atti pubblici – è che gli atti ricevuti dai notai e dagli altri pubblici ufficiali a ciò autorizzati, siano redatti a stampa, o con scrittura a mano o a macchina e come tali autentificati nella sottoscrizione, tuttavia in materia recentemente è intervenuta la nuova disciplina sull’atto pubblico informatico notarile, sottoscritto con firma digitale e digitalmente autenticato dal notaio (v. infra, § 2.6.), nonché un’ampia categoria di documenti informatici amministrativi i quali, per la loro validità legale, prescindono dalla sottoscrizione autografa. Il legislatore, pertanto, nell’introdurre in sede di diritto positivo il principio della necessità della forma scritta degli atti pubblici, si è chiaramente riferito alla tradizionale nozione di scrittura, presupponendo cioè la consistenza cartacea di tali atti. La funzione propria degli atti pubblici comporta, poi, la necessità della redazione di più esemplari del documento, per consentirne la circolazione: a tal fine al soggetto interessato possono essere rilasciati gli atti che costituiscono la riproduzione integrale (copie) o parziale (estratti) del documento originale. Chiaramente la copia o l’estratto acquistano piena efficacia legale solo all’esito del procedimento di certificazione, procedimento, questo, culminante con l’emissione di un certificato attestante l’autenticità e la conformità all’originale. Sempre sugli atti pubblici, la legge 16 febbraio 1913, n. 89, sul notariato, prevede che il notaio deve ricevere l’atto in presenza delle parti e alla presenza di testimoni ed, eventualmente, dei fidefacienti; l’attestazione che il notaio è personalmente certo dell’identità personale dei comparenti o la dichiarazione dell’accertamento fattone per mezzo dei fidefacienti, inoltre la menzione che il documento è stato scritto dal notaio o da persona di sua fiducia, alla presenza dei testimoni eventualmente intervenuti, con l’indicazione dei fogli di cui consta e delle pagine scritte; infine la sottoscrizione del documento col nome e cognome delle parti, dei fidefacienti, dell’interprete, dei testimoni e del notaio. Per gli atti di ultima volontà, invece, è prevista l’indicazione dell’ora in cui la sottoscrizione del10
Così A.M. SANDULLI, Manuale di diritto Amministrativo,V ed., Napoli, 1984, 671; più specificamente sull’innovazione tecnologica nel diritto vedi L. BREGGIA, Prassi e norme tra cultura e diritto, in Questione giustizia, 2006, 965 ss.
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l’atto avviene . Riguardo ai nuovi compiti del notaio, derivanti dall’introduzione del sistema della firma digitale e alla previsione nella legge, che disciplina tale si12 stema , della “firma digitale autenticata”, grande è il dibattito in dottrina. Dello stesso daremo conto in sede di analisi della legge che faremo in seguito. Per quanto riguarda, invece, i documenti privati, vale a dire quei documenti il cui autore è un soggetto privato, è possibile rilevare come l’ordinamento giuridico riconosca grande importanza alla scrittura privata. Questa costituisce la specie più frequente di forma scritta. Con riferimento alla sua disciplina, il codice civile non ne enuncia la definizione ma si limita a regolarne la fattispecie agli artt. 27022708 c.c., a proposito dei suoi requisiti e alla sua sottoscrizione . Quest’ultima, infatti, costituisce il mezzo adottato dall’ordinamento per imputare ad un determinato soggetto la paternità del documento. In particolare, la dottrina ha chiarito che la sottoscrizione è da intendere come l’apposizione autografa di segni grafici idonei ad individuare il soggetto autore del documento. La sottoscrizione assolve nella scrittura privata a diverse funzioni quale quella indicativa, in quanto fa identificare la persona che sottoscrive; la funzione dichiarativa, dato che fa assumere al sottoscrittore la paternità del documento; le funzioni probatorie in quanto serve a fornire il mezzo per provare l’autenticità del documento; la funzione presuntiva, in quanto deriva dalla sottoscrizione autografa una presunzione iuris tantum di consenso del sottoscrittore al contenuto del documento. Dal descritto complesso di funzioni, la giurisprudenza è pervenuta all’affermazione secondo la quale la sottoscrizione costituisce elemento essenziale della scrittura privata, in quanto consente la giuridica imputazione del documento al privato che ne è, quindi, l’autore. In tal modo l’ordinamento risolve il problema della riferibilità soggettiva del documento, che è il problema base nei documenti dei privati, posto che tali soggetti non hanno alcun potere di attribuire alle proprie dichiarazioni il carattere della veridicità. Infatti, diversa importanza è data dall’ordinamento al documento privato non sottoscritto, che in linea di principio, non è addirittura idoneo ad acquistare alcuna rilevanza giuridica. Giurisprudenza
Cass., sez. II, 2 ottobre 1996, n. 8620: per questa sentenza le scritture private prive della sottoscrizione non possono rientrare nel novero delle scritture private aventi valore giuridico formale con effetti sostanziali o probatori e la parte contro cui sono prodotte non ha neanche l’onere di disconoscerne l’autenticità ex art. 215 c.p.c., norma che si riferisce solo al riconoscimento delle sottoscrizioni.
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Per una disamina di tutti i requisiti dell’atto pubblico notarile si rinvia alla disciplina di cui all’art. 51 della legge 16 febbraio 1913, n. 89. 12 D.p.r. 10 novembre 1999, n. 513, ma vedi le modifiche adottate con d.lgs. 2 luglio 2010, n. 110. Vedi al riguardo G. PERLINGIERI, Il contratto telematico, A) Le nuove tecnologie ed il contratto, in Manuale di diritto dell’informatica, a cura di D. Valentino, II ed., Napoli, 2011, 266 ss.
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Cass., sez. II, 28 luglio 1992, n. 9040 per la quale la sottoscrizione è l’espressione grafica della paternità ed impegnatività delle dichiarazioni che sono contenute nel documento sottoscritto. Cass., sez. III, 11 gennaio 1968, n. 64 per la quale non può parlarsi di scrittura privata quando il documento rechi un segno grafico indecifrabile, che non è possibile riferire ad una persona determinata. Cass., SS.UU., 11 settembre 1979, n. 4746 per la quale la validità della sottoscrizione di un documento si ha quando il relativo segno grafico contenga un minimo di individualità volto ad evidenziare la volontà di un certo soggetto quale autore della sottoscrizione. Sono conformi Cass., sez. III, 22 gennaio 2002, n. 696; Cass., sez. II, 26 novembre 1991, n. 2656; Cass., sez. II, 28 luglio 1992, n. 9040.
2.4. Il documento informatico
Con l’avvento del personal computer nel mondo del lavoro è nata la “videoscrittura”. Oggi avvocati, magistrati, notai, giornalisti, scrittori ed in generale tutti coloro che per svolgere la propria attività lavorativa hanno necessità di scrivere non possono fare a meno del PC, sicché tutti si sono votati alla “videoscrittura” e attraverso il “word processor” creano, modificano, conservano e trasmettono i documenti redatti in forma informatica. I vantaggi offerti della “videoscrittura” sono la ragione della sua planetaria diffusione; essa infatti facilita la percettività in video dell’atto che viene così formato. Essa dà la possibilità di fare correzioni senza limitazioni, e consente non solo reiterate revisioni, ma anche collegamenti ipertestuali e di redigere scritti corretti sotto l’aspetto dell’ortografia e della grammatica. Inoltre la videoscrittura permette un’elevata qualità di stampa dei documenti e la possibilità di conservazione in memoria degli atti e la loro riproducibilità illimitata a costo zero. Oggi poi con l’utilizzo del dittafono o meglio detto voice recorder si può dare un input al PC per la formazione in automatico, sulla base della sola dettatura, di un testo interamente “documentato” dal personal computer. Attraverso la scrittura informatica, che si realizza attraverso la registrazione dalla memoria del PC in bit, oltre alle riportata possibilità, vi è addirittura quella di produrre documenti anche multimediali da parte del solo computer. È proprio questa possibilità di “creazione cibernetica di uno scritto originale”, 13 ossia di un documento formato automaticamente dal computer , sia pure attraverso parametri segnati nel software, e sulla base di dati già incamerati in memoria, rappresenta la vera prossima rivoluzione del documento elettronico in quanto sposta dall’uomo al computer la possibilità di formare in originale uno scritto. La “cibernetica” quindi, diversamente dall’informatica, avrà il compito non già di agevolare l’attività umana, ma addirittura di sostituirla con la c.d. office automation dove è la macchina che sostituisce l’uomo o, meglio, ne rappresenterà la
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Vedi R. BORRUSO, Informatica, internet e diritto, in Dir. internet, 2005, 7 ss.; ed anche R. BORS. RUSSO, C.TIBERI, L’Informatica per il giurista, Milano, 2009, spec. 47 ss.
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sua espansione, come pensiero pensato nella creazione di documenti originali. Ma restando all’attualità, e a tutte quelle che sono oggi le problematiche d’introduzione di un processo telematico che stenta a decollare, prima di passare alla trattazione del documento elettronico, dobbiamo qui illustrare per completezza espositiva, sia pure brevemente, alcuni principi base dell’informatica. Orbene il computer, sia esso in un momento dinamico di elaborazione dei dati o di trasmissione degli stessi, sia esso in un momento statico di archiviazione e conservazione dei dati elaborati, lavora in modo elettronico-digitale e cioè sulla base di un sistema binario di interpretazione della realtà, corrispondente ad una sequenza di combinazione di 0 e di 1. Il singolo circuito, o la singola parte di materiale magnetico od ottico, può avere un duplice valore («passa corrente» oppure «non passa corrente», per il circuito interno all’unità centrale; «magnetizzato» oppure «non magnetizzato», per la superficie della memoria ausiliare magnetica; «buco» o «piano», per quella della memoria ausiliare ottica – CD-ROM –), questa attività come descritta prende il nome di bit. Quest’ultimo termine deriva da binary digit (cifra binaria) ed è utilizzato per individuare l’unità minima d’informazione che l’elaboratore è in grado di ricevere. Un insieme di bit, ai quali è possibile attribuire un significato (per esempio, una lettera dell’alfabeto per gli scritti, una nota musicale per i suoni, una determinata tonalità di colore per le immagini), prende il nome di byte, che viene inoltre considerato l’unità di misura per le varie componenti del sistema di elaborazione dati. Grazie all’evoluzione delle tecnologie informatiche oggi è possibile, secondo strumenti di acquisizione delle informazioni, rendere una qualsiasi realtà esterna percepibile dai nostri sensi e gestibile dal computer attraverso byte e quindi in formato digitale. Anzi, è proprio il concetto d’informazione, in ragione dell’interazione con i nuovi strumenti automatici di gestione, che cambia e diventa informazione automatica, ossia informatica. Così, alla luce delle modalità operative, informazione in senso tecnico è ad esempio un testo scritto, ma manche un suono, un odore, un’immagine, elaborabili attraverso un sistema automatizzato. Orbene, se il computer permette di ampliare questo concetto d’informazione, allora anche il concetto di documentazione ne risulta ampliato. Le informazioni, infatti, sono conservate all’interno delle memorie del computer (momento statico) o elaborate nel microprocessore (momento dinamico), così da essere raggruppate, a secondo delle loro caratteristiche comuni, come un insieme di istruzioni che devono essere eseguite dall’elaboratore per svolgere ad esempio una determinata funzione, nel caso di informazioni che costituiscono un software; oppure raggruppare una serie di pagine che formano un determinato testo leggibile; o ancora riunire un insieme di colori per comporre un’immagine o un insieme di immagini, per comporre un’immagine in movimento ossia un filmato; accorpare un insieme di suoni che costituiscono, per esempio, un brano musicale. Il termine inglese usato per individuare questi gruppi d’informazione è file o record, che possiamo tradurre in italiano con documento o parte di dati. Un file riunisce quindi un insieme di byte, in altre parole di dati che, collegati tra loro, vanno a costituire un insieme d’informazioni, che hanno in comu-
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ne la caratteristica di rappresentare specifiche realtà, anche di natura diversa. Registrare, quindi, dati nelle memorie di un computer altro non è che scrivere con un nuovo alfabeto – quello dei bit – e con un nuovo inchiostro, ossia quello del flusso degli elettroni, e non sulla carta ma su una nova res, quella costituita da supporti di memorie elettroniche ovvero magnetiche ovvero ottiche. È quindi oggi giuridicamente possibile, contrariamente a quando sino a qualche tempo fa ve14 niva negato quasi unanimemente dai giuristi , avere nuovi documenti, siano essi pubblici che privati, non in formato cartaceo ma in formato elettronico con la stessa validità ed efficacia giuridica di quelli cartacei. Premessi questi brevi cenni in relazione al sia pure diffuso ma, a volte, riduttivo utilizzo del computer per la sola videoscrittura, viene alla nostra attenzione la trattazione specifica del documento informatico. Alla luce della ricognizione testé fatta, sia pure per sommi capi, sulla “videoscrittura” abbiamo già detto che con essa si crea un prodotto documentale dematerializzato. Venendo ora al punto centrale di questa parte del lavoro, che consiste nel descrivere come il mondo del diritto disciplina e definisce questo fenomeno entrato prepotentemente nelle relazioni umane, la prima cosa da fare è quella di individuare la normativa vigente allo stato dell’arte in ordine alla definizione che il legislatore dà del “documento informatico”. Quest’ultimo nella vigente configurazione di volontà ed efficacia, sotto il profilo del diritto, si pone senza ombra di dubbio nel nostro ordinamento giuridico come il “primo pilastro” su cui si fonda il Processo Civile Telematico. Senza la pretesa di voler fare la storia del documento informatico nella legislazio15 ne italiana , brevemente si ricordano qui le tappe del percorso normativo che hanno portato alla presa d’atto – in un primo tempo – di questa nuova forma di scrittura informatica che è stata fatta in forza della legge 23 dicembre 1993, n. 457. Normativa quest’ultima in tema di criminalità informatica, con la quale, fu introdotto, nel nostro ordinamento l’art. 491-bis c.p., relativo alla falsità del documento informatico pubblico o privato, che nella sua formulazione originaria, prima della riforma fatta con la legge n. 48/2008, stabiliva che «per documento informatico si intende “qualunque” supporto informatico contenente dati o infor14
Per una panoramica sul dibattito in questione si rinvia a F. BUFFA, Al via il processo civile telematico: le nuove opportunità per gli avvocati, cit., 9 ss. 15 La prima norma significativa in materia di documento informatico si è avuta con il d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 30 in forza del quale fu previsto che gli atti amministrativi della P.A. di norma “devono essere predisposti tramite strumenti informativi automatizzati”. Il primo riconoscimento specifico di scrittura informatica si è avuto, però, con la legge 23 dicembre 1993, n. 547, che introdusse l’art. 491-bis, a cui hanno fatto seguito la legge 24 dicembre 1993, n. 537, sull’obbligo di conservazione dei documenti informatici a fini amministrativi e probatori, e la legge 8 agosto 1994, n. 486. Ma la vera svolta arriva con le leggi Bassanini (legge 15 marzo 1997, n. 59) per la quale «atti documenti formati dalla PA e i contratti sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge». Inoltre il d.p.r. n. 513/1997 fino alle norme dettate con il CAD come aggiornato dal d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159. Vedi da ultimo F. DELFINI, Documento informatico e firme elettroniche, in Manuale di diritto dell’informatica, cit., 510 ss.
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mazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificamente destinati a elaborarli». La norma quindi originariamente legava il concetto di documento al supporto nel quale era contenuto o rappresentato e al programma che lo elaborava. È da precisare però che il testo riformato dell’art. 491-bis non fa più alcun riferimento al supporto materiale sul quale il documento informatico è contenuto, né al programma che lo elabora. È stato quindi sganciato il documento dallo “strumento 16 operativo” che lo crea o lo trasmette, ossia dal programma e dal supporto . Sulla base di quelle che sono le norme viene alla nostra attenzione, in ordine alla definizione del “documento informatico”, anzitutto il comma 2 dell’art. 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59 per il quale: «Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge». Con questa prima norma il legislatore nell’accezione più ampia possibile poneva sullo stesso piano gli “atti” i “dati” ed i “documenti” formati con strumenti informatici o telematici sia da privati che dalla P.A., nonché i contratti stipulati nelle medesime forme, la loro archiviazione e trasmissione, e ne stabiliva la piena validità ad ogni effetto e conseguenza di legge. Con il d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, all’art. 1 lett. a) il “documento amministrativo” è stato definito, invece, come «ogni rappresentazione, comunque formata, del contenuto di atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa» quindi con un’accezione molto più ampia rispetto a quella precedente e con la possibilità di ricomprendervi anche le rappresentazioni sonore o visive di atti interni o utilizzati dalla P.A., e con la sola restrizione in ordine al soggetto che produce il documento amministrativo. Identica è poi la definizione data sia all’art. 1 lettera a), d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, dove il documento informatico è definito come la «la rappresentazione informatica del contenuto di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 513» sia all’art. 1 lett. p), d.lgs. n. 85/2005 dove pure è definito come «la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti» e al successivo art. 20, comma 1, come modificato dall’art. 8, d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159, viene definito come documento «da chiunque formato», quindi sia essa autorità pubblica o mero privato, registrato su supporto informatico trasmesso con strumenti telematici conformi alle regole tecniche previste nello stesso CAD. Con questa previsione di documento informatico come documento da «chiun16
Ogni riferimento al “programma” è venuto meno anche nella consapevolezza che quest’ultimo è uno “strumento operativo” e non un documento e come tale è specificamente tutelato nella fattispecie del reato di danneggiamento di cui agli artt. 635-bis e 635-ter c.p. Vedi, al riguardo, G. BUONOMO, La firma digitale e il processo telematico, cit., 132 ss.; ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole del processo telematico alla luce della più recente disciplina del SIC, in Dir. internet, 2008, 21 ss.
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que formato» è da ritenere che il legislatore non abbia inteso limitare la definizione alla sola natura pubblica o privata del soggetto agente ma che abbia aperto alla piena, e già quindi riconosciuta, giuridicità dei documenti cibernetici, ossia alla creazione cibernetica di uno scritto originale, cioè non copiato, ma prodotto ex novo dal computer e di cui, quindi, non esiste un originale formato dal17 l’uomo . E proprio la creazione cibernetica degli scritti originali, possibile solo a proposito della scrittura informatica, è la più grande rivoluzione nella scrittura perché, prima dell’avvento del computer, solo all’uomo è stato possibile creare uno scritto, espressione del suo pensiero e della sua cosciente volontà, mentre con lo “scritto cibernetico” ciò sarà possibile anche al computer. Proprio in relazione a ciò deve essere letta un’altra fondamentale norma quale è quella dell’art. 40, comma 1, del Codice dell’Amministrazione Digitale che prevede: «Le P.A., che dispongono di idonee risorse tecnologiche, “formano gli originali” dei propri documenti con mezzi informatici secondo le disposizioni del presente codice e le regole tecniche di cui all’art. 71», norma modificata dall’art. 27, d.lgs. 30 di18 cembre 2010, n. 235 , che ha soppresso l’inciso «che dispongono di idonee risorse tecnologiche» e abrogato il comma 2 dello stesso articolo, sicché la nuova formulazione della norma è nel senso che «Le P.A. “formano gli originali” dei propri documenti con mezzi informatici secondo le disposizioni del presente codice e le regole tecniche di cui all’art. 71». È quindi legittimo e corretto ritenere che il CAD con l’art. 40, anche nella nuova versione, detta le linee d’azione per la P.A. nella formazione dei documenti amministrativi informatici, ordinariamente, attraverso atti cibernetici. Non diversa dalla nozione in esame è la nozione di documento amministrativo informatico che il legislatore ha specificato con una dizione molto ampia ed estesa e che è restrittiva solo in ordine al requisito soggettivo della P.A., indipendentemente dal contenuto della disciplina sostanziale e per il quale dobbiamo intendere, in forza della legge 11 febbraio 2005, n. 15, di modifica dell’art. 22 della legge n. 241/1990 e della relativa lettera d), «ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disci17
Documento cibernetico quale documento il cui originale è formato automaticamente dal computer stesso sia pure sulla base di precisi criteri fornitigli dal programmatore attraverso il software; ancora F. DELFINI, Documento informatico e firme elettroniche, in Manuale di diritto dell’informatica, cit., 510. 18 D.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235. Modifiche ed integrazioni al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante “Codice dell’amministrazione digitale, a norma dell’articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69” in G.U., serie generale, 10 gennaio 2011, n. 6. Per un commento vedi I. MACRÌ, U. MACRÌ, G. PONTEVOLPE, La tecnologia informatica e le norme che ne disciplinano l’uso, approvato col d.Lgs. n. 235/2010, Milano, 2010, spec. 162 ss.
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plina sostanziale». A tale nozione, poi, precede l’art. 3-bis, in ordine alla necessità dell’uso della telematica nei rapporti interni, tra pubbliche amministrazioni e tra queste e i privati, e ciò al fine di conseguire una maggiore efficienza dell’attività. Previsione, quest’ultima, ulteriormente sviluppata con la disposta eliminazione dei documenti cartacei, con la prevista obbligatorietà della pubblicazione sui siti informatici dal 1° gennaio 2010 e con la perdita, ex art. 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69, di ogni valore legale per la pubblicazione cartacea dal 1° gennaio 2013. Sempre in questa materia di documenti amministrativi informatici l’art. 16 d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 ha introdotto il nuovo articolo, il 23-ter, in forza del quale gli atti formati dalle pubbliche amministrazioni con strumenti informatici, nonché i dati e i documenti informatici detenuti dalle stesse, costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi o identici tipi di supporto, duplicazioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Inoltre è stabilito che i documenti costituenti atti amministrativi con rilevanza interna al procedimento amministrativo sottoscritti con firma elettronica avanzata hanno l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. Disciplina particolare è poi riservata alle copie su supporto informatico dei documenti formati dalla pubblica amministrazione in origine su supporto analogico ovvero dalla stessa detenuti. Qui si è stabilito che essi hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, degli originali da cui sono tratte, se, però, la loro conformità, all’originale, è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell’ambito dell’ordinamento proprio dell’amministrazione di appartenenza, mediante l’utilizzo della firma digitale o di altra firma elettronica qualificata e sempre nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71. Per l’ipotesi in esame si è stabilito che l’obbligo di conservazione dell’originale del documento è soddisfatto con la conservazione della copia su supporto informatico. Per quanto attiene poi alle regole tecniche in materia di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni si è stabilito che queste saranno definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del ministro delegato per la pubblica amministrazione e l’innovazione, sentiti DigitPa e il garante per la protezione dei dati personali. Esigenza particolare, meritevole di tutela, è apparsa poi quella di garantire, in modo obiettivo ed automatico, la conformità del documento analogico a quello informatico sia in ordine alla sua provenienza che in ordine alla sua conformità all’originale dei predetti documenti informatici, sicché in vista di questa necessità si è stabilito che sulle copie analogiche dei documenti informatici è apposto, a stampa, sulla base dei criteri definiti con linee guida emanate da DigitPa, un contrassegno generato elettronicamente, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71.
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Giurisprudenza
È legittima la norma di un regolamento comunale che dispone, nel caso in cui le richieste abbiano ad oggetto l’estrazione di copie di atti elaborati, la cui fotoriproduzione comporti un costo elevato, modalità alternative quali la riproduzione su CD-Rom in formato pdf, non modificabile. T.A.R. Veneto, sez. I, 23 novembre 2006, n. 3897.
Normativa
Legge 18 giugno 2009, n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile” in Gazzetta Ufficiale del19 giugno 2009, n. 140 – Supplemento ordinario n. 95. Art. 32 (Eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea).
Si distingueva, poi, in forza di disposizione normativa, tra documento informatico sottoscritto con firma digitale e documento informatico sottoscritto con 19 firma elettronica. Come ha già rilevato la dottrina , il documento non sottoscritto con la tecnica digitale, ma munito dei requisiti previsti, ha l’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche, ossia forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Da quanto appena detto deriva logicamente che, nell’ambito del documento informatico, è necessario distinguere tra documento informatico scritto: dove l’idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità; dal documento informatico non scritto. Solo quest’ultimo rientra nella figura prevista dall’art. 2712 c.c. delle riproduzioni meccaniche informatiche, con conseguente piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte, come appena detto, non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Diversa è, invece, la portata probatoria del documento informatico scritto. Quest’ultimo permette l’acquisizione della prova testimoniale, formando principio di prova scritta se proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda, ex art. 2724 c.c. Con l’art. 14, d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, è stata poi modificata la rubrica dell’art. 21 del CAD, con la previsione del documento informatico sottoscritto con firma elettronica. Si è modificato, inoltre, anche il comma 2 del medesimo articolo, con la previsione che il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale – formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 20, comma 3, volte a garantire l’identificabilità dell’autore, l’integri-
19 G. FINOCCHIARO, Firma digitale e firme elettroniche: il quadro normativo italiano dopo il d.lgs. n. 10/2002, Bologna, 2002, spec. 104 ss.; F. DELFINI, op. et loc. supra cit.
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tà e l’immodificabilità del documento – ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. È poi da tenere presente che l’utilizzo di detti dispositivi di firma si presume sempre riconducibile al titolare, salvo che quest’ultimo dia la prova contraria del non utilizzo del dispositivo in conformità alla sua volontà. Si è stabilito infine, in sede di modifica che, salvo quanto previsto dall’art. 25 dello stesso CAD, le scritture private di cui all’art. 1350, comma 1, nn. 1-12, c.c., se fatte con documento informatico, devono essere sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. L’efficacia del documento informatico con “ firma elettronica avanzata, qualificata o digitale” è, quindi, sempre quella prevista dall’art. 2702 c.c. anche in forza dell’art. 21 del CAD nella versione come introdotte con il d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235. Resta, però, da evidenziare la portata della diversa previsione per le scritture private di cui all’art. 1350, comma 1, nn. 1-12, c.c., che, se fatte con documento informatico, devono essere sottoscritte, a pena di nullità, con sola firma elettronica qualificata o con firma digitale; mentre l’omessa previsione della firma “avanzata” che pare comportarne, a contrario, la nullità per legge, mal si concilia con la previsione generale del documento informatico firmato con firma elettronica qualificata o digitale non certificata secondo le norme previste dal legislatore.
2.5. La nuova disciplina delle copie informatiche dei documenti analogici
Con l’art. 15, d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 è stato anche modificato l’art. 22, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 in tema di copie informatiche di documenti analogici. Prevede la novella legislativa che i documenti informatici contenenti copie di atti pubblici, di scritture private e di documenti in genere – compresi gli atti e i documenti amministrativi di ogni tipo formati in origine su supporto analogico spediti o rilasciati dai depositari pubblici autorizzati e dai pubblici ufficiali –, hanno piena efficacia, ai sensi degli artt. 2714 e 2715 c.c., se ad essi è apposta od associata, da parte di colui che li spedisce o rilascia, una firma digitale od altra firma elettronica qualificata. In questi casi, per le predette copie di documenti, la loro esibizione e la loro produzione sostituiscono quelle dei relativi originali. Per quanto attiene, invece, le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico, si è stabilito che le stesse copie hanno la medesima efficacia probatoria degli originali da cui esse sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71. Inoltre, è stato espressamente previsto che le copie per immagine su supporto informatico dei documenti originali formati in origine su supporto analogico, sempre nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 71, hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’ori-
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ginale, però, non è espressamente disconosciuta. Tutte le copie formate secondo i modi anzi descritti sostituiscono, quindi, ad ogni effetto di legge gli originali formati in origine su supporto analogico, e sono idonee ad assolvere gli obblighi di conservazione previsti dalla legge, fatte salve quelle particolari categorie di documenti – da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – analogici originali unici per le quali, in ragione di esigenze di natura pubblicistica, permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, è previsto che la loro conformità all’originale sia autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione firmata digitalmente da allegare al documento informatico; tutti gli altri saranno soggetti alle modalità di esibizione, in copia, così come disciplinati dai commi 1, 2, 3, del medesimo articolo in esame. Per quanto riguarda le copie analogiche di documenti informatici l’art. 16 della medesima novella legislativa ha modificato l’art. 23, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 prevedendo che le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno, perciò, la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico. Dopo l’art. 23 è stato inserito l’art. 23-bis in tema di duplicati e copie informatiche di documenti informatici e si è stabilito che i duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, sempre se prodotti in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71. Inoltre che le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle regole tecniche ex art.71, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta, resta sempre fermo, però, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico. Giurisprudenza
In tema di licenziamento per giusta causa, i dati forniti da un sistema computerizzato di rilevazione e documentazione possono costituire ai sensi dell’art. 2712 c.c. e dell’art. 2 co. 2, D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, prova del fatto contestato ove si sia accertata la funzionalità del sistema informatico e le risultanze di esso possono assurgere a prova presuntiva. Cass., sez. lav.,12 dicembre 1997, n. 12949 (in tal senso anche Cass., sez. III, 10 settembre 1997, n. 8901; Cass., sez. lav., 20 gennaio 1998, n.476; Cass., sez. lav., 6 settembre 2001, n. 11445)
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Gli estratti contributivi su modulo stampato secondo il sistema informatico dell’INPS sono la riproduzione a stampa di un documento elettronico, secondo quanto previsto dall’art. 3, secondo comma, del decreto legislativo 3 febbraio 1933, n. 29 e come tali non abbisognano, per spiegare i loro effetti, di alcuna sottoscrizione; ad essi devono quindi essere riconosciuti gli effetti di cui all’art. 2712 c.c., e pertanto, in mancanza di contestazione della controparte costituiscono piena prova die fatti in essi rappresentati. Cass., sez. lav., 24 marzo 2003, n. 4297 (in tal senso Trib. Roma, 10 settembre 1997, n. 8901)
2.6. L’atto pubblico informatico notarile 20
Con il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 110 in esame , emanato in attuazione della delega al Governo prevista dal comma 5, lett. a) art. 65, legge 18 giugno 2009, n. 69, il legislatore nel rispetto del Codice dell’amministrazione digitale, di cui al d.lgs. 7 21 marzo 2005, n. 82 , ha attuato la delega emanando le nuove norme in materia di documento informatico redatto dal notaio, qui in esame; norme che incidono profondamente sulla legge 16 febbraio 1913, n. 89, in tema di ordinamento del notariato e degli archivi notarili. È stata così introdotta, nel nostro ordinamento, una nuova fattispecie: quella dell’atto pubblico informatico notarile, innovazione che è stata fatta dal legislatore delegato nel pieno rispetto del r.d.l. 23 ottobre 1924, n. 1737, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562, in materia di archivi notarili, e con il riconoscimento dei particolari poteri di controllo in capo al Consiglio Nazio22 nale del Notariato . L’intenzione del legislatore delegato, con le modifiche in esa20 In materia di riforma dell’ordinamento del notariato con riferimento alle procedure informatiche e telematiche per la redazione dell’atto pubblico, l’autenticazione di scrittura privata, la tenuta dei repertori e registri e la conservazione dei documenti notarili, nonché alla rettifica di errori di trascrizioni di dati degli atti notarili. Per una panoramica delle problematiche attuali, vedi E. BELISARIO, La nuova pubblica amministrazione digitale: guida al codice dell’amministrazione digitale dopo la legge n. 69/2009, Rimini, 2009, 3 ss. 21 Vedi al riguardo G. CASSANO, C. GIURDANELLA, Il codice della pubblica amministrazione digitale, Milano, 2005; G. DUNI, L’E-government: dai decreti delegati del marzo 2005 ai futuri decreti entro il 9 marzo 2006, in Dir. Internet, 2005, 225 ss.; F. DELFINI, D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Il codice dell’amministrazione digitale, in Contratti, 2005, 815 ss. P. COSTANZO, G. DE MINICO, Tre “codici” delle società dell’informazione: Amministrazione Digitale, Comunicazioni Elettroniche, Contributi Audiovisivi, Torino, 2006; A. LISI, L. GIACOPUZZI, M. SCIALDONE, B.F. ENONI, Guida al Codice dell’Amministrazione digitale: con focus su archiviazione e elettronica, Matelica (MC), 2006; AA.VV., Il Codice della pubblica amministrazione digitale: Commento ragionato al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modificazioni, a cura di M. QUARANTA, Napoli 2007; G. PONTEVOLPE, Le tecnologie informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso, approvato al d.lgs. 235/2010, cit., 180 ss. 22 Il Consiglio nazionale del notariato svolge, nell’ambito delle proprie funzioni istituzionali, anche l’attività di certificatore della firma rilasciata al notaio per l’esercizio delle sue funzioni. Funzione che il Consiglio già da diversi anni svolge nel rispetto della disciplina contenuta nel Codice dell’amministrazione digitale. Vedi R. BORRUSO, G. CIACCI, Diritto civile e informatica, VI, Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, cit., 341 ss.
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me, va individuata nel raccordo, tra la datata legge sul notariato e le previsioni del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, come modificato con il varo del disegno di legge 19 febbraio 2010, modificato il 23 aprile 2010, di iniziativa governativa ai sensi dell’art. 23 33, legge n. 69/2009 e recepito nel d.lgs. 2 luglio 2010, n. 110 . Il legislatore delegato, in merito, ha introdotto sostanziali modifiche alla legge notarile in vigore, modifiche che si sono rese necessarie in ragione delle sopraggiunte innovazioni tecnologiche quali la firma digitale ed il documento informatico. L’obiettivo dichiarato è quello di rendere compatibile la tradizionale attività notarile con le nuove tecnologie in modo tale da garantire, comunque, la circolazione giuridica dei beni e dei diritti anche quando l’autonomia privata è espletata con l’utilizzo delle moderne tecnologie. Quest’ultima è ora realizzabile anche attraverso l’utilizzo del documento informatico che consente tutte quelle garanzie di sicurezza e di conservazione del documento negoziale, che sono proprie della funzione notarile, e che si estrinsecano anche negli atti informatici, che vanno sempre preservati, anche in una moderna economia di mercato informatizzata. Il provvedimento in esame interviene, quindi, come detto ampiamente, sulla “legge 24 notarile” modificandola ed integrandola in più parti, ma senza tuttavia stravolgerne l’impianto generale che resta quello originario. Così già il comma 1 lett. a) dell’art. 1 della novella inserisce due nuovi articoli, precisamente gli artt. 23-bis e 23-ter. Con il primo si è stabilito che il notaio – ed anche il suo coadiutore o il delegato – per poter esercitare le funzioni deve essere munito di firma digitale, che, offrendo al notaio garanzie in termini di sicurezza, è divenuta per legge una condizione necessaria per l’esercizio della professione. Dunque la firma digitale in forza delle nuove disposizioni diventa per il notaio l’unico strumento operativo da utilizzare sia per la formazione che per la trasmissione oltre che per la conservazione dei 25 documenti informatici ed, infine, per la certificazione delle sottoscrizioni . Con l’art. 23-ter, si è, invece, precisato che il certificato qualificato, rilasciato al notaio per la firma digitale, deve attestarne l’iscrizione all’ordine e la pienezza ed effettività delle funzioni a garanzia dei terzi. In coerenza con quest’ultima esigenza, al comma 2 dello stesso articolo, è previsto che, sulla base delle comunicazioni inviate dai consigli notarili distrettuali, le modalità di gestione del certificato di firma digitale dovrà garantire l’immediata sospensione o la revoca dello stesso quando il notaio è sospeso o cessato dalle funzioni. Infine, il comma 3 ribadisce, 26 sulla base di quanto già disposto dall’art. 32 del CAD, il principio secondo il 23
Pubblicato in G.U. 19 luglio 2010, n. 166, decreto in vigore dal 3 agosto 2010. Per un commento vedi P. BOERO, La legge notarile commentata con la dottrina e la giurisprudenza, Torino, 1993, spec. 52 sc.; E. PROTETTI, C. DI ENZO, La legge notarile. Commento con dottrina e giurisprudenza delle leggi notarili, Milano, 1995, III ed.; A. IANNACCONE, M. NIVES, La Legislazione notarile, Torino, 1996, spec. 121 ss. 25 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, E-law, cit., spec. 132 ss. 26 Art. 32: Obblighi del titolare e del certificatore (comma 1): «Il titolare del certificato di firma è tenuto ad assicurare la custodia del dispositivo di firma e ad adottare tutte le misure organizzative e tecni24
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quale il notaio è tenuto ad utilizzare personalmente il dispositivo di firma collegato al suo certificato. Sempre con l’art. 1 della novella in esame è stato aggiunto, alla lettera b), un nuovo comma all’art. 38 della legge notarile con il quale vengono chiarite le modalità di trasferimento degli atti agli archivi notarili, alla morte del notaio. Con la lettera c) del medesimo art. 1, sono stati invece inseriti, dopo l’art. 47 della legge notarile, due nuovi articoli e precisamente il 47-bis ed il 47ter. Con il primo si è stabilito con una norma di portata generale, che all’atto pubblico di cui all’art. 2700 c.c., redatto su supporto informatico, si applicano le disposizioni di legge. Con il comma 2 del medesimo articolo, invece, richiamata, per l’autenticazione, di cui al comma 2 dell’art. 2703 c.c., effettuata utilizzando modalità informatiche, si dà come per riconosciuta, ai sensi dell’art. 2703 c.c., la firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. È da specificare che l’autenticazione della firma digitale, o di altro tipo di firma elettronica qualificata, consiste nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale nonché della validità del certificato elettronico utilizzato. L’apposizione della firma digitale, o di altro tipo di firma elettronica qualificata da parte del pubblico ufficiale, integra e sostituisce poi l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere previsti dalla normativa vigente. Inoltre se al documento informatico autenticato deve essere allegato altro documento formato in originale su altro tipo di supporto, il pubblico ufficiale può allegare la copia informatica autenticata dell’originale. In quest’ultimo caso le copie su supporto informatico di documenti, originali unici, formati in origine su supporto cartaceo o, comunque, non informatico, sostituiscono, a ogni effetto di legge, gli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all’originale è autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche 27 dall’art. 71 del CAD. Con i due commi in esame è stato completato il quadro normativo delineato dal Codice dell’amministrazione digitale, dato che è stata stabilita la piena equiparazione, sul piano degli effetti giuridici, tra l’atto pubblico e la scrittura privata autenticata con strumenti informatici rispetto ai corrispondenti documenti cartacei. Inoltre si sono stabilite le modalità di gestione del certificato che deve sempre garantire l’immediata sospensione o la revoca, a richiesta che idonee ad evitare danno ad altri; “è” altresì tenuto ad utilizzare personalmente il dispositivo di firma». Sul punto, vedi A.D. DE SANTIS, In tema di digitalizzazione della giustizia, in Foro it., 2010, 118 ss. 27 Art. 71: Regole tecniche: «1. Le regole tecniche previste nel presente codice sono dettate, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con i Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previa acquisizione di obbligatorio parere di DIGITpa». Vedi, al riguardo, M. QUARANTA, L’archiviazione ottica e la conservazione sostitutiva dei documenti nel codice dell’Amministrazione digitale, in Il Codice della Pubblica Amministrazione digitale, cit., 142 ss.
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del titolare o delle autorità competenti, nei casi in cui il notaio sia sospeso o sia cessato dall’esercizio delle sue funzioni per una qualsiasi causa, compreso il trasferimento ad altro distretto. L’art. 47-ter invece, al comma 1, raccorda le norme della legge notarile in materia di formazione e conservazione degli atti pubblici e delle scritture private autenticate. Si è stabilito che esse si applicano ai corrispondenti documenti informatici se compatibili. In tal modo, la nuova disciplina dettata dal decreto per l’atto pubblico e la scrittura privata autenticata è completata con il rinvio all’ordinamento notarile. Il comma 2 contiene, invece, la disposizione secondo la quale l’atto pubblico informatico deve essere ricevuto in conformità a quanto previsto dall’art. 47 della legge notarile, che disciplina le attività che il notaio deve compiere nel procedimento di ricevimento dell’atto pubblico. Questa disposizione, oltre a garantire uniformità nel trattamento normativo, rappresenta anche un presidio per l’esercizio della funzione notarile mediante strumenti informatici, che devono avere le stesse garanzie che l’ordinamento appresta al corrispondente documento cartaceo. Con la novella in parola viene poi introdotto anche un nuovo articolo, il 52bis, che, raccordandosi al principio sancito dall’art. 2700 c.c., secondo cui l’atto pubblico fa fede in merito ai fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza, prevede che i soggetti che devono sottoscrivere gli atti indicati dall’art. 47-bis, appongano personalmente ed in presenza del notaio la propria firma nell’atto pubblico e nella scrittura privata da autenticare. È qui da notare che, a differenza di quanto previsto per il notaio, ai soggetti intervenuti all’atto viene consentito di utilizzare anche una firma elettronica non qualificata. Tanto si ritiene che sia stato previsto al fine di incentivare l’utilizzo delle tecnologie informatiche da parte della generalità dei cittadini, ai quali si rende possibile, anche se non in possesso di firma digitale o di altri strumenti qualificati, di poter sottoscrivere, comunque un atto pubblico informatico. In questi casi la minore affidabilità delle firme elettroniche non qualificate viene superata giuridicamente dall’attività funzionale del notaio, alla presenza del quale l’atto viene sottoscritto dalle parti 28 con certezza in ordine alla sua successiva imputabilità . 28
Vedi al riguardo ai fini di una lettura più approfondita della materia C.M. BIANCA, I contratti digitali, in Studium iuris, 1999, 1035 ss.; G. ROGNETTA, La firma digitale e il documento informatico, Napoli 1999, spec. 32 ss.; G. CIACCI, La firma digitale, il sistema della firma digitale e il commercio elettronico su Internet. Commento al D.P.R. 513/97 e sue applicazioni pratiche, Milano, 1999, spec. 52 ss.; R. ZAGAMI, Firme digitali, crittografia e validità del documento elettronico, in Dir. inform., 1996, 22 ss.; ID., La firma digitale tra soggetti privati nel regolamento concernente “atti, documenti e contratti in forma elettronica”, in Dir. inform., 1997, 908 ss.; P. PICCOLI, U. ZANOLINI, Il documento elettronico e la firma digitale, in I problemi giuridici di Internet, a cura di TOSI, Milano 1999, 73 ss.; A.M. GAMBINO, voce Firma digitale (dir. civ.), in Enc. giur., agg., Roma 2000, 5 ss. (ad vocem); sulla certificazione vedi invece S. GATTAMELATA, Commento all’art. 9 (comma 1), in Commentario d.p.r. n. 513/97, in Comm., 707 ss.; GAGLIARDI, Commento all’art. 9 (comma 2 lett. a e b), in op. supra cit., 716 ss.; G. ROGNETTA, La firma digitale ed il documento informatico, Napoli 1999, 42 ss. Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, Il documento informatico e la firma digitale nella Pubblica
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Con il nuovo art. 68-ter, sempre inserito nella legge notarile in esame, invece, è stato disposto un rinvio, per l’individuazione delle firme elettroniche non qualificate che possono essere utilizzate per la sottoscrizione dell’atto pubblico, a normativa secondaria attuativa da emanarsi. È stato poi previsto che il notaio deve apporre personalmente la propria firma digitale dopo quella delle parti, dell’interprete e dei testimoni e sempre in loro presenza. Al fine del necessario presidio della funzione notarile, e dell’esercizio personale della firma, è stato stabilito che l’eventuale inosservanza da parte del notaio di questa prescrizione comporta conseguenze di natura discipli29 nari quali la sospensione e, in caso di recidiva, la destituzione . Con il nuovo art. 57-bis sono state stabilite, invece, in conformità a quanto previsto dall’art. 22 del CAD, per il notaio le regole da rispettare – relativamente agli atti formati con strumenti informatici – per il trattamento dei dati e dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni. Questi ultimi costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Si è stabilito che le copie su supporto informatico di documenti formati in origine su altro tipo di supporto sostituiscono, ad ogni effetto di legge, gli originali da cui sono tratte, quando la loro conformità è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell’ambito dell’ordinamento proprio dell’amministrazione di appartenenza, attestata con firma digitale resa nel rispetto delle regole tecniche stabilite dal CAD. Quando il notaio deve allegare all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata un documento redatto con strumenti informatici su supporto diverso, ai fini dell’allegazione, ne deve produrre una copia certificandola su supporto informatico e dichiararla conforme. Sempre all’art. 57-bis, ma al comma 2, viene poi stabilita la regola che l’allegazione del documento informatico in copia cartacea ad un atto pubblico, od una scrittura privata autenticata, deve essere resa conforme. Si tratta, nelle fattispecie, com’è di tutta evidenza, di una modalità operativa finalizzata a risolvere questioni pratiche che, in mancanza di specifiche disposizioni, potrebbero essere di fatto ostacolo al pieno utilizzo dell’informatica nella documentazione negoziale. 30 In attuazione del principio di delega è stato inserito anche l’art. 59-bis in materia di rettifica di dati preesistenti alla redazione di atti pubblici e scritture private autenticate. È stato perciò attribuito al notaio il potere di rettifica che può essere esercitato, senza che sia recato pregiudizio ai diritti dei terzi. Questo potere però è limitato, in quanto è esercitabile per i soli errori materiali relativi a dati amministrazione: appunti per una ricostruzione della fattispecie, in Riv. amm. leg. it., 2003, 84; G . CASSANO, A. CONTALDO, Internet e tutela delle libertà di espressione, Milano 2009, 315 ss.; F. DELFINO, Documento informatico e firme elettroniche, in Manuale di Diritto dell’Informatica, cit., 510 ss. 29 Tanto in forza delle modifiche apportate dalle lett. p) e q) dell’art. 1 del presente decreto, rispettivamente, agli artt. 138, commi 2 e 142, comma 1, lettera b) della legge notarile. 30 A seguito della delega al governo in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio ai sensi dell’art. 65, comma 5, lett. b), legge 18 giugno 2009, n. 69.
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preesistenti e comprende anche la pubblicità della correzione dell’errore da farsi attraverso un’apposita certificazione contenuta in un atto pubblico redatto dallo stesso notaio. In considerazione del fatto che la marcatura temporale di un atto informatico potrebbe impedire al notaio di adempiere nello stesso giorno l’obbligo di annotarlo a repertorio si è modificato il comma 1 dell’art. 62 della legge notarile, nel senso che tale obbligo di annotazione è stato portato come scadenza al giorno successivo alla redazione dell’atto. Sono stati poi introdotti altri articoli 31 alla legge notarile e specificamente gli artt. 62-bis, 62-ter e 62-quater che qui di seguito analizziamo. Con l’art. 62-bis è stato previsto che il notaio si avvale, per la conservazione degli atti informatici, di un ente pubblico nazionale che altro non è se non una struttura a cura del Consiglio Nazionale del Notariato. Questa scelta è stata fatta allo scopo di garantire la sicurezza nella conservazione dei dati in quanto solo un soggetto pubblico può essere in grado di predisporre le strutture necessarie alla bisogna. Infatti, sin dall’inizio è apparso evidente che i singoli notai si sarebbero venuti a trovare nell’impossibilità di dotarsi di una struttura autonoma offerente le stesse garanzie nel rispetto alla normativa vigente. Con una norma che completa la disciplina prevista dalla novella ex art. 67, comma 1, si chiarisce poi che il Consiglio Nazionale del Notariato deve dotarsi di strumenti tecnici idonei a consentire l’accesso ai documenti conservati nella struttura. Le spese di funzionamento della struttura poi sono state poste a carico degli stessi notai, escluso ogni onere per lo Stato. Al fine di introdurre una regola nuova e certa in ordine all’identificazione dell’originale informatico dell’atto pubblico redatto e delle scritture private autenticate dal notaio, è stato stabilito che tale qualità spetta, ad ogni effetto di legge, soltanto agli atti ed alle scritture depositate nella struttura gestita dal Consiglio Nazionale del Notariato, e che solo gli atti ivi depositati potranno essere duplicati e dagli stessi potranno essere estratte copie legalmente riconosciute valide come l’originale. Con l’art. 62-ter si è disposto che il notaio deve conservare nella predetta struttura anche le copie informatiche dei documenti originali redatti su supporto cartaceo da lui formati nell’esercizio della funzione notarile. Si è voluto così implementare il ricorso all’informatica, per la conservazione e l’accesso ai documenti negoziali formati nell’origine su supporto cartaceo. Con l’art. 62-quater, invece, si sono dettate le regole necessarie, richiamando le disposizioni procedimentali di cui al d.l. 15 novembre 1925, n. 2071, per la ricostruzione di atti, repertori e registri informatici che devono essere conservati dal notaio. Il comma 4 esclude il ricorso al procedimento di ricostruzione se è di31 Le disposizioni degli artt. 62-ter e 66-bis, comma 1, acquistano efficacia a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli appositi decreti, non avente natura regolamentare, con il quale il Ministro della Giustizia, previa verifica dell’operatività della struttura di cui all’art. 68-bis, comma 1, attesterà la funzionalità dei servizi di comunicazione e di conservazione necessari per gli adempimenti previsti dalle medesime norme.
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sponibile una copia di sicurezza eseguita nell’ambito delle procedure previste nello stesso decreto. Quest’ultimo principio appare coerente con gli altri principi accolti in materia, secondo i quali la copia di sicurezza, eseguita dal depositario delle registrazioni informatiche, rappresenta essa stessa un originale. 32 Con gli artt. 66-bis e 66-ter sono state invece introdotte disposizioni di semplificazione e di attuazione della riforma. Si è previsto che la tenuta del repertorio informatico da parte del notaio sostituisce il repertorio cartaceo, gli altri libri e gli indici attualmente previsti dalla legislazione notarile. Si è, infine, rinviato ad un decreto interministeriale, da emanare sentiti DigitPa ed il Garante per la protezione dei dati personali, la definizione delle regole tecniche da rispettare per l’attuazione delle disposizioni in parola. Si è modificato anche il primo comma dell’art. 67 della legge notarile e si è stabilito che la consultazione e l’accesso (attraverso il diritto al rilascio di copie, estratti e certificati) agli atti informatici, ricevuti dal notaio o presso di lui depositati, può avvenire soltanto nei limiti e nelle forme già previsti per i documenti cartacei. Con il nuovo art. 68-bis si è fatto rinvio ad uno o più decreti del Ministro della giustizia – non aventi natura regolamentare – per la determinazione, nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale, delle ulteriori tipologie di firma elettronica con cui le parti potranno sottoscrivere gli atti ricevuti o autenticati dal notaio. Questi decreti, poi, dovranno disporre anche in ordine alle regole tecniche relative all’organizzazione della struttura gestita dal Consiglio Nazionale del Notariato, presso cui andranno depositati gli atti informatici e le copie informatiche degli atti analogici, nonché in ordine alla trasmissione telematica e alla consultazione degli atti depositati, al rilascio, alle annotazioni, da parte del notaio, degli atti depositati presso la stessa struttura. Il predetto decreto dovrà disporre, poi, in ordine all’esecuzione delle ispezioni, al trasferimento e alla conservazione, presso gli archivi notarili di atti, registri e repertori redatti su supporto elettronico; e, infine, al rilascio, su supporto informatico, della copia esecutiva degli atti ricevuti dal notaio e delle scritture private autenticate di cui all’articolo 474 c.p.c. In ordine al rilascio di copie è qui da evidenziare che l’art. 68-ter sancisce il principio dell’equivalenza dei diversi supporti utilizzabili per la formazione dei documenti. In particolare al comma 1 è previsto che il notaio, quando rilascia copie su supporto informatico degli originali cartacei, ovvero su supporto cartaceo quando l’originale è informatico, attesta la conformità del documento informatico all’originale o alle copie mediante firma digitale. Importanti poi sono le altre modifiche alla legge 16 febbraio 1913, n. 89. Così, ad esempio, si è stabilito che il notaio può attestare la conformità all’originale del32 Le disposizioni degli artt. 62-ter e 66-bis, comma 1, acquistano efficacia a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli appositi decreti, non aventi natura regolamentare, con il quale il Ministro della Giustizia, previa verifica dell’operatività della struttura di cui all’art. 68-bis, comma 1, attesterà la funzionalità dei servizi di comunicazione e di conservazione necessari per gli adempimenti previsti dalle medesime norme.
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la copia eseguita sul supporto richiesto di volta in volta dall’interessato, di un documento a lui esibito indipendentemente dal supporto utilizzato per la formazione dell’originale. Al fine, poi, di completare il quadro operativo necessario per la piena attuazione del ricorso alle procedure informatiche per la redazione degli atti notarili, è stato previsto che, per gli atti pubblici e le scritture private autenticate con strumenti informatici, le annotazioni previste dalla legge dovranno essere eseguite secondo le modalità determinate con un decreto.
2.7. L’efficacia probatoria del documento in generale e di quello informatico in particolare
In materia di documento cartaceo il vigente codice civile stabilisce, all’art. 2700 c.c., che l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Ancora in forza del combinato disposto degli artt. 2702 e 2703 c.c., la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se le sottoscrizioni sono autenticate da un notaio o da altro pubblico ufficiale, ovvero se colui contro il quale vengono prodotte ne riconosce la sottoscrizione. Ancora ai sensi dell’art. 2712 c.c., le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica, informatica di fatti e di cose, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Ancora ex art. 2719 c.c., le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta. Per quanto 33 attiene alla validità del documento informatico era previsto dall’art. 15, comma 2, legge 15 marzo 1997, n. 59, che gli atti, i dati e i documenti formati «dalla pubblica amministrazione e dai privati ...» erano validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. Il comma 1 dell’art. 20 del CAD, ampliando la nozione prevede che detti atti, i dati e i documenti «da chiunque formati», con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di 33
Vedi G. FINOCCHIARO, Documento informatico e firma digitale, in Contratto e impresa, 1998, 956; IDEM, Diritto di Internet: scritti e materiali per il corso, Bologna, 2001, 92 ss.; ID., Firma digitale e firma elettronica: profili privatistici, Milano, 2003, 121 ss.; G. PICCOLI, V. ZANOLINI, Il documento elettronico e la firma digitale, in I problemi giuridici di Internet, a cura di E. TOSI, Milano, 1999, 57 ss.; F. DELFINO, Documento informatico e firme elettroniche, in Manuale del diritto dell’informatica, cit., 520 ss.
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legge. Per la dottrina dominante si può attribuire valore probatorio di scrittura privata ad ogni scrittura sottoscritta, anche fissata su supporto indelebile o, comunque, tale da mantenere traccia delle eventuali alterazioni, in modo che qualsiasi modifica sia riconoscibile e che quindi vi sia sempre la possibilità di verificarne l’integrità. È questa la problematica della sottoscrizione del documento elettronico di cui abbiamo parlato e di cui meglio diremo tra poco, precisando per il momento, tra quei documenti prodotti in tale modalità, ma comunque poi stampati (con stampanti ad aghi, laser od a getto d’inchiostro ovvero scritti a mano o a macchina) su supporto cartaceo che come tali hanno la stessa efficacia di quelli da cui sono tratti, da quelli che invece restano su supporto magnetico e vengono sottoscritti con firma digitale od elettronica ed in tale modalità trasmessi telematicamente. Prevedeva infatti l’art. 23 del CAD, così come modificato dall’art. 11, 34 d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159 , che le copie su supporto cartaceo di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, “sostituiscono” ad ogni effetto di legge l’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Detta norma è stata sostituita dall’art. 16, d.lgs. n. 235/2010 che, modificando l’art. 25 del Codice dell’amministrazione digitale in materia di copie analogiche di documenti informatici, ora prevede che quelle su supporto analogico o, comunque, non informatico di documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Inoltre, le copie e gli estratti su supporto analogico o, comunque, non informatico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. Con questa nuova disposizione si passa quindi dalla “sostituzione” dell’originale con la copia da cui erano tratte, alla valenza delle copie solo nell’efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte, fermo restando che “l’originale unico” deve sempre essere conservato. Tralasciando per il momento la problematica concernente l’efficacia probatoria 35 36 del fax , quale strumento idoneo a far decorrere termini perentori , e tralasciando il messaggio inoltrato con e-mail, che nella vigenza della disciplina di legge, la giurisprudenza a volte ha assimilato alle riproduzioni meccaniche, di cui all’art. 2712 34
Vedi al riguardo le analisi di A. VILLECCO, Il documento informatico. Forma ed efficacia, in Il Codice dell’Amministrazione digitale, a cura di M. QUARANTA, Napoli, 2007, 32 ss. 35 Vedi Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2002, n. 2207; Cass., sez. I, 14 giugno 2007, n. 13916, per la quale ultima sentenza il telefax, rientra nel concetto di «convenzione scritta» ex art. 2 della Convenzione di New York del 10 giugno 1958. Vedi sul punto A. VILLECCO, Le notificazioni e le comunicazioni telematiche nel processo civile, Posta elettronica e telefax, Bologna, 2009, spec. 72 ss. 36 Ancora Cons. Stato, sez. V, decisione 24 aprile 2002, n. 2207.
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c.c., altre volte alla scrittura privata. Tralasciando anche la previsione del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, che ha modificato, con l’art. 12-bis, l’art. 2215-bis c.c. in forza del quale «I libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici, secondo quanto previsto dal presente articolo, hanno l’efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710 del codice civile» e, venendo alla specifica questione, è da dire che, in relazione al valore probatorio del documento elettronico, questo è previsto per legge grazie alla firma digitale giuridicamente riconosciuta ed alle “firme elettroniche” di cui diremo nei paragrafi successivi.
2.8. Il problema della sottoscrizione autografa
Nell’economia moderna i soggetti economici nelle comunicazioni e nelle prassi commerciali oramai ricorrono sempre più agli apparati meccanici e telematici, tanto che possiamo dire che non vi è transazione commerciale che si rispetti che ne prescinda. Tutto ciò ha imposto al legislatore di riconoscere nuove forme di comunicazione, come ad esempio: i telegrammi dettati per telefono, il telex, il te37 lefax , la posta elettronica. Di conseguenza, si è affacciato, in termini cogenti, il problema della sottoscrizione per individuare l’autore di un documento e per il suo disconoscimento. Infatti, solo se si comprende la ratio legis dell’autografia della sottoscrizione, si può giungere ad avere piena cognizione delle problematiche relative all’attribuzione di valore giuridico al documento prodotto attraverso strumenti informatici. Si è detto (v. infra) dell’importanza della sottoscrizione come momento di imputazione delle dichiarazioni provenienti da un determinato 38 soggetto ; ma autorevole dottrina, sulla base di un’attenta osservazione del mondo “dell’aformalismo della macroeconomia”, ha sottolineato che “i negozi più rilevanti si risolvono in accordi comunque espressi” a prescindere dalla sottoscrizione. Quest’ultima dottrina, non pare però rappresentare un’assoluta novità in quanto già con l’art. 2705 il codice civile prevede che il telegramma acquisisce l’efficacia probatoria della scrittura privata a prescindere dalla sottoscrizione del mittente «… se è stato consegnato o fatto consegnare dal mittente medesimo anche senza sottoscrizione». E, ancora, anche la normativa in materia di titoli di credito, che consente l’uso di sottoscrizioni apposte a stampa o con altri mezzi meccanici, e quindi senza l’autografia delle stesse – sulle fatture commerciali e sulle scritture con37 Vedi Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2002, n. 2207, in ordine all’idoneità del fax non solo a far decorrere termini perentori ma anche la presunzione che sia giunto al destinatario, quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente. Vedi F. DELFINI, Documento informatico e firme elettroniche, in Manuale del diritto dell’informatica, cit., 515 ss. 38 Vedi Cass., sez. II, 21 febbraio 1968, n. 594 con la quale si è stabilito che per la volontà di una scrittura privata è necessaria la sottoscrizione delle parti, a cui non si può sostituire il segno di croce. Cass., sez. II, 5 febbraio 1972, n. 275; Cass., sez. II, 21 maggio 1992, n. 6133.
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tabili delle imprese soggette a registrazioni – è in tal senso orientata. Ma la normativa che più di altre ha inciso in modo profondo sulla materia è sicuramente l’art. 3, d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, il quale prevede che, nel caso di emanazione di atti amministrativi attraverso sistemi informatici e telematici, la firma autografa sia sostituita dall’indicazione a stampa sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile. È stabilito così inequivocabilmente che sul piano del diritto positivo non è affatto essenziale, sotto il profilo ontologico, la sottoscrizione autografa ai fini della validità degli atti am39 ministrativi . Regola quest’ultima valida non solo, quindi, per le certificazioni 40 emanate con l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile . La giurisprudenza ha escluso, infatti, l’applicabilità dell’art. 3 del d.lgs. in parola 41 ai soli atti motivati ed agli atti giudiziali in generale . Ancora, in ordine alla problematica in esame, ulteriori chiarimenti sulle sottoscrizioni possono essere tratti con riferimento alla giurisprudenza. È da ricordare in merito il principio sancito in materia di procedura civile in base al quale la produzione diretta in giudizio di un determinato atto del processo, rivolto al giudice, equivale alla sottoscrizione autografa. 42 Il documento elettronico è oramai una realtà nell’attuale modello organizza43 tivo del lavoro d’ufficio e quindi nell’organizzazione sociale dei paesi industriali avanzati. È perciò in atto il graduale venir meno del rapporto tra firma autografa e testo scritto, fenomeno che è sempre più evidente grazie all’uso delle nuove tecnologie. Il requisito della sottoscrizione, quindi, storicamente legato al contratto stipulato tra persone presenti e all’uso sociale della carta, con l’utilizzo delle moderne tecnologie dell’informatica e della telematica, sta subendo pesanti colpi. Proprio in forza di ciò, altra parte della dottrina, in relazione alle moderne tecniche, si è posta il problema di verificare se, in tema di forma, gli obiettivi di certezza nell’imputazione della dichiarazione, che il legislatore ha inteso assicurare con la sottoscrizione autografa, siano raggiunti anche con il documento confe39
In tal senso, vedi Cass. civ., sez. I, 24 settembre 1997, n. 9394; Cass., sez. I civ., 14 novembre 2003, n. 17186; Cass. civ., sez. I, 31 maggio 2005, n. 11499. 40 Cass. civ., sez. I, 11 febbraio 2005, n. 2863. 41 Cass. civ., sez. I, 6 febbraio 2004, n. 2255. 42 Vedi per tutto E. GIANNANTONIO, Manuale di diritto dell’informatica, 2a ed., Padova, 1992, 365 e 367. In ogni caso nel presente scritto i due termini (informatica ed elettronica) vengono considerati come sinonimi, posto che è rara in dottrina una loro distinzione. 43 Dimostrazione di ciò è la progressiva sostituzione di sistemi gestionali automatizzati a quelli “manuali”, applicati nelle forme tradizionali nelle stazioni operative degli uffici pubblici o privati, nonché la diffusione e l’importanza maggiore dei documenti provenienti da un sistema di elaborazione elettronica. Si hanno, infatti, sempre più occasioni di utilizzare certificati elettorali o di stato civile rilasciati da anagrafi computerizzate, documentazione elettronica proveniente dalle conservatorie immobiliari o dal catasto, scontrini emessi da casse automatiche, tabulati contenenti massime giurisprudenziali. E non bisogna dimenticare le numerose attività rese possibili dai servizi introdotti dalla rete telematica Internet, nuovo media di informazione e comunicazione.
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zionato secondo tecniche informatiche a prescindere dall’autografia. Giurisprudenza
È legittimo che la Stazione Appaltante possa chiedere via fax la documentazione a prova dei requisiti dichiarati dalle imprese concorrenti in gara, allorché il bando di gara abbia specificamente indicato tale modalità tra quelle idonee a far decorrere il termine perentorio di dieci giorni previsto per tali adempimenti ai sensi della legge n. 109/94, anche per le imprese. Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2002 n. 2207;
Cass., sez. I, 14 giugno 2007, n. 13916, per la quale ultima sentenza il telefax, rientra nel concetto di «convenzione scritta» ex art. 2 della Convenzione di New York del 10 giugno 1958. Idem Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2002, n. 2207. Cons. Stato, sez. V., 24 aprile 2002, n. 2207, in ordine all’idoneità del fax non solo a far decorrere termini perentori ma anche la presunzione che sia giunto al destinatario, quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente. Cass., sez. II, 21 febbraio 1968, n. 594 con la quale si è stabilito che per la manifestazione di volontà in una scrittura privata è necessaria la sottoscrizione delle parti cui non si può sostituire il segno di croce. L’autografia della sottoscrizione non è configurabile come regola di esistenza giuridica degli atti amministrativi, quantomeno quando i dati esplicitati nello stesso contesto documentale dell’atto consentono di accertare la possibilità di attribuire con sicurezza lo stesso a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive. Corte Cass.,1 sez., sentenza 24 settembre 1997, n. 9394.
Normativa
Ai sensi dell’art. 2705 c.c. il telegramma ha l’efficacia probatoria della scrittura privata, se l’originale consegnato all’ufficio di partenza e sottoscritto dal mittente, ovvero se è stato consegnato o fatto consegnare dal mittente medesimo, anche senza sottoscriverlo. La sottoscrizione può essere autenticata dal notaio. Se l’identità della persona che ha sottoscritto l’originale del telegramma è stata accertata nei modi stabiliti dai regolamenti, e ammessa la prova contraria. Il mittente può fare indicare nel telegramma se l’originale è stato firmato con o senza autenticazione. Art. 2705 c.c.
2.9. Il valore probatorio della firma digitale e di quella elettronica allo stato dell’arte 44
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Il comma 2 dell’art. 20 del CAD, – attualmente abrogato – prevedeva, in ordine al valore probatorio del documento informatico sottoscritto con firma e44
Comma già modificato dall’art. 8, d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159. Come prevede l’art. 13 d.lgs. 20 dicembre 2010, n. 235, in G.U. 10 gennaio 2011, n. 6, Supp. Ord. n. 8. Sul punto ancora F. DELFINI, op. et loc. supra cit. 45
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lettronica, la libera valutazione del giudice in giudizio, fattispecie molto diversa da quella introdotta con l’inserimento del comma 1-bis allo stesso art. 20, che ora prevede, invece, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta ed il valore probatorio che va valutato liberamente in giudizio, tenuto conto delle caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed im46 modificabilità, fermo restando quanto disposto dall’art. 21 . In sede di valore probatorio, quindi, il documento informatico ex art. 21, come modificato dall’art. 9, d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159 e, come risulta dall’art. 14 comma 2, d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, cui è apposta una firma elettronica qualificata, avanzata o digitale non può essere liberamente valutato in giudizio come avveniva nella versione ante riforma, ma ha, per legge, l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. e si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma, salvo che questi dia prova contraria. Orbene, in relazione al fatto che gli atti formati con strumenti informatici, i dati ed i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni, costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge, e che le copie su supporto informatico di documenti formati in origine su altro tipo di supporto sostituiscono, ed in seguito alla riforma hanno “valenza”, agli effetti di legge, dagli stessi originali da cui sono tratti, appare evidente che la parificazione degli originali e delle copie degli atti su supporto informatico (sia esso elettronico, magnetico o ottico), corrispondono esattamente a quelle sul tradizionale supporto cartaceo. Tuttavia, prevedeva l’art. 23 del CAD, così come modificato dal d.lgs. 4 aprile 47 2006, n. 159 e dal d.l. 29 novembre 2008, n. 185 , che i duplicati, le copie, gli estratti del documento informatico, anche se riprodotti su diversi tipi di supporto, erano validi a tutti gli effetti di legge, se conformi alle regole tecniche. Inoltre che quelli contenenti copia o riproduzione di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti ed i documenti amministrativi di ogni tipo, spediti o rilasciati dai depositari pubblici autorizzati e dai pubblici ufficiali, avevano piena efficacia, ai sensi degli artt. 2714 e 2715 c.c., se ad essi era apposta od associata, da parte di colui che li spediva o rilasciava, una firma digitale od altra firma elettronica qualificata. Con l’art. 16, d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, di modifica all’art. 23, si prevede invece che le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritte con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, abbiano la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’origi46
In forza del quale il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, ricorrendo quanto ivi previsto, soddisfa il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti dall’art. 1350, comma 1, c.c. 47 Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 28 gennaio 2009, n. 2, in G.U. 28 gennaio 2009, n. 22, Supp. Ord. n. 14. Vedi sul punto I. MACRÌ, U. MACRÌ, C. PONTEVOLPE, Le tecnologie informatiche e le norme che ne disciplinano l’uso, aggiornato al d.lgs. n. 235/2010, cit., 183 ss.
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nale in tutte le componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta e resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico. L’art. 17, d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, che modifica l’art. 25, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, in materia di firma autentica, prevede inoltre che si ha per riconosciuta, ai sensi dell’art. 2703 c.c., la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma avanzata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Inoltre è stato previsto che l’autenticazione della firma elettronica, anche mediante l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa, o di qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata, si sostanzia nell’attestato, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, e che la sottoscrizione è avvenuta previo accertamento della sua identità personale, della validità dell’eventuale certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico. In merito si tenga poi conto che l’apposizione della firma digitale da parte del pubblico ufficiale sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni fine prevista dalla normativa vigente. Se al documento informatico autenticato deve essere allegato altro documento formato in originale su altro tipo di supporto, il pubblico ufficiale può allegare copia informatica autenticata dell’originale, secondo quanto sarà previsto con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Con quest’ultimo provvedimento saranno anche individuate le particolari tipologie di documenti analogici originali unici per i quali, in ragione di esigenze di natura pubblicistica, permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione ottica sostitutiva, la conformità all’originale dovrà essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico.
2.10. La firma digitale
La firma elettronica è stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 48 10/2002, dettato sulla base della Direttiva 1999/93/CE . Ma vediamo ora che 48
Con la Direttiva 1999/93/CE è stato disciplinato il corretto funzionamento del mercato interno nel settore delle firme elettroniche e creato un quadro giuridico per le firme elettroniche all’interno dell’Unione. La finalità della normativa comunitaria è quella di rimuovere le differenze e le restrizioni riguardanti il riconoscimento giuridico delle firme elettroniche, che costituiscono un ostacolo alla libertà di movimento dei servizi di certificazione e dei prodotti degli stati membri. La scelta del legislatore comunitario si è attestata sull’adozione di un sistema tecnologicamente neutro che permetta di
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cosa è tecnicamente la firma digitale , com’è possibile distinguerla dalla firma elettronica avanzata e da quella qualificata. In merito, prima di passare alla distinzione delle varie tipologie di firma, occorre fare una necessaria premessa. Quando si dice che il documento informatico è firmato “digitalmente” o “elettronicamente”, non si vuol dire per niente, e non si dice, che la firma consiste nella conversione della firma autografa dell’autore sul documento o nella conversione del suo nome e cognome in bit, sia pure criptati. Si dice, invece, una cosa molto più semplice ossia che quel documento informatico è a firma di un determinato autore e cioè che è a lui imputabile, riferibile: è al soggetto attribuito. La firma digitale quindi, così come quella elettronica nelle sue diverse tipologie, non ha nulla a che vedere con la “firma” intesa in senso tradizionale, poichè non si ha la riproduzione, criptata, del nome e del cognome, né è costituita da parole, da disegni e neanche è la “grafia” dell’autore del documento che seppur criptate poi diventano visibili. Per intendere meglio perciò quello che qui vogliamo illustrare, occorre una breve sommaria ricognizione della fattispecie della “ firma elettronica” nella sua diversa tipologia. Ebbene, iniziando dalla firma elettronica non qualificata o semplice (o debole) questa può essere riassunta in quella che è costituita o da una parola di fantasia (password) o da un PIN (Personal Identification Number) che deve essere inserita nel relativo campo richiesto dal computer, dove per avere l’accesso dobbiamo appunto identificarci con un PIN o con una password. Una volta digitata la password o inserito il PIN il computer ci consente l’accesso ad una determinata area sia essa una pagina web o sezione, ci consente prendere in considerazione i futuri sviluppi dei meccanismi di autenticazione, senza che si renda necessario un successivo intervento di adeguamento a livello comunitario o dei singoli stati membri. Il sistema adottato nella direttiva comunitaria attribuisce validità giuridica alla firma elettronica intesa come mezzo elettronico di identificazione. A differenza della normativa comunitaria l’Italia, nel disciplinare la firma digitale, ha scelto una tecnologia asimmetrica. Infatti mentre il legislatore comunitario ha optato per un sistema tecnologicamente neutro, in quanto attribuisce validità giuridica alla firma elettronica intesa come un qualunque mezzo elettronico di identificazione, il legislatore italiano ha adotto un sistema di chiavi a coppia. Comunque il riferimento della direttiva comunitaria ad un firma elettronica avanzata non deve essere inteso nel senso che l’Unione abbia voluto appoggiare la scelta legislativa di alcuni Stati, tra cui l’Italia, che hanno adottato un sistema basato sulla firma digitale; infatti le caratteristiche della firma elettronica avanzata, ex art. 2, punto 2, della direttiva CE, potrebbero essere assicurate anche dall’adozione di tecnologie diverse dalla crittografia a chiavi asimmetriche. Inoltre, mentre la normativa italiana tende a dare un separato valore legale al documento informatico non sottoscritto con firma digitale (esso fa piena prova dei fatti e delle cose in esso rappresentate solo se colui contro il quale è prodotto non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime) il testo comunitario attribuisce valore giuridico al documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice, quindi anche senza firma elettronica avanzata. Vedi al riguardo R. BORRUSO, G. CIACCI, Diritto civile e informatica, cit., 240 ss. 49 Cons. Stato, Sez. cons. atti amministrativi, parere 7 febbraio 2005, n. 11995, per il quale i tipi di firma sono solo due: la firma elettronica pura e semplice e quella qualificata, di cui la firma digitale è un tipo. Cons. Stato, sez. IV, decisione 11 aprile 2007, n. 1653, per tale decisione la firma digitale costituisce soltanto una modalità diversa rispetto alla sottoscrizione tradizionale per iscritto e, quindi, essa non va ad alterare la struttura dei documenti generati in via telematica.
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di leggere dati, di visionare documenti altrimenti non fruibili e ciò in base alla nostra identificazione come persone fisiche. Questa “imputazione” alla persona fisica di password o di PIN costituisce appunto questo tipo di “firma elettronica debole”. Firma elettronica debole nel senso e non già solo perché il nostro codice PIN, o la nostra password possono essere intercettate sulla rete dagli hacker – che con degli appositi programmi possono entrare in possesso della sequenza numerica o alfanumerica del PIN o della password – ma la sua debolezza risiede nel fatto che tale firma non è affatto in assoluto segreta perche essa è ben conosciuta dal gestore (amministratore) con cui gli utenti interagiscono il quale conosce la chiave e che ha la lista di corrispondenza tra password o PIN e nome dell’utente. Queste sono le ragioni alla base del fatto che per questo tipo di firma debole l’efficacia probatoria è rimessa alla libera valutazione del giudice, tenuto conto delle caratteristiche oggettive di sicurezza, integrità e immodificabilità. La superiorità, invece, della firma elettronica “avanzata” o di quella “qualificata” e della firma “digitale” sta nel fatto che per queste tre tipologie di firme vi è l’esclusività assoluta del segreto della chiave da usare per firmare il documento o messaggio, sia essa password o PIN. Ossia vi è certezza “dell’imputabilità” giacché solo l’utente ha la disponibilità e la conoscenza della “chiave” e non vi è “lista” o “gestore” che possa costituire intermediazione o frapposizione al segreto. Orbene con il comma 1 lettera e) dell’art. 1, d.lgs. n. 235/2010 è stata introdotta nel CAD la lettera q-bis), con la quale è stata definita la firma elettronica avanzata come quell’insieme di dati in forma elettronica, allegati oppure connessi a un documento informatico, che consentono l’identificazione del firmatario del documento e che ne garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati poi modificati. Alla successiva lettera f) del medesimo articolo, è stata inserita, poi, la nuova lettera r) che definisce la firma elettronica qualificata come quel particolare tipo di firma elettronica avanzata, che si basa su un certificato qualificato e che si realizza mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma, mentre con la lettera g) si è sostituita la precedente lettera s), del medesimo articolo, e la firma digitale è definita come quel particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici. Ora, a parte l’avvento di quella che sarà la non più tanto futuristica chiave 50 “biometrica” , il sistema attuale della firma digitale, come appena descritto, si
50 Sul punto ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, Biometrica e documenti di viaggio, in Riv. amm. Rep. it., 2006, 745 ss.
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basa su un sistema di “chiavi crittografiche asimmetriche”, dove una delle due serve per criptare il documento e l’altra per decriptarlo. Per criptare si intende la conversione da chiaro in cifrato, secondo un determinato codice di corrispon51 denza, e decriptare significa fare l’operazione inversa . Queste due chiavi sono diverse tra loro e di queste una è privata, ossia quella con cui si cripta il documento, che è nella sola disponibilità e conoscenza dell’utente utilizzatore e che è chiamata «chiave privata». L’altra invece, quella che serve per decriptare il messaggio ed il documento, è di conoscenza pubblica e perciò e detta «chiave pubblica». Con la chiave privata il soggetto, a cui è imputabile il documento ed il messaggio, lo cripta e questo potrà essere letto solo se decriptato sulla base di un codice diverso da quello privato usato dal mittente; codice contenuto in una chiave pubblica che potrà essere richiesto ad un terzo fidefaciente precostituito che è 52 “l’ente certificatore” . È quindi proprio il certificatore, titolare della chiave pubblica, che consente la lettura del documento pervenuto digitalmente anche a chi non ha la firma digitale, consentendo così la lettura dei documenti firmati digitalmente da tutti. Chi vuole utilizzare la firma digitale deve, pertanto, generare una coppia di chiavi crittografiche asimmetriche e, dopo averle generate, deve renderne pubblica una, mediante la procedura di certificazione attivabile presso un ente certificatore incluso nell’elenco formato dall’AIPA, poi trasformato in CNIPA, ed oggi in DigitPa, garantendo così la corrispondenza tra chiave pubblica ed il soggetto a cui la stessa appartiene, nonché l’identificazione del soggetto titolare con la relativa attestazione. Il sistema adottato dal legislatore è basato, perciò, sulla tecnologia della crittografia a chiave pubblica che consente di ottenere, grazie alla firma digitale, uno strumento idoneo ad assicurare la stessa funzione svolta dalla sottoscrizione autografa del documento cartaceo, vale a dire la funzione indicativa, di53 chiarativa e probatoria . A ciascun documento informatico, od a un gruppo di documenti informatici, e al duplicato o copia di essi, può essere apposta o associata, quindi, una firma digitale che deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento od all’insieme di documenti cui è apposta od associata. È questa la previsione fatta dall’art. 24 del CAD laddove recita: «La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento od all’insieme di documenti cui è apposta o associata». L’apposizione poi della firma digitale integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere a ogni fine previsto dalla normativa vigente. Inoltre, è stato previsto, per la validità della firma, che deve utilizzarsi un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non sia scaduto ovvero 51
Vedi le analisi di G. FIORIGLIO, Temi di informatica giuridica, Roma, 2004, 128, ss. Vedi G. ZICCARDI, Crittografia e diritto, Torino, 2003, 72 ss. 53 Ibidem. 52
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revocato o sospeso. Tuttavia occorre precisare che la revoca o la sospensione del certificato comunque motivato, ha effetto, dal momento della pubblicazione, sempre fatto salvo che, il titolare della firma, che sia stato revocato o sospeso, dimostri che l’utilizzo è avvenuto contro la sua volontà. Normativa
D.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, legge 28 gennaio 2009, n. 2, in G.U. 28 gennaio 2009, n. 22 – art. 12-bis. Art. 2215-bis. (Documentazione informatica): I libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa, possono essere formati e tenuti con strumenti informatici. Le registrazioni contenute nei documenti di cui al primo comma debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Gli obblighi di numerazione progressiva, vidimazione e gli altri obblighi previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture, ivi compreso quello di regolare tenuta dei medesimi, sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato, inerenti al documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti. Qualora per tre mesi non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione, e da tale apposizione decorre il periodo trimestrale di cui al terzo comma. I libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici, secondo quanto previsto dal presente articolo, hanno l’efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710 del codice civile.
2.11. Atti, documenti e provvedimenti del processo telematico
Abbiamo già detto che nel Processo Civile Telematico l’atto, tanto di parte che del giudice, sarà informatizzato e informatizzati saranno tutti i documenti prodotti al fascicolo di causa, che sarà l’esatta riproduzione del corrispondente 54 fascicolo cartaceo. L’art. 4, comma 1, d.p.r. n. 123/2001 dispone, inoltre, che i provvedimenti e gli atti del processo possono essere compiuti come documenti informatici sottoscritti con firma digitale, e tanto in forza ed in applicazione del principio della libertà delle forme processuali espresso dall’art. 121 c.p.c.. Per 54
Ci si permette di rinviare al riguardo a A. CONTALDO, M. GORGA, Il processo civile telematico come occasione delle diffusione delle best practices nel settore giustizia, in Rass. Avv. Stato, 2009, n. 4, 309 ss.; ID., L’arringa elettronica. Il foro virtuale come strumento di trasparenza e doverose pubblicità nell’attività amministrativa di supporto all’esercizio del potere giurisdizionale, in Div. econ. mezzi com., 2010, n. 1, 20 ss. Inoltre vedi P. BIAVATI, Diritto processuale dell’Unione Europea, Milano, 2005, 173 ss.; per quanto riguarda il ricorso introduttivo, sempre dal 2001 anche per il “processo europeo” i ricorsi si considerano presentati sia alla data del deposito materiale dell’atto sia alla data in cui l’originale firmato, compreso l’indice degli atti e documenti allegati, perviene alla cancelleria per telescopia o qualsiasi mezzo tecnico di comunicazione, anche elettronico.
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quanto riguarda gli atti di parte, è stato previsto che i modelli dei documenti informatici prodotti dai difensori dovranno essere specificati in appositi e successivi decreti ministeriali – riguardanti le caratteristiche specifiche della strutturazione dei modelli DTD (Document Type Definition), da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto sulle caratteristiche tecniche-operative del PCT (vedi infra) – relativamente ai seguenti atti: atto introduttivo (citazione, ricorso, ricorso cautelare, ricorso per decreto ingiuntivo); nota di iscrizione a ruolo; comparsa di costituzione e risposta con eventuale domanda riconvenzionale ed eventuale richiesta di rinvio della prima udienza per la chiamata in causa del terzo; deduzioni istruttorie a norma dell’art. 184 c.p.c.; note autorizzate ex art. 183, comma 5, c.p.c.; memorie autorizzate; chiamata in causa del terzo; istanza; reclamo; atti conclusivi (comparsa conclusionale, memoria di replica); atto di pignoramento; atto di intervento nell’esecuzione; osservazioni al progetto di distribuzione; istanza di fallimento; istanza di insinuazione al passivo; ricorso per insinuazione tardiva; ricorso per opposizione allo stato passivo; istanza di ammissione alla procedura di amministrazione controllata; istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo; istanza di concordato fallimentare; dichiarazione di voto nelle procedure di amministrazione controllata o di concordato; delega rilasciata ai sensi dell’art. 9, r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578. Tale questione è valida altresì per gli atti della cancelleria, da predisporre sempre secondo i modelli informatici riportati nei decreti da emanarsi, per i verbali di udienza nonché per il biglietto di cancelleria e la richiesta di notifica e di informazione o per l’ordine di esibizione. Il giudice produrrà invece mediante documenti informatici gli atti tipici della sua attività quali: la sentenza, l’ordinanza, il decreto, il dispositivo di sentenza ed il verbale di conciliazione. Tutti questi documenti saranno redatti in formato XML le cui specifiche tecniche saranno determinate con decreti ministeriali e, ogni biennio, adeguate all’evoluzione scientifica e tecnologica. In ogni caso è previsto che la cancelleria dovrà sempre provvedere a trasformare il fascicolo cartaceo in fascicolo informatico ed a procedere all’operazione inversa nel caso in cui la parte proceda per via telematica a trasmettere il fascicolo che dovrà essere trasformato in fascicolo cartaceo. La norma precisa però che, ove non sia possibile procedere alla sottoscrizione con firma digitale, gli atti e i provvedimenti devono essere redatti o stampati su supporto cartaceo e sottoscritti nei modi ordinari ed essere allegati al fascicolo cartaceo. In ogni caso la copia informatica degli atti prodotti dovrà essere inserita nel fascicolo informatico secondo le modalità previste nel decreto. La parte, che procede all’iscrizione a ruolo od alla costituzione in giudizio per via telematica, trasmette anche, con il medesimo mezzo, i documenti probatori come i documenti informatici o le copie informatiche 55 dei documenti probatori su supporto cartaceo . 55 Ai sensi dell’art. 9, d.p.r. n. 123/2001 “Costituzione in giudizio e deposito”: 1. La parte che procede all’iscrizione a ruolo o alla costituzione in giudizio per via telematica trasmette con il me-
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Gli atti ed i documenti probatori offerti in comunicazione dalle parti, dopo la costituzione in giudizio, possono essere prodotti – oltre che per via telematica – anche mediante deposito in cancelleria del supporto informatico. Detto supporto deve, però, essere compatibile con i tipi e i modelli che sono stati stabiliti con il d.m.g. 17 luglio 2008 e deve contenere anche il relativo indice, e la sua integrità 56 deve essere attestata dal difensore mediante la propria firma digitale ex art. 14, comma 1, d.p.r. n. 123/2001. In quest’ultima ipotesi, il responsabile della cancelleria procede a fare una copia del supporto informatico, portato dal difensore, e inserisce nel fascicolo informatico dell’ufficio gli atti, i documenti probatori e l’indice degli atti stessi e restituisce il supporto informatico depositato al difenso57 re. Anche la relazione del CTU , prevista dall’art. 195 c.p.c., ai sensi dell’art. 15, d.p.r. n. 123/2001 può essere depositata per via telematica come documento in58 formatico sottoscritto con firma digitale . Con lo stesso mezzo devono essere allegati i documenti e le osservazioni delle parti o la copia informatica di questi, ove gli originali siano stati prodotti su supporto cartaceo. In questa ipotesi gli originali devono, poi, essere depositati senza ritardo dal CTU, in ogni caso prima desimo mezzo i documenti probatori come documenti informatici o le copie informatiche dei documenti probatori su supporto cartaceo. Ci si permette di rinviare al riguardo a A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole del processo civile telematico alla luce delle più recenti discipline del SICI, in Dir. internet, cit., 21 ss. 56 Ai sensi dell’art. 14, d.m.g. n. 123/2001 “Produzione degli atti e dei documenti probatori su supporto informatico” 1. Gli atti e i documenti probatori offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione in giudizio possono essere prodotti, oltre che per via telematica, anche mediante deposito in cancelleria del supporto informatico che li contiene. Il supporto informatico deve essere compatibile con i tipi e i modelli stabiliti al riguardo dal decreto di cui all’art. 3, comma 3, e deve contenere anche il relativo indice, la cui integrità è attestata dal difensore con la firma digitale. 2. Il responsabile della cancelleria procede a duplicare nel fascicolo informatico gli atti, i documenti probatori e l’indice indicati nel comma 1. 3. Il supporto informatico è restituito alla parte dopo la duplicazione di cui al comma 2. Ci si permette di rinviare A. CONTALDO, M. GORGA, Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, in Ciberspazio e dir., cit., 84 ss. 57 Ai sensi dell’art. 59, d.m.g. 14 ottobre 2004 (pubblicato sulla G.U. 19 novembre 2004, n. 272) “Modelli di documenti informatici prodotti dal consulente tecnico di ufficio” 1. I modelli dei documenti informatici prodotti dal consulente tecnico di ufficio, riportati nei decreti ministeriali di cui all’art. 62, comma 2, sono relativi ai seguenti atti: a) modello generico di consulenza; b) stima di beni mobili; c) stima di beni immobili; d) stima di azienda. 58 Ai sensi dell’art. 15, d.m.g. 14 ottobre 2004 “Deposito della relazione del C.T.U.” 1. La relazione prevista dall’art. 195 c.p.c. può essere depositata per via telematica come documento informatico sottoscritto con firma digitale. 2. Con lo stesso mezzo devono essere allegati i documenti e le osservazioni delle parti o la copia informatica di questi ove gli originali sono stati prodotti su supporto cartaceo. In tal caso gli originali sono depositati dal consulente tecnico d’ufficio senza ritardo, in ogni caso prima dell’udienza successiva alla scadenza del termine per il deposito della relazione. 3. Il giudice, tenuto conto di un eventuale successivo utilizzo dei dati contenuti nella consulenza tecnica d’ufficio, può disporre che la relazione o parte di essa sia redatta in modo conforme a modelli definiti con il decreto di cui all’articolo 3, comma 3. Vedi ancora A. CONTALDO, M. GORGA, Il processo civile telematico (PCT) come occasione delle diffusioni delle best practices nel settore giustizia, cit., 395, ss.
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dell’udienza successiva alla scadenza del termine per il deposito della relazione. La trasmissione per via telematica delle sentenze, redatte come documenti informatici e sottoscritti con firma digitale, secondo le modalità stabilite con il decreto sulle regole tecnico-operative del processo telematico, avviene con le modalità volte ad assicurarne l’integrità, l’autenticità e la riservatezza ai sensi dell’art. 17 del decreto in parola. L’originale della sentenza, redatta in formato elettronico dal giudice estensore o, ai sensi dell’art. 119 delle norme di attuazione c.p.c., dal cancelliere o dal dattilografo da questi incaricato, è sottoscritta con firma digitale dall’estensore, previa verifica della conformità dell’originale alla minuta. In caso di giudice collegiale, l’originale della sentenza è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente e, a tal fine, la sentenza gli è trasmessa, in formato elettronico, dal giudice estensore o dal cancelliere. Quest’ultimo, ai sensi dell’art. 133 c.p.c., attesta l’avvenuto deposito della sentenza apponendo sulla medesima la data e la propria sottoscrizione con la firma digitale. Per quanto concerne, infine, il processo verbale di causa, l’art. 5, d.p.r. n. 123/2001 prevede che esso, redatto come documento informatico, sia sottoscritto, con firma digitale, da chi presiede l’udienza e dal cancelliere. Nei casi in cui sia richiesto, per legge o dal giudice, le parti ed i testimoni procedono alla sottoscrizione delle dichiarazioni rese o del verbale, e lo fanno apponendovi la propria firma digitale. La norma prevede che la copia informatica del processo verbale è allegata al fascicolo informatico con le modalità di cui agli artt. 12 e 13 d.p.r. n. 129/2001, norme che trattano delle regole per la formazione del fascicolo anche informatico. In ragione della consistenza degli adempimenti, con la stessa norma si è precisato che, nel caso non sia possibile procedere alla sottoscrizione in forma digitale, il processo verbale viene redatto o stampato anche su supporto cartaceo, sottoscritto da tutti i soggetti che hanno partecipato all’udienza, od all’atto istruttorio.
2.12. La dematerializzazione della procura alle liti
Da quanto è stato detto nei paragrafi precedenti emerge che nel processo civile telematico il “documento”, in senso tradizionale, è da intendere come demate59 rializzato e che ciò attiene anche alla procura alle liti. Nel merito si sono poste varie problematiche, tra le quali anche quella afferente al caso in cui la stessa procura sia stata conferita su foglio separato dall’atto processuale. Si è posto 59 Vedi sul punto A. LISI, Documento informatico. Problematiche di formazione e probatorie, in AA.VV., Diritto e società dell’informazione. Riflessioni su informatica giuridica e diritto dell’informatica, Milano, 2004, 42 ss. Di interesse nella giurisprudenza TAR Veneto, sez. I, sede di Venezia, sentenza 23 novembre 2006, n. 3897, citata in G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 51.
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cioè il problema della “congiunzione materiale” richiesta dall’art. 83 c.p.c. Il documento informatico – come tale immateriale – infatti non può essere materialmente congiunto ad alcunché, né si ritiene che il problema possa trovare soluzione sulla base delle regole tecniche di cui al d.m.g. 17 luglio 2008. Altro problema è poi quello relativo alla procura e alla sottoscrizione del mandato e dell’autentica, attività possibile per il processo telematico in forza della firma digitale, la quale garantisce il collegamento univoco tra un determinato documento ed il suo autore. La firma digitale, in altre parole, assicura la genuinità del documento, 7 la paternità dello stesso e la sua non ripudiabilità . Il meccanismo tecnico-giuridico in base al quale ciò è possibile, non è illustrabile in questa sede di analisi sulla procura, mentre rispetto alla sola firma digitale valgono le considerazioni di massima fatte nei precedenti paragrafi e quelle che qui seguiranno. Orbene, se il cliente dell’avvocato è munito di un sistema di firma digitale – smart card e relativo lettore, oppure di una pen drive – e sottoscrive la procura, redatta in un documento informatico, associandovi la propria firma digitale, non si porrà alcun problema particolare in quanto in forza dell’art. 21 del CAD, la firma digitale oltre a dare forza probatoria al documento informatico ex art. 2072 c.c., salvo prova contraria, ricondurrà e quindi imputerà l’utilizzo del dispositivo di firma al suo titolare. La firma digitale apposta ad un documento elettronico equivale 60 infatti alla propria firma analogica apposta su un foglio di carta . Quindi, se il cliente firma la procura alle liti con firma digitale, il difensore – come impone la norma sul rito – si deve solo limitare ad autenticare tale firma mediante apposizione della propria firma digitale in modo analogo a quanto accadrebbe se il conferimento del mandato fosse stato reso su carta. Il processo telematico accetta, come ben sappiamo, solo atti telematici – o meglio documenti informatici trasmessi per via telematica – sicché nell’ipotesi di procura alle liti analogica, sia nella firma del cliente che nell’autentica del legale, queste ultime dovranno essere convertite in formato digitale, mediante l’acquisizione tramite uno scanner riprodotta come documento in formato di “PDF avanzato”. L’art. 10, d.p.r. n. 123/2008, prevede infatti proprio il caso in cui la procura rilasciata in forma cartacea sia dematerializzata dal difensore con asseverazione di conformità all’originale mediante sottoscrizione con firma digitale. Il tutto poi prima di essere “chiuso in busta” – sia l’atto giudiziario digitale, sia la procura convertita in formato elettronico – deve essere sottoscritto con firma digitale e con tutti gli altri documenti dovrà essere “imbustato” per poter essere trasmesso all’ufficio giudiziario competen61 te . Si era posto quindi il problema della procura alla lite e dell’atto giudiziario, che, seppur contenuti nella stessa busta – telematicamente inviata –, comunque restavano come due atti separati contenuti sì nella stessa busta, ma che non pote60
Vedi al riguardo Cons. Stato, IV sez., decisione 11 aprile 2007, n. 1653, riportata in G. BUOIl nuovo processo telematico, cit., 100. 61 Vedi Trib. Roma, sez. II civ., sentenza 11 luglio 2006, in Giur. merito, 2007, 1334.
NOMO,
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vano essere considerati come “congiunti materialmente”, così come si richiedeva, ai fini della validità della procura l’art. 83, comma 3, c.p.c., prima dell’ultima riforma. Inoltre è di facile ed immediata comprensione che un atto immateriale non potrà giammai essere “congiunto materialmente” ad un altro atto pure immateriale anche se per parte della dottrina e della giurisprudenza già lo spirito della riforma dell’art. 83 c.p.c. – fatta con la legge 27 maggio 1997, n. 141 – era, appunto, nel senso di consentire e di non vietare il conferimento della procura su foglio separato che quindi si aggiungeva alle modalità della procura a margine ed in calce all’atto sul quale era redatta o riprodotta. L’unico elemento che qui infatti era richiesto, come elemento ulteriore, era la sua congiunzione materiale al ricorso al quale faceva riferimento. Su tale base si era posto quindi il problema di verificare se tale modalità di “congiunzione” potesse essere soddisfatta, per gli atti del processo telematico, “nell’imbustamento” dell’atto giudiziario e della relativa procura telematica e quindi in modo tale da ritenere che in predetta modalità, le prescrizioni richieste dall’art. 83 c.p.c. fossero state soddisfatte. Per dare una risposta al posto quesito occorre innanzitutto analizzare la disciplina in materia alla luce dell’interpretazione fattane dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
2.13. La procura alle liti
È dato oramai generalmente riconosciuto dai consociati che per agire in giudizio come attore o ricorrente ed anche per resistere al ricorso, o anche costituirsi in giudizio, come convenuti ad una domanda da altri introdotta nei propri confronti, è sempre necessario farlo per ministero di un avvocato quale soggetto a ciò abilitato, dotato di quella competenza tecnica per ogni causa, escluse evidentemente quelle per un certo valore minimo o per determinate materie. Ma esclusi questi ultimi casi particolari, per stare in giudizio occorre sempre l’assistenza legale di un difensore, i quali, affinché possano rappresentare la parte in giudizio, devono necessariamente e preventivamente essere muniti di mandato scritto del cliente, rilasciato in forma di atto pubblico o scrittura privata au62 tenticata, ossia di una “procura alle liti” o “mandato alle liti”. Anche nell’era della telematica e dell’informatica, l’approccio metodologico alla causa, da parte degli avvocati, non ha subito rilevanti cambiamenti rispetto a quello tradizio63 nale in quanto le attività ancora consistono nello studio dei documenti, al ri62
Sulla procura alle liti si veda, per tutti: F. CARNELUTTI, Figura giuridica del difensore, in Riv. dir. proc. civ., 1940, I, 65; P. CALAMANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile, Padova, 1940, 240 ss. 63
Sul punto vedi A.D. DE SANTIS, Questioni in tema di procura alle liti e processo civile telematico, in Foro it., 2008, I, 962 ss.; A. VILLECCO, L’atto digitale e la procura: una ragionevole soluzione sul rilascio della procura speciale, in Dir. internet, 2008, 347 ss.
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pensare ai colloqui con il cliente, all’identificazione degli istituti giuridici a favore e contro la parte che si deve rappresentare e tale identificazione oggi molto più agevole, si fa mediante l’accesso alle banche dati istituzionali e certificate o, con molti rischi sull’affidabilità, tratte dalla libera fonte di Internet. Tutto ciò al fine di trovare argomenti per sostenere la tesi o meglio per individuare le norme di diritto vigenti, a sé favorevoli e sfavorevoli alla controparte che disciplinano la fattispecie concreta oggetto di tutela. Questo modus operandi implicava ed implica il superamento delle problematiche che il “nuovo processo”, o meglio, la nuova metodologia di esercizio dell’attività professionale processuale, pone. Tra queste, quella molto dibattuta non solo tra i giuristi informatici è stata la problematica relativa alla procura alla lite, alla sua sottoscrizione, ed alla conseguente certificazione da parte del difensore. La norma di riferimento, che qui di seguito esamineremo, è quella contenuta nell’art. 83 c.p.c., norma che deve essere preliminarmente scrutinata nella trattazione di questo primo fondamentale atto con il quale l’avvocato è investito della questione da patrocinare. L’esame quindi deve necessariamente muovere dalla trattazione di questo fondamentale atto, qual è la “pro64 cura alle liti” poiché solo con la relativa certificazione dell’autenticità della sot65 toscrizione, l’avvocato è abilitato all’esercizio dello Jus postulandi , che consiste nel c.d. mandatum posto a margine o in calce all’atto di citazione, al ricorso alla 66 comparsa di risposta , o ad uno degli altri atti elencati nell’art. 125 c.p.c. Prevedeva l’art. 83 c.p.c., nella precedente formulazione e, per quanto qui interessa, che quando la parte è in giudizio col ministero di un difensore, questi do67 veva essere munito di procura , che poteva essere generale o speciale, conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Inoltre, che la procura speciale poteva essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d’intervento del precetto o della domanda d’intervento nell’esecuzione. In tali casi l’autografia della sottoscrizione
64
Ancora P. CALAMANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile, cit., 250: «Per poter esercitare il “ministero” del difensore rappresentante bisogna che questi, a differenza del difensore assistente, sia munito di “procura” scritta (art. 83 c.p.c.): per questo la legge distingue il “difensore con procura” (art.86) che rappresenta la parte, dal difensore “senza procura” che per incarico che può essere puramente verbale, si limita ad assisterla». Distinzione cui era corrispondenza la doppia iscrizione nell’albo forense per l’attività di funzione “procuratoria” e di “avvocato”, poi soppressa con legge n. 27 del 1997, avente per oggetto appunto la soppressione dell’albo dei procuratori legali e nuove norme in materia di esercizio della professione forense. 65
Sul punto F. CARNELUTTI, Lezioni sul processo penale, Milano, 1949, 190.
66
Vedi al riguardo Tar Calabria, sez. II, sentenza 9 febbraio 2005, n. 98, in G. BUONOMO, sp. supra cit.108 ss. 67
Cass., sez. lav., 9 marzo 2006, n.5134, per la quale la decifrabilità della sottoscrizione della procura alle liti non è requisito di validità dell’atto ove l’autore sia identificabile, con nome e cognome, dal contesto dell’atto medesimo. Conformi in tal senso: Cass. civ., sez. III, 19 marzo 2007, n. 6464; Cass. civ., sez. I, 26 giugno 2007, n. 14786.
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della parte doveva essere certificata dal difensore. La procura si considerava apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che doveva però essere congiunto materialmente all’atto cui si riferiva. Orbene, proprio sulla possibilità di considerare la procura apposta in calce, anche se rilasciata su foglio separato congiunto però materialmente all’atto cui si riferiva, la dottrina e la giurisprudenza ha molto dibattuto. E, infatti, atteso che la dematerializzazione degli atti del processo telematico coinvolge, come innanzi detto, anche la procura alle liti, nel caso in cui sia stata conferita su foglio separato, dall’atto processuale al quale può fare riferimento, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., si poneva il problema della “congiunzione materiale” richiesta dall’articolo stesso. Infatti, la procura alle liti, sia essa rilasciata su documento informatico autonomo, ab origine, sottoscritto con firma digitale dal cliente ed autenticata altrettanto digitalmente dal legale, ovvero redatta in forma analogica e sottoscritta ed autenticata in modo tradizionale – per poi essere convertita in formato digitale ed asseverata conforme all’originale con firma digitale del difensore – non può essere ritenuta apposta né in calce né a margine di un atto giudiziario. La norma di riferimento infatti è sempre l’art. 83, commi 1 e 2, c.p.c., il quale prevede che: «quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura. La procura alla lite può essere, poi, generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata». La procura ad litem, infatti si inquadra nel più vasto ambito della rappresentanza, ed è sempre un negozio recettizio con cui la persona fisica, che sta nel giudizio o vuole promuoverlo, in proprio o in nome e per conto altrui, manifesta la volontà di attribuire l’incarico difensivo. Solo con essa il difensore nominato legalmente abilitato al patrocinio ha il potere-dovere di agire nel processo per la cura degli interessi dell’assistito. Il difensore, infatti, potrà direttamente e validamente agire nel processo in nome e per conto dell’assistito, e gli effetti del proprio lavoro si rifletteranno immediatamente nella sfera giuridica del conferente, proprio perché la procura gli attribuisce la contemplatio domini, vale a dire il potere della spendita del nome del cliente per cui agisce. I limiti e le facoltà della rappresentanza processuale sono fissati perciò per legge e si desumono dall’art. 84 c.p.c., in quanto il difensore «può compiere o ricevere tutti gli atti del processo», esclusi gli atti espressamente riservati dalla legge alla parte o che comportino una disposizione del diritto in contesa. Sotto il profilo in esame, riguardo alla procura, molto interessanti sono i procedimenti che vengono instaurati con la proposizione di un ricorso, dove la costituzione della parte rappresentata coincide con il deposito dell’atto introduttivo, con la conseguenza che la procura deve esistere, ed essere depositata contestualmente al ricorso stesso, al fine della valida 68 instaurazione del rapporto processuale . Quando la procura ad litem è invece redatta su foglio separato, che deve essere materialmente congiunto all’atto a cui si riferisce, si pone un serio problema in quanto la stessa non risulta essere né a 68
4.
Vedi A. VILLECCO, Il processo civile telematico, cit., 162 ss.
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“margine” né “in calce” al ricorso. Tale mandato, su atto separato, deve essere congiunto materialmente sull’originale, quindi spillato allo stesso, al momento della costituzione in giudizio, pur non occorrendo che sia tuttavia trascritto sulla copia 69 notificata alla controparte . Tradizionalmente però il mandatum ad litem è stato sempre concesso attraverso la specifica procura in calce od a margine dell’atto di 70 citazione oppure della comparsa di risposta . Questa tradizionale distinzione tra mandato concesso a margine od in calce, in relazione alla procura elettronica, in dottrina ed in giurisprudenza sin da subito è stata considerata come norma non applicabile alla fattispecie perché, nella previsione regolamentare del processo telematico, la procura per disposizione normativa, può essere rappresentata solo da un file autonomo sottoscritto con firma digitale dal cliente di seguito all’atto introduttivo del giudizio. A tale file deve poi essere apposta la firma digitale dell’avvocato, cosicché la sottoscrizione risulta per autenticata dallo stesso professionista che con l’apposizione della propria firma, di seguito a quella del cliente, l’accompagna spe71 cificando che quest’ultima è “per autentica” , legalizzando così il file del cliente. Sin dall’inizio si è posto in dottrina, ed in giurisprudenza, il problema relativo alla sottoscrizione del mandato alle liti fatta dal cliente – sia esso Ente pubblico o persona fisica – rilasciata su supporto cartaceo, o, se munito di firma digitale, su supporto elettronico. Queste due problematiche principali, e vale a dire quella del cliente che è privo, e quella del cliente che è munito di firma digitale hanno trovato immediate soluzioni, essendo queste due fattispecie abbastanza semplici in quanto con la prima ipotesi, trasformato il documento cartaceo in documento elettronico, con l’inserimento della stringa, che è il risultato della crittazione mediante chiave privata dell’impronta delle funzioni di hash, apposta la firma digitale dell’avvocato, per autentica, mediante una nuova cifratura della stessa, questa volta con la chiave privata, l’avvocato con la sua firma digitale attesta che la parte ha firmato il mandato. Nel secondo caso, e cioè quando il cliente è munito di firma digitale, l’avvocato, invece, con la propria firma digitale, fa solo l’autentica di quella sottoscrizione del mandato. Quanto in precedenza detto si desume agevolmente dall’art. 10, d.p.r. n. 123/2001, dove è stato previsto che se il difensore si costituisce telematicamente, ma la procura gli è stata conferita su supporto cartaceo, questi dovrà trasmettere la copia informatica del documento cartaceo, con la garanzia di autenticità, ossia con la procura asseverata come conforme all’originale, mediante sottoscrizione con firma 72 digitale . È stato, poi, posto in capo allo stesso difensore l’obbligo di deposita69
In tal senso cfr. Cass. civ., sez. I, 25 luglio 1997, n. 69 ss.
70
Cons. Stato, sez. IV, decisione 11 aprile 2007, n. 1653, cit. in G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 53 ss. 71
Vedi A. GAMBINO, L’accordo telematico, Milano, 1997, 92 ss., laddove analizza le problematiche giuridiche più pregnanti anche alla luce della dottrina più rilevante. 72
Ai sensi dell’art. 10, d.m.g. n. 123/2001, “Procura alle liti”: 1. Se la procura alle liti è stata
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re, al momento della costituzione in giudizio, l’originale cartaceo redatto al momento del conferimento dell’incarico. Nell’ipotesi di procura elettronica il mandato alle liti dovrà quindi essere trasmesso insieme alla nota di iscrizione a ruolo – questa, si noti, andrà redatta in conformità al modello di cui all’art. 3, 73 comma 3, d.p.r. n. 123/2001 – per via telematica come documento informatico, sottoscritto con firma digitale e redatto in modo conforme al modello definito dal decreto sulle regole tecnico-operative del processo telematico, dettate con il d.m. 17 luglio 2008 come modificate. Proprio quest’ultima normativa deve essere tenuta presente proprio per quanto sarà detto nel paragrafo seguente. In questa sede, e per adesso, occorre precisare che il problema determinante, rispetto alla procura elettronica, è divenuto la trasmissione degli atti e dei documenti proprio in relazione a quella che era l’originaria previsione dell’art. 83 c.p.c., e che solo recentemente è stata integrata e specificata. Per il momento occorre soffermarsi sul fatto che prevedeva (e prevede) l’originario art 83 c.p.c. al terzo comma che «la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato» ma subito dopo precisa che detto foglio deve essere «congiunto materialmente all’atto cui si riferisce». Quando la procura era rilasciata su supporto cartaceo, come atto materialmente separato, la redazione del mandato su supporto cartaceo ad hoc si presentava come atto ulteriore diverso da quello in cui era stata redatta la citazione, la comparsa o uno degli altri atti elencati dall’art. 125 c.p.c. Per questo foglio separato il comma 3 dell’articolo in esame prescriveva – e prescrive – che come atto separato, ai fini della sua “congiunzione materiale”, è necessaria la sua spillatura – od incollatura – di seguito all’atto al quale si riferisce. In merito rilevante è stata la casistica in ordine alle domande introdotte con ricorso per le quali, dovendo il ricorrente costituirsi in cancelleria con il deposito del ricorso e, quindi, instaurandosi il rapporto non conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all’originale mediante sottoscrizione con firma digitale. Vedi A. CONTALDO, M. GORGA, E-law, cit., 75 ss. 73
Ai sensi dell’art. 3, d.p.r. n. 123/2001 “Sistema informatico civile”. Il sistema informatico civile è strutturato con modalità che assicurano: a) l’individuazione dell’ufficio giudiziario e del procedimento; b) l’individuazione del soggetto che inserisce, modifica o comunica l’atto; c) l’avvenuta ricezione della comunicazione dell’atto; d) l’automatica abilitazione del difensore e dell’ufficiale giudiziario. Per un commento vedi A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole del processo civile telematico alla luce delle più recenti modifice del SICI, cit., 25 ss. Vedi anche degli stessi autori Il Processo Civile Telematico (PCT) come occasione della diffusione delle best practices nel settore giustizia, cit., 375 ss. Al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari per le attività rispettivamente consentite dal presente regolamento. Con decreto del Ministero della giustizia, sentito il DigitPa (già CNIPA), sono stabilite le regole tecnico-operative per il funzionamento e la gestione del sistema informatico civile, nonché per l’accesso dei difensori delle parti e degli ufficiali giudiziari. Con il medesimo decreto sono stabilite le regole tecnico-operative relative alla conservazione ed all’archiviazione dei documenti informatici, conformemente alle prescrizioni di cui all’art. 2, comma 15, legge 24 dicembre 1993, n. 537, e all’art. 18, d.p.r. 10 novembre 1997, n. 513.
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con la notifica del ricorso e del decreto, ma con il deposito del ricorso in cancelleria, non è possibile il rilascio della procura in data posteriore alla costituzione in cancelleria della parte rappresentata. La giurisprudenza infatti ha sempre ritenuto inidoneo un eventuale rilascio della procura successiva alla data del deposito in cancelleria ritenendolo un atto irrituale per la corretta instaurazione 74 del rapporto processuale . È stato, infatti, più volte affermato che il ricorso all’art. 125 c.p.c., che prevede la possibilità di rilasciare la procura al difensore in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, non sia mai applicabile nei procedimenti promossi mediante ricorso, in quanto in questi casi la costituzione della parte rappresentata coincide con il deposito del ricorso, con la conseguenza che l’eventuale mancanza della procura, al momento del deposito, comporta l’inesistenza dell’atto introduttivo, il quale risulta privo di un presupposto indispensabile 75 per la valida instaurazione del rapporto processuale . Né l’invalidità della costituzione in giudizio della parte, per difetto di procura al difensore, rilasciata nei modi e nei tempi di cui agli artt. 83 e 125 c.p.c., si badi bene, può essere sa76 nata per effetto di una successiva ratifica dell’operato del difensore medesimo , diversamente da quanto è stato previsto invece, dalla riforma fatta con legge n. 69/2009 per i giudizi incardinati dopo il 4 luglio 2009. Giurisprudenza
Cass., sez. lav., 9 marzo 2006, n. 5134, per la quale la decifrabilità della sottoscrizione della procura alle liti non è requisito di validità dell’atto ove l’autore sia identificabile, con nome e cognome, dal contesto dell’atto medesimo. Conformi in tal senso: Cass. civ., sez. III, 19 marzo 2007, n. 6464. Il difensore, per poter proporre appello, deve essere munito deve essere munito dei relativi poteri attraverso il conferimento di una rituale procura. La mera sottoscrizione della parte, posta in calce alla sentenza impugnata, non integra gli estremi formali della scrittura privata di conferimento della procura speciale alle liti. Cass., sez. I, sentenza 26 giugno 2007 n. 14786.
Nell’ambito delle gare telematiche, la presentazione del documento informatico firmato digitalmente, con il quale si confermano le offerte successivamente alla conclusione dell’asta elettronica, deve essere rispettato, a pena di esclusione, l’obbligo di sottoscrizione congiunta da parte di tutti i componenti del raggruppamento, qualora non sia stata data tale delega, per la conferma, alla sola impresa capofila. Cons. Stato, sez. IV, decisione 11 aprile 2007, n. 1653.
74
Ibidem. Vedi altresì Cass. civ., sez. I, 3 giugno 1995, n. 6280. Si veda in tal senso Cass. civ., sez. I, 4 febbraio 1999, n. 972. 76 Ci si permette di rinviare al nostro, L’arringa elettronica, cit., in Div. econ. mezzi com., 2010, 20 ss. 75
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2.14. La procura elettronica prima dell’ultima riforma
Prima di passare alla trattazione della nuova procura alla lite elettronica, così come risulta dalla recente riforma fatta con la legge 18 giugno 2009, n. 69, occorre esaminare com’è stata risolta in giurisprudenza, sino ad ora, la problematica in ordine alla procura elettronica nella previsione normativa dell’art. 83 c.p.c., non integrato con la nuova disposizione. È da premettere che l’articolo in esame, che è norma che regolamenta il conferimento della procura alla lite, quale difesa tecnica obbligatoria per la parte in giudizio, è stata concepita e scritta, anche se non nella sua formulazione attuale, quasi settant’anni fa quando la percezione della realtà era solo analogica e allorché il foglio di carta bollata, sulla quale era rilasciata, era percepibile alla vista ed al tatto quale entità “materiale”. Ora, però, poiché la dematerializzazione degli atti del processo telematico coinvolge anche la procura alle liti, l’insieme dei bit che ne rappresentano la sua costruzione risultano impalpabili in quanto, appunto, “virtuali”, e come tali restano sul monitor finché il documento elettronico non viene stampato e salvato sull’hard disk, od in altra memoria di massa, per essere poi riutilizzato o spedito telematicamente come documento informatico. La procura alle liti redatta quindi in forma di documento informatico, in quanto entità immateriale ed elemento virtuale, non può essere logicamente congiunta “materialmen77 te” ad alcunché atteso che il bit è impalpabile . Ora, come anticipato, la previsione della fattispecie, ante riforma, è che, nell’ipotesi in cui la procura sia rilasciata su atto separato, quest’ultimo deve essere “congiunto materialmente” all’atto cui si riferisce, sicché si è posto il problema di interpretare l’inciso “congiunto materialmente all’atto cui si riferisce” per quanto attiene al processo telematico e relativi documenti elettronici. Ed, infatti, mentre per i giudizi introdotti con ricorso o citazione, il problema in ordine alla congiunzione materiale della procura all’atto al quale fa riferimento, nell’ipotesi in cui quest’ultima sia rilasciata su documento cartaceo, non pone particolari problematiche dovendo quest’ultima essere congiunta, anche per mezzo della semplice spillatura (o incollatura), all’atto al quale si riferisce, diversamente insormontabile è subito apparsa la questione della “congiunzione materiale” nell’altra fattispecie in cui la procura fosse stata rilasciata, invece, elettronicamente. Per quest’ultima ipotesi ben difficile, anche sotto il profilo concettuale, era la sua “congiunzione materiale” all’atto al quale faceva riferimento ed anche sotto il profilo logicogiuridico l’attività di congiungere un atto immateriale elettronico ad un atto materiale, cartaceo, era esercitazione assai ardua. Tuttavia, atteso l’insormontabilità del problema concettuale di “congiunzione materiale di un atto immateriale”, prima della novella, era stata data una prima soluzione relativamente alla 77 Vedi poi su tutti R. BORRUSO, S. RUSSO, C. TIBERI, L’ Informatica per il giurista, dal bit a internet, Milano, 2000, spec. 122 ss.
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congiunzione della procura inviata per via telematica con un atto pure inviato telematicamente. Dobbiamo qui fare riferimento ad una, molto pubblicizzata, ordinanza assunta in primo grado dal Tribunale di Milano, VIII sezione civile, depositata il 23 febbraio 78 del 2009. Per questa sezione di Tribunale la procura telematica alle liti è valida a tutti gli effetti di legge se contenuta nella busta telematica inviata unitamente al ricorso monitorio, purché entrambe siano firmati dall’avvocato con firma digitale ivi compresa la busta. Ha ritenuto cioè il Tribunale che, nonostante la procura alle liti fosse non “congiunta materialmente” a quest’ultimo ma semplicemente “imbustata”, come documento informatico, con questo ultimo, e quindi prodotto quale documento del fascicolo di parte, tale semplice modalità di spedizione avrebbe soddisfatto il requisito della congiunzione materiale all’atto richiesta dall’articolo 83, comma 3, c.p.c.. Nonostante il favore ottenuto, in vari settori, da questa decisione, tuttavia il giurista è sempre tenuto a verificare la correttezza del procedimento logico-giuridico seguito dal Tribunale muovendo “dal fatto” regolato dalla “lex specialis” per il processo telematico. Orbene, la fattispecie che è al nostro esame prende le mosse da un’opposizione ad un decreto ingiuntivo la cui fase dell’intero procedimento si era svolta in via telematica e quindi il Tribunale, considerato che l’art. 10, d.p.r. n. 123/2001, prevede che: «Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all’originale mediante sottoscrizione con firma digitale», ha ritenuto che anche nel procedimento monitorio telematico, la procura conferita su supporto cartaceo, e dunque su foglio separato dal ricorso cui si riferisce, può validamente essere “congiunta” allo stesso, mediante copia informatica certificata e autentica. Per il Tribunale di Milano, cioè, «l’inserimento del foglio elettronico separato contenente la procura nella busta telematica firmata dal difensore con firma digitale costituisce nel sistema telematico la congiunzione materiale della procura all’atto», e ciò alla luce dell’art. 10, d.p.r. n. 123/2001, che, nella misura in cui lo richiede, «evidentemente ritiene necessario e sufficiente che la procura su supporto cartaceo sia trasmessa in copia informatica asseverata conforme con firma digitale e “imbustata” insieme al ricorso». Sulla base di questo ragionamento è stato pertanto ritenuto dalla predetta sezione del tribunale che, nel caso sottoposto al suo esame, poiché nel fascicolo monitorio telematico la procura alle liti era stata spedita all’interno della busta telematica, sottoscritta con firma digitale dall’avvocato che aveva presentato e depositato telematicamente il ricorso monitorio, “l’imbustamento” della procura nella busta telematica avrebbe soddisfatto il requisito richiesto della congiunzione materiale all’atto ex art. 83, comma 3, ultima parte, c.p.c.. Su questa base il suddetto Tribunale ha dichiarato 78 Trib. Milano, sez. VIII, 23 febbraio 2009. Secondo i giudici la procura era valida in quanto il procedimento monitorio si era svolto in via telematica e, in applicazione di quanto disposto dall’art. 10, d.p.r. n. 123/2001, il difensore, che si costituisce per via telematica, ha facoltà di trasmettere la procura conferita su supporto cartaceo in copia informatica, che è resa conforme all’originale mediante sottoscrizione con firma digitale.
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valida a tutti gli effetti di legge la procura spedita telematicamente nella stessa busta elettronica di inoltro al Tribunale del ricorso monitorio e degli atti e documenti in quanto, a giudizio del Tribunale, l’unico requisito richiesto dalla normativa era che la procura telematica fosse contenuta nella busta telematica, unitamente all’atto a cui si 79 riferiva, entrambi firmati dall’avvocato con firma digitale . Questa decisione non è però condivisibile. Ed invero, alle stregua della normativa vigente, la stessa è assolutamente non conferente con i canoni della normativa regolamentare e codicistica sia in materia di formazione degli atti in formato elettronico, che di trasmissione degli stessi atti in modalità telematica. La stessa decisione è priva di un valido fondamento giuridico, in quanto è manifestamente contraddetta dalla stessa lettera della legge, essendo in stridente contrasto con quanto contenuto nello stesso citato art. 10, d.p.r. n. 123/2001. Infatti in merito è da osservare che se è vero, come in effetti è, che l’art. 10, d.p.r. n. 123/2001, prevede che «Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all’originale mediante sottoscrizione con firma digitale» è altrettanto vero, però, che la stessa norma proseguendo appena dopo, dispone che lo stesso difensore deve depositare, al momento della costituzione in giudizio, l’originale cartaceo redatto al momento del conferimento dell’incarico. Quest’ultimo inciso trova la sua logica giustificazione proprio in relazione ed in ragione della previsione, fatta dall’art. 83 c.p.c., della necessaria “congiunzione materiale” all’atto alla quale fa riferimento. In definitiva il legislatore altro non dice, con la norma in esame, che nel procedimento che si svolge telematicamente, ancorché all’avvocato sia stato conferito dalla parte mandato cartaceo, lo stesso è abilitato a trasformare la procura in documento elettronico, firmato digitalmente e ad inserirlo, di seguito ai documenti elettronici della procedura, al fascicolo al quale si riferisce. In questo caso, però, la regolarità del mandato si perfeziona con il deposito – in cancelleria – del documento cartaceo che viene allegato successivamente al documento elettronico dematerializzato. Ed è proprio quest’ultima attività che costituisce, quindi, nell’intenzione del legislatore, l’attività di “congiunzione materiale” della procura all’atto al quale fa riferimento. Diversamente l’imposizione dell’attività di deposito del documento cartaceo dopo quello inviato telematicamente non avrebbe alcun senso e sarebbe sotto il profilo giuridico 80 completamente illogico . Per l’Ordinanza in esame, invece, sarebbe solo l’attività di spedizione nella busta telematica firmata digitalmente a soddisfare il requisito della congiunzione materiale richiesta dalla norma. A seguire tale ragionamento ci troveremo 79
Vedi G. BUONOMO, Processo telematico e firma digitale, cit., 72 ss.; P. MORO, L’informatica forense. Verità e metodo, cit., 2006, 96 ss., A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole del processo civile telematico alla luce della più recente disciplina del SICI, in Dir. internet, cit., 2008, 21 ss.; G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, cit., 121 ss. 80 Ci si permette di rinviare a A CONTALDO, M. GORGA, L’arringa elettronica, cit., 22 ss.
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dinanzi all’ovvietà di dover ritenere come assolutamente superflua la previsione normativa in forza della quale nel procedimento monitorio telematico la procura conferita su supporto cartaceo, e dunque su foglio separato dal ricorso al quale si riferisce, deve sempre essere depositata al fascicolo successivamente quindi, ex post, come attività di regolarizzazione degli atti. Solo questo deposito, e non altro logicamente, soddisfa il requisito richiesto della «congiunzione materiale» voluto dalla norma. È evidente, pertanto, sulla base di tali osservazioni, che erroneamente il Tribunale di Milano ha ritenuto che l’inserimento del foglio separato contenente la procura nella busta telematica firmata dal difensore con firma digitale costituisca nel sistema telematico la congiunzione materiale della procura all’atto. Per il Tribunale la normativa richiederebbe, invece, solo come condizione necessaria e sufficiente che la procura su supporto cartaceo sia trasmessa in copia informatica asseverata conforme con firma digitale e “imbustata” insieme al ricorso. Tuttavia, neanche tale ultima prospettazione è condivisibile, in quanto non appare rispettosa della normativa regolamentare in materia di imbustamento e trasmissione telematica degli atti e dei documenti nel processo telematico. La decisione, infatti, non tiene conto del percorso della busta telematica e della struttura della busta stessa. Tralasciando la parte relativa alla chiave di sessione ed al certificato, va ricordato che la busta telematica è strutturata in modo tale che il corpo dell’atto, nel nostro caso il ricorso per decreto ingiuntivo, deve essere in formato PDF, firmato a parte, mentre gli allegati all’atto – es. prove documentali – devono essere allegati allo stesso atto. Nel caso in esame anche la procura è soggetta allo stesso percorso degli allegati e nel percorso che fa la busta alla CPECPT (ora PEC) dal terminale del legale, al punto di accesso, al gestore centrale e da questo al gestore locale, questa dovrà essere necessariamente “spaccottata” nel Repository documentale del cancelliere, per poi essere trattata dalla consolle del magistrato. Ora è chiaro che la procura arriva al magistrato come allegato, alla stregua di ogni altro documento del fascicolo, e non come atto congiunto materialmente al ricorso anche se perviene nella stessa busta telematica. In merito, per meglio chiarire, occorre analizzare anche come la giurisprudenza ha trattato, sino ad ora, la materia, relativamente ai documenti cartacei dei giudizi introdotti con ricorso, e vedere come la giurisprudenza ha considerato la mancata “congiunzione materiale” all’atto, atteso che un diverso trattamento per il processo telematico non troverebbe giustificazione sotto il profilo della parità dinanzi alla legge, con grave lesione del principio fondamentale di uguaglianza costituzionalmente protetto, specie nel misto regime di decreti ingiuntivi telematici e cartacei. Orbene qui la giurisprudenza, riguardo ai documenti cartacei, continua a ritenere che vi sia mancanza del mandato, non sanabile neanche con il ricorso al comma 2 dell’art. 125 c.p.c.. Ed infatti dovendosi il ricorrente costituire in cancelleria, il rapporto ed il contraddittorio si instaura con la notifica del ricorso e del decreto. Quindi su tali basi non è possibile il rilascio della procura in data anteriore alla costituzione della parte rappresentata, in quanto un eventuale rilascio successivo, ex
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art. 83 c.p.c., non è idoneo per la rituale instaurazione del rapporto processuale . Si è posta, cioè, la questione se il ricorso con allegato decreto di fissazione di udienza rilasciato dal Cancelliere, con attestazione di conformità all’originale depositato in cancelleria, faccia piena prova in ordine a quanto in esso certificato fino a querela di falso, e se il ricorso all’art. 125 c.p.c., che prevede la possibilità di rilasciare la procura al difensore in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, sia applicabile nei procedimenti promossi mediante ricorso. Orbene, è innegabile che unanimemente la giurisprudenza ha ritenuto che la mancanza della procura allegata al ricorso, al momento del deposito, nei giudizi introdotti con ricorso, comporti l’inesistenza dell’atto introduttivo, il quale risulta privo di un presupposto indispensabile per la valida instaurazione del rapporto processuale.
2.15. La riforma della procura alle liti fatta con la legge n. 89/2009
Con la pubblicazione della legge 18 giugno 2009, n. 69 recante: «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile» in vigore dal 4 luglio 2009, sono state introdotte importanti novità 82 in tema di utilizzo degli strumenti informatici nel processo civile , nel senso che è stata data un’ulteriore spinta verso la modalità processuale telematica. In tema di procura alle liti le novità da segnalare vanno nel senso dell’espresso riconoscimento della validità della procura inserita nella memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta od in sostituzione del difensore originariamente designato (art. 83, comma 3); alla previsione della validità della copia informatica autenticata con firma digitale della procura rilasciata su supporto informatico (art. 83, comma 3); ed infine alla previsione della sanabilità della procura nulla (art. 182, comma 2). Con la prima modifica si è evidentemente voluto porre fine a quella giurisprudenza di legittimità con la quale era stato affermato che nel giudizio da83 vanti alla Corte di Cassazione – diversamente da quanto avviene nei giudizi di merito – la procura speciale non può essere rilasciata a margine od in calce ad atti che siano diversi dal ricorso o dal controricorso. L’art. 83, comma 3, c.p.c., infatti, nell’elencare gli atti a margine od in calce ai quali poteva essere apposta la pro81
Vedi Trib. Roma, sez. II civ., sentenza 11 luglio 2006, in Giur. merito, 2007, 1334. Secondo i Giudici la procura era valida in quanto il procedimento monitorio si era svolto in via telematica e, in applicazione di quanto disposto dall’art. 10, d.p.r. n. 123/2001, il difensore, che si costituisce per via telematica, ha facoltà di trasmettere la procura conferita su supporto cartaceo in copia informatica, che è conforme all’originale mediante sottoscrizione con firma digitale. 82 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Il processo civile telematico come occasione della diffusione delle best practices nel settore Giustizia, cit., 342, ss. 83 Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2009, n. 14520; Cons. Stato, sez. V civ., 9 marzo 2009, n. 1361.
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cura speciale, individuava, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli ivi espressamente elencati. Pertanto, se la procura non veniva rilasciata sui predetti atti, era necessario che il conferimento si realizzasse nella forma prevista dal comma 2 del citato art. 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, con riferimento agli elementi essenziali del giudizio, con l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata. A quest’ultima conclusione la Suprema Corte era pervenuta proprio con riferimento all’ipotesi in cui sopraggiungeva la sostituzione del difensore precedentemente nominato con il ricorso o con il controricorso. Il principio trovava il suo fondamento nel fatto che il giudizio di legittimità è dominato dall’impulso d’ufficio – a seguito della sua instaurazione con la notifica ed il deposito del ricorso o del controricorso – e come tale, pertanto, non essendo soggetto agli eventi di cui agli artt. 299 ss. c.p.c., implicava l’inammissibilità del deposito di atti redatti dal nuovo difensore – ad esempio un atto di costituzione – dato che la fattispecie non rientrava tra quelle su cui poteva essere 84 apposta la procura speciale . Altra novità che deve qui essere segnalata è la possibilità di sanare o rinnovare la procura. L’art. 182, comma 2, nella nuova versione, stabilisce infatti che «quando rileva ... un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio … per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione». Ne deriva, quindi, che dalla data di entrata in vigore della nuova normativa, ossia dal 4 luglio 2009 per le procure irregolarmente conferite, vi è sempre la possibilità di sanare gli effetti sostanziali e processuali tutte le volte in cui l’effettivo titolare del potere manifesta la volontà di voler far propri gli atti compiuti dal difensore, essendo adesso tali effetti soggetti a sanatoria con effetti retroattivi. Viceversa per quelle, irregolari, conferite fino alla data del 4 luglio 2009, resta la previgente sanzione della non sanabilità. Tralasciando le altre novità introdotte dalla normativa di riforma, è da segnalare la 85 nuova formulazione dell’art. 83, comma 3, c.p.c. , il quale ora è del seguente tenore: «La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concer84
Ci si permette di rinviare ancora a A. CONTALDO, M. GORGA, Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, cit., 82 ss. 85 Sul punto vedi M. BESSONE, Apparenza del potere di rappresentanza e responsabilità verso i terzi, in Riv. dir. civ., 1967, 369 ss.; U. NATOLI, voce Rappresentanza (dir. priv.), in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987, 463 ss.; P. D’AMICO, voce Rappresentanza, I, Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, XXV, 25 ss.
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nente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica». È stata, quindi, prevista espressamente, nella nuova formulazione, la validità della procura rilasciata anche su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale, solo qualora però questo sia congiunto – parificandola quindi alla previgente nozione di “congiunzione materiale” – all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici che dovranno essere però individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Inoltre è stato previsto, con la nuova formulazione del comma in commento, che la procura potrà essere conferita anche su supporto cartaceo, ma che in tal caso il difensore, che si costituisce attraverso strumenti telematici, ne dovrà trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica. Ora proprio in merito alla chiarezza della norma in esame alcune puntualizzazioni sono d’obbligo. Rilevato che la prima parte del comma in parola è restata immutata e che tra la tipologia degli atti è stata aggiunta la memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato, quello che qui interessa è che all’originaria formulazione che prevedeva che la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato, che deve però essere congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, è stato aggiunto che oltre al foglio separato congiunto materialmente, in alternativa, è tale anche il documento informatico separato sottoscritto con firma digitale. Per quest’ultimo è stato previsto, però, che deve essere congiunto all’atto cui si riferisce «mediante strumenti informatici che saranno individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia». Alla stregua di questa nuova disposizione, se la procura alle liti, però, è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce attraverso strumenti telematici, ne trasmette anche la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmis86 sione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica . La tradizionale questione, quindi, della congiunzione materiale degli atti immateriali fatta prima della vigenza del riformato art. 83 c.p.c., non ha più ragione di esistere così come quella attinente alla distinzione del mandato concesso a margine od in calce, diversamente da quanto fino ad oggi era stata per l’altra metodica del mandato conferito su supporto cartaceo. Infine si osserva che è proprio questa nuova formulazione aggiunta al terzo comma che ci consente di verificare la giustezza della non condivisa posizione interpretativa tenuta dal foro ambrosiano uti supra riportata, in quanto le modalità della “congiunzione materiale” della procura elettronica al documento informatico o cartaceo dovrà avvenire «mediante strumenti informatici che saranno individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia» nel rispetto della normati86
Sul punto, vedi ancora G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, cit., 53 ss.
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va, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la rice87 zione dei documenti informatici trasmessi in via telematica . Questi strumenti, a tutt’oggi, non risultano essere stati ancora individuati e comunque non possono essere, come erroneamente è stato fatto, neanche ricondotti al semplice “imbu88 stamento” degli atti della CPECPT , ora PEC, ed alla spedizione della busta sia pure firmata digitalmente con evidente fondatezza della posizione critica qui espressa in relazione alla predetta decisione. Giurisprudenza
È nullo l’atto difensivo prodotto dal legale sfornito di ius postulandi dinanzi al Consiglio di Stato, donde la evidente inammissibilità del ricorso in appello non sanabile con atto successivo o con mera indicazione di altro avvocato fornito di abilitazione al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori. Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2009, n. 1361.
2.16. Il fascicolo informatico
Com’è noto, ora, il sistema informativo previsto dal vigente codice di procedura civile risulta, nella sua interezza, fondato sui registri di cancelleria. Tali registri sono disciplinati dagli artt. 28-34 delle disposizioni di attuazione al 89 codice . Per oltre un cinquantennio, il nostro legislatore non ha mai avvertito la necessità di riallineare tale sistema informativo, progettato dal legislatore del 1942, che risente fortemente delle opzioni di fondo del dibattito teorico di quegli anni e delle esperienze maturate nella vigenza del codice del 1865: per i due tipi di processo, formale e sommario, si concepiva il primo come un processo eminentemente scritto ed il secondo come un processo prevalentemente orale. Il legislatore del 1942 giunse, cioè, alla progettazione del sistema informativo del processo civile sulla spinta del serrato dibattito tra i fautori ed i contrari al principio di oralità del processo, optando per un processo fortemente 90 votato ai canoni dell’oralità . Nella relazione del progetto si affermava, infatti, 87 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, cit., 92 ss. 88 La CPECPT garantisce la ricezione dei messaggi e la loro disponibilità per trenta giorni. Successivamente il messaggio viene archiviato e sostituito da un avviso che contiene i dati di identificativo univoco del messaggio, mittente, data, ora e minuti di arrivo. Il servizio di posta elettronica certificata restituisce al mittente una ricevuta breve di avvenuta consegna per ogni documento informatico. Sul punto vedi G. ZICCARDI, Telematica giuridica. Utilizzo avversato delle nuove tecnologie da parte del professionista del diritto, cit., 72 ss. 89 Si rinvia a A. LEVONI, Le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, Milano, 1992, 62 ss. 90 Vedi G. CHIOVENDA, Principi di diritto processuale civile, cit., 678 ss.
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che «l’oralità è senza dubbio l’anima del nuovo processo che si svolge attraverso una serie di dibattiti fra il giudice e le parti e i loro patroni» e nella relazione ancora si legge che «l’oralità vorrà dire ritorno alla naturalezza e allo spirito di lealtà e comprensione, le schermaglie e le reticenze, che si annidano facilmente nei formalismi del processo scritto, saranno sventate dalla vicinanza e dalla confidenza di quelle conversazioni senza cerimonie, nelle quali il giudice troverà l’atmosfera per esercitare utilmente le sue iniziative istruttorie». Su questo antico 91 presupposto del sistema informativo si inserisce la nuova normativa, essendo nodo cruciale e centrale del processo telematico proprio la disciplina del fascicolo di causa. In merito, l’art. 12, d.p.r. n. 123/2001, prevede espressamente che è la cancelleria a dover procedere alla formazione informatica del fascicolo d’ufficio. La cancelleria, quindi, forma il fascicolo che contiene gli atti del processo come documenti informatici, ovvero copie informatiche dei medesimi atti, quando questi siano stati depositati su supporto cartaceo. Va subito precisato, però, che non scompare il fascicolo cartaceo ma ad esso si affianca quello informatico. Avremo, dunque, due fascicoli con la stessa numerazione, secondo quanto stabilito dall’art. 36 delle norme di attuazione del codice di procedura civile e, di conseguenza, due indici con la particolarità che nell’indice degli atti contenuti nel fascicolo informatico andranno indicati anche i documenti contenuti in quello cartaceo, che è redatto in modo da consentire la diretta consultazione degli atti e dei documenti informatici dalla parte, oltre che in via telematica, anche nei locali della cancelleria attraverso un videoterminale. Nelle intenzioni del legislatore, quindi, le parti, il giudice e la cancelleria potranno in ogni momento consultare on-line il fascicolo d’ufficio ed i fascicoli di parte. Il fascicolo informatico d’ufficio avrà, pertanto, un contenuto peculiare rispetto a quello cartaceo in quanto non si tratterà di una dupli92 cazione di tutti gli atti processuali acquisiti come documenti informatici , posto che il contenuto del fascicolo d’ufficio è circoscritto da quanto statuito dall’art. 168 c.p.c., che prevede l’inserimento nel fascicolo d’ufficio solo della nota d’iscrizione a ruolo, della copia dell’atto di citazione, della comparsa e delle memorie e, successivamente, dei processi verbali di udienza, dei provvedimenti del giudice, degli atti d’istruzione e del dispositivo della sentenza. Normativa
Ai sensi dell’art. 9 del d.p.r. n. 123/2001, “Costituzione in giudizio e deposito”: La parte che procede all’iscrizione a ruolo o alla costituzione in giudizio per via telematica trasmette con il medesimo mezzo i documenti probatori come documenti informatici o le copie informatiche dei documenti probatori su supporto cartaceo.
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F. SATTA, Diritto processuale civile, Padova, 1957, I, 214 ss. Vedi al riguardo P. MORO, L’informatica forense, cit., 97 ss.
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Ai sensi dell’art. 9, d.p.r. n. 123/2001 in parola, vi confluiranno, però, anche i documenti probatori offerti in comunicazione o prodotti dalle parti o acquisiti al 93 processo . Gli atti ed i documenti probatori depositati dalle parti, contestualmente alla costituzione in giudizio o successivamente, sono inseriti in apposite sezioni del fascicolo informatico contenenti ciascuna l’indicazione del giudizio e della parte cui si riferiscono. Per tutti i documenti acquisiti su supporto cartaceo, invece, l’inserimento nel fascicolo informatico sarà effettuato dalla cancelleria solo se ciò non risulterà eccessivamente oneroso. A questo riguardo, ai sensi dell’art. 12, comma 2, è qualificato come eccessivamente onerosa l’estrazione dalla copia informatica di documenti probatori, prodotti o acquisiti su supporto cartaceo, quando il formato del documento da copiare è diverso da quelli indicati dal decreto all’art. 3, comma 3, ovvero se il numero delle pagine da copiare è superiore a venti. È stabilito, però, nel decreto medesimo, che il numero delle pagine è periodicamente aggiornato. In deroga al comma 4 della norma in esame, la cancelleria procede comunque all’estrazione della copia informatica di documenti probatori prodotti o acquisiti su supporto cartaceo quando la parte allega ad essi la copia su supporto informatico, sempre che tale copia e tale supporto informatico siano compatibili con i tipi e i modelli stabiliti, al riguardo, dal decreto stesso. Nell’ipotesi in cui sia necessario acquisire il fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo, la trasmissione potrà avvenire, in ogni stato e grado, anche per via telematica con le modalità particolari fissate ex art. 3, comma 3, d.p.r. n. 123/2001 e dirette ad assicurarne l’integrità, l’autenticità e la riservatezza. La cancelleria sarà tenuta a formare due indici, uno informatico ed uno cartaceo, e nell’indice degli atti del fascicolo informatico dovranno essere indicati anche i documenti conservati solo nel fascicolo cartaceo. Il fascicolo informatico dovrà, inoltre, consentire la consultazione diretta degli atti e dei documenti informatici in esso inseriti. Nel caso di richiesta di trasmissione o di consultazione, totale o parziale, di un fascicolo, il gestore locale, per garantire la riservatezza della comunicazione, deve utilizzare un meccanismo di crittografia basato sulla chiave pubblica di cifratura del soggetto abilitato esterno di destinazione e, nel caso di richiesta di copia conforme del fascicolo, totale o parziale, il cancelliere ne deve attestare la conformità all’originale sottoscrivendola con la propria firma digitale. Infine, dopo la precisazione delle conclusioni, il responsabile della cancelleria deve apporre al fascicolo informatico la firma digitale. Tutte queste previsioni, però, in costanza sia dell’attuale scarsità di risorse tecnologiche, che dell’attuale formazione professionale del personale di cancelleria, appaiono, obiettivamente, di difficile attuazione. Si immagini la necessità della riproduzione degli atti allegati alla produzione di parte, quali fatture, atti pubblici, atti tecnici, ecc. Senza tenere conto, poi, che la stessa contempora93
Vedi al riguardo S. GATTAMELATA, Un nuovo tassello per un processo telematico (riflessioni sul decreto del Ministero della Giustizia 13 febbraio 2001 n. 123), in Nuove leggi civ. comm., 2001, n. 34, 532 ss.; F. BUFFA, Il processo civile telematico. La giustizia informatica, cit., 77 ss.
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nea esistenza di due fascicoli, uno cartaceo ed uno informatico, di sicuro incrementerà le incombenze del personale di cancelleria, non solo sotto il profilo quantitativo – raddoppio degli attuali carichi di lavoro – ma anche sotto il profilo qualitativo in ordine alla dimestichezza con l’uso del personal computer, con le relative periferiche e col software applicativo. Un’ulteriore perplessità, nel senso sopradetto, è imposta dalla normativa per il pagamento dei diritti di copia degli atti del processo. I pagamenti per via telematica, relativamente agli atti giudiziari, devono essere, infatti, effettuati mediante il modello definito dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il pagamento può anche avvenire nelle forme di cui al d.p.r. n. 126/2001 e gli estremi del pagamento devono essere allegati alla nota di iscrizione a ruolo o ad altra istanza inviata all’ufficio giudiziario. Se il pagamento è effettuato con sistemi non telematici, l’originale cartaceo dell’attestazione di pagamento deve essere presentato per la prima udienza. Il difensore nella richiesta di copia può chiedere l’indicazione dell’importo del diritto corrispondente che gli è comunicato, senza ritardo, dall’ufficio giudiziario. Alla richiesta di copia è associato un numero identificativo che, in caso di pagamento dei diritti di copia non contestuale, viene evidenziato nel fascicolo informatico per consentire il versamento secondo le modalità previste dal summenzionato decreto n. 126/2001. Giurisprudenza
Cass., SS.UU., 22 novembre 1994, n. 9968, con questa sentenza la Corte aveva dichiarato inammissibile un ricorso perché la procura era apposta su un foglio aggiunto e non su una pagina occupata dal testo dell’atto. In seguito le Sezioni Unite con sentenza del 30 marzo 1999, n. 3034 hanno ritenuto valido il rilascio della procura su un foglio aggiunto, purché il foglio aggiunto fosse materialmente unito e numerato all’atto al quale si riferiva. Con sentenza del 24 gennaio 1997, n. 571 ne ha stabilito la regolarità purché non vi fossero tra la stessa ed il testo spazi vuoti intermedi. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del 10 marzo 1998, n. 2642 aveva già affermato la validità del mandato su foglio spillato anche se redatto in termini generici. La Corte di Cassazione sez. I civ. con sentenza 4 gennaio 2000, n. 11, aveva affermato che la procura rilasciata su foglio congiunto è equiparabile a quella apposta subito dopo l’ultimo rigo dell’ultima pagina dell’atto, mentre con Cass., sez. I civ., 30 agosto 2002, n. 12709, più acutamente, ha ritenuto sufficiente ogni forma di congiunzione a patto che la procura fosse collocata nell’atto prima della relazione di notifica.
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Le fonti, le regole tecniche e l’architettura del processo civile telematico 3.1. Premessa: i due pilastri del processo telematico. – 3.2. L’avvocato e le nuove tecnologie. – 3.3. L’avvocato nella rete. – 3.4. Le fonti del processo telematico come nuova modalità processuale. – 3.5. Il Decreto del Presidente della Repubblica 23 febbraio 2001, n. 123. – 3.6. Le regole tecniche del PCT dal d.m.g. del 14 ottobre 2004, al d.m. 17 luglio 2008. – 3.7. Il regolamento adottato con il Decreto del Ministero della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. – 3.7.1. Dominio Giustizia, responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, gestore dei servizi informatici e il portale dei servizi telematici. – 3.8. L’architettura del PCT: il punto di accesso, funzioni ed abilitazioni, i delegati dell’avvocato e gli ausiliari del giudice. – 3.9. L’architettura del PCT: il PolisWeb. – 3.10. L’architettura del PCT: il deposito degli atti alla luce del d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44 e specifiche tecniche del 29 luglio 2011. – 3.11. Registro generale degli indirizzi elettronici nel previgente sistema e nel nuovo decreto. – 3.12. L’architettura: gli obiettivi e la sicurezza del PCT. – 3.13. I pagamenti telematici degli atti del Processo Civile Telematico e relative componenti architetturali. – 3.14. Le nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia.
3.1. Premessa: i due pilastri del processo telematico
Chiunque abbia un minimo di esperienza sull’attuale modello organizzativo del lavoro giudiziario immediatamente percepisce l’attuale errata configurazione del processo civile sia in ordine alla dislocazione territoriale delle sedi dei Tribunali e delle Corti, sia in ordine alle relazioni lavorative tra gli avvocati e tra questi
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e le cancellerie. Questo stato di cose rappresenta un grave ostacolo all’acquisizione di quella nuova cultura che, nell’ambito delle finalità di efficienza della pubblica amministrazione, dovrebbe mettere al primo posto il cittadino-utente come valore di riferimento, e rispetto al quale il servizio giustizia dovrebbe rimodellare la sua intera organizzazione, secondo le illustrate linee guida di change management per il lavoro nella P.A., e di best practices nel settore del lavoro giudiziario in particolare come tracciate nel precedente primo capitolo (v. infra, §§ 1.2 e 1.3). L’attuale esperienza storica sembra, infatti, essere caratterizzata dalla quasi totale mancanza di responsabilità del modello organizzativo e dall’assenza di termini certi, sia per la definizione dell’iter processuale, sia per la piena realizzazione della sua intima funzione giustiziale. Questi due fattori, nell’epoca storica attuale, rappresentano sicuramente una plateale negazione dei diritti del cittadino. Rispetto a tale stato di cose è di tutta evidenza che l’impiego degli strumenti informatici nel processo in generale, e nel processo civile in particolare, è destinata a rivoluzionarne l’organizzazione e la metodologia di lavoro con sicure ricadute sulla velocità ed efficacia del processo e con preventivabili benefici effetti immediati per il cittadino e quindi per la tenuta democratica del nostro paese. In questa chiave devono essere lette tutte le norme sul «processo telematico», espressione quest’ultima coniata in sede giornalistica ed accettata con favore dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche se più corretto sarebbe in questa sede parlare di «Diritto Processuale Civile Telematico» in quanto oggetto degli interventi normativi è appunto l’applicazione degli strumenti informatici e telematici al diritto processuale civile predisposti non già ad introdurre un nuovo rito, di cui non se ne sente affatto il bisogno, ma espressione di una diversa modalità di svolgimento del contraddittorio in sede processuale civile. Quindi quando si parla di «processo telematico» s’intende solo che si è attribuita alle parti del processo e al giudice, compresi gli avvocati e gli uffici di cancelleria, la possibilità di formare, comunicare e 1 notificare gli atti del processo alla stregua di documenti informatici . Si tratta, 1
Vedi al riguardo P. INTRAVIA, Il Processo Telematico: disciplina normativa e infrastruttura tecnologica, in Elementi di informatica giuridica, a cura di M. Jorio, Torino, 2006, 213 ss. Sulle problematiche comuni alla logica della norma vedi L.E. ALLEN, J. SAXON, Computer aided normalizing and unpacking; some interesting machine-processable transforming of legal rules, New York, 1984; M. ANDRETTA, M. LUGARESI, F. ZAMBON, M. LOSANO, N. NANNINI, Formal Languages Applied to the Representation of Normative Texts: The “proleg” project (Snidata Project n.CTS6), in Law and Computers, 1991; J. BING, Conceptual text retrieval for legal information retrieval system, in Atti del convegno “Logica, informatica,diritto”, CNR, Firenze, 1984; T. BENCHCAPON, M. SERGOT, Towards a rulebased representation of open texture in law, in Computing power and legal language, Greenwood, 1988, 39 ss.; R. BRIGHI, Norme e conoscenza: dal testo giuridico al metatesto, Milano, 2004; G. CARIDI, S. PELLECCHIA, Automazione della scienza giuridica e sistemi esperti, Roma, 1986; G. CARIDI, Introduzione all’elaborazione automatica dei dati per le decisioni economiche e finanziarie, Napoli, 1995; C. CIAMPI, F. SOCCI NATALI, G. TADDEI ELMI, Verso un sistema esperto giuridico integrale. Esempi scelti dal diritto dell’ambiente e della salute, Padova, 1995; K.L. CLARK, Negation by failure, in logic and database, Londra, 1978, 293 ss.; A. CONTALDO, I sistemi ipertestuali giuridici: esperienze
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quindi, nella fattispecie specifica, solo della modalità gestionale “integrale” ed “integrata” di tutta la documentazione e di tutte le comunicazioni prodotte nell’ambito di un qualsiasi procedimento afferente il contenzioso civile, in forma solo digitale e nello svolgimento applicativo, solo per via telematica. Questa nuova possibilità per il processo in generale e per quello civile in particolare si è venuta ad imporre proprio grazie al «documento informatico» e dalla «firma digitale» di cui abbiamo parlato nel precedente Capitolo II (v. infra, §§ 2.7 e 2.10), strumenti che rappresentano «i due pilastri» su cui si fonda tutta l’architettura della nuova modalità processuale che abbiamo definito come «Diritto Processuale Civile Telematico». Tutto ciò a prescindere dal valore delle norme regolamentari, adottate con Decreto ministeriale, o tecniche, adottate con semplice decreto dirigenziale, in ordine al valore di normativa di rango secondario e sub-secondario rispetto alle norme di procedura del codice, adottate con leggi dello Stato, e tanto sia perché l’attuale tendenza legislativa è quella di riprodurre poi nelle norme del codice quanto già sperimentato in sede di normativa regolamentare – in merito si veda ad esempio tutta la “nuova” disciplina codicistica sulle comunicazioni e notificazioni telematiche (v. infra, Cap. IV) –, sia perché oramai una massa sempre crescente di norme di legge rinviano alle norme regolamentari e tecniche applicative, quali condizioni di validità ed efficacia di quanto da esse stesse previsto, sia perché per le norme tecniche dell’informatica e della telematica si pongono problemi in ordine al valore “democratico” delle relative prescrizioni e sulle quali in questa e didattica nell’informatizzazione del diritto, in Nuova Paideia, 2000, n. 5; A. CONTALDO, La ricerca normativa e giurisprudenziale su Internet: lo stato dell’arte per una rinnovata information retrieval, in Giur. merito, 2002, n. 3; A. CONTALDO, M. GORGA, E-law: le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, Soveria Mannelli (CZ), 2006; R.M. DI GIORGI, R. NANNUCCI, Dal documento all’iperdocumento: un sistema ipertestuale per il diritto, in Inform. dir., 1993 n. 2, 42 ss; R.M. DI GIORGI, R. NANNUCCI, Hypertext and hypermedia in the law, in Inform. dir., 1995, n. 2, 8 ss.; J.P. GALLAGHER, Transform logic programs by specializing interpreters, VII Conferenza europea Intelligenza artificiale, 1996, 109 ss.; R. IACONO, La creazione di un sistema esperto, Milano, 1991; N. KNAPP, L’applicabilità della cibernetica al diritto, trad. it., Torino, 1978; J.E. KOWALSKI coll., The British National Act as a logic program, in CACM, 1986, XXIX, n. 5, 370 ss.; J. KOWALSKI, S. SANDRI, Logic programs with exception, VII Conferenza logical programming, Mit Press, 1990, 598 ss.; W. LLOYD, R. TOPOR, Making prolog more expressive, in Journal of logic programming, 1984, n. 3, 225 ss.; N. LUCCHI, L’informazione giuridica multimediale, in Studium juris, 2001, n. 12, 1168 ss.; A. MARTINO, Contributo logico-informatico all’analisi della legislazione, in Inform. dir., 1982, n. 2, 53 ss.; P. MARIANI BIAGINI, F. SOCCI NATALI, D. TISCORNIA GHELLI, Metodologie di normalizzazione del linguaggio giuridico, in Inform. dir., 1984, II, 307 ss.; L. MARIANI, N. TISCORNIA (a cura di), Sistemi esperti giuridici. L’ntelligenza artificiale applicata al diritto, Milano, 1989; K.E. NITTA coll., A Knowledge representation and inference system for procedural law: New generation computing, 1988, 319 ss.; K.S. REISINGER, Sistemi normativi e tavole di decisione, in Inform. dir., 1979, V, 139 ss.; PARELMANY, Logica giuridica nuova retorica, Milano 1979; G. PASCUZZI, Il diritto fra tomi e bit: generi letterari e ipertesto, Milano, 1999; G. PASCUZZI, Cercare il diritto, Bologna, II ed., 2005; G. SARTOR, Linguaggio giuridico e linguaggi di programmazione, Bologna, 1992; G. SARTOR, L’intenzionalità dei sistemi informatici e il diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, n. 1, 23 ss.; S. SRIPADA, Temporal reasoning in deductive databases, pubblicazione del Dipartimento informatica dell’Imperial College, Londra, 1991.
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sede sorvoliamo, dato che questo è un argomento che merita una trattazione a parte, non certo esperibile in questa sede, considerato che la problematica del valore delle norme tecniche – norme per le quali non è individuabile la fonte di legittimazione del potere normativo – è questione complessa per le valutazioni che implicano scelte anche di tipo ideologico visto che di fatto tali norme tecniche possono impedire ai cittadini l’accesso a settori e servizi ed in definitiva l’esercizio di fondamentali diritti e valori di rilievo costituzionale. Restando al tema della presente indagine, si rileva che con il PCT la prospettiva futura è che nel moderno processo civile tutte le informazioni saranno gestite, dall’atto di citazione alla sentenza, in forma digitale ed il processo e le relative comunicazioni nonché gli scambi informativi tra giudici, avvocati, cancellieri e 2 ufficiali giudiziari saranno solo in forma telematica . Precisato, quindi, che non siamo in presenza di una riforma della procedura, ma soltanto dinanzi alla realizzazione di un nuovo modello organizzativo del lavoro giudiziario che si fonda sull’informatizzazione dell’intera fase del processo, ovvero della digitilizzazione del fascicolo processuale, compreso lo scambio documentale per via telematica fino al deposito della sentenza; in definitiva siamo dinanzi alla sola creazione di un nuovo sistema di gestione del contenzioso civile per mezzo di soluzioni informatiche e telematiche a supporto del lavoro dei giudici, degli avvocati e dei cancellieri. La finalità è, quindi, quella di realizzare un processo che non utilizzi più la carta, se non per lo stretto necessario, e che agisca nelle relazioni di interscambio informativo, in tempo reale, consentendo una gestione complessiva di ogni fase tramite gli strumenti telematici e, quindi, una relazione on-line fra tutti i suoi operatori. Va precisato, però, che, tecnicamente, realizzare il “processo civile telematico” significa costruire e aggiornare banche dati, registrare digitalmente la documentazione, gestire telematicamente gli scambi informativi attraverso la posta certificata e dare validità legale agli atti tramite la firma digitale. Ogni atto, ogni documento del processo dovrà essere, quindi, informatizzato per poter essere gestito, consultato, lavorato dall’avvocato per via telematica, dal giudice e da tutti gli altri operatori del processo. Da qui nascono tutta una serie di problematiche che con le nuove tecnologie si aprono non solo per i professionisti, ma anche in ordine alla necessità di ridisegnare un nuovo processo civile in cui l’impiego delle nuove tecnologie faccia non più pensare secondo la logica della norma, quanto come metodologia della controversia. Il giurista pratico, infatti, quotidianamente sperimenta che il diritto vive nella realtà e che è rivolto a dirimere i conflitti sociali che, da un lato, le molteplici multiformi relazioni umane generano e, dall’altro, a verificare che queste trovino la loro soluzione nel processo. All’origine della realtà giuridica è, quindi, la controversia e l’attività processuale dinanzi al giudice è la via logica e necessaria che le parti devono percorrere per far valere o per conte2 Si rinviano a S. ZAN, Fascicoli e tribunali: Il processo civile in una prospettiva organizzata, cit., 42 ss.
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stare loro reciproche pretese . In questa prospettiva assume rilievo la conoscenza del criterio che orienta il ragionamento dei giudici e degli avvocati impegnati nella quotidiana ricerca della casistica della giurisprudenza volta alla facilitazione del dialogo in sede processuale dinanzi al giudice alla quale l’informatica e la telematica sono di sicuro ausilio, ma al tempo stesso, poiché presuppone l’imbrigliamento in schemi e modelli predefiniti, ne rappresenta anche il limite, sulla base di quella che è la complessità per molti riti e per molte controversie. È solo in questa logica, infatti, che si spiega la scelta politica del legislatore di utilizzare l’informatica e la telematica per alcune sole attività, si pensi ad esempio alle notifiche ed alle comunicazioni, di cui diremo nel capitolo quarto o della fortuna di alcuni tipi di procedure quali quella del Decreto Ingiuntivo Telematico e delle esecuzioni informatizzate, che per la loro natura e tipicità degli atti si prestano ai modelli stan4 dard» . A ben analizzare sia il regolamento adottato con il d.p.r. n. 123/2001, che le norme tecniche del 2004 e del 2008 e, a maggior ragione quelle del decreto del Ministero della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, che tutte sostituisce, di cui diremo ampiamente nei paragrafi successivi, si fondano sulla contraddizione di fondo che è riassumibile nel principio della «libertà delle forme» che vige nel processo civile. Si contrappone a questa problematica anche la questione relativa alle norme regolamentari, e, per il decreto del Ministero della giustizia n. 44 del 2011 in parola, anche la problematica relativa alle specifiche tecniche volta per volta da dettare e che porteranno all’adozione di «modelli standard» come modelli di riferimento e di utilizzo per il processo civile telematico. È previsto, infatti, come vedremo nei paragrafi successivi che gli atti del processo in forma di documenti informatici devono essere redatti in determinati formati ad esempio in XML ed altri (v. infra, §§ 3.10) e quelli prodotti dai difensori, dal giudice e dagli altri soggetti del processo devono presentare la caratteristica specifica della struttura dei modelli ivi previsti come da specifiche tecniche, con limitazioni di dimensione ed altro. L’adozione dei “modelli” se da un lato fa ben comprendere lo scopo, che è quello della normalizzazione del linguaggio giuridico, fondato sull’applicazione della logica deduttiva al sistema informatico forense che, infatti, non potrebbe riconoscere e classificare i vari atti processuali se non attraverso modelli standard, dall’altro evidenzia proprio il restringimento della libertà delle forme che quindi necessita di esplicito consenso di chi aderisce alla modalità telematica di svolgimento del processo, con tutte le conseguenze che ne derivano sul giusto processo 3
In tal senso R. BORRUSIO, La legge, il giudice, il computer. Un tema fondamentale per l’informatica giuridica, Milano, 1997; F. GENTILE, Ordinamento giuridico tra virtualità e realtà, Padova, 2000, 42 ss. 4 Vedi G. CASSANO, I.P. CIMMINO, Quando la “chiocciolina” entrerà nelle aule di Giustizia: brevi considerazioni a margine di due recenti decreti ingiuntivi emessi in forza della e-mail, in Div. econ. messi com., 2005, n. 1, 82 ss.; E. CONSOLANDI, Il decreto ingiuntivo telematico: qualche cifra da Milano, in www.giustizia.it. Vedi inoltre Tecnologie organizzazione e giustizia, a cura di S. ZAN, Bologna 2004.
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che si riassume nella contestazione; nel contraddittorio; nell’onere della prova e nelle decisioni giurisdizionali. Da questa breve premessa discende, in questa sede, la necessità di passare all’illustrazione delle norme regolamentari del decreto ed alle specifiche tecniche, pubblicate sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia, del “Processo Civile Telematico”, dopo le necessarie premesse sui principali attori del processo.
3.2. L’avvocato e le nuove tecnologie
Prima di passare all’esame del decreto su cui si fonda il “nuovo” processo civile telematico, occorre una panoramica sulla rivoluzione informatica che con un percorso evolutivo molto rapido sta disegnando uno scenario del tutto nuovo nel tessuto sociale, trasformando radicalmente i comportamenti e l’organizzazione 5 del sistema giustizia . Anche il sistema delle professioni legali oramai produce transazioni di tipo astratto, dove la parcella è comunicata via e-mail e il pagamento dell’onorario avviene telematicamente con l’indicazione del codice IBAN intestato all’avvocato titolare dello studio od all’associazione professionale o con l’indicazione del numero di carta di credito. Non deve poi essere dimenticato che l’accesso alle banche dati giuridiche già oggi consente allo stesso avvocato di estrarre, trasformare, “assemblare” informazioni. È indubbio che nell’attuale modello organizzativo del sistema economico la più importante risorsa dell’avvocato risieda ancora nella produzione del sapere, cioè in quell’insieme di conoscenze che consentono di creare valore aggiunto e, quindi, vantaggio nella competizione permanente che regna nel mercato professionale. L’avvocato allora è costretto a sviluppare una cultura professionale strutturata sempre più su competenze adatte a gestire sistemi avanzati di analisi dei dati estratti da banche dati e ad affinare le sue capacità di programmazione per aggredire il mercato professionale e le specifiche esigenze della clientela. La globalizzazione ha costretto all’internazionalizzazione della professione degli studi legali, a ridefinire i campi di attività, a delimitare l’ambito in cui operare, alla flessibilità al fine di consentire di adattarsi ai re6 pentini mutamenti socio-giuridici e all’istruzione e strutturazione informatica e telematica degli studi che è diventata così una delle risorse dell’avvocato per competere in ambito nazionale ed internazionale. Le nuove tecnologie informatiche, infatti, accelerano i processi di flessibilizzazione per le attività di supporto
5
Vedi, al riguardo, le interessanti analisi di F. BUFFA, Il processo telematico. La gestione informatica, Milano, 2002, spec. 74 ss.; ancora S. ZAN, op. et loc. supra cit. 6 La bibliografia sull’evoluzione delle possibilità di lavorare in Rete è vasta. Per un’analisi delle implicazioni economico professionale a seguito delle evoluzioni che la new economy comporta, si rinvia a E. NARDUZZI, American Internet, Soveria Mannelli (CZ), 2002, spec. 42 ss.
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all’avvocatura, che diventano una risorsa strategica per la stessa vita ed il mantenimento dello studio legale. La rapida innovazione tecnologica, realizzatasi nella professione legale a partire dagli anni Ottanta con la diffusione della stazione fissa del personal computer, ha consentito, in primis, il risparmio sul personale di segreteria e, in secundis, di ottenere un indispensabile supporto per la crescita e lo sviluppo strategico dello studio legale. L’automazione ha, quindi, inciso pesantemente sulla gestione dei sistemi tecnico-organizzativi degli studi legali giacché sono state migliorate l’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione, attraverso la creazione di processi di elaborazione dati (EDP) o la razionalizzazione dei cicli lavorativi. Di conseguenza sono stati acquisiti vantaggi competitivi sulla concorrenza grazie alla capacità di ricerca dei dati giuridici, da adattare alle fattispecie concrete dei singoli incarichi professionali, e, quindi, sono state rese possibili attività di studio anche in campi legali prima inesplorati. L’informatizzazione dello studio legale ha cioè consentito l’integrazione dei mezzi di comunicazione in un sistema socio-tecnico di conversazioni, scambi d’informazioni, processi decisionali, indispensabili per la so7 pravvivenza dello studio legale stesso . «Rispetto alla classica figura dell’avvocato per così dire artigiano, al giureconsulto conoscitore del diritto e la cui tradizionale missione risiedeva nel consigliare, fare causa e rappresentare il cliente in giudizio, emerge, adesso, anche se ancora timidamente, la figura dell’avvocato imprenditore che dirige uno staff o che collabora in una società appositamente preposta, il più delle volte ad evitare l’attività giudiziale, mediante accordi, transazioni o arbitrati che spesso non rispondono o non rispondono soltanto a premesse giuridiche, ma soprat8 tutto a postulati ed interessi economici» . Ma già oggi, anche se non massicciamente, ciò avviene e l’utilizzo di sistemi integrati, quali Intranet e la comunicazione informatica diverrà per lo studio legale il fattore di successo per sopravvivere in contesti di mercato particolarmente sovraffollati soprattutto in quelle attività tradizionali, dell’avvocatura, dove l’assenza strutturata di serie regole di accesso alla professione e di una formazione professionale specialistica hanno fatto esplodere l’offerta di professionisti sempre più pressati dalla ricerca di clientela e che, quindi, secondo la logica di mercato della domanda e dell’offerta polverizzano gli utili nelle attività di competenza generale tradizionale dell’avvocatura. Un moderno studio legale è destinato, invece, ad imporsi in un prossimo futuro come un network complesso, correlato costantemente e permanentemente con le proprie unità organizzative, con i propri clienti, con le istituzioni giudiziarie e amministrative, grazie alle quali svolge la propria attività per realizzare fatturato. Internet ha già 9 ampliato queste possibilità , dato che i potenziali clienti sono sempre a portata di 7
Sulla sfida della new economy all’avvocatura S.M. CARBONE, Il ruolo dell’avvocato nella new economy (con particolare riguardo all’utilizzo delle tecniche di d.i.p.), in Econ. dir. terz., 2002, 407 ss.; V. ROPPO, Professioni legali, new economy, globalizzazione, in Econ. dir. terz., 2002, 417 ss. 8
Così A.E. PEREZ LUÑO, Saggi di informatica giuridica, trad. it., Milano, 1998, 87.
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Vedi al riguardo O. HANCE, Internet e la legge, trad. it., Milano, 1997, 121 ss.; F.B. MARTIN,
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clic, come anche gli altri studi legali e gli altri fornitori di servizi. Il dialogo fra professionisti e clienti è sempre in corso con la possibilità di un quasi illimitato accesso all’informazione. Quindi bisogna aver sempre ben chiara la strategia, poiché, non solo il sapere, ma anche l’immagine diviene essenziale e, perciò, decidere se «cre10 are un sito vetrina o un sito interattivo» potrebbe portare a risultati differenti in punto di produttività. Ciò potrebbe imporre, altresì, la definizione dell’organizzazione del proprio studio legale, magari costituendolo a rete, strutturandolo sulla base di link eterogenei, identificabili con le unità organizzative, prevedendo nuove modalità di organizzazione del lavoro, magari con parti di attività svolte fuori dallo studio professionale attraverso il telelavoro, realtà oggi possibile proprio in relazione alla trasmissibilità, con la posta elettronica certificata (vedi infra, Cap. IV), degli atti giudiziari scannerizzati e della non necessaria presenza in “studio” del legale data la possibilità del collegamento video anche tramite cellulare con skype od altre tecnologie od attraverso le nuove forme di comunicazione dei social network.
3.3. L’avvocato nella rete
La tendenza attuale è che dal rapporto tra le nuove tecnologie e la professione forense è scaturita la nascita esponenziale di siti giuridici, che prestano attività di consulenza legale, e di siti web di studi legali. Nel caso dei primi, in molti di essi, è richiesta la compilazione di un modulo di registrazione che consente di inviare, per via telematica, un quesito giuridico nei confronti del quale si desidera una ri11 sposta, molto spesso a costi standard di modesta entità . Nello studio in rete, che sembra esser ammesso dagli artt. 17 e 19 del nuovo Codice di Deontologia FoFive reasons for lawyers and Law firms to be on the Internet, in http://www.lawcornell.edu/pares /5reasons.html. 10
Così C. GIURDANELLA, Lo studio legale on line, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’internet, a cura di G. Cassano, Milano, 2002, 1557. L’Autore spiega come il sito vetrina, il più semplice ed economico da realizzare, presenti una o più pagine “in cui vi è una presentazione dello studio, dei suoi componenti e collaboratori, delle materie di competenze e degli strumenti per contattare lo studio quali il telefono, fax, e-mail. Il sito interattivo invece è molto più di una semplice e statica pubblicazione su Internet. Il sito interattivo consente al cliente di accedere alle proprie pratiche on line, rende un servizio sia in termini di trasparenza (il cliente può in qualsiasi momento verificare a che punto siano le sue pratiche) che di comodità per il cliente (può leggere le sentenze che lo riguardano e le comunicazioni dello studio a lui rivolte direttamente da casa e in qualunque orario) e si mostra conseguentemente realmente utile”. Sul punto vedi per altre analisi G. ZICCARDI, Internet, professioni legali e informazione giuridica, in Ciberspazio e Diritto, 2000, n. 1, 133 ss.; vedi altresì i saggi nel collettaneo, Giustizia telematica, a cura di F. BOVE, V. MORMANDO, Milano, 2003. 11 Così F. TOMMASI, L’avvocato in Rete, in Internet. Nuovi problemi e questioni controverse, a cura di Cassano, Milano, 2001, 638.
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rense, ma al riguardo si nutrono perplessità, pare sia ammissibile una potenziale attività informativa permanente dell’assistito, anche attraverso le “reti telemati12 13 che”, ammettendosi, pertanto, lo studio legale on line . È stato già rilevato come quattro siano gli aspetti fondamentali per la gestione automatizzata dello studio: a) l’agenda delle scadenze; b) il programma di controllo dei dossier dei clienti; c) il programma di controllo del personale dello studio e dei collaboratori esterni; d) la gestione dell’archivio dei clienti e delle comunicazioni. L’elaborazione di un programma legale completo ed operativo è stato evidenziato soprat14 tutto dalla dottrina spagnola , il buon andamento di uno studio esige infatti un adeguato controllo degli argomenti e dei lavori da realizzare; delle costanti relazioni con i clienti; la scrittura delle parcelle ed il loro incasso e la documentazione 15 necessaria per la realizzazione del lavoro di studio. Come si è rilevato , in funzione di questi obiettivi sono stati elaborati vari programmi che attualmente, a costi accessibili, sono ampiamente commercializzati da varie società. Quasi tutti questi programmi consentono in sintesi le opzioni fondamentali e vale a dire quelle relative all’agenda, che permette di controllare l’attività di quanti lavorano nello studio; quelle relative alla Biblioteca, per la catalogazione, la localizzazione ed il prestito dei documenti esistenti nello studio; quelle relative alla contabilità, per facilitare il controllo dei beni dello studio e determinare il costo del suo funzionamento; quelle relative alla documentazione, che consente di duplicare l’archivio cartaceo con un altro informatico per facilitarne la consultazione sul video evitando così il rischio di perdite dei dati ed infine quelle relative agli schedari delle pratiche, dei clienti e delle parcelle; degli indirizzi e dei numeri telefonici, della fatturazione ed infine l’elaborazione di testi. Le connessioni prodotte dallo studio legale on line determinano un flusso continuo di scambi, informazioni e di comunicazioni, che richiedono sistemi infor12
Su Internet, sotto il profilo tecnologico, la bibliografia è ormai smisurata. Citiamo solo per una panoramica delle problematiche i saggi contenuti in AA.VV., Internet, nuovi problemi e questioni controverse, a cura di Cassano G., Milano, 2001; F. CARLINI, Internet, Pinocchio e il gendarme. Le prospettive della democrazia in rete, Roma, 1996, 12 ss.; mentre una prima analisi sulle problematiche tecno-giuridiche della Rete è stata fatta da PEREZ LUÑO, Internet y el derecho, in Inform. dir., 1997, n. 1, 7 ss.; ID., Saggi di informatica giuridica, Milano, 1998, 91 ss.; P. COSTANZO, Le nuove forme di comunicazione in rete: Internet, in Inform. dir., 1997, n. 1, 21 ss.; G. CIACCI, La rete Internet, in Inform. giur., 1997, I, 8 ss.; F. CATERINA, La rete di Babele, in Inform. dir., 1999, n. 1, 47 ss.; A. CONTALDO, P. DI FABIO, Giornalismo on line, Roma, 2001, 23 ss. Una definizione per le analisi di regolamentazione è stata effettuata da T. BALLARINO, Internet nel mondo della legge, Padova, 1998 15 ss.; P. CERINA, Il problema della legge applicabile e della giurisdizione, in I problemi giuridici di Internet, a cura di E. Tosi, Milano, 1999, 351 ss.; ci si permette di rinviare a G. CASSANO, A. CONTALDO, Diritto della persona,internet e responsabilità dei soggetti intermediari, in Corr. giur., 2010, spec. n. 1, 14 ss. 13
Vedi A. BUFFELAN, Introduction a l’informatique juridique, Paris, 1975, 230 ss.
14
Vedi Y.A. DEL VALLE, Gestion del despacho de abogados, in Boll. Citema, 1991, n. 154, 7.
15
Così A.E. PEREZ LUÑO, op. supra cit., 96.
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matizzati avanzati per gestire la complessità crescente . Il diffondersi dello sviluppo tecnologico e la creazione di reti informatiche sopranazionali e/o locali diviene il presupposto per creare modelli di studio legale e, contestualmente, la condizione necessaria per confrontarsi con gli studi internazionalizzati. I processi d’automazione divengono fattori strategici per governare la rapidità delle attività legali e la flessibilità crescente, necessaria allo studio legale, per confrontarsi con gli altri attori ben più grandi sul piano della clientela. Nascono meta-applicazioni e sistemi multimediali per gestire le aree, supportare le azioni legali e definire la strategia: lo studio legale si trasforma in “organizzazione virtuale”, trasferendo nelle reti informatiche i contenuti operativi e la gestione della clientela. In tal senso i nuovi sistemi informatici, le moderne reti telematiche connesse con il villaggio globale (Internet) o con un’area circoscritta e delimitata da confini controllati dallo studio on line, regolano gli scambi economici ed i flussi comunicativi all’interno e verso l’ambiente circostante. La rete telematica assicura il mantenimento 17 delle relazioni fra i nodi del sistema di rete e, contemporaneamente, dirige la sequenza dei percorsi informativi e comunicativi ed orienta la qualità e la quantità della produzione legale. I vari studi legali on line, appartenenti ad unico network coinvolti nel sistema rete, realizzano i loro scambi informativi e/o economici avvalendosi integralmente o parzialmente di reti telematiche e, simultaneamente, formano un ambiente virtuale che non coincide più con i classici confini nazionali, ma si identifica con zone di influenza relazionali create ex novo. La tecnologia delle comunicazioni ed i moderni sistemi di trasferimento delle informazioni modificano, quindi, in profondità l’organizzazione del lavoro forense, poiché decentrano le attività lavorative in una miriade di links periferici collegati in rete. Il principio organizzativo di unità del luogo di studio e di attività, dove veniva centrata l’attività forense, caratteristico delle strutture industriali e/o burocratiche, viene sostituito da reticoli organizzativi, capaci di generare uffici virtuali che presidiano con maggiore versatilità i processi lavorativi. Le strutture organizzative, caratterizzate dal modello funzionale e sviluppatesi in ambienti contrassegnati da un’accentuata stabilità, manifestano difficoltà crescenti ad operare in ambienti turbolenti sotto il profilo economico risultando condizionato il reddito dell’avvocato tradizionale non solo dalla singola capacità ed efficienza delle strutture giurisdizionali locali, ma soprattutto dall’andamento economico generale. Inoltre si è sperimentato che le organizzazioni gerarchiche, con un solo titolare di studio, ral16
Pensiamo anche alle sfide che le nuove tecnologie comportano al processo dell’e-government. Al riguardo ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, Dalla teleamministrazione all’e-government: una complessa transizione in fieri, in Foro amm. CdS, 2002, 1245 ss.; E. ABBATE, La situazione delle amministrazioni on-line, in Riv. trim. sc. amm., 2002, 121 ss.; vedi infine i saggi nel collettaneo, Egovernament, a cura di G. VESPERINI, Milano, 2004. 17
I nodi sono sistemi vitali capaci di agire autonomamente e di autoregolarsi interagendo con tutte le parti del sistema rete e sono naturalmente orientati ad enfatizzare ruoli e comportamenti organizzativi privi di relazioni gerarchiche.
Le fonti, le regole tecniche e l’architettura del processo civile telematico
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lentano i flussi informativi, sono poco reattive ai segnali di cambiamento e appaiono distanti dalle esigenze dei clienti proprio quando vi è necessità di velocizzarne il contatto. Le strutture a rete entrano, invece, in contatto diretto con le persone e con le informazioni e trovano soluzioni adeguate in tempo reale, ottimizzando la qualità del servizio in termini di efficacia ed efficienza. L’organizzazione del lavoro si trasforma, muoiono i ruoli e le funzioni piramidali. Le competenze basilari richieste per operare in studi legali on line, che adottano tecnologie avanzate, divengono più complesse e si caratterizzano per la capacità di interfacciarsi con gli altri attori del sistema-rete. Il sistema rete autogenera in modo pervasivo nodi e connessioni e, di conseguenza, richiede alle unità lavorative di un grande studio una sfera più ampia di autonomia e livelli più ampi di responsabilizzazione soprattutto nella dinamica progressiva di automazione dell’attività legale. Del resto lo stesso legislatore «ha inteso osservare come le libere professioni non rappresentino più un attentato al principio dell’intuitus personae se esercitate sotto forma societaria: è riconosciuto quel connubio tra l’attività professionale e la struttura societaria, prima impensabile. È necessario osservare che tale ragionamento non individua l’avvocato come una sorta di commerciante, che reclamizza la propria attività, ma è solo un modo per sostenere quel cambiamento radicale nell’ambito forense in vista della tanto attesa globalizzazione anche delle professioni intellettuali, che si concretizza nella possibilità per il cittadino-utente di avere un’alter18 19 nativa, di poter scegliere» . Inoltre, come si è osservato , la localizzazione dell’avvocato non risulta nemmeno più essere cosa rilevante ai fini dell’esercizio della propria attività, tanto più che ormai il tradizionale monopolio della giurisdizione s’incrina e deperisce di fronte a fenomeni che, sempre più diffusamente, collocano i processi di adjudication – ovvero la funzione di risoluzione delle controversie – al di fuori degli apparati giudiziari statali: e basti pensare al crescente ricorso ai sistemi di Commercial International Arbitration per le liti di grande valore economico nonché al diffondersi delle tecniche di Alternative Dispute Resolution (ADR) per le controversie standardizzate e di ridotto valore economico, 20 che danno corpo alla “mass litigation” .
3.4. Le fonti del processo telematico come nuova modalità processuale
Com’è generalmente noto il processo in quanto tale trova linfa nella dinamica 18
Così F. TOMMASI, “L’avvocato in Rete, in AA.VV., Internet. Nuovi problemi e questioni controverse”, a cura di G. Cassano, Milano, 2001, 639. 19 Così V. ROPPO, Professioni legali, new economy, globalizzazione, cit., 418. 20 Ci si permette di rinviare a M. GORGA, Alternative Dispute Resolution e Online Dispute Resolution fino alla direttiva Europea n. 52/2008 CE, Napoli 2011, 22 ss.
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della complessa realtà socio-economica di cui l’avvocato è stato sino ad oggi il primo filtro di mediazione tra le esigenze individuali dei singoli e la pretesa dello Stato di dirimere tutte le controversie. Tale sistema si è basato, fondamentalmente, sino ai giorni nostri, e non vi è ragione di credere che non si baserà anche per il futuro, sull’attività di liberi professionisti, i quali, in una sorta di geloso individualismo, hanno esercitato quella che può essere definita tra le più nobili e liberali tra le professioni intellettuali. A questo sistema non integrato, però, con le esigenze della new economy corrisponde, attualmente, un processo civile strozzato da una procedura ridondante, sempre uguale a sé stessa, che prescinde dai valori degli interessi in gioco, siano essi rappresentati da pochi o da milioni di euro. L’avvocato, investito delle questioni, individua le norme di diritto applicabili al caso concreto e, svolta l’attività di ricerca e di studio, compie la prima attività di rilievo esterno, consistente nella redazione dell’atto cartaceo e nel passaggio dello stesso all’ufficiale giudiziario che, certificandolo, lo notifica. Quindi, segue l’attività di iscrizione della causa a ruolo, il deposito degli atti e dei documenti, nonché la consultazione, in cancelleria, del fascicolo della causa che sarà trattata alle udienze dinanzi al magistrato designato in base alla programmazione tabellare. Questo sistema risulta appesantito, poi, dalla possibilità di depositare memorie, note di udienza, comparse, deduzioni istruttorie, processo verbale e quant’altro. Tutte queste attività devono essere, peraltro, compiute entro precisi termini, il mancato rispetto dei quali viene, talvolta, sanzionato con la nullità degli atti che, per di più, in quanto scritti, finiscono per immobilizzare un processo previsto come sostanzialmente orale. In definitiva, l’attuale sistema esalta il metodo di lavoro basato sul riscontro cartaceo e si sostanzia nella raffinata, e a volte sofferta, redazione di atti scritti, da parte dell’avvocato, nell’esame, da parte del giudice, delle opposte questioni giuridiche prospettate, nell’attività di comunicazione da parte della cancelleria e, infine, nell’attività di certificazione della notifica degli atti da parte dell’ufficiale giudiziario. Nell’attuale sistema, quindi, ogni operatore del processo compie la sua attività nel completo isolamento, senza interagire con le altre parti del processo. L’interazione avviene solo nel successivo momento dell’udienza di trattazione della causa o del compimento dell’atto istruttorio. Buona parte della disorganizzazione attuale della macchina giudiziaria deriva 21 proprio da questo metodo di lavoro intorno al “fascicolo” , dove l’assenza di un unico documento, immediatamente consultabile da parte di tutti gli operatori, è fonte, spesso, di errori che influiscono sul ritardo e sulla decisione delle cause. Il “fascicolo informatico”, in quanto immediatamente accessibile a tutti gli operatori del processo, consentirà appunto agli avvocati, al giudice, al personale di cancelleria, all’ufficiale giudiziario di interagire, attraverso ricerche incrociate, con benefici effetti sulla speditezza e sulla qualità del lavoro delle professioni legali che è
21
44 ss.
In tal senso S. ZAN, Fascicoli e tribunali: Il processo civile in una prospettiva organizzata, cit.,
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facile immaginare. Sotto quest’ultimo profilo il “Processo Civile Telematico” è volto, quindi, anche a realizzare un sistema informativo unitario dell’ufficio giudiziario civile che, basandosi su documenti elettronici, consente l’interazione tra tutti gli attori coinvolti nel processo civile con la conseguente gestione in via digitale e telematica dei documenti prodotti o acquisiti nel corso del procedimento 22 stesso . Pietre miliari del “processo telematico”, senza ombra di dubbio, sono da considerarsi le disposizioni entrate in vigore con la legge 15 marzo 1997, n. 59 e 23 24 con il d.p.r. 10 novembre 1997, n. 513 , relative al documento informatico sot25 toscritto con firma digitale . Di questi due istituti abbiamo ampiamente detto al precedente capitolo II, al quale facciamo rinvio per quanto attiene alle relative questioni di merito; ma in questa sede, trattando delle fonti e dell’architettura del nuovo processo civile telematico, non possiamo esimerci da una nuova elencazione di tali importanti fonti dato che è di tutta evidenza che l’impiego di strumenti informatici e telematici nel processo civile è stato possibile proprio grazie alla 26 molteplicità degli atti normativi che ne costituiscono il presupposto . Nell’ambi22 A regime si potranno gestire tutte le informazioni connesse ad un procedimento civile in forma digitale dall’atto di citazione alla sentenza; gestire, in forma telematica, tutte le comunicazioni e gli scambi informativi tra giudici, avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari; semplificare le attività favorendo la diffusione e la fruizione delle informazioni e riducendo così i costi; dare trasparenza e dimensione temporale certa agli atti ed al procedimento; costruire ed aggiornare banche dati; registrare digitalmente la documentazione; gestire in forma telematica gli scambi informativi attraverso posta certificata e firma digitale; sostituire il fascicolo cartaceo con il fascicolo elettronico. 23 Vedi per tutti R. ZAGAMI, Firma digitale e sicurezza giuridica nel d.p.r. 10 novembre 1997, e nel DPCM 8 febbraio 1999, Padova, 2000, 72 ss., R. BORRUSO, G. CIACCI, Diritto civile e informatica, cit., 225 ss. 24 Vedi per tutti la definizione e le analisi di G. FINOCCHIARO, Firma digitale e firma elettronica: il quadro normativo italiano dopo il d.lgs. n. 10/2002, cit., 115 ss. 25 La firma digitale è il risultato della procedura informatica (validazione) basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica ed una privata, che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata ed al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici. 26
Tra questi deve essere annoverata la legge 31 dicembre 1996, n. 675 che detta norme sulla tutela delle persone e di altri soggetti al trattamento dei dati personali; la legge 15 marzo 1997, n. 59 in materia di delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa; la deliberazione n. 24/1998 AIPA; l’art. 2, comma 15, legge 24 dicembre 1993, n. 537 in materia di regole tecniche per l’uso di supporti ottici; il d.p.c.m. 8 febbraio 1999 in materia di regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la validazione, anche temporale, dei documenti informatici ai sensi dell’art. 3, comma 1, d.p.r. 10 novembre 1997, n. 513; il d.p.r. 28 luglio 1999, n. 318 in materia di norme per l’individuazione delle misure minime di sicurezza per il trattamento dei dati personali, a norma dell’art. 15, comma 2, legge 31 dicembre 1996, n. 675; il d.m. 27 marzo 2000, n. 264 in materia di tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari; il d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 in materia di documentazione amministrativa; il d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123 sulla disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile,
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to delle fonti merita una citazione a parte, perché ne ha rappresentato un’accelerazione decisiva a proposito della sua concreta possibilità di realizzazione, proprio il d.lgs. 7 maggio 2005, n. 82, meglio conosciuto come Codice dell’Ammini27 strazione Digitale (CAD) e relative modifiche . Ma nell’ambito delle fonti quella che abbiamo ritenuto come fondante della disciplina nel senso che ne ha costituito, sino alla sua abrogazione, l’ossatura portante in ordine alle modalità di svolgimento per via telematica di alcuni atti e passaggi processuali, è sicuramente il 28 d.p.r. n. 123/2001 al quale si sono associate le regole tecniche-operative adottate con d.m. 17 luglio 2008. Con il primo erano state dettate le regole per l’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nei processi innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti e ben possiamo dire che detta normativa aveva attuato, in concreto, il fascicolo informatico e gli altri atti redatti in forma informatica in tanto possibili in quanto siglati con la firma digitale. Con le stesse norme sono state possibili, poi, anche le notifiche e le comunicazioni alle parti via e-mail di cui diremo nel capitolo che segue. Predetto regolamento, che aveva dettato norme per il processo civile e quindi in una materia non più coperta da “riserva di legge”, ha rappresentato anche una vera novità occasionata dalla delegiferazione introdotta dal comma 2 dell’art. 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. “Bassanini-uno”) e dal successivo regolamento approvato con d.p.r. n. 513/1997. Con il d.m.g. 14 ottobre 2004 furono poi stabilite le regole tecnico-operative relative alla conservazione ed alnel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti; il d.m. 24 maggio 2001 sulla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia; il d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10 relativo alle firme elettroniche; la direttiva 1999/93/CE del 13 dicembre 1999; la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche; la direttiva 2000/31/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare, al commercio elettronico nel mercato interno (cosiddetta “Direttiva sul commercio elettronico”); il d.m.g. 14 ottobre 2004 sulle regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, sostituite con le regole-tecniche dettate con d.m. del 17 luglio 2008 ora nuovamente modificate e sostituite con il decreto del Ministero della Giustizia 21 febbraio 2011. 27
Con il d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159 e, successivamente, con il d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, è stato modificato il “documento informatico” ed il valore delle “copie” dei documenti informatici tratte dal cartaceo o da supporto informatico, ottico o telematico. Nella nuova versione le “copie informatiche” hanno valore di “pilastro” del processo telematico. Altro “pilastro” è poi rappresentato dalla normativa, ex artt. 1, 21 e 24 del CAD in ordine al valore legale del documento informatico sottoscritto con firma digitale introodotta nel nostro ordinamento dal d.p.r. n. 513/1997, assorbito interamente nel 2005 dal CAD. Altra normativa importante è anche quella varata con il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 110, in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio (vv. infra, Cap. II §§ 2.6), in vigore dal 3 agosto 2010, norme con le quali è stata modificata la c.d. “legge notarile”. 28
Il d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, (Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti) è stato pubblicato nella G.U. 17 aprile 2001, n. 89.
Le fonti, le regole tecniche e l’architettura del processo civile telematico
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l’archiviazione dei documenti informatici, conformemente alle prescrizioni di cui all’art. 2, comma 15, legge 24 dicembre 1993, n. 537, e all’art. 18, d.p.r. 10 no29 vembre 1997, n. 513 . Questo decreto fu poi, come detto, sostituito con quello 30 del 17 luglio 2008 oggi, a sua volta, sostituito dal d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44 , che all’art. 37 prevede di acquistare efficacia dal trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale cessando da tale data di avere efficacia nel processo civile le disposizioni del d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123. Sulla base dell’espressa previsione fatta dall’art. 34 del decreto in parola, le specifiche tecniche sono state rimesse alla competenza del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPa e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Ga31 rante per la protezione dei dati personali . Con la G.U. 29 luglio 2011, n. 175 è stato pubblicato, poi, per estratto, il Provvedimento del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia recante le specifiche tecniche visionabili integralmente sul sito istituzionale del Ministero della giustizia. Queste, insieme al d.lgs. n. 44/2011, al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, al d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali, al d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68, relativamente all’utilizzo della posta elettronica certificata e al d.m. 27 aprile 2009 in materia di tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia e al d.p.c.m. 6 maggio 2009, in ordine al rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata, rappresentano, per l’architettura del PCT, le fonti di riferimento.
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Nelle more della pubblicazione del Regolamento sul processo telematico, e comunque prima della sua approvazione il 26 gennaio 2011, è sopravvenuto il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (approvato con il d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 e pubblicato nella G.U. 20 febbraio 2001, n. 42). Nel Regolamento si trovano, pertanto, numerosi riferimenti al d.p.r. n. 513/1997 espressamente abrogato dal citato testo unico, le cui sezioni II e V del Capo II ne riproducono la disciplina. Ci si permette sul punto di rinviare a: A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole del processo civile telematico alla luce delle più recenti discipline del SICI, in Dir. Internet, cit., 32 ss. 30
Decreto Ministero della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44 recante “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24,” pubblicato sulla G.U. 18 aprile 2011, n. 89. 31 Nel contempo si è stabilito che fino all’emanazione delle specifiche tecniche continueranno ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.
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3.5. Il Decreto del Presidente della Repubblica 23 febbraio 2001, n. 123 32
Il d.p.r. n. 123/2001, fino al varo del d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44, era considerato, come già detto, come l’atto fondamentale del Processo Civile Telematico ed in un certo senso – benché si trattasse di norma semplicemente regolamentare – come la “carta fondamentale” del processo telematico. Con lo stesso erano definiti i vari istituti e si era stabilito come principio che erano ammesse la formazione, la comunicazione e la notificazione di atti del processo civile mediante documenti informatici per via telematica attraverso il sistema informatico civile, al quale potevano accedere soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari per le attività rispettivamente consentite. Il SIC, infatti, consentiva: a) l’individuazione dell’ufficio giudiziario e del procedimento; b) l’individuazione del soggetto che inseriva, modificava o comunicava l’atto; c) l’avvenuta ricezione della comunicazione dell’atto; d) l’automatica abilitazione del difensore e dell’ufficiale giudiziario. Spettava poi ad un decreto del Ministero della giustizia, sentita l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (ora DigitPa), stabilire le regole tecnico-operative per il funzionamento e la gestione del sistema informatico civile, nonché per l’accesso dei difensori delle parti e degli ufficiali giudiziari. Era stabilito in via generale che tutti gli atti ed i provvedimenti del processo potevano essere compiuti come documenti informatici sottoscritti con firma digitale e che, se non era possibile procedere alla sottoscrizione nella forma elettronica, gli atti ed i provvedimenti potevano essere redatti o stampati su supporto cartaceo, sottoscritti nei modi ordinari ed allegati al fascicolo cartaceo, e che le copie informa33 tiche degli atti cartacei dovevano essere inserite nel fascicolo informatico . Inoltre si prevedeva, e ciò per una maggiore partecipazione dei soggetti, che ove fosse stata espressamente prevista la sottoscrizione del documento informatico con la firma digitale, questa era sostituita dall’indicazione del nominativo del soggetto procedente prodotta sul documento dal sistema automatizzato, a norma dell’art. 3, comma 2, d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39. Una grande novità era, poi, dettata in ordine al processo verbale di causa. Era previsto, infatti, espressamente all’art. 4 che quest’ultimo poteva essere redatto come documento informatico; inoltre tale atto poteva essere sottoscritto con firma digitale dal giudice monocratico o, in caso di collegio, dal Presidente e dal cancelliere. Inoltre era previsto che, in caso di richiesta, le parti ed i testimoni potessero procedere alla sottoscrizione delle di-
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Le disposizioni del d.p.r. n. 123/2001 si applicavano, in quanto compatibili, anche al processo amministrativo e ai processi innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti. Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Il Processo Civile telematico come occasione delle best pratices nel settore giustizia, in Rass. Avv. Stato, 2009, n. 4, 392 ss. 33
Vedi al riguardo G. RIEM, A. SIROTTI GAUDENZI, La giustizia telematica e le procedure informatizzate, Rimini, 2006, 61 ss., G. BRIGANTI, Atti e provvedimenti del processo civile telematico. Processo verbale, procura alle liti, illazioni del CTU e sentenze, in Inform. dir., 2007, 4.1-2, 83 ss.
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chiarazioni o del verbale apponendo la propria firma digitale. È da rilevare che se non fosse stato possibile procedere alla sottoscrizione in modo elettronico, il processo verbale avrebbe dovuto essere redatto o stampato su supporto cartaceo, sottoscritto nei modi ordinari ed anch’esso allegato al fascicolo cartaceo. La copia informatica del processo verbale doveva essere poi allegata al fascicolo informa34 tico . Inoltre la notificazione, effettuata come documento informatico sottoscritto con firma digitale, poteva essere eseguita per via telematica oltre che attraverso il sistema informatico civile, anche all’indirizzo elettronico dichiarato e la notificazione di un atto poteva essere trasmessa per via telematica. Inoltre l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto procedere alla notifica con le medesime modalità e, qualora non avesse proceduto alla notificazione per via telematica, avrebbe dovuto trarre dall’atto ricevuto come documento informatico la copia su supporto cartaceo, attestandone la conformità all’originale e provvedendo a notificare la copia stessa unitamente al duplicato del documento informatico, ai sensi dell’art. 138 e ss. Eseguita la notificazione, l’ufficiale giudiziario restituiva per via telematica l’atto notificato, munito della relazione della notificazione at35 testata dalla sua firma digitale . Ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni, l’indirizzo elettronico del difensore era unicamente quello comunicato dal 36 medesimo al Consiglio dell’Ordine e da questi reso disponibile . Per gli esperti e gli ausiliari del giudice, l’indirizzo elettronico era quello comunicato dai medesimi ai propri ordini professionali o all’albo dei consulenti presso il tribunale. Per tutti i soggetti diversi dagli avvocati, l’indirizzo elettronico doveva essere quello dichiarato al certificatore della firma digitale al momento della richiesta di attivazione della procedura informatica di certificazione. La comunicazione e la notificazione si davano per eseguite alla data apposta dal notificatore alla ricevuta di consegna mediante la procedura di validazione temporale a norma del d.p.r. 10 novembre 1997, n. 513. Per la comunicazione e la notificazione eseguite dalla cancelleria e dall’ufficiale giudiziario la data riportata nella ricevuta di consegna faceva fede per la procedura di validazione temporale. In ordine alla costituzione si era stabilito che la parte che procedeva all’iscrizione a ruolo o alla costituzione in giudizio per via telematica trasmetteva anche i documenti probatori come documenti informatici o le copie informatiche dei documenti
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Vedi R. GIORDANO, Fascicolo Informatico e Fascicolo Cartaceo nel Processo Telematico, in Inform. dir., 2007, n. 1-2, 179 ss.; A. VILLECCO, Il processo civile telematico, Torino, 2011, 112 ss. 35
Vedi al riguardo M.C. GIORGETTI, Notifiche e comunicazioni informatiche, in Inform. dir., 2007, n. 1-2, 109 ss.; ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, in Ciberspazio e diritto, 2009, n. 1, 89 ss.; inoltre vedi A. VILLECCO, op. et loc. supra cit., 93 ss. 36
Gli indirizzi elettronici sono comunicati tempestivamente dagli ordini professionali al Ministero della giustizia, nonché quelli degli uffici giudiziari e degli uffici notifiche (UNEP), sono consultabili anche in via telematica.
5.
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probatori su supporto cartaceo . La nota di iscrizione a ruolo poteva essere trasmessa per via telematica come documento informatico sottoscritto con firma digitale e, se trasmessa per via telematica, doveva essere redatta in modo conforme al modello definito con il decreto. Quando era iscritta a ruolo la causa, la cancelleria procedeva alla formazione informatica del fascicolo d’ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici ovvero le copie informatiche dei medesimi atti quando erano stati depositati su supporto cartaceo. Nel fascicolo informatico dovevano essere inseriti anche i documenti probatori offerti in comunicazione o prodotti dalle parti o comunque acquisiti al processo. Per i documenti probatori prodotti o comunque acquisiti su supporto cartaceo l’inserimento nel fascicolo informatico delle relative copie informatiche doveva essere fatto 38 dalla cancelleria, ma tale operazione non doveva essere eccessivamente onerosa . La formazione del fascicolo informatico, tuttavia, non eliminava l’obbligo di for39 mazione del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo . Ogni fascicolo informatico doveva poi riceve la stessa numerazione del fascicolo cartaceo e doveva essere formato secondo quanto stabilito dall’art. 36 delle norme di attuazione del codice di procedura civile. L’indice degli atti doveva contenere anche l’indicazione dei documenti conservati solo nel fascicolo cartaceo e doveva essere redatto in modo da consentire la diretta consultazione degli atti e dei documenti informatici. Gli atti ed i documenti probatori depositati dalle parti contestualmente alla costituzione in giudizio dovevano essere inseriti in apposite sezioni del fascicolo informatico contenenti ciascuna l’indicazione del giudizio e della parte alla quale si riferivano. Gli atti ed i documenti probatori offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione in giudizio potevano essere prodotti, oltre che per via telematica, anche mediante deposito in cancelleria del supporto informatico che li conteneva. Il supporto informatico doveva essere compatibile con i tipi ed i modelli stabiliti al riguardo dal decreto di cui all’articolo 3, comma 3, e doveva contenere anche il relativo indice, la cui integrità doveva essere attestata dal difensore 40 con la firma digitale . La relazione prevista dall’art. 195 c.p.c. poteva essere de37
Vedi al riguardo A. VILLECCO, Le prove informatiche e la produzione dei documenti probatori su supporto informatico, in Inform. dir., 2007, n. 1-2, 193 ss. 38 Ai sensi dell’art. 12, comma 2, è eccessivamente onerosa l’estrazione della copia informatica di documenti probatori prodotti o acquisiti su supporto cartaceo, ai fini dell’inserimento nel fascicolo informatico da parte della cancelleria, quando il formato del documento da copiare è diverso da quelli indicati con il decreto di cui all’art. 3, comma 3, ovvero se il numero delle pagine da copiare è superiore a venti. Con il medesimo decreto il numero delle pagine è periodicamente aggiornato. In deroga al comma 4 la cancelleria procede comunque all’estrazione della copia informatica di documenti probatori prodotti o acquisiti su supporto cartaceo quando la parte allega ad essi la copia su supporto informatico. Sul punto vedi ancora R. GIORDANO, op. et loc. supra cit. 39 Vedi al riguardo M. IASELLI, G.A. CAVALIERE, Il fascicolo informatico nel processo telematico, in Inform dir., 2007, n. 1-2, 237 ss. 40 Vedi al riguardo C. MAIOLI, Il sistema informatico civile nel Processo Civile Telematico, in Inform. dir., 2007, n. 1-2, 23 ss.
Le fonti, le regole tecniche e l’architettura del processo civile telematico
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positata per via telematica come documento informatico sottoscritto con firma digitale. Con lo stesso mezzo dovevano essere allegati i documenti e le osservazioni delle parti o la copia informatica di questi ove gli originali fossero stati prodotti su supporto cartaceo. In tal caso gli originali dovevano essere depositati dal consulente tecnico d’ufficio senza ritardo, in ogni caso prima dell’udienza successiva alla scadenza del termine per il deposito della relazione. Qualora non fosse stato necessario acquisire il fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo, la trasmissione del fascicolo d’ufficio poteva avvenire, in ogni stato e grado, anche per via telematica con particolari modalità stabilite con il decreto di cui all’art. 3, comma 3, e dirette ad assicurarne l’integrità, l’autenticità e la riservatezza. Prima dell’invio, il responsabile della cancelleria era tenuto a controllare che il contenuto del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo fosse presente nel fascicolo informatico. La trasmissione per via telematica della minuta della sentenza o della sentenza stessa, redatte come documenti informatici sottoscritti con firma digitale, doveva essere effettuata, ai sensi dell’art. 119 delle norme di attuazione del codice di procedura civile, con le particolari modalità stabilite con il decreto di cui all’art. 3, comma 3, diretta ad assicurarne l’integrità, l’autenticità e la riservatezza. Il cancelliere, ai fini del deposito della sentenza ai sensi dell’art. 133 41 c.p.c., doveva sottoscrive la sentenza stessa con la propria firma digitale . Queste norme, dettate con il d.p.r. n. 123/2001, che sino al 13 agosto 2011 hanno regolato il processo civile telematico, sono state abrogate e sostituite, come detto, da quelle emanate con il d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44, pubblicato sulla G.U. 18 aprile 2011, n. 89 e che hanno preso vigore in seguito alle successive regole tecniche pubblicate sulle G.U. 29 luglio 2011, n. 175.
3.6. Le regole tecniche del PCT dal d.m.g. del 14 ottobre 2004, al d.m. 17 luglio 2008
L’intervenuta abrogazione delle regole tecniche di cui in parola non può impedire un loro rapido esame in quanto prevedeva l’art. 34, comma 3, d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44, con il quale è stata abrogata la precedente normativa, che fino all’emanazione, sul portale dei servizi telematici, delle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, continueranno ad applicarsi, comunque, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti. Occorre pertanto, prima di analizzare le nuove “Regole tecniche” del processo civile telematico, analizzare il sistema del conten41
Vedi al riguardo F. CELENTANO, M. IASELLI, La strutturazione informatica degli atti del processo telematico, in Inform. dir., 2007 n. 1-2, 237 ss.; A. VILLECCO, Il processo civile telematico, cit., 132 ss.
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zioso civile in vigore fino a tale data anche nella vacatio legis della pubblicazione sul portale dei servizi telematici, di nuova istituzione, delle specifiche tecniche per il nuovo PCT. In questa prospettiva, nello sforzo di ricollegare le vecchie regole alle nuove, devono essere rilette tutte le norme emanate con d.m.g. 14 ottobre 2004 sulle regole tecniche-operative del Processo Civile Telematico come sostituito dal d.m.g. del 2008 ed, infine, delle norme dettate dal d.m.g. n. 44/2011. Muovendo nell’esame del provvedimento del 2004, è da dire che, ai sensi dell’art. 42 2 , occorreva intendere per: a) SICI: il sistema informatico civile come definito nel d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123; b) gestore centrale: la struttura tecnico-organizzativa che, nell’ambito del dominio giustizia, era definita all’art. 1, comma 1, lettera e), d.m. 13 febbraio 2001, n. 123, il quale forniva i servizi di accesso al SICI ed i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici processuali fra il SICI ed i soggetti abilitati; c) gestore locale: il sistema informatico che forniva i servizi di accesso al singolo ufficio giudiziario od all’ufficio notifiche esecuzioni e protesti (UNEP), ed i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici processuali fra il gestore centrale ed il singolo ufficio giudiziario o UNEP; d) certificazione del difensore: l’attestazione del difensore di iscrizione all’albo, all’albo speciale, al registro dei praticanti abilitati ovvero del possesso della qualifica che legittimava l’esercizio della difesa e l’assenza di cause ostative allo svolgimento dell’attività difensiva; e) punto di accesso: la struttura tecnico-organizzativa che forniva ai soggetti abilitati, esterni al SICI, i servizi di connessione al gestore centrale e di trasmissione telematica dei documenti informatici relativi al processo, nonché la casella di posta elettronica certificata; f) autenticazione: l’operazione di identificazione in rete del titolare della carta nazionale dei servizi o di altro dispositivo crittografico, contenente un certificato di autenticazione, secondo la previsione di legge; g) firma digitale: la firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato, rilasciato da un certificatore accreditato e generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, di cui al d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10; h) fascicolo informatico: la versione informatica del fascicolo d’ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici ovvero le copie informatiche dei medesimi atti, qualora fossero stati depositati su supporto cartaceo; i) soggetti abilitati: tutti i soggetti abilitati all’utilizzo dei servizi di consultazione, di informazioni e trasmissione di documenti informatici relativi al processo. Dal punto di vista dei soggetti abilitati occorreva distinguere quelli esterni da quelli 43 interni ; i primi, a loro volta, si distinguevano ancora in privati e pubblici. In particolare, per soggetti abilitati esterni privati si intendevano: i difensori delle parti private; gli avvocati iscritti negli elenchi speciali; gli esperti e gli ausiliari del
42 In merito si veda: A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole del processo civile telematico alla luce delle più recenti discipline del SICI, in Dir. Internet, 2008, 22 ss. 43 Vedi al riguardo M. MAINI, Le sperimentazioni del processo civile telematico, in Inform. dir., 2007, n. 1-2, 99 ss.
Le fonti, le regole tecniche e l’architettura del processo civile telematico
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giudice. Per soggetti abilitati esterni pubblici si intendevano: gli avvocati ed i procuratori dello Stato nonché gli altri dipendenti di amministrazioni statali. Infine, per soggetti abilitati interni si intendevano: i magistrati; il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP. Tutti i soggetti abilitati sopraelencati comunicavano attraverso la casella di posta elettronica certificata per il processo telematico (CPECPT), quindi casella dedicata ai soli atti del processo telematico. Il sistema del Processo Civile Telematico prevedeva che il legale, avendo redatto e certificato l’atto con la cifratura, lo “imbustava” – attività certificata me44 diante smart-card – e accedeva, tramite internet, al punto di accesso . I soggetti abilitati esterni, infatti, accedevano al SICI tramite un punto di accesso, che poteva essere attivato esclusivamente da soggetti pubblici, quali: a) i Consigli dell’Ordine degli Avvocati, ciascuno limitatamente ai propri iscritti; b) il Consiglio Nazionale Forense; c) il Consiglio Nazionale del Notariato, limitatamente ai propri iscritti; d) l’Avvocatura dello Stato, le amministrazioni statali o equiparate e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti; e) il Ministero della giustizia, per i soggetti abilitati interni e, in via residuale, ove sussistessero oggettive difficoltà per l’attivazione del servizio da parte dei soggetti di cui ai precedenti punti a) e b); f) il Ministero della giustizia, in via residuale, ove sussistessero oggettive difficoltà per l’attivazione del servizio da parte dei soggetti privati, che attivavano e gestivano un punto di accesso, i quali dovevano avere i requisiti di: a) società per azione; b) capitale sociale e requisiti di onorabilità ex art. 25, comma 1, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385. Ciascun soggetto poteva avvalersi di un solo punto di accesso e la certificazione del difensore dal punto di accesso doveva essere gestita da un Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, o dal Consiglio Nazionale Forense, oppure dal gestore centrale sulla base di copia dell’albo fornita al Ministero della giustizia dai Consigli dell’Ordine degli Avvocati e dal Consiglio Nazionale Forense. L’aggiornamento della copia dell’albo doveva avvenire entro 72
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L’art. 30 d.m.g. 14 ottobre 2004 prevede che i requisiti tecnici del punto di accesso sono: 1. L’autenticazione dei soggetti abilitati esterni avviene secondo le specifiche previste dalla carta nazionale dei servizi. 2. I punti di accesso stabiliscono le connessioni con il gestore centrale esclusivamente mediante un collegamento diretto alla RUPA, autorizzato dal CNIPA. 3. Ciascun punto di accesso stabilisce con il gestore centrale un canale sicuro di comunicazione, che consente la reciproca autenticazione e riservatezza. 4. Il punto di accesso garantisce un livello di disponibilità del servizio pari al 99,5%, su base quadrimestrale, nei giorni feriali, dalle ore otto alle ore ventidue, dal lunedì al venerdì, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre. 5. Le procedure per la fornitura dei servizi, attuate dal punto di accesso, sono dettagliatamente documentate sul manuale operativo, previsto dall’art. 33. 6. Tutte le azioni e le procedure di sicurezza, attivate dal punto di accesso, sono dettagliatamente documentate nel piano per la sicurezza, previsto dall’art. 34. 7. La frequenza di salvataggio dei dati è almeno giornaliera. 8. Gli eventi significativi nel funzionamento del punto di accesso sono registrati sul giornale di controllo, di cui all’art. 35. 9. I canali di autenticazione del presente regolamento sono in SSL versione 3, con chiave a 1024 bit. Vedi C. MAIOLI, Il sistema informatico civile nel Processo Civile Telematico, cit., 25 ss.; A. VILLECCO op. e loc. supra cit., 92 ss.
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ore dalla comunicazione dei provvedimenti che riguardavano un certificato da parte del CdO. Il Consiglio Nazionale Forense poteva espletare il servizio di certificazione dei difensori per gli iscritti ai consigli dell’ordine locali, su delega di questi ultimi. Per il difensore delle parti – soggetto abilitato esterno privato – era necessaria, ai fini dell’accesso al SICI, l’autenticazione presso il punto di accesso e la relativa certificazione. Il SICI consentiva al difensore l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui era costituito e permetteva, negli altri casi, l’acquisizione delle informazioni necessarie per la costituzione in giudizio. In caso di delega (rilasciata ai sensi dell’art. 9, r.d.lgs. 27 novembre 1933, n. 1578), il SICI consentiva all’avvocato delegato l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dall’avvocato delegante, previa comunicazione, a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell’ufficio giudiziario, che provvedeva ai conseguenti adempimenti. L’accesso era consentito, al delegato, fino alla comunicazione della revoca della delega. La delega, sottoscritta con firma digitale, era rilasciata in conformità al modello previsto dall’art. 56 del regolamento. Gli esperti e gli ausiliari del giudice accedevano al SICI, per la consultazione e la copia degli atti del fascicolo telematico, nei limiti dell’incarico ricevuto e dell’autorizzazione concessa dal giudice. A seguito dell’autenticazione veniva trasmesso al gestore centrale il codice fiscale del soggetto 45 abilitato esterno privato . Il punto di accesso autenticava il soggetto abilitato esterno pubblico e trasmetteva il relativo codice fiscale al gestore centrale. I dati erano utilizzati per individuare i privilegi di accesso alle informazioni contenute nel SICI e il sistema consentiva agli avvocati ed ai procuratori dello Stato l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui era parte una pubblica amministrazione. La comunicazione tra la postazione informatica del soggetto abilitato esterno ed il punto di accesso avveniva mediante canale sicuro. Il punto di accesso manteneva in linea i documenti informatici inviati fino a quando non riceveva un avviso di consegna dal gestore centrale o dal punto di accesso di destinazione. Forniva, altresì, il servizio di ricezione, inviando, in risposta ad ogni documento informatico ricevuto dal gestore centrale o da un altro punto di accesso, una ricevuta breve di avvenuta consegna e, verificava l’assenza di virus informatici in ogni messaggio in arrivo ed in partenza garantendo, per un periodo non inferiore a cinque anni, la conservazione di tutti i messaggi inviati e ricevuti. Forniva, inoltre, il servizio di distribuzione del software, dato come prototipo dal Ministero della 46 giustizia per la redazione dei documenti informatici in formato XML. I soggetti abilitati interni, invece, accedevano al SICI attraverso la Rete Unica della giustizia (RUG) ed attraverso il punto di accesso del Ministero della giustizia. Il soggetto
45 46
27 ss.
Tale relazione avveniva ai sensi dell’art. 8, d.m.g. 14 ottobre 2004, ibidem. Vedi sul punto C. MAIOLI, Il sistema informatico civile nel Processo Civile Telematico, cit.,
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abilitato interno, ad esempio il magistrato, doveva avere sulla “consolle” del ruolo il programma per la relativa attività, la lista dei fascicoli per il periodo selezionato, lo stato della causa e delle attività da compiere. Per quanto riguarda la casella di posta elettronica certificata del processo telematico, era stato previsto che i soggetti abilitati esterni, per utilizzare i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici, dovevano disporre di un indirizzo elettronico e della relativa casella di posta elettronica, denominata CPECPT, forni47 ta e gestita dal punto di accesso, nel rispetto dei requisiti di cui all’art. 12 del decreto. Ogni indirizzo elettronico, come definito nel d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, corrispondeva ad una CPECPT. Ad ogni soggetto, che interagiva per via telematica con il SICI, corrispondeva un solo indirizzo elettronico, inoltre ogni CPECPT era abilitata a ricevere messaggi provenienti unicamente da altri punti di accesso e dal gestore centrale. Il registro generale degli indirizzi elettronici conteneva l’elenco di tutti gli indirizzi elettronici attivati dai punti di accesso attivo presso il gestore centrale; inoltre era accessibile a tutti i soggetti abilitati, secondo le modalità compatibili con il protocollo LDAP, definito nella specifica pubblica RFC 1777 e successive modificazioni. Il gestore centrale ed i punti locali potevano fornire modalità di accesso aggiuntive al registro rispetto a quella prevista. L’accesso al SICI ed alla casella di posta elettronica si ottenevano solo previa registrazione presso un punto di accesso; per la registrazione occorreva una richiesta scritta comportando che il punto d’accesso era tenuto a conservarle per almeno dieci anni. Con la registrazione, il punto di accesso acquisiva i dati relativi sia all’indirizzo elettronico delle persone fisiche che all’indirizzo elettronico degli enti collettivi; inoltre qualora non fossero stati riconoscibili, verificava l’identità del richiedente ed il relativo codice fiscale. I difensori delle parti presentavano, all’atto della registrazione, un certificato rilasciato in data non anteriore a venti giorni, in cui il Consiglio dell’Ordine di appartenenza attestava l’iscrizione all’albo, o all’albo speciale, o al registro dei praticanti abilitati, oppure la qualifica che legittima all’esercizio della difesa e l’assenza di cause ostative allo svolgimento dell’attività difensiva. Gli esperti e gli ausiliari del giudice dovevano, invece, presentare, all’atto della registrazione, il certificato dell’iscrizione all’albo dei consulenti tecnici o copia della nomina da parte del giudice dalla quale doveva risultare che l’incarico non era cessato. Al momento della registrazione, i soggetti abilitati esterni 47 In quanto la CPECPT garantisce la ricezione dei messaggi e la loro disponibilità per trenta giorni. Successivamente il messaggio viene archiviato e sostituito da un avviso che contiene i dati di identificativo univoco del messaggio, mittente, data, ora e minuti di arrivo. Il servizio di posta elettronica certificata restituisce al mittente una ricevuta breve di avvenuta consegna per ogni documento informatico reso disponibile al destinatario, cui è associata l’attestazione temporale di cui all’art. 45.d.m. cit. La posta certificata del processo telematico è conforme alle linee guida stabilite dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica amministrazione (ora DigitPa). L’avviso di cui al comma 1 è conservato, presso il punto d’accesso, per un periodo non inferiore a cinque anni. Vedi sul punto M.C. GIORGETTI, Notifiche e comunicazioni informatiche, cit., 103 ss.; A. VILLECCO, op. et loc. supra cit., 131 ss.
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dovevano comunicare al punto di accesso determinate informazioni in modo che si potesse attivare un registro degli indirizzi elettronici contenente l’elenco di tutti 48 gli indirizzi elettronici emessi, revocati o sospesi dal punto di accesso . Il difensore comunicava al consiglio dell’ordine di appartenenza il proprio indirizzo elettronico, relativo alla CPECPT rilasciata dal punto di accesso, unitamente al proprio codice fiscale e ai dati identificativi del medesimo punto. Sempre il difensore delle parti, l’esperto o l’ausiliario del giudice dovevano comunicare alla cancelleria competente il proprio indirizzo elettronico, relativo alla CPECPT rilasciata dal punto di accesso. Il registro degli indirizzi elettronici era accessibile a tutti i soggetti abilitati, secondo le modalità compatibili con il protocollo LDAP, definito nella specifica pubblica RFC 1777, e successive modificazioni. Per i soggetti abilitati esterni pubblici, ciascun punto di accesso comunicava al Ministero della giustizia, per via telematica, tutte le informazioni ed ogni loro variazione, al fine dell’inserimento nel registro generale degli indirizzi elettronici. Per i soggetti abilitati esterni privati (difensori) provvedevano all’inserimento nei registri degli indirizzi elettronici i Consigli dell’Ordine degli Avvocati ed il Consiglio Nazionale Forense, che comunicavano al Ministero della giustizia, ed ai punti di accesso di riferimento, per via telematica, le informazioni e le successive variazioni. Per quanto riguardava i requisiti tecnici dei registri degli indirizzi elettronici, è da dire che il gestore centrale ed i punti di accesso rendevano disponibile una copia operativa dei propri registri degli indirizzi elettronici e mantenevano l’originale inaccessibile dall’esterno, garantendo la conformità tra la copia operativa e l’originale dei propri registri e risolvendo tempestivamente qualsiasi difformità, registrandola in 49 un apposito giornale di controllo . Le operazioni che modificavano il contenuto dei registri erano consentite unicamente al personale espressamente autorizzato ed erano registrate anch’esse in un apposito giornale di controllo. La data, l’ora e i minuti, iniziali e finali, di ogni intervallo di tempo nel quale i registri non risultavano accessibili dall’esterno, oppure erano indisponibili in una loro funzionalità, erano registrate in un apposito giornale di controllo. Almeno una copia dei registri era conservata in locali di sicurezza, ubicati in luoghi diversi da quelli ove erano custoditi gli originali. Il gestore centrale forniva anche il servizio di consultazione del SICI ed il servizio di trasmissione telematica degli atti. I soggetti abilitati esterni accedevano ai servizi del gestore centrale esclusivamente attraverso il proprio punto di accesso. Dal punto di accesso, che faceva parte della rete privata del sistema, le cartelle dei documenti firmati arrivavano al gestore centrale e quest’ultimo, come detto, era il punto unico di interazione, a livello nazionale, tra il SICI ed i sog-
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Ancora C. MAIOLI, Il sistema informatico civile nel Processo Civile Telematico, cit., 28 ss. Sul punto ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, E-Law. Le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, cit., 93 ss. 49
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getti abilitati esterni ed era attivo presso il Ministero della giustizia . La cartella da qui era inviata al gestore locale del singolo tribunale della cancelleria interessata. Il gestore locale era, infatti, parte del sistema informatico dell’ufficio giudiziario e dell’UNEP, come definito nel d.m. 24 maggio 2001, e doveva rispettare i requisiti tecnici ed organizzativi definiti in tale ambito, che erano attivati 51 appunto presso gli uffici giudiziari periferici e gli uffici dell’UNEP . Qui era il gestore locale della rete che doveva provvedere ad autenticare i soggetti interni che potevano accedere alla rete. Nelle comunicazioni o notificazioni al difensore, il gestore centrale controllava, mediante il registro generale degli indirizzi elettronici, la certificazione del difensore ed in caso di esito negativo del controllo, il gestore centrale inoltrava la comunicazione o la notifica all’ufficio giudiziario o all’UNEP un messaggio contenente l’esito del controllo. Il gestore centrale associava automaticamente, ad ogni documento informatico pervenuto da un punto di accesso, un’attestazione temporale della ricezione del documento informatico contenente data, ora e minuti; questa attestazione era inserita in un messaggio inviato all’indirizzo elettronico del mittente ed associava automaticamente, ad ogni ricevuta, una attestazione temporale comprensiva di data, ora e minuti di ricezione del relativo documento informatico da parte del desti52 natario . Questi dati erano trasmessi al gestore locale dell’ufficio giudiziario 53 competente . Il gestore centrale, inoltre, forniva un servizio di inoltro automatico di tutti i documenti informatici ricevuti dall’interno del SICI verso l’indirizzo elettronico di destinazione ed un servizio di conservazione di tutti i messaggi inviati e ricevuti, associati alle relative attestazioni temporali, con le 54 modalità previste dalla delibera CNIPA 19 febbraio 2004, n. 11 . Il gestore loca50
La disciplina è dettata ai sensi dell’art. 3, d.m.g. 14 ottobre 2004. Vedi al riguardo M. GASPANotifiche online e risoluzione della carta: cura antiburocratica negli uffici giudiziari, in Guida dir., 2009, n. 24, 16 ss. 51 Vedi al riguardo P. GUIDOTTI, Dall’Ufficio giudiziario informatizzato al processo civile telematico, in Inform. dir., 2007 n. 1-2, 52 ss. 52 Ci si permette di rinviare a: A. CONTALDO, M. GORGA, Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle recenti novità normative, in Ciberspazio e diritto, 2009, n. 1, 72 ss.; vedi inoltre G. ATZENI, Processo civile telematico. Aspetti normativi e profilo pratico-applicativi, www.ilmiolibro.it., 2009, 35 ss.; M.C. GIORGETTI, op. et loc. supra cit. 53 Il sistema utilizzava per gli adempimenti predetti un servizio di attestazione temporale, quest’ultimo basato, con una differenza non superiore ad un minuto primo, sulla scala di tempo UTC (IEN), determinata ai sensi dell’art. 3, comma 1, legge 11 agosto 1991, n. 273. Verificava l’assenza di virus informatici in ogni messaggio, in arrivo e in partenza, e se riceveva un messaggio privo dei dati necessari all’instradamento verso l’ufficio giudiziario o verso l’UNEP, generava ed inviava automaticamente al mittente un messaggio di errore, contenente l’avviso del rifiuto del messaggio e l’indicazione degli elementi mancanti. Inoltrava automaticamente tutti i documenti informatici provenienti dall’esterno del SICI e diretti verso il gestore locale dell’ufficio giudiziario o dell’UNEP ed associava l’attestazione temporale. 54 I supporti erano inviati, con periodicità mensile, ad un apposito centro di conservazione presso il Centro di Gestione Centralizzata del Ministero della giustizia, che ne assicurava la conservaRINI,
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le , inoltre, verificava automaticamente, con il controllo della firma digitale, l’autenticità e l’integrità di ogni documento informatico ricevuto e verificava, altresì, il rispetto dei formati nonché l’assenza di virus. Infine rendeva disponibile il documento ricevuto al sistema informatico di gestione delle cancellerie civili o dell’UNEP, associandovi le informazioni dell’attività di verifica per valutarne la ricevibilità. Normativa
R.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore.): «Art. 9 – Con atto ricevuto dal cancelliere del Tribunale o della Corte d’appello, da comunicarsi in copia al Consiglio dell’ordine, il procuratore può, sotto la sua responsabilità, procedere alla nomina di sostituti, in numero non superiore a tre, fra i procuratori compresi nell’albo in cui egli trovasi iscritto. Il sostituto rappresenta a tutti gli effetti il procuratore che lo ha nominato. Il procuratore può anche, sotto la sua responsabilità, farsi rappresentare da un altro procuratore esercente presso uno dei Tribunali della circoscrizione della Corte d’appello e sezioni distaccate. L’incarico è dato di volta in volta per iscritto negli atti della causa o con dichiarazione separata. Nei giudizi davanti alle Preture la rappresentanza può essere conferita ad un praticante procuratore».
3.7. Il regolamento adottato con il Decreto del Ministero della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44
Come già detto nei paragrafi precedenti, con d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44, sono state emanate le nuove norme regolamentari per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La portata delle nuove norme che di seguito esamineremo deve essere subito precisata in quanto il decreto in parola acquista efficacia dal trentesimo giorno successivo dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repub56 blica italiana . Aspetto ancora più determinante, poi, è che dalla medesima data zione per un periodo non inferiore a cinque anni, eseguendo la certificazione del difensore, qualora questa non fosse già stata compiuta dal punto d’accesso, e forniva un servizio per verificare lo stato delle notifiche e delle relative ricevute brevi di avvenuta consegna. 55 Il gestore locale, dal canto suo, forniva: il servizio di consultazione del sistema informatico dell’ufficio giudiziario per i soggetti abilitati, collegati attraverso il gestore centrale mediante il sistema informatico di gestione della cancelleria; trasmetteva i documenti tra i sistemi informatici dell’ufficio giudiziario o dell’UNEP ed il gestore centrale, fornendo una verifica della ricezione di tutti i documenti informatici ricevuti dal gestore centrale e delle relative attestazioni temporali; decifrava i messaggi crittografati ricevuti, secondo le regole previste, e cifrava, con le modalità di cui all’art. 43 del decreto in parola, i documenti in uscita, facenti parte del fascicolo informatico, quando erano destinati a soggetti abilitati esterni. 56 Dalla stessa data il d.m.g. n. 44/2011 sostituisce il d.m.g. 17 luglio 2008, pubblicato nella G.U. 2 agosto 2008, n. 180, Supp. ord. Sul punto vedi E. FORCILLO, La giustizia telematica. Le online dispute resolution, cit., 459.
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di efficacia della nuova regolamentazione, cesseranno di avere efficacia nel processo civile le disposizioni del d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, di cui abbiamo detto al paragrafo precedente (v. infra, §§ 3.5). Le nuove norme che qui analizzeremo, che sostituiscono quelle adottate con d.m.g. 17 luglio 2008, che a loro volta avevano interamente sostituito le regole adottate con il d.m.g. 14 ottobre 2004, hanno assunto immediata efficacia dal momento in cui sono state pubblicate sul “portale dei servizi telematici”, presso il Ministero della giustizia, le “specifiche tecniche” per il PCT, cosa puntualmente avvenuta con la G.U. 29 luglio 2011, n. 175 dove è stato pubblicato per estratto il Provvedimento del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia recante le specifiche tecniche previste dall’art. 34, comma 1, d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44. La nuova disciplina come già quella precedente, ha i suoi precisi riferimenti 57 normativi consolidati , ma il suo caposaldo diviene la legge 22 febbraio 2010, n. 24 che disciplina la diffusione delle nuove tecnologie delle comunicazioni nel processo civile e penale, diffusione che finora è stata subordinata proprio all’emanazione delle norme specifiche che sono oggetto del presente lavoro. Con la legge n. 24/2010, è stato modificato l’art. 51, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con la previsione di una “facoltatività rafforzata” in ordine alle notificazioni e comunicazioni via PEC, per gli uffici giudiziari da individuarsi, volta per volta, con specifici decreti ad hoc, per l’accertamento delle consistenze infrastrutturali tecnologiche locali, decreti, aventi natura non regolamentare, emanati dal Ministero della giustizia, (commi 1 e 2 del citato art. 51) e ciò a contrario del sistema previgente di assoluta “facoltatività complementare” delle notifiche in modalità telematica rispetto al sistema ordinario. I soggetti potenzialmente destinatari del nuovo sistema di comunicazioni e notificazioni telematiche, se operanti sull’ufficio giudiziario individuato negli appositi decreti autorizzativi, pur non essendo, ancora, obbligati a interagire via PEC, sono fortemente incentivati a farlo perché altrimenti sarebbero tenuti a prelevare le comunicazioni e le notifiche loro fatte direttamente presso la cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario (comma 3 del citato art. 51). Molteplici sono le novità introdotte dalla normativa che meritano una preliminare illustrazione data la loro importanza e la “rivoluzione” del precedente assetto normativo ed organizzativo del progetto del processo civile telematico. La prima novità è che le nuove regole tecniche si estendono anche al settore penale in quanto il Ministero 57
Il suo presupposto normativo risiede nel: a) d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, in materia di sistemi informativi automatizzati delle P.A.; b) d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2; c) d.m. 27 aprile 2009, in materia di registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia; d) d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in tema di protezione dei dati personali; nella legge 28 gennaio 2009, n. 2. Tali norme sono state predisposte per consentire le applicazioni informatiche nel processo civile e nel processo penale, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24.
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della giustizia ha ritenuto che le regole fin qui adottate esclusivamente per il processo civile, possano essere validamente utilizzate anche per il processo penale. Novità, quest’ultima, non di poco rilievo e non di facile coordinamento attesa l’immediatezza e l’oralità del processo penale, rispetto all’attuale processo civile dove predomina soprattutto la fase scritta. Lo stesso decreto, poi, detta specifiche norme applicabili solo al processo penale. Tuttavia va subito precisato che, per il processo civile, anche le attuali regole si caratterizzano, principalmente, in quanto con esse si automatizzano i flussi informativi e documentali tra gli utenti esterni quali: avvocati, ausiliari del giudice e uffici giudiziari, e ciò limitatamente ai soli processi civili. È di sicura evidenza che le attuali norme nascono dall’esperienza maturata nella fase iniziale di sperimentazione del PCT, esperienze che hanno portato a significative modifiche ed innovazioni dello stesso progetto e, di conseguenza, alle nuove norme che però, a differenza di quanto avvenuto precedentemente, non prevedono tutte le specifiche del progetto, ma si limitano a regolamentarne solo gli aspetti salienti, con rinvio alle norme sub-secondarie per il maggiore dettaglio, quest’ultime individuate nelle “specifiche tecniche” alle quali il decreto fa ampio rinvio per la concreta attivazione della modalità della procedura telematica. La ratio di questo rinvio è da individuarsi nella rapidità delle modifiche tecnologiche che richiederanno, senza la necessità di dover rivedere le norme regolamentari, l’adeguamento alle specifiche tecniche che s’imporranno nel tempo. Ma vediamo innanzitutto quali sono i principali elementi innovativi che il decreto introduce rispetto al sistema previgente, oltre quelli di cui abbiamo già fatto cenno. Il primo elemento che si impone alla nostra attenzione è il superamento dello schema precedente dell’architettura del Processo Civile Telematico come lo abbiamo conosciuto e studiato. Procedendo con ordine va segnalata la diversa regolamentazione del punto d’accesso, che, rappresentando l’unico canale di interazione con l’amministrazione giudiziaria, è stato integrato con altri strumenti di larga diffusione e di facile accesso individuati nella posta elettronica certificata e nel portale Web. Con quest’ultimo pare che si voglia realizzare in pieno quell’auspicio che abbiamo ampiamente rappresentato al Capitolo primo (v. infra, §§ 1.3), di superamento della progettazione dei “siti vetrina”, per passare a “portali interattivi” con modalità di accesso alla giustizia anche on line. Per il momento, però, la normativa prevede che tramite questo portale Web denominato “Portale dei servizi telematici” saranno resi disponibili nuovi servizi centralizzati che si affiancheranno a quelli attualmente erogati dal punto di accesso, e che saranno nella disponibilità dei cittadini quali le raccolte giurisprudenziali e, in forma anonima, le informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti. Sullo stesso postale Web saranno poi pubblicate le specifiche tecniche, stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da utilizzarsi in ordine ai modelli da usare per interagire con il sistema del PCT, regole tecnico-operative con previsione di aggiornamento biennale per l’adeguamento
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all’evoluzione scientifica e tecnologica. Ma se c’è un aspetto che, più degli altri, ha rivoluzionato l’originario progetto e l’originaria architettura del processo telematico questo è, sicuramente, quello relativo alle modalità di accesso. Questo nuovo elemento è rappresentato, sicuramente, dall’introduzione della posta elettronica certificata (PEC) quale strumento “ordinario” deputato alla comunicazione tra l’amministrazione giudiziaria ed i soggetti abilitati, la quale subentra a quella che era la casella di posta elettronica certificata per il processo civile telematico (CPECPCT), casella di posta quest’ultima, che era “dedicata” esclusivamente alle sole comunicazioni all’interno dell’architettura e circoscritta ai soli soggetti dotati di un’utenza presso il punto d’accesso e quindi specifica per il Processo Civile Telematico. Oggi, invece, la PEC è attribuita alla generalità dei cittadini come strumento, generico, di accesso; innovazione, quest’ultima, che ha fatto venir meno, in radice, tutta la precedente architettura del processo telematico. Altra novità di grande rilievo, e che si inquadra nella strategia già dichiarata del programma di eliminazione della carta, è quella relativa al fascicolo informatico. È stato, infatti, previsto a carico dell’amministrazione della giustizia, e quindi, con onere per le cancellerie, la tenuta e la conservazione del fascicolo in modalità informatica, con esonero, quindi, dall’obbligo, che resta solo una facoltà, di formazione del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo. Inoltre si è previsto che i documenti probatori e gli allegati depositati, in formato non elettronico, dovranno essere scansionati dalla cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario senza limitazioni in ordine alla consistenza o costo di trasformazione. Tutto ciò contrariamente alle prescrizioni regolamentari sostituite (v. infra, 3.6). L’architettura del sistema, poi, viene semplificata con l’eliminazione della componente denominata “gestore centrale” e con la rimozione del requisito di cifratura degli atti allegati alle comunicazioni di cancelleria inviate telematicamente dagli uffici giudiziari ai destinatari. In merito è stato previsto che si considerano sufficienti le protezioni standard della PEC, fatta eccezione per quei documenti contenenti dati sensibili, e qui, in relazione agli atti giudiziari, specie in materia penale, si pone il problema della loro identificazione, e per i quali è previsto il download previa autenticazione forte. Sono di conseguenza venute meno le altre componenti della vecchia architettura del PCT. Normativa
D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133: «Art. 51 comma 1 e 2. e 3. - 1. A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 2, negli uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, le notificazioni e le comunicazioni di cui al primo comma dell'art. 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell'art. 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all'art. 16 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Allo stesso modo si procede per le notificazioni e le comunicazioni previste
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dal r.d. 16 marzo 1942, n. 267, e per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p. La notificazione o comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata solo per estratto con contestuale messa a disposizione, sul sito internet individuato dall'amministrazione, dell'atto integrale cui il destinatario accede mediante gli strumenti di cui all'art. 64 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82. 2. Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi entro il 1° settembre 2010, sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1. 3. A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alle parti che non hanno provveduto ad istituire e comunicare l'indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario.
3.7.1. Dominio Giustizia, responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, gestore dei servizi informatici e il portale dei servizi telematici
I sistemi informatici del “dominio giustizia”, come definiti dall’art. 2, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 e dall’art. 3 del provvedimento sulle specifiche tecniche del 58 18 luglio 2011 , è l’insieme delle risorse hardware e software, mediante il quale il Ministero della giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura. Lo stesso insieme delle risorse è articolato, salvo le infrastrutture unitarie e comuni, a livello interdi59 strettuale e distrettuale . È stato previsto, dalla normativa, che i sistemi informatici del dominio giustizia utilizzino l’infrastruttura tecnologica resa disponibile nell’ambito del Sistema Pubblico di Connettività (SPC) per le comunicazioni con l’esterno del dominio giustizia. Lo stesso insieme dei sistemi del dominio giustizia, ai sensi dell’art. 3, d.m. cit., è strutturato in conformità al Codice dell’amministrazione digitale nonché al Codice in materia di protezione dei dati personali ed in particolare alle prescrizioni in materia di sicurezza dei dati in conformità del decreto ministeriale emanato a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera f), d.m.g. 27 marzo 2000, n. 264 in materia di tenuta dei registri presso gli uffici giu60 diziari oggi disciplinati dal d.m. 27 aprile 2009 in sostituzione del d.m. 24 maggio 2001. È stata istituita poi, con la nuova normativa, una figura centrale, intorno alla quale ruota tutta la nuova organizzazione del processo telematico: questa è individuata nel «responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia». Quest’ultimo è il soggetto al quale la normativa rimette la deter58
Pubblicato sulla G.U. 29 luglio 2011, n. 175. Ai sensi dell’art. 3 comma 3, d.m.g. 21 febbraio 2011 n. 44. “I dati sono custoditi in infrastrutture informatiche di livello distrettuale o interdistrettuale, secondo le specifiche di cui all’articolo 34”; vedi A. VILLECCO, op. et loc. supra cit. 60 Pubblicato sulla G.U. 11 maggio 2009, n. 107. 59
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minazione delle specifiche tecniche, sentito DigitPa e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Specifiche tecniche che dovranno essere rese disponibili, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. Il responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia è, quindi, responsabile dello sviluppo, del funzionamento e della gestione dei sistemi informatici del dominio giustizia; questi ultimi mettono a disposizione dei soggetti abilitati interni le funzioni di ricezione, accettazione e trasmissione dei dati e dei documenti informatici, nonché di consultazione e gestione del fascicolo informatico, secondo le specifiche vigenti al momento. L’accesso dei soggetti abilitati interni è effettuato con le modalità che consentono l’accesso anche dall’esterno del dominio giustizia previa osservanza della disciplina dei requisiti di legittimazione e delle credenziali di accesso al sistema da parte delle strutture e dei soggetti abilitati interni. I sistemi informatici a disposizione dei soggetti abilitati interni sono conformi alle regole di cui al d.m. 27 aprile 2009, in materia di nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia, e mettono a disposizione le funzioni relative alla ricezione, accettazione e trasmissione dei dati e dei documenti informatici, nonché la consultazione e la gestione del fascicolo informatico. Per l’accesso ai sistemi dall’interno degli uffici giudiziari, l’identificazione è effettuata mediante coppia di credenziali “nome utente/password” ovvero mediante identificazione informatica mediante carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi e sul punto di accesso mediante token crittografico ossia smart card, chiavetta USB o altro dispositivo sicuro. Per l’accesso ai sistemi dall’esterno della Rete Giustizia, l’identificazione è effettuata dal portale dei servizi telematici sulla base del sistema “Active Directory Nazionale” (ADN) e secondo le specifiche di cui all’articolo 6 del provvedimento del 29 luglio 2011 in materia di specifiche 61 tecniche . Ad eccezione della fase delle indagini preliminari nel processo penale, il dominio giustizia consente al soggetto abilitato esterno l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è costituito o svolge attività di esperto o ausiliario. L’utente privato accede alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte mediante il portale dei servizi telematici e, nei casi previsti dall’art. 23, comma 6, lettere e) ed f), e comma 7, mediante il punto di accesso. È sempre consentito l’accesso alle informazioni necessarie per la costituzione o l’intervento in giudizio in modo tale da garantire la riservatezza dei nomi delle parti e limitatamente ai dati identificativi del procedimento. In ca-
61 Ai soli fini del recupero dall’esterno delle informazioni di registro da parte dei sistemi a disposizione dei magistrati in ambito civile, è sufficiente l’identificazione sulla base del sistema ADN purché l’interrogazione dei dati finalizzati al recupero preveda l’indicazione del numero di ruolo generale nonché del codice fiscale dell’attore principale e del convenuto principale del procedimento.
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so di delega, rilasciata ai sensi dell’art. 9 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, il dominio giustizia consente l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dal delegante, previa comunicazione, a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell’ufficio giudiziario, che provvede ai conseguenti adempimenti. L’accesso è consentito fino alla comunicazione della revoca della delega. La delega, sottoscritta con firma digitale, è rilasciata in conformità alle specifiche di strutturazione di cui all’articolo 35, comma 4. Gli esperti e gli ausiliari del giudice accedono ai servizi di consultazione nel limite dell’incarico ricevuto e della autorizzazione concessa dal giudice, gli avvocati e i procuratori dello Stato alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte una pubblica amministrazione la cui difesa in giudizio è stata assunta dal soggetto che effettua l’accesso. Ai sensi dell’art. 1 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, per “gestore dei servizi telematici” deve intendersi il sistema informatico, interno al dominio giustizia, che consente l’interoperabilità tra i sistemi informatici utilizzati dai soggetti abilitati interni, il portale dei servizi telematici e il gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Prevede poi l’art. 4 succ. che salvo quanto previsto all’art. 19 – in materia cioè di disposizioni particolari in sede penale per la fase delle indagini preliminari – il Ministero della giustizia si avvale di un proprio servizio di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal codice dell’amministrazione digitale. Gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari e degli UNEP, da utilizzare unicamente per i relativi servizi, sono pubblicati sul portale dei servizi telematici e devono rispettare le specifiche tecniche prescritte all’art. 4 del provvedimento del 19 luglio 2011 e vale a dire che il Ministero della giustizia si avvale del proprio gestore di posta elettronica certificata, che rilascia e gestisce apposite caselle di PEC degli uffici giudiziari e degli UNEP da utilizzare esclusivamente per i servizi previsti dal regolamento, nel rispetto delle specifiche tecniche, riassumibili nel modo seguente: le caselle di PEC appartengono ad apposito sotto-dominio (civile.ptel.giustiziacert.it e penale.ptel.giustiziacert.it) e possono ricevere unicamente messaggi di posta elettronica certificata, mentre i messaggi di posta elettronica ordinaria vengono automaticamente scartati dal sistema. Il ge62 store dei servizi telematici deve utilizzare specifici protocolli per collegarsi al gestore di posta elettronica certificata del Ministero. La codifica dei singoli uffici, comprensiva del relativo indirizzo di PEC, è contenuta nel catalogo dei servizi telematici. Non possono essere utilizzate caselle diverse di PEC per la trasmissione ed il deposito di atti processuali che rimane pertanto unica dedicata allo 63 scopo . Un apposito modulo, poi, nell’ambito del portale dei servizi telematici
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I protocolli autorizzati nel provvedimento del 29 luglio 2011 relativo alle specifiche tecniche a far data dal 13 agosto 2011 sono: POP3, POP3S, IMAP, IMAPS e SMTP. 63
A tal fine il Ministero della giustizia conserva il log dei messaggi, transitati attraverso il pro-
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comprende i componenti funzionali necessari per l’acquisizione, il salvataggio e l’interrogazione dei log prodotti dal servizio di PEC. I web service d’inter64 rogazione dei log PEC sono disponibili ai sistemi interni al dominio giustizia . Il “Portale dei servizi telematici” è definito nel d.m.g. n. 44/2011 come la struttura tecnologica-organizzativa che consente l’accesso ai servizi telematici, da parte dell’utente privato, resi disponibili dal dominio giustizia secondo le regole tecnico-operative, in ordine a tutte le informazioni, dati e provvedimenti giudiziari secondo quanto previsto dall’art. 51 Codice della privacy. Il “Portale”, quindi, è predisposto per consentire l’accesso da parte dell’utente privato alle informazioni, ai dati ed ai provvedimenti giudiziari che sono resi disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale, accesso che deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni dell’art. 64 del Codice dell’amministrazione digitale e secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi auto65 matizzati del Ministero della giustizia , sentito DigitPa ed il Garante per la protezione dei dati personali. Il “Portale dei servizi telematici” mette a disposizione dei “soggetti abilitati esterni” – che possono essere privati e pubblici – rispettivamente quindi difensori delle parti private, gli avvocati iscritti negli elenchi speciali, gli esperti e gli ausiliari del giudice e gli avvocati ed i procuratori dello Stato e gli altri dipendenti di amministrazioni statali, regionali, provinciali, comunali e delle città metropolitane, i servizi di consultazione, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Il “Portale” mette a disposizione, altresì, dei soggetti abilitati, in un’apposita area, i documenti che contengono dati sensibili che eccedono le dimensioni del messaggio di posta elettronica certificata di cui all’art. 13, comma 8, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia sempre nel rispetto dei requisiti di sicurezza ed autenticazione, del punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, meprio gestore di posta elettronica certificata, per dieci anni e il gestore di PEC del Ministero invia giornalmente, ad una casella di posta di sistema, il log in formato CSV. Il log, sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata, è relativo a tutti gli indirizzi del sotto-dominio delle caselle del processo telematico e contiene tutti gli eventi relativi ai messaggi pervenuti, conservando tutte le informazioni relative al codice identificativo univoco assegnato al messaggio originale; alla data ed all’ora dell’evento nonché il mittente del messaggio originale. Ancora i destinatari del messaggio e l’oggetto del messaggio originale, il tipo di evento (accettazione, ricezione, consegna, emissione ricevute, errore, ecc.) al quale ha dato luogo nonché un codice identificativo dei messaggi correlati generati (ricevute, errori, ecc.) e il gestore mittente. 64
Per quanto attiene alla comunicazioni di atti e documenti tra l’ufficio del pubblico ministero e gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari, avvengono mediante i gestori di posta elettronica certificata delle forze di polizia, le cui caselle sono rese disponibili unicamente agli utenti abilitati; in questo caso il gestore dei servizi telematici utilizza un canale sicuro protetto da un meccanismo di crittografia. 65 Fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.
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diante un collegamento sicuro secondo le specifiche tecniche. A seguito dell’autenticazione viene in ogni caso trasmesso al gestore dei servizi telematici il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso. I punti di accesso garantiscono un’adeguata sicurezza del sistema secondo le modalità tecniche specificate in un apposito piano depositato dal soggetto che intende costituire un punto di accesso e l’iscrizione nell’elenco pubblico dei punti di accesso secondo le modalità stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Il portale dei servizi telematici consente libero accesso alle informazioni ed alla documentazione sui servizi telematici del dominio giustizia, alle raccolte giurisprudenziali e alle informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti penden66 67 ti questi ultimi resi disponibili in forma anonima. Il “Portale” è accessibile all’indirizzo (www.processotelematico.giustizia.it) ed è composto di una “area pubblica” e di una “area riservata”. “L’area pubblica”, dal titolo “Servizi on line Uffici Giudiziari”, è composta da tutte le pagine web e dai servizi del portale disponibili con accesso senza l’impiego di apposite credenziali, sistemi di identificazione e requisiti di legittimazione. Nella stessa area sono disponibili le informazioni e la documentazione sui servizi telematici del dominio giustizia. Nell’area pubblica, inoltre, è consultabile il catalogo dei servizi telematici, che si compone di una serie di file aventi lo scopo di censire, in forma strutturata, tutte le informazioni relative ai servizi telematici, secondo gli XSD di cui al provvedimento del 29 luglio 2011. Per “area riservata” s’intende, invece, il contenitore di tutte le pagine e 68 dei servizi del portale disponibili previa identificazione informatica che avviene sul portale dei servizi telematici mediante carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi e sul punto di accesso mediante token crittografico (smart 69 card, chiavetta USB o altro dispositivo sicuro) . Il “Portale” può essere quindi
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In quest’ultimo caso i parametri e i risultati di ricerca riportano unicamente i dati identificativi dei procedimenti (e vale a dire il numero di ruolo, numero di sentenza, ecc.), senza mai alcun riferimento, in chiaro, ai nomi o ai dati personali delle parti. Il canale di comunicazione per l’accesso a tali informazioni è un canale cifrato (HTTPS). 67
Il portale garantisce la disponibilità dei servizi di consultazione nei giorni feriali dalle ore otto alle ore ventidue, dal lunedì al venerdì, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre. 68 69
Identificazione elettronica disciplinata dall’art. 6 del Provvedimento del 29 luglio 2011.
In quest’ultimo caso, l’identificazione avviene nel rispetto dei seguenti requisiti: Il certificato deve essere rilasciato da una Certification Authority (CA), accreditata da DigitPA, che si fa garante dell’identità del soggetto. Il certificato deve rispettare il profilo del certificato previsto dalla Carta Nazionale dei Servizi (CNS), facendo riferimento all’Appendice 1 del documento rilasciato da DigitPA “Linee guida per l’emissione e l’utilizzo della Carta Nazionale dei Servizi”. L’estensione Certificate Policy (2.5.29.32) può essere valorizzata con un Object Identifier (OID) definito dalla CA. In termini di sicurezza, i dispositivi ammessi sono i dispositivi personali consentiti per la firma elettronica qualificata e quindi smart card e token USB, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. I dispositivi sicuri devono essere certificati Common Criteria EAL4+ con traguardo di sicurezza o profilo di protezione conforme alle disposizioni comunitarie. In termini d’interoperabilità, sono
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ritenuto la seconda grande novità della nuova architettura del processo telematico, in quanto è proprio all’interno del dominio giustizia che lo troviamo assieme al gestore dei servizi telematici ed al gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Il gestore dei servizi telematici assicura, come detto, l’interoperabilità tra i sistemi informatici utilizzati dai magistrati, personale degli uffici giudiziari e degli uffici UNEP, ed il portale dei servizi telematici nonché con 70 il gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia . Normativa
d.m.g. 21 febbraio 2011 n. 44 – Art. 2 – Ai fini del presente decreto si intendono per: a) dominio giustizia: l’insieme delle risorse hardware e software, mediante il quale il Ministero della giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura; Art. 3 – I sistemi del dominio giustizia sono strutturati in conformità al Codice dell’amministrazione digitale, alle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali ed in particolare alle prescrizioni in materia di sicurezza dei dati, nonché al decreto ministeriale emanato a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera f), d.m.g. 27 marzo 2000, n. 264. d.m.g. 18 luglio 2011 sulle specifiche tecniche. Art. 6. Identificazione informatica – L’identificazione informatica avviene sul portale dei servizi telematici mediante carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi e sul punto di accesso mediante token crittografico (smart card, chiavetta USB o altro dispositivo sicuro). d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 – Art. 64. 1. La carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi costituiscono strumenti per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni per i quali sia necessaria l’identificazione informatica. 2. Le pubbliche amminstrazioni possono consentire l’accesso ai servizi in rete da esse erogati che richiedono l’identificazione informatica anche con strumenti diversi dalla carta d’identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi, purché tali strumenti consentano l’individuazione del soggetto che richiede il servizio. L’accesso con carta d’identità elettronica e carta nazionale dei servizi è comunque consentito indipendentemente dalle modalità di accesso predisposte dalle singole amministrazioni.
ammissibili dispositivi che consentano la disponibilità di entrambe le interfacce PKCS#11 e CSP; in particolare entrambe le interfacce devono consentire l’accesso alla procedura d’identificazione forte mediante digitazione del PIN da parte dell’utente; il dispositivo deve inoltre rispettare la strutturazione del file system come da specifiche CNS. In fase di identificazione, il punto di accesso o il portale dei servizi telematici verifica la validità del certificato presente nel token crittografico utilizzato dall’utente che accede; prima di consentire qualunque operazione, inoltre, il punto di accesso verifica che il token crittografico sia collegato alla postazione; in caso contrario, invalida e termina la sessione. Il Ministero della giustizia verifica, anche attraverso opportune visite ispettive, che i punti di accesso rispettino i predetti requisiti. La violazione di queste regole di sicurezza comporta, per il punto di accesso, la sospensione dell’autorizzazione ad erogare i servizi, fino al definitivo rispetto dei requisiti. Possono essere utilizzati certificati di autenticazione non conformi alle specifiche di cui sopra, purché emessi entro il 30 settembre 2011. 70 Gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari e UNEP, da utilizzare unicamente per i servizi di cui al decreto, sono pubblicati sul portale dei servizi telematici e rispettano le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Il Ministero della giustizia garantisce la conservazione dei log dei messaggi transitati attraverso il proprio gestore di posta elettronica certificata per almeno cinque anni.
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3.8. L’architettura del PCT: il punto di accesso, funzioni ed abilitazioni, i delegati dell’avvocato e gli ausiliari del giudice
Il Processo Civile Telematico era disciplinato, come detto, dalla specifica nor71 mativa ora sostituita con quella del d.m. n. 44/2011 e relative specifiche tecniche. Con la precedente normativa era stata realizzata l’interoperabilità tra utenti esterni quali: avvocati, ausiliari del giudice, altre pubbliche amministrazioni e u72 tenti interni quali: magistrati, cancellieri, personale di cancelleria e dell’UNEP . L’architettura prevedeva che gli utenti esterni interagissero con il sistema previa autenticazione con un punto di accesso esterno, autorizzato dal Ministero della giustizia. I punti di accesso erano collegati al gestore centrale, attualmente non previsto dalla nuova normativa. Il punto di accesso, quindi, come per la vecchia architettura, anche per la nuova è l’unica porta di accesso al sistema del dominio giustizia ossia al sistema informatico della giustizia civile. I principali punti di forza dell’architettura sono, nella nuova normativa, da individuare nella esternalizzazione della responsabilità di autenticare l’utente, e nella certificazione dello status del difensore. Il “punto di accesso” è definito nel nuovo d.m. n. 44/2011, come la struttura tecnologica-organizzativa che fornisce ai soggetti abilitati esterni al dominio giustizia i servizi di connessione al portale dei servizi telematici, secondo le regole tecnico-operative riportate nel decreto stesso. Esso fornisce un’adeguata qualità dei servizi, dei processi informatici e dei relativi prodotti, idonea a garantire la sicurezza del sistema, nel rispetto dei requisiti tecnici previsti. L’accesso, infatti, ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal Dominio giustizia avviene mediante autenticazione sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici. Il punto stabilisce la connessione con il portale dei servizi telematici mediante un collegamento sicuro con mutua autenticazione, il tutto secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. A seguito dell’autenticazione viene in ogni caso trasmesso al gestore dei servizi telematici il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso. Il “punto di accesso” garantisce, inoltre, un’adeguata sicurezza del sistema secondo le modalità tecniche specificate in un apposito piano depositato unitamente al modello dal richiedente, a pena di inammissibilità, e con le modalità stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia con apposito decreto. Anche nel nuovo sistema il “punto 71
D.p.r. n. 123/2001 (“Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti”), b) d.m. 17 luglio 2008 (“Regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile”) e d.m. 29 settembre 2008 (“strutturazione dei modelli informatici DTD (Document Type Definition) relativa all’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile”). 72 Interessanti al riguardo sono le analisi di V. RUGGIERI, Il processo telematico. Breve guida al d.p.r. 13 febbraio 2001 n. 123, Torino, 2001, 72 ss.
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di accesso” fornisce adeguati servizi di formazione e assistenza ai propri utenti, anche relativamente ai profili tecnici. La violazione da parte del gestore di un punto di accesso dei livelli di sicurezza e di servizio comporta la sospensione dell’autorizzazione ad erogare i servizi fino al ripristino degli stessi livelli ed all’uopo sono disposte ispezioni tecniche, anche a campione, per verificare l’attuazione delle prescrizioni di sicurezza. Il punto di accesso può essere attivato e gestito esclusivamente da soggetti determinati; questi possono essere: i consigli degli ordini professionali, limitatamente ai propri iscritti; il Consiglio nazionale forense, ove delegato da uno o più consigli degli ordini degli avvocati e sempre limitatamente agli iscritti del consiglio delegante; il Consiglio nazionale del notariato, limitatamente ai propri iscritti; l’Avvocatura dello Stato. Possono attivare, altresì, punti di accesso: le amministrazioni statali o equiparate e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti; le Regioni; le città metropolitane; le provincie ed i Comuni, o enti consorziati allo scopo. Sempre le Camere di Commercio, per le imprese costituite in forma societaria iscritte nel relativo registro. Tutti questi soggetti si noti bene possono gestire uno o più punti, così come punti di accesso possono essere gestiti da società per azioni in possesso di un capitale sociale e dei requisiti di onorabilità di cui all’art. 25, comma 1, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385. L’elenco pubblico dei punti attivi presso il Ministero della giustizia 73 contiene le informazioni relative all’identificativo del punto di accesso . Il soggetto che intende costituire un punto di accesso deve inoltrare la domanda di iscrizione nell’elenco pubblico dei punti di accesso secondo il modello e con le modalità stabilite, con apposito decreto, dal responsabile per i sistemi informativi 74 automatizzati del Ministero della giustizia . Ad eccezione della fase che disciplina l’aspetto del processo telematico penale, relativamente alla fase delle indagini preliminari, il dominio giustizia consente, quindi solo per il processo civile telematico, al soggetto abilitato esterno, l’accesso alle informazioni contenute nei fa-
73 Identificativo relativo alla sede legale del soggetto titolare del punto; al relativo indirizzo internet e dei dati relativi al legale rappresentante o a un suo delegato, contenenti il nome, il cognome, il codice fiscale, e l’indirizzo di posta elettronica certificata, nonché del numero di telefono e di fax in relazione ai recapiti relativi ai referenti tecnici da contattare in caso di problemi. 74
Decreto che deve essere adottato entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto sulle nuove “regole tecniche” per il processo civile telematico. Per quanto attiene al procedimento della domanda si rileva che il Ministero della giustizia decide sulla domanda entro trenta giorni, con provvedimento motivato, anche sulla base di apposite verifiche, effettuabili da personale esterno all’Amministrazione, dal ministro appositamente delegato, con costi a carico del richiedente. Con il provvedimento il Ministero delega la responsabilità del processo di autenticazione dei soggetti abilitati esterni al punto di accesso e può delegare la responsabilità del processo di autenticazione degli utenti privati agli enti pubblici. Il Ministero della giustizia può sempre verificare l’adempimento degli obblighi assunti da parte del gestore del punto di accesso di propria iniziativa oppure su segnalazione. In caso di violazione si avrà la sospensione dell’autorizzazione ad erogare i servizi.
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scicoli dei procedimenti in cui è costituito o svolge attività di esperto o ausiliario. L’utente privato, invece, può accedere alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte mediante il portale dei servizi telematici e mediante i punti di accesso attivati dalle Regioni, oppure dalle città metropolitane, pro75 vincie, Comuni o loro consorzi, ovvero tramite le Camere di Commercio . È sempre consentito l’accesso alle informazioni necessarie per la costituzione o l’intervento in giudizio in modo tale da garantire la riservatezza dei nomi delle parti e limitatamente ai dati identificativi del procedimento. Com’è noto, ai sensi 76 dell’art. 9 del r.d.lgs. 27 novembre 1933, n. 1578 , con atto ricevuto dal cancelliere del tribunale o della Corte d’appello, da comunicarsi in copia al Consiglio dell’Ordine, il procuratore legale (avvocato) può, sotto la sua responsabilità, procedere alla nomina di sostituti, in numero non superiore a tre, fra i procuratori 77 compresi nell’albo in cui egli trovasi iscritto . In questo caso il dominio giustizia consente l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dal delegante, previa comunicazione, a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell’ufficio giudiziario, che provvede ai conseguenti adempimenti. L’accesso è consentito fino alla comunicazione della revoca della delega. La delega, sottoscritta con firma digitale, è rilasciata in conformità alle specifiche di strutturazione dei modelli informatici definite con decreto del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicate nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. Gli esperti e gli ausiliari del giudice accedono ai servizi di consultazione nel limite dell’incarico ricevuto e dell’autorizzazione concessa dal giudice. È sempre consentito l’accesso alle informazioni necessarie per la costituzione o l’intervento in giudizio in modo tale da garantire la riservatezza dei nomi delle parti e limitatamente ai dati identificativi del procedimento. Gli avvocati ed i procuratori dello Stato accedono alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte una pubblica amministrazione per la quale si sono costituiti. L’accesso ai servizi di consultazione resi disponibili dal dominio giustizia si ottiene previa registrazione presso il punto di accesso autorizzato o presso il portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi del Ministe75
In quest’ultimo caso, però, quando si tratta di imprese costituite in forma societaria iscritte nel relativo registro, o da società per azioni in possesso di un capitale sociale e dei requisiti di onorabilità di cui al d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, art. 25, comma 1. 76
La legge 24 febbraio 1997, n. 27, ha soppresso l’albo dei procuratori legali ed ha stabilito che il termine «procuratore legale» contenuto nelle disposizioni legislative vigenti si intende sostituito con il termine di «avvocato». Questi ultimi che, per esercitare ai sensi dell’art. 4 della medesima legge, se iscritti ad un ordine, non hanno alcuna limitazione territoriale in ordine all’esercizio della professione. Vedi G. ALPA, L’avvocato. Nuovi volti della professione forense nell’età della globalizzazione, III ed., Bologna, 2011, 82 ss. 77
Ai sensi dell’art. 4 della legge 24 febbraio 1997, n. 27, gli avvocati se iscritti ad un ordine non hanno alcuna limitazione territoriale in ordine all’esercizio della professione su tutto il territorio Nazionale.
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ro della giustizia, sentito DigitPa e il Garante per la protezione dei dati personali. Il punto di accesso si occupa, oltre che della sua completa gestione, di realizzare una connessione direttamente al sito PolisWeb, la mutua autenticazione (SSL3), basata su certificato server e certificato cliente.
3.9. L’architettura del PCT: Il PolisWeb
L’infrastruttura del processo civile telematico consente il deposito telematico di documenti informatici a valore legale, firmati digitalmente e trasmessi tramite 78 il punto di accesso . Gli atti, accettati dalla cancelleria, vengono archiviati e conservati nel fascicolo informatico (repository documentale); essi sono in formato PDF e vengono accompagnati da dati strutturati, in formato XML, che alimentano in automatico i registri di cancelleria.Tale architettura infrastrutturale consente risparmi sia in ordine alla riduzione degli oneri di accesso agli uffici giudiziari che alla riduzione degli oneri relativi alla gestione cartacea dei procedimenti. Il deposito telematico degli atti consente la riduzione dei tempi di lavoro amministrativo all’interno degli uffici giudiziari con la possibilità di recuperare personale 79 per attività connesse alla giurisdizione . Per quanto attiene ai ragguagli tecnici e pratici, gli avvocati che intendono effettuare la consultazione via internet tramite “PolisWeb Pct” devono scegliere un punto di accesso e registrarsi presso di esso, secondo le procedure definite dallo stesso punto di accesso, presentando un certificato, rilasciato in data non anteriore a venti giorni, in cui il consiglio dell’ordine di appartenenza attesta l’iscrizione all’albo, all’albo speciale, al registro dei praticanti abilitati, oppure la qualifica che legittima all’esercizio della difesa e l’as-
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Il Punto d’Accesso al Processo Civile Telematico è il servizio che consente agli avvocati di depositare gli atti presso gli Uffici Giudiziari, di ricevere Biglietti di Cancelleria, di inviare e ricevere Notifiche e di consultare i dati (eventi in agenda, Fascicoli, ecc.) presso gli U.G. Inoltre è possibile accedere alle funzionalità del redattore per il confezionamento delle buste telematiche utili al deposito. 79
Il deposito telematico è attivo a valore legale per il procedimento di ingiunzione presso 17 tribunali (Bergamo, Brescia, Catania, Genova, Busto Arsizio, Como, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia, Sondrio, Varese, Vigevano, Voghera, Napoli e Padova). La lista aggiornata degli uffici giudiziari e dei servizi telematici attivi è pubblicata nella sezione “Uffici Giudiziari” del sito www.processotelematico.giustizia.it. In totale vengono depositati circa 4.000 ricorsi al mese, con il seguente andamento da inizio 2009. A Milano il decreto ingiuntivo telematico ha notevolmente ridotto i tempi di emissione: prima del telematico la media era di 45 giorni, con picchi di 150 giorni. In seguito all’attivazione del decreto telematico la media è di 19 giorni con eccellenze di 6 giorni. Vedi A. TORRICE, Il decreto ingiuntivo telematico, innovazione tecnologica, normativa, sociale organizzativa. L’esperienza del tribunale di Milano, in www.giustiziatelematica.it; A. VILLECCO, il processo civile telematico, cit., 162 ss.
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senza di cause ostative allo svolgimento dell’attività difensiva . Dotati di una 81 smart-card , o pen drive, o di altro dispositivo crittografico, contenente il certificato di autenticazione e per la connessione al “Punto di Accesso Pct”, si possono quindi compiere tutte le operazione previste per il PCT. Per raggiungere il punto di accesso bisogna, poi, essere semplicemente dotati di una connessione ad 82 Internet . Una volta abilitato presso il punto di accesso, l’avvocato, dalla sua postazione, con la smart-card inserita e connesso ad internet, si collega al punto di accesso presso cui è registrato. Il punto di accesso, una volta autenticato l’avvo83 cato, rimanda l’utente alla home page di PolisWeb , la quale propone l’elenco degli uffici giudiziari abilitati. Scelto l’ufficio giudiziario, all’avvocato viene subito presentata la home page di PolisWeb relativa all’ufficio selezionato, da dove può consultare le informazioni di propria pertinenza, ossia accedere ai procedimenti dove è costituito. È da precisare che il sito PolisWeb ospita i dati provenienti da 84 tutti gli uffici giudiziari italiani e, quindi, i dati sono sempre disponibili senza alcuna limitazione da tutti i punti di accesso abilitati. I dati, poi, provenienti dai singoli uffici giudiziari sono aggiornati solitamente di notte. A seconda dell’utiliz80 Il punto di accesso è una struttura tecnico-organizzativa che può essere realizzata da privati, dal Consiglio dell’Ordine o dal Consiglio Nazionale Forense (su delega del Consiglio dell’Ordine), necessariamente dislocata presso un’idonea struttura al di fuori dell’ufficio giudiziario (ossia della Rete Unica Giustizia) e dunque non di competenza del Ministero della giustizia; è tipicamente composta da un server che si incarica di autenticare l’utente e di consentire quindi la connessione al server che espone i servizi di PolisWeb. Il punto di accesso deve essere in possesso dei requisiti previsti per i soggetti pubblici e privati e può entrare in esercizio a seguito di emanazione di apposito provvedimento, previa verifica, effettuata sulla base di un piano delle verifiche disponibile sul sito www.processotelematico.giustizia.it. In tal senso vedi anche C. MAIOLI, Il sistema informatico civile nel Processo Civile Telematico, in Inform. dir., 2007, n. 1-2, 31 ss. 81
È opportuno che l’avvocato chieda al punto di accesso dove e come trovare una smart-card compatibile con il punto di accesso stesso. Tale smart card (che tipicamente contiene anche la firma digitale) deve comunque essere rilasciata da una Certification Authority accreditata da DigitPa. 82
La consultazione internet, che consente di ridurre le code agli sportelli, è disponibile per oltre 130 uffici e 60 sezioni distaccate; gli utenti registrati sono circa 160.000. Ai punti di accesso autorizzati al processo telematico è inoltre consentito l’accesso al fascicolo informatico, ossia agli atti in formato elettronico, depositati dalle parti o dal giudice, nonché ai documenti scansionati. Reperito il documento, è possibile richiedere telematicamente la copia semplice o autentica dell’atto. Questa tipologia di consultazione è possibile su 20 tribunali italiani. 83
PolisWeb: Il servizio consente agli avvocati registrati e muniti di dispositivo di firma digitale con certificato di autenticazione di collegarsi al Sistema Polisweb per la visualizzazione dello stato dei propri fascicoli presso i Tribunali Civili e le Corti d’Appello. Per la Corte di Cassazione il servizio consente l’accesso sicuro e protetto al database dei registri di cancelleria della Corte. Per il Giudice di Pace il servizio consente l’accesso alle informazioni sullo stato dei procedimenti proposti innanzi al Giudice di Pace contenute nel Sistema Informatico Giudice di Pace (SIGP). 84
Verranno resi disponibili per primi i dati degli uffici giudiziari che non esportano i propri dati verso un sito PolisWeb distrettuale già attivato. Secondo una tempistica da definire al momento di pubblicazione del presente documento, anche gli altri uffici verranno esportati sul CG-Amm. di Napoli.
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zo del relativo registro di cancelleria, presso il singolo ufficio giudiziario, è possibile la consultazione delle banche dati relative al contenzioso civile; al diritto del lavoro; alla volontaria giurisdizione; alle esecuzioni civili, immobiliari e mobiliari. La disponibilità su Internet delle informazioni inerenti i singoli tipi di contenzioso dipende dalla presenza o meno di banche dati informatiche presso ogni singolo tribunale interessato e dai tempi di aggiornamento delle informazioni inerenti le cause di contenzioso impiegati da ogni singola cancelleria. Per ogni anomalia l’avvocato dovrà rivolgersi al fornitore del punto di accesso, mentre per quanto riguarda la ricerca e la consultazione sul sito, si rapporterà con il singolo ufficio giudiziario, secondo le modalità descritte nella home page di PolisWeb. A seguito dell’autenticazione del singolo utente al fine di consentirgli l’accesso ai servizi di consultazione di PolisWeb Pct, il punto di accesso provvede ad inviare il codice fiscale del soggetto autenticato, utilizzando l’intestazione del messaggio di richiesta http (HTTP Request – Header). Il sistema è alimentato dall’archivio giurisprudenziale del sistema Polis e dai dati gestiti dal sistema Contenzioso Civile, ed ha il fine di fornire all’esterno dell’Ufficio una serie di servizi informativi riguardanti sia la giurisprudenza sia la gestione operativa dei fascicoli e delle udienze. Il PolisWeb/Avvocati fornisce inoltre agli avvocati un servizio telematico di prenotazione alla Cancelleria di copie cartacee certificate dei documenti facendo evitare inutili file. Il sistema PolisWeb/Avvocati è composto dai seguenti sottosistemi principali: a) Sottosistema di consultazione: per la ricerca e la consultazione della documentazione della banca dati giurisprudenziale e del contenzioso; b) Sottosistema di prenotazione copie e documenti: per la richiesta telematica delle copie di documenti presso la cancelleria da parte degli avvocati; c) Sottosistema di Amministrazione: per la gestione ed il controllo degli accessi al Sito. Il sistema PolisWeb è un sito “Internet/intranet” realizzato per il Ministero della giustizia su un’architettura Internet che permette di accedere ai servizi offerti dal proprio browser. Il Web Server è collegato alla rete Internet attraverso un Firewall, in altre parole un sistema (hardware e software) posizionato fra due reti (interna ed esterna) che, nel suo complesso, ha la caratteristica idonea a far sì che tutto il traffico dall’interno verso l’esterno e viceversa transiti attraverso il firewall come definito in una security policy locale. Il sottosistema di consultazione è il cuore del sistema, a disposizione degli avvocati per la consultazione della giurisprudenza e del contenzioso del Tribunale. L’ambiente di utilizzo è un browser HTML standard (Explorer o Navigator), in quanto l’intero insieme di funzioni è interamente basato su un’architettura Internet. Per quanto attiene alle specifiche tecniche della ricerca per profilo, ossia per le informazioni di identificazione e classificazione dei documenti presenti, vale a dire per estremi del fascicolo, date del procedimento, organo giudicante, riferimenti normativi è possibile la ricerca full-text con l’insieme delle potenzialità offerte dallo strumento di information retrieval. Il sistema consente le richieste di copie dei documenti gestiti presso la Cancelleria del Tribunale ed è possibile evidenziare vocaboli ricercati nel testo del documento. Consente inoltre la consultazione dei dati di profilo legati al procedimento d’interesse, consen-
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te l’accesso alla base dati del sistema informativo del Tribunale, con accesso diretto ai documenti collegati, precedenti in corso di causa, riferimenti giurisprudenziali, ecc. Il sistema PolisWeb/Avvocati prevede la fornitura di un servizio di prenotazione via Internet anche delle copie delle sentenze. Il servizio consente all’ufficio copie della Cancelleria di ricevere le richieste ed inviare la conferma di ricezione della richiesta e di produrre le copie stampate. Inoltre, sempre nell’ottica di agevolare l’acceso agli Uffici Giudiziari, il sistema è predisposto per permettere agli avvocati di effettuare una “prenotazione” di iscrizione a Ruolo Generale direttamente da Studio. Il sistema PolisWeb/Avvocati è accessibile solo da parte degli utenti autorizzati dal Tribunale. A tale scopo è implementata una funzionalità specifica per la gestione delle utenze e per l’associazione ad esse di privilegi di lettura sui dati. In generale ogni utente del sistema potrà accedere esclusivamente alle informazioni di propria competenza e, specificatamente, ai dati contenuti nei procedimenti per i quali è regolarmente costituito. Il punto di accesso stabilisce una connessione sicura con i browsers esterni utilizzando SSL. Le regole tecniche del Processo Civile Telematico stabiliscono che i certificati di autenticazione devono essere conformi alle “Regole tecniche e di sicurezza relativa alle tecnologia e materiali utilizzati per la carta Nazionale dei servizi” (d.m. 9 dicembre 2004), pertanto sono validi solo certificati di autenticazione rilasciati da certificatori accreditati ex art. 5, d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10. Si identificano due casi: il PdApw, in collaborazione con un certificatore accreditato, rilascia direttamente in fase di registrazione dell’utente il token crittografico con il certificato di autenticazione; 85 il PdApw richiede sempre all’utente di dotarsi, prima della registrazione, di un token crittografico contenente un certificato di autenticazione rilasciato da un 86 certificatore accreditato. La verifica delle funzionalità di consultazione PolisWeb può essere fatta eseguendo attraverso browser una serie di interrogazioni. In definitiva possiamo affermare che per “sito PolisWeb Internet” s’intende la struttura tecnica che ospita il server web e il database contenente i dati travasati dagli uffici giudiziari al fine di consentirne la consultazione via internet ai soggetti abilitati.
85 Il manuale operativo del PdApw contiene l’indicazione di tutti i certificatori accreditati ai quali l’utente può rivolgersi per ottenere un token per il quale è stata dimostrata compatibilità operativa con il PdApw stesso. Infatti, sebbene le regole tecniche della CNS garantiscano l’interoperabilità dei certificati, nella pratica si verificano spesso problemi di compatibilità a livello hardware o software. Verificare la procedura di connessione al PdApw (da Internet) tramite browser ed il funzionamento della procedura di autenticazione è facoltà di chi esegue l’ispezione così come verificare la compatibilità di tutti i token crittografici previsti. 86 Verificare che siano implementati efficaci meccanismi per la gestione delle sessioni di consultazione; si ritengono plausibili due scenari: se l’utente rimuove la smart card dal lettore, allora la sessione corrente viene immediatamente terminata ed è necessaria una nuova procedura di autenticazione; una volta autenticato, l’utente può operare per un tempo massimo di 15 minuti prima che il PdApw controlli nuovamente se la smart card con il certificato è presente nel lettore.
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3.10. L’architettura del PCT: il deposito degli atti alla luce del d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44 e specifiche tecniche del 29 luglio 2011
Relativamente al deposito degli atti, il sistema del Processo Civile Telematico prevedeva tre nodi e vale a dire: il punto di accesso (PdA), il Gestore Centrale 87 (GC) e il Gestore Locale (GL). I singoli legali – nella posizione di attore o di convenuto – dopo aver compiuto l’attività di redazione dell’atto, della sua segnatura e cifratura ed imbustamento – attività certificata mediante smart-card – accedevano, tramite internet, al punto di accesso del sistema. Dal punto di accesso che faceva parte della rete privata del sistema, la cartella dei documenti firmati arrivava al gestore centrale che le inviava al gestore locale del singolo tribunale della cancelleria interessata. Qui il gestore locale della rete provvedeva ad autenticare i soggetti interni che potevano accedere alla rete ed il contesto applicativo prevedeva l’interazione tra i Soggetti Abilitati Esterni, vale a dire avvocati e ausiliari del giudice, ed i Sistemi di Gestione dei Registri (SGR) installati presso gli uffici giudiziari civili di primo e secondo grado. Il nuovo d.m. n. 44/2011 detta norme specifiche anche in relazione al deposito degli atti sul presupposto di quelle che abbiamo già enunciato come modifiche sostanziali all’architettura del PCT e ciò sia grazie alle modifiche apportate al CAD in materia di documento informatico, sia in ordine al deposito dell’atto del processo da parte dei magistrati, del personale interno alle cancellerie e degli uffici UNEP. Per tutti detti soggetti è stato previsto che l’atto del processo, redatto in formato elettronico e sottoscritto con firma digitale, sia depositato nel fascicolo informatico, previa attestazione del 87 Soggetto abilitato esterno che poteva: redigere e firmare l’atto di parte; a tal fine si avvaleva di uno o più strumenti per la redazione, la firma, la cifratura e l’imbustamento; poteva depositare l’atto di parte, ricevendo in risposta la relativa attestazione temporale e successivamente le ricevute elettroniche di avvenuta presa in carico da parte dell’Ufficio Giudiziario e di inserimento nel fascicolo informatico; poteva ricevere comunicazioni da parte dell’Ufficio Giudiziario nella propria “Casella di Posta Elettronica Certificata del Processo Telematico” CPECPT; effettuare consultazioni dei fascicoli di propria pertinenza tramite i servizi di consultazione esposti dai Gestori Locali presso gli Uffici Giudiziari. L’avvocato interagiva con il SICI necessariamente per il tramite di un Punto di Accesso Esterno (PdA), presso cui era registrato come utente. Il PdA che era, ed è, l’unico fornitore dei servizi di interfacciamento del dominio giustizia per gli avvocati, autorizzato in quanto offriva, ed offre, ai propri Utenti una schermatura dei protocolli e dei formati di interfaccia previsti dal PCT per il colloquio con gli Uffici Giudiziari (UG), salvaguardando i principi di sicurezza e di riservatezza, tramite autenticazione forte. Presso il PdA è attiva un’apposita anagrafica alla quale si accede in fase di autenticazione, in fase di prelievo o consultazione dei messaggi provenienti dal SIC ed in fase di deposito degli atti, per eseguire, se in possesso dell’albo elettronico del Consiglio dell’Ordine di appartenenza dell’avvocato, la certificazione dello status del professionista e relativamente alla ricezione di comunicazioni di cancelleria, il PdA forniva all’avvocato una casella di posta elettronica certificata del Processo Telematico (CPECPT). Opposto il processo inverso ad esempio di comunicazione del provvedimento per mezzo del biglietto di cancelleria che dal gestore locale era trasmesso al centrale e quindi al punto di accesso locale da dove mediante la rete internet perveniva allo studio legale.
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deposito da parte dell’ausiliario mediante apposizione della data e della propria firma digitale. Quando a depositare è un organo collegiale, l’originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale anche dal Presidente. In quest’ultimo caso, l’ausiliario appone la propria firma digitale per certificarne il deposito nel fascicolo informatico. Diversamente, se il provvedimento del magistrato è in formato cartaceo, l’ausiliario ne estrae copia informatica in formato PDF, appone la sua firma digitale e lo sottoscrive con firma digitale o firma elettronica qualificata. Tutti questi soggetti abilitati interni utilizzano appositi strumenti per la redazione degli atti del processo in forma di documento informatico e per la loro trasmissione alla cancelleria od alla segreteria dell’ufficio giudiziario. L’atto è inserito 88 nella medesima busta telematica ossia un file in formato MIME che riporta tutti i dati necessari per l’elaborazione da parte del sistema ricevente (gestore dei servizi telematici). Per l’accesso ai sistemi dall’interno degli uffici giudiziari, l’identificazione è effettuata mediante coppia di credenziali “nome utente/password” ovvero mediante identificazione informatica sul portale dei servizi telematici mediante carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi e sul punto di accesso mediante token crittografico, smart card, chiavetta USB o altro dispositivo 89 sicuro . Sempre il magistrato avrà sulla “console” il ruolo laddove va ad aprire il programma per la relativa attività della lista dei fascicoli per il periodo selezionato dello stato della causa e delle attività da compiersi. Viene consentita al magistrato la visione di tutti i fascicoli da trattare all’udienza selezionata, in modo tale da poterli disciplinare in base all’agenda immediatamente consultabile. Potrà, quindi, visionare il contenuto dei fascicoli, fare ricerche, scrivere il relativo provvedimento ed inserirlo immediatamente nel fascicolo. All’interno del fascicolo il magistrato potrà avere una visione completa ed unitaria dello stesso e non solo dei dati delle parti e dell’oggetto, ma anche della nota di iscrizione a ruolo, della procura, degli allegati e dei provvedimenti adottati. Mediante poi la funzione dell’agenda il magistrato avrà un quadro completo dello scadenzario giornaliero dei termini assegnati dei provvedimenti in minuta. Potrà navigare in tutti i fascicoli, vederne le statistiche ed esaminare le cartelle condivise. Il d.m. n. 44/2011 88
In particolare la busta contiene il file Atto.enc, ottenuto dalla cifratura del file Atto.msg, e viene trasmesso su canale sicuro (SSL v3) al gestore dei servizi telematici, tramite collegamento sincrono (http/SOAP). 89 In quest’ultimo caso, l’identificazione avviene nel rispetto dei seguenti requisiti: Il certificato deve essere rilasciato da una Certification Authority (CA), accreditata da DigitPa, che si fa garante dell’identità del soggetto. Il certificato deve rispettare il profilo del certificato previsto dalla Carta Nazionale dei Servizi (CNS), facendo riferimento all’Appendice 1 del documento rilasciato dal DigitPa: “Linee guida per l’emissione e l’utilizzo della Carta Nazionale dei Servizi”. L’estensione Certificate Policy (2.5.29.32) può essere valorizzata con un Object Identifier (OID) definito dalla CA. In termini di sicurezza, i dispositivi ammessi sono i dispositivi personali consentiti per la firma elettronica qualificata e quindi smart card e token USB, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. I dispositivi sicuri devono essere certificati Common Criteria EAL4+ con traguardo di sicurezza o profilo di protezione conforme alle disposizioni comunitarie.
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prevede, poi, per la trasmissione dei documenti da parte dei difensori delle parti private, degli avvocati iscritti negli elenchi speciali, degli esperti e gli ausiliari del giudice e per l’impresa e il cittadino, quando non operano come soggetti abilitati esterni, che i documenti informatici, come atti del processo o allegati agli atti del processo, siano trasmessi da parte di questi mediante l’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, all’indi90 rizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio destinatario . In questi casi i documenti informatici come atti del processo, o allegati agli atti del processo, si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Si intendono ricevuti dal dominio giustizia quando la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente. Quando la ricevuta è rilasciata dopo le ore 14, il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo. L’atto del processo in forma di documento informatico, la nota di iscrizione a ruolo ed i documenti informatici allegati all’atto del processo sono trasmessi, quindi, anche da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati mediante l’utilizzo dell’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, all’indirizzo di posta elettronica certificata 91 dell’ufficio destinatario, nella cosiddetta “busta telematica” , ossia in quel file in formato MIME che riporta tutti i dati necessari per l’elaborazione da parte del sistema ricevente ossia dal gestore dei servizi telematici. In particolare la busta contiene il file Atto.enc, ottenuto dalla cifratura del file Atto.msg, il quale con92 tiene a sua volta altre indicazioni . Ai fini dello scambio previsto dall’art. 170 90 In questo caso la spedizione deve avvenire secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. 91 Il gestore dei servizi telematici effettua i controlli automatici (formali) sulla busta telematica; le possibili anomalie all’esito dell’elaborazione della busta telematica sono codificate secondo le seguenti tipologie: a) WARN: anomalia non bloccante: si tratta in sostanza di segnalazioni, tipicamente di carattere giuridico (ad esempio manca la procura alle liti allegata all’atto introduttivo); b) ERROR: anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell’ufficio ricevente, che può decidere di intervenire forzando l’accettazione o rifiutando il deposito (esempio: certificato di firma non valido o mittente non firmatario dell’atto); c) FATAL: eccezione non gestita o non gestibile (esempio: impossibile decifrare la busta depositata o elementi della busta mancanti ma fondamentali per l’elaborazione). La codifica puntuale degli errori è pubblicata e aggiornata nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. All’esito dei controlli di cui ai commi precedenti, il gestore dei servizi telematici invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata riportante eventuali eccezioni riscontrate. Il gestore dei servizi telematici, all’esito dell’intervento dell’ufficio, invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione operato dalla cancelleria o dalla segreteria dell’ufficio giudiziario destinatario. 92
IndiceBusta.xml: il DTD è riportato nell’Allegato 4; DatiAtto.xml: gli XSD sono riportati nell’Allegato 5 alle specifiche tecniche pubblicate il 20 luglio 2011; <nome file (libero)>.pdf.p7m: atto vero e proprio, in formato PDF, sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata (firma esterna); AllegatoX.xxx[.p7m]: uno o più allegati nei formati di file di cui all’articolo 13, e-
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c.p.c. , quarto comma, il quale consente che le comparse e le memorie annesse dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o a margine del visto della parte o del procuratore, ed inoltre che il giudice può autorizzare per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio, che lo scambio o la comunicazione possa avvenire anche a mezzo telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la 94 trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi , si è stabilito che la parte che procede al deposito deve inviare ai procuratori delle parti costituite copia informatica dell’atto e dei documenti allegati con le modalità previste per la notifica di atti tra avvocati nel rispetto della disciplina di cui all’art. 4 della legge 21 gennaio 1994, n. 53. Fuori del caso di rifiuto per omessa 95 sottoscrizione, il rigetto del deposito, della “Busta telematica” da parte dell’ufficio non impedisce il successivo deposito entro i termini assegnati o previsti dal codice di procedura civile. La certificazione dei professionisti abilitati e dei soggetti abilitati esterni pubblici è effettuata dal gestore dei servizi telematici sulla 96 base dei dati presenti nel registro generale degli indirizzi elettronici , secondo ventualmente sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata; il nome del file può essere scelto liberamente. La cifratura di Atto.msg è eseguita con la chiave di sessione (ChiaveSessione) cifrata con il certificato del destinatario; IssuerDname è il Distinguished Name della CA che ha emesso il certificato dell’ufficio giudiziario o dell’UNEP destinatario, SerialNumber è il numero seriale del certificato dell’ufficio giudiziario o dell’UNEP destinatario; l’algoritmo utilizzato per l’operazione di cifratura simmetrica del file è il 3DES e le chiavi simmetriche di sessione sono cifrate utilizzando la chiave pubblica contenuta nel certificato del destinatario; le chiavi di cifratura degli uffici giudiziari sono disponibili nell’area pubblica del portale dei servizi telematici (il relativo percorso e nome file sono indicati nel catalogo dei servizi telematici); lo standard previsto è il CAdES. 93
Vedi al riguardo il commento di F. CARPI, M. TARUFFO, Contributo breve al codice di procedura civile, Padova, 2006,102 ss. 94 A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni. Ai sensi dell’art. 51 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modifiche dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le notificazioni e comunicazioni di cui al presente comma, sono effettuate per via telematica. 95
La dimensione massima del messaggio consentito per la busta telematica è pari a 30 Megabyte. Se il messaggio eccede tale dimensione, il gestore dei servizi telematici genera e invia automaticamente al mittente un messaggio di errore, contenente l’avviso del rifiuto del messaggio, in quanto la dimensione del messaggio eccede la dimensione massima consentita (T0003). 96 La busta telematica viene trasmessa all’ufficio giudiziario destinatario in allegato ad un messaggio di posta elettronica certificata che rispetta le specifiche su mittente, destinatario, oggetto, corpo e allegati. Il gestore dei servizi telematici scarica il messaggio dal gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia ed effettua le verifiche formali sul messaggio; le eccezioni gestite sono le seguenti: a) T001: l’indirizzo del mittente non è censito in ReGIndE; b) T002: il formato del messaggio non è aderente alle specifiche; il gestore dei servizi telematici, nel caso in cui il mittente sia un avvocato, effettua l’operazione di certificazione, ossia recupera lo status del difensore da ReGIndE; nel caso in cui lo status non sia “attivo”, viene segnalato alla cancelleria.
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le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPa e il Garante per la protezione dei dati personali. Al fine di garantire la riservatezza dei documenti da trasmettere, il soggetto abilitato esterno utilizza un meccanismo di crittografia. Il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia nonché dagli operatori della cancelleria o della segreteria. Normativa
Art. 170, comma 4, c.p.c. - Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull'originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il giudice può autorizzare per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio, che lo scambio o la comunicazione di cui al presente comma possano avvenire anche a mezzo telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. La parte che vi procede in relazione ad un atto di impugnazione deve darne comunicazione alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni. Legge 21 gennaio 1994, n. 53. Art. 4 - 1. L’avvocato o il procuratore legale, munito della procura e dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, può eseguire notificazioni in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamente, mediante consegna di copia dell'atto nel domicilio del destinatario, nel caso in cui il destinatario sia altro avvocato o procuratore legale, che abbia la qualità di domiciliatario di una parte e che sia iscritto nello stesso albo del notificante. 2. Nel caso di cui al comma 1, l’originale e la copia dell’atto devono essere previamente vidimati e datati dal Consiglio dell’ordine nel cui albo entrambi sono iscritti.
3.11. Registro generale degli indirizzi elettronici nel previgente sistema e nel nuovo decreto
Ai sensi dell’art. 7 del d.p.r. n. 123/2001, le comunicazioni e le notificazioni con biglietto di cancelleria, nonché le notificazione degli atti, effettuata come documento informatico, sottoscritto con firma digitale, potevano essere eseguite per via telematica, oltre che attraverso il sistema informatico civile, anche all’indirizzo elettronico dichiarato, ossia all’indirizzo elettronico del difensore comunicato al Consiglio dell’ordine e da quest’ultimo reso disponibile al Ministero della giustizia. Per gli esperti e gli ausiliari del giudice, l’indirizzo elettronico era quello comunicato dai medesimi ai propri ordini professionali od all’albo dei consulenti presso il tribunale. Per tutti i soggetti diversi da questi ultimi, l’indirizzo elettronico era quello dichiarato al certificatore della firma digitale al momento della richiesta di attivazione della procedura informatica di certificazione della firma, ove reso disponibile nel certificato. Gli indirizzi elettronici dovevano, poi, nel
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previgente sistema essere comunicati tempestivamente dagli ordini professionali al Ministero della giustizia. Il d.m. n. 44/2011 in materia prevede, sempre all’art. 7, che il registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della giustizia, contiene i dati identificativi e l’indirizzo di posta elettronica certificata dei soggetti abilitati esterni non iscritti negli albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato e così parimenti per le persone fisiche, quali utenti privati, che non operano nelle qualità di liberi professionisti. Per i professionisti, invece, iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, il registro generale degli indirizzi elettronici è costituito per mezzo dei dati contenuti negli elenchi riservati di cui all’art. 16, comma 7, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, inviati al Ministero della giustizia secondo le specifiche tecniche che qui adesso analizziamo. Per i soggetti abilitati esterni non iscritti negli albi od elenchi riconosciuti, il registro generale degli indirizzi è conforme alle stesse specifiche tecniche. Per le persone fisiche, quali utenti privati, che non operano nelle qualità di liberi professionisti o come abilitati esterni non iscritti negli albi dei professionisti, gli indirizzi sono consultabili, invece, ai sensi dell’art. 7 del d.p.c.m. 6 maggio 2009. Per le imprese, gli indirizzi sono consultabili, senza oneri, ai sensi dell’art. 16, comma 6, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, con le modalità di cui al comma 10 del medesimo. Il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) contiene altresì gli indirizzi di PEC dei soggetti abilitati esterni che intendono fruire dei servizi telematici. Lo stesso, naturalmente, interagisce con la gestione informatizzata dei registri di cancelleria e ciò al fine di evitare ogni possibilità di inserimento manuale dei dati, rigidità che pone non pochi problemi pratici agli operatori delle cancellerie e del diritto. Il ReGIndE è alimentato dal profilo anagrafico dei soggetti e degli enti che possiamo distinguere per categoria secondo che i soggetti appartenenti ad un ente pubblico svolgano anche uno specifico ruolo nell’ambito di procedimenti: ad esempio avvocati e funzionari dell’INPS e dell’Avvocatura dello Stato; avvocati e funzionari delle PP.AA.; professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge: ad esempio consiglio dell’ordine degli avvocati o consiglio nazionale del Notariato; professionisti non iscritti ad alcun albo, ad esempio tutti quei soggetti nominati dal giudice come consulenti tecnici d’ufficio, o più in generale ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine pro97 fessionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giustizia . Il ReGIndE è direttamente accessibile dai sistemi interni al dominio giustizia, attra97
Il ReGIndE non gestisce informazioni già presenti in registri disponibili alle PP.AA., qualora questi siano accessibili in via telematica ai sensi dell’art. 16 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, il cui contenuto occorre ai sistemi del dominio giustizia; da tali registri (tra cui il registro delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e dei cittadini) sono recuperati gli indirizzi di PEC dei professionisti e delle imprese, nonché gli indirizzi CEC-PAC dei cittadini ivi censiti.
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verso un apposito web service, ed è consultabile dai soggetti abilitati esterni tramite il proprio punto di accesso o tramite l’area riservata del Portale dei Servizi 98 Telematici . L’alimentazione del ReGIndE avviene previo invio al responsabile 99 per i sistemi informativi automatizzati di un documento di censimento , contenente le informazioni necessarie ad identificare l’ente attraverso il codice ente e la 100 sua descrizione . Terminate le operazioni di censimento da parte del responsabile per i sistemi informativi automatizzati, l’ente mittente del documento di censimento riceve una risposta; in caso di esito positivo, l’ente può procedere all’in101 vio dell’albo secondo le vigenti specifiche . Il mancato rispetto di uno o più dei vincoli di cui alle prescrizioni delle specifiche tecniche comporta la generazione di un messaggio automatico di esito negativo e pertanto ad ogni inoltro di mes102 saggi corrisponde, da parte del sistema, una risposta tramite PEC . Ad ogni nuovo indirizzo di PEC registrato nelle anagrafiche a seguito dell’inserimento di un nuovo soggetto o di modifica di uno esistente, viene inviato un messaggio di PEC di cortesia in cui si attesta l’avvenuta registrazione. I professionisti non iscritti all’albo, oppure per i quali il proprio ordine di appartenenza non abbia provveduto all’invio di copia dell’albo (ad eccezione degli avvocati), si possono registrare al ReGIndE attraverso un punto di accesso (PdA) o attraverso il Portale dei Servizi Telematici, previa loro identificazione, inserendo il file che contiene copia informatica, in formato PDF, dell’incarico di nomina da parte del giudice. Quest’ultimo file deve essere sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qua98 L’accesso avviene su connessioni sicure (SSL v3), attraverso un apposito web service; i relativi WSDL sono pubblicati nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. 99 Detto documento di censimento aderisce al modello reperibile nell’area pubblica del portale e viene inviato all’indirizzo di posta elettronica certificata del responsabile per i sistemi informativi automatizzati: prot.dgsia.dog@giustiziacert.it. 100
Consistente nel codice fiscale o/e la partita iva; il nominativo e il codice fiscale del delegato all’invio dell’albo il quale dovrà sottoscrivere con firma digitale o firma elettronica qualificata l’albo e curarne la trasmissione tramite PEC. 101
Specifiche vigenti: il messaggio deve essere di posta elettronica certificata; non sono considerati i messaggi di posta ordinaria; non vi sono vincoli sull’oggetto né sul body del messaggio; l’indirizzo di PEC mittente deve essere censito tra quelli delegati all’invio e riportati nel documento di censimento; deve essere allegato un solo file (ComunicazioniSoggetti.xml), sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata; la firma digitale o firma elettronica qualificata deve appartenere al soggetto delegato di cui al comma 1, lettera b, sulla base del codice fiscale censito; il file ComunicazioniSoggetti.xml deve essere conforme all’XML-Schema di cui all’Allegato 2; il codice ente specificato nel file deve essere tra quelli censiti. 102
Il messaggio ha come oggetto la medesima descrizione del messaggio originale con il suffisso “– Esito” e riporta in allegato l’esito dell’elaborazione del messaggio con le eventuali eccezioni; il formato del messaggio di esito, inviato come allegato al messaggio di PEC, è descritto in un apposito allegato. L’esito si riferisce sia ad errori presenti sui dati e quindi riconducibili alle informazioni dei singoli soggetti (come ad esempio codice fiscale inesistente), sia ad errori legati a vincoli e prerequisiti che presuppongono la validità dell’invio di un albo (ad esempio: censimento dell’ente richiedente e dei soggetti abilitati all’invio dell’albo).
6.
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lificata dal soggetto che intende iscriversi. Il PdA provvede a trasmettere l’avvenuta registrazione con le medesime modalità di cui abbiamo innanzi detto con la differenza che il file ComunicazioniSoggetti.xml è digitalmente sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata dal PdA. Qualora il professionista s’iscriva ad un albo, oppure pervenga copia dell’albo da parte dell’ordine di appartenenza, prevalgono i dati trasmessi dall’ordine stesso. Per quanto attiene al nuovo regime della comunicazione e notificazione si rinvia al Capitolo quarto (v. infra, §§ 4.11) attività delle quali vi daremo ampiamente conto. Qui brevemente accenniamo solo che, al di fuori dei casi previsti dall’art. 51, d.l. 5 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le richieste telematiche di un’attività di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, mentre assai diverso era il sistema previsto dalla precedente normativa dove era prevista una conservazione delle ricevute (dati) conservate dal notificatore per un periodo non inferiore a cinque anni secondo le modalità tecnico-operative stabilite dal decreto del 2004. Prevede, invece, il nuovo d.m. n. 44/2011, che il registro generale degli indirizzi elettronici, che contiene i dati identificativi e l’indirizzo di posta elettronica certificata dei professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, è costituito mediante i dati contenuti negli elenchi riservati di cui all’articolo 16, comma 7, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, inviati al Ministero della giustizia secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Per i soggetti abilitati esterni non iscritti negli albi, il registro generale degli indirizzi elettronici è costituito secondo le specifiche tecniche. Per i cittadini, quali utenti privati, gli indirizzi sono consultabili ai sensi dell’art. 7 del d.p.c.m. 6 maggio 2009, secondo le specifiche tecniche stabilite. Per le imprese, gli indirizzi sono consultabili, senza oneri, ai sensi dell’art. 16, comma 6, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, secondo le specifiche tecniche anche qui stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Il registro generale degli indirizzi elettronici è accessibile ai soggetti abilitati mediante le modalità fissate con le specifiche tecniche. In ordine al servizio di consultazione, prevede l’art. 22 che i dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati. In ogni caso sono fatti salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico (art. 50, comma 1 CAD); inoltre, sempre ai sensi dell’art. 22, l’accesso telematico a dati, documenti e procedimenti è
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disciplinato dalle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni del CAD nel rispetto delle disposizioni di legge e di regolamento, di accesso ai documenti amministrativi, di tutela del segreto e di divieto di divulgazione. I regolamenti che disciplinano l’esercizio del diritto di accesso sono pubblicati su siti pubblici accessibili per via telematica. Inoltre i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile sono resi accessibili a chi vi abbia interesse mediante pubblicazione sul sistema sito istituzionale delle autorità emananti. Le sentenze e le altre decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese pubbliche mediante deposito in segreteria, sono contestualmente inserite nel sistema informativo interno e sul sito istituzionale della rete Internet, osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali. I dati identificativi delle questioni pendenti, le sentenze e le altre decisioni, depositate in cancelleria o segreteria dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono, comunque, rese accessibili ai sensi dell’art. 51 del d.lgs. n. 196/2003 (artt. 52 e 56 del CAD). L’accesso ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal dominio giustizia avviene tramite un punto di accesso o tramite il portale dei servizi telematici, mediante autenticazione sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite; la connessione con il portale dei servizi telematici avviene mediante un collegamento sicuro con mutua autenticazione secondo le specifiche tecniche stabilite e a seguito dell’autenticazione viene in ogni caso trasmesso al gestore dei servizi telematici il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso. I punti di accesso garantiscono un’adeguata sicurezza del sistema con le modalità tecniche specificate nell’apposito piano depositato. Normativa
D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Art. 50 I dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico. 2. Qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione, con le esclusioni di cui all’articolo 2, comma 6, salvi i casi previsti dall’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l’utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest’ultima, salvo che per la prestazione di elaborazioni aggiuntive è fatto comunque salvo il disposto dell’articolo 43, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 3. Al fine di rendere possibile l’utilizzo in via telematica dei dati di una pubblica amministrazione da parte dei sistemi informatici di altre amministrazioni, l’amministrazione titolare dei dati predispone, gestisce ed eroga i servizi informatici allo scopo necessari, secondo le regole tecniche del sistema pubblico di connettività di cui al presente decreto. D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 - Art. 52. Accesso telematico e riutilizzazione dei dati e documenti delle pubbliche amministrazioni. L’accesso telematico a dati, documenti e procedimenti è disci-
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plinato dalle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni del presente codice e nel rispetto delle disposizioni di legge e di regolamento in materia di protezione dei dati personali, di accesso ai documenti amministrativi, di tutela del segreto e di divieto di divulgazione. I regolamenti che disciplinano l’esercizio del diritto di accesso sono pubblicati su siti pubblici accessibili per via telematica. D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 - Art. 56 1. I dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile sono resi accessibili a chi vi abbia interesse mediante pubblicazione sul sistema informativo interno e sul sito istituzionale delle autorità emananti. 2. Le sentenze e le altre decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese pubbliche mediante deposito in segreteria, sono contestualmente inserite nel sistema informativo interno e sul sito istituzionale, osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali. 2bis. I dati identificativi delle questioni pendenti, le sentenze e le altre decisioni depositate in cancelleria o segreteria dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono, comunque, rese accessibili ai sensi dell’articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati personali approvato con d.lgs. n. 196/2003.
3.12. L’architettura: gli obiettivi e la sicurezza del PCT
Dal punto di vista della sicurezza il Processo Civile Telematico è uno dei più 103 complessi progetti di e-government in corso in quanto è un sistema ad architettura distribuita ed eterogenea nella quale gli utenti e i diversi sistemi sono tra loro in dialogo con la conseguente necessità non solo di identificazione dei soggetti, ma anche di protezione delle informazioni per assicurarne l’integrità. Per quanto attiene l’autenticazione, come è noto, ogni sistema informatico stabilisce l’identità di un utente sia tramite qualcosa che l’utente conosce come la password, o che possiede come la smart card o che l’utente è come ad esempio è per la biometria. È noto che le password si sono dimostrate, come strumenti, non idonee per i sistemi su larga scala e ad alto costo di gestione oltre al non secondario fatto – rilevante ed essenziale per il Processo Civile Telematico per le implicazioni di legittimazione dei soggetti – che esse sono facilmente cedibili. L’identificazione degli utenti, nel sistema attuale, è, infatti, certificata tramite smart card, la quale, però, pone problemi sostanzialmente non diversi da quelli evidenziati per le password. In un prossimo futuro, non molto remoto, l’accesso sarà sicuramente certificato tramite la biometria (impronte digitali, retina oculare) che, quale forma di identificazione, è sicuramente l’unica tra quelle enunciate che garantisce la presenza 104 certa del soggetto titolare e la non cedibilità dell’accesso . L’obiettivo del sistema è quello di evitare che qualcuno possa intercettare dati in transito sul canale 103
Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, Dalla teleamministrazione all’e-governement: una completa transizione, in Foro amm.-CdS, 2002, 784 ss.; per un’analisi delle problematiche vedi anche D. MARONGIU, Il governo dell’informatica pubblica, Napoli, 2007, 62 ss.; G. DUNI, L’amministrazione digitale, il diritto amministrativo nella evoluzione telematica, Milano, 2008, 72 ss. 104 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, Biometrie e documenti: problematiche giuridiche in campo, in Amm. it., 2007, 212 ss.
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di comunicazione sia mediante semplice attività di ascolto, oppure mediante la sostituzione o l’introduzione nei pacchetti in transito. Da qui la protezione dei canali con “autenticazioni” di entrambe le parti e cifratura. Con l’introduzione del Processo Civile Telematico il Ministero della giustizia si è posto molteplici obiettivi. Uno tra questi è certamente quello riguardante l’ottimizzazione dell’ingente spesa, sino a oggi sostenuta, per il software già installato nei Tribunali. Altri obiettivi possono essere considerati di sicuro quelli riguardanti l’eliminazione dei registri cartacei dalle cancellerie; costituzione di una banca dati informativa sul contenzioso e sulle regole che presiedono ai flussi informativi; oltre l’attivazione del polisweb, di intranet ed il miglioramento dell’utilizzo di quest’ultimo ove installato. È da osservare, però, che la “gestione” del processo civile telematico, di fatto, si pone come un titanico metodo di lavoro volto a superare, soprattutto, gli atavici isolamenti dei vari gruppi, cioè di tutti quei professionisti che all’interno dei Tribunali lavorano per realizzare il processo. La conseguenza sarà che ogni diverso gruppo professionale dovrà acquistare una “visione d’insieme” dei problemi ed imparare ad assumere decisioni comuni, organicamente funzionali al risultato finale. L’enorme quantità di informazioni, immediatamente accessibili dalle banche dati e dai processi, imporrà un nuovo metodo di lavoro, che si andrà a sostanziare nella capacità di affrontare e progettare nuovi standard qualitativi dell’erogando servizio. La gestione di tutte le fasi del processo comporterà che dovranno essere standardizzate le regole d’interscambio informativo fra giudici, cancellieri ed avvocati. La verifica, il controllo e il funzionamento del nuovo sistema imporranno l’utilizzo di un nuovo staff di professionisti: quello degli esperti informatici e degli analisti di organizzazione, i quali si affiancheranno nei Tribunali alle tradizioni figure professionali esistenti. In questa prospettiva la classe forense sarà chiamata a dare il massimo della sua disponibilità per appoggiare, in una logica di partnership, l’innovazione organizzativa e tecnologica del nuovo processo. Pertanto, la stessa sarà chiamata a rimettersi in gioco per dimostrare le sue capacità di innovare, in modo radicale, le tradizionali prassi del lavoro forense. In buona sostanza, quindi, la classe forense, attraverso la partecipazione attiva a quel processo evolutivo che porta ai continui cambiamenti, contribuirà ad una trasformazione storica del metodo di lavoro forense. I Tribunali, poi, saranno chiamati ad uscire dalla vetusta concezione del foro come luogo sacro; di decisioni adottate nella compostezza del rito, nella penombra delle sale e – per il decorso del tempo – assunte nella condizione delle affievolite passioni. È, perciò, rilevante, il problema della sicurezza dell’accesso ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal dominio giustizia che avviene mediante identificazione sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, secondo l’architettura dei servizi di consultazione che aderisce al modello MVC (Model View Controller) e prevede il disaccoppiamento del front-end, localizzato sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, dal back-end, localizzato sul gestore dei servizi telematici, incaricato di esporre i servizi sottoforma di web service (http/ SOAP). Il portale dei servizi telematici espone, attraverso un apposito servizio
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proxy, i web service forniti dal gestore dei servizi telematici, a beneficio dei punti di accesso e di applicazioni esterne. I punti di accesso realizzano autonomamente la parte di front-end, che deve essere localizzata all’interno della intranet del PdA stesso e non deve essere accessibile direttamente dall’esterno. I punti di accesso possono a loro volta esporre i web service forniti dal gestore 106 dei servizi telematici, a beneficio di applicazioni esterne . Il punto di accesso stabilisce la connessione con il portale dei servizi telematici mediante un collegamento sicuro con mutua autenticazione secondo le specifiche tecniche stabilite. L’accesso ai servizi di consultazione avviene previa identificazione informatica su di un punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, secondo le specifiche di cui all’articolo 6; a seguito di tale identificazione, il punto di accesso o il portale dei servizi telematici attribuiscono all’utente un ruolo di consultazione, a seconda del registro di cancelleria. Eseguita tale operazione, viene trasmesso al proxy il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso (nel header http) e il ruolo di consultazione stesso (nel messaggio SOAP), il proxy verifica che il soggetto sia presente nel ReGIndE e in caso trattasi di un avvocato che lo status non sia “radiato” o “cancellato”. Qualora la verifica abbia esito positivo, trasmette la richiesta al web service del gestore dei servizi telematici. In base al ruolo di consultazione, il sistema fornisce le autorizzazioni all’accesso rispetto alle informazioni anagrafiche contenute nei sistemi di gestione dei registri o sulla base dell’atto di delega previsto dal regolamento. A seguito dell’identificazione viene in ogni caso trasmesso al gestore dei servizi telematici il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso. In fase di richiesta di attiva107 zione, il punto di accesso può adottare meccanismi di identificazione basati sulla gestione federata delle identità digitali (modello GFID), secondo le specifiche di DigitPa, in questo caso, il responsabile per i sistemi informativi automatizzati, valutata la soluzione proposta e descritta nel piano della sicurezza. L’architettura dei servizi di consultazione prevede in via residuale che il punto di accesso o il portale dei servizi telematici effettuino, a seguito dell’identificazione, un link diretto dalle proprie pagine alla pagina principale del sito web che rende disponibili i servizi su canale sicuro (HTTPS). In questo caso i dati identificativi del soggetto vengono inseriti nell’header HTTP della richiesta e l’elenco dei punti di accesso autorizzati è pubblicato nell’area pubblica del portale dei servizi telematici e nel catalogo dei servizi telematici. Il punto di
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Le funzionalità fornite dai web service realizzati, nonché le relative regole di invocazione, sono descritte tramite i WSDL pubblicati sull’area pubblica del portale dei servizi telematici. 106 Il protocollo di trasporto tra il punto di accesso e il proxy è HTTPS; la serializzazione dei messaggi è nel formato XML/SOAP. 107 I punti di accesso garantiscono un’adeguata sicurezza del sistema con le modalità tecniche specificate in un apposito piano depositato unitamente all’istanza di cui all’art. 25, a pena di inammissibilità della stessa.
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accesso si dota di un piano della sicurezza , depositato al responsabile per i sistemi informativi automatizzati unitamente all’istanza di iscrizione all’elenco pubblico dei punti di accesso e si dota di una casella di posta elettronica certificata, che comunica al responsabile per i sistemi informativi automatizzati, da utilizzarsi per inviare e ricevere comunicazioni con il Ministero della giustizia.
3.13. I pagamenti telematici degli atti del Processo Civile Telematico e relative componenti architetturali
Uno dei problemi del Processo Civile Telematico è quello della riscossione dei diritti e dei bolli e di fornire la prova degli avvenuti pagamenti e quindi dei versamenti a titolo di contributo unificato, o del diritto di copia, o del costo della notifica o della trascrizione o della registrazione o dei diritti di voltura. Per quanto attiene al pagamento del contributo unificato, questo deve essere effettuato nelle forme previste dal d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, e sue successive modificazioni. La ricevuta e l’attestazione di pagamento del versamento deve essere allegata alla nota di iscrizione a ruolo o all’istanza inviata all’ufficio, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, ed è conservata dall’interessato per essere esibita a richiesta dell’ufficio. A tal fine la comunicazione per via telematica all’ufficio giudiziario dell’avvenuto pagamento delle spese, dei diritti e del contributo unificato della ricevuta di versamento deve essere inserita come allegato della busta telematica nel caso di inoltro via PEC, oppure deve essere associata alla richiesta telematica nel caso di istanza gestita tramite un flusso sincrono. Il pagamento del 109 contributo può essere effettuato, però, anche per via telematica ; in quest’ultimo 108
Il Piano di sicurezza deve prevedere: struttura logistica e operativa dell’organizzazione; ripartizione e definizione delle responsabilità del personale addetto; descrizione dei dispositivi installati; descrizione dell’infrastruttura di protezione, per ciascun immobile interessato (e rilevante ai fini della sicurezza); descrizione delle procedure di registrazione delle utenze; descrizione relativa all’implementazione dei meccanismi di identificazione informatica; qualora il PdA integri la gestione delle caselle di PEC dei propri utenti, descrizione delle modalità di integrazione; procedura di gestione delle copie di sicurezza dei dati; procedura di gestione dei disastri; analisi dei rischi e contromisure previste. Ai fini dell’iscrizione nel suddetto elenco, il responsabile per i sistemi informativi automatizzati verifica il piano della sicurezza di cui al comma precedente e può disporre apposite verifiche in loco, in particolare per accertare il rispetto delle prescrizioni di sicurezza. 109 Il processo di pagamento telematico assicura l’univocità del pagamento mediante l’utilizzo della richiesta di pagamento telematico (RPT), della ricevuta telematica (RT) e dell’identificativo univoco di erogazione del servizio (CRS) che impediscono, mediante l’annullamento del CRS, un secondo utilizzo della RT. La ricevuta telematica, firmata digitalmente dal prestatore del servizio di pagamento che effettua la riscossione o da un soggetto da questo delegato, costituisce prova del pagamento alla Tesoreria dello Stato ed è conservata nel fascicolo informatico. L’ufficio verifica periodicamente con modalità telematiche la regolarità delle ricevute o attestazioni e il buon esito delle transazioni di
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caso si osservano le modalità e gli strumenti previsti dal d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, e le altre disposizioni normative e regolamentari relative al riversamento delle entrate alla Tesoreria dello Stato. L’interazione tra le procedure di pagamento telematico messe a disposizione dal prestatore del servizio di pagamento, il punto 110 di accesso e il portale dei servizi telematici avviene su canale sicuro, secondo le specifiche tecniche dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Per quanto riguarda i diritti di copia è previsto dal d.m. n. 44/2011 che l’interessato, all’atto della richiesta di copia, possa richiedere l’indicazione dell’importo del diritto corrispondente che gli è comunicato senza ritardo con mezzi telematici dall’ufficio, secondo le specifiche stabilite. Alla richiesta di copia è associato un identificativo univoco che, in caso di pagamento dei diritti di copia non contestuale, viene evidenziato nel sistema informatico per consentire il versamento secondo le modalità previste dal d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115: la ricevuta telematica è associata all’identificativo univoco. I diritti ed i bolli, invece, per la registrazione, le trascrizioni e la voltura degli atti avvengono in via telematica nelle forme previste dall’art. 73 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115; analogicamente avviene anche per il pagamento dei diritti di notifica, ma in tali casi la ricevuta telematica è firmata digitalmente dal prestatore del servizio di pagamento che effettua la riscossione o da un soggetto da questo delegato. Quest’ultima costituisce prova del pagamento alla Tesoreria dello Stato ed è conservata nel fascicolo informatico. L’UNEP rende pubblici gli importi dovuti a titolo di anticipazione ed eseguita la notificazione; comunica l’importo definitivo e restituisce il documento informatico notificato previo versamento del conguaglio dovuto dalla parte oppure unitamente al rimborso del maggior importo versato in acconto. Nell’ambito del flusso per il pagamento telematico sono individuati i seguenti componenti architetturali: Sistema dei Pagamenti (SP), che è l’infrastruttura del sistema finanziario che è costituita dall’insieme di tutti gli strumenti con i quali possono essere acquistati beni e servizi nell’economia, nonché dalle attività e dagli intermediari che consentono l’effettivo trasferimento di tali strumenti da un operatore ad un altro; Sistema del Prestatore dei servizi di Pagamento (Psp), che possiamo definire come una piattaforma tecnologica operante presso gli istituti di credito o presso Poste Italiane o altri soggetti abilitati che, ai sensi della normatipagamento telematico. Nel caso di pagamento eseguito in modalità non telematica, la ricevuta di versamento è costituita dalla copia informatica dell’originale cartaceo ottenuta per scansione e sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata da chi ne fa uso, mentre nel caso di pagamento in modalità telematica la ricevuta è costituita dal documento originale informatico in formato XML. 110 Il servizio di pagamento in modalità telematica è messo a disposizione dei soggetti abilitati nell’ambito delle funzionalità del punto di accesso e del portale dei servizi telematici, con lo scopo di permettere il versamento attraverso strumenti telematici e di ricevere l’attestazione del versamento attraverso il medesimo canale telematico; l’accesso ai servizi di pagamento avviene previa identificazione informatica.
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va vigente e nell’ambito del Sistema dei Pagamenti, mettono a disposizione degli utenti gli strumenti atti ad effettuare il pagamento richiesto; front-end con il Sistema dei Pagamenti (FESP) che è definito come componente infrastrutturale (middleware) atto a facilitare lo scambio di informazioni tra i soggetti attraverso la condivisione dei protocolli di colloquio (sia applicativi, che di trasporto), l’implementazione delle logiche di elaborazione della richiesta di pagamento e della ricevuta telematica nonché l’erogazione di eventuali servizi aggiuntivi, tra cui la firma digitale dei documenti scambiati. Le funzioni del componente possono essere integrate in un PdA, integrate nel sistema offerto dal prestatore di servizi (Psp) o condivise, anche da più amministrazioni, essendo messe a fattore comune nell’ambito dell’infrastruttura di sistema della Pubblica amministrazione ossia qua111 112 le Nodo PA all’interno di Sistema Pubblico di Connettività . Le funzioni svolte dal portale dei servizi telematici integrano al loro interno le funzioni di paga113 mento informatico, al fine di offrire all’utente un servizio unico e completo . La ricevuta telematica restituita all’utente a fronte del pagamento effettuato in via telematica costituisce prova del trasferimento dell’importo versato sul conto corrente intestato alla Tesoreria dello Stato. La Richiesta di Pagamento Telematico (RPT), relativa al versamento di una o più spettanze legate ad un medesimo ser114 115 vizio, è costituita da un file XML . La Ricevuta Telematica (RT) è predisposta 111 Nodo PA: infrastruttura condivisa all’interno del SPC che gestisce il colloquio con i prestatori dei servizi di pagamento (Psp) e può anche svolgere le funzioni previste per il FESP. 112 Nel caso in cui l’interazione avvenga tramite la rete SPC, il requisito è garantito dalla natura riservata della rete stessa. In tutti gli altri casi, il colloquio avviene attraverso l’utilizzo di certificati “server” rilasciati da Certification Authority qualificate. 113 Le applicazioni offerte dai punti di accesso si uniformano a tale principio. Per dare corso al pagamento il prestatore di servizi di pagamento (Psp) concede “fiducia” all’identificazione, operata ai sensi del comma 3, dal punto di accesso o dal portale dei servizi telematici. Ai fini del completamento del processo di pagamento, il prestatore del servizio (Psp) può richiedere all’utente di autenticarsi sul proprio sistema attraverso l’immissione di ulteriori credenziali allo scopo rilasciate. Il processo consente all’utente di scegliere tra diverse modalità di pagamento messe a sua disposizione da una molteplicità di prestatori di servizi di pagamento (Psp). 114 Nell’All.5 si definiscono gli elementi necessari a caratterizzare i pagamenti; in particolare si qualifica il versamento con un identificativo univoco del versamento di cui al successivo comma 5; contiene i dati identificativi, variabili a seconda dell’operazione per cui è richiesto il pagamento; contiene una parte riservata (Dati Specifici Riscossione) per inserire informazioni elaborabili automaticamente dai sistemi della giustizia; viene predisposta dal soggetto richiedente (portale dei servizi telematici o punto di accesso) ed inviata al sistema del prestatore dei servizi di pagamento (Psp) direttamente ovvero attraverso la componente architetturale FESP; può essere sottoscritta o meno con firma digitale ovvero con firma elettronica qualificata dal soggetto pagatore, a seconda degli accordi intercorsi con il Prestatore di Servizi di pagamento (PsP). 115 La stessa è costituita da un file XML, il cui XSD definisce gli elementi necessari a qualificare il pagamento, tra cui l’esito del pagamento stesso e, in caso positivo, l’identificativo univoco del pagamento assegnato dal sistema del prestatore dei servizi di pagamento (Psp); trasferisce inalterate le stesse informazioni ricevute in ingresso (RPT) relative alla parte riservata (Dati Specifici Riscossione) a disposizione della P.A.
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dal sistema del prestatore dei servizi di pagamento (Psp) anche attraverso l’utilizzo della componente architetturale FESP ed è restituita al soggetto richiedente a fronte di ogni singola RPT. Il soggetto che emette la Ricevuta Telematica (RT), la sottoscrive con firma digitale o firma elettronica qualificata in formato CAdES, a tal fine possono essere utilizzati certificati emessi da un’autorità di certificazione allo scopo messa a disposizione da DIGITpa. Inoltre, al fine di qualificare in maniera univoca i versamenti, è stato definito l’identificativo di erogazione del servi116 zio (CRS) che identifica univocamente una richiesta di erogazione servizio da parte dei sistemi informatici del dominio giustizia. Allo scopo di permettere all’Amministrazione di verificare e riscontrare le ricevute generate a seguito di pagamento telematico, nell’ambito del dominio giustizia è configurato un sottosi117 stema per la memorizzazione e gestione delle Ricevute Telematiche. I soggetti abilitati, che abbiano effettuato i versamenti in via informatica, possono consultare sul portale dei servizi telematici, previa identificazione informatica, le informazioni relative ai pagamenti contenuti nel sistema, dando così un riscontro immediato alla situazione obbligatoria. In tal modo le componenti architetturali del PCT appaiono assai più soddisfacenti e pratiche per gli operatori del diritto.
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Il CRS è generato dal portale dei servizi telematici su specifica richiesta del soggetto richiedente attraverso un servizio sincrono (tramite web service i cui WSDL sono pubblicati sull’area pubblica del portale dei servizi telematici) e ha il seguente formato: <check digits> <identificatore univoco>, dove: <check digit> costituisce il codice numerico di controllo (2 posizioni); <identificatore univoco> è rappresentato da 33 posizioni alfanumeriche così strutturate: <codice PdA richiedente> <codice Sistema Gestore> <codice univoco operazione>; la sezione <codice PdA richiedente> (4 caratteri alfanumerici) assicura flessibilità nella emissione del CRS; la sezione <codice Sistema Gestore> (4 caratteri alfanumerici) rappresenta il sistema a cui è destinata la ricevuta; la sezione <codice univoco operazione> (25 caratteri alfanumerici) contiene un codice ‘non ambiguo’ all’interno del dominio entro il quale viene generato. Il CRS viene inserito nella struttura RPT (elemento identificativo Univoco Versamento) e viene restituito al punto di accesso o al portale dei servizi telematici all’interno della RT (elemento identificativo Univoco Versamento). Al momento dell’accettazione della ricevuta di pagamento, il sistema informatico dell’ufficio giudiziario controlla che il CRS non sia stato già utilizzato in altre ricevute e, in tal caso, lo stesso viene annullato al fine di non permettere il riutilizzo della stessa RT. 117
Il sottosistema è denominato Repository Ricevute Telematiche (RRT) ed è accessibile a tutte le applicazioni e ai sistemi del dominio giustizia interessate dai pagamenti telematici. Il punto di accesso o il portale dei servizi telematici provvede ad inviare la RT al sistema RRT contestualmente al rilascio della stessa al soggetto abilitato esterno richiedente. Per l’invio della RT al Repository Ricevute Telematiche è messo a disposizione un apposto servizio (web service) esposto nell’ambito del portale dei servizi telematici; i relativi WSDL sono pubblicati nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. Il sistema RRT permette la gestione delle RT e dei relativi CRS. Le informazioni relative ai pagamenti contenute nel sistema sono messe a disposizione, sulla base di specifica convenzione da sottoscriversi con il responsabile per i sistemi informativi automatizzati, degli enti e delle agenzie pubbliche per l’adempimento dei propri compiti di verifica, controllo e contrasto all’evasione ed elusione.
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3.14. Le nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia 118
Con d.m. 27 aprile 2009 , in materia di norme per i registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia, sono state fissate, in sostituzione del d.m. 24 maggio 2001, le regole procedurali per la gestione del sistema informatico del Ministero della giustizia e per la tenuta informatizzata dei registri redatti a cura delle cancellerie o delle segreterie, presso gli uffici giudiziari, ovvero ai registri previsti da codici, da leggi speciali o da regolamenti, comunque connessi all’espletamento delle attribuzioni e dei servizi svolti dall’amministrazione della giustizia, come previsti dall’art. 1 del d.m. 27 marzo 2000, n. 264. Il Sistema Infor119 120 matico della Giustizia, che trova il suo presupposto nel sistema informativo , ha un’architettura a livello nazionale, interdistrettuale, distrettuale e locale. Il livello nazionale è costituito dalle componenti relative agli uffici dell’Amministrazione centrale, della Corte di Cassazione, della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e della Direzione Nazionale Antimafia e da quelle relative all’erogazione di servizi comuni o centralizzati. Il livello interdistrettuale è costituito dalle componenti relative agli uffici di più distretti di Corte di appello e da quelle relative all’erogazione di servizi comuni agli ambiti di uffici di più distretti. Il livello distrettuale è costituito dalle componenti relative agli uffici della sede di distretto di Corte di appello e da quelle relative all’erogazione di servizi comuni agli ambiti distrettuale e locale. Il livello locale, infine, è costituito dalle componenti relative agli uffici periferici del distretto di Corte di appello. Il sistema informatico deve soddisfare i requisiti di disponibilità nel senso che i dati sono formati, raccolti, conservati e resi accessibili in modo da assicurarne l’uso interno e la fruizione, anche in caso di eventi interruttivi del funzionamento dei sistemi, compatibilmente con i livelli di servizio prestabiliti. I requisiti del sistema richiedono l’integrità nel senso che i dati devono essere trattati in modo
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Vedi le analisi di M. GASPARINI, Notifiche on line e risoluzione della carta: cura antiburocratica negli uffici giudiziari, in Guida dir., 2009, n. 24, 16 ss. 119 Il sistema informatico è la parte del sistema informativo che gestisce informazioni con tecnologia informatica e, per estensione, le sale server ovvero i locali attrezzati che ospitano i sistemi server, dove le Risorse informatiche: hardware, software, apparati di rete e cablaggi, sale server rendono Servizi informatici per mezzo delle risorse informatiche e i servizi per loro tramite forniti, sia di natura applicativa sia sistemistica. 120 Per sistema informativo consideriamo, ai sensi del decreto, l’insieme delle risorse umane, delle regole organizzative, delle risorse hardware e software (applicazioni e dati), dei locali e della documentazione (sia in formato cartaceo sia elettronico) che, nel loro complesso, consentono qualunque operazione o complesso di operazioni, concernenti il trattamento dei dati e delle informazioni anche personali relativi alla tenuta dei registri connessi all’espletamento delle attribuzioni e dei servizi svolti dalla Amministrazione della giustizia.
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che ne siano assicurate la precisione, la completezza e inalterabilità, oltre che l’au121 tenticità . Il controllo degli accessi fisici e logici comporta che le informazioni possono essere fruite solo ed esclusivamente dalle persone autorizzate a compiere le operazioni stesse. Ogni utente, infatti, prima di accedere alle risorse del sistema informatico, è identificato tramite una procedura di autenticazione che è definita ed è gestita dal Responsabile S.I.A., il quale individua ed aggiorna periodicamente, con proprio decreto, la procedura di autenticazione stessa. Quest’ultima prevede, come misura minima per l’identificazione, la conoscenza di una coppia di informazioni (username e password), secondo quanto previsto dal disciplinare tecnico del Codice in materia di protezione dei dati personali. Ogni utente ottiene, tramite la procedura di autorizzazione, uno specifico insieme di privilegi di accesso ed utilizzo, denominato profilo di autorizzazione, rispetto alle risorse del sistema informatico. A ciascun insieme omogeneo di utenti è associato un solo profilo e a ciascun utente può essere assegnato uno o più profili. Ogni profilo è definito in modo tale da assegnare a ciascun utente solo ed esclusivamente i privilegi strettamente necessari per l’espletamento delle attività di propria competenza. La struttura per la sicurezza del distretto individua i referenti degli uffici per l’assegnazione agli utenti dei profili relativi al trattamento dei dati. 122 Il Responsabile S.I.A. , o i suoi delegati, assegnano agli amministratori dei servizi informatici uno o più profili volti alla conduzione, anche remota, dei sistemi e delle postazioni di lavoro e ne dà comunicazione agli uffici interessati, lo 123 stesso predispone il documento programmatico della sicurezza di cui all’art. 34 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, relativamente alle componenti del sistema informatico dell’Amministrazione, che sono centralmente gestite e controllate. Gli uffici, con la collaborazione tecnica del CISIA competente, predispongono il documento programmatico della sicurezza di cui all’art. 34 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, relativamente al sistema informativo di propria competenza e lo rendono disponibile al Responsabile S.I.A. il quale definisce, con proprio decreto, anche le politiche e le procedure per il salvataggio (backup) e per il recupero (recovery) dei dati. Per le infrastrutture logistiche comuni il piano è predisposto in modo condiviso dagli uffici. La vigilanza sull’applicazione dei documenti è esercitata dal Responsabile S.I.A., o da suoi delegati. L’amministratore dei servizi informatici (A-
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Vedi al riguardo G. CORASANITI, Esperienza giuridica e sicurezza informatica, cit., 215 ss.
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Il Responsabile S.I.A. emana ed aggiorna periodicamente, con proprio decreto, le linee guida per la organizzazione e gestione del sistema informatico. Le linee guida sono rese note con gli opportuni strumenti di comunicazione ed in ogni caso sul portale internet dell’Amministrazione. 123
Il Responsabile S.I.A., su proposta del dirigente informatico competente per territorio o per settore, designa i soggetti previsti dalla norma, individuandoli fra gli esperti informatici dell’Amministrazione ovvero, se non sono disponibili tali risorse, ricorrendo a personale esterno qualificato.
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DSI) redige il piano delle risorse informatiche da dedicare all’erogazione dei servizi messi a disposizione degli uffici e lo trasmette al dirigente informatico com124 petente ed agli uffici interessati. La D.G.S.I.A. pianifica la destinazione delle risorse che compongono il sistema informatico in coerenza con i servizi che devono essere erogati. Sempre (ADSI) assicura la conduzione operativa di specifiche componenti del sistema informatico, effettuando, anche mediante accesso remoto, tutte le operazioni necessarie a garantire i requisiti di disponibilità, integrità ed autenticità. Un coordinatore degli ADSI viene nominato qualora vi sia la necessità che più amministratori operino su componenti identiche o affini del sistema informatico. È in ogni caso prevista la nomina di un coordinatore degli ADSI per ciascuna delle sale server nazionali, interdistrettuali e distrettuali. L’amministratore dei servizi informatici, se nominato responsabile del trattamento da parte dei titolari delle banche dati, pone in essere le iniziative necessarie per il rispetto degli standard di sicurezza e della normativa sulla tenuta informatizzata dei registri, anche alla luce delle direttive concordemente emanate dai titolari delle banche dati. In ogni caso, l’amministratore dei servizi informatici garantisce che il capo dell’ufficio giudiziario, o un suo delegato, possa accedere alla infrastruttura logistica condivisa per verificare il rispetto degli standard di sicurezza e della normativa sulla tenuta informatizzata dei registri. Per le modalità di tenuta informatizzata dei registri e per la sottoscrizione con firma digitale dei documenti informatici si deve tenere conto anche delle regole tecniche emanate ai sensi del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (CAD). Le attività relative all’utilizzo ed alla gestione del sistema informatico, anche da remoto, sono sottoposte ad un processo continuo di controllo e verifica della loro corretta e completa esecuzione. Il sistema informatico prevede, a garanzia della autenticità e dell’integrità dei dati e come misura minima di monitoraggio, la registrazione di tutti gli accessi, anche di carattere tecnico, ivi compresi quelli 125 non riusciti o falliti, e di tutte le operazioni effettuate sui dati. La D.G.S.I.A. si dota degli strumenti di monitoraggio, per consentire al personale tecnico di svolgere le opportune verifiche ed è responsabile delle attività e vigila sullo svolgimento delle stesse, anche se affidate a personale esterno specificamente individuato. In ordine all’Infrastruttura logistica è il Responsabile S.I.A. che predispone, con un proprio decreto, le linee guida, le quali devono almeno prevedere le indicazioni relative alla localizzazione e predisposizione tecnologica delle sale server, alle procedure per l’accesso ed alle procedure per la conservazione e per l’allestimento dei locali adibiti a sale server. Se non vi è disponibilità di locali di pro124
L’istituto della Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia ha contribuito al sistema governance dell’informatica pubblica in maniera rilevante come annotato da D. MARONGIU, Il governo dell’informatica pubblica, cit., 80 ss. 125 Il Dirigente informatico è il dirigente amministrativo in possesso dei requisiti di cui all’art. 11 del d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39 e preposto alla direzione di un C.I.S.I.A. o di un ufficio della D.G.S.I.A.
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prietà o messi a disposizione dell’Amministrazione giudiziaria, il Responsabile S.I.A. ha facoltà di utilizzare sale server di fornitori qualificati conformi alle sue 126 linee guida. Il dirigente informatico è responsabile della gestione delle sale server nel territorio o settore di sua competenza, egli può delegare alcune di tali attività ad un ADSI. È consentito installare ed utilizzare unicamente il software approvato dal Responsabile S.I.A. contenuto nell’elenco dei software nazionali e le cui funzionalità offerte sono pubblicate sul sito dell’Amministrazione. Il software è installato esclusivamente su supporti fisici originali e lo stesso con la relativa documentazione è conforme alle regole tecniche dettate da DIGITpa. L’accesso ai dati da parte degli utenti avviene esclusivamente per il tramite del predetto software.
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Il dirigente informatico, o persona dallo stesso delegata, partecipa alle riunioni della Commissione di manutenzione di cui alla legge 24 aprile 1941, n. 392, nel territorio assegnato alla sua competenza.
4 SOMMARIO
Le notifiche e le comunicazioni telematiche 4.1. Premessa. Le fonti del nuovo regime delle notifiche nel processo civile. – 4.2. Le comunicazioni e le notifiche nel corso del processo civile. – 4.3. Il regime obbligatorio delle notifiche telematiche nel processo previsto dalle recenti riforme legislative. – 4.4. Segue: il nuovo regime delle comunicazioni e delle notifiche telematiche nel processo civile. – 4.5. Le notifiche a mezzo posta elettronica ex art. 149-bis c.p.c. – 4. 6. Le pronunce di merito e di legittimità in tema di notifiche telematiche nel processo civile. – 4.7. Il valore dell’e-mail come prova scritta nella giurisprudenza e la validità delle comunicazioni di cancelleria fatte a mezzo e-mail semplice ai fini dell’instaurazione del regolare contraddittorio nel processo civile prima della novella legislativa. – 4.8. L’impatto della posta elettronica certificata sulle professioni legali ed il suo utilizzo nel processo civile e penale. – 4.9. La fonte del valore legale della posta elettronica certificata. – 4.10. Le peculiarità della disciplina sulla posta elettronica certificata per gli avvocati alla luce delle novità giurisprudenziali. – 4.11. Le nuove regole tecniche per le comunicazioni e le notifiche telematiche previste nel d.m.g. 28 febbraio 2011, n. 44. – 4.12. Requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno ed i sistemi informatici per i soggetti abilitati interni per le notifiche telematiche e tra gli avvocati sulla scorta del d.m. n. 44/2011. – 4.13. L’uso della posta elettronica certificata: brevi conclusioni.
4.1. Premessa. Le fonti del nuovo regime delle notifiche nel processo civile
Le novità normative introdotte in tema di notifiche, sono tutte novità sostanzialmente rivolte al raggiungimento di molteplici obiettivi pratici che sono stati individuati innanzitutto nella riduzione dei tempi del processo e nel contenimento del suo costo, nonché al migliore, più razionale e produttivo utilizzo del personale giudiziario addetto alle relative attività. L’intervento giurisprudenziale nel
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settore, invece, da un lato è orientato al riempimento delle lacune del sistema e dall’altro è sempre più rivolto a garantire la conoscenza effettiva dell’atto, esigenza quest’ultima alla quale il ricorso alla tecnologia assicura effettività data la sua idoneità. L’esame dell’evoluzione normativa, in tema di notifiche, deve quindi necessariamente partire dalla legge 7 giugno 1993, n. 183, in materia di trasmissione degli atti tra difensori a mezzo di telefax. Tale normativa ha, infatti, esteso quanto era stato previsto per la sola Avvocatura dello Stato con la legge 15 ottobre 1986, n. 664 anche agli avvocati del libero foro, ma ciò solo in presenza di precise condizioni quali: l’immanenza, per entrambi i difensori, della procura ex art. 83 c.p.c.; l’indicazione e la leggibilità della sottoscrizione del trasmittente; l’attestazione dell’estensore della conformità della copia foto riprodotta all’originale con l’ulteriore sottoscrizione della copia da parte del difensore ricevente. Altra normativa che deve essere ricordata è sicuramente quella della legge n. 53/1994, in tema di notifiche a mezzo posta curata direttamente dai difensori, normativa recentemente estesa, dall’art. 55, legge 18 giugno 2009, n. 69, anche agli Avvocati dello Stato, mentre in forza dell’art. 3, comma 3-bis legge n. 80/2005, la notifica, ai sensi della legge n. 53/1994, può essere richiesta dal difensore all’ufficio postale anche per via telematica, mentre per l’art. 3, legge n. 890/1982 come modificato dalla legge n. 80/2005, l’ufficiale postale ha la possibilità di procedere alla notifica anche per via telematica. La novità “copernicana” in materia di notifiche telematiche è sicuramente stata, però, quella introdotta con il d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, che agli artt. 6 e 7 trattava sia delle notifiche e comunicazioni telematiche con firma digitale sia delle modalità operative del gestore centrale, sia della consegna dell’atto allo stesso gestore come momento valido della notifica, ma anche dall’art. 17, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, che ha consentito, con tutte le incertezze interpretative, di cui anche meglio diremo in seguito, l’utilizzo del fax e della posta elettronica per la trasmis1 sione diretta degli atti del processo tra i difensori . Tuttavia se vi è stata una normativa che ha inciso pesantemente su molte norme del codice in questa materia 2 questa è sicuramente da individuare nella legge 14 maggio 2005, n. 80 . Tale legge ha profondamente modificato gli artt. 133, 170, 176, 183, 250, 366 c.p.c., e si segnala sia per l’estrema ridondanza, nelle previsioni normative, che per il difetto di coordinamento tra l’art. 136 e le altre norme, ma anche per l’obbligo imposto al difensore di dare le indicazioni prescritte per fare effettuare le notifiche e le 1
Sul punto vedi S. FADDA, L’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’Internet, a cura di G. Cassano Milano, 2001, 1507 ss.; F. BUFFA, Il processo civile telematico. La giustizia informatizzata, Milano, 2005, 221 ss.; G. ZICCARDI, Telematica giuridica. Utilizzo delle nuove tecnologie da parte del professionista del diritto, Milano, 2005, 94 ss.; ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, E-law. Le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, Soveria Mannelli, 2006, spec. 92 ss. 2 Si rinvia a A. VILLECCO, Le notificazioni e le comunicazioni telematiche nel processo civile. Posta elettronica e telefax, Bologna, 2009, spec. 62 ss.
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comunicazioni telematiche, fermo restando, sempre, il rispetto della disciplina 3 regolamentare concernente la sottoscrizione, trasmissione e ricezione degli atti . Con l’art. 51 del d.l., 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge n. 133/2008, poi, si è innovato in modo decisivo, stabilendosi che con decreti ministeriali saranno fissate, per ciascuna circoscrizione di tribunale, le date entro cui le notifiche e le comunicazioni telematiche, con pieno valore legale, potevano essere effettuate all’indirizzo di cui all’art. 7, d.p.r. n. 123/2001, con conseguente, quindi, abrogazione tacita dell’art. 82, r.d. 22 gennaio 1934, n. 37. Infine la riforma dell’art. 137 comma 3, fatta con la legge n. 69/2009 e quella introdotta con il d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, hanno stabilito nuove norme in tema di notificazione telematica. Tra queste ultime va segnalata quella introdotta con l’art. 4, comma 1, d.l. n. 193/ 2009 che ha fissato in 60 giorni l’emanazione delle regole tecniche, da adottarsi con decreto ministeriale per assicurare che le comunicazioni e notifiche per via telematica siano effettuate, nei casi consentiti, mediante posta elettronica certificata, ai sensi del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e alle successive modifiche sulla PEC introdotte con d.p.r. n.68/2005 e la relativa normativa d’attuazione introdotta con il d.p.c.m. 6 maggio 2009 nonché con le norme del d.m.g. 21 febbraio 2011, n. 44 e le “regole tecniche” pubblicate il 29 luglio 2011. Giurisprudenza
L’utilizzo del fax pone seri dubbi circa la certezza della provenienza e l’effettività della ricezione in tal senso si veda: Cassazione Civile Sez I,sentenza 25 marzo 2003 n. 4319, in Foro It., 2003, I, 2358. In tale sentenza la notifica a mezzo fax, sebbene autorizzata dall’Autorità Giudiziaria, non può prescindere dai requisiti essenziali della notificazione, quali la certificazione per iscritto delle attività dell’Ufficiale Giudiziario, la consegna di copia conforme dell’atto, l’osservanza di formalità idonee a garantire la conoscenza legale del medesimo e un grado di certezza non inferiore a quello offerto dai procedimenti ordinari, con la conseguente inesistenza della notifica effettuata via fax in assenza di tali requsiti formali. In senso contrario si veda la decisione del Consiglio di Stato, V Sez., 24 aprile 2002 n. 2207 secondo la quale la trasmissione a mezzo fax è idonea a far decorrere termini perentori, ed è anche una presunzione idonea a certificare che il fax è pervenuto al destinatario e ciò quando il rapporto di trasmissione del fax indica che la trasmissione è avvenuta regolarmente. In tal caso chi ha inoltrato il fax non è gravato da ulteriore prova che spetta invece a chi eccepisce a contrario di fornirne la prova. Per il Tar Lazio sentenza 31 marzo 2010, n. 05284, l’invio anticipatorio degli atti a mezzo fax non può essere inteso come alternativo all’ulteriore obbligo di dare comunicazione via fax dell’avvenuto invio dei plichi tramite servizio postale
4.2. Le comunicazioni e le notifiche nel corso del processo civile
Nel processo civile comunicazione e notificazione appartengono a due distinte categorie di trasmissione di documenti, che, anche quando sono effettuate attra3 Vedi G. EFFION, L. NTUK, Validità delle notificazioni a mezzo fax nei procedimenti societari, in Società, 2007, 105 ss.
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verso il servizio postale, legittimano una regolamentazione diversa. Infatti le comunicazioni non hanno per regola l’effetto, che hanno normalmente le notificazioni, di segnare cioè il momento per la decorrenza dei termini. La comunicazione, infatti, ai sensi dell’art. 136 c.p.c., è un atto con il quale il cancelliere informa le parti o gli altri soggetti del processo che si sono verificati «determinati fatti» processualmente rilevanti. Quindi, la stessa, ha scopo informativo e non rileva ai fini della decorrenza dei termini utili per l’impugnazione, fatta eccezione per alcuni casi previsti dalla legge ad esempio la comunicazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine per proporre il regolamento di competenza e la comunicazione della sentenza per l’esecuzione nel procedimento elettorale che dichiara l’incompatibilità dell’eletto. La notificazione, invece, è un atto con il quale l’ufficiale giudiziario, su richiesta di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere, porta a conoscenza del destinatario un altro atto di cui è consegnata una copia che è conforme all’originale. Lo scopo è, quindi, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Le diverse finalità perseguite giustificano l’esistenza di procedure specifiche per le comunicazioni e le notificazioni (v. artt. 136-151 c.p.c.). La comunicazione è eseguita nei casi in cui tale adempimento è previsto dalla legge ovvero è disposto dal giudice; la notificazione va eseguita, invece, nei casi previsti dalla legge per la produzione di determinati effetti processuali. Può essere oggetto di notificazione un atto del giudice, o un atto del cancelliere (biglietto di cancelleria per le comunicazioni), o un atto di parte (per es. la citazione in giudizio), oppure un atto del pubblico ministero. Mentre la comunicazione è atto esclusivo del cancelliere, la notificazione degli atti è affidata all’ufficiale giudiziario, secondo precise regole di competenza territoriale (v. legge n. 4 1229/1959 e legge n. 53/1994) . La comunicazione avviene sempre a mezzo “biglietto di cancelleria”che si compone di due parti, delle quali una è consegnata al destinatario e l’altra è conservata dal cancelliere nel fascicolo di ufficio. La consegna può avvenire in una delle due forme previste dalla legge e vale a dire direttamente a mani del destinatario o per mezzo dell’ufficiale giudiziario (in quest’ultimo caso, sia me5 diante consegna diretta che mediante il servizio postale) . La notificazione si 4 Con legge n. 53/1994 la potestà di notificazione, prima riservata in via esclusiva all’ufficiale giudiziario, è stata attribuita anche agli avvocati, per tutti gli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale. A tal fine è necessario che il difensore, iscritto all’albo degli avvocati e munito di procura alle liti, abbia ottenuto l’autorizzazione del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto e sia munito di apposito registro cronologico. Il difensore può utilizzare la notificazione mediante consegna diretta dell’atto, previa vidimazione del consiglio dell’ordine, purché il destinatario sia altro avvocato domiciliatario e sia iscritto nello stesso albo del difensore notificante. Può altresì utilizzare la forma della notificazione a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge n. 890/1982, salvo che l’autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. 5 In merito a quest’ultima tipologia si tenga presente che con la legge n. 80/2005 (di conversione del d.l. 14 marzo 2005, n. 35) sono state modificate alcune disposizioni del codice di procedura civile (artt. 133, 134 e 176 c.p.c.), nel senso che la comunicazione ad opera del cancelliere del-
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compie , invece, come innanzi detto, con la consegna dell’atto ad istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere e quando la parte sta in giudizio a mezzo di difensore, la richiesta deve provenire da quest’ultimo. Forme 7 particolari di notificazioni possono essere stabilite dal giudice caso per caso (per esempio a mezzo del telegrafo); può altresì essere autorizzata la notificazione per pubblici proclami o in altre forme. Tutti i tipi di notifiche hanno, però, come ul’avvenuto deposito delle ordinanze pronunciate dal giudice fuori udienza e di tutti i provvedimenti del giudice istruttore, può essere effettuata alle parti anche tramite telefax o posta elettronica, nel rispetto della normativa relativa alla sottoscrizione, trasmissione e ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi (v. d.p.r. n. 445/2000 e successive modifiche). A tal fine il difensore deve indicare nel primo scritto difensivo il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso. L’uso di strumenti informatici e telematici per le comunicazioni (e notificazioni) di atti del processo civile è previsto in via generale dal d.p.r. n. 123/2001. Ci si permette al riguardo di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Le regole del processo civile telematico anche alla luce delle più recenti discipline del SICI, in Dir. Internet, 2008, n. 1, 14 ss.; ID., La comunicazione e le notifiche di cancelleria in via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, in Ciberspazio dir., 2009, n. 1, 59 ss. 6 Nelle notificazioni mediante consegna diretta, l’ufficiale giudiziario deve documentare l’attività svolta con una relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto, nella quale indica il modo e il luogo della consegna (persona e qualità), il tempo, il rifiuto di ricevere la copia o di sottoscrivere l’originale, le ricerche compiute, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario. Nelle notificazioni a mezzo del servizio postale, la prova documentale della notificazione è costituita, oltre che dalla relazione dell’ufficiale giudiziario, anche dalla ricevuta di ritorno con le annotazioni dell’agente postale che ha provveduto alla consegna. La relazione formata dall’ufficiale giudiziario è atto pubblico e fa fede fino a querela di falso delle indagini svolte, dei fatti avvenuti in sua presenza e delle dichiarazioni a lui rese; fa fede fino a prova contraria delle altre circostanze che non sono frutto di sua diretta percezione (per esempio, la qualità di familiare o di addetto alla casa della persona che ha ricevuto l’atto). Per le notificazioni per via telematica, l’ufficiale giudiziario restituisce per via telematica l’atto notificato, munito della relazione attestata dalla sua firma digitale. Nelle comunicazioni, la prova è data dalla ricevuta del destinatario o dalla relazione dell’ufficiale giudiziario, alla quale deve aggiungersi la ricevuta del plico raccomandato nel caso di consegna per posta. Per le comunicazioni per via telematica o mediante posta elettronica, la prova è data dalla ricevuta di consegna con sottoscrizione informatica mediante firma digitale. 7
Con il d.p.r. n. 123/2001 è stato previsto il compimento per via telematica degli adempimenti relativi alla notificazione (richiesta di notificazione compimento della notificazione, restituzione dall’ufficiale giudiziario alla parte dell’atto notificato, con relazione di notifica attestata dalla firma digitale); è fatta salva, tuttavia, la possibilità per l’ufficiale giudiziario di procedere alla notificazione nelle forme ordinarie e ciò in considerazione delle eventuali difficoltà di utilizzare la via telematica. L’uso di mezzi di telecomunicazione per la trasmissione di atti del processo è consentito tra gli avvocati della stessa parte, purché muniti di procura alle liti, e sempre che ricorrano le altre condizioni previste dalla legge n. 183/1993. Nei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, tutte le notificazioni e le comunicazioni possono essere fatte, oltre che secondo le forme ordinarie di cui agli artt.136 e ss. c.p.c., anche: a) con trasmissione dell’atto a mezzo fax; b) con trasmissione dell’atto a mezzo posta elettronica; c) con scambio diretto tra i difensori; d) attestato da sottoscrizione per ricevuta sull’originale apposta anche da parte di collaboratore o addetto allo studio. Le trasmissioni di atti a mezzo fax o per posta elettronica devono essere effettuate nel rispetto della normativa relativa alla sottoscrizione e trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi (v. d.lgs. n. 5/2004).
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nico comune denominatore, il fine che è quello di portare nell’effettiva conoscenza dell’intimato l’atto notificato. Ciò è maggiormente evidente per quanto attiene la notificazione a mezzo del servizio postale. L’ufficiale giudiziario, in quest’ultimo caso, ne dà atto nella relazione, indicando l’ufficio postale tramite il quale ha provveduto alla spedizione. L’agente postale deve consegnare il plico in mani proprie del destinatario e la notificazione si ha per eseguita anche nel caso di rifiuto del destinatario a riceverlo. In caso di assenza o inidoneità o rifiuto di dette persone, il plico è depositato presso l’ufficio postale e l’agente postale affigge un avviso sulla porta di ingresso o lo depone nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione. Al destinatario è dato avviso mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Dopo la costituzione in giudizio solo il procuratore costituito è destinatario di 8 tutte le notificazioni e delle comunicazioni degli atti endoprocessuali mentre è inesistente la notifica quando è mancata del tutto la consegna dell’atto o quando sia stata effettuata in un luogo o a persona non ricollegabili alla persona del destinatario. La notificazione è, altresì, nulla se non sono state osservate le disposizioni di legge sulla persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona cui è stata fatta o sulla data, o se sono state violate le norme sulla competenza dell’ufficiale giudiziario. La distinzione è importante perché solo la notificazione nulla, e non già quella giuridicamente o materialmente inesistente, è suscettibile di sanatoria. La nullità della notificazione è infatti sanata, con effetto ex tunc, in caso di rinnovazione o per l’avvenuto conseguimento dello scopo. Per esempio, se il convenuto si costituisce in giudizio, svolgendo le proprie difese, resta sanata la nullità della notificazione della citazione. Anche la comunicazione può essere inesistente o nulla. È stata infatti ritenuta dalla giurisprudenza come non avvenuta la comunicazione degli atti processuali ad una delle parti mediante consegna del biglietto di cancelleria a persona non munita di apposita delega a riceverla. Se il cancelliere si avvale dell’ufficiale giudiziario per la consegna del biglietto di cancelleria, l’eventuale nullità della notificazione rende nulla la comunicazione. Le comunicazioni possono, poi, essere validamente eseguite in forme equipollenti, sempre che provengano dal cancelliere e risulti la certezza dell’avvenuta consegna al destinatario e della relativa data. Si tenga presente che le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione con sentenza 13 gennaio 2005, n. 458 hanno dichiarato la nullità della notifica ex art. 140 c.p.c. in caso di mancato deposito dell’avviso di ricevimento. Quando cioè non è stata consegnata direttamente alla persona interessata – poiché il consolidamento per il
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La notificazione all’estero viene effettuata in base alle convenzioni internazionali e, solo in mancanza o nel caso in cui sia impossibile applicarle, mediante gli adempimenti previsti dall’art. 142 c.p.c. (spedizione al destinatario per mezzo del servizio postale e consegna di altra copia al pubblico ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna al destinatario). Per le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari ed extragiudiziali negli Stati della U.E. (ad eccezione della Danimarca), in materia civile e commerciale, trova applicazione il regolamento (CE) del Consiglio n. 1348/2000.
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notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario – la notificazione nei confronti del destinatario dell’atto si ha per eseguita con il compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti (vale a dire con la spedizione della raccomandata con l’avviso di ricevimento). Quest’ultimo adempimento ha proprio lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario e deve pertanto essere allegato all’atto notificato tanto che la sua mancanza provoca la nullità della notificazione. Si tenga presente che il principio enunciato da detta sentenza già aveva trovato ingresso nel nostro ordinamento in forza della sentenza 26 novembre 2002, n. 477, con la quale, in sede di dichiarazione di incostituzionalità del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, comma 3, legge n. 890/1982, in materia di notificazione di atti giudiziari tramite il servizio postale, la Corte Costituzionale, rifacendosi alla sua consolidata giurisprudenza in tema di notificazioni all’estero, aveva ribadito che, il principio della sufficienza del compimento delle sole formalità rientranti nella disponibilità del notificante, considerata la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e, dunque, anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che possa derivare in capo al medesimo un effetto di decadenza, quando sono altri i soggetti (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale) cui è riferibile quell’attività. Ed ancora nel percorso evolutivo la Corte Costituzionale ha ribadito, in primo luogo, il principio di fondo della sufficienza per il notificante delle sole formalità che non sfuggono alla sua disponibilità e, in secondo luogo, ha ribadito la configurabilità di una netta scissione tra i due momenti perfezionativi del procedimento notificatorio, e cioè per il notificante e per il notificatario. Nello stesso senso, in ordine all’importante questione dell’applicabilità anche alle notifiche effettuate direttamente dagli avvocati, ex art. 3, legge n. 53/1994, del principio secondo cui la notifica, per il notificante, si perfeziona al momento della consegna all’agente postale del plico contenente l’atto giudiziario si è espresso il Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 13 aprile 2010, n. 2055. Questo principio tuttavia era già stato codificato nel nuovo comma 3 dell’art. 149 c.p.c. dove espressamente si prevede che: «La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, al momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto», ma vanno ricordati, in merito, i plurimi interventi della Corte Costituzionale negli anni precedenti la codificazione del principio. Deve, infine, essere segnalata sul punto la sentenza della Corte Cost. 14 gennaio 2010, n. 3 che ha dichiarato illegittimo l’art. 140 c.p.c. nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi 9 dieci giorni dalla relativa spedizione . Con la legge n. 80/2005, come abbiamo 9 Vedi al riguardo R. GIORDANO, Uso della telematica nel processo civile: primi traguardi e prospettive future, in Giur. merito, 2006, suppl. n. 11, 7 ss.
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detto, sono state modificate alcune disposizioni del codice di procedura civile (artt. 133, 134 e 176 c.p.c.), nel senso che la comunicazione ad opera del cancelliere dell’avvenuto deposito del dispositivo della sentenza, nonché delle ordinanze pronunciate dal giudice fuori udienza e di tutti i provvedimenti del giudice istruttore, può essere effettuata alle parti anche tramite telefax o posta elettronica, nel rispetto della normativa relativa alla sottoscrizione, trasmissione e ricezione 10 dei documenti informatici e teletrasmessi ed a questo fine il difensore deve indicare nel primo scritto difensivo il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso, ma di questo meglio diremo nei paragrafi seguenti.
4.3. Il regime obbligatorio delle notifiche telematiche nel processo previsto dalle recenti riforme legislative
Con le norme di modifica al codice di procedura civile, introdotta con l’art. 51 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, nel quadro più generale di riforma del rito civile, il nostro legislatore non solo ha introdotto importanti novità in tema di comunicazioni e notificazioni telematiche, ma si è anche preoccupato – per rendere obbligatorio l’utilizzo della telematica – di prevedere che a decorrere dalla data fissata con decreto del Ministero della giustizia, tutte le notificazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento alla parte costituita ed al consulente, che non abbiano comunicato l’indirizzo elettronico, saranno fatte direttamente presso la cancelleria del Tribunale. Le notificazioni e le comunicazioni di cui al comma 1 dell’art. 170 e dell’art. 192, dovranno essere, quindi, effettuate per via telematica all’indirizzo elettronico comunicato dagli avvocati. In forza di detta previsione, quindi, ai sensi dell’art. 170 c.p.c., dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni relative allo svolgimento del processo (quali: comunicazione delle ordinanze rese fuori udienza dal giudice; provvedimenti del giudice istruttore; provvedimenti del collegio e comunicazione della sentenza), dovranno essere fatte, dalle cancellerie, ai 11 procuratori costituiti solo ed esclusivamente per via telematica. Identica procedura seguiranno le cancellerie per la notifica dell’ordinanza al consulente tecnico
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Ci si permette di rinviare al riguardo a A. CONTALDO, M. GORGA, L’arringa elettronica. Il foro virtuale come strumento di trasparenza e doverosa pubblicità nell’attività amministrativa di supporto all’esecizio del potere giurisdizionale, in Dir. econ. mezzi com., 2010, cit., 14 ss. 11 Vedi P. CALAMANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile, Padova, 1961, 192 ss: «Per poter esercitare il “ministero” del difensore rappresentante bisogna che questi, a differenza del difensore assistente, sia munito di “procura” scritta (art. 83 c.p.c.): per questo la legge distingue il “difensore con procura” (art. 86) che rappresenta la parte, dal difensore “senza procura” che per incarico che può essere puramente verbale, si limita ad assisterla».
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ex art. 192 c.p.c., per quanto attiene all’invito a comparire all’udienza fissata per il conferimento dell’incarico e l’assegnazione dei quesiti. Dette comunicazioni saranno effettuate, quindi, dalle cancellerie, nel primo caso, per gli avvocati costituiti nel giudizio, all’indirizzo elettronico comunicato da questi, al Consiglio dell’ordine di appartenenza, e da quest’ultimo reso disponibile mediante comunicazione al Ministero della giustizia. Questi indirizzi elettronici degli avvocati, così come quelli degli uffici giudiziari e degli uffici notifiche (UNEP), saranno resi consultabili, anche in via telematica, secondo le modalità operative stabilite ai 12 sensi dell’art. 3, comma 3, d.p.r. n. 123/2001. La cogenza della norma in esame è stata, poi, rafforzata dalla previsione di far decorrere dalla data fissata in decreto (o nei decreti) del Ministero della giustizia la possibilità di effettuare tutte le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alla parte costituita ed 13 al consulente, che non ha comunicato l’indirizzo elettronico , direttamente pres14 so la cancelleria del Tribunale. Per i soggetti diversi dagli avvocati, e cioè per i CTU e per gli altri esperti ed ausiliari del giudice, l’indirizzo elettronico sarà quello comunicato da questi ultimi ai propri ordini professionali o all’albo dei consulenti tenuto dai singoli Tribunali. Per tutti gli altri soggetti, invece, quali ad esempio la parte stessa, gli informatori, i testi ecc., l’indirizzo elettronico, al quale le cancellerie dovranno inviare le comunicazioni e fare le notificazioni, sarà quello dichiarato al certificatore della firma digitale al momento della richiesta di attivazione della procedura informatica di certificazione della firma digitale, ove reso disponibile nel certificato, da parte di detti soggetti. L’attuazione della norma in esame tuttavia, come innanzi anticipato, richiede oltre ad una necessaria preliminare fase d’intesa fra il Ministero della Giustizia e l’Avvocatura Generale dello Stato, Consiglio Nazionale Forense e Consigli dell’Ordine degli Avvocati interes12
L’art. 51 prevede, inoltre al comma 4 che a decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e le comunicazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 17, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, si effettuano ai sensi dell’art. 170 c.p.c. Al comma 5, poi, in materia di modifica alla legge sulla professione degli avvocati prevede che all’art. 16 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il primo comma è aggiunto il seguente: «Nell’albo è indicato l’indirizzo elettronico attribuito a ciascun professionista dal punto di accesso ai sensi dell’art. 7 d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123»; b) il quarto comma è sostituito dal seguente: «A decorrere dalla data fissata dal Ministero della giustizia con decreto emesso sentiti i Consigli dell’Ordine, gli albi riveduti debbono essere comunicati per via telematica, a cura del Consiglio, al Ministero della giustizia nelle forme previste dalle regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile». 13 L’indirizzo di posta elettronico avrà valenza quindi di domicilio legale. Per la distinzione si veda: V. TEDESCHI, Domicilio, residenza e dimora, in Nuovissimo Digesto Italiano, Torino, 1957, III, 1082 ss. 14 V. ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III ed., Napoli, 1964, 22 ss., per il quale il difetto della dichiarazione o dell’elezione (qui da intendere come difetto di inserimento nell’atto dell’indirizzo elettronico) ha per conseguenza non già che le notificazioni e le comunicazioni possano eseguirsi (come ritiene S. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1964, III, 128 ss.) presso la cancelleria del giudice adito, ma che non debbano eseguirsi affatto.
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sati, anche una necessaria verifica territoriale delle infrastrutture telematiche . Quindi nel corso del processo le comunicazioni saranno effettuate dalle cancellerie agli avvocati costituiti in giudizio, all’indirizzo elettronico da essi comunicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza. Sicché ogni eventuale eccezione di non conoscenza dell’atto sarà improponibile in quanto già adesso la giurisprudenza più volte si è espressa negativamente in materia. Fra le ultime decisioni va ricor16 data quella della Corte di Cassazione civile, sez. I, la n. 4061/2008 , con la quale è stata affermata la validità della comunicazione della cancelleria via e-mail all’indirizzo elettronico dell’avvocato dichiarato al proprio consiglio dell’ordine al quale il destinatario aveva dato risposta non in automatico, ma con ricevuta documentata dalla relativa stampa cartacea. Deve poi essere segnalata anche l’ordinanza del 1° febbraio 2008 del Tribunale di Milano con la quale si è affermato che è valida la procura alle liti spedita all’interno della busta telematica sottoscritta con firma digitale dall’avvocato che ha presentato e depositato telematicamente il ricorso. È stata poi anche prevista una preliminare necessaria fase di verifica della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici, nei singoli uffici giudiziari, nonché l’individuazione dei circondari dei Tribunali nei quali dovrà essere data applicazione alle disposizioni sulle comunicazione e sulle notificazioni telematiche. Rispetto a tali verifiche territoriali non è da escludere che si potrebbe avere una diffusione a macchia di leopardo nell’avvio delle comunicazioni e delle notifiche telematiche nei processi. Anche in questo settore si corre il rischio di una discriminazione informatica ossia del digital divide per singoli Tribunali di diverse zone del paese a seconda del livello infrastrutturale delle singole realtà locali. La notifica on-line è, quindi, alla porta per tutti gli avvocati poiché l’alternativa prevista, per tutti coloro che non si adegueranno all’utilizzo nell’attività forense degli strumenti informatici e telematici, è, per legge, il recapito della posta elettronica presso le cancellerie degli uffici giudiziari dove gli avvocati nell’orario d’ufficio in fila – e con seri dubbi sulla garanzia di riservatezza – potranno chiedere delle notifiche elettroniche loro recapitate. Sulla base dei de17 creti ministeriali autorizzativi , quindi, cancellerie e studi professionali dovranno 15
Nella trasmissione di documenti informatici nell’ambito del processo civile trovano applicazione tutte le prescrizioni contenute nel d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, nel d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, e successive modificazioni. I documenti informatici prodotti nel processo civile sono sottoscritti con firma digitale, nei casi previsti dall’art. 4, comma 3, d.p.r. 3 febbraio 2001, n. 123. Vedi al riguardo le analisi di G. CORASANITI, Esperienza giuridica e sicurezza informatica, cit., 221 ss. 16 Sul punto vedi ancora A. CONTALDO, M. GORGA, Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica alla luce della più recenti novità normative, in Ciberspazio dir., cit., 62 ss. 17 Con d.m. 26 maggio 2009, n. 57, pubblicato in G.U. 30 maggio 2009, n. 124 con decorrenza dal 1 giugno 2009, si applicano, nel circondario del tribunale di Milano, le disposizioni di cui all’art. 51, commi 1, 3 e 4, d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133 secondo il quale le notificazioni e le comunicazioni in corso di causa (ex artt. 170 e 192 c.p.c.) sono effettuate unicamente per via telematica all’indirizzo elettronico, ossia alla CPECPT del punto di accesso.
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dialogare, in via prioritaria, attraverso il solo personal computer. Dopo la prima esperienza “passiva” del Polisweb, che ha permesso agli avvocati di consultare i propri fascicoli direttamente dallo studio legale tramite il pc e la rete internet, nell’immediato futuro, in tutto il territorio nazionale, avvocati ed uffici giudiziari diventeranno protagonisti “attivi” e dovranno scambiarsi “normalmente” documenti per via telematica. Giurisprudenza
La Corte Costituzionale, con la sentenza 23 gennaio 2004, n. 28, ha affermato che, il momento in cui la notifica a mano si deve considerare perfezionata per il notificante, è quello della mera consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, mentre resta fermo per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto attestata dall’avviso di ricevimento con la conseguente decorrenza da quella stessa data, di qualsiasi termine imposto al destinatario. In senso conforme si veda anche Cassazione Civile 19 gennaio 2004 n. 709 (per il notificante si guarda la data di spedizione del piego) in senso contrario si veda Tar Piemonte 19 aprile 2009 n. 1018 (secondo il quale in assenza di specifica pronuncia di incostituzionalità, il principo di scissione va limitato alle sole notifiche a mezzo posta). In senso conforme alla Sentenze 28/2004 si veda anche: Corte Costituzionale Sentenza n. 151/1980; Sentenza n. 152/1980; Sentenza n. 303/1985; Sentenza n. 102/1986; Sentenza n. 477/2002
4.4. Segue: il nuovo regime delle comunicazioni e delle notifiche telematiche nel processo civile 18
Con la legge 6 agosto 2008 n. 133 , il nostro legislatore aveva introdotto im19 portanti novità in tema di comunicazioni e notificazioni per via telematica . Queste novità sono state recentemente rivisitate dalla legge di riforma al codice di procedura civile che ha modificato la seconda parte dell’art. 137 stabilendo che, se l’atto da notificare o da comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l’ufficiale 18 19
Per un commento vedi A. VILLECCO, op. supra cit., 84 ss.
Sul punto per una comparazione con il diritto processuale comunitario vedi P. BIAVATI, Diritto processuale dell’Unione Europea, Milano, 2005, 155 ss. Una caratteristica di notevole importanza è che nel processo dell’Unione tutte le notificazioni sono effettuate d’ufficio, a cura del cancelliere (art. 20, comma 3, statuto; art. 79, par. 1, comma 1, reg. proc. Corte; art. 100, par. 1, comma 1, reg. Proc. Trib.). Le forme della notificazione sono molteplici. Prima di tutto, è prevista la notificazione a mano o per mezzo del servizio postale. Il cancelliere può infatti curare che sia consegnata una copia dell’atto, verso ricevuta, oppure che la copia sia spedita in plico raccomandato con ricevuta di ritorno. Le più recenti novellazioni hanno poi introdotto, come strumento corrente di notificazione, il fax (telescopia) e ogni altro mezzo tecnico di comunicazione (posta elettronica art. 79, par. 2° reg. proc. Corte). L’ammissibilità di questa forma di notificazione è subordinata al consenso del destinatario, che può essere unicamente un avvocato. In tal senso si veda anche art. 2 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 (Il nuovo rito societario).
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giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Inoltre che: «se richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell’atto notificato, su supporto informatico non riscrivibile». Se la notificazione non può essere eseguita a mani proprie del destinatario, tranne che nel caso previsto dal comma 2 dell’art. 143 c.p.c., l’ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale ed alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non possono essere apposti segni od indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. È disposto poi, che la predetta disposizione si applica anche alle comunicazioni effettuate con biglietto di cancelleria ai sensi degli artt. 133 e 136 c.p.c. Orbene le norme qui in parola sono state ampiamente modificate dal d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, 20 convertito in legge 22 febbraio 2010, n. 24 , il cui art. 4 questo prevede all’art. 3 che: a) a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dei decreti con il quale il Ministro autorizza i singoli distretti di Corte di appello per le notifiche telematiche, negli uffici giudiziari autorizzati, le notificazioni e le comunicazioni di cui al comma 1 dell’art. 170 e dell’art. 192 ed ogni altra comunicazione al consulente devono essere effettuate per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’art. 16, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Inoltre dispone la novella che allo stesso modo si proceda per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p. È stato poi previsto che la notificazione o la comunicazione che contiene dati sensibili deve essere effettuata solo per estratto e contestualmente deve essere messo a disposizione, sul sito internet individuato dall’amministrazione, l’atto integrale al quale il destinatario può accedere mediante gli strumenti di cui all’art. 64, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, ancora che con uno o più decreti aventi natura non regolamentare e previa audizione dell’Avvocatura generale dello Stato, del Consiglio Nazionale Forense e dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati interessati, il Ministero della giustizia accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, ed individua gli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni che autorizzano alle notifiche telematiche. Dopo che saranno emanati, ed entrati in vigore, i decreti autorizzativi per ogni singolo distretto le notificazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento alle parti costituite od agli altri soggetti che non avranno provveduto ad istituire ed a comunicare ai relativi ordini l’indirizzo elettronico, le comunicazioni 20
Sul punto vedi ancora A. VILLECCO, Il processo civile telematico, cit., 141 ss.
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e le notifiche, saranno fatte presso la cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario procedente dove i procuratori e gli altri soggetti dovranno recarsi per ritirale. La novella in esame, poi, ha modificato anche il comma 2, art. 16, r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, in quanto è stato previsto che nell’albo tenuto dai Consigli degli ordini fo21 rensi è indicato, oltre al codice fiscale , che è una novità assoluta per la tenuta 21
Vedi Trib. Varese, sezione I civ., ordinanza del 16 aprile 2010 proc. civ. n. 83/2010. L’omessa indicazione del codice fiscale non comporta nullità. In tal senso negli atti del difensore e nella procura manca il codice fiscale. Il ricorso è stato depositato sotto la vigenza del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (in G.U. 30 dicembre 2009 ed entrato in vigore il 31 dicembre 2009, ex art. 5) convertito dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, che ha modificato l’impianto del codice di rito, per quanto qui interessa, negli artt. 125, 163, 167 c.p.c., introducendo nelle disposizioni processuali richiamate l’obbligo di inserimento del codice fiscale: per l’attore (art. 163, comma III, n. 2 c.p.c.), per il convenuto (art. 167, comma I, c.p.c.) e per il difensore (art. 125, comma I, c.p.c.).Va precisato che l’art. 163, comma 3, n. 2 richiede anche l’indicazione del codice fiscale delle persone che “rappresentano o assistono” le parti: ma tale aggiunta non va intesa come riferimento agli avvocati (per cui, infatti, è stato appositamente modificato l’art. 125 c.p.c.) bensì come richiamo agli istituti della rappresentanza e dell’assistenza di cui all’art. 182 c.p.c. e, dunque, ai soggetti che, in virtù di specifiche disposizioni normative, agiscono come sostituti processuali o rappresentanti legali (art. 273, comma 1, c.c.). L’omessa indicazione del codice fiscale non può tradursi in una ipotesi di nullità. In primo luogo, non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge (art. 156, comma 1, c.p.c.); in secondo luogo, il raggiungimento dello scopo, comunque, preclude l’insorgere della patologia invalidante (art. 156, comma 3, c.p.c.). È vero che l’art. 164, comma I, c.p.c. afferma essere la citazione nulla se omesso o assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’art. 163 c.p.c. (e proprio nel n. 2 si innesta la modifica legislativa con introduzione dell’obbligo di indicazione del codice fiscale); ma tale inciso va ricondotto all’identificazione “della persona della parte”, secondo una interpretazione che sia coerente con il sistema ed impedisca mere nullità formali non giustificate dalla violazione del diritto di difesa altrui. Allora, sulla scorta di una giurisprudenza ben consolidata, la nullità della citazione, ai sensi dell’art. 163 n. 2, può essere pronunciata soltanto se e quando l’omissione determini un’incertezza assoluta in ordine all’individuazione della parte, altrimenti l’omissione costituisce una violazione meramente formale che si traduce in un’irregolarità non invalidante l’atto giudiziale. Vi è, poi, che la grave sanzione della nullità, per l’omessa indicazione del codice fiscale, costituirebbe anche un’aporia nella teoria generale delle nullità processuali. Il codice fiscale, infatti, ha la precipua funzione di identificare in modo univoco a fini fiscali le persone residenti sul territorio italiano (iscrivendo, dunque, il contribuente nel registro dell’anagrafe tributaria, vedi d.p.r. 29 settembre 1973, n. 605 e d.p.r. 2 novembre 1976, n. 784). Esso, pertanto, non afferisce ai rapporti tra le parti o tra il giudice e le parti, ma alla relazione tra queste ultime e l’amministrazione finanziaria, cosicché la violazione di una norma che disciplina un rapporto estraneo al processo non può riverberare i suoi effetti sul procedimento. In effetti, volendo fornire un’interpretazione coerente e sistematica, deve ritenersi che l’art. 4, d.l. n. 193/2009 (come convertito dalla legge n. 24/2010), introducendo l’obbligo di indicazione del codice fiscale in seno agli atti di cui agli artt. 125, 163, 167 abbia di fatto provocato un’estensione dell’ambito applicativo dell’art. 6, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 605 (che indica gli “atti nei quali deve essere indicato il numero di codice fiscale”). Ed, allora, l’omessa indicazione del codice fiscale non è sanzionata con la nullità processuale, ma con le sanzioni speciali previste dalla legislazione vigente (es. art. 13 d.p.r. n. 605/1973 come prima modificato dall’art. 1, d.p.r. 23 dicembre 1977, n. 955, poi dall’art. 20, legge 30 dicembre 1991, n. 413 ed infine come abrogato dall’art. 20, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473). Non può, pe-
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dell’albo, anche l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato ai sensi dell’art. 16 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che è un’ulteriore novità, ma relativa in quanto già gli ordini forensi, indipendentemente dalla previsione normativa, da tempo forniscono nell’albo anche gli indirizzi e-mail degli avvocati che lo comunicano. Gli indirizzi di posta elettronica certificata ed i codici fiscali sono, poi, aggiornati «con cadenza giornaliera, sono resi disponibili per via telematica al Consiglio nazionale forense ed al Ministero della giustizia nelle forme previste dalle regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione». Sempre la novella in esame al comma 4 modifica l’art. 40 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendo un ulteriore comma – 1-bis – il quale, agendo sul costo delle copie, ha lo scopo precipuo di disincentivare il rilascio di copie in formato cartaceo con l’espressa previsione che: «l’importo del diritto di copia rilasciata su supporto cartaceo è fissato in misura superiore di almeno il cinquanta per cento di quello previsto per il rilascio di copia in formato elettronico». Tuttavia, subito dopo, al successivo comma 5, si prevede che fino all’emanazione del regolamento di cui all’art. 40 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, i diritti di copia, di cui all’allegato 6 dello stesso, sono aumentati del cinquanta per cento ed i diritti di copia rilasciata in formato elettronico degli atti esistenti nell’archivio informatico dell’ufficio giudiziario, sono determinati in ragione del numero delle pagine memorizzate, nella misura precedentemente fissata per le copie cartacee. Qui il legislatore in verità effettua una manovra tanto vessatoria quanto ingiustificata in quanto da un lato dà l’apparente sensazione di voler incentivare il ricorso alle copie in formato elettronico poste ad un costo inferiore del 50% rispetto a quelle cartacee, dall’altro poi subito si appresta ad aumentare il diritto di copia nella stessa misura del 50% per le copie informatiche annullando il dichiarato vantaggio ed incentivo sia pure fino all’emanazione del regolamento ex art. 40, d.p.r. n. 115/2002. È previsto poi che il maggior gettito derivante dall’aumento dei diritti di cui ai commi 4 e 5 dovrà essere riassegnato, per la quota parte eccedente rispetto a quanto previsto dall’art. 2, comma 2, lettera b), ad appositi capitoli del Ministero della giustizia per il funzionamento e lo sviluppo del sistema informatico, con esclusione delle
raltro, essere sottaciuto che, invero, secondo la giurisprudenza tributaria, le irregolarità meramente formali, che non comportano evasione di imposta, quale l’omessa indicazione del codice fiscale, non sono più sanzionabili ex art. 10, comma 3, legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto del contribuente: v., ad es. Commissione Tributaria Centrale, Sez. IX, 13 agosto 2001, n. 5983): sarebbe, allora, eccentrico sanzionare in seno al diritto processuale civile, con la nullità, una condotta che in seno al suo alveo naturale, quello tributario, non trova più – in linea di principio – alcuna sanzione. Per i motivi sin qui esposti, in caso di omessa indicazione del codice fiscale, delle parti, di chi li rappresenta o assiste oppure dei difensori, il giudice non deve pronunciare la nullità dell’atto ma può, tutt’al più, sollecitare una condotta che vada a rimuovere l’irregolarità.
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spese di personale. Quindi il maggior gettito dovrà essere investito solo ed esclusivamente nelle infrastrutture informatiche e telematiche nell’ambito del principio di solidarietà nazionale e ridistribuzione su base nazionale. Il Ministero della giustizia all’uopo potrà avvalersi di Consip S.p.a., anche sulla base di apposita convenzione, anche in qualità di centrale di committenza per l’attuazione delle iniziative in tema di digitalizzazione dell’Amministrazione della giustizia e per le ulteriori attività di natura informatica individuate con decreto del Ministero della giustizia.
4.5. Le notifiche a mezzo posta elettronica ex art. 149-bis c.p.c. 22
Sempre con il d.l. n. 193/2009 , convertito con legge n. 24/2010, al codice di procedura civile sono state apportate ulteriori modifiche nel senso che, in relazione al comma 1 dell’art. 125 c.p.c., è stato previsto l’inserimento negli atti di parte del codice fiscale del difensore, mentre in relazione all’art. 163, comma 3 le parole: «il cognome e la residenza dell’attore» sono state sostituite con «il cognome, la residenza e il codice fiscale dell’attore» e le parole: «il nome, il cognome, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono» sono sostituite con: «il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono». Infine l’art. 167, comma 1 prevede che le generalità ed il codice fiscale debbono essere indicate nella comparsa di risposta. È stato poi inserito l’art. 149-bis relativo alle notifiche a mezzo posta elettronica, che prevede che, se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. La notifica a mezzo posta elettronica certificata è stata introdotta nel nostro ordinamento, quindi, come notifica “ordinaria” in quanto alla stessa deve farsi sempre ricorso salvo che sia espressamente disposto diversamente per un altro tipo di notificazione quale ad esempio: per posta ordinaria, a mani proprie o per pubblici proclami. Inoltre alla notifica mediante PEC deve procedersi anche quando dal documento cartaceo presentato per la notifica si estrae copia informatica per la notifica. Quando l’ufficiale provvede per via telematica alla notifica dell’atto mediante posta elettronica certificata, ne trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi. In questo caso è essenziale rilevare che la norma prevede che in tale modalità la notifica si intende perfezionata nel momento in 22 Vedi A. VILLECCO, Le notificazioni e le comunicazioni telematiche nel processo civile. Posta elettronica e telefax, cit., spec. 91 ss.
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cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. La notifica si perfeziona quindi con la consegna al gestore essendo irrilevante che il destinatario ne abbia o meno conoscenza: è sufficiente l’accesso perché la notifica si intenda legalmente effettuata e conosciuta. Nelle notifiche telematiche, poi, l’ufficiale giudiziario deve redigere la relazione di notifica di cui al comma 1 dell’art. 148 c.p.c., mediante la certificazione dell’eseguita attività datata e sottoscritta apposta in calce all’originale ed alla copia dell’atto notificato, e ciò su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, che saranno individuati con un apposito decreto del Ministero della giustizia. Anche nell’inciso “congiunzione dell’atto a cui si riferisce”, il legislatore riproduce la norma già introdotta con la n. 69/2009 in tema di procura informatica, ma qui con l’intenzione di eliminare in radice ogni possibile interpretazione in ordine alla congiunzione degli atti informatici. È stato previsto che la relazione che contiene le informazioni di cui all’art. 148, comma 2, comporta la sostituzione – ovviamente – del luogo della consegna con l’indirizzo di posta elettronica presso il quale l’atto è stato inviato. Infine si prevede che al documento informatico originale od alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, come per la relata, mediante strumenti informatici, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica. Eseguita la notificazione, l’ufficiale giudiziario restituisce all’istante od al richiedente, anche per via telematica, l’atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati, ossia le ricevute dell’avvenuta consegna presso il gestore della posta elettronica certificata. Qui si pongono non pochi problemi di cui facciamo solo alcuni cenni. Prima di tutto viene in rilievo il comma 4 che rimanda a successivi decreti ministeriali le regole tecniche volte ad assicurare che le comunicazioni e le notificazioni per via telematica siano effettuate, nei casi consentiti, mediante posta elettronica certificata, ai sensi del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, e del d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68. Gli effetti immediati della previsione consistono nel passaggio dalla casella 23 di posta elettronica certificata per il processo telematico (CPECPT) alla posta elettronica certificata (PEC) di cui al d.l. n. 185/2008, convertito in legge n. 2/2009, con il conseguente mutamento del gestore del punto di accesso di cui all’art. 11, d.m. 17 luglio 2008. Si pongono quindi non secondari problemi in ordine alle minori garanzie di certezza sulla certificazione dello status dei titolari della PEC, da qui la logica previsione sull’aggiornamento giornaliero degli indirizzi di PEC degli 24 iscritti per via telematica , da parte dei Consigli degli Ordini forensi Locali, al Consiglio Nazionale Forense ed al Ministero della giustizia. 23 Si rinvia a A. CONTALDO, M. GORGA, E-Law. Le professioni legali la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, cit., spec.122 ss. 24 La norma riproduce la previsione già fatta con il d.l. n. 112/2008 ma introduce, ed è questa la sua differenza, l’inserzione su un apposito sito Internet di atti contenenti dati sensibili.
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4.6. Le pronunce di merito e di legittimità in tema di notifiche telematiche nel processo civile
Con riguardo alla notifica telematica si sono formati diversi orientamenti giurisprudenziali ancorati al concetto di inesistenza, di nullità e di irregolarità dell’attività. Alla conclusione dell’inesistenza della notifica è pervenuto il Tribunale 25 di Monza, che, con ordinanza in data 30 dicembre 2004 , ha sottolineato come il legislatore, facendo riferimento al fax ed alla posta elettronica, in termini di mere modalità operative, non abbia, in realtà, dato alcuna indicazione «circa il soggetto legittimato all’utilizzo di tali mezzi di trasmissione». Per questa decisione, quindi, la “forma legale” della notificazione non può prescindere dal fatto che deve essere comunque eseguita dall’organo deputato a tali atti e cioè dall’ufficiale giudiziario e non sarebbe consentita (al di fuori delle regole tecniche previste) la trasmissione diretta tra difensori. È stato evidenziato, infatti, che lo «scambio diretto tra difensori» costituisce una valida forma di notifica nel rito societario solo se attestato da una fisica «sottoscrizione per ricevuta sull’originale» (art. 17), mentre non pare essere consentito per le forme di trasmissione a mezzo fax o posta elettronica, a meno che non si rispettino le norme «concernenti la sottoscrizione e trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi». In forza di detta decisione sarebbe anche possibile la notifica per posta elettronica, che costituisce l’equivalente dello scambio diretto tra difensori di cui all’art. 17, comma 1, lett. c) del rito societario, solo se entrambi i difensori siano, come è ovvio, certificati, ovvero abilitati a trasmettere documenti con firma digitale e con attestazione informatica di trasmissione e se dotati di casella di posta elettronica certificata. In questi casi, ovviamente, la reciproca attestazione informatica di trasmissione e ricezione degli atti costituirebbe l’equivalente digitale della fisica sottoscrizione per ricevuta sull’originale dell’atto scambiato. In modo diametralmente opposto si è espresso il 26 Tribunale di Bari che ha, invece, ravvisato, nell’art. 17 del d.l. n. 5/2003, l’intenzione del legislatore di legittimare forme di notificazioni e comunicazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle di cui agli artt. 136 e seguenti, eliminando così l’esclusiva competenza dell’ufficiale giudiziario, ciò in quanto lo stesso art. 137, comma 1, c.p.c. stabilisce che le notificazioni sono eseguite dall’ufficiale giudiziario «quando non è disposto altrimenti». Quest’ultima previsione renderebbe quindi compatibile la notifica effettuata anche da altri soggetti. Con predetta ordinanza è stato poi verificato anche se la notifica effettuata a mezzo posta elettronica sia rispondente al tipo normativo. In merito ha ritenuto il Tribunale che la novella legislativa (lex specialis) prevede l’utilizzo di mezzi alternativi di trasmissione de25
In merito si veda G. BONOMO, Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 226 ss. Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, L’arringa elettronica. Il foro virtuale come strumento di trasparenza e doverosa pubblicità amministrativa di supporto all’esercizio del potere giurisdizionale, cit., 16 ss. 26
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gli atti processuali e che la parte, attraverso il proprio difensore che aveva comunicato formalmente le proprie coordinate tecniche, che ne assicuravano la reperibilità attraverso tali mezzi di comunicazione, in costanza della dichiarazione del difensore di volersi avvalere di quei mezzi alternativi, faceva ritenere sanata la notificazione che, pur invalida, in quanto avvenuta con l’inosservanza della normativa concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici o teletrasmessi, aveva comunque raggiunto lo scopo. La notificazione alternativa per posta elettronica, con esclusione del tramite dell’ufficiale giudiziario, ma con il rispetto delle modalità descritte per legge, prevede, quale elemento essenziale, l’assunzione di responsabilità del difensore destinatario dell’atto. Lo stesso Tribunale ha, poi, precisato che, anche se l’e-mail è forma scritta, quale documento informatico, provvista di firma elettronica leggera o “debole”, ciò tuttavia non ne garantisce l’immodificabilità, l’integrità e la sicurezza nella provenienza dal soggetto che ne appare l’autore ed è proprio ciò che la rende radicalmente differente dal sistema della posta elettronica certificata. Il Tribunale di Roma ha esaminato la questione della trasmissione per posta elettronica con riferimento alla memoria di replica, sancendone la nullità della 27 notifica ai sensi dell’art. 160 c.p.c. . Nella stessa direzione è andato anche il Tribunale di Milano, sia con la sentenza 14 dicembre 2005 che con l’ordinanza del 28 1° marzo 2006 , che vanno segnalate in quanto il Tribunale, sempre in materia di processo societario, ha ritenuto che, anche se la notifica è fatta su supporto informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi dell’art. 2, d.p.r. n. 123/2001, attraverso il sistema informatico del S.I.C.I., reso operativo dal d.m. 14 ottobre 2004 con la previsione del Gestore Centrale, presso il ministero, ed i Gestori Locali, presso le sedi degli Uffici Giudiziari e gli uffici UNEP all’indirizzo elettronico dichiarato, ai sensi dell’art. 7, richiede pur sempre la collaborazione dell’Ufficiale giudiziario. Nello stesso solco deve essere segnalata anche la decisione del Tribunale di Torino assunta con ordinanza 18 aprile 2006 che, in relazione all’art. 17, d.lgs. n. 5/2003, ha ritenuto che l’utilizzo di posta elettronica certificata soddisfa i requisiti imposti dall’art. 14, d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 e quindi è validamente effettuata la notifica della comparsa di risposta tra i difensori a mezzo fax o posta elettronica certificata. In senso contrario, ma solo sotto il profilo non già dell’inesistenza della notifica bensì della nullità si è espresso il Tribunale dell’Aquila con l’ordinanza 22 febbraio 2006. Quest’ultimo Tribunale, sempre in relazione agli atti notificati direttamente tra difensore nel rito societario per il quale vi è assenso all’utilizzo del fax, ha ritenuto nulla tale notifica per incertezza assoluta sulla data di trasmissione. Sempre nel senso della nullità della notifica a 27
Nello stesso senso devono essere segnalate anche le sentenze del Tribunale di Biella, sentenza 22 marzo 2006, in Giur. merito, 2007, 1692 ss.; Tribunale di Napoli, ordinanza 8 maggio 2006, in Società, 2008, 361 ss. 28 Tali provvedimenti sono rintracciabili sul sito http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio /318.htm.
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mezzo fax si è pronunciato anche il Tribunale di Bologna con l’ordinanza 15 giu29 gno 2005 . In modo analogo si era poi già espressa la Corte di Cassazione, sez. I 30 civile, con la sentenza 23 marzo 2003, n. 4319 . La Corte di Cassazione ha individuato alcuni casi di inesistenza della notifica laddove l’atto era manchevole di requisiti indispensabili, come la firma dell’ufficiale giudiziario, l’omessa indicazione della data nella relata, o nell’ipotesi di consegna al legale privo della rappresentanza processuale. Per la Corte di Cassazione la nullità dell’atto processuale si determina quando la violazione di norme attinenti ai requisiti formali sia così grave da rendere l’atto non idoneo al raggiungimento del suo scopo processuale cui è destinato, fatto comunque salvo il raggiungimento dello scopo nel caso concreto. E proprio nell’ambito della categoria della nullità, e non dell’inesistenza, la Suprema Corte ha iscritto la notifica di un atto processuale effettuata da soggetto non abilitato, in quanto al di fuori della previsione di cui alla legge. n. 53/1994, che consente all’avvocato munito di regolare procura ed alle specifiche condizioni ivi previste, di procedere a notifica, in via del tutto eccezionale ed in deroga alla notifica a mezzo ufficiale giudiziario. Quindi anche l’attività di notificazione svolta dagli avvocati ai sensi della legge n. 53/1994, in assenza dei requisiti previsti dalla legge, determina nullità della notifica, sanabile con la costituzione. Orbene tutta questa contraddittoria giurisprudenza e l’incertezza dottrinale pare tro31 vare fondamento nella non corretta comprensione della natura dell’e-mail . Si ritiene, pertanto, utile illustrare in questa sede alcune nozioni fondamentali e preliminarmente sulla PEC, che eliminando in radice l’incertezza genetica dell’e-mail ne ha reciso ogni possibile fraintendimento in ordine al suo valore legale. Orbene Internet può qui essere rappresentato come un binario (telefonico) sul quale, così come sul binario dei treni, passano più convogli tra loro diversi benché sempre sugli stessi binari, così anche sul canale telefonico possono passare servizi tra loro diversi. Di questi servizi che passano sulla rete Internet i più noti sono Word Wide Web (www), Chat, Mailing List; e-mail e tanti altri che per comodità espositiva qui non elenchiamo. Ora, venendo al nostro discorso, è da dire che la email è costruita, come protocollo, da un nome utente – che individua il soggetto registrato – da un “at” (o chiocciolina) che sta ad indicare che l’utente è presso un determinato indirizzo IP ossia un dominio comunemente elencato sotto le forme di .it (per la nazionalità o paese di riferimento), .com (per quanto attiene ad una attività commerciale), .org (se una organizzazione, che sta a rappresentare 29
Vedi Trib. Bologna, sez. I civ., ordinanza del 15 giugno 2005, in Giur it., 2006, 1242. Cass. civ., sez. I, 25 marzo 2003 n. 4319, in Foro it., 2003, I, 2358 secondo cui, tale forma di notificazione sebbene autorizzata dall’A.G.O. non può prescindere dai requisiti essenziali della notificazione, quali la certificazione per iscritto delle attività dell’ufficiale giudiziario, la consegna di copia conforme dell’atto, l’osservanza di formalità idonee a garantire la conoscenza legale del medesimo e un grado di certezza non inferiore a quello offerto dai procedimenti ordinari, con la conseguente inesistenza della notifica effettuata via fax. 31 Vedi A. VILLECCO, op. et loc. supra cit., 126. 30
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appunto, secondo la scelta fatta o la nazionalità o il tipo di servizio reso). Già l’art. 45 del CAD aveva previsto che i documenti trasmessi con qualsiasi mezzo informatico o telematico soddisfano il requisito della forma scritta, tuttavia è solo con l’art. 48 del CAD che è stato previsto che la trasmissione del documento informatico per posta elettronica certificata equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta. Quindi neanche con la PEC la trasmissione dà certezza legale ma lo è solo per i casi in cui tale trasmissione sia considerata forma legale in modo espresso da una disposizione di legge. Giurisprudenza
Alla conclusione dell’inesistenza della notifica è pervenuto il Tribunale di Monza, che, con ordinanza in data 30 dicembre 2004, (Giudice D’Aietti), in Giur. it., 2005, 2330 ss., ha sottolineato come il legislatore, facendo riferimento al fax ed alla posta elettronica, in termini di mere modalità operative, non abbia, in realtà, dato alcuna indicazione «circa il soggetto legittimato all’utilizzo di tali mezzi di trasmissione». Il Tribunale di Torino con ordinanza del 18 aprile 2006, in Giur. merito, 2007, 1690, ha ritenuto, in relazione all’art. 17 del d.lgs. n. 5/2003, che l’utilizzo di posta elettronica certificata soddisfi i requisiti imposti dall’art. 14 del D.P.R. 28.12.2000 n. 445 e quindi è validamente effettuata la notifica della comparsa di risposta tra i difensori a mezzo fax o posta elettronica certificata. Il Tribunale di Bari con ordinanza 2 giugno 2005, (Giudice D’Alessandro), ha, invece, ravvisato, nell’art. 17 d.lgs. n. 5/2003, l’intenzione del legislatore di non legittimare forme di notificazioni e comunicazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle di cui agli artt. 136 e ss., eliminando così l’esclusiva competenza dell’ufficiale giudiziario, ciò in quanto lo stesso art. 137, 1 comma, c.p.c. stabilisce che le notificazioni sono eseguite dall’ufficiale giudiziario «quando non è disposto altrimenti». In quest’ultimo orientamento è da segnalare anche il Tribunale di Roma, sentenza in data 23 maggio 2005. Nel senso non già dell’inesistenza della notifica, bensì della sua nullità si è espresso il Tribunale dell’Aquila con l’ordinanza 22 febbraio 2006, in Foro it., 2006, 1, 1551. Sempre nel senso della nullità della notifica a mezzo fax si è pronunciato anche la Cassazione con la sentenza 23 marzo 2003, n. 4319. Nella stessa direzione anche: Cass. civ., sez. I, sentenza n. 6377/1988; Cass. civ., sez. II, sentenza, n. 3068/1987; Cass. civ., sez. I, sentenza, n. 12002/1998.
4.7. Il valore dell’e-mail come prova scritta nella giurisprudenza e la validità delle comunicazioni di cancelleria fatte a mezzo e-mail semplice ai fini dell’instaurazione del regolare contraddittorio nel processo civile prima della novella legislativa 32
Per la giurisprudenza , l’e-mail contenente una promessa di pagamento costituisce prova scritta anche ai fini della pronuncia del decreto ingiuntivo, poiché essendo un documento informatico, la presenza di un codice identificativo per-
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Vedi Trib. Verona, sez. I. civ., sentenza 26 novembre 2005. Si prevede che l’e-mail contenente una promessa di pagamento costituisca prova scritta anche ai fini della pronuncia del decreto ingiuntivo.
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mette di individuare la sua provenienza. Inoltre si può equiparare al telegramma non accompagnato da un originale sottoscritto valutato come scrittura privata in base all’art. 2705 c.c. In senso contrario va, invece, il Tribunale di Roma con la sentenza 12 dicembre 2007, n. 24362, secondo la quale, poiché la posta elettronica non è riconducibile con certezza al legale rappresentante della società, non è utile e quindi non può essere utilizzata come prova documentale nel processo per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento. In tal senso è anche una sentenza del T.A.R. del Lazio, sez. III-quater, sede di Roma, 12 febbraio 2008, n. 1229 nel senso che l’e-mail priva di firma digitale non dà contezza in ordine alla sicura provenienza ed autenticità. Si è posta, poi, anche in dottrina, la questione circa la possibilità di concedere un decreto ingiuntivo sulla base di una semplice e-mail, quale prova scritta per la procedura d’ingiunzione. In merito si erano formate due tesi: da un lato, alcuni avevano sostenuto la possibilità di riconoscere all’e-mail il requisito della prova scritta essendo un mezzo idoneo all’emissione di un decreto ingiuntivo; dall’altro, si era negata tale possibilità in quanto l’e-mail priva della firma elettronica, richiesta dalla norma per integrare il requisito della “forma scritta”, non sarebbe stata idonea a poter essere considerata, in diritto,“forma scritta”. La problematica sul valore dell’e-mail quale scrittura privata non può prescindere dal pregiudiziale inquadramento del “valore” di prova che nel processo può avere l’e-mail, ma soprattutto da quello ancor più pregiudiziale della sua capacità di essere un “mezzo, un “veicolo” di prova nello stesso processo. Tale problematica è stata affrontata dalla Corte di Cassazione che, con sentenza 19 febbraio 2008, n. 4061, ha ritenuto valida la comunicazione di cancelleria, ex art. 136 c.p.c., effettuata per e-mail – non certificata – all’indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio consiglio dell’ordine e da questo alla Corte d’appello competente, pur limitando l’affermazione del principio con riferimento al caso in cui il destinatario abbia dato risposta per ricevuta non in automatico, documentata dalla relativa stampa cartacea. Nello specifico la Corte di Cassazione ha spiegato che «è valida la comunicazione di cancelleria effettuata per e-mail all’indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio Consiglio dell’Ordine», a patto che il destinatario dia «risposta per ricevuta, documentata dalla relativa stampa cartacea». Risposta, cioè, non in automatico quando acce33 dendo alla casella di posta elettronica la parte “legge” la posta ma: «è necessaria la risposta manuale di ricevuta, con il tasto “rispondi” non essendo sufficiente la 34 risposta in automatico, “letto”» . Diversa dalla fattispecie dell’e-mail semplice 33 In materia penale la lettura dell’e-mail di un dipendente non sempre è reato, infatti, in merito, con sentenza resa all’udienza dell’11 dicembre 2007, depositata il 19 dicembre 2007, al n. 47096, la Corte di Cassazione, sez. V penale, ha stabilito un fondamentale principio in tema di accesso alla posta elettronica dei dipendenti. Ha ritenuto che non sempre costituisce reato leggere la posta elettronica dei dipendenti quando alle e-mail dei dipendenti è possibile accedere, da parte del datore di lavoro che conosce la password, in virtù delle norme aziendali. 34 Vedi G. FINOCCHIARO, Diritto di Internet, Bologna, 2001, 92 ss. Il messaggio è generato ed
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trattata dalla suprema Corte è, invece, il caso dell’e-mail di posta elettronica certi35 ficata , che non va confusa con la prima in quanto il sistema della PEC è un sistema di “trasporto” di documenti informatici in tutto simile alla posta elettronica “tradizionale”, tuttavia vi sono alcune caratteristiche che si aggiungono e che sono rivolte non solo a fornire agli utenti la certezza del valore legale dell’invio ma anche dell’avvenuta consegna dei messaggi al destinatario. Entrambi, poi, questi due diversi tipi di e-mail non devono essere confusi neanche con la Casella di 36 Posta Elettronica Certificata per il processo civile telematico, CPECPCT , trattandosi in quest’ultimo caso di casella di posta elettronica, che nella previsione del d.p.r. n. 123/2001 doveva essere dedicata per l’esclusivo invio degli atti tra avvocati, giudici, personale di cancelleria, UNEP ed ausiliari del giudice, all’interno del processo civile telematico utilizzando il punto di accesso, il gestore centrale ed il gestore locale. È all’uopo da evidenziare che con il termine di “certificata”, per la PEC – come lo era per la CPECPCT – si fa riferimento al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta che costituisce la prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio, ed eventuali allegati, e quindi vi è certezza dell’intervenuta trasmissione e della presa in carico del messaggio dal gestore che rende il servizio di posta certificata al destinatario. Ora una decisione della 37 Suprema Corte ha completato il quadro normativo in materia in quanto, com’è noto, le comunicazioni, in forma abbreviata, alle varie parti del processo possono avvenire anche via fax o per posta elettronica. La questione di diritto risolta dalla Corte di Cassazione è importantissima in quanto affronta il nodo, in vario modo già diversamente e contraddittoriamente affrontato dalla giurisprudenza di merito, relativo al valore delle comunicazioni di cancelleria ex 136 c.p.c., se effettuate inviato automaticamente al mittente dal gestore del sistema di trasporto delle informazioni del destinatario nel momento in cui il messaggio inviato è reso disponibile al destinatario medesimo nella sua casella di posta elettronica. Sul punto G. ZICCARDI, op. et loc. supra cit. 35 L’uso della posta elettronica in sostituzione dei tradizionali mezzi (posta, fax, corriere) pone la necessità di disporre di un sistema affidabile, sicuro ed adeguato in grado di garantire l’identificazione del mittente, l’integrità e la confidenzialità del messaggio, ma anche di attestare il recapito del messaggio stesso. Il servizio di posta certificata consente la trasmissione di un documento informatico per via telematica, assicurando l’avvenuta consegna, così come previsto dal Testo Unico sulla documentazione amministrativa (d.p.r. n. 445/2000) secondo le linee guida del Centro Tecnico per la Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (RUPA). Posta elettronica certificata è quindi quella che consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge. L’utente di posta elettronica certificata è la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione, o qualsiasi ente, associazione o organismo, che sia mittente o destinatario di posta elettronica certificata. 36 La Posta Elettronica Certificata viene utilizzata per la trasmissione dei documenti informatici processuali da un U.G. ad un soggetto abilitato. Essa è coinvolta nei seguenti scambi informativi: a) Invio agli avvocati dei biglietti di cancelleria; b) Abilitazione e gestione delle utenze; c) Notifiche tra difensori; d) Consegna delle copie; e) L’immissione delle comunicazioni da parte di un U.G. e la gestione delle ricevute di avvenuta consegna rilasciate da un PdA rientrano nei compiti del G.C. 37 Vedi G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, cit., 229 ss.
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attraverso e-mail o fax con risposta di conferma, documentate dalla relativa stampa cartacea. In merito a questa tematica sono stati, con la sentenza in esame, applicati i criteri decisori relativi al principio di libertà delle forme con le quali la comunicazione può essere effettuata così com’è disciplinata dall’art. 136 c.p.c.; al principio del raggiungimento dello scopo della comunicazione che può essere dimostrato sia dal messaggio di conferma, dato non in automatico, ma con il comando volontario “rispondi”, sia ad esempio dalla presenza del difensore all’u38 dienza di assunzione delle prove. Per la giurisprudenza di merito una tale possibilità dovrebbe essere esclusa in quanto, sia con il comma 2 dell’art. 15, legge n. 59/1997, che con l’art. 6, d.lgs. n. 39/1993, ed ancora con gli artt. 2 e 6, d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, sono stati distinti i requisiti del documento informatico, per i quali è richiesta la sottoscrizione con firma digitale, dalla comunicazione con biglietto di cancelleria, che essendo una semplice modalità di trasmissione telematica, non necessita della firma digitale. Per quest’ultima, invece, andava seguita la disciplina appositamente prevista dall’art. 6, d.p.r. n. 123 /2001. Ha infatti rilevato la Suprema Corte che vi è addirittura un passaggio in più che garantisce la realizzazione dello scopo legale della procedura, e cioè una risposta non in automatico, ma intenzionalmente generata dal computer destinatario a mezzo del tasto “rispondi” del programma di ricezione e scarico della corrispondenza elettronica. Il problema che si aveva era quindi quello di verificare se questa decisione della Suprema Corte fosse compatibile con la normativa prevista agli artt. 6 e 8, d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, con quanto prevede il d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 25 ed ancora il d.p.r. 7 aprile 2003, n. 137, norme in base alle quali avrebbe potuto ritenersi che anche la comunicazione di cancelleria ai 39 sensi dell’art. 136 c.p.c., richiedesse la firma digitale. La Corte di Cassazione ha esaminato se la comunicazione del provvedimento ad opera della cancelleria debba avere luogo nelle forme specificate dall’art. 136 c.p.c. e dell’art. 45 disp. att. c.p.c., o, viceversa, possa avere rilievo anche la conoscenza del provvedimento acquisita per altra via; ha avuto modo di statuire, con orientamento antico e costante, fatto proprio dalle Sezioni Unite, che sono ammesse forme equipollenti a quelle stabilite dall’ordinamento, ogni qual volta ci sia un’attività del cancelliere; sia assicurata la completa conoscenza della comunicazione da parte del destinatario; vi sia la certezza della data. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, in merito, sempre ritenuto validi ed equipollenti il “visto per presa visione” apposto dal procuratore o da suo incaricato sull’originale del biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione o sul provvedimento del giudice; l’inserimento, ad opera del cancelliere, nel verbale d’udienza, del decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico, e la relativa verbalizzazione dell’impegno della 38
Vedi Corte d’appello Trento, sezione distaccata di Bolzano, sentenza 27-28 aprile 2005, n. 18, in www.foroeuropeo.it. 39 Vedi Cass. civ., sez. I, sentenza 21 novembre 2006, n. 24742.
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parte a corrispondere la somma liquidata; la dichiarazione resa nella cancelleria di aver preso visione dell’atto e di rinunciare alla relativa comunicazione. In tutte le fattispecie esaminate rileva sempre l’elemento volontaristico, e cioè l’accettazione da parte del procuratore nella forma equipollente, accettazione che tiene luogo nella sottoscrizione prevista dall’art. 45 disp. att. c.p.c. Sotto altro profilo, ma che porta all’identica risoluzione della problematica, è stato posto in rilievo che il raggiungimento dello scopo della comunicazione comporta la effettiva presa di conoscenza, da parte del destinatario. Orbene, posto il principio volontaristico, appare ovvio che la comunicazione da parte dell’avvocato del proprio indirizzo e-mail all’Ordine, per la successiva comunicazione di cancelleria, secondo la procedura prevista dall’accordo tra il Tribunale e/o la Corte d’Appello ed il Consiglio dell’Ordine di appartenenza dell’avvocato costituisce sicuramente adesione del professionista alla convenzione; resa del suo consenso acché la comunicazione di cancelleria gli sia effettuata con tale modalità; garanzia che all’indirizzo dato il messaggio di cancelleria sarà letto dall’avvocato stesso o da altra persona addetta allo studio. La risposta, non in automatico, di aver ricevuto la comunicazione, garantisce la certezza richiesta dall’art. 136 c.p.c. tale procedura di comunicazione risulta essere, pertanto, corretta sulla semplice base codicistica volta a realizzare l’obiettivo di cui all’art. 111, comma 2, Cost., inserito dalla legge cost. 23 novembre 1992, n. 2. La procedura prevista dalla convenzione, poi, risulta corretta anche alla luce della legislazione speciale sul tema. Infatti già la legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 15, comma 2 «Delega al governo per la riforma della pubblica amministrazione», disponeva che «atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge», rimandando, poi, per la determinazione dei “criteri e modalità di applicazione del presente comma” a specifici regolamenti. Il d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, art. 6, menziona 40 l’amministrazione della giustizia tra i soggetti pubblici destinati ad utilizzare i sistemi informativi automatizzati, sia pure con la riserva di particolari modalità di applicazione. Ancora il regolamento della disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti è stato emanato con d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, ed è il testo fondamentale in materia. Ora di quest’ultimo le norme da prendere in considerazione sono: a) l’art. 2 per il quale «l’attività di trasmissione, comunicazione o notificazione, dei documenti informatici è effettuata per via telematica attraverso il sistema informatico civile, fatto salvo 40 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, Il documento informatico e la firma digitale nella Pubblica amministrazione: appunti per una ricostruzione della fattispecie, in Riv. amm. Rep. it., 2002 cit., 92 ss., vedi altresi A. CONTALDO, M. GORGA, L’arringa elettronica. Il Foro virtuale come strumento di trasparenza e doverose pubblicità nell’attività amministrativa di supporto all’esercizio del potere giurisdizionale, cit., spec., 18 ss.
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quanto stabilito dall’art. 6»; b) l’art. 4, comma 3 quando sancisce che: «ove dal presente regolamento non è espressamente prevista la sottoscrizione del documento informatico con la firma digitale, questa è sostituita dall’indicazione del nominativo del soggetto procedente prodotta sul documento dal sistema automatizzato, a norma del d.lgs 12 febbraio 1993, n. 39, art. 3, comma. 2»; c) l’art. 6 in forza del quale «le comunicazioni con biglietto di cancelleria, nonché la notificazione degli atti, quest’ultima come documento informatico sottoscritto con firma digitale, possono essere eseguite per via telematica, oltre che attraverso il sistema informatico civile, anche all’indirizzo elettronico dichiarato ai sensi dell’art. 7». Ora è evidente, alla luce di predetta normativa, che vi era una chiara contrapposizione, ex art. 6, tra notificazione degli atti effettuata con firma digitale, attraverso il sistema informatico civile, e la comunicazioni con biglietto di cancelleria eseguite all’indirizzo elettronico dichiarato ai sensi dell’art. 7, secondo il quale ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni ai sensi dell’art. 6, l’indirizzo elettronico del difensore è unicamente quello comunicato dal medesimo al Consiglio dell’ordine. Ma, a ben guardare, vi erano poi altre norme del d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, che concorrevano alla medesima conclusione: a) l’art. 3, commi 2 e 3, per i quali al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari; b) le varie norme che, in attuazione dell’art. 4, comma 3 cit., precisavano quali atti devono essere formati come documenti informatici sot41 toscritti con firma digitale (si vedano in merito: a) l’art. 6 per le notificazioni, b) l’art. 10 per la procura alle liti, c) l’art. 11 per l’iscrizione al ruolo; d) l’art. 15 per il deposito della relazione del C.T.U.; e) l’art. 17 per la trasmissione della sentenza). Tali norme dovevano essere raccordate con il sistema di notifica mediante PEC, inizialmente limitata dal legislatore alle sole notifiche. Infine la legge 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, n. 1, lettera b), modificando leggermente la formula dall’art. 136 c.p.c., comma 2 ha previsto che «Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica», evidenzia la distinzione di ruoli e di modalità di comunicazione tra il cancelliere e l’ufficiale giudiziario. Inoltre il comma 3 dell’art. 136, introdotto dalla summenzionata legge, prevede che «le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici teletrasmessi», nel ribadire la distinzione tra documenti informatici e teletrasmessi, rinvia alla normativa regolamentare sopra citata. Orbene il carattere sostitutivo della procedura telematica rispetto a quella cartacea è prevista dall’art. 136 c.p.c. e dall’art. 145 disp. att. c.p.c.; tuttavia la possibilità, ridotta ma effettiva, di malfunzionamento del sistema di
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Sul punto ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Il processo civile telematico (PCT) come occasione della diffusione delle best practices nel settore giustizia, in Rass. Avv. Stato, 2009, n. 4, 362 ss.
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trasmissione ed altresì la gravità delle conseguenze decadenziali, impongono di ritenere che sia sicuramente necessaria la risposta manuale di ricevuta con il tasto 42 “rispondi”, e non sufficiente la risposta in automatico “letto” . Né argomenti in contrario sembra possano trarsi dallo jus superveniens costituito dal nuovo testo dell’art. 136, comma 3, c.p.c., perché questo rinvia alla normativa regolamentare sopra citata, la quale non disciplina il punto specifico in esame. Possiamo quindi ritenere che la giurisprudenza di legittimità aveva affermato il principio di diritto che ritiene valida la comunicazione di cancelleria ex art. 136 c.p.c., effettuata per e-mail all’indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio Consiglio dell’Ordine e da questi alla Corte d’appello competente, a norma degli artt. 2, 4, 6, d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, del quale il destinatario ha dato risposta per ricevuta non in automatico, documentata dalla relativa stampa cartacea, ma appositamente cliccando – manifestando così la sua volontà e la reale 43 conoscenza dell’atto pervenuto – con l’apposito tasto “rispondi” . Giurisprudenza
Cass. civ., sez. I, sentenza 21 novembre 2006, n. 24742, con la quale si è completato il quadro normativo stabilendosi che le comunicazioni, in forma abbreviata, alle varie parti del processo può avvenire anche via fax o per posta elettronica. Per la Cass. civ., sez. III, sentenza 11 gennaio 2007, n. 390 in ordine alle notifiche eseguite a mezzo del servizio postale, è stato affrontato il nodo, in vario modo già diversamente e contraddittoriamente affrontato dalla giurisprudenza di merito, relativo al valore delle comunicazioni di cancelleria ex 136 c.p.c., se effettuate attraverso e-mail o fax con risposta di conferma, documentate dalla relativa stampa cartacea. In merito a questa tematica sono stati, con la sentenza in esame, applicati i criteri decisori relativi al principio di libertà delle forme con le quali la comunicazione può essere effettuata così com’è disciplinata dall’art. 136 c.p.c., vale cioè il principio del raggiungimento dello scopo della comunicazione che può essere dimostrato sia dal messaggio di conferma, dato non in automatico, ma con il comando volontario “rispondi”. Nel senso del raggiungimento dello scopo della notifica, si vedano in senso conforme: Corte di Cassazione sez. un., sentenza 10 giugno 1998, n. 5761; Cass. civ., sez. I, 16 giugno 2004 n. 11319; Cass. civ., sez. I, sentenza 26 giugno 2006, n. 14737; Cass. civ., sez. I, sentenza 20 ottobre 2005, n. 20279; Cass. civ., sez. I, sentenza 12 febbraio 2000, n. 2068. Per identica soluzione, limitatamente alla risposta “ok” del servizio di trasmissione via fax vedi Cass. civ., sez. III, sentenza 11 gennaio 2007, n. 390. Si veda anche Cass. civ., sez. I, sentenza 21 novembre 2006, n. 24742, con la quale è stata esaminata la questione relativa alla comunicazione del provvedimento ad opera della cancelleria nelle forme specificate dall’art. 136 c.p.c. e dell’art. 45 disp. att. c.p.c., nonché della conoscenza del provvedimento acquisita per altra via.
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Vedi G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, cit., 228. Ancora G. BUONOMO, op. supra cit., 59.
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4.8. L’impatto della posta elettronica certificata sulle professioni legali ed il suo utilizzo nel processo civile e penale
Negli ultimi anni si è andato sempre più affermando un nuovo modello di società, un tipo di organizzazione sociale che oramai non può più prescindere dall’uso di strumenti elettronici per l’espletamento di essenziali attività umane. A tutti i livelli la tecnologia s’impone sempre più come un mezzo imprescindibile, sicché quasi tutte le attività tradizionalmente organizzate ne sono invase completamente ed ampiamente condizionate. Oggi sarebbe enormemente difficile, e comunque “fuori mercato”, esercitare una libera professione intellettuale, tenersi aggiornato, amministrare la popolazione, il fisco, il traffico, senza l’ausilio della tecnologia, dell’informatica e della telematica. In questo contesto di progressiva ed inarrestabile informatizzazione del quotidiano, si è assistito alla massiccia introduzione nel lessico e nelle procedure giuridiche-amministrative di terminologie, ma soprattutto di metodologie tecnologiche, frutto del processo di rivoluzio44 ne delle normative nella direzione tracciata dalla tecnologia . Uno degli strumenti, figlio dell’innovazione tecnologica, è sicuramente da ritenersi la posta elettronica, comunemente chiamata e-mail, che grazie alla rete di Internet ciascun utente può utilizzare dato che come quello postale consente di trasmettere messaggi e documenti (tramite i file “in attach”) in tempo reale e a costi irrisori, che non possono essere neanche paragonati a quelli del fax o del telefono, o alla lentezza ed onerosità del servizio postale ordinario. Tuttavia l’utilizzo di questo strumento di posta elettronica non è completamente privo di rischi sia per il mittente che per il ricevente dato che il messaggio, ed i suoi allegati, possono essere intercettati e letti, o addirittura cambiati dagli “hacker”, o addirittura essere veicoli di “virus informatici” tali da rendere inutilizzabili i sistemi operativi del computer ricevente. Inoltre, sotto il profilo della loro validità squisitamente giuridica, non poche sono state, e sono, in dottrina ed in giurisprudenza le problematiche che sono state poste e si pongono in ordine ai problemi di imputazione del loro contenuto e della loro opponibilità a terzi così come abbiamo visto nei paragrafi precedenti. Un sistema di comunicazione che, invece, garantisce la sicurezza e la certificazione della trasmissione tale da rendere i messaggi opponibili a terzi è quello della 45 Posta Elettronica Certificata (PEC) . Quest’ultima è un sistema di posta elettro44
Ci si permetta di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, E-law.Le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, 32 ss. 45 La PEC è una realtà, al momento, solamente italiana poiché non esiste in alcun altro paese del pianeta una analoga regolamentazione di un sistema di posta. In ambito europeo lo ETSI (European Telecommunications Standards Institute) organizzazione europea sugli standards, dalla commissione Europea ufficialmente riconosciuto, sta portando avanti lo studio dello standard TS 102 640, pubblicato nel 2008, che ha ideato la Registerd Electronic Mail (il cui acronimo è REM) consistente in un servizio di posta elettronica che ha un funzionamento similare – nei principi – a quello della PEC. Ciò che risulta interessante è che la REM denota l’attenzione europea per gli aspetti di assolu-
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nica con cui si inviano messaggi elettronici, via internet, con valore legale, che hanno la stessa efficacia probatoria di una raccomandata con ricevuta di ritorno. Il mittente, infatti, riceve un’attestazione elettronica, che ha valore legale, attestante l’invio e la consegna del messaggio, con l’assicurazione, inoltre, anche sull’integrità e sulla provenienza del messaggio stesso. Questo strumento è stato legittimato nel nostro ordinamento con il d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68 recante il Regolamento per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’art. 27, legge 16 gennaio 2003, n. 3. La necessità del d.p.r. citato è quasi divenuta un’esigenza irri46 nunciabile nel momento in cui la posta elettronica è divenuta de facto lo strumento di maggiore uso per le comunicazioni a mezzo telematico. Infatti, grazie alle precipue caratteristiche di semplicità, immediatezza ed efficacia, nonché alla possibilità di includere nei messaggi immagini, audio, video o qualsiasi altro tipo di file, questo strumento ha avuto un’enorme e rapida diffusione in tutti gli ambiti, anche in quelli applicati alle questioni di diritto. Proprio, però, le evidenziate intrinseche debolezze ne hanno pregiudicato l’utilizzo nell’ambito delle dinamiche dello scambio documentale, e dei rapporti tra e con la Pubblica amministrazione, data la possibilità di una falsificazione del mittente o dell’orario di invio o della genuinità del contenuto stesso del messaggio o degli allegati. Questi motivi hanno portato il legislatore alla definizione di regole, nel nostro ordinamento, come di seguito in dettaglio, che hanno trasformato la “comune” posta elettronica, in “certificata”. Il funzionamento della PEC non si differenzia dal normale funzionamento della posta elettronica (ordinaria) che comunemente utilizziamo, se non sotto l’aspetto della gestione delle ricevute collegate al messaggio originale ed ai dati di certificazione, che nello specifico consistono nella firma elettronica certificata dai gestori come disposto dell’art. 1, d.p.r. n. 445/2000, nell’indicazione temporale di riferimento opponibile ai terzi. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore. I sistemi di gestione di PEC, durante i passaggi intermedi dal mittente al destinatario finale, anche nel caso in cui il mittente ed il destinatario appartengono allo stesso dominio di posta elettronica certificata, generano dei messaggi specifici (conformi allo ta interoperabilità. Vedi al riguardo G. ZICCARDI, Telematica giuridica. Utilizzo della nuova tecnologia da parte del professionista del diritto, cit., 71 ss. 46 La nascita della posta elettronica si fa risalire al 1971, con la realizzazione del primo programma ad opera dell’ingegnere informatico Ray Tomlinson, il quale è anche colui che l’anno successivo sceglie quello che è divenuto poi il simbolo della posta elettronica ovvero la famosa chiocciola “@”. Il simbolo @, seppur scelto quasi a caso, aveva anche il vantaggio di essere utilizzato per indicare “at” (cioè presso) in inglese. Per molti anni ci sono stati separatori diversi per gli indirizzi di posta elettronica, ma la chiocciola è diventata lo standard mondiale alla fine degli anni Ottanta.
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standard internazionale S/MINE) elaborati in base alla tipologia di messaggio e distinti in tre categorie e precisamente in ricevute, avvisi e buste. Con la certificazione delle fasi del servizio di PEC, il mittente riceve dal gestore di posta una ricevuta, che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio e dell’eventuale documentazione allegata. Ai fini della validità della trasmissione e della ricezione del messaggio di Posta Elettronica Certificata vengono rilasciate, rispettivamente, una ricevuta di accettazione, proveniente dal proprio gestore di posta, che attesta l’avvenuto invio della mail (attestazione che riguarda anche la presenza di allegati inoltrati insieme alla mail certificata); una ricevuta di presa in carico che attesta il passaggio di responsabilità dall’utente al gestore; una ricevuta di avvenuta consegna completa, breve, sintetica proveniente dal gestore di posta del destinatario, che certifica che quest’ultimo ha ricevuto la comunicazione. Tale certificazione sarà resa nel momento in cui il destinatario avrà disponibilità del messaggio, ossia al momento del ricevimento, indipendentemente dal fatto che egli lo abbia letto o meno. Gli avvisi generati dal sistema di posta elettronica certificata possono essere di due tipi: a) avviso di non accettazione nell’ipotesi di eccezioni formali o virus informatici; b) avviso di mancata consegna in caso di un’eventuale mancata ricezione da parte del destinatario. In quest’ultimo caso, di mancata ricezione da parte del destinatario (ma il gestore di posta del destinatario informerà il mittente se nelle 24 ore successive non riesce ad effettuare la consegna del messaggio). Inoltre, i gestori sono tenuti, ma non obbligati, a verificare che il messaggio di posta elettronica non contenga virus e sono, inoltre, tenuti ad adottare tutti i comportamenti disciplinati all’art. 12 del d.p.r. n. 68/2005 ed a dare un avviso di rilevazione di virus. Le tipologie di buste create dal sistema possono essere di due tipi: a) una busta di trasporto che è quella che contiene il messaggio originario, i dati di certificazione e la firma del gestore; b) una busta delle anomalie, contenente il messaggio errato e la firma del gestore. Tutte le tipologie di messaggi generati dal sistema PEC sono sottoscritti dai gestori di posta elettronica certificata mediante la firma. I certificati di firma di cui il gestore deve disporre ai fini della validità della certificazione del messaggio sono rilasciati da DIGITpa (già CNIPA) al momento dell’iscrizione nell’elenco pubblico dei gestori di posta elettronica certificata e sino ad un numero massimo 48 di dieci firme per ciascun gestore . Sempre il d.p.r. n. 68/2005 detta norme per il caso di smarrimento delle ricevute in questo caso un apposito archivio informatico custodito dai gestori di posta elettronica certificata, ha il compito di conserva47 Lo S/MIME è basato sullo standard MIME, il cui scopo è di permettere di includere nei messaggi elettronici dei file allegati diversi dai file di testo ASCII. È cosi grazie allo standard MIME che è possibile aggiungere degli allegati di ogni tipo ai messaggi elettronici. S/MIME è stato messo a punto all’origine dalla società RSA Data Security. Ratificato nel luglio 1999 dall’IETF, S/MIME è diventato uno standard, le cui specificazioni sono contenute nei RFC da 2630 a 2633. 48 In merito si ricorda che in base all’art. 7 del d.p.c.m. 2 novembre 2005 è possibile richiedere un numero di certificati di firma superiore a 10 da parte dei Gestori.
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re, per un periodo di trenta mesi, le tracce informatiche caratterizzate dallo stesso valore giuridico. Nel caso di problemi nella consultazione dei messaggi notificati, potrà essere richiesta una copia al gestore di posta. Con questo tipo di posta elettronica la “certificazione”, quindi, consiste nel fatto che sono garantiti l’invio, l’integrità e la consegna del messaggio scambiato tra il gestore di PEC del mittente e quello del destinatario, con certezza per gli utenti del valore legale dell’avvenuta consegna dei messaggi.
4.9. La fonte del valore legale della posta elettronica certificata
L’alveo legislativo che costituisce la legittimazione giuridica del sistema di posta elettronica certificata nell’attività forense è composto, oltre al d.p.r. 11 febbraio 49 50 51 2005, n. 68 , e dal CAD , anche dal successivo d.l. 29 novembre 2008, n. 185 , che ha reso obbligatoria per imprese e professionisti la PEC, e da altri atti norma52 tivi, regolamentari ed amministrativi a carattere generale tra i quali vanno sicu53 ramente menzionati sia il d.p.c.m. 6 maggio 2009 sia il d.l. 29 dicembre 2009, n. 54 193 . Pietra miliare in ordine al decisivo utilizzo della PEC è, però, da ritenersi il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, aggiornato con il d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159, normativa che è applicabile non già ai soli rapporti tra amministrazioni pubbliche, ma anche ai rapporti tra amministrazione e privati e tra privati. Dispone infatti l’art. 45, norma posta al Capo IV, che è quello relativo alla trasmissione informatica dei documenti, rubricato sotto la dizione di «Valore giuridico della trasmissione» al comma 1 che i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la 55 loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale . In 49 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria in via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, cit., 63 ss. 50 Il CAD è il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale” Pubblicato in G.U. 16 maggio 2005, n. 93. Per un commento al riguardo vedi sagg. nel collettaneo, Il codice della Pubblica Amministrazione digitale. Commento al D.Lgs. n. 82 del 7 marzo 2005, a cura di G. Cassano, Milano, 2005. 51 Ci si permette di rinviare ancora a A. CONTALDO, M. GORGA, op. et loc. supra cit. 52 Vedi al riguardo TAR Veneto, sede Venezia, sez. I, 31 novembre 2006, n. 3897, in G. BUONOMO, Il nuovo processo telematico, cit., 58. 53 Per un commento si veda ancora A. VILLECCO, Il processo civile telematico, cit., 152 ss. 54 Ibidem. 55 L’art. 6. del Codice dell’amministrazione digitale stabilisce che «le pubbliche amministrazioni centrali utilizzano la posta elettronica certificata, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, per ogni scambio di documenti e informazioni con i soggetti interessati che
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ordine, poi, alla certezza del soggetto da cui proviene il documento e di quello che lo riceve dispone il comma 2 dell’articolo in esame che il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se è reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore. Ma è poi il comma 2 dell’art. 48 del C.A.D. che chiarisce il valore della PEC, laddove dispone che la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta. Il C.A.D. tuttavia si pone alla nostra attenzione non solo per la PEC, ma soprattutto perché nello stesso si ribadisce il principio del «diritto all’uso delle tecnologie», come si evince subito da una delle norme, l’art. 3, che forse più di tutte manifesta l’intento programmatico del nuovo codice: «I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto nel presente decreto». Per quanto riguarda la posta elettronica certificata il C.A.D., oltre a trattarla nei citati 56 artt. 45 e 48, la tratta anche in altri articoli quali ad esempio negli artt. 6 e 47 . Analizzando nel dettaglio detti articoli, si rileva che l’art. 6 prescrive l’uso della posta elettronica certifica nella dinamica degli scambi documentali, tra e con le P.A.; prescrizione dell’uso, però, subordinata ad una manifestazione di volontà delle parti di utilizzare la corrispondenza se d’accordo; tale manifestazione di volontà è stata però abrogata dal d.l. n. 185/2008. L’art. 47 ha una grande rilevanza per la PEC in quanto ne definisce la validità dell’uso ai fini del procedimento amministrativo, se conformi ad aspetti di verifica della provenienza della e-mail citati nel successivo art. 71 del decreto e se sottoscritti con firma elettronica qua57 lificata . Da ultimo con l’art. 48 viene data validità legale alla trasmissione del documento per via telematica con la PEC, nei casi in cui si renda necessaria l’opne fanno richiesta e che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata». Vedi al riguardo C. FLIK, V. AMBRIOLA, La cittadinanza amministrativa telematica tra previsioni normative ed effettività, in Dir. inf., 2006, 825 ss.; ID., Misure ed accorgimenti prescritti ai titolari dei trattamenti con strumenti elettronici relativamente alle attribuzioni delle funzioni di amministratore del sistema, in Dir. inf., 2009, 943 ss. 56 L’art. 47 del codice dell’amministrazione digitale stabilisce che le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono di norma mediante l’utilizzo della posta elettronica; esse sono valide ai fini del procedimento amministrativo una volta che ne sia verificata la provenienza. Pertanto ai fini della verifica della provenienza le comunicazioni sono valide se: a) sono sottoscritte con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata; b) ovvero sono dotate di protocollo informatizzato; c) ovvero è comunque possibile accertarne altrimenti la provenienza, secondo quanto previsto dalla normativa vigente o dalle regole tecniche di cui all’articolo 71; d) ovvero trasmesse attraverso sistemi di posta elettronica certificata di cui al d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68. 57 Vedi E. DE GIOVANNI, Il codice dell’amministrazione digitale: prime impressioni, in Dir. Internet, 2005, 227 ss.
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posizione a terzi di informazioni temporali relative all’invio e/o alla ricezione di documenti, questa avrà lo stesso valore di quella attribuita all’utilizzo del «tradizionale sistema postale». Nel caso specifico c’è da annotare, però, un punto di forza che la PEC annovera a suo vantaggio nei confronti dell’uso della raccomandata postale. Ed infatti la tradizionale raccomandata postale, alla luce di quanto 58 stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 12 maggio 2005, n. 10021 , garantisce la corretta consegna del documento, ma non ne certifica il contenuto. Al contrario la posta elettronica certificata, per le sue intrinseche dinamiche funzionali, oltre che dare contezza della corretta consegna del documento, dà anche prova di quanto effettivamente inviato. Ma la normativa specifica della PEC, come detto, è stata dettata con il regolamento approvato con il d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68, con il quale sono state stabilite le caratteristiche e le modalità per l’erogazione e la fruizione di servizi di trasmissione di documenti informatici mediante posta elettronica certificata. In merito la normativa dopo aver dato la definizione di busta, dominio, log, definisce la posta elettronica certificata come quel sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici. Quindi la PEC altro non è che un sistema elettronico di trasmissione di documenti informatici dove il riferimento temporale è l’informazione contenente la data e l’ora che sono associati ad un messaggio di posta elettronica. Ai sensi dell’art. 3 della normativa in esame, ogni documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se è reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario, messa a disposizione dal gestore. Tale modalità di trasmissione, la cui validità della trasmissione e ricezione deve sempre essere attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna, poi, opera tra i privati al solo indirizzo di PEC valido, ad ogni effetto giuridico, espressamente dichiarato ai fini di ciascun procedimento con le pubbliche amministrazioni o di ogni singolo rapporto intrattenuto tra privati o tra questi e le pubbliche amministrazioni. Tale dichiarazione, che obbliga solo il dichiarante, può sempre essere revocata. È, poi, il caso di precisare che la volontà espressa di domiciliazione PEC non può comunque dedursi dalla mera indicazione dell’indirizzo di posta certificata nella corrispondenza o nelle altre comunicazioni o pubblicazioni del soggetto dato che occorre, per la domiciliazione PEC, l’espressa dichiarazione per quel tipo di procedura o rapporto. Altra e diversa questione è quella relativa ai requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti in ordine alla capacità, alla competenza e 59 all’esperienza tecnico-organizzativa dei soggetti gestori del servizio, definiti con 58 Cass. civ., sez. I, sentenza n. 10021/2005, dalla quale si evince che la ricezione della busta raccomandata da parte del destinatario non costituisce prova del recapito del suo contenuto. 59 Con il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, è stato istituito il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, CNIPA, che sostituisce l’AIPA. Il CNIPA oggi sostituito con la nuova
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le disposizioni regolamentari del 2005 e con la circolare CNIPA CR/4924. In particolare sono richiesti requisiti specifici quali quelli di: dimostrare affidabilità organizzativa e capacità tecnica; impiegare personale dotato di conoscenze specifiche e con esperienza e competenza a livello gestionale; dimestichezza nelle procedure di sicurezza; rispetto delle norme e delle regole tecniche del d.p.r. n. 68/2005; utilizzare per la firma elettronica dispositivi che garantiscono la sicurezza delle informazioni gestite. Infine è richiesta l’adozione di adeguate misure vol60 te a garantire l’integrità e la sicurezza del servizio di posta elettronica certificata . Con il già citato d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, è stato reso obbligatorio l’uso della PEC nelle relazioni tra imprese, P.A., e professionisti iscritti negli albi professionali. Sono stati così ridotti i co61 sti amministrativi a carico della Pubblica amministrazione e delle imprese in quanto l’art. 16, comma 11, d.l. cit., rende obbligatoria l’indicazione dell’indiriz62 zo di PEC all’atto dell’iscrizione nel Registro delle Imprese . Pertanto tutte le imprese che si iscriveranno al registro dovranno dotarsi di una PEC. È da osservare, però, che il comma 6 dello stesso art. 16 pone questo adempimento come
struttura DigitPa operava presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l’attuazione delle politiche del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, con autonomia tecnica, funzionale, amministrativa, contabile e finanziaria e con indipendenza di giudizio (d.lgs. n. 196/2003 art. 176, comma 3). Al riguardo si rinvia a A. CONTALDO, M. GORGA, E-law. Le professioni legali la digitalizzazioni delle informazioni giuridiche ed il processo telematico, cit., 2006, 72 ss.; M. MARONGIU, Il governo dell’informatica pubblica, Napoli, 2007, 62 ss.; vedi anche G. BUONOMO, op. supra cit., spec. 172 ss. 60
Nel 2006 con la Circolare 7 dicembre n. 51 sono state indicate le modalità con le quali il CNIPA (ora DigitPa), svolge la sua funzione di vigilanza e controllo. Nel 2008 con la legge finanziaria, si è manifestato l’obiettivo di un rafforzamento dell’impiego della posta elettronica, È stato assegnato difatti al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) (ora DigitPa), ex art. 589, il compito di effettuare, anche a campione, azioni di monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 47 del Codice dell’amministrazione digitale, nonché di quelle in materia di posta elettronica certificata. Il mancato adeguamento alle predette disposizioni in misura superiore al 50% del totale della corrispondenza inviata, certificato dal CNIPA (ora DigitPa), comporta, per le pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende e amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali, la riduzione, nell’esercizio finanziario successivo, del 30% delle risorse stanziate nell’anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea. 61
L’art. 16, comma 6, legge 28 gennaio 2009, n. 2 prevede che le imprese costituite in forma societaria siano tenute a indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse, garantendo l’interoperabilità con analoghi sistemi internazionali. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto tutte le imprese, già costituite in forma societaria alla medesima data di entrata in vigore, comunicano al registro delle imprese l’indirizzo di posta elettronica certificata. L’iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria. 62 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, La contrattazione telematica e la P.A., in Manuale di diritto dell’informatica, Napoli, 2011, 488 ss.
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obbligatorio solo per «le imprese costituite in forma societaria»; le imprese individuali, invece, rientrano nella categoria dei soggetti «privati», e quindi le stesse, ai sensi del comma 2, dell’art. 4 del d.p.r. n. 68/2005, non saranno obbligate all’indicazione dell’indirizzo di PEC al momento dell’iscrizione nel registro delle imprese. Le società, invece, già costituite dovranno comunicare al registro delle imprese l’indirizzo di PEC entro tre anni dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 63 185/2008, ossia 29 novembre 2008. I professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti dalla legge dello Stato comunicano ai rispettivi Ordini o Collegi il proprio indirizzo di PEC, o un indirizzo di posta elettronica con caratteristiche equivalenti, entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso Decreto. I professionisti, gli ordini ed i Collegi Professionali dovranno pubblicare un elenco riservato dei dati identificativi degli iscritti coi i relativi indirizzi di PEC consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni. Le amministrazioni pubbliche che istituiscono un proprio indirizzo di PEC, o un indirizzo di posta elettronica con caratteristiche equivalenti, per ciascun registro di protocollo che esse possiedono devono dare comunicazione al CNIPA (ora DigitPa) che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica. In forza dell’obbligatorietà della PEC, ed alla luce dell’art. 47, d.lgs. n. 82/2005, le comunicazioni fra le società, i professionisti iscritti in albi o elenchi e le pubbliche amministrazioni, che abbiano provveduto agli adempimenti previsti dai commi 6, 7 ed 8, art. 16, possono essere inviate attraverso la PEC, o posta elettronica equivalente, sempre che il destinatario abbia dichiarato la propria disponibilità ad accettarle. Anche i cittadini comuni potranno avere il proprio indirizzo PEC, infatti ai sensi dell’art. 16-bis, comma 5, al fine di favorire la diffusione dello strumento a tutte le persone fisiche che ne faranno richiesta è attribuita una casella di PEC da parte della pubblica amministrazione, da utilizzare ai sensi degli artt. 6 e 48, d.lgs. n. 82/2005, cioè nei rapporti con essa sicché sulla base di tale previsione normativa possiamo ritenere che l’indirizzo PEC diventerà un vero e proprio “domicilio 64 elettronico certificato ipso jure”, con le tutele di cui all’art. 635 bis c.p. Ma al riguardo vogliamo ritornare su di una precisazione già innanzi trattata e sulla quale vogliamo fare ulteriore approfondimento anche sotto l’aspetto tecnicotemporale. L’art. 6, comma 5, d.p.r. n. 68/2005 disciplina il momento del rilascio della ricevuta di avvenuta consegna. Detta ricevuta è rilasciata in automatico dal sistema che prende in consegna l’e-mail pervenuta e quindi nel momento in cui la prende in consegna ne rilascia ricevuta nella casella di posta elettronica del destina63 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Il processo civile telematico (PCT) come occasione della diffusione delle best practices nel settore giustizia, cit., 309 ss. 64 Sul concetto di domicilio informatico vedi R. BORRUSO, G. BUONOMO, G. CORASANITI, G. D’AIETTI, Profili penali dell’informatica, Milano, 1994, spec. 22 ss.; B. DONATO, La responsabilità dell’operatore di sistemi telematici, in Dir. inf., 1996, 724 ss.; P. GALDIERI, La tutela penale del domicilio informatico, in Problemi giuridici dell’informatica nel MEC, a cura di P. GALDIERI, 1996, 189 ss.
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tario, indipendentemente se questa viene letta o no da parte del destinatario medesimo. Quest’ultimo, pertanto, ha l’onere di consultare la propria casella di posta per prendere effettiva conoscenza di ciò che legalmente gli viene trasmesso, visto che la presunzione di conoscenza si forma già al momento della messa a disposizione del plico informatico presso la casella di posta certificata del destinatario prescindendo dall’effettiva lettura e quindi dall’effettiva conoscenza dell’atto trasmesso. Vengono così stravolte le attuali regole delle notifiche e comunicazioni, che, anche alla luce dei molteplici arresti giurisprudenziali si fondano proprio sul principio dell’effettiva conoscenza, da parte del destinatario, del contenuto dell’atto notificato o comunicato. Ultimo aspetto da tenere in conto, riguardo al decreto in parola, è l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare unicamente la PEC per le comunicazioni e le notificazioni che sono destinate ai dipendenti della stessa o di un’altra amministrazione pubblica. Si ribadisce e si amplia, in tal modo, a tutti i dipendenti pubblici l’obbligo già previsto per le Amministrazioni dalla lett. b del comma 3, dell’art. 47 del d.lgs. n. 82/2005. Le novità tecnologiche in questo settore, (v. infra, Cap. II), hanno riguardato anche l’attività del notaio per il quale il maggiore aspetto innovativo, relativamente alla Posta Elettronica Certificata, è stato quello relativo alla necessità di acquisire, per l’iscrizione al registro delle imprese, la casella di Posta elettronica certificata delle società neo costituite. Casella di posta richiedibile ad uno qualsiasi dei gestore iscritto all’apposito elenco tenuto presso il CNIPA (ora DigitPa). Ma, come abbiamo avuto modo di vedere, le novità di maggiore portata innovativa, per i notai, si riferiscono alle nuove regole relative alla conservazione di atti unici 65 originali e dei quali abbiamo dato ampiamente resoconto al (v. infra, Cap. II) .
4.10. Le peculiarità della disciplina sulla posta elettronica certificata per gli avvocati alla luce delle novità giurisprudenziali
La previsione contenuta nel citato d.l. n. 185/2008, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, pone non pochi problemi, quantomeno di mancato coordinamento tra norme, relativamente ad alcune categorie di professionisti. Così, ad 65 Già l’art. 21 del Codice amministrazione digitale prevedeva che il documento informatico, sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica qualificata, acquistasse l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. cioè quella di una normale scrittura privata. Con l’art. 16 comma 12, d.l. n. 185/2008 viene previsto che le copie su supporto informatico di qualsiasi tipologia di documenti analogici originali, formati in origine su supporto cartaceo o su altro supporto non informatico, sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale sia assicurata da chi lo detiene mediante l’utilizzo della propria firma digitale e nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 71. Pertanto la documentazione inviata con posta elettronica, soddisfa quanto richiesto dalla norma, potendosi quindi fare a meno del notaio nei casi di dematerializzazione degli originali analogici .
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esempio, tra i professionisti che devono obbligatoriamente fare uso della PEC vi sono gli avvocati; questi dovranno dotarsi di un indirizzo PEC che comunicheranno al Consiglio dell’ordine di appartenenza, il quale lo renderà pubblico. Questo indirizzo PEC, però, per espressa previsione normativa, fatta dall’art. 16, com66 ma 4, d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68 , non è utilizzabile nel processo telematico. 67 Prevedeva, infatti, il d.p.r. n. 123/2001 , che per le comunicazioni, le notifiche, gli scambi ed il deposito degli atti di parte e tra le parti nel processo civile telematico, gli avvocati dovevano e potevano farlo solo se dotati di una casella di PEC “ordinaria” previa comunicazione dell’indirizzo al proprio Consiglio dell’Ordine e di una CPECPT ossia di una Casella di Posta Elettronica Certificata per il Processo Telematico, da usare esclusivamente per le comunicazioni e notifiche attinenti al processo civile telematico. Di quest’ultima, gli avvocati pure dovevano dare comunicazione al proprio Consiglio dell’Ordine, ai sensi e per le finalità dell’art. 7, d.p.r. n. 123/2001. Sin qui erano le certezze, fino ad un certo momento, che non ammettevano e non davano luogo a dubbi di sorta sennonché in materia è intervenuto il d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito in legge 24 febbraio 2010, n. 24. Con questo decreto il legislatore, a distanza di pochi mesi dalla riforma del codice di procedura civile, è nuovamente intervenuto sul nostro sistema processuale apportando ulteriori e significative modifiche. La novità più rilevante introdotta con il decreto è quella dall’inserimento dell’art. 149-bis in materia di notificazione a mezzo posta elettronica. Prevede la novella che, se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. Quindi, se la parte chiede la notifica di un documento cartaceo, l’ufficiale giudiziario che intende provvedervi ai sensi del primo comma dell’articolo in esame, cioè mediante la notificazione per mezzo della PEC, dovrà estrarre e trasmettere una copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi. Da un primo esame di questa parte della norma, nella sua non equivoca formulazione, non pare esservi dubbio alcuno che il nostro legislatore abbia mutato l’originaria previsione regolamentare del non utilizzo nel processo telematico sia esso civile che penale della PEC quale mezzo di notifica. Si evincevano, poi, anche in relazione a quest’ultima modalità di notificazione, problematiche in ordine al momento in cui si perfeziona, per il notificante, la notifica, posto che nella notifica a mezzo PEC questo momento coinciderà con la data del timbro che l’ufficiale giudiziario apporrà a tergo od a margine dell’atto cartaceo depositato. Questo, poi, una volta passato allo scanner potrà essere tra-
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Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, La comunicazione e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle più recenti novità normative, citata infra. 67 Ci si permette di rinviare a A. CONTALDO, M. GORGA, Il processo civile telematico (PCT) Come occasione della diffusione delle best practices nel settore giustizia, cit., 369 ss.
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smesso per posta elettronica certificata ad esempio all’avvocato domiciliatario all’indirizzo PEC dichiarato al relativo Consiglio dell’Ordine. Per il destinatario, invece, la notifica si perfeziona non già dal momento in cui ha piena conoscenza dell’atto trasmesso, ma dal momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella sua casella di posta elettronica certificata indipendentemente se letta o no. Per il perfezionamento, cioè, della notifica, in capo al destinatario, non è richiesto che questi acceda alla sua casella di posta elettronica e ne prenda “effettivamente visione”, ma è solo sufficiente che il messaggio sia stato depositato presso il gestore della casella che gli rende il servizio e che questo ne abbia rilasciata “ricevuta”. Quest’ultima sarà trasmessa al notificante con l’attestazione di intervenuto “deposito o presa in carico”. Quindi ci troveremo di qui a breve dinanzi ad un diverso regime di notificazione con diversa validità in ordine al tempo della notifica per notificante e notificato, a seconda se sarà seguito il metodo tradizionale o quello telematico mediante la PEC. L’ufficiale giudiziario, quando notifica tramite PEC, redige la relazione di notifica ai sensi dell’art. 148, comma 1, c.p.c. (che deve contenere le informazioni di cui al comma 2, sostituendo il luogo della consegna con l’indirizzo di posta elettronica presso il quale l’atto è stato inviato) su un documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale, congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La norma al riguardo prevede che al documento informatico originale, o alla copia informatica del documento cartaceo, siano allegate, mediante gli appositi strumenti sempre individuati con Decreto ministeriale, «le ricevute di invio e di consegna» previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica. Eseguita la notificazione, l’ufficiale giudiziario restituisce all’istante o al richiedente, anche per via telematica, l’atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti. Proprio questo è, perciò, il momento in cui si perfeziona la notifica ed in merito occorre evidenziare come il sistema della notifica tramite PEC abbia superato ex se tutte quelle problematiche per la notifica a mezzo posta 68 evidenziate anche con la sentenza della Corte Cost. 11 gennaio 2010, n. 3 . In tema di notifica, a mezzo del servizio postale, viene, poi, al nostro esame la disciplina che il codice di procedura civile detta agli artt. 140 e 149, norme non utilmente comparabili, in quanto aventi finalità diverse. Mentre, infatti, la disciplina dettata dall’art. 140 c.p.c. – per l’ipotesi di notificazione eseguita personalmente dall’ufficiale giudiziario, ma resa impossibile per irreperibilità o rifiuto del destinatario – è ispirata all’evidente fine di non pregiudicare il diritto di difesa del notificante, a causa di circostanze personali o di possibili comportamenti dilatori del destinatario; l’art. 149 c.p.c., invece, riguarda la diversa ipotesi di notificazio68 Al riguardo vedi le analisi di F. LAQUIDARA, Commento alla sentenza n. 3/2010 della Corte Costituzionale, in www.diritto.it.
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ne effettuata a mezzo del servizio postale e persegue l’inderogabile finalità di tutelare il diritto di difesa del notificatario. L’art. 140 c.p.c. è stato dichiarato, infatti, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dal momento in cui l’ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell’atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla sua porta di abitazione, completa l’iter notificatorio inviandogli una raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell’avvenuto deposito, e non prevedono che la notificazione si consideri eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro della copia dell’atto, se anteriore; in tal modo il sistema “tradizionale” di notifica si è dovuto adeguare alla ratio di cui all’art. 149-bis 69 c.p.c. introdotto dal d.l. n. 193/2009 convertito in legge n. 24/2010 . Nella sostanza ha argomentato la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 3/2010, che l’art. 140 c.p.c. e l’art. 8, legge n. 890/1982 prevedono modalità notificatorie alquanto simili in presenza di analoghi presupposti di fatto. In entrambi i casi, la notifica non può effettuarsi direttamente al destinatario, perché questi non è reperibile in loco o perché le persone abilitate a ricevere il piego in luogo di lui rifiutano di riceverlo, ovvero perché vi è temporanea assenza del destinatario o vi è mancanza, inidoneità o assenza delle persone previste dalla legge. In un caso, quello di cui all’art. 140 c.p.c., l’ufficiale giudiziario deposita la copia dell’atto da notificare nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento; analogamente, nel caso di notifica ex art. 8, legge n. 890/1982, l’agente postale deposita il piego presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza, e del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l’ufficio postale o una sua dipendenza dà notizia al destinatario mediante avviso, in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Quindi, a rigore di logica, l’unica vera differenza strutturale sarebbe che, nel primo caso, l’ufficiale giudiziario provvede al deposito della copia presso la casa comunale, mentre, nell’altro, l’agente postale provvede al deposito del piego presso l’ufficio postale. Questa differenza non può ex se giustificare l’operare della successiva regola secondo cui solo nella notifica postale il destinatario ha dieci giorni di tempo dalla spedizione della raccomandata per ritirare l’atto presso l’ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo svantaggio, laddove l’art. 140 c.p.c. – secondo la tradizionale interpretazione di legittimità – fa coincidere la data della notifica con la stessa data di spedizione della raccomandata. La Corte Costituzionale, quindi, con sentenza n. 3/2010 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c. nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il de69 Vedi al riguardo le analisi di A. BATÀ, V. CARBONE, Le notificazioni. Dottrina e giurisprudenza, V ed., Milano, 2010, 299 ss.
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stinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. La sentenza in esame, quindi, ribadisce il principio della scissione del momento di perfezionamento ed evidenzia che, ai fini della tutela delle posizioni del destinatario, i termini che decorrono dalla notifica devono partire dall’effettiva ricezione della raccomandata ovvero dopo dieci giorni dalla spedizione. Tertium comparationis rappresentato dalla nuova disciplina che ne scaturisce stà nel fatto che nelle notifiche a mezzo posta vi è maggiore garanzia per il destinatario dell’atto notificato, senza che ciò vada a penalizzare il mittente che non subisce e non assume nessun danno o rischio dai tempi del procedimento notificatorio. Giurisprudenza
La Corte Costituzionale con Sentenza n. 3 dell’11.01.2010, depositata il 14.01.2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. Sempre la Corte di Cassazione, con ordinanza delle Sezioni unite n. 458 del 2005, ha ritenuto che, anche se per il notificante la notifica ex art. 140 cod. proc. civ. prende effetto dalla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, si considera comunque necessario che il notificante esibisca l’avviso di ricevimento tanto per consentire al giudice di verificare se l’atto sia stato effettivamente consegnato al destinatario o sia comunque convenientemente entrato nella sua sfera di conoscibilità
4.11. Le nuove regole tecniche per le comunicazioni e le notifiche telematiche previste nel d.m.g. 28 febbraio 2011, n. 44
Il nuovo d.m.g. n. 44/2011 definisce la posta elettronica certificata come il sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici, ai sensi del d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68. Nell’ambito della nuova configurazione delle comunicazione e notifiche telematiche occorre, però, una preventiva identificazione di tutti i soggetti che secondo le nuove norme, ricorrendone i presupposti di cui abbiamo parlato nei capitoli precedenti, possono interfacciarsi con l’infrastruttura ministeriale del processo telematico. Occorre cioè identificare i Soggetti abilitati all’utilizzo dei servizi di consultazione, di informazioni e trasmissione di documenti informatici relativi al processo telematico. Questi li possiamo classificare in soggetti abilitati interni, che sono quei soggetti che appartengono all’amministrazione giudiziaria quali: i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli uffici UNEP, e soggetti abilitati esterni che a loro volta possono essere soggetti abilitati esterni privati e soggetti abilitati esterni pubblici. Orbene appartengono alla prima delle due categorie in parola, ossia quella dei Soggetti abilitati esterni privati: a) i difensori delle parti private; b) gli avvocati iscritti negli elenchi specia-
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li; c) gli esperti e gli ausiliari del giudice. Appartengono, invece, alla seconda i c.d. esterni pubblici che sono: a) gli avvocati ed i procuratori dello Stato; b) gli altri dipendenti di amministrazioni statali, regionali, metropolitane, provinciali e comunali. Nell’ambito della nuova architettura, tra le tante novità di cui abbiamo già reso conto e delle altre di cui ora diremo, deve essere qui segnalata quella importantissima che possiamo riassumere nell’affrancamento, rispetto al precedente sistema, delle dotazioni di accesso, prima riservata ai soli c.d. “addetti ai lavori” attraverso la CPECPT, ora invece consentita nel nuovo sistema anche all’utente privato – sia pure per sole attività di informativa – sia esso impresa o cittadino, tramite PEC quando questi ultimi non operano come soggetti abilitati esterni al sistema del PCT. Ulteriore distinzione da farsi è, poi, quella tra certificazione del soggetto abilitato esterno privato che è l’attestazione di iscrizione all’albo, all’albo speciale, al registro ovvero di possesso della qualifica che legittima l’esercizio delle funzioni professionali e l’assenza di cause ostative all’accesso nonché la certificazione del soggetto abilitato esterno pubblico che è l’attestazione di appartenenza del soggetto all’amministrazione pubblica. Orbene tutti questi soggetti, quelli esterni privati con le limitazioni di cui abbiamo fatto cenno, possono accedere ai sistemi informativi. I soggetti abilitati interni (i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli uffici UNEP) hanno la disponibilità, da parte del dominio giustizia, delle funzioni di ricezione, accettazione e trasmissione dei dati e dei documenti informatici nonché di consultazione e gestione del fascicolo informatico, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. L’accesso loro riservato è effettuato con le 70 modalità definite specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia che ne consente l’accesso anche dall’esterno del dominio giustizia. La comunicazione per via telematica dall’ufficio giudiziario ad un soggetto abilitato esterno o all’utente privato avviene mediante l’invio di un messaggio dall’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario mittente all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, indicato nel registro generale degli indirizzi elettronici, ovvero per il cittadino consultabile ai sensi dell’art. 7, d.p.c.m. 6 maggio 2009 e per l’impresa, all’indirizzo indicato nel registro delle imprese, secondo le specifiche tecniche stabilite dal Responsabile per i Sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPa e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Specifiche tecniche, è opportuno precisare, che verranno rese disponibili, mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici, mentre fino a tale pubblicazione continueranno ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti. 70 Nelle specifiche sono disciplinati i requisiti di legittimazione e le credenziali di accesso al sistema da parte delle strutture e dei soggetti abilitati interni.
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La cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario provvede, quindi, ad effettuare una copia informatica dei documenti cartacei, che avranno valore legale ai sensi della nuova normativa di modifica del CAD da comunicare nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite dal suddetto Responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPa. La comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e produce particolari effetti in quanto da chiunque inviati ad una pubblica amministrazione, con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la trasmissione non deve più essere seguita dall’invio del documento originale. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende, infatti, spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore. Se effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, infatti, nei casi consentiti dalla 71 legge, alla notificazione per mezzo della posta . Fermo che vi sia stata modifica dell’indirizzo elettronico, cosa che può essere fatta dal legittimato solo in due periodi ben precisi dell’anno e vale a dire dall’1 al 31 gennaio e dall’1 al 31 luglio, e salvo il caso fortuito o la forza maggiore, si procede ai sensi dell’art. 51, comma 3, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata: gli avvisi di mancata consegna vengono conservati nel fascicolo informatico. La comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata per estratto con contestuale messa a disposizione dell’atto integrale nell’apposita area del portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero e nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’art. 26, pertanto, l’accesso ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal dominio giustizia, può avvenire solo mediante autenticazione sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero e nel rispetto delle stesse specifiche, mentre il punto di accesso stabilisce la connessione con il portale dei servizi telematici mediante un collegamento sicuro con mutua autenticazione a seguito della quale viene in ogni caso trasmesso al gestore dei servizi telematici il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso. Fatto salvo il caso di modifica dell’indirizzo elettronico nei periodi consentiti dallo stesso art. 20 in esame, il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotare il terminale informatico utilizzando software idoneo a verificare l’assenza di virus in-
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Vedi A. BATÀ, V. CARBONE, Le notificazioni, cit., 301 ss.
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formatici per ogni messaggio in arrivo ed in partenza e di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati; inoltre è tenuto a conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia. La comunicazione si intende perfezionata il giorno feriale successivo al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario, in osservanza di quanto stabilito con l’art. 49 CAD, poiché gli addetti alle operazioni di trasmissione per via telematica di atti, dati e documenti formati con strumenti informatici non possono prendere cognizione della corrispondenza telematica, duplicare con qualsiasi mezzo o cedere a terzi a qualsiasi titolo informazioni anche in forma sintetica o per estratto, sull’esistenza o sul contenuto di corrispondenza, comunicazioni o messaggi trasmessi per via telematica, salvo che si tratti di informazioni, per loro natura o per espressa indicazione del mittente, destinate ad essere rese pubbliche. Gli atti, i dati e i documenti trasmessi per via telematica si considerano, nei confronti del gestore del sistema di trasporto delle informazioni, di proprietà del mittente sino a che non sia avvenuta la consegna al destinatario. Normativa
D.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Art. 51. A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alle parti che non hanno provveduto ad istituire e comunicare l’indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario. D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 – Art. 49. Gli addetti alle operazioni di trasmissione per via telematica di atti, dati e documenti formati con strumenti informatici non possono prendere cognizione della corrispondenza telematica, duplicare con qualsiasi mezzo o cedere a terzi a qualsiasi titolo informazioni anche in forma sintetica o per estratto sull’esistenza o sul contenuto di corrispondenza, comunicazioni o messaggi trasmessi per via telematica, salvo che si tratti di informazioni per loro natura o per espressa indicazione del mittente destinate ad essere rese pubbliche. Agli effetti del presente codice, gli atti, i dati e i documenti trasmessi per via telematica si considerano, nei confronti del gestore del sistema di trasporto delle informazioni, di proprietà del mittente sino a che non sia avvenuta la consegna al destinatario.
4.12. Requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno ed i sistemi informatici per i soggetti abilitati interni per le notifiche telematiche e tra gli avvocati sulla scorta del d.m. n. 44/2011
Il gestore di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno, fermi restando gli obblighi previsti dal d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68 e dal d.m. 2 novembre 2005, recante «Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata», è tenuto ad adot-
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tare software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati. Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotare il terminale informatico utilizzato di software idoneo a verificare l’assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza e di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati; è tenuto, altresì, a conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia. La casella di posta elettronica certificata deve disporre di uno spazio disco minimo definito nelle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giusti72 zia . Inoltre deve dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e deve verificare l’effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione. I sistemi informatici del dominio giustizia mettono a disposizione dei soggetti abilitati interni le funzioni di ricezione, accettazione e trasmissione dei dati e dei documenti informatici, nonché di consultazione e gestione del fascicolo informatico, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. L’accesso dei soggetti abilitati interni è effettuato con le modalità definite specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia che consentono l’accesso anche dall’esterno del dominio giustizia. Nelle specifiche sono disciplinati i requisiti di legittimazione e le credenziali di accesso al sistema da parte delle strutture e dei soggetti abilitati interni. Al di fuori dei casi previsti dall’art. 51, d.l. 5 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le richieste telematiche di un’attività di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP, tramite posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPa e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. La notificazione per via telematica da parte dell’UNEP rispetta i requisiti richiesti per la comunicazione da un ufficio giudiziario verso i soggetti abilitati esterni o all’utente privato, perciò deve avvenire mediante invio di un messaggio dall’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario mittente all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, indicato nel registro generale degli indirizzi elettronici, ovvero per il cittadino consultabile ai sensi dell’art. 7, d.p.c.m. 6 maggio 2009 e per l’impresa indicato nel registro delle imprese, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Il sistema informatico dell’UNEP recupera l’indirizzo di posta elettronica del destinatario dal re72 Vedi F. CORSINI, Le comunicazioni a mezzo posta elettronica nel pocesso civile, in Riv. dir. priv., 2008, 763 ss.
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gistro generale degli indirizzi elettronici , dal registro delle imprese o dagli albi o elenchi costituiti ai sensi dell’art. 16 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 convertito con legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché per il cittadino dall’elenco reso consultabile ai sensi dell’art. 7, d.p.c.m. 6 maggio 2009 in base alle specifiche tecniche. Il sistema informatico dell’UNEP, eseguita la notificazione, trasmette per via telematica a chi ha richiesto il servizio il documento informatico con la relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale e congiunta all’atto cui si riferisce, nonché le ricevute di posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. L’ufficiale giudiziario, se non procede alla notificazione per via telematica, effettua la copia cartacea del documento informatico, attestandone la conformità all’originale, e provvede a notificare la copia stessa mediante consegna della copia a mani proprie del destinatario, presso la casa di abitazione oppure, se ciò non è possibile, ovunque lo trovi nell’ambito della circoscrizione dell’ufficio giudiziario al quale è addetto. Ai sensi dell’art. 4, legge 21 gennaio 1994, n. 53, norma che prevede la possibilità per il difensore munito di procura alle lite e dell’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine di appartenenza ad effettuare le notificazione a mezzo posta, è possibile eseguire la notificazione in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamente mediante consegna di copia dell’atto al domicilio del destinatario, nel caso in cui il destinatario sia altro avvocato o procuratore legale, che abbia la qualità di domiciliatario di una parte a cui notificare, e che sia iscritto allo stesso albo del notificante, identicamente può notificare ai soggetti abilitati esterni con mezzi telematici, anche previa estrazione di copia informatica del docu74 mento cartaceo . A tale scopo trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, nella forma di allegato al messaggio di posta elettronica certificata inviato al destinatario. Nel corpo del messaggio è inserita la relazione di notificazione sia sull’originale che sulla copia dell’atto inviato e per le notificazioni di atti effettuate prima dell’iscrizione a ruolo della causa o del deposito dell’atto introduttivo della procedura, l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante ed il suo procuratore; per le notificazioni effettuate in corso del procedimento, l’avviso deve indicare anche l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso, dell’indirizzo di posta elettronica certificata presso il quale l’atto è stato inviato, nonché del numero di registro cronologico il cui modello è stabilito con decreto del Ministero della giu-
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Vedi ancora F. CORSINI, Ancora sulle notificazioni dirette tra avvocati a mezzo fax e posta elettronica nel processo societario: un nuovo argomento testuale a favore della loro inesistenza, in Giur. it., 2007, 5 ss. 74 Vedi al riguardo le analisi di F. CORSINI, Le notificazioni dirette tra avvocati a mezzo fax e posta elettronica nel processo societario: validità, nullità o inesistenza?, in Giur. it., 2005, 2336.
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stizia vidimato dal Presidente del Consiglio dell’ordine o suo delegato su ogni mezzo foglio. La notificazione si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario. Quando il difensore procede ai sensi dell’art. 170, comma 4, c.p.c., alla notifica di comparse e memorie consentite dal giudice, le comunicazioni si effettuano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o a margine, del visto della parte o del procuratore; nel caso in cui, invece, il giudice autorizzi per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio, lo scambio o la comunicazione anche a mezzo telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi, lo scambio delle memorie è effettuato mediante invio di copia della memoria alle parti costituite anche a mezzo di PEC. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso. Normativa
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009. Art. 7 – L’affidatario del servizio di PEC ai cittadini di cui all’art. 6, comma 1, rende consultabili alle pubbliche amministrazioni, in via telematica, gli indirizzi di PEC di cui al presente decreto, nel rispetto dei criteri di qualità e sicurezza ed interoperabilità definiti dal CNIPA e nel rispetto della disciplina in materia di tutela dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Legge del 21 gennaio 1994 n. 53. Art. 4 – 1. L’avvocato o il procuratore legale, munito della procura e dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, può eseguire notificazioni in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamente, mediante consegna di copia dell’atto nel domicilio del destinatario, nel caso in cui il destinatario sia altro avvocato o procuratore legale, che abbia la qualità di domiciliatario di una parte e che sia iscritto nello stesso albo del notificante. 2. Nel caso di cui al comma 1, l’originale e la copia dell’atto devono essere previamente vidimati e datati dal consiglio dell’ordine nel cui albo entrambi sono iscritti. Cod. Proc. Civ. Art. 140 – Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il giudice puo’ autorizzare per singoli atti, in qualunque stato e grado del giudizio, che lo scambio o la comunicazione di cui al presente comma possano avvenire anche a mezzo telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. La parte che vi procede in relazione ad un atto di impugnazione deve darne comunicazione alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni.
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4.13. L’uso della posta elettronica certificata: brevi conclusioni
È innegabile che l’utilizzo della posta elettronica certificata comporta vantaggi che sono di carattere economico, ma anche di sicurezza e rapidità nella trasmissione e nella ricezione degli atti quali l’integrità e la mole dei dati trasmessi, nonché la possibilità di un invio multiplo, cioè a più destinatari contemporaneamente. La tracciabilità della casella mittente, e quindi del titolare, la possibilità di consultare il proprio indirizzo e-mail anche da postazioni diverse da quella del proprio ufficio o dall’abitazione, e la permanenza in memoria del messaggio e di 75 quanto allegato , sempre accessibile, è un innegabile vantaggio anche organizzativo. Inoltre si tenga presente che il gestore ha l’obbligo di archiviare sia i Log dei messaggi PEC che gli allegati, per un periodo di trenta mesi, conservando la traccia di ogni singola operazione, in modo tale che qualora il mittente abbia smarrito le ricevute, possa comunque ricostruire le operazioni effettuate. Tuttavia, nonostante questi innegabili vantaggi sulla base di un’analisi scientifica delle norme ordinamentale della posta elettronica certificata, sono da evidenziare criticità e problematiche che mettono in dubbio la legittimazione giuridica del sistema di posta e la sua utilizzabilità nel processo civile telematico; problematiche che hanno la loro radice nel confuso e disorganico processo di produzione normativa volto più alla propaganda del risparmio che all’evoluzione tecnologica di una P.A. informatizzata e di un processo civile telematico non più rinviabile. Inoltre con norme contraddittorie si vanno ad annullare quelle che erano le poche certezze del processo telematico secondo la previsione di caselle di posta certificate solo per il processo telematico con altrettanti, limitati, punti di accesso. Un ulteriore esempio di complessità applicativa è rappresentato dall’applicazione di quanto previsto dalla direttiva comunitaria 93/99/CE che disciplina, tra l’altro, la firma elettronica, la quale prevede soltanto due tipi di firma elettronica, vale a dire la firma elettronica (art. 2, n. 1) e la firma elettronica avanzata (art. 2, n. 2); la direttiva, recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 10/2002, è stata poi abrogata con il Codice dell’amministrazione digitale che ha previsto altresì la firma elet76 tronica qualificata e la firma digitale . Attualmente, quindi, sulla base delle disposizioni vigenti del CAD esistono tre firme tra cui non è contemplata quella elettronica avanzata. Questo esame delle firme elettroniche non è ininfluente ai fini dell’analisi che abbiamo fatto perché per l’art. 9, comma 1, d.p.r. n. 68/2005 dispone che: «le ricevute rilasciate dai gestori di posta elettronica certificata sono 75
Le caselle PEC in commercio hanno una dimensione non inferiore ad 1 Giga per cui consentono di mantenere in giacenza quasi 5.000 mail, in questo modo diventa possibile ricevere allegati di grandi dimensioni o gestire una quantità superiore di messaggi rispetto alle normali caselle. 76 Sul punto vedi M. CAMMARATA, E. MACCARONE, La firma digitale sicura, Milano, 2003, 91 ss., G. BUONOMO, Processo telematico e firma digitale, Milano, 2004, 72 ss., M. CAMMARATA, Firme elettroniche. Problemi normativi del documento informatico, Pescara, 2005, 42 ss.
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sottoscritte dai medesimi mediante una firma elettronica avanzata». Inoltre, al comma 2, si prevede che «la busta di trasporto è sottoscritta con una firma elettronica di cui al comma 1». In sostanza, per la validità della posta elettronica certificata – ai sensi dell’art. 4, ult. comma, – è necessario che i gestori firmino le ricevute sia di invio che di consegna con la firma elettronica avanzata che, per quanto ci risulta, non è fattispecie presente nel nostro ordinamento giuridico stante l’intervenuta abrogazione del d.lgs. n. 10/2002 che la prevedeva. Altra problematica è poi quella relativa all’interoperabilità della PEC in ambito internazionale; infatti in merito l’art. 16 del decreto legge n. 185 del 2009 ha previsto che vi sia un «analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse, garantendo l’interoperabilità con analoghi sistemi internazionali». È qui da notare che il contenuto prescrittivo dell’art. 16 pare voglia scindere in due parti, tra loro diverse sotto l’aspetto tecnologico, la fattispecie. Da un lato si prevede l’obbligatorietà di dotazione ed utilizzo della posta elettronica certificata secondo un preciso sistema regolamentare a livello di legislazione domestica, dall’altra le caratteristiche vengono indicate genericamente in quanto si ritiene sufficiente se «basato su tecnologie che certifichino data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse, garantendo l’interoperabilità con analoghi sistemi internazionali»; ma tutto ciò senza fare alcun riferimento agli standards o specifici requisiti tecnici, peraltro già oggetto di intervento nel piano d’azione e-Europe 2002, che incoraggiava il rafforzamento e la prosecuzione delle iniziative volte a sostenere le industrie di contenuto nell’era digitale. In questa prospettiva, tale Piano proponeva di lanciare un programma (“e-content”) destinato a stimolare lo sviluppo e l’uso di un contenuto digitale europeo sulle reti mondiali. Proponeva anche la creazione di un meccanismo di coordinamento dei programmi di digitalizzazione applicati nei vari Stati membri. In generale, e-Europe ha funzionato molto bene per aumentare la connettività del pubblico e delle imprese a Internet, e creare un quadro giuridico per lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza. L’arrivo di nuovi servizi Internet ha aperto nuove possibilità per la società in generale, soprattutto grazie al77 l’istituzione di un quadro normativo per il commercio elettronico . Queste possibilità vennero ulteriormente stimolate dal recepimento e dall’attuazione del nuovo quadro normativo per le comunicazioni elettroniche. La successiva fase di sviluppo della società dell’informazione ha avuto l’avallo dei capi di Stato e di governo a Siviglia nel giugno 2002 quale Piano d’azione eEurope 2005. Il nuovo Piano d’azione s’incentrava su un numero più ristretto di obiettivi essenziali, tra cui lo sviluppo dell’accesso a Internet ad alto flusso, l’ammo77 Si rinvia a G. CASSANO, Il commercio elettronico: una premessa, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’Internet, a cura di G. Cassano, Milano, 2002, 357 ss.; F. DE MAGISTRIS, La direttiva comunitaria in materia di commercio elettronico, in op. supra cit., 369 ss. ed alla bibliografia colà citata ed in particolare a G. COMANDÈ, S. SICA, Il commercio elettronico. Profili giuridici, Torino, 2001, 42 ss.; infine vedi G. SCORZA, Il diritto dei consumatori e della concorrenza in Internet, Padova, 2006, 52 ss.
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dernamento dei servizi pubblici in linea, la creazione di un ambiente dinamico per il commercio elettronico e un’infrastruttura sicura di informazione a banda larga. Questo primo Piano d’Azione è stato integrato nel maggio 2002 col Piano e-Europe 2005, il quale, pur mantenendo gli obiettivi del precedente progetto, ha concentrato gli sforzi nei settori dove le politiche pubbliche possono portare un valore aggiunto e contribuire a creare un ambiente positivo per gli investimenti privati. Per questo, e-Europe 2005 mira a rinforzare lo sviluppo di: a) Servizi pubblici in rete (programmi specifici “e-government”, “e-learning”, “e-health”), per trasformare in modo uniforme in tutti i paesi europei le relazioni tra pubbliche amministrazioni e cittadini; b) accesso ad Internet tramite banda larga, sia con linea fissa che wireless, ed un’adeguata infrastruttura di protezione dell’informazione. Il Piano di azione eEurope 2005 segue il piano di azione 2002 che era soprattutto imperniato sull’estensione della connettività Internet in Europa. Il nuovo Piano di azione, approvato dal Consiglio europeo di Siviglia nel giugno 2002, mirava a tradurre questa connettività in un aumento della produttività economica ed un miglioramento della qualità e dell’accessibilità dei servizi a profitto di tutti i cittadini europei, sulla base di un’infrastruttura a banda larga protetta e ampiamente disponibile. La Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 28 maggio 2002 aveva come titolo “e-Europe 2005: una società dell’informazione per tutti”. L’accesso a banda larga è caratterizzato da un alto flusso e dall’accesso perma78 nente ad Internet , e risponde anche ad un obiettivo trasversale di accesso per tutti per lottare contro l’esclusione sociale dovuta a esigenze particolari quali un handicap, l’età o la malattia. Nel quadro del piano e-Europe 2005, i principali obiettivi che l’Unione europea intendeva raggiungere entro il 2005 erano servizi pubblici in linea moderni per: a) amministrazione elettronica (“e-government”); b) servizi di apprendimento elettronico (“e-learning”); c) servizi di telesalute (“e-health”); d) un ambiente dinamico per il commercio elettronico (“e-business”). Il piano e-Europe 2005 segue l’approccio inaugurato da e-Europe 2002, cioè definire obiettivi chiari ed effettuare una valutazione comparativa dei progressi compiuti, nonché accelerare l’adozione di nuovi strumenti legislativi e riorientare i programmi esistenti verso le nuove priorità identificate e che si sono definite negli ultimi anni nel senso di 79 un’Europa sempre più digitalizzata .
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Vedi al riguardo la Delibera n. 34/06/CONS dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni recante: “Mercato dell’accesso a banda larga all’ingrosso (mercato n. 12 della raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE): identificazione ed analisi del mercato, valutazione di sussistenza di imprese con significativo potere di mercato ed individuazione degli obblighi regolamentari”; sul punto comunque importanti erano state le analisi di G. PRODI, Lo sviluppo delle reti a banda larga: prime valutazioni, in Econ. pubbl., 2003, n. 3, 102 ss. 79 Si veda in merito A. CONTALDO, Le politiche pubbliche della Società dell’informazione, Padova, 2012, 62 ss.
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Decreto Ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44 – Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (in G.U. 18 aprile 2011, n. 89) Il Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto l’articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante «Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario», convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010 n.24; Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante “Codice dell’amministrazione digitale” e successive modificazioni; Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante «Codice in materia di protezione dei dati personali» e successive modificazioni; Visti gli articoli 16 e 16-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2”; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123, recante «Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti»; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, recante «Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge n. 16 gennaio 2003, n. 3»; Visto il decreto del Ministro della giustizia 17 luglio 2008, recante «Regole tecnicooperative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile»; Visto il decreto ministeriale 27 aprile 2009 recante «Nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia»; Visto il decreto del presidente del consiglio dei ministri 6 maggio 2009, recante «Disposizioni in materia di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini»; Rilevata la necessità di adottare le regole tecniche previste dall’articolo 4, comma 1, del citato decreto, in sostituzione delle regole tecniche adottate con il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123 e con il decreto del Ministro della Giustizia 17 luglio 2008; Acquisito il parere espresso in data 15 luglio 2010 dal Garante per la protezione dei dati personali;
8.
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Acquisito il parere espresso in data 20 luglio 2010 da DigitPA; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 25 novembre 2010 e quello espresso nell’adunanza del 20 dicembre 2010; Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri in data 18 gennaio 2011; Adotta il seguente regolamento:
Capo I PRINCIPI GENERALI Art. 1. Ambito di applicazione. – 1. Il presente decreto stabilisce le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24, recante «Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario» ed in attuazione del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante «Codice dell’amministrazione digitale» e successive modificazioni. Art. 2. Definizioni. – Ai fini del presente decreto si intendono per: a) dominio giustizia: l’insieme delle risorse hardware e software, mediante il quale il Ministero della giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura; b) portale dei servizi telematici: struttura tecnologica-organizzativa che fornisce l’accesso ai servizi telematici resi disponibili dal dominio giustizia, secondo le regole tecnicooperative riportate nel presente decreto; c) punto di accesso: struttura tecnologica-organizzativa che fornisce ai soggetti abilitati esterni al dominio giustizia i servizi di connessione al portale dei servizi telematici, secondo le regole tecnico-operative riportate nel presente decreto; d) gestore dei servizi telematici: sistema informatico, interno al dominio giustizia, che consente l’interoperabilità tra i sistemi informatici utilizzati dai soggetti abilitati interni, il portale dei servizi telematici e il gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia; e) posta elettronica certificata: sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68; f) identificazione informatica: operazione di identificazione in rete del titolare della carta nazionale dei servizi o di altro dispositivo crittografico, mediante un certificato di autenticazione, secondo la definizione di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; g) firma digitale: firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato, rilasciato da un certificatore accreditato, e generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; h) fascicolo informatico: versione informatica del fascicolo d’ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici, oppure le copie informatiche dei medesimi atti, qualora siano stati depositati su supporto cartaceo, ai sensi del codice dell’amministrazione digitale;
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i) codice dell’amministrazione digitale (CAD): decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante “Codice dell’amministrazione digitale” e successive modificazioni; l) codice in materia di protezione dei dati personali: decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di protezione dei dati personali” e successive modificazioni; m) soggetti abilitati: i soggetti abilitati all’utilizzo dei servizi di consultazione di informazioni e trasmissione di documenti informatici relativi al processo. In particolare si intende per: 1) soggetti abilitati interni: i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP; 2) soggetti abilitati esterni: i soggetti abilitati esterni privati e i soggetti abilitati esterni pubblici; 3) soggetti abilitati esterni privati: i difensori delle parti private, gli avvocati iscritti negli elenchi speciali, gli esperti e gli ausiliari del giudice; 4) soggetti abilitati esterni pubblici: gli avvocati, i procuratori dello Stato e gli altri dipendenti di amministrazioni statali, regionali, metropolitane, provinciali e comunali; n) utente privato: la persona fisica o giuridica, quando opera al di fuori dei casi previsti dalla lettera m); o) certificazione del soggetto abilitato esterno privato: attestazione di iscrizione all’albo, all’albo speciale, al registro ovvero di possesso della qualifica che legittima l’esercizio delle funzioni professionali e l’assenza di cause ostative all’accesso; p) certificazione del soggetto abilitato esterno pubblico: attestazione di appartenenza del soggetto all’amministrazione pubblica e dello svolgimento di funzioni tali da legittimare l’accesso; q) specifiche tecniche: le disposizioni di carattere tecnico emanate, ai sensi dell’articolo 34, dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPa e il Garante per la protezione dei dati personali, limitatamente ai profili inerenti la protezione dei dati personali; r) spam: messaggi indesiderati; s) software antispam: software studiato e progettato per rilevare ed eliminare lo spam; t) log: documento informatico contenente la registrazione cronologica di una o più operazioni informatiche, generato automaticamente dal sistema informatico; u) richiesta di pagamento telematico (RPT): struttura standardizzata che definisce gli elementi necessari a caratterizzare il pagamento e qualifica il versamento con un identificativo univoco, nonché contiene i dati identificativi, variabili secondo il tipo di operazione, e una parte riservata per inserire informazioni elaborabili automaticamente dai sistemi informatici; v) ricevuta telematica (RT): struttura standardizzata, emessa a fronte di una RPT, che definisce gli elementi necessari a qualificare il pagamento e trasferisce inalterate le informazioni della RPT relative alla parte riservata; z) identificativo univoco di erogazione del servizio (CRS): identifica univocamente una richiesta di erogazione del servizio ed è associato alla RPT e alla RT al fine di qualificare in maniera univoca il versamento; aa) prestatore dei servizi di pagamento: gli istituti di credito, Poste Italiane e gli altri soggetti che, ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 11 e successive modifiche ed integrazioni, mettono a disposizione strumenti atti ad effettuare pagamenti.
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Capo II SISTEMI INFORMATICI DEL DOMINIO GIUSTIZIA Art. 3. Funzionamento dei sistemi del dominio giustizia. – 1. I sistemi del dominio giustizia sono strutturati in conformità al codice dell’amministrazione digitale, alle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali e in particolare alle prescrizioni in materia di sicurezza dei dati, nonché al decreto ministeriale emanato a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto del Ministro della giustizia 27 marzo 2000, n. 264. 2. Il responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia è responsabile dello sviluppo, del funzionamento e della gestione dei sistemi informatici del dominio giustizia. 3. I dati sono custoditi in infrastrutture informatiche di livello distrettuale o interdistrettuale, secondo le specifiche di cui all’articolo 34. Art. 4. Gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. – Salvo quanto previsto all’articolo 19, il Ministero della giustizia si avvale di un proprio servizio di posta elettronica certificata conforme quanto previsto dal codice dell’amministrazione digitale. 2. Gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari e degli UNEP, da utilizzare unicamente per i servizi di cui al presente decreto, sono pubblicati sul portale dei servizi telematici e rispettano le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 3. Il Ministero della giustizia garantisce la conservazione dei log dei messaggi transitati attraverso il proprio gestore di posta elettronica certificata per cinque anni. Art. 5. Gestore dei servizi telematici. – 1. Il gestore dei servizi telematici assicura l’interoperabilità tra i sistemi informatici utilizzati dai soggetti abilitati interni, il portale dei servizi telematici e il gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Art. 6. Portale dei servizi telematici. – 1. Il portale dei servizi telematici consente l’accesso da parte dell’utente privato alle informazioni, ai dati e ai provvedimenti giudiziari secondo quanto previsto dall’articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati personali. 2. L’accesso di cui al comma 1 avviene a norma dell’articolo 64 del codice dell’amministrazione digitale e secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 3. Il portale dei servizi telematici mette a disposizione dei soggetti abilitati esterni i servizi di consultazione, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 4. Il portale dei servizi telematici mette a disposizione i servizi di pagamento telematico, secondo quanto previsto dal capo V del presente decreto. 5. Il portale dei servizi telematici mette a disposizione dei soggetti abilitati e degli utenti privati, in un’apposita area, i documenti che contengono dati sensibili oppure che eccedono le dimensioni del messaggio di posta elettronica certificata di cui all’articolo 13, comma 8, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26. 6. Il portale dei servizi telematici consente accesso senza l’impiego di apposite creden-
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ziali, sistemi di identificazione e requisiti di legittimazione, alle informazioni ed alla documentazione sui servizi telematici del dominio giustizia, alle raccolte giurisprudenziali e alle informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, che vengono rese disponibili in forma anonima. Art. 7. Registro generale degli indirizzi elettronici. – 1. Il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia, contiene i dati identificativi e l’indirizzo di posta elettronica certificata dei soggetti abilitati esterni di cui al comma 3 e degli utenti privati di cui al comma 4. 2. Per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, il registro generale degli indirizzi elettronici è costituito mediante i dati contenuti negli elenchi riservati di cui all’articolo 16, comma 7, del Decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge del 28 gennaio 2009 n. 2, inviati al Ministero della giustizia secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34. 3. Per i soggetti abilitati esterni non iscritti negli albi di cui al comma 2, il registro generale degli indirizzi elettronici è costituito secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 4. Per le persone fisiche, quali utenti privati, che non operano nelle qualità di cui ai commi 2 e 3, gli indirizzi sono consultabili ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 5. Per le imprese, gli indirizzi sono consultabili, senza oneri, ai sensi dell’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge del 28 gennaio 2009 n. 2, con le modalità di cui al comma 10 del medesimo articolo e secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34. 6. Il registro generale degli indirizzi elettronici è accessibile ai soggetti abilitati mediante le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. Art. 8. Sistemi informatici per i soggetti abilitati interni. – 1. I sistemi informatici del dominio giustizia mettono a disposizione dei soggetti abilitati interni le funzioni di ricezione, accettazione e trasmissione dei dati e dei documenti informatici nonché di consultazione e gestione del fascicolo informatico, secondo le specifiche di cui all’articolo 34. 2. L’accesso dei soggetti abilitati interni è effettuato con le modalità definite dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 34, che consentono l’accesso anche dall’esterno del dominio giustizia. 3. Nelle specifiche di cui al comma 2 sono disciplinati i requisiti di legittimazione e le credenziali di accesso al sistema da parte delle strutture e dei soggetti abilitati interni. Art. 9. Sistema informatico di gestione del fascicolo informatico. – 1. Il Ministero della giustizia gestisce i procedimenti utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, raccogliendo in un fascicolo informatico gli atti, i documenti, gli allegati, le ricevute di posta elettronica certificata e i dati del procedimento medesimo da chiunque formati, ovvero le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo. 2. Il sistema di gestione del fascicolo informatico è la parte del sistema documentale
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del Ministero della giustizia dedicata all’archiviazione e al reperimento di tutti i documenti informatici, prodotti sia all’interno che all’esterno, secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34. 3. La tenuta e conservazione del fascicolo informatico equivale alla tenuta e conservazione del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo, fermi restando gli obblighi di conservazione dei documenti originali unici su supporto cartaceo previsti dal codice dell’amministrazione digitale e dalla disciplina processuale vigente. 4. Il fascicolo informatico reca l’indicazione: a) dell’ufficio titolare del procedimento, che cura la costituzione e la gestione del fascicolo medesimo; b) dell’oggetto del procedimento; c) dell’elenco dei documenti contenuti. 5. Il fascicolo informatico è formato in modo da garantire la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi contenuti in relazione alla data di deposito, al loro contenuto, ed alle finalità dei singoli documenti. 6. Con le specifiche tecniche di cui all’articolo 34 sono definite le modalità per il salvataggio dei log relativi alle operazioni di accesso al fascicolo informatico. Art. 10. Infrastruttura di comunicazione. – 1. I sistemi informatici del dominio giustizia utilizzano l’infrastruttura tecnologica resa disponibile nell’ambito del Sistema Pubblico di Connettività per le comunicazioni con l’esterno del dominio giustizia.
Capo III TRASMISSIONE DI ATTI E DOCUMENTI INFORMATICI Art. 11. Formato dell’atto del processo in forma di documento informatico. – 1. L’atto del processo in forma di documento informatico è privo di elementi attivi ed è redatto nei formati previsti dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 34; le informazioni strutturate sono in formato XML, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, pubblicate sul portale dei servizi telematici. 2. La nota di iscrizione a ruolo può essere trasmessa per via telematica come documento informatico sottoscritto con firma digitale; le relative informazioni sono contenute nelle informazioni strutturate di cui al primo comma, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. Art. 12. Formato dei documenti informatici allegati. – 1. I documenti informatici allegati all’atto del processo sono privi di elementi attivi e hanno i formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 2. È consentito l’utilizzo dei formati compressi, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, purché contenenti solo file nei formati previsti dal comma precedente. Art. 13. Trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati. – 1. I documenti informatici di cui agli articoli 11 e 12 sono trasmessi da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati mediante l’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio destinatario, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.
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2. I documenti informatici di cui al comma 1 si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. 3. Nel caso previsto dal comma 2 la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente. Quando la ricevuta è rilasciata dopo le ore 14 il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo. 4. Ai fini della comunicazione prevista dall’articolo 170, quarto comma, del codice di procedura civile, la parte che procede al deposito invia ai procuratori delle parti costituite copia informatica dell’atto e dei documenti allegati con le modalità previste dall’articolo 18 del presente decreto. Fuori del caso di rifiuto per omessa sottoscrizione, il rigetto del deposito da parte dell’ufficio non impedisce il successivo deposito entro i termini assegnati o previsti dal codice di procedura civile. 5. La certificazione dei professionisti abilitati e dei soggetti abilitati esterni pubblici è effettuata dal gestore dei servizi telematici sulla base dei dati presenti nel registro generale degli indirizzi elettronici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 6. Al fine di garantire la riservatezza dei documenti da trasmettere, il soggetto abilitato esterno utilizza un meccanismo di crittografia, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 7. Il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia nonché dagli operatori della cancelleria o della segreteria, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 8. La dimensione massima del messaggio è stabilita nelle specifiche tecniche di cui all’articolo 34. Se il messaggio eccede tale dimensione, il gestore dei servizi telematici genera e invia automaticamente al mittente un messaggio di errore, contenente l’avviso del rifiuto del messaggio, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 9. I soggetti abilitati esterni possono avvalersi dei servizi del punto di accesso, di cui all’articolo 23, per la trasmissione dei documenti; in tale caso il punto di accesso si attiene alle modalità di trasmissione dei documenti di cui al presente articolo. Art. 14. Documenti probatori e allegati non informatici. – 1. I documenti probatori e gli allegati depositati in formato non elettronico sono identificati e descritti in una apposita sezione delle informazioni strutturate di cui all’articolo 11, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 2. La cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario provvede ad effettuare copia informatica dei documenti probatori e degli allegati su supporto cartaceo e ad inserirla nel fascicolo informatico, apponendo la firma digitale ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 22, comma 3 del codice dell’amministrazione digitale. Art. 15. Deposito dell’atto del processo da parte dei soggetti abilitati interni. – 1. L’atto del processo, redatto in formato elettronico da un soggetto abilitato interno e sottoscritto con firma digitale, è depositato nel fascicolo informatico, previa attestazione del deposito da parte della cancelleria o della segreteria dell’ufficio giudiziario mediante apposizione della data e della propria firma digitale.
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2. In caso di atto formato da organo collegiale l’originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente. 3. Quando l’atto è redatto dal cancelliere o dal segretario dell’ufficio giudiziario questi vi appone la propria firma digitale e ne effettua il deposito nel fascicolo informatico. 4. Se il provvedimento del magistrato è in formato cartaceo, il cancelliere o il segretario dell’ufficio giudiziario ne estrae copia informatica nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e vi appone la sua firma digitale, ove previsto. Art. 16. Comunicazioni per via telematica. – 1. La comunicazione per via telematica dall’ufficio giudiziario ad un soggetto abilitato esterno o all’utente privato avviene mediante invio di un messaggio dall’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario mittente all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, indicato nel registro generale degli indirizzi elettronici, ovvero per la persona fisica consultabile ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009 e per l’impresa indicato nel registro delle imprese, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 2. La cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario provvede ad effettuare una copia informatica dei documenti cartacei da comunicare nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, che conserva nel fascicolo informatico. 3. La comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e produce gli effetti di cui agli articoli 45 e 48 del codice dell’amministrazione digitale. 4. Fermo quanto previsto dall’articolo 20, comma 6, e salvo il caso fortuito o la forza maggiore, si procede ai sensi dell’articolo 51, comma 3 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata. 5. Le ricevute di avvenuta consegna e gli avvisi di mancata consegna vengono conservati nel fascicolo informatico. 6. La comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata per estratto con contestuale messa a disposizione dell’atto integrale nell’apposita area del portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26, con modalità tali da garantire l’identificazione dell’autore dell’accesso e la tracciabilità delle relative attività. 7. Nel caso previsto dal comma 6, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e
3, ma la comunicazione si intende perfezionata il giorno feriale successivo al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario. 8. Si applica, in ogni caso, il disposto dell’articolo 49 del codice dell’amministrazione digitale. Art. 17. Notificazioni per via telematica. – 1. Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 51, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le richieste telematiche di un’attività di
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notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 2. Le richieste di altri soggetti sono inoltrate all’UNEP tramite posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 3. La notificazione per via telematica da parte dell’UNEP rispetta i requisiti richiesti per la comunicazione da un ufficio giudiziario verso i soggetti abilitati esterni di cui all’articolo 16. 4. Il sistema informatico dell’UNEP individua l’indirizzo di posta elettronica del destinatario dal registro generale degli indirizzi elettronici, dal registro delle imprese o dagli albi o elenchi costituiti ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché per il cittadino dall’elenco reso consultabile ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009 in base alle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 5.Il sistema informatico dell’UNEP, eseguita la notificazione, trasmette per via telematica a chi ha richiesto il servizio il documento informatico con la relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale e congiunta all’atto cui si riferisce, nonché le ricevute di posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 6. L’ufficiale giudiziario, se non procede alla notificazione per via telematica, effettua la copia cartacea del documento informatico, attestandone la conformità all’originale, e provvede a notificare la copia stessa nei modi di cui agli articoli 138 e seguenti del codice di procedura civile. Art. 18. Notificazioni per via telematica tra avvocati. – 1. Nel caso previsto dall’articolo 4, legge 21 gennaio 1994, n. 53, il difensore può eseguire la notificazione ai soggetti abilitati esterni con mezzi telematici, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. A tale scopo trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, nella forma di allegato al messaggio di posta elettronica certificata inviato al destinatario. Nel corpo del messaggio è inserita la relazione di notificazione che contiene le informazioni di cui all’articolo 3, comma 2, della legge 21 gennaio 1994, n. 53, dell’indirizzo di posta elettronica certificata presso il quale l’atto è stato inviato, nonché del numero di registro cronologico di cui all’articolo 8 della suddetta legge. La notificazione si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario. 2. Quando il difensore procede ai sensi dell’articolo 170, comma 4, del codice di procedura civile, la comunicazione delle memorie è effettuata mediante invio di copia della memoria alle parti costituite a mente del comma 1. 3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso. Art. 19. Disposizioni particolari per la fase delle indagini preliminari. – 1. Nelle indagini preliminari le comunicazioni tra l’ufficio del pubblico ministero e gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria avvengono su canale sicuro protetto da un meccanismo di crittografia secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.
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2. Le specifiche tecniche assicurano l’identificazione dell’autore dell’accesso e la tracciabilità delle relative attività, anche mediante l’utilizzo di misure di sicurezza ulteriori rispetto a quelle previste dal disciplinare tecnico di cui all’allegato B del codice in materia di protezione dei dati personali. 3. Per le comunicazioni di atti e documenti del procedimento di cui al comma 1 sono utilizzati i gestori di posta elettronica certificata delle forze di polizia. Gli indirizzi di posta elettronica certificata sono resi disponibili unicamente agli utenti abilitati sulla base delle specifiche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 4. Alle comunicazioni previste dal presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 16, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e dell’articolo 20. 5. L’atto del processo in forma di documento informatico è privo di elementi attivi ed è redatto dalle forze di polizia nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34; le informazioni strutturate sono in formato XML, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. L’atto del processo, protetto da meccanismi di crittografia, è sottoscritto con firma digitale. Si applicano, in quanto compatibili, l’articolo 14 del presente decreto, nonché gli articoli 20 e 21 del codice dell’amministrazione digitale. 6. La comunicazione degli atti del processo alle forze di polizia, successivamente al deposito previsto dall’articolo 15, è effettuata per estratto con contestuale messa a disposizione dell’atto integrale, protetto da meccanismo di crittografia, in apposita area riservata all’interno del dominio giustizia, accessibile solo dagli appartenenti alle forze di polizia legittimati, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26. 7. Per la gestione del fascicolo informatico si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 9, commi da 1 a 5. Agli atti contenuti nel fascicolo informatico, custodito in una sezione distinta del sistema documentale di cui all’articolo 9, protetta da un meccanismo di crittografia secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, hanno accesso unicamente i soggetti abilitati interni appositamente abilitati. Alla conclusione delle indagini preliminari, e in ogni altro caso in cui il fascicolo o parte di esso deve essere consultato da soggetti abilitati esterni o da utenti privati, questi accedono alla copia resa disponibile mediante il punto di accesso e il portale dei servizi telematici, secondo quanto previsto al capo IV. 8. Per la trasmissione telematica dei flussi informativi sintetici delle notizie di reato e dei relativi esiti tra il Centro Elaborazione Dati del Servizio per il Sistema Informativo Interforze, di cui all’articolo 8, della legge 1° aprile 1981, n. 121 e successive modifiche ed integrazioni, e il sistema dei registri delle notizie di reato delle Procure della Repubblica sono utilizzate le infrastrutture di connettività delle pubbliche amministrazioni che consentono una interconnessione tra le Amministrazioni, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. Il canale di comunicazione è protetto con le modalità di cui al comma 1. 9. Per assicurare la massima riservatezza della fase delle indagini preliminari la base di dati dei registri di cui al comma 8 è custodita, con le speciali misure di cui al comma 2, separatamente rispetto a quella relativa ai procedimenti per i quali è stato emesso uno degli atti di cui all’articolo 60, del codice di procedura penale, in infrastrutture informatiche di livello distrettuale o interdistrettuale individuate dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati. I compiti di vigilanza sulle procedure di sicurezza adottate sulla base
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dati prevista dal presente comma sono svolti dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello competenti in relazione all’ufficio giudiziario titolare dei dati, avvalendosi del personale tecnico individuato dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati. Art. 20. Requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno. – 1. Il gestore di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno, fermi restando gli obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 e dal decreto ministeriale 2 novembre 2005, recante «Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata», è tenuto ad adottare software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati. 2. Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotare il terminale informatico utilizzato di software idoneo a verificare l’assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza e di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati. 3. Il soggetto abilitato esterno è tenuto a conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia. 4. La casella di posta elettronica certificata deve disporre di uno spazio disco minimo definito nelle specifiche tecniche di cui all’articolo 34. 5. Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione. 6. La modifica dell’indirizzo elettronico può avvenire dall’1 al 31 gennaio e dall’1 al 31 luglio. 7. La disposizione di cui al comma 6 non si applica qualora la modifica dell’indirizzo si renda necessaria per cessazione dell’attività da parte del gestore di posta elettronica certificata. Art. 21. Richiesta delle copie di atti e documenti. – 1. Il rilascio della copia di atti e documenti del processo avviene, previa verifica del regolare pagamento dei diritti previsti, tramite invio all’indirizzo di posta elettronica certificata del richiedente, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 2. L’atto o il documento che contiene dati sensibili o di grandi dimensioni è messo a disposizione nell’apposita area del portale dei servizi telematici, nel rispetto dei requisiti di sicurezza stabiliti ai sensi dell’articolo 34. 3. Nel caso di richiesta di copia informatica, anche parziale, conforme al documento originale in formato cartaceo, il cancelliere ne attesta la conformità all’originale sottoscrivendola con la propria firma digitale.
Capo IV CONSULTAZIONE DELLE INFORMAZIONI DEL DOMINIO GIUSTIZIA Art. 22. Servizi di consultazione. – 1. Ai fini di cui agli articoli 50, comma 1, 52 e 56 del codice dell’amministrazione digitale, l’accesso ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal dominio giustizia avviene tramite un punto di accesso o tramite il portale dei servizi telematici, nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26.
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Art. 23. Punto di accesso. – 1. Il punto di accesso può essere attivato esclusivamente dai soggetti indicati dai commi 6 e 7. 2. Il punto di accesso fornisce un’adeguata qualità dei servizi, dei processi informatici e dei relativi prodotti, idonea a garantire la sicurezza del sistema, nel rispetto dei requisiti tecnici di cui all’articolo 26. 3. Il punto di accesso fornisce adeguati servizi di formazione e assistenza ai propri utenti, anche relativamente ai profili tecnici. 4. La violazione da parte del gestore di un punto di accesso dei livelli di sicurezza e di servizio comporta la sospensione dell’autorizzazione ad erogare i servizi fino al ripristino di tali livelli. 5. Il Ministero della giustizia dispone ispezioni tecniche, anche a campione, per verificare l’attuazione delle prescrizioni di sicurezza. 6. Possono gestire uno o più punti di accesso: a) i consigli degli ordini professionali, i collegi ed i Consigli nazionali professionali, limitatamente ai propri iscritti; b) il Consiglio nazionale forense, ove delegato da uno o più consigli degli ordini degli avvocati, limitatamente agli iscritti del consiglio delegante; c) il Consiglio nazionale del notariato, limitatamente ai propri iscritti; d) l’Avvocatura dello Stato, le amministrazioni statali o equiparate, e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti; e) le Regioni, le città metropolitane, le provincie ed i Comuni, o enti consorziati tra gli stessi. f) Le Camere di Commercio, per le imprese iscritte nel relativo registro. 7. I punti di accesso possono essere altresì gestiti da società di capitali in possesso di un capitale sociale interamente versato non inferiore a un milione di euro. Art. 24. Elenco pubblico dei punti di accesso. – 1. L’elenco pubblico dei punti di accesso attivi presso il Ministero della giustizia comprende le seguenti informazioni: a) identificativo del punto di accesso; b) sede legale del soggetto titolare del punto di accesso; c) indirizzo internet; d) dati relativi al legale rappresentante del punto di accesso o a un suo delegato, comprendenti: nome, cognome, codice fiscale, indirizzo di posta elettronica certificata, numero di telefono e di fax; e) recapiti relativi ai referenti tecnici da contattare in caso di problemi. Art. 25. Iscrizione nell’elenco pubblico dei punti di accesso. – 1. Il soggetto che intende costituire un punto di accesso inoltra domanda di iscrizione nell’elenco pubblico dei punti di accesso secondo il modello e con le modalità stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia con apposito decreto, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. 2. Il Ministero della giustizia decide sulla domanda entro trenta giorni, con provvedimento motivato, anche sulla base di apposite verifiche, effettuabili anche da personale esterno all’Amministrazione, da questa delegato, con costi a carico del richiedente. 3. Con il provvedimento di cui al comma 2, il Ministero della giustizia delega la re-
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sponsabilità del processo di identificazione dei soggetti abilitati esterni al punto di accesso. Il Ministero della giustizia può delegare la responsabilità del processo di identificazione degli utenti privati agli enti pubblici di cui all’articolo 23, comma 6, lettera e). 4. Il Ministero della giustizia può verificare l’adempimento degli obblighi assunti da parte del gestore del punto di accesso di propria iniziativa oppure su segnalazione. In caso di violazione si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23, comma 3. Art. 26. Requisiti di sicurezza. – 1. L’accesso ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal dominio giustizia avviene mediante identificazione sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 2. Il punto di accesso stabilisce la connessione con il portale dei servizi telematici mediante un collegamento sicuro con mutua autenticazione secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 3. A seguito dell’identificazione viene in ogni caso trasmesso al gestore dei servizi telematici il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso. 4. I punti di accesso garantiscono un’adeguata sicurezza del sistema con le modalità tecniche specificate in un apposito piano depositato unitamente all’istanza di cui all’articolo 25, a pena di inammissibilità della stessa. Art. 27. Visibilità delle informazioni. – 1. Ad eccezione della fase di cui all’articolo 19, il dominio giustizia consente al soggetto abilitato esterno l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è costituito o svolge attività di esperto o ausiliario. L’utente privato accede alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte mediante il portale dei servizi telematici e, nei casi previsti dall’articolo 23, comma 6, lettere e) ed f), e comma 7, mediante il punto di accesso. 2. È sempre consentito l’accesso alle informazioni necessarie per la costituzione o l’intervento in giudizio in modo tale da garantire la riservatezza dei nomi delle parti e limitatamente ai dati identificativi del procedimento. 3. In caso di delega, rilasciata ai sensi dell’articolo 9 regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, il dominio giustizia consente l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dal delegante, previa comunicazione, a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell’ufficio giudiziario, che provvede ai conseguenti adempimenti. L’accesso è consentito fino alla comunicazione della revoca della delega. 4. La delega, sottoscritta con firma digitale, è rilasciata in conformità alle specifiche di strutturazione di cui all’articolo 35, comma 4. 5. Gli esperti e gli ausiliari del giudice accedono ai servizi di consultazione nel limite dell’incarico ricevuto e della autorizzazione concessa dal giudice. 6. Salvo quanto previsto dal comma 2, gli avvocati e i procuratori dello Stato accedono alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte una pubblica amministrazione la cui difesa in giudizio è stata assunta dal soggetto che effettua l’accesso. Art. 28. Registrazione dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati. – 1. L’accesso ai servizi di consultazione resi disponibili dal dominio giustizia si ottiene previa registrazione
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presso il punto di accesso autorizzato o presso il portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, comma 1. 2. I punti di accesso trasmettono al Ministero della giustizia le informazioni relative ad i propri utenti registrati, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, comma 1. Art. 29. Orario di disponibilità dei servizi di consultazione. – 1. Il portale dei servizi telematici garantisce la disponibilità dei servizi di consultazione nei giorni feriali dalle ore otto alle ore ventidue, dal lunedì al venerdì, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre.
Capo V PAGAMENTI TELEMATICI Art. 30. Pagamenti. – 1. Il pagamento del contributo unificato e degli altri diritti e spese è effettuato nelle forme previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni. La ricevuta e la attestazione di pagamento o versamento è allegata alla nota di iscrizione a ruolo o ad altra istanza inviata all’ufficio, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, ed è conservata dall’interessato per essere esibita a richiesta dell’ufficio. 2. Il pagamento di cui al comma 1 può essere effettuato per via telematica con le modalità e gli strumenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni normative e regolamentari relative al riversamento delle entrate alla Tesoreria dello Stato. 3. L’interazione tra le procedure di pagamento telematico messe a disposizione dal prestatore del servizio di pagamento, il punto di accesso e il portale dei servizi telematici avviene su canale sicuro, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 4. Il processo di pagamento telematico assicura l’univocità del pagamento mediante l’utilizzo della richiesta di pagamento telematico (RPT), della ricevuta telematica (RT) e dell’identificativo univoco di erogazione del servizio (CRS) che impediscono, mediante l’annullamento del CRS, un secondo utilizzo della RT. Le specifiche tecniche sono definite ai sensi dell’articolo 34. 5. La ricevuta telematica, firmata digitalmente dal prestatore del servizio di pagamento che effettua la riscossione o da un soggetto da questo delegato, costituisce prova del pagamento alla Tesoreria dello Stato ed è conservata nel fascicolo informatico. 6. L’ufficio verifica periodicamente con modalità telematiche la regolarità delle ricevute o attestazioni e il buon esito delle transazioni di pagamento telematico. Art. 31. Diritto di copia. – 1. L’interessato, all’atto della richiesta di copia, richiede l’indicazione dell’importo del diritto corrispondente che gli è comunicato senza ritardo con mezzi telematici dall’ufficio, secondo le specifiche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 2. Alla richiesta di copia è associato un identificativo univoco che, in caso di pagamento dei diritti di copia non contestuale, viene evidenziato nel sistema informatico per consentire il versamento secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni. 3. La ricevuta telematica è associata all’identificativo univoco.
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Art. 32. Registrazione, trascrizione e voltura degli atti. – 1. La registrazione, la trascrizione e la voltura degli atti avvengono in via telematica nelle forme previste dall’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni. Art. 33. Pagamento dei diritti di notifica. – 1. Il pagamento dei diritti di notifica viene effettuato nelle forme previste dall’articolo 30. 2. L’UNEP rende pubblici gli importi dovuti a titolo di anticipazione. Eseguita la notificazione, l’UNEP comunica l’importo definitivo e restituisce il documento informatico notificato previo versamento del conguaglio dovuto dalla parte oppure unitamente al rimborso del maggior importo versato in acconto.
Capo VI DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE Art. 34. Specifiche tecniche. – 1. Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. 2. Le specifiche di cui al comma precedente vengono rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. 3. Fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti. Art. 35. Disposizioni finali e transitorie. – 1. L’attivazione della trasmissione dei documenti informatici è preceduta da un decreto dirigenziale che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio. 2. L’indirizzo elettronico già previsto dal decreto del Ministro della Giustizia, 17 luglio 2008 recante «Regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile» è utilizzabile per un periodo transitorio non superiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 3. La data di attivazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 4, comma 2, è stabilita, per ciascun ufficio giudiziario, con apposito decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia che attesta la funzionalità del sistema di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. 4. Le caratteristiche specifiche della strutturazione dei modelli informatici sono definite con decreto del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicate nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. 5. Fino all’emanazione dei provvedimenti di cui al comma 4, conservano efficacia le caratteristiche di strutturazione dei modelli informatici di cui al decreto del Ministro della giustizia 10 luglio 2009, recante “Nuova strutturazione dei modelli informatici relativa all’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile e introduzione dei modelli informatici per l’uso di strumenti informatici e telematici nelle procedure esecutive individuali e concorsuali”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2009 – s. o. n. 120. Art. 36. Adeguamento delle regole tecnico-operative. – 1. Le regole tecnico-operative
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sono adeguate allâ&#x20AC;&#x2122;evoluzione scientifica e tecnologica, con cadenza almeno biennale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Art. 37. Efficacia. â&#x20AC;&#x201C; 1. Il presente decreto acquista efficacia il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 2. Dalla data di cui al comma 1, cessano di avere efficacia nel processo civile le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123 e del decreto del Ministro della giustizia 17 luglio 2008.
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Provvedimento 18 luglio 2011 – Specifiche tecniche previste dall’art. 34, comma 1, del regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. n. 82/2005 e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, d.l. n. 193/2009, convertito nella legge n. 24/2010. Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati. Il responsabile per i sistemi informativi automatizzati Visto il decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011, n. 44 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 89 del 18 aprile 2011), portante “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n.24; Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni; Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante «Codice in materia di protezione dei dati personali» e successive modificazioni; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, recante «Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della L. 16 gennaio 2003, n. 3»; Visto il decreto ministeriale 27 aprile 2009 recante «Nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia»; Visto il decreto del presidente del consiglio dei ministri 6 maggio 2009, recante «Disposizioni in materia di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini»; Rilevata la necessità di adottare le specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1, del citato decreto ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44; Acquisito il parere espresso in data 17 giugno 2011 dal Garante per la protezione dei dati personali; Acquisito il parere espresso in data 15 giugno 2011 da DigitPA; EMANA il seguente provvedimento:
Capo I PRINCIPI GENERALI Art. 1. Ambito di applicazione. – Il presente provvedimento stabilisce le specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1, del regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione
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e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decretolegge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24. Art. 2. Definizioni. – 1. Ai fini del presente provvedimento, oltre alle definizioni contenute nell’articolo 2 del regolamento, si intende: a) regolamento: il decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011, n. 44, portante “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24; b) CEC-PAC: Comunicazione Elettronica Certificata tra Pubblica Amministrazione e Cittadini, di cui al D.P.C.M. 6 maggio 2009; c) CNS: Carta Nazionale dei Servizi; d) CSV: Comma-separated values; e) DTD: Document Type Definition; f) DGSIA: Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia, responsabile per i sistemi informativi automatizzati; g) GSU: Sistema di gestione informatizzata dei registri per gli uffici notifiche e protesti; h)HSM: Hardware Security Module; i) HTTPS: HyperText Transfer Protocol over Secure Socket Layer; j) IMAP: Internet Message Access Protocol; k) PdA: Punto di Accesso, come definito all’art. 23 del regolamento; l) PEC: Posta Elettronica Certificata; m) POP: Post Office Protocol; n) PP.AA.: Pubbliche Amministrazioni; o) RdA: Ricevuta di Accettazione della Posta Elettronica Certificata; p) RdAC: Ricevuta di Avvenuta Consegna della Posta Elettronica Certificata; q) ReGIndE: Registro Generale degli Indirizzi Elettronici, come definito all’art. 7 del regolamento; r) SMTP: Simple Mail Transfer Protocol; s) UU.GG.: Uffici Giudiziari; t) WSDL: Web Services Definition Language; u) XML; eXtensible Markup Language; v) XSD: XML Schema Definition; w) SPC: Sistema Pubblico di Connettività; x) PKCS#11: interfaccia di programmazione che consente di accedere alle funzionalità crittografiche del token; tramite l’opportuna sequenza di chiamate al token per mezzo dell’interfaccia PKCS#11 è possibile implementare la procedura di identificazione. y) CAdES (CMS Advanced Electronic Signature): formato di busta crittografica definito nella norma ETSI TS 101 733 V1.7.4 e basata a sua volta sulle specifiche RFC 3852 e RFC 2634 e successive modificazioni.
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z) PAdES (PDF Advanced Electronic Signature): formato di busta crittografica definito nella norma ETSI TS 102 778 basata a sua volta sullo standard ISO/IEC 32000 e successive modificazioni. aa) OID (Object IDentifier): codice univoco basato su una sequenza ordinata di numeri per l’identificazione di evidenze informatiche utilizzate per la rappresentazione di oggetti come estensioni, attributi, documenti e strutture di dati in genere nell’ambito degli standard internazionali relativi alla interconnessione dei sistemi aperti che richiedono un’identificazione univoca in ambito mondiale.
Capo II SISTEMI INFORMATICI DEL DOMINIO GIUSTIZIA Art. 3. Infrastrutture informatiche – art. 3 del regolamento: 1. Il sistema informatico del Ministero della giustizia è articolato, salvo le infrastrutture unitarie e comuni, a livello interdistrettuale e distrettuale. In fase transitoria e quando ragioni tecniche lo rendono assolutamente necessario, possono essere mantenute strutture a livello locale. 2. Fermo quanto previsto da altre disposizioni, costituiscono infrastrutture unitarie e comuni le banche dati e i sistemi informatici indicati nell’allegato 1. 3. Il sistema di posta elettronica certificata è gestito dal fornitore presso la propria sala server, collegata ad SPC secondo le relative regole di interoperabilità e sicurezza. 4. Il dispiegamento di detti sistemi rispetta le disposizioni di cui al decreto del Ministro della giustizia in data 27 aprile 2009, recante “Nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia”. 5. Il Responsabile S.I.A. emana ed aggiorna periodicamente, con proprio decreto, le linee guida per la organizzazione e gestione del sistema informatico, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Le linee guida sono rese note con gli opportuni strumenti di comunicazione ed in ogni caso sul sito internet dell’Amministrazione. 6. Le strutture elaborative serventi ed i dati sono allocati in corrispondenza delle componenti di cui ai commi precedenti. Art. 4. Gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia – art. 4 del regolamento. – 1. Il Ministero della giustizia si avvale del proprio gestore di posta elettronica certificata, che rilascia e gestisce apposite caselle di PEC degli uffici giudiziari e degli UNEP da utilizzare esclusivamente per i servizi previsti dal regolamento, nel rispetto delle specifiche tecniche riportate in questo provvedimento. 2. Le caselle appartengono ad apposito sotto-dominio (civile.ptel.giustiziacert.it e penale.ptel.giustiziacert.it) e possono ricevere unicamente messaggi di posta elettronica certificata. I messaggi di posta elettronica ordinaria vengono automaticamente scartati. 3. Il gestore dei servizi telematici utilizza i protocolli POP3, POP3S, IMAP, IMAPS e SMTP per collegarsi al gestore di posta elettronica certificata del Ministero. 4. La codifica dei singoli uffici, comprensiva del relativo indirizzo di PEC, è contenuta nel catalogo dei servizi telematici di cui all’articolo 5, comma 3. 5. Non possono essere utilizzate diverse caselle di PEC per la trasmissione e il deposito di atti processuali.
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6. Il Ministero della giustizia conserva il log dei messaggi, transitati attraverso il proprio gestore di posta elettronica certificata, per dieci anni. A tal fine, il gestore di PEC del Ministero invia giornalmente, a una casella di posta di sistema, il log in formato CSV. Il log, sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata, è relativo a tutti gli indirizzi del sotto-dominio delle caselle del processo telematico e contiene tutti gli eventi relativi ai messaggi pervenuti, conservando le seguenti informazioni: a) il codice identificativo univoco assegnato al messaggio originale; b) la data e l’ora dell’evento; c) il mittente del messaggio originale; d) i destinatari del messaggio originale; e) l’oggetto del messaggio originale; f) il tipo di evento (accettazione, ricezione, consegna, emissione ricevute, errore, ecc.); g) il codice identificativo dei messaggi correlati generati (ricevute, errori, ecc.); h) il gestore mittente. 7. Un apposito modulo nell’ambito del portale dei servizi telematici comprende i componenti funzionali necessari per l’acquisizione, il salvataggio e l’interrogazione dei log prodotti dal servizio di PEC. 8. I web service d’interrogazione dei log PEC sono disponibili ai sistemi interni al dominio Giustizia. 9. Le comunicazioni di atti e documenti tra l’ufficio del pubblico ministero e gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari, avvengono mediante i gestori di posta elettronica certificata delle forze di polizia, le cui caselle sono rese disponibili unicamente agli utenti abilitati; in questo caso il gestore dei servizi telematici utilizza un canale sicuro progetto da un meccanismo di crittografia ai sensi di quanto previsto dall’articolo 20. Art. 5. Portale dei servizi telematici – art. 6 del regolamento. – 1. Il portale dei servizi telematici è accessibile all’indirizzo www.processotelematico.giustizia.it ed è composto di una “area pubblica” e di una “area riservata”. 2. L’“area pubblica”, dal titolo “Servizi online Uffici Giudiziari”, è composta da tutte le pagine web e i servizi del portale disponibili ad accesso senza l’impiego di apposite credenziali, sistemi di identificazione e requisiti di legittimazione; in essa sono disponibili le seguenti tipologie d’informazione: a) Informazioni e documentazione sui servizi telematici del dominio giustizia; b) Raccolte giurisprudenziali; c) Informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, rese di-sponibili in forma anonima; in questo caso, i parametri e i risultati di ricerca riportano unicamente i dati identificativi dei procedimenti (numero di ruolo, numero di sentenza, ecc.), senza riferimenti in chiaro ai nomi o ai dati personali delle parti e tali per cui non sia possibile risalire all’identità dell’interessato. Il canale di comunicazione per l’accesso a tali informazioni è cifrato (HTTPS). 3. Nell’area pubblica è consultabile il catalogo dei servizi telematici, che si compone di una serie di file aventi lo scopo di censire, in forma strutturata, tutte le informazioni relative ai servizi telematici, secondo gli XSD di cui all’Allegato 10.
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4. Per “area riservata” s’intende il contenitore di tutte le pagine e i servizi del portale disponibili previa identificazione informatica, come disciplinata dall’articolo 6. 5. Nell’area riservata sono disponibili informazioni, dati e provvedimenti giudiziari in formato elettronico, secondo quanto previsto all’art. 27 del regolamento, nonché i servizi di pagamento telematico e di richiesta copie. Art. 6. Identificazione informatica – art. 6 del regolamento. – 1. L’identificazione informatica avviene sul portale dei servizi telematici mediante carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi e sul punto di accesso mediante token crittografico (smart card, chiavetta USB o altro dispositivo sicuro); in quest’ultimo caso, l’identificazione avviene nel rispetto dei seguenti requisiti: a) Il certificato deve essere rilasciato da una Certification Authority (CA), accreditata da DigitPA, che si fa garante dell’identità del soggetto. b) Il certificato deve rispettare il profilo del certificato previsto dalla Carta Nazionale dei Servizi (CNS), facendo riferimento all’Appendice 1 del documento rilasciato dal CNIPA: “Linee guida per l’emissione e l’utilizzo della Carta Nazionale dei Servizi”. L’estensione Certificate Policy (2.5.29.32) può essere valorizzata con un Object Identifier (OID) definito dalla CA. c) In termini di sicurezza, i dispositivi ammessi sono i dispositivi personali consentiti per la firma elettronica qualificata e quindi smart card e token USB, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. I dispositivi sicuri devono essere certificati Common Criteria EAL4+ con traguardo di sicurezza o profilo di protezione conforme alle disposizioni comunitarie. d) In termini d’interoperabilità, sono ammissibili dispositivi che consentano la disponibilità di entrambe le interfacce PKCS#11 e CSP; in particolare entrambe le interfacce devono consentire l’accesso alla procedura d’identificazione forte mediante digitazione del PIN da parte dell’utente; il dispositivo deve inoltre rispettare la strutturazione del file system come da specifiche CNS. 2. In fase di identificazione, il punto di accesso o il portale dei servizi telematici verifica la validità del certificato presente nel token crittografico utilizzato dall’utente che accede; prima di consentire qualunque operazione, inoltre, il punto di accesso verifica che il token crittografico sia collegato alla postazione; in caso contrario, invalida e termina la sessione. 3. Il Ministero della giustizia verifica, anche attraverso opportune visite ispettive, che i punti di accesso rispettino i predetti requisiti. 4. La violazione di queste regole di sicurezza comporta per il punto di accesso la sospensione dell’autorizzazione a erogare i servizi, fino al definitivo rispetto dei requisiti. 5. Possono essere utilizzati certificati di autenticazione non conformi alle specifiche di cui sopra, purché emessi entro il 30 settembre 2011. Art. 7. Registro generale degli indirizzi elettronici. – art. 7 del regolamento. – 1. Il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) è gestito dal Ministero della giustizia e contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo di PEC dei soggetti abilitati esterni. 2. Il ReGIndE censisce i soggetti abilitati esterni che intendono fruire dei servizi telematici di cui al presente regolamento.
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3. I sistemi di gestione informatizzata dei registri di cancelleria utilizzano il ReGIndE al fine di evitare l’inserimento manuale dei dati. 4. Le categorie di soggetti (nel prosieguo anche enti) il cui profilo anagrafico alimenta il ReGIndE sono: a) soggetti appartenenti ad un ente pubblico che svolgano uno specifico ruolo nell’ambito di procedimenti (ad esempio avvocati e funzionari dell’INPS e dell’Avvocatura dello Stato, avvocati e funzionari delle PP.AA.); b) professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge (ad esempio consiglio dell’ordine degli avvocati o consiglio nazionale del Notariato); c) professionisti non iscritti ad alcun albo: tutti quei soggetti nominati dal giudice come consulenti tecnici d’ufficio – o più in generale ausiliari del giudice – non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giustizia (ad eccezione degli avvocati). 5. Il ReGIndE non gestisce informazioni già presenti in registri disponibili alle PP.AA., qualora questi siano accessibili in via telematica ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, il cui contenuto occorre ai sistemi del dominio Giustizia; da tali registri (tra cui il registro delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e dei cittadini) sono recuperati gli indirizzi di PEC dei professionisti e delle imprese, nonché gli indirizzi CEC-PAC dei cittadini ivi censiti. 6. Il ReGIndE è direttamente accessibile dai sistemi interni al dominio giustizia, attraverso un apposito web service. 7. Il ReGIndE è consultabile dai soggetti abilitati esterni tramite il proprio punto di accesso o tramite il Portale dei Servizi Telematici (area riservata), su connessioni sicure (SSL v3), attraverso un apposito web service; i relativi WSDL sono pubblicati nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. Art. 8. Alimentazione del registro generale degli indirizzi elettronici. – art. 7 del regolamento. – 1. L’alimentazione del ReGIndE avviene previo invio al responsabile per i sistemi informativi automatizzati di un documento di censimento contenente le informazioni necessarie ad identificare: a) l’ente stesso attraverso: codice ente, descrizione, codice fiscale/partita iva; b) il nominativo e il codice fiscale del delegato all’invio dell’albo, che dovrà sottoscrivere con firma digitale o firma elettronica qualificata l’albo in trasmissione; c) la casella di PEC utilizzata per l’invio dell’albo. 2. Il documento di censimento di cui al comma precedente aderisce al modello reperibile nell’area pubblica del portale e viene inviato all’indirizzo di posta elettronica certificata del responsabile per i sistemi informativi automatizzati: prot.dgsia.dog@giustiziacert. it. 3. Terminate le operazioni di censimento da parte del responsabile per i si-stemi informativi automatizzati, l’ente mittente del documento di censimento riceve una risposta; in caso di esito positivo, l’ente può procedere all’invio dell’albo secondo le seguenti specifiche: a) il messaggio deve essere di posta elettronica certificata; non sono considerati i messaggi di posta ordinaria;
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b) non vi sono vincoli sull’oggetto né sul body del messaggio; c) l’indirizzo di PEC mittente deve essere censito tra quelli delegati all’invio e riportati nel documento di censimento; d) deve essere allegato un solo file (ComunicazioniSoggetti.xml), sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata; e) la firma digitale o firma elettronica qualificata deve appartenere al soggetto delegato di cui al comma 1, lettera b, sulla base del codice fiscale censito; f) il file ComunicazioniSoggetti.xml deve essere conforme all’XML-Schema di cui all’Allegato 2; il codice ente specificato nel file deve essere tra quelli censiti. 4. Il mancato rispetto di uno o più dei vincoli di cui all’articolo precedente comporta un messaggio automatico di esito negativo; in questo caso l’allegato ComunicazioniSoggetti.xml viene scartato. 5. A ogni invio corrisponde una risposta tramite PEC; il messaggio ha come oggetto la medesima descrizione del messaggio originale con il suffisso “– Esito” e riporta in allegato l’esito dell’elaborazione del messaggio con le eventuali eccezioni; il formato del messaggio di esito, inviato come allegato al messaggio di PEC, è descritto nell’Allegato 3. 6. L’esito si riferisce sia ad errori presenti sui dati e, quindi riconducibili alle informazioni dei singoli soggetti (come ad esempio codice fiscale inesistente), sia ad errori legati a vincoli e prerequisiti che presuppongono la validità dell’invio di un albo (ad esempio: censimento dell’ente richiedente e dei soggetti abilitati all’invio dell’albo). 7. Ad ogni nuovo indirizzo di PEC registrato nelle anagrafiche a seguito dell’inserimento di un nuovo soggetto o di modifica di uno esistente, viene inviato un messaggio di PEC di cortesia in cui si attesta l’avvenuta registrazione. Art. 9. Professionisti non iscritti in albi. – art. 7 del regolamento. – 1. I professionisti non iscritti all’albo, oppure per i quali il proprio ordine di appartenenza non abbia provveduto all’invio di copia dell’albo (ad eccezione degli avvocati), si registrano al ReGIndE attraverso un Punto di Accesso (PdA) o attraverso il Portale dei Servizi Telematici, previa identificazione, effettuando altresì l’inserimento (upload) del file che contiene copia informatica, in formato PDF, dell’incarico di nomina da parte del giudice; tale file è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata dal soggetto che intende iscriversi. 2. Il PdA provvede a trasmettere l’avvenuta registrazione con le medesime modalità di cui all’articolo precedente, con la differenza che il file ComunicazioniSoggetti.xml è digitalmente sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata dal PdA. 3. Qualora il professionista di cui al comma 1 s’iscriva ad un albo, oppure pervenga copia dell’albo da parte dell’ordine di appartenenza, prevalgono i dati trasmessi dall’ordine stesso; in questo caso il sistema cancella la prima iscrizione e invia un messaggio PEC di cortesia al professionista. Art. 10. Sistemi informatici per i soggetti abilitati interni – art. 8 del regolamento. – 1. I sistemi informatici a disposizione dei soggetti abilitati interni sono conformi alle regole di cui al D.M. 27 aprile 2009 e mettono a disposizione le funzioni relative a: a) ricezione, accettazione e trasmissione dei dati e dei documenti informatici; b) consultazione e gestione del fascicolo informatico.
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2. Per l’accesso ai sistemi di cui al comma precedente dall’interno degli uffici giudiziari, l’identificazione è effettuata mediante coppia di credenziali “nome utente/password” ovvero mediante identificazione informatica ai sensi dell’articolo 6. 3. Per l’accesso ai sistemi di cui al comma 1 dall’esterno della Rete Giustizia, l’identificazione è effettuata dal portale dei servizi telematici sulla base del sistema “Active Directory Nazionale” (ADN) e secondo le specifiche di cui all’articolo 6; ai soli fini del recupero dall’esterno delle informazioni di registro da parte dei sistemi a disposizione dei magistrati in ambito civile, è sufficiente l’identificazione sulla base del sistema ADN purché l’interrogazione dei dati finalizzati al recupero preveda l’indicazione del numero di ruolo generale nonché del codice fiscale dell’attore principale e del convenuto principale del procedimento. Art. 11. Fascicolo informatico. – art. 9 del regolamento. – 1. Il fascicolo informatico raccoglie i documenti (atti, allegati, ricevute di posta elettronica certificata) da chiunque formati, nonché le copie informatiche dei documenti; raccoglie altresì le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo. 2. Il sistema di gestione del fascicolo informatico, realizzato secondo quanto previsto all’articolo 41 del CAD, è la parte del sistema documentale del Ministero della giustizia che si occupa di archiviare e reperire tutti i documenti informatici, prodotti sia all’interno che all’esterno; fornisce pertanto ai sistemi fruitori (sistemi di gestione dei registri di cancelleria, gestore dei servizi telematici e strumenti a disposizione dei magistrati) tutte le primitive – esposte attraverso appositi web service – necessarie per il recupero, l’archiviazione e la conservazione dei documenti informatici, secondo le normative in vigore; l’accesso al sistema di gestione documentale avviene soltanto per il tramite dei sistemi fruitori, che gestiscono le logiche di profilazione e autorizzazione. 3. Le operazioni di accesso al fascicolo informatico sono registrate in un apposito file di log che contiene le seguenti informazioni: a) il codice fiscale del soggetto che ha effettuato l’accesso; b) il riferimento al documento prelevato o consultato (codice identificativo del documento nell’ambito del sistema documentale); c) la data e l’ora dell’accesso. 4. Il suddetto file di log è sottoposto a procedura di conservazione, sempre nell’ambito del sistema documentale, per cinque anni.
Capo III TRASMISSIONE DI ATTI E DOCUMENTI INFORMATICI Art. 12. Formato dell’atto del processo in forma di documento informatico – art. 11 del regolamento. a) L’atto del processo in forma di documento informatico rispetta i seguenti requisiti: a) è in formato PDF; b) è privo di elementi attivi; c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;
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d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna, pertanto il file ha la seguente denominazione: <nome file libero>.pdf.p7m; e) è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell’Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata. b) La struttura del documento firmato è CAdES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo “firme multiple indipendenti” o parallele, e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L’ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un’alterazione dell’ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; il file generato si presenta con un’unica estensione p7m. Il meccanismo qui descritto è valido sia per l’apposizione di una firma singola che per l’apposizione di firme multiple. Art. 13. Formato dei documenti informatici allegati. – art. 12 del regolamento. – 1. I documenti informatici allegati sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, e sono consentiti nei seguenti formati: a) .pdf b) .odf c) .rtf d) .txt e) .jpg f) .gif g) .tiff h) .xml. 2. È consentito l’utilizzo dei seguenti formati compressi purché contenenti file nei formati previsti al comma precedente: a) .zip b) .rar c) .arj. 3. Gli allegati possono essere sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata; nel caso di formati compressi la firma digitale, se presente, deve essere applicata dopo la compressione. Art. 14. Trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati. – art. 13 del regolamento. – 1. L’atto e gli allegati sono contenuti nella cosiddetta “busta telematica”, ossia un file in formato MIME che riporta tutti i dati necessari per l’elaborazione da parte del sistema ricevente (gestore dei servizi telematici); in particolare la busta contiene il file Atto.enc, ottenuto dalla cifratura del file Atto.msg, il quale contiene a sua volta: a) IndiceBusta.xml: il DTD è riportato nell’Allegato 4. b) DatiAtto.xml: gli XSD sono riportati nell’Allegato 5. <nome file (libero)>.pdf.p7m: atto vero e proprio, in formato PDF, sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata (firma esterna).
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c) AllegatoX.xxx[.p7m]: uno o più allegati nei formati di file di cui all’articolo 13, eventualmente sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata; il nome del file può essere scelto liberamente. 2. La cifratura di Atto.msg è eseguita con la chiave di sessione (ChiaveSessione) cifrata con il certificato del destinatario; IssuerDname è il Distinguished Name della CA che ha emesso il certificato dell’ufficio giudiziario o dell’UNEP destinatario, SerialNumber è il numero seriale del certificato dell’ufficio giudiziario o dell’UNEP destinatario; l’algoritmo utilizzato per l’operazione di cifratura simmetrica del file è il 3DES e le chiavi simmetriche di sessione sono cifrate utilizzando la chiave pubblica contenuta nel certificato del destinatario; le chiavi di cifratura degli uffici giudiziari sono disponibili nell’area pubblica del portale dei servizi telematici (il relativo percorso e nome file è indicato nel catalogo dei servizi telematici); lo standard previsto è il CAdES. 3. La dimensione massima consentita per la busta telematica è pari a 30 Megabyte. 4. La busta telematica viene trasmessa all’ufficio giudiziario destinatario in allegato ad un messaggio di posta elettronica certificata che rispetta le specifiche su mittente, destinatario, oggetto, corpo e allegati come riportate nell’Allegato 6. 5. Il gestore dei servizi telematici scarica il messaggio dal gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia ed effettua le verifiche formali sul messaggio; le eccezioni gestite sono le seguenti: a) T001: l’indirizzo del mittente non è censito in ReGIndE; b) T002: Il formato del messaggio non è aderente alle specifiche; c) T003: la dimensione del messaggio eccede la dimensione massima consentita. 6. Il gestore dei servizi telematici, nel caso in cui il mittente sia un avvocato, effettua l’operazione di certificazione, ossia recupera lo status del difensore da ReGIndE; nel caso in cui lo status non sia “attivo”, viene segnalato alla cancelleria. 7. Il gestore dei servizi telematici effettua i controlli automatici (formali) sulla busta telematica; le possibili anomalie all’esito dell’elaborazione della busta telematica sono codificate secondo le seguenti tipologie: a) WARN: anomalia non bloccante; si tratta in sostanza di segnalazioni, tipicamente di carattere giuridico (ad esempio manca la procura alle liti allegata all’atto introduttivo); b) ERROR: anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell’ufficio ricevente, che può decidere di intervenire forzando l’accettazione o rifiutando il deposito (esempio: certificato di firma non valido o mittente non firmatario dell’atto); c) FATAL: eccezione non gestita o non gestibile (esempio: impossibile decifrare la busta depositata o elementi della busta mancanti ma fondamentali per l’elaborazione). 8. La codifica puntuale degli errori indicati al comma precedente è pubblicata e aggiornata nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. 9. All’esito dei controlli di cui ai commi precedenti, il gestore dei servizi telematici invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata riportante eventuali eccezioni riscontrate. 10. Il gestore dei servizi telematici, all’esito dell’intervento dell’ufficio, invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione operato dalla cancelleria o dalla segreteria dell’ufficio giudiziario destinatario.
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Art. 15. Documenti probatori e allegati non informatici. – art. 14 del regolamento. – 1. I documenti probatori e gli allegati depositati in formato analogico, sono identificati e descritti in un’apposita sezione dell’atto del processo in forma di documento informatico e comprendono, per l’individuazione dell’atto di riferimento, i seguenti dati: a) numero di ruolo della causa; b) progressivo dell’allegato; c) indicazione della prima udienza successiva al deposito. Art. 16. Deposito dell’atto del processo da parte dei soggetti abilitati interni. – art. 15 del regolamento. – 1. I soggetti abilitati interni utilizzano appositi strumenti per la redazione degli atti del processo in forma di documento informatico e per la loro trasmissione alla cancelleria o alla segreteria dell’ufficio giudiziario. 2. L’atto è inserito nella medesima busta telematica di cui all’articolo 14 e viene trasmesso su canale sicuro (SSL v3) al gestore dei servizi telematici, tramite collegamento sincrono (http/SOAP); si applicano le disposizioni di cui all’articolo 10, comma 2. 3. Se il provvedimento del magistrato è in formato cartaceo, il cancelliere o il segretario dell’ufficio giudiziario ne estrae copia informatica in formato PDF, e lo sottoscrive con firma digitale o firma elettronica qualificata. Art. 17. Comunicazioni per via telematica. – art. 16 del regolamento. – 1. Il gestore dei servizi telematici provvede ad inviare le comunicazioni per via telematica, provenienti dall’ufficio giudiziario, alla casella di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno destinatario, recuperando il relativo indirizzo sul ReGIndE; il formato del messaggio è riportato nell’Allegato 8; la comunicazione è riportata nel corpo del messaggio nonché nel file allegato Comunicazione.xml (il relativo DTD è riportato nell’Allegato 4. 2. La cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario, attraverso apposite funzioni messe a disposizione dai sistemi informatici di cui all’articolo 10, provvede ad effettuare una copia informatica in formato PDF di eventuali documenti cartacei da comunicare; la copia informatica è conservata nel fascicolo informatico. 3. Il gestore dei servizi telematici recupera le ricevute della posta elettronica certificata e gli avvisi di mancata consegna dal gestore di PEC del Ministero e li conserva nel fascicolo informatico; la ricevuta di avvenuta consegna è di tipo breve. Art. 18. Comunicazioni contenenti dati sensibili. – art. 16 del regolamento. – 1. La comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata per estratto: in questo caso al destinatario viene recapitato l’avviso disponibilità della comunicazione di cancelleria, se condo il formato riportato nell’Allegato 8; il destinatario effettua il prelievo dell’atto integrale accedendo all’indirizzo (URL) contenuto nel suddetto messaggio di PEC di avviso. 2. Il prelievo di cui al comma precedente avviene attraverso l’apposito servizio proxy del portale dei servizi telematici, su canale sicuro (protocollo SSL); tale servizio effettua l’identificazione informatica dell’utente, ai sensi dell’articolo 6; il prelievo è consentito unicamente se l’utente è registrato nel ReGIndE. 3. Il prelievo di cui al comma precedente avviene da un’apposita area di download del gestore dei servizi telematici, dove viene gestita e mantenuta un’apposita tabella recante le seguenti informazioni:
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a) il codice fiscale del soggetto che ha effettuato il prelievo o la consultazione; b) il riferimento al documento prelevato o consultato (codice univoco inserito nell’URL inviato nell’avviso di cui al comma 4); c) la data e l’ora di invio dell’avviso; d) la data e l’ora del prelievo o della consultazione. 4. Le informazioni di cui al comma precedente vengono conservate per cinque anni. Art. 19. Notificazioni per via telematica. – art. 17 del regolamento. – 1. Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 51, del decreto legge 5 giugno 2008 n. 112 (convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) e successive modificazioni, le richieste telematiche di un’attività di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP in formato XML, attraverso un colloquio diretto, via web service, tra i rispettivi gestori dei servizi telematici, su canale sicuro (SSL v3). 2. Le richieste di notifica effettuate dai soggetti abilitati esterni sono inoltrate all’UNEP tramite posta elettronica certificata, nel rispetto dei requisiti tecnici di cui agli articoli 12, 13 e 14; all’interno della busta telematica è inserito il file RichiestaParte.xml, il cui XML-Schema è riportato nell’Allegato 5. 3. All’UNEP può essere inviata, sempre all’interno della busta telematica, la richiesta di pignoramento il cui XML-Schema è riportato nell’Allegato 5. 4. Alla notificazione per via telematica da parte dell’UNEP si applicano le specifiche della comunicazione per via telematica di cui all’articolo 17; il formato del messaggio di posta elettronica certificata è riportato nell’Allegato 7. 5. Ai fini della notificazione per via telematica, il sistema informatico dell’UNEP recupera l’indirizzo di posta elettronica del destinatario a seconda della sua tipologia: a) soggetti abilitati esterni e professionisti iscritti in albi o elenchi costituiti ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito con legge del 28 gennaio 2009, n. 2: dal registro generale degli indirizzi elettronici, ai sensi dell’articolo 7, comma 6; b) imprese iscritte nel relativo registro: ai sensi dell’articolo 7, comma 5; c) cittadini: ai sensi dell’articolo 7, comma 5. 6. Il sistema informatico dell’UNEP, eseguita la notificazione, trasmette – per via telematica a chi ha richiesto il servizio – il documento informatico con la relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale o firma elettronica qualificata e congiunta all’atto cui si riferisce, nonché le ricevute di posta elettronica certificata. La relazione di notificazione è in formato XML e rispetta l’XML-Schema riportato nell’Allegato 5; se il richiedente è un soggetto abilitato esterno, la trasmissione avviene via posta elettronica certificata; il formato del messaggio è riportato nell’Allegato 7. Art. 20. Disposizioni particolari per la fase delle indagini preliminari. – art. 19 del regolamento. – 1. Nelle indagini preliminari le comunicazioni tra l’ufficio del pubblico ministero e gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria avvengono su canale sicuro protetto da un meccanismo di crittografia (SSL v3). 2. Il sistema di gestione del registro e il sistema documentale garantiscono la tracciabilità delle attività, attraverso appositi file di log, conservati nel sistema documentale stesso. 3. L’atto del processo rispetta le specifiche di cui agli articoli 12 e 13.
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4. La comunicazione di atti e documenti nella fase di indagini preliminari avviene tramite posta elettronica certificata, secondo le specifiche di cui all’articolo 17; le caselle di PEC dell’ufficio del pubblico ministero sono attivate presso i gestori di posta elettronica certificata delle forze di polizia. 5. Il gestore dei servizi telematici si collega alle caselle di cui al comma precedente su canale sicuro, utilizzando i protocolli POP3Ss o HTTPS, al fine di evitare la trasmissione in chiaro delle credenziali di accesso e dei messaggi. 6. La comunicazione degli atti del processo alle forze di polizia è effettuata per estratto, secondo le specifiche di cui all’articolo 18; l’atto è protetto da meccanismo di crittografia a chiavi asimmetriche, con le medesime specifiche di cui all’articolo 14 comma 2. 7. Gli atti contenuti nel fascicolo informatico, relativi alle indagini preliminari, sono custoditi in una sezione distinta del sistema documentale; ciascun atto potrà essere protetto da un meccanismo di crittografia basato su chiavi asimmetriche, custodite e gestite nell’ambito di un sistema HSM (hardware security module) appositamente dedicato alle operazioni di cifratura e decifratura, invocato dalle applicazioni di gestione dei registri. Ogni istanza della piattaforma di gestione documentale è dotata di apparati HSM dedicati. 8. La trasmissione telematica delle informazioni relative alle notizie di reato avviene tramite cooperazione applicativa tra il sistema di gestione informatizzata dei registri presso l’ufficio del pubblico ministero e il Sistema Informativo Interforze del Ministero dell’Interno, secondo le specifiche del Sistema Pubblico di Cooperazione (SPCoop), su canale cifrato attraverso l’uso di certificati server. Le informazioni contenute nella busta di e-Government prevista dalle specifiche SPCoop sono in formato XML. Art. 21. Requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno. – art. 20 del regolamento. – 1. La casella di posta elettronica certificata di un soggetto abilitato esterno deve disporre di uno spazio disco minimo pari a 1 Gigabyte. Art. 22. Richiesta delle copie di atti e documenti. – art. 21 del regolamento. – 1. Per la richiesta telematica di copie di atti e documenti relativi al procedimento è disponibile, sul punto di accesso e sul portale dei servizi telematici, un servizio sincrono attraverso il quale individuare i documenti di cui richiedere copia e, in seguito al perfezionamento del pagamento, inoltrare la richiesta effettiva della copia stessa. 2. Il soggetto che ne ha diritto può richiedere: a) copia semplice in formato digitale; b) copia semplice per l’avvocato non costituito in formato digitale; c) copia autentica in formato digitale; d) copia esecutiva in formato digitale; e) copia semplice in formato cartaceo; f) copia autentica in formato cartaceo; g) copia esecutiva in formato cartaceo. 3. I dati relativi alla richiesta sono inoltrati all’ufficio giudiziario attraverso l’invocazione di un apposito web service; al richiedente è restituito l’identificativo univoco della richiesta inoltrata. Tale identificativo univoco è associato all’intero flusso di gestione della richiesta e di rilascio della copia.
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4. Nel caso in cui la copia non possa essere rilasciata il sistema, in maniera automatica, comunica al richiedente l’impossibilità di evadere la richiesta. Art. 23. Rilascio delle copie di atti e documenti. – art. 21 del regolamento. – 1. Il rilascio della copia in formato digitale di atti e documenti viene eseguito secondo le specifiche di cui all’articolo 16 del regolamento e dell’art. 23-ter, comma 5 del CAD; la copia è inviata al richiedente in allegato ad un messaggio di posta elettronica certificata, secondo il formato riportato nell’Allegato 9. 2. Nel caso di copia di documenti contenenti dati sensibili o nel caso di copia di documenti che eccedono il massimo consentito dalla posta elettronica certificata, il messaggio di cui al comma precedente contiene l’avviso di disponibilità della copia, secondo il formato riportato nell’Allegato 9; il prelievo avviene secondo le specifiche di cui all’articolo 18, commi 2, 3 e 4. 3. La copia, informatica o analogica, di documento informatico è corredata del contrassegno di cui all’articolo 23-ter, comma 5, del CAD, al fine di assicurare la provenienza e la conformità all’originale. 4. Il contrassegno di cui al comma precedente è generato elettronicamente su ognuna delle pagine del documento e contiene, nella forma di codice bidimensionale, la pagina del documento informatico di cui si rilascia copia sottoscritta dal cancelliere con firma digitale o firma elettronica qualificata al fine di attestarne la conformità all’originale. 5. Il contrassegno di cui al comma 3 consente la verifica automatica della conformità della copia rilasciata, qualora riprodotta a stampa, al documento informatico da cui è tratta nonché la verifica della firma digitale o firma elettronica qualificata apposta sulla copia al momento del rilascio; tale verifica può essere effettuata dal soggetto richiedente nonché dal soggetto destinatario o beneficiario dell’atto tramite un software di visualizzazione e verifica scaricabile gratuitamente dall’area pubblica del portale dei servizi telematici e configurato per riconoscere esclusivamente i contrassegni generati attraverso strumenti informatici della Giustizia. 6. Il codice bidimensionale di cui al comma 4 è generato tramite codifica Data Matrix definita nello standard ISO/IEC (16022:2006).
Capo IV CONSULTAZIONE DELLE INFORMAZIONI DEL DOMINIO GIUSTIZIA Art. 24. Requisiti di sicurezza. – art. 26 del regolamento. – 1. L’architettura dei servizi di consultazione aderisce al modello MVC (Model View Controller) e prevede il disaccoppiamento del front-end, localizzato sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, dal back-end, localizzato sul gestore dei servizi telematici, incaricato di esporre i servizi sottoforma di web service (http/SOAP). 2. Il portale dei servizi telematici espone, attraverso un apposito servizio proxy, i web service forniti dal gestore dei servizi telematici, a beneficio dei punti di accesso e di applicazioni esterne. 3. I punti di accesso realizzano autonomamente la parte di front-end, che deve essere localizzata all’interno della intranet del PdA stesso e non deve essere accessibile direttamente dall’esterno.
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4. I punti di accesso possono a loro volta esporre i web service forniti dal gestore dei servizi telematici, a beneficio di applicazioni esterne. 5. Il protocollo di trasporto tra il punto di accesso e il proxy è HTTPS; la serializzazione dei messaggi è nel formato XML/SOAP. 6. Le funzionalità fornite dai web service realizzati, nonché le relative regole di invocazione, sono descritte tramite i WSDL pubblicati sull’area pubblica del portale dei servizi telematici. 7. L’accesso ai servizi di consultazione avviene previa identificazione informatica su di un punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, secondo le specifiche di cui all’articolo 6; a seguito di tale identificazione, il punto di accesso o il portale dei servizi telematici attribuiscono all’utente un ruolo di consultazione, a seconda del registro di cancelleria; eseguita tale operazione, viene trasmesso al proxy di cui al comma 2 il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso (nell’header http) e il ruolo di consultazione stesso (nel messaggio SOAP); il proxy verifica che il soggetto sia presente nel ReGIndE e in caso trattasi di un avvocato che lo status non sia “radiato” o “cancellato”; qualora la verifica abbia esito positivo, trasmette la richiesta al web service del gestore dei servizi telematici. 8. In base al ruolo di consultazione di cui al comma precedente, il sistema fornisce le autorizzazioni all’accesso rispetto alle informazioni anagrafiche contenute nei sistemi di gestione dei registri o sulla base dell’atto di delega previsto dal regolamento. 9. In fase di richiesta di attivazione, il punto di accesso può adottare meccanismi di identificazione basati sulla gestione federata delle identità digitali (modello GFID), secondo le specifiche di DigitPA; in questo caso, il responsabile per i sistemi informativi automatizzati, valutata la soluzione proposta e opportunamente descritta nel piano della sicurezza, approva il meccanismo di identificazione che soddisfa il livello di sicurezza richiesto. 10. Fuori dai casi previsti ai commi 1 e 9, l’architettura dei servizi di consultazione prevede in via residuale che il punto di accesso o il portale dei servizi telematici effettuino, a seguito dell’identificazione di cui al comma 7, un link diretto dalle proprie pagine alla pagina principale del sito web che rende disponibili i servizi su canale sicuro (HTTPS); in questo caso i dati identificativi del soggetto vengono inseriti nell’header HTTP della richiesta. 11. I servizi di consultazione attivi sono elencati, per singolo ufficio, nel catalogo dei servizi telematici, di cui all’articolo 5, comma 5. 12. L’elenco dei punti di accesso autorizzati è pubblicato nell’area pubblica del portale dei servizi telematici e nel catalogo dei servizi telematici, di cui all’articolo 5, comma 5. 13. Il punto di accesso si dota di un piano della sicurezza, depositato al re-sponsabile per i sistemi informativi automatizzati unitamente all’istanza di iscrizione all’elenco pubblico dei punti di accesso, che prevede la trattazione, esaustiva e dettagliata, dei seguenti argomenti: a) struttura logistica e operativa dell’organizzazione; b) ripartizione e definizione delle responsabilità del personale addetto; c) descrizione dei dispositivi installati; d) descrizione dell’infrastruttura di protezione, per ciascun immobile interessato (e rilevante ai fini della sicurezza); e) descrizione delle procedure di registrazione delle utenze;
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f) descrizione relativa all’implementazione dei meccanismi di identificazione informatica; g) qualora il PdA integri la gestione delle caselle di PEC dei propri utenti, descrizione delle modalità di integrazione; h) procedura di gestione delle copie di sicurezza dei dati; i) procedura di gestione dei disastri; j) analisi dei rischi e contromisure previste; 14. Ai fini dell’iscrizione nel suddetto elenco, il responsabile per i sistemi in-formativi automatizzati verifica il piano della sicurezza di cui al comma precedente e può disporre apposite verifiche in loco, in particolare per accertare il rispetto delle prescrizioni di sicurezza riportate nel presente provvedimento. 15. Il punto di accesso abilita i propri iscritti unicamente a usufruire dei servizi esplicitamente autorizzati dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati e riportati nel catalogo dei servizi telematici. 16. Il punto di accesso si dota di una casella di posta elettronica certificata, che comunica al responsabile per i sistemi informativi automatizzati, da utilizzarsi per inviare e ricevere comunicazioni con il Ministero della giustizia. Art. 25. – Registrazione dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati. – art. 28 del regolamento. – 1. L’utente accede ai servizi di consultazione previa registrazione presso un punto di accesso autorizzato o presso il portale dei servizi telematici. 2. Il punto di accesso o il portale dei servizi telematici effettuano la registrazione del soggetto abilitato esterno o dell’utente privato, prelevando il codice fiscale dal token crittografico dell’utente; attraverso un’apposita maschera web, l’utente (senza poter modificare il codice fiscale) completa i propri dati, inserendo almeno le seguenti informazioni: a) nome e cognome b) luogo e data di nascita c) residenza d) domicilio e) ruolo f) consiglio dell’ordine o ente di appartenenza g) casella di posta elettronica certificata 3. I dati di cui al comma precedente, unitamente alla data in cui è avvenuta la registrazione, sono archiviati e conservati per dieci anni. 4. Gli esperti e gli ausiliari del giudice, non iscritti ad alcun albo professionale o per i quali il proprio ordine non abbia provveduto all’invio dell’albo, presentano, all’atto della registrazione, copia elettronica in formato PDF dell’incarico di nomina da parte del giudice; tale copia è sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata dal soggetto che s’iscrive. 5. Qualora il professionista sia iscritto ad un albo dei consulenti tecnici, istituito presso un tribunale (ai sensi del Capo II, sezione 1, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile), al PdA viene presentata copia elettronica in formato PDF del provvedimento di iscrizione all’albo stesso da parte del comitato; tale copia è sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata dal soggetto che s’iscrive.
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6. Il punto di accesso è tenuto a conservare i documenti informatici di cui ai commi precedenti, e a renderli disponibili, su richiesta, al Ministero della giustizia. 7. I punti di accesso trasmettono al Ministero della giustizia le informazioni relative ai propri utenti registrati secondo le modalità di cui all’allegato 11.
Capo V PAGAMENTI TELEMATICI Art. 26. Requisiti relativi al processo di pagamento telematico. – art. 30 del regolamento. – 1. Al fine di comunicare in via telematica all’ufficio giudiziario l’avvenuto pagamento delle spese, dei diritti e del contributo unificato, la ricevuta di versamento è inserita come allegato della busta telematica nel caso di inoltro via PEC, oppure è associata alla richiesta telematica nel caso di istanza gestita tramite un flusso sincrono. 2. Nel caso di pagamento eseguito in modalità non telematica, la ricevuta di versamento è costituita dalla copia informatica dell’originale cartaceo ottenuta per scansione e sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata da chi ne fa uso, mentre nel caso di pagamento in modalità telematica la ricevuta è costituita dal documento originale informatico in formato XML, come disciplinato all’articolo 28, comma 2. 3. Il servizio di pagamento in modalità telematica è messo a disposizione dei soggetti abilitati nell’ambito delle funzionalità del punto di accesso e del portale dei servizi telematici, con lo scopo di permettere il versamento attraverso strumenti telematici e di ricevere l’attestazione del versamento attraverso il medesimo canale telematico; l’accesso ai servizi di pagamento avviene previa identificazione informatica di cui all’articolo 6. 4. Nell’ambito del flusso per il pagamento telematico sono individuati i se-guenti componenti architetturali: a) Sistema dei Pagamenti (SP): infrastruttura del sistema finanziario costituta dall’insieme di tutti gli strumenti con i quali possono essere acquistati beni e servizi nell’economia, nonché dalle attività e dagli intermediari che consentono l’effettivo trasferimento di tali strumenti da un operatore ad un altro; b) Sistema del Prestatore dei servizi di Pagamento (Psp): piattaforma tecnologica operante presso gli istituti di credito, Poste Italiane o altri soggetti abilitati che, ai sensi della normativa vigente e nell’ambito del Sistema dei Pagamenti, mettono a disposizione degli utenti gli strumenti atti ad effettuare il pagamento richiesto; c) Front-End con il Sistema dei Pagamenti (FESP): componente infrastrutturale (middleware) atto a facilitare lo scambio di informazioni tra i soggetti attraverso la condivisione dei protocolli di colloquio (sia applicativi, che di trasporto), l’implementazione delle logiche di elaborazione della richiesta di pagamento e della ricevuta telematica nonché l’erogazione di eventuali servizi aggiuntivi, tra cui la firma digitale dei documenti scambiati. Le funzioni del componente possono essere integrate in un PdA, integrate nel sistema offerto dal prestatore di servizi (Psp) o condivise (anche da più amministrazioni) essendo messe a fattor comune nell’ambito dell’infrastruttura di sistema della Pubblica Amministrazione (Nodo PA all’interno di SPC); d) Nodo PA: infrastruttura condivisa all’interno del SPC che gestisce il colloquio con i prestatori dei servizi di pagamento (Psp) e può anche svolgere le funzioni previste per il FESP.
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5. Le modalità tecniche d’interazione tra le componenti di cui al comma precedente devono essere caratterizzate dall’adozione di protocolli sicuri. Nel caso in cui l’interazione avvenga tramite la rete SPC, il requisito è garantito dalla natura riservata della rete stessa. In tutti gli altri casi, il colloquio avviene attraverso l’utilizzo di certificati “server” rilasciati da Certification Authority qualificate. 6. Le funzioni svolte dal portale dei servizi telematici integrano al loro interno le funzioni di pagamento informatico, al fine di offrire all’utente un servizio unico e completo. Le applicazioni offerte dai punti accesso si uniformano a tale principio. 7. Per dare corso al pagamento il prestatore di servizi di pagamento (Psp) concede “fiducia” all’identificazione, operata ai sensi del comma 3, dal punto di accesso o dal portale dei servizi telematici. Ai fini del completamento del processo di pagamento, il prestatore del servizio (Psp) può richiedere all’utente di autenticarsi sul proprio sistema attraverso l’immissione di ulteriori credenziali allo scopo rilasciate. 8. Il processo consente all’utente di scegliere tra diverse modalità di pagamento messe a sua disposizione da una molteplicità di prestatori di servizi di pagamento (Psp). 9. La ricevuta telematica restituita all’utente a fronte del pagamento effettuato in via telematica costituisce prova del trasferimento dell’importo versato sul conto corrente intestato alla Tesoreria dello Stato. 10. I versamenti in Tesoreria sono effettuati in modalità telematica attraverso quanto previsto dalla normativa vigente. 11. Per il recupero delle somme erroneamente versate si procede secondo le modalità previste dalla legge. Art. 27. Oggetti informatici interessati nel pagamento telematico – art. 30 del regolamento. – 1. La Richiesta di Pagamento Telematico (RPT), relativa al versamento di una o più spettanze legate ad un medesimo servizio, è costituita da un file XML, il cui XSD è riportato nell’Allegato 5, che: a) definisce gli elementi necessari a caratterizzare i pagamenti, in particolare qualifica il versamento con un identificativo univoco del versamento di cui al successivo comma 5; b) contiene i dati identificativi, variabili a seconda dell’operazione per cui è richiesto il pagamento; c) contiene una parte riservata (Dati Specifici Riscossione) per inserire informazioni elaborabili automaticamente dai sistemi della Giustizia; d) viene predisposta dal soggetto richiedente (portale dei servizi telematici o punto di accesso) ed inviata al sistema del prestatore dei servizi di pagamento (Psp) direttamente ovvero attraverso la componente architetturale FESP; e) può essere sottoscritta o meno con firma digitale ovvero con firma elettronica qualificata dal soggetto pagatore, a seconda degli accordi intercorsi con il Prestatore di Servizi di pagamento (PsP). 2. La Ricevuta Telematica (RT) è predisposta dal sistema del prestatore dei servizi di pagamento (Psp) anche attraverso l’utilizzo della componente architetturale FESP ed è restituita al soggetto richiedente a fronte di ogni singola RPT: essa è costituita da un file XML, il cui XSD è riportato nell’Allegato 5, che:
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a) definisce gli elementi necessari a qualificare il pagamento, tra cui l’esito del pagamento stesso e, in caso positivo, l’identificativo univoco del pagamento assegnato dal sistema del prestatore dei servizi di pagamento (Psp); b) trasferisce inalterate le stesse informazioni ricevute in ingresso (RPT) relative alla parte riservata (Dati Specifici Riscossione) a disposizione della PA 3. Il soggetto che emette la Ricevuta Telematica (RT) di cui al comma 2, la sottoscrive – ai sensi dell’art. 30, comma 5 del regolamento – con firma digitale o firma elettronica qualificata in formato CAdES; a tal fine possono essere utilizzati certificati emessi da una autorità di certificazione allo scopo messa a disposizione da DigitPA. 4. Al fine di qualificare in maniera univoca il versamento, è definito l’identificativo di erogazione del servizio (CRS) che identifica univocamente una richiesta di erogazione servizio da parte dei sistemi informatici del dominio giustizia. 5. Il CRS è generato dal portale dei servizi telematici su specifica richiesta del soggetto richiedente attraverso un servizio sincrono (tramite web service i cui WSDL sono pubblicati sull’area pubblica del portale dei servizi telematici) e ha il seguente formato: <check digits> <identificatore univoco>, dove: a) <check digit> costituisce il codice numerico di controllo (2 posizioni); b) <identificatore univoco> è rappresentato da 33 posizioni alfanumeriche così strutturate: <codice PdA richiedente> <codice Sistema Gestore> <codice univoco operazione>; la sezione <codice PdA richiedente> (4 caratteri alfanumerici) assicura flessibilità nella emissione del CRS; la sezione <codice Sistema Gestore> (4 caratteri alfanumerici) rappresenta il sistema a cui è destinata la ricevuta; la sezione <codice univoco operazione> (25 caratteri alfanumerici) contiene un codice ‘non ambiguo’ all’interno del dominio entro il quale viene generato. 6. Il CRS viene inserito nella struttura RPT (elemento identificativo UnivocoVersamento) e viene restituito al punto di accesso o al portale dei servizi telematici all’interno della RT (elemento identificativo UnivocoVersamento). 7. Al momento dell’accettazione della ricevuta di pagamento, il sistema informatico dell’ufficio giudiziario controlla che il CRS non sia stato già utilizzato in altre ricevute e, in tal caso, lo stesso viene annullato al fine di non permettere il riutilizzo della stessa RT. Art. 28. Riscontro del pagamento telematico. – art. 30 del regolamento. – 1. Allo scopo di permettere all’Amministrazione di verificare e riscontrare le ricevute generate a seguito di pagamento telematico, nell’ambito del dominio giustizia è configurato un sottosistema per la memorizzazione e gestione delle Ricevute Telematiche di cui all’articolo 27; il sottosistema è denominato Repository Ricevute Telematiche (RRT) ed è accessibile a tutte le applicazioni e ai sistemi del dominio Giustizia interessate dai pagamenti telematici. 2. Il punto di accesso o il portale dei servizi telematici provvede ad inviare la RT al sistema RRT contestualmente al rilascio della stessa al soggetto abilitato esterno richiedente. 3. Per l’invio della RT al Repository Ricevute Telematiche è messo a disposizione un apposto servizio (web service) esposto nell’ambito del portale dei servizi telematici; i relativi WSDL sono pubblicati nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. 4. Il sistema RRT permette la gestione delle RT e dei relativi CRS secondo le modalità indicate nell’articolo 27.
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5. Le informazioni relative ai pagamenti contenute nel sistema di cui al comma 1 sono messe a disposizione, sulla base di specifica convenzione da sottoscriversi con il responsabile per i sistemi informativi automatizzati, degli enti e delle agenzie pubbliche per l’adempimento dei propri compiti di verifica, controllo e contrasto all’evasione ed elusione. 6. I soggetti abilitati che hanno effettuato i versamenti in via informatica possono consultare sul portale dei servizi telematici, previa identificazione informatica di cui all’articolo 6, le informazioni relative ai pagamenti contenute nel sistema di cui al comma 1. Art. 29. Diritto di copia. – art. 31 del regolamento. – 1. Il sistema informatico del Ministero della giustizia comunica all’interessato l’importo da versare per i diritti di copia; tale importo è calcolato, sulla base delle vigenti disposizioni normative e regolamentari, in base alle indicazioni fornite dall’interessato al momento dell’individuazione dei documenti di cui richiedere copia. L’informazione è messa a disposizione dell’interessato attraverso il servizio di richiesta copie attivo sul punto di accesso e sul portale dei servizi telematici; unitamente all’importo dei diritti ed oneri viene comunicato all’interessato anche l’identificativo univoco associato alla richiesta, associato all’intero flusso di gestione della richiesta e rilascio della copia. 2. La richiesta di copia è soddisfatta solo dopo che è pervenuta la ricevuta di versamento di cui all’articolo 27, comma 2. Capo VI DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE Art. 30. Gestione del transitorio. – art. 35 del regolamento. – 1. Al momento dell’attivazione, sul ReGIndE di cui all’articolo 7, dell’indirizzo di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno, il portale dei servizi telematici invia un messaggio di PEC al medesimo soggetto comunicando l’avvenuta attivazione. La comunicazione riporta espressa avvertenza che il soggetto abilitato esterno dovrà usare per le successive trasmissioni unicamente la casella PEC. 2. Contestualmente all’invio della comunicazione di cui al comma 1, il portale invia un messaggio di PEC alla casella di servizio del PdA, prevista dall’articolo 25, comma 16. 3. A decorrere dalla comunicazione di cui al comma 1, il soggetto abilitato esterno utilizza unicamente il sistema di trasmissione della posta elettronica certificata, così come disciplinato nel presente provvedimento. 4. A decorrere dalla comunicazione di cui al comma 1, il gestore dei servizi telematici: a) Invia comunicazioni e notificazioni solamente alla casella di PEC ivi indicata; b) Consente la ricezione di atti solo tramite PEC, rifiutando automaticamente il deposito tramite altro canale. Art. 31. – Efficacia. – 1. Il presente decreto acquista efficacia decorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 18 luglio 2011
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Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e modificato dal decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24. Art. 51. – 1. A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 2, negli uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, le notificazioni e le comunicazioni di cui al primo comma dell’articolo 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell’articolo 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Allo stesso modo si procede per le notificazioni e le comunicazioni previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La notificazione o comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata solo per estratto con contestuale messa a disposizione, sul sito internet individuato dall’amministrazione, dell’atto integrale cui il destinatario accede mediante gli strumenti di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 821. 2. Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi entro il 1° settembre 2010, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell’ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1. 3. A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alle parti che non hanno provveduto ad istituire e comunicare l’indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario. 4. A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e le comunicazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 17 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, si effettuano ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile. 5. All’articolo 16 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il primo comma è aggiunto il seguente: «Nell’albo è indicato, oltre al codice fiscale, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato ai sensi dell’articolo 16, comma 7, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Gli indirizzi di posta elettronica certificata e i codici fiscali, aggiornati con cadenza giornaliera, sono resi disponibili per via telematica al Consiglio nazionale forense e al Ministero della giustizia nelle forme previste dalle regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione»;
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b) il quarto comma è sostituito dal seguente: «A decorrere dalla data fissata dal Ministro della giustizia con decreto emesso sentiti i Consigli dell’Ordine, gli albi riveduti debbono essere comunicati per via telematica, a cura del Consiglio, al Ministero della giustizia nelle forme previste dalle regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile».
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Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. – Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (in G.U. 28 aprile 2005, n. 97) Preambolo IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l’articolo 87 della Costituzione; Visto l’articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59; Visto l’articolo 27, commi 8, lettera e), e 9, della legge 16 gennaio 2003, n. 3; Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto l’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 25 marzo 2004; Espletata la procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998, attuata con legge 21 giugno 1986, n. 317, così come modificata dal decreto legislativo 23 novembre 2000, n. 427; Acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella riunione del 20 maggio 2004; Vista la nota del 29 marzo 2004, con la quale è stato richiesto il parere del Garante per la protezione dei dati personali; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 14 giugno 2004; Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 gennaio 2005; Sulla proposta del Ministro per la funzione pubblica e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; Emana il seguente regolamento: Art. 1. Oggetto e definizioni. – 1. Il presente regolamento stabilisce le caratteristiche e le modalità per l’erogazione e la fruizione di servizi di trasmissione di documenti informatici mediante posta elettronica certificata. 2. Ai fini del presente regolamento si intende per: a) busta di trasporto, il documento informatico che contiene il messaggio di posta elettronica certificata; b) Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, di seguito de-
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nominato: «CNIPA», l’organismo di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, come modificato dall’articolo 176, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; c) dati di certificazione, i dati inseriti nelle ricevute indicate dal presente regolamento, relativi alla trasmissione del messaggio di posta elettronica certificata; d) dominio di posta elettronica certificata, l’insieme di tutte e sole le caselle di posta elettronica certificata il cui indirizzo fa riferimento, nell’estensione, ad uno stesso dominio della rete Internet, definito secondo gli standard propri di tale rete; e) log dei messaggi, il registro informatico delle operazioni relative alle trasmissioni effettuate mediante posta elettronica certificata tenuto dal gestore; f) messaggio di posta elettronica certificata, un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati; g) posta elettronica certificata, ogni sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici; h) posta elettronica, un sistema elettronico di trasmissione di documenti informatici; i) riferimento temporale, l’informazione contenente la data e l’ora che viene associata ad un messaggio di posta elettronica certificata; j) utente di posta elettronica certificata, la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi ente, associazione o organismo, nonché eventuali unità organizzative interne ove presenti, che sia mittente o destinatario di posta elettronica certificata; k) virus informatico, un programma informatico avente per scopo o per effetto il danneggiamento di un sistema informatico o telematico, dei dati o dei programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti, ovvero l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento. Art. 2. Soggetti del servizio di posta elettronica certificata. – 1. Sono soggetti del servizio di posta elettronica certificata: a) il mittente, cioè l’utente che si avvale del servizio di posta elettronica certificata per la trasmissione di documenti prodotti mediante strumenti informatici; b) il destinatario, cioè l’utente che si avvale del servizio di posta elettronica certificata per la ricezione di documenti prodotti mediante strumenti informatici; c) il gestore del servizio, cioè il soggetto, pubblico o privato, che eroga il servizio di posta elettronica certificata e che gestisce domini di posta elettronica certificata. Art. 3. Trasmissione del documento informatico. – 1. Il comma 1 dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, è sostituito dal seguente: «1. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore». Art. 4. Utilizzo della posta elettronica certificata. – 1. La posta elettronica certificata consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge.
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2. Per i privati che intendono utilizzare il servizio di posta elettronica certificata, il solo indirizzo valido, ad ogni effetto giuridico, è quello espressamente dichiarato ai fini di ciascun procedimento con le pubbliche amministrazioni o di ogni singolo rapporto intrattenuto tra privati o tra questi e le pubbliche amministrazioni. Tale dichiarazione obbliga solo il dichiarante e può essere revocata nella stessa forma. 3. La volontà espressa ai sensi del comma 2 non può comunque dedursi dalla mera indicazione dell’indirizzo di posta certificata nella corrispondenza o in altre comunicazioni o pubblicazioni del soggetto. 4. Le imprese, nei rapporti tra loro intercorrenti, possono dichiarare la esplicita volontà di accettare l’invio di posta elettronica certificata mediante indicazione nell’atto di iscrizione al registro delle imprese. Tale dichiarazione obbliga solo il dichiarante e può essere revocata nella stessa forma. 5. Le modalità attraverso le quali il privato comunica la disponibilità all’utilizzo della posta elettronica certificata, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, il mutamento del medesimo o l’eventuale cessazione della disponibilità, nonché le modalità di conservazione, da parte dei gestori del servizio, della documentazione relativa sono definite nelle regole tecniche di cui all’articolo 17. 6. La validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna, di cui all’articolo 6. 7. Il mittente o il destinatario che intendono fruire del servizio di posta elettronica certificata si avvalgono di uno dei gestori di cui agli articoli 14 e 15. Art. 5. Modalità della trasmissione e interoperabilità. – 1. Il messaggio di posta elettronica certificata inviato dal mittente al proprio gestore di posta elettronica certificata viene da quest’ultimo trasmesso al destinatario direttamente o trasferito al gestore di posta elettronica certificata di cui si avvale il destinatario stesso; quest’ultimo gestore provvede alla consegna nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. 2. Nel caso in cui la trasmissione del messaggio di posta elettronica certificata avviene tra diversi gestori, essi assicurano l’interoperabilità dei servizi offerti, secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. Art. 6. Ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna. – 1. Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente fornisce al mittente stesso la ricevuta di accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata. 2. Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all’indirizzo elettronico del mittente, la ricevuta di avvenuta consegna. 3. La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione. 4. La ricevuta di avvenuta consegna può contenere anche la copia completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato secondo quanto specificato dalle regole tecniche di cui all’articolo 17.
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5. La ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall’avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario. 6. La ricevuta di avvenuta consegna è emessa esclusivamente a fronte della ricezione di una busta di trasporto valida secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. 7. Nel caso in cui il mittente non abbia più la disponibilità delle ricevute dei messaggi di posta elettronica certificata inviati, le informazioni di cui all’articolo 11, detenute dai gestori, sono opponibili ai terzi ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Art. 7. Ricevuta di presa in carico. – Quando la trasmissione del messaggio di posta elettronica certificata avviene tramite più gestori il gestore del destinatario rilascia al gestore del mittente la ricevuta che attesta l’avvenuta presa in carico del messaggio. Art. 8. Avviso di mancata consegna. – Quando il messaggio di posta elettronica certificata non risulta consegnabile il gestore comunica al mittente, entro le ventiquattro ore successive all’invio, la mancata consegna tramite un avviso secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. Art. 9. Firma elettronica delle ricevute e della busta di trasporto. – Le ricevute rilasciate dai gestori di posta elettronica certificata sono sottoscritte dai medesimi mediante una firma elettronica avanzata ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera dd), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, generata automaticamente dal sistema di posta elettronica e basata su chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente di rendere manifesta la provenienza, assicurare l’integrità e l’autenticità delle ricevute stesse secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. La busta di trasporto è sottoscritta con una firma elettronica di cui al comma 1 che garantisce la provenienza, l’integrità e l’autenticità del messaggio di posta elettronica certificata secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. Art. 10. Riferimento temporale – Il riferimento temporale e la marca temporale sono formati in conformità a quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. I gestori di posta elettronica certificata appongono un riferimento temporale su ciascun messaggio e quotidianamente una marca temporale sui log dei messaggi. Art. 11. Sicurezza della trasmissione. – I gestori di posta elettronica certificata trasmettono il messaggio di posta elettronica certificata dal mittente al destinatario integro in tutte le sue parti, includendolo nella busta di trasporto. Durante le fasi di trasmissione del messaggio di posta elettronica certificata, i gestori mantengono traccia delle operazioni svolte su un apposito log dei messaggi. I dati contenuti nel suddetto registro sono conservati dal gestore di posta elettronica certificata per trenta mesi.
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Per la tenuta del registro i gestori adottano le opportune soluzioni tecniche e organizzative che garantiscano la riservatezza, la sicurezza, l’integrità e l’inalterabilità nel tempo delle informazioni in esso contenute. I gestori di posta elettronica certificata prevedono, comunque, l’esistenza di servizi di emergenza che in ogni caso assicurano il completamento della trasmissione ed il rilascio delle ricevute. Art. 12. Virus informatici. – Qualora il gestore del mittente riceva messaggi con virus informatici è tenuto a non accettarli, informando tempestivamente il mittente dell’impossibilità di dar corso alla trasmissione; in tale caso il gestore conserva i messaggi ricevuti per trenta mesi secondo le modalità definite dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. Qualora il gestore del destinatario riceva messaggi con virus informatici è tenuto a non inoltrarli al destinatario, informando tempestivamente il gestore del mittente, affinché comunichi al mittente medesimo l’impossibilità di dar corso alla trasmissione; in tale caso il gestore del destinatario conserva i messaggi ricevuti per trenta mesi secondo le modalità definite dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. Art. 13. Livelli minimi di servizio. – I gestori di posta elettronica certificata sono tenuti ad assicurare il livello minimo di servizio previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. Art. 14. Elenco dei gestori di posta elettronica certificata. – Il mittente o il destinatario che intendono fruire del servizio di posta elettronica certificata si avvalgono dei gestori inclusi in un apposito elenco pubblico disciplinato dal presente articolo. Le pubbliche amministrazioni ed i privati che intendono esercitare l’attività di gestore di posta elettronica certificata inviano al CNIPA domanda di iscrizione nell’elenco dei gestori di posta elettronica certificata. I richiedenti l’iscrizione nell’elenco dei gestori di posta elettronica certificata diversi dalle pubbliche amministrazioni devono avere natura giuridica di società di capitali e capitale sociale interamente versato non inferiore a un milione di euro. I gestori di posta elettronica certificata o, se persone giuridiche, i loro legali rappresentanti ed i soggetti preposti all’amministrazione devono, inoltre, possedere i requisiti di onorabilità richiesti ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le banche di cui all’articolo 26 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. Non possono rivestire la carica di rappresentante legale, di componente del consiglio di amministrazione, di componente del collegio sindacale, o di soggetto comunque preposto all’amministrazione del gestore privato coloro i quali sono stati sottoposti a misure di prevenzione, disposte dall’autorità giudiziaria ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero sono stati condannati con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione, alla reclusione non inferiore ad un anno per delitti contro la pubblica amministrazione, in danno di sistemi informatici o telematici, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’economia pubblica, ovvero per un delitto in materia tributaria. Il richiedente deve inoltre:
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a) dimostrare l’affidabilità organizzativa e tecnica necessaria per svolgere il servizio di posta elettronica certificata; b) impiegare personale dotato delle conoscenze specifiche, dell’esperienza e delle competenze necessarie per i servizi forniti, in particolare della competenza a livello gestionale, della conoscenza specifica nel settore della tecnologia della posta elettronica e della dimestichezza con procedure di sicurezza appropriate; c) rispettare le norme del presente regolamento e le regole tecniche di cui all’articolo 17; d) applicare procedure e metodi amministrativi e di gestione adeguati e tecniche consolidate; e) utilizzare per la firma elettronica, di cui all’articolo 9, dispositivi che garantiscono la sicurezza delle informazioni gestite in conformità a criteri riconosciuti in ambito europeo o internazionale; f) adottare adeguate misure per garantire l’integrità e la sicurezza del servizio di posta elettronica certificata; g) prevedere servizi di emergenza che assicurano in ogni caso il completamento della trasmissione; h) fornire, entro i dodici mesi successivi all’iscrizione nell’elenco dei gestori di posta elettronica certificata, dichiarazione di conformità del proprio sistema di qualità alle norme ISO 9000, successive evoluzioni o a norme equivalenti, relativa al processo di erogazione di posta elettronica certificata; i) fornire copia di una polizza assicurativa di copertura dei rischi dell’attività e dei danni causati a terzi. Trascorsi novanta giorni dalla presentazione, la domanda si considera accolta qualora il CNIPA non abbia comunicato all’interessato il provvedimento di diniego. Il termine di cui al comma 7 può essere interrotto una sola volta esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità del CNIPA o che questo non possa acquisire autonomamente. In tale caso, il termine riprende a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa. Il procedimento di iscrizione nell’elenco dei gestori di posta elettronica certificata di cui al presente articolo può essere sospeso nei confronti dei soggetti per i quali risultano pendenti procedimenti penali per delitti in danno di sistemi informatici o telematici. I soggetti di cui al comma 1 forniscono i dati, previsti dalle regole tecniche di cui all’articolo 17, necessari per l’iscrizione nell’elenco dei gestori. Ogni variazione organizzativa o tecnica concernente il gestore ed il servizio di posta elettronica certificata è comunicata al CNIPA entro il quindicesimo giorno. Il venire meno di uno o più requisiti tra quelli indicati al presente articolo è causa di cancellazione dall’elenco. Il CNIPA svolge funzioni di vigilanza e controllo sull’attività esercitata dagli iscritti all’elenco di cui al comma 1. Art. 15. Gestori di posta elettronica certificata stabiliti nei Paesi dell’Unione europea. – Può esercitare il servizio di posta elettronica certificata il gestore del servizio stabilito in altri Stati membri dell’Unione europea che soddisfi, conformemente alla legislazione dello Stato
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membro di stabilimento, formalità e requisiti equivalenti ai contenuti del presente decreto e operi nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 17. È fatta salva in particolare, la possibilità di avvalersi di gestori stabiliti in altri Stati membri dell’Unione europea che rivestono una forma giuridica equipollente a quella prevista dall’articolo 14, comma 3. Per i gestori di posta elettronica certificata stabiliti in altri Stati membri dell’Unione europea il CNIPA verifica l’equivalenza ai requisiti ed alle formalità di cui al presente decreto e alle regole tecniche di cui all’articolo 17. Art. 16. Disposizioni per le pubbliche amministrazioni. – Le pubbliche amministrazioni possono svolgere autonomamente l’attività di gestione del servizio di posta elettronica certificata, oppure avvalersi dei servizi offerti da altri gestori pubblici o privati, rispettando le regole tecniche e di sicurezza previste dal presente regolamento. L’utilizzo di caselle di posta elettronica certificata rilasciate a privati da pubbliche amministrazioni incluse nell’elenco di cui all’articolo 14, comma 2, costituisce invio valido ai sensi del presente decreto limitatamente ai rapporti intrattenuti tra le amministrazioni medesime ed i privati cui sono rilasciate le caselle di posta elettronica certificata. Le pubbliche amministrazioni garantiscono ai terzi la libera scelta del gestore di posta elettronica certificata. Le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano all’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative. Art. 17. – Regole tecniche. – Il Ministro per l’innovazione e le tecnologie definisce, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sentito il Ministro per la funzione pubblica, le regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata. Qualora le predette regole riguardino la certificazione di sicurezza dei prodotti e dei sistemi è acquisito il concerto del Ministro delle comunicazioni. Art. 18. – Disposizioni finali. – Le modifiche di cui all’articolo 3 apportate all’articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, (Testo A) si intendono riferite anche al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 444 (Testo C). Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
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Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110. – Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio, a norma dell’articolo 65 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in G.U. 19 luglio 2010, n. 166). Testo in vigore dal 3 agosto 2010. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione; Visto l’articolo 65 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio; Vista la legge 16 febbraio 1913, n. 89, recante ordinamento del notariato e degli archivi notarili; Visto il regio decreto-legge 23 ottobre 1924, n. 1737, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562, recante norme complementari per l’attuazione del nuovo ordinamento degli archivi notarili; Vista la legge 3 agosto 1949, n. 577, recante istituzione del Consiglio nazionale del notariato e modificazioni alle norme sull’amministrazione della Cassa nazionale del notariato; Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione digitale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° marzo 2010; Acquisito il parere della competente Commissione della Camera dei deputati espresso in data 9 giugno 2010; Rilevato che il Senato della Repubblica non ha espresso il parere nei termini; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 giugno 2010; Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione; Emana il seguente decreto legislativo: Art. 1. Modifiche alla legge 16 febbraio 1913, n. 89. – 1. Alla legge 16 febbraio 1913, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo l’articolo 23 sono inseriti i seguenti: «Art. 23-bis. – 1. Il notaio per l’esercizio delle sue funzioni deve munirsi della firma digitale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera s), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, rilasciata dal Consiglio nazionale del notariato. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al coadiutore e al notaio delegato. Art. 23-ter. – 1. Il certificato qualificato, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, rilasciato al notaio per l’esercizio delle sue funzioni nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 34, commi 3 e 4, dello stesso decreto,
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attesta, sulla base delle comunicazioni inviate dai consigli notarili distrettuali, anche la sua iscrizione nel ruolo. 2. Le modalità di gestione del certificato di cui al comma 1 devono comunque garantirne l’immediata sospensione o revoca, a richiesta dello stesso titolare o delle autorità competenti, in tutti i casi previsti dalla normativa vigente in materia di firme elettroniche o quando il notaio è sospeso o cessa dall’esercizio delle sue funzioni per qualsiasi causa, compreso il trasferimento ad altro distretto. 3. Il notaio custodisce ed utilizza personalmente, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, il dispositivo di firma collegato al certificato di cui al comma 1.»; b) all’articolo 38 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Il capo dell’archivio notarile, avuta notizia della morte del notaro, richiede al Consiglio nazionale del notariato il trasferimento immediato agli archivi notarili degli atti, dei registri e dei repertori dallo stesso conservati nella struttura di cui all’articolo 62-bis. Il Consiglio nazionale del notariato, accertato il corretto trasferimento dei dati, provvede alla loro cancellazione.»; c) dopo l’articolo 47 sono inseriti i seguenti: «Art. 47-bis. – 1. All’atto pubblico di cui all’articolo 2700 del codice civile, redatto con procedure informatiche si applicano le disposizioni della presente legge e quelle emanate in attuazione della stessa. 2. L’autenticazione di cui all’articolo 2703, secondo comma, del codice civile, è regolata, in caso di utilizzo di modalità informatiche, dall’articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Art. 47-ter. – 1. Le disposizioni per la formazione e la conservazione degli atti pubblici e delle scritture private autenticate si applicano, in quanto compatibili, anche ai documenti informatici di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 47-bis. 2. L’atto pubblico informatico è ricevuto in conformità a quanto previsto dall’articolo 47 ed è letto dal notaio mediante l’uso e il controllo personale degli strumenti informatici. 3. Il notaio nell’atto pubblico e nell’autenticazione delle firme deve attestare anche la validità dei certificati di firma eventualmente utilizzati dalle parti.»; d) dopo l’articolo 51 è inserito il seguente: «Art. 52-bis. – 1. Le parti, i fidefacenti, l’interprete e i testimoni sottoscrivono personalmente l’atto pubblico informatico in presenza del notaio con firma digitale o con firma elettronica, consistente anche nell’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa. 2. Il notaio appone personalmente la propria firma digitale dopo le parti, l’interprete e i testimoni e in loro presenza.»; e) dopo l’articolo 57 è inserito il seguente: «Art. 57-bis. – 1. Quando deve essere allegato un documento redatto su supporto cartaceo ad un documento informatico, il notaio ne allega copia informatica, certificata conforme ai sensi dell’articolo 22, commi 1 e 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. 2. Quando un documento informatico deve essere allegato ad un atto pubblico o ad una scrittura privata da autenticare, redatti su supporto cartaceo, il notaio ne allega copia conforme ai sensi dell’articolo 23 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, formata sullo stesso supporto.»; f) dopo l’articolo 59 è inserito il seguente: «Art. 59-bis. – 1. Il notaio ha facoltà di rettificare, fatti salvi i diritti dei terzi, un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, contenente errori od omissioni materiali relativi a dati preesistenti alla sua redazione,
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provvedendovi, anche ai fini dell’esecuzione della pubblicità, mediante propria certificazione contenuta in atto pubblico da lui formato.»; g) all’articolo 62, primo comma, la parola: «giornalmente» è sostituita dalle seguenti: «entro il giorno successivo»; h) dopo l’articolo 62 sono inseriti i seguenti: «Art. 62-bis. – 1. Il notaio per la conservazione degli atti di cui agli articoli 61 e 72, terzo comma, se informatici, si avvale della struttura predisposta e gestita dal Consiglio nazionale del notariato nel rispetto dei principi di cui all’articolo 60 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Gli atti di cui agli articoli 61 e 72, terzo comma conservati nella suddetta struttura costituiscono ad ogni effetto di legge originali informatici da cui possono essere tratti duplicati e copie. 2. Il Consiglio nazionale del notariato svolge l’attività di cui al comma 1 nel rispetto dei principi di cui agli articoli 12 e 50 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e delle regole tecniche di cui all’articolo 71 dello stesso decreto e predispone strumenti tecnici idonei a consentire, nei soli casi previsti dalla legge, l’accesso ai documenti conservati nella struttura di cui al comma 1. 3. Le spese per il funzionamento della struttura sono poste a carico dei notai e sono ripartite secondo i criteri determinati dal Consiglio nazionale del notariato, escluso ogni onere per lo Stato. Art. 62-ter. – 1. Nella struttura di cui al comma 1 dell’articolo 62-bis il notaio conserva anche le copie informatiche degli atti rogati o autenticati su supporto cartaceo, con l’indicazione degli estremi delle annotazioni di cui all’articolo 23 del regio decreto-legge 23 ottobre 1924, n. 1737, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562. 2. Il notaio attesta la conformità all’originale delle copie di cui al comma 1. Art. 62-quater. – 1. In caso di perdita degli atti, dei repertori e dei registri informatici, alla cui conservazione e tenuta è obbligato il notaio, egli provvede a chiederne la ricostruzione con ricorso al presidente del tribunale competente, ai sensi del regio decreto-legge 15 novembre 1925, n. 2071. 2. La ricostruzione degli atti di cui al comma 1 può essere, altresì, richiesta da chiunque ne ha interesse. 3. Ai fini della ricostruzione possono essere utilizzate anche altre registrazioni informatiche conservate presso lo stesso notaio che ha formato l’atto ovvero presso pubblici registri ovvero, in mancanza, una copia autentica dello stesso da chiunque posseduta. 4. Non si fa luogo al procedimento di ricostruzione se è disponibile una copia di sicurezza eseguita nell’ambito delle procedure di conservazione cui all’articolo 68-bis, comma 1.»; i) dopo l’articolo 66 sono inseriti i seguenti: «Art. 66-bis. – 1. Tutti i repertori e i registri dei quali è obbligatoria la tenuta per il notaio sono formati e conservati su supporto informatico, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. 2. Il notaio provvede alla tenuta dei repertori e dei registri di cui al comma 1 avvalendosi della struttura di cui all’articolo 62-bis. 3. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e il Ministro per la semplificazione normativa, sentiti il Consiglio nazionale del notariato ed il Garante per la protezione dei dati personali e la DigitPa, sono determinate le regole tecniche per la for-
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mazione e la conservazione dei repertori, per il controllo periodico del repertorio di cui all’articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e per la ricerca nei repertori stessi delle annotazioni compiute dal notaio. Art. 66-ter. – 1. La tenuta del repertorio informatico, sostituisce gli indici previsti dall’articolo 62, comma sesto»; l) all’articolo 67, primo comma, sono aggiunte, in fine le seguenti parole: «, ivi compresi quelli conservati presso la struttura di cui all’articolo 62-bis.»; m) dopo l’articolo 68 sono inseriti i seguenti: «Art. 68-bis. – 1. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e il Ministro per la semplificazione normativa sentiti il Consiglio nazionale del notariato ed il Garante per la protezione dei dati personali e la DigitPA, sono determinate, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82: a) le tipologie di firma elettronica ulteriori rispetto a quella prevista dall’articolo 52bis che possono essere utilizzate per la sottoscrizione dell’atto pubblico, ferma restando l’idoneità dei dispositivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettere q), r) e s), dello stesso decreto; b) le regole tecniche per l’organizzazione della struttura di cui al comma 1 dell’articolo 62-bis; c) le regole tecniche per la trasmissione telematica, la conservazione e la consultazione degli atti, delle copie e della documentazione di cui agli articoli 62-bis e 62-ter; d) le regole tecniche per il rilascio delle copie da parte del notaio di quanto previsto alla lettera c); e) le regole tecniche per l’esecuzione delle annotazioni previste dalla legge sugli atti di cui all’articolo 62-bis; f) le regole tecniche per l’esecuzione delle ispezioni di cui agli articoli da 127 a 134, per il trasferimento agli archivi notarili degli atti, dei registri e dei repertori formati su supporto informatico e per la loro conservazione dopo la cessazione del notaio dall’esercizio o il suo trasferimento in altro distretto. 2. Con decreto adottato ai sensi del comma 1 sono stabilite, anche al fine di garantire il rispetto della disposizione di cui all’articolo 476, primo comma, del codice di procedura civile, le regole tecniche per il rilascio su supporto informatico della copia esecutiva, di cui all’articolo 474 del codice di procedura civile. 3. Agli atti e alle copie di cui agli articoli 62-bis e 62-ter si applicano le disposizioni di cui agli articoli 50-bis e 51 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Art. 68-ter. – 1. Il notaio può rilasciare copie su supporto informatico degli atti da lui conservati, anche se l’originale è stato formato su un supporto analogico. Parimenti, può rilasciare copie su supporto cartaceo, degli stessi atti, anche se informatici. 2. Quando l’uso di un determinato supporto non è prescritto dalla legge o non è altrimenti regolato, il notaio rilascia le copie degli atti da lui conservati sul supporto indicato dal richiedente. 3. Il notaio attesta la conformità del documento informatico all’originale o alle copie apponendo la propria firma digitale.»; n) la rubrica del Capo IV del Titolo III della legge 16 febbraio 1913, n. 89, è sostituita dalla seguente:
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«Capo IV – Degli atti che si rilasciano in originale, dell’autenticazione e del rilascio di copie di documenti.»; o) L’articolo 73 è sostituito dal seguente: «Art. 73. – 1. Il notaio può attestare la conformità all’originale di copie, eseguite su supporto informatico o cartaceo, di documenti formati su qualsiasi supporto ed a lui esibiti in originale o copia conforme.»; p) all’articolo 138, comma 2, così come modificato dall’articolo 22 del decreto legislativo 1° agosto 2006, n. 249, le parole: «48 e 49» sono sostituite dalle seguenti: «48, 49 e 52-bis, comma 2.»; q) all’articolo 142, comma 1, lettera b), così come modificato dall’articolo 24 del decreto legislativo 1° agosto 2006, n. 249, dopo le parole: «lettere b), c), d)» sono inserite le seguenti: «o nell’articolo 52-bis, comma 2,». Art. 2. Modifica al regio decreto-legge 23 ottobre 1924, n. 1737, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562. – 1. Al regio decreto-legge 23 ottobre 1924, n. 1737, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562, dopo l’articolo 23 è inserito il seguente: «Art. 23-bis. – 1. Per gli atti pubblici e le scritture private autenticate informatiche, le annotazioni di cui all’articolo 23 e le altre annotazioni previste dalla legge sono eseguite secondo le modalità determinate ai sensi dell’articolo 68-bis, comma 1, della legge 16 febbraio 1913, n. 89.». Art. 3. Modifica alla legge 3 agosto 1949, n. 577. – 1. Alla legge 3 agosto 1949, n. 577, dopo l’articolo 2 è inserito il seguente: «Art. 2-bis. – 1. Il Consiglio nazionale del notariato svolge l’attività di certificatore della firma rilasciata al notaio per l’esercizio delle sue funzioni.». Art. 4. Disposizioni di attuazione. – 1. Con uno o più decreti del Ministro della giustizia aventi natura non regolamentare sono stabilite la data in cui acquistano efficacia le disposizioni di cui all’articolo 66-bis, comma 1, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, nonché la data di inizio dell’operatività della struttura di cui all’articolo 68-bis, comma 1, e quella in cui acquista efficacia l’obbligo di conservazione delle copie di cui all’articolo 62-ter della medesima legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
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Codice dell’amministrazione digitale. Decreto legislativo 7 marzo 2005, con le modifiche ed integrazioni introdotte dal decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 (in G.U. 10 gennaio 2010, n. 6, S.O. 10 gennaio 2010, n. 8 ed indicate in carattere grassetto corsivo) Estratto artt. 20 al 36
Capo II DOCUMENTO INFORMATICO E FIRME ELETTRONICHE; PAGAMENTI, LIBRI E SCRITTURE Sezione I DOCUMENTO INFORMATICO Art. 20. Documento informatico. – 1. Il documento informatico da chiunque formato, la memorizzazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche di cui all’articolo 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice. 1-bis. L’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed modificabilità, fermo restando quanto disposto dall’articolo 21. Comma 2 Abrogato 3. Le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione temporale dei documenti informatici, nonché quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica avanzata, sono stabilite ai sensi dell’articolo 71. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale. 4. Con le medesime regole tecniche sono definite le misure tecniche, organizzative e gestionali volte a garantire l’integrità, la disponibilità e la riservatezza delle informazioni contenute nel documento informatico. 5. Restano ferme le disposizioni di legge in materia di protezione dei dati personali. 5-bis. Gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti previsti dalla legislazione vigente si intendono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le procedure utilizzate sono conformi alle regole tecniche dettate ai sensi dell’articolo 71. Art. 21. Valore probatorio del documento informatico sottoscritto. – 1. Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e modificabilità.
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2. Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 20, comma 3, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabili del documento, ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile. L’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria. 2-bis). Salvo quanto previsto dall’articolo 25, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. 3. L’apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione. La revoca o la sospensione, comunque motivate, hanno effetto dal momento della pubblicazione, salvo che il revocante, o chi richiede la sospensione, non dimostri che essa era già a conoscenza di tutte le parti interessate. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche se la firma elettronica è basata su un certificato qualificato rilasciato da un certificatore stabilito in uno Stato non facente parte dell’Unione europea, quando ricorre una delle seguenti condizioni: a) il certificatore possiede i requisiti di cui alla direttiva 1999/93/CE del 13 dicembre 1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, ed è accreditato in uno Stato membro; b) il certificato qualificato è garantito da un certificatore stabilito nella Unione europea, in possesso dei requisiti di cui alla medesima direttiva; c) il certificato qualificato, o il certificatore, è riconosciuto in forza di un accordo bilaterale o multilaterale tra l’Unione europea e Paesi terzi o organizzazioni internazionali. 5. Gli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto sono assolti secondo le modalità definite con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie. Art. 22. Copie informatiche di documenti analogici. –1. I documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo formati in origine su supporto analogico, spediti o rilasciati dai depositari pubblici autorizzati e dai pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile, se ad essi è apposta o associata, da parte di colui che li spedisce o rilascia, una firma digitale o altra firma elettronica qualificata. La loro esibizione e produzione sostituisce quella dell’originale. 2. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71. 3. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta.
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4. Le copie formate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali formati in origine su supporto analogico, e sono idonee ad assolvere gli obblighi di conservazione previsti dalla legge, salvo quanto stabilito dal comma 5. 5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri possono essere individuate particolari tipologie di documenti analogici originali unici per le quali, in ragione di esigenze di natura pubblicistica, permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, la loro conformità all’originale deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico. 6. Fino alla data di emanazione del decreto di cui al comma 5r per tutti i documenti analogici originali unici permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, la loro conformità all’originale deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico. Art. 23. Copie analogiche di documenti informatici. – 1. Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. 2. Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loto conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto l’obbligo di conservazione dell’originale informatico. Art. 23-bis. Duplicati e copie informatiche di documenti informatici. – 1. I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle regole tecniche di cui all’articolo 71. 2. Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti regole tecniche di cui all’articolo 71, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico. Art. 23-ter. Documenti amministrativi informatici. – 1. Gli atti formati dalle pubbliche amministrazioni con strumenti informatici, nonché i dati e i documenti informatici detenuti dalle stesse, costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi o identici tipi di supporto, duplicazioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. 2. I documenti costituenti atti amministrativi con rilevanza interna al procedimento amministrativo sottoscritti con firma elettronica avanzata hanno l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice civile. 3. Le copie su supporto informatico di documenti formati dalla pubblica amministrazione in origine su supporto analogico ovvero da essa detenuti, hanno il medesimo valore
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giuridico, ad ogni effetto di legge, degli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all’originale è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell’ambito dell’ordinamento proprio dell’amministrazione di appartenenza, mediante l’utilizzo della firma digitale o di altra firma elettronica qualificata e nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71; in tale caso l’obbligo di conservazione dell’originale del documento è soddisfatto con la conservazione della copia su supporto informatico. 4. Le regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici delle pubbliche amministrazioni sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, nonché d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentiti DigitPA e il Garante per la protezione dei dati personali. 5. Al fine di assicurare la provenienza e la conformità all’originale, sulle copie analogiche di documenti informatici, è apposto a stampa, sulla base dei criteri definiti con linee guida emanate da DigitPA, un contrassegno generato elettronicamente, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71 e tale da consentire la verifica automatica della conformità del documento analogico a quello informatico. 6. Per quanto non previsto dal presente articolo si applicano gli articoli 21, 22, 23 e 23-bis. Art. 23-quater. Riproduzioni informatiche. – 1. All’articolo 2712 del codice civile dopo le parole: «riproduzioni fotografiche» è inserita la seguente: «, informatiche».”. Sezione II FIRME ELETTRONICHE E CERTIFICATORI Art. 24. Firma digitale. – 1. La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui è apposta o associata. 2. L’apposizione di firma digitale integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni fine previsto dalla normativa vigente. 3. Per la generazione della firma digitale deve adoperarsi un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso. 4. Attraverso il certificato qualificato si devono rilevare, secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71, la validità del certificato stesso, nonché gli elementi identificativi del titolare e del certificatore e gli eventuali limiti d’uso. Art. 25. Firma autenticata. – 1. Si ha per riconosciuta, ai sensi dell’articolo 2703 del codice civile, la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma avanzata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. 2. L’autenticazione della firma elettronica, anche mediante l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa, o di qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata consiste nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità dell’e-
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ventuale certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico. 3. L’apposizione della firma digitale da parte del pubblico ufficiale ha l’efficacia di cui all’articolo 24, comma 2. 4. Se al documento informatico autenticato deve essere allegato altro documento formato in originale su altro tipo di supporto, il pubblico ufficiale può allegare copia informatica autenticata dell’originale, secondo le disposizioni dell’articolo 23, comma 5. Art. 26. Certificatori. – 1. L’attività dei certificatori stabiliti in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea è libera e non necessita di autorizzazione preventiva. Detti certificatori o, se persone giuridiche, i loro legali rappresentanti ed i soggetti preposti all’amministrazione, qualora emettano certificati qualificati, devono possedere i requisiti di onorabilità richiesti ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le banche di cui all’articolo 26 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. 2. L’accertamento successivo dell’assenza o del venir meno dei requisiti di cui al comma 1 comporta il divieto di prosecuzione dell’attività intrapresa. 3. Ai certificatori qualificati e ai certificatori accreditati che hanno sede stabile in altri Stati membri dell’Unione europea non si applicano le norme del presente codice e le relative norme tecniche di cui all’articolo 71 e si applicano le rispettive norme di recepimento della direttiva 1999/93/CE. Art. 27. Certificatori qualificati. – 1. I certificatori che rilasciano al pubblico certificati qualificati devono trovarsi nelle condizioni previste dall’articolo 26. 2. I certificatori di cui al comma 1, devono inoltre: a) dimostrare l’affidabilità organizzativa, tecnica e finanziaria necessaria per svolgere attività di certificazione; b) utilizzare personale dotato delle conoscenze specifiche, dell’esperienza e delle competenze necessarie per i servizi forniti, in particolare della competenza a livello gestionale, della conoscenza specifica nel settore della tecnologia delle firme elettroniche e della dimestichezza con procedure di sicurezza appropriate e che sia in grado di rispettare le norme del presente codice e le regole tecniche di cui all’articolo 71; c) applicare procedure e metodi amministrativi e di gestione adeguati e conformi a tecniche consolidate; d) utilizzare sistemi affidabili e prodotti di firma protetti da alterazioni e che garantiscano la sicurezza tecnica e crittografica dei procedimenti, in conformità a criteri di sicurezza riconosciuti in ambito europeo e internazionale e certificati ai sensi dello schema nazionale di cui all’articolo 35, comma 5; e) adottare adeguate misure contro la contraffazione dei certificati, idonee anche a garantire la riservatezza, l’integrità e la sicurezza nella generazione delle chiavi private nei casi in cui il certificatore generi tali chiavi. 3. I certificatori di cui al comma 1, devono comunicare, prima dell’inizio dell’attività, anche in via telematica, una dichiarazione di inizio di attività al CNIPA, attestante l’esistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dal presente codice.
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4. Il CNIPA procede, d’ufficio o su segnalazione motivata di soggetti pubblici o privati, a controlli volti ad accertare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dal presente codice e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all’interessato, il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall’amministrazione stessa. Art. 28. Certificati qualificati. – 1. I certificati qualificati devono contenere almeno le seguenti informazioni: a) indicazione che il certificato elettronico rilasciato è un certificato qualificato; b) numero di serie o altro codice identificativo del certificato; c) nome, ragione o denominazione sociale del certificatore che ha rilasciato il certificato e lo Stato nel quale è stabilito; d) nome, cognome o uno pseudonimo chiaramente identificato come tale e codice fiscale del titolare del certificato; e) dati per la verifica della firma, cioè i dati peculiari, come codici o chiavi crittografiche pubbliche, utilizzati per verificare la firma elettronica corrispondenti ai dati per la creazione della stessa in possesso del titolare; f) indicazione del termine iniziale e finale del periodo di validità del certificato; g) firma elettronica del certificatore che ha rilasciato il certificato, realizzata in conformità alle regole tecniche ed idonea a garantire l’integrità e la veridicità di tutte le informazioni contenute nel certificato medesimo. 2. In aggiunta alle informazioni di cui al comma 1, fatta salva la possibilità di utilizzare uno pseudonimo, per i titolari residenti all’estero cui non risulti attribuito il codice fiscale, si deve indicare il codice fiscale rilasciato dall’autorità fiscale del Paese di residenza o, in mancanza, un analogo codice identificativo, quale ad esempio un codice di sicurezza sociale o un codice identificativo generale. 3. Il certificato qualificato può contenere, ove richiesto dal titolare o dal terzo interessato, le seguenti informazioni, se pertinenti allo scopo per il quale il certificato è richiesto: a) le qualifiche specifiche del titolare, quali l’appartenenza ad ordini o collegi professionali, la qualifica di pubblico ufficiale, l’iscrizione ad albi o il possesso di altre abilitazioni professionali, nonché poteri di rappresentanza; b) i limiti d’uso del certificato, inclusi quelli derivanti dalla titolarità delle qualifiche e dai poteri di rappresentanza di cui alla lettera a) ai sensi dell’articolo 30, comma 3; c) limiti del valore degli atti unilaterali e dei contratti per i quali il certificato può essere usato, ove applicabili. 3-bis. Le informazioni di cui al comma 3 possono essere contenute in un separato certificato elettronico e possono essere rese disponibili anche in rete. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono definite le modalità di attuazione del presente comma, anche in riferimento alle pubbliche amministrazioni e agli ordini professionali. 4. Il titolare, ovvero il terzo interessato se richiedente ai sensi del comma 3, comunicano tempestivamente al certificatore il modificarsi o venir meno delle circostanze oggetto delle informazioni di cui al presente articolo.
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Art. 29. Accreditamento. – 1. I certificatori che intendono conseguire il riconoscimento del possesso dei requisiti del livello più elevato, in termini di qualità e di sicurezza, chiedono di essere accreditati presso il CNIPA. 2. Il richiedente deve rispondere ai requisiti di cui all’articolo 27, ed allegare alla domanda oltre ai documenti indicati nel medesimo articolo il profilo professionale del personale responsabile della generazione dei dati per la creazione e per la verifica della firma, della emissione dei certificati e della gestione del registro dei certificati nonché l’impegno al rispetto delle regole tecniche. 3. Il richiedente, se soggetto privato, in aggiunta a quanto previsto dal comma 2, deve inoltre: a) avere forma giuridica di società di capitali e un capitale sociale non inferiore a quello necessario ai fini dell’autorizzazione alla attività bancaria ai sensi dell’articolo 14 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385; b) garantire il possesso, oltre che da parte dei rappresentanti legali, anche da parte dei soggetti preposti alla amministrazione e dei componenti degli organi preposti al controllo, dei requisiti di onorabilità richiesti ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. 4. La domanda di accreditamento si considera accolta qualora non venga comunicato all’interessato il provvedimento di diniego entro novanta giorni dalla data di presentazione della stessa. 5. Il termine di cui al comma 4, può essere sospeso una sola volta entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità del CNIPA o che questo non possa acquisire autonomamente. In tale caso, il termine riprende a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa. 6. A seguito dell’accoglimento della domanda, il CNIPA dispone l’iscrizione del richiedente in un apposito elenco pubblico, tenuto dal CNIPA stesso e consultabile anche in via telematica, ai fini dell’applicazione della disciplina in questione. 7. Il certificatore accreditato può qualificarsi come tale nei rapporti commerciali e con le pubbliche amministrazioni. 8. Il valore giuridico delle firme elettroniche qualificate e delle firme digitali basate su certificati qualificati rilasciati da certificatori accreditati in altri Stati membri dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 1999/93/CE è equiparato a quello previsto per le firme elettroniche qualificate e per le firme digitali basate su certificati qualificati emessi dai certificatori accreditati ai sensi del presente articolo. 9. Alle attività previste dal presente articolo si fa fronte nell’ambito delle risorse del CNIPA, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Art. 30. Responsabilità del certificatore. – 1. Il certificatore che rilascia al pubblico un certificato qualificato o che garantisce al pubblico l’affidabilità del certificato è responsabile, se non prova d’aver agito senza colpa o dolo, del danno cagionato a chi abbia fatto ragionevole affidamento:
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a) sull’esattezza e sulla completezza delle informazioni necessarie alla verifica della firma in esso contenute alla data del rilascio e sulla loro completezza rispetto ai requisiti fissati per i certificati qualificati; b) sulla garanzia che al momento del rilascio del certificato il firmatario detenesse i dati per la creazione della firma corrispondenti ai dati per la verifica della firma riportati o identificati nel certificato; c) sulla garanzia che i dati per la creazione e per la verifica della firma possano essere usati in modo complementare, nei casi in cui il certificatore generi entrambi; d) sull’adempimento degli obblighi a suo carico previsti dall’articolo 32. 2. Il certificatore che rilascia al pubblico un certificato qualificato è responsabile, nei confronti dei terzi che facciano affidamento sul certificato stesso, dei danni provocati per effetto della mancata o non tempestiva registrazione della revoca o non tempestiva sospensione del certificato, secondo quanto previsto. dalle regole tecniche di cui all’articolo 71, salvo che provi d’aver agito senza colpa. 3. Il certificato qualificato può contenere limiti d’uso ovvero un valore limite per i negozi per i quali può essere usato il certificato stesso, purché i limiti d’uso o il valore limite siano riconoscibili da parte dei terzi e siano chiaramente evidenziati nel certificato secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71. Il certificatore non è responsabile dei danni derivanti dall’uso di un certificato qualificato che ecceda i limiti posti dallo stesso o derivanti dal superamento del valore limite. Art. 31. Vigilanza sull’attività dei certificatori e dei gestori di posta elettronica certificata. – 1. DigitPA svolge funzioni di vigilanza e controllo sull’attività dei certificatori qualificati e dei gestori di posta elettronica certificata. 2. Obblighi del titolare e del certificatore. 1. Il titolare del certificato di firma è tenuto ad assicurare la custodia del dispositivo di forma e ad adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee ad evitare danno ad altri; è altresì tenuto ad utilizzare personalmente il dispositivo di firma. 2. Il certificatore è tenuto ad adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee ad evitare danno a terzi. 3. Il certificatore che rilascia, ai sensi dell’articolo 19, certificati qualificati deve inoltre: a) provvedere con certezza alla identificazione della persona che fa richiesta della certificazione; b) rilasciare e rendere pubblico il certificato elettronico nei modi o nei casi stabiliti dalle regole tecniche di cui all’articolo 71, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni; c) specificare, nel certificato qualificato su richiesta dell’istante, e con il consenso del terzo interessato, i poteri di rappresentanza o altri titoli relativi all’attività professionale o a cariche rivestite, previa verifica della documentazione presentata dal richiedente che attesta la sussistenza degli stessi; d) attenersi alle regole tecniche di cui all’articolo 71; e) informare i richiedenti in modo compiuto e chiaro, sulla procedura di certificazione e sui necessari requisiti tecnici per accedervi e sulle caratteristiche e sulle limitazioni d’uso delle firme emesse sulla base del servizio di certificazione; f) (soppressa);
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g) procedere alla tempestiva pubblicazione della revoca e della sospensione del certificato elettronico in caso di richiesta da parte del titolare o del terzo dal quale derivino i poteri del titolare medesimo, di perdita del possesso o della compromissione del dispositivo di firma, di provvedimento dell’autorità, di acquisizione della conoscenza di cause limitative della capacità del titolare, di sospetti abusi o falsificazioni, secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71; h) garantire un servizio di revoca e sospensione dei certificati elettronici sicuro e tempestivo nonché garantire il funzionamento efficiente, puntuale e sicuro degli elenchi dei certificati di firma emessi, sospesi e revocati; i) assicurare la precisa determinazione della data e dell’ora di rilascio, di revoca e di sospensione dei certificati elettronici; j) tenere registrazione, anche elettronica, di tutte le informazioni relative al certificato qualificato dal momento della sua emissione almeno per venti anni anche al fine di fornire prova della certificazione in eventuali procedimenti giudiziari; k) non copiare, né conservare, le chiavi private di firma del soggetto cui il certificatore ha fornito il servizio di certificazione; l) predisporre su mezzi di comunicazione durevoli tutte le informazioni utili ai soggetti che richiedono il servizio di certificazione, tra cui in particolare gli esatti termini e condizioni relative all’uso del certificato, compresa ogni limitazione dell’uso, l’esistenza di un sistema di accreditamento facoltativo e le procedure di reclamo e di risoluzione delle controversie; dette informazioni, che possono essere trasmesse elettronicamente, devono essere scritte in linguaggio chiaro ed essere fornite prima dell’accordo tra il richiedente il servizio ed il certificatore; m) utilizzare sistemi affidabili per la gestione del registro dei certificati con modalità tali da garantire che soltanto le persone autorizzate possano effettuare inserimenti e modifiche, che l’autenticità delle informazioni sia verificabile, che i certificati siano accessibili alla consultazione del pubblico soltanto nei casi consentiti dal titolare del certificato e che l’operatore possa rendersi conto di qualsiasi evento che comprometta i requisiti di sicurezza. Su richiesta, elementi pertinenti delle informazioni possono essere resi accessibili a terzi che facciano affidamento sul certificato. m-bis) garantire il corretto funzionamento e la continuità del sistema e comunicare immediatamente a DigitPA e agli utenti eventuali malfunzionamenti che determinano disservizio, sospensione o interruzione del servizio stesso. 4. Il certificatore è responsabile dell’identificazione del soggetto che richiede il certificato qualificato di firma anche se tale attività è delegata a terzi. 5. Il certificatore raccoglie i dati personali solo direttamente dalla persona cui si riferiscono o previo suo esplicito consenso, e soltanto nella misura necessaria al rilascio e al mantenimento del certificato, fornendo l’informativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I dati non possono essere raccolti o elaborati per fini diversi senza l’espresso consenso della persona cui si riferiscono. Art. 33. Uso di pseudonimi. – 1. In luogo del nome del titolare il certificatore può riportare sul certificato elettronico uno pseudonimo, qualificandolo come tale. Se il certificato è qualificato, il certificatore ha l’obbligo di conservare le informazioni relative alla
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reale identità del titolare per almeno venti anni decorrenti dall’emissione del certificato stesso. Art. 34. Norme particolari per le pubbliche amministrazioni e per altri soggetti qualificati. – 1. Ai fini della sottoscrizione, ove prevista, di documenti informatici di rilevanza esterna, le pubbliche amministrazioni: a) possono svolgere direttamente l’attività di rilascio dei certificati qualificati avendo a tale fine l’obbligo di accreditarsi ai sensi dell’articolo 29; tale attività può essere svolta esclusivamente nei confronti dei propri organi ed uffici, nonché di categorie di terzi, pubblici o privati. I certificati qualificati rilasciati in favore di categorie di terzi possono essere utilizzati soltanto nei rapporti con l’Amministrazione certificante, al di fuori dei quali sono privi di ogni effetto ad esclusione di quelli rilasciati da collegi e ordini professionali e relativi organi agli iscritti nei rispettivi albi e registri; con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e per l’innovazione e le tecnologie e dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le categorie di terzi e le caratteristiche dei certificati qualificati; b) possono rivolgersi a certificatori accreditati, secondo la vigente normativa in materia di contratti pubblici. 2. Per la formazione, gestione e sottoscrizione di documenti informatici aventi rilevanza esclusivamente interna ciascuna amministrazione può adottare, nella propria autonomia organizzativa, regole diverse da quelle contenute nelle regole tecniche di cui all’articolo 71. 3. Le regole tecniche concernenti la qualifica di pubblico ufficiale, l’appartenenza ad ordini o collegi professionali, l’iscrizione ad albi o il possesso di altre abilitazioni sono emanate con decreti di cui all’articolo 71 di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri di volta in volta interessati, sulla base dei principi generali stabiliti dai rispettivi ordinamenti. 4. Nelle more della definizione delle specifiche norme tecniche di cui al comma 3, si applicano le norme tecniche vigenti in materia di firme digitali. 5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice le pubbliche amministrazioni devono dotarsi di idonee procedure informatiche e strumenti software per la verifica delle firme digitali secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71. Art. 35. Dispositivi sicuri e procedure per la generazione della firma. – 1. I dispositivi sicuri e le procedure utilizzate per la generazione delle firme devono presentare requisiti di sicurezza tali da garantire che la chiave privata: a) sia riservata; b) non possa essere derivata e che la relativa firma sia protetta da contraffazioni; c) possa essere sufficientemente protetta dal titolare dall’uso da parte di terzi. 2. I dispositivi sicuri e le procedure di cui al comma 1 devono garantire l’integrità dei documenti informatici a cui la firma si riferisce. I documenti informatici devono essere presentati al titolare, prima dell’apposizione della firma, chiaramente e senza ambiguità, e si deve richiedere conferma della volontà di generare la firma secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71. 3. Il secondo periodo del comma 2 non si applica alle firme apposte con procedura automatica. La firma con procedura automatica è valida se apposta previo consenso del titolare all’adozione della procedura medesima.
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4. I dispositivi sicuri di firma devono essere dotati di certificazione di sicurezza ai sensi dello schema nazionale di cui al comma 5. 5. La conformità dei requisiti di sicurezza dei dispositivi per la creazione di una firma qualificata prescritti dall’allegato III della direttiva 1999/93/CE è accertata, in Italia dall’Organismo di certificazione della sicurezza informatica, in base allo schema nazionale per la valutazione e certificazione di sicurezza nel settore della tecnologia dell’informazione, fissato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o, per sua delega, del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri delle comunicazioni, delle attività produttive e dell’economia e delle finanze. L’attuazione dello schema nazionale non deve determinare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Lo schema nazionale può prevedere altresì la valutazione e la certificazione relativamente ad ulteriori criteri europei ed internazionali, anche riguardanti altri sistemi e prodotti afferenti al settore suddetto. 6. La conformità di cui al comma 5 è inoltre riconosciuta se accertata da un organismo all’uopo designato da un altro Stato membro e notificato ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 1999/93/CE. Art. 36. Revoca e sospensione dei certificati qualificati. – 1. Il certificato qualificato deve essere a cura del certificatore: a) revocato in caso di cessazione dell’attività del certificatore salvo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 37; b) revocato o sospeso in esecuzione di un provvedimento dell’autorità; c) revocato o sospeso a seguito di richiesta del titolare o del terzo dal quale derivano i poteri del titolare, secondo le modalità previste nel presente codice; d) revocato o sospeso in presenza di cause limitative della capacità del titolare o di abusi o falsificazioni. 2. Il certificato qualificato può, inoltre, essere revocato o sospeso nei casi previsti dalle regole tecniche di cui all’articolo 71. 3. La revoca o la sospensione del certificato qualificato, qualunque ne sia la causa, ha effetto dal momento della pubblicazione della lista che lo contiene. Il momento della pubblicazione deve essere attestato mediante adeguato riferimento temporale. 4. Le modalità di revoca o sospensione sono previste nelle regole tecniche di cui all’articolo 71. Art. 37. Cessazione dell’attività. – 1. Il certificatore qualificato o accreditato che intende cessare l’attività deve, almeno sessanta giorni prima della data di cessazione, darne avviso al CNIPA e informare senza indugio i titolari dei certificati da lui emessi specificando che tutti i certificati non scaduti al momento della cessazione saranno revocati. 2. Il certificatore di cui al comma 1 comunica contestualmente la rilevazione della documentazione da parte di altro certificatore o l’annullamento della stessa. L’indicazione di un certificatore sostitutivo evita la revoca di tutti i certificati non scaduti al momento della cessazione. 3. Il certificatore di cui al comma 1 indica altro depositario del registro dei certificati e della relativa documentazione. 4. Il CNIPA rende nota la data di cessazione dell’attività del certificatore accreditato tramite l’elenco di cui all’articolo 29, comma 6.
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4-bis. Qualora il certificatore qualificato cessi la propria attivitĂ senza indicare, ai sensi del comma 2, un certificatore sostitutivo e non si impegni a garantire la conservazione e la disponibilitĂ della documentazione prevista dagli articoli 33 e 32, comma 3, lettera j) e delle ultime liste di revoca emesse, deve provvedere al deposito presso DigitPA che ne garantisce la conservazione e la disponibilitĂ .
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Indice analitico A Agente postale: Alternative Dispute Resolution (ADR): Amministrativa (responsabilità): 33, 140 ss. Area digitale: non reperita Atti: 82 ss. Autenticazione – informatica: 124 ss. Autorità amministrativa: Avvocato: 112 ss. Azione a tutela dei diritti violati: 21 B Banche dati: 16 ss., 31, 110 Banda larga: 214 Best practices: 11 ss., 106 Busta telematica:
Codice dell’amministrazione digitale: 23, 67 ss., 118, 136 s. Codice della privacy: 137 Comunicazioni: 169 ss. Copia: 44, 50 s., 210 s.
D Decreto Ingiuntivo Telematico: Digital divide: 176 DigitPa Documento – analogico: 61 – copia: 44, 50 s., 210 s. – informatico: 56 ss. – originale unico: 73 – pubblico: 53 Dominio Giustitia: E
C Cancelleria: Carte elettroniche: 20, 22 Casella di PEC: Certificato: 54, 66 s., 78, 124 ss., 143 ss. Certificatore: 65 s., 81, 121, 124 Chiave: 80 s. Chiavi asimmetriche: 79, 81, 117
E-government: E-mail – certificata: 193 ss., 212 ss. F Fascicolo informatico: 100 ss. Firma: – autenticata: 55, 98 s.
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– autografa: 75, 79 – digitale: 78 ss. – elettronica: 61 ss. – qualificata: 61 ss., 79 s. Foro: 157, 168 G Garante della privacy: 61, 71, 137, 143, 151 Gestore – centrale – locale Giustizia telematica:
P Pagamenti telematici: PolisWeb: Portale Internet: 20, 164 Posta elettronica – certificata (PEC): 193 ss., 212 ss. Privacy: 22, 42, 137 Processo telematico: 47 ss., 82 ss., 105 ss. Procura alle liti: 87 ss. Procura elettronica: Pubblicità legale: 31 Punto di accesso: R
I Identità digitale: 20 Indirizzo elettronico: Intercettazione – telefonica: 157 – telematica: 193 Internet provider (responsabilità dell’): 19 Internet Service Provider (ISP): non presente L Link: 112, 159 Luogo di pubblicazione: 135, 137
Registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE): Regole tecniche: Responsabilità (amministrativa): 140 s. Rete Unica della Giustizia (R.U.G.): Riscossione dei diritti e dei bolli: S SIA Sistema informatico amministrativo: 164 Sistema pubblico di connettività: Sito web: 18, 159 Smart card: Società dell’informazione: Standard:
M Mezzi di sicurezza: 19, 158 s. Misure tecnologiche di protezione: – rimozione: 133 Modalità tecniche operative: 138, 141, 155
T Trasmissione telematica – downloading: 133 Tutela dell’identità digitale: 211 U
N UNEP: Notaio: Notificazioni: 183 ss.
V Validazione: 117, 121 O W
Obiettivi di sicurezza: 156 ss.
Web: 15, 17 s., 112
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Finito di stampare nel mese di febbraio 2012 nella Stampatre s.r.l. di Torino via Bologna, 220
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