Kaire 26

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia www.chiesaischia.it

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LABORATORIO DI CARITA’

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Ridiamo la felicitĂ alla famiglia De Luciano

L’Editoriale

LA VOCAZIONE IN OGNUNO DI NOI

La chiesa di Ischia è in festa per l’ordinazione di due nuovi sacerdoti: Marco e Gianfranco sono stati accolti dal clero isolano e da tutta la comunità . Il loro SÏ a Dio è una scelta maturata nel tempo, attraverso lo studio, la meditazione, i colloqui con i padri spirituali, il dialogo col vescovo, il rapporto intimo con GesÚ eucarestia.

Dio li ha chiamati a sĂŠ, per lavorare nella sua vigna. Una vocazione arrivata da lontano. Magari inaspettata.

Gianfranco, idraulico ed elettricista, ha avvertito la chiamata fra un cantiere di lavoro e la vita in parrocchia: Dio gli chiedeva cose grandi.

Marco, chef di cucina, non era soddisfatto della propria vita. Troppo superficiale.

Dio lo chiamava a cose piĂš alte. Spesso i piani di Dio sono impensabili per noi esseri umani. Ma di certo, ci conosce piĂš di ogni altra cosa. E sa che se ci chiede qualcosa, lo fa perchĂŠ ci ama. E si manifesta a noi attraverso la vocazione, in qualsiasi momento. A tutte le etĂ . Ognuno di noi ha una vocazione. Io ad esempio ho la vocazione al matrimonio.

Gianfranco e Marco al sacerdozio. Suor Cristina alla vita consacrata. Marta, Antonia, Francesco e tanti altri alla vita consacrata ma da laici nel mondo. A Gianfranco e Marco, Dio ha bussato al loro cuore, con la libertà di dire: no grazie. E invece hanno detto di sÏ, sÏ all’amore piÚ grande della loro vita. Gianfranco, Marco, siate semplicemente voi stessi. Generate sempre unità con gli altri sacerdoti e soprattutto con il vescovo.

Siate umili, accoglienti, fedeli a Dio. Semplicemente siate un’altra Maria, mamma nostra. Auguri di cuore.

Lorenzo Russo

SEGUIAMO FRANCESCO

Intervista a Mons Becciu sulla giornata per la caritĂ del Papa

ANNIVERSARI

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Don Vincenzo Avallone racconta i suoi 60 anni di sacerdozio

Kaire ANNO 1 | NUMERO 26 Fotoservizio di Andrea Di Massa e Andrea Miniello

LA GIOIA DI DIRE SI’ A DIO ₏ 1,00

28 giugno 2014

Gianfranco e Marco nuovi sacerdoti EMERGENZA CARCERI

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SĂŹ alla messa in prova per reati non gravi. Ecco le novitĂ

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LA STORIA SIAMO NOI

Le storiche recite della “Fisalugo� nell’episcopio di Ischia Ponte

MEMORIA

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Il ricordo di don Pietro Buonocore, pilastro della chiesa di Ischia

GIOVANI E LAVORO

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Il progetto Policoro nel decanato di Barano

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Kaire

28 giugno 2014 www.chiesaischia.it

RIDIAMO UNA CASA, RIDIAMO LA FELICITÀ ALLA FAMIGLIA DE LUCIANO | IN PRIMO PIANO

LABORATORIO DI CARITA’

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| a cura di Melania Di Meglio

ome tutti ben sanno dal 1° giugno vi è su quest’isola una famiglia che non ha più nulla, neanche un pupazzo che accompagni i sogni della più piccola dei sei figli dei coniugi De Luciano. Un triste incendio, divampato in pieno pomeriggio in una cameretta, probabilmente causato da un phon incandescente, avvolgendo con le sue fiamme ciò che incontrava lungo il suo percorso ha portato via con sé tutto, quasi tutto.

Sin da subito è partita una vera e propria gara di solidarietà che ha visto adoperarsi nel trovare una degna dimora alla famiglia De Luciano il gruppo Caritas della diocesi di Ischia, il volontariato pastorale, l’ufficio diocesano di pastorale familiare e vita, l’ufficio diocesano di

CARITAS DIOCESANA ISCHIA

SOSTEGNO FAMIGLIA DE LUCIANO

DIOCESI DI ISCHIA - CARITAS DIOCESANA SOSTEGNO FAMIGLIA DE LUCIANO Ischia S.Maria Assunta nel Santuario di S.G.G.D.C S.Maria di Portosalvo S.Maria delle Grazie in S.Pietro Gesù Buon Pastore S.Domenico Nella SS.Assunziata (Campagnano) S.Ciro S.Antonio Abate

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Casamicciola Terme S.Maria Maddalena S.Antonio di Padova Circolo Diamoci la Mano

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Lacco Ameno

alla famiglia De Luciano.

In quell’occasione tre rappresentati di note ditte ischitane hanno dato la loro immediata disponibilità nell’adoperarsi nella ricostruzione dell’immobile prestando la propria manodopera professionale, gratuitamente.

Effettuato nei giorni seguenti un sopralluogo con gli stessi presso il luogo del dolore, verificata la consistenza delle murature e dei solai, si è constatata la possibilità di intervenire quanto prima. Tanto ancora manca. Di tanto ancora c’è bisogno. Tanto ancora si può fare. Vanno aiutati….Aiutiamoli!

Parrocchia SS.Annunziata in S.Maria delle Grazie S.Restituta S.Giuseppe (Fango) Congrega S.Anna Congrega Assunta Chiesa SS.Annunziata (Fundera) Dipendenti Alberghi di Lacco Ameno Tassisti di Lacco Ameno Alunni Scuola Media Comitato Festa S.Restituta

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Forio Basilica S.Maria di Loreto Convento S.Francesco Visitapoveri S.Vito S.Leonardo Abate (Panza) S.Francesco Saverio (Cuotto) S.Maria di Montevergine in S.Francesco di Paola S.Michele Arcangelo S.Sebastiano

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consulta dei laici, il forum del III Settore, tutti coordinati e diretti da Don Gioacchino Castaldi, direttore Caritas della diocesi e parroco della SS. Annunziata in S. Maria delle Grazie a Lacco Ameno.

Ad oggi la famiglia De Luciano dimora presso una casa della parrocchia della chiesa di San Francesco di Paola ma continua a sognare di ritornare ad abitare “quella casa” che li vedeva felici fino al tragico incidente.

Il 18 Giugno, su invito del vescovo Mons.

Pietro Lagnese, presso il Seminario si è tenuto un incontro volto a reclutare volontari, soprattutto nel settore tecnico ed edile al fine di costituire una squadra “dei miracoli” che in breve tempo ridia dignità oltre che una casa

Kaire

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“MI VUOI BENE?”

28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

LA VOCE DI PIETRO

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Preghiera Giovani in Cattedrale col Vescovo Pietro lo scorso 20 giugno, ad una settimana esatta dalle ordinazioni sacerdotali di Marco D’Orio e Gianfranco Del Neso

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| a cura di Francesco Schiano

l brano proclamato è stato tratto dal Capitolo 21 del Vangelo di Giovanni. Ci troviamo dopo la Resurrezione di Gesù e il Maestro chiede a Pietro una triplice professione di Amore a Lui dopo il tradimento nella notte della Passione. Il Vescovo ci ha guidati in questo cammino di Preghiera e di riflessione: Simone di Giovanni, mi vuoi bene? E’ la domanda che spesso si fanno gli innamorati. “Mi vuoi bene?” Questo fatto che Gesù domandi tre volte a Pietro: “Mi vuoi bene?”, non è solo legato al triplice tradimento prima della morte in Croce, ma esprime proprio quanto sia importante questa relazione con il Signore, che viene prima di qualsiasi altra cosa; e vorrei che la sentissero forte nel cuore questa sera in modo particolare Marco e Gianfranco per i quali pre-

“L’Amore non è mai una formula matematica, è sempre un miracolo perché tra tante stelle - ce ne sono miliardi - solo una è la stella che guardi”

ghiamo in modo particolare: solo dentro questa relazione d’amore si può spiegare la Vocazione sacerdotale che dura una vita, fuori da questa relazione il diventare prete diventa qualcosa di inconsistente per sé e per gli altri. Se Marco e Gianfranco tra una settimana saranno preti è perché c’è stato un

momento della loro vita in cui è nato questo Amore, in cui si sono sentiti rivolgere questa domanda da Gesù: “Mi vuoi bene?”

La canzone di Anna Oxa, ‘Quando nasce un amore’, ci ha aiutati ad entrare ancora di più dentro il tema di questa serata vissuta tra noi e con il Signore; “Quando nasce un Amore non è mai troppo tardi”.

Quando scocca la scintilla di un Amore a volte spesso ci chiediamo: perché non è accaduto prima?

Forse ci sembra di aver perso del tempo; come mai non ti eri accorto di lui? Di lei? Quando ci si innamora sembra che ci sia sempre una vita davanti, si progetta in grande, si fanno sogni in lontananza, poi quando l’amore si spegne i sogni si spengono, i progetti si accorciano, ci si riduce ad una vita banale.

“Quando nasce un Amore scende come un bagliore da una stella che guardi e di stelle nel cuore ce ne sono miliardi…”: in fondo l’Amore è sempre un miracolo, l’Amore non è mai una formula matematica, è sempre un miracolo perché tra tante stelle, ce ne sono miliardi, e solo una è la stella che guardi!

L’Amore è un miracolo, potrebbe accadere o no, anche la domanda che Gesù stasera ci rivolge: “Mi vuoi bene?” potrebbe colpire il Cuore di qualcuno mentre ad altri potrebbe non dire letteralmente niente. Se non è nato questo Amore in voi, cari Marco e Gianfranco, allora venerdì datevi per dispersi, prendete il primo aliscafo venerdì mattina e non vi fate trovare, perché solo dentro questa relazione d’Amore ha senso che voi diven-

tiate preti. Come mi colpisce questa espressione: “Quando nasce un Amore è come un bambino che ha bisogno di cure”; quanti amori abortiti! L’Amore che nasce ha bisogno di calore, devi avere pazienza, perché è una cosa piccola piccola, è come un piccolo seme, che ha bisogno di un terreno preparato e pronto. Forse anche stasera qui nascerà una nuova storia d’Amore con Gesù: non importa che si diventi Preti o Suore o monaci, l’importante è che ci sia Amore, perché quando ti sei innamorato è fatta: Gesù, la persona amata possono chiederci qualunque cosa per questo Amore. “Farò tutte le cose che vuoi fare anche tu”. In fondo quando ci si innamora si incomincia ad amare le cose che ama la persona amata; mi sembra che questo sia vero anche per il nostro rapporto con il Signore, perché nel rapporto con Lui incominci a sperimentare che devi fare le cose che ha fatto Lui, e se questo è vero per

tutti lo è in modo particolare per il Prete, che è uno che si allena a fare le cose che fa Gesù . “Amore mio immenso e puro ci penso io a farti avere un futuro”: i preti non si sposano e non fanno figli, eppure quante strade Dio apre attraverso di loro, quanti figli generati alla fede!

Preghiamo che in tanti nasca e rinasca questo Amore che genera e contagia altri ad Amare come Gesù!

Foto di Andrea Di Massa

AGENDA DEL VESCOVO DAL 29 GIUGNO AL 6 LUGLIO Dom 29 giugno

Solennità dei Santi Pietro e Paolo Ore 10.30 – Chiesa di San Pietro – Ischia Celebrazione della Santa Messa Udienze

Lun 30 giugno

visita agli ammalati

Mar 1°luglio

ore 19.30 S. Messa in S. Maria Visitapoveri - Forio VI centenario

Mer 2 luglio

Collegio Consultori e Consiglio Affari Economici.

Incontro 1a comunità di Fiaiano del Cammino Neocatecumenale

Gio 3 luglio

udienze

Ven 4 luglio

Incontro con il Comitato Kosmopolis

Sab 5 luglio

Santa Messa - Parr. Santa Maria delle Grazie - Capriglia

Dom 6 luglio

Kaire FUORI DALLA CHIESA CON E SENZA COPPOLE L 4

| SEGUIAMO FRANCESCO

28 giugno 2014 www.chiesaischia.it

IL PASSO STORICO

| a cura di Domenico Marino

A Cassano all’Jonio un Pontefice ha accompagnato boss e picciotti, capibastone e sottopancia, fuori dalla grande e accogliente famiglia cattolica. Perché Vangelo e rituali criminali, Parola di Dio e regole di malavita, sono inconciliabili come più volte sottolineato da singoli vescovi e anche dalla Conferenza episcopale calabra

a ‘ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune, e coloro che nella vita seguono questa strada, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati. Dalla piana che fu di Sybaris e Thuri, dalla Calabria messa in ginocchio dalle ‘ndrine e dai suoi complici con e senza coppole e lupare, Papa Francesco ha mosso un passo storico per la Chiesa universale. L’ha fatto davanti a 250mila persone giunte qui da tutto il Meridione, e non solo. Bambini tanti, giovani tantissimi, adulti molti e pure migliaia di anziani. Tutti sotto il sole bollente del primo giorno d’estate per ascoltare il Papa venuto dalla fine del mondo affinché gli ultimi non siano più tali, perché le periferie diventino centro. È successo sabato 21 giugno a Cassano all’Jonio, cittadina di poco meno di 20mila abitanti che oltre a essere nella memoria, resterà nella storia perché in un suo angolo di mondo un Pontefice ha accompagnato boss e picciotti, capibastone e sottopancia, fuori dalla grande e accogliente famiglia cattolica. Perché Vangelo e rituali criminali, Parola di Dio e regole di malavita, sono inconciliabili come più volte sottolineato da singoli vescovi e anche dalla Conferenza episcopale calabra.

La memoria corre al vibrante appello alla conversione innalzato da Giovanni Paolo II nel maggio del 1993 nella Valle dei templi. Ma Francesco è andato oltre, solcando un confine che rende impossibile qualsiasi confusione. E l’ha fatto qui, tra Jonio e Pollino, dove le faide non sono solo lontane pagine di cronaca ma racconti di vita quotidiana, dove il racket ingrassa i clan terrorizzando piccoli o grandi imprenditori e le loro famiglie, dove dopo oltre cinque mesi non si conosce la verità sull’omicidio di Cocò Campolongo ucciso come un boss ad appena tre anni. Dove un ragazzino neanche adolescente ha assistito con le mani impotenti e gli occhi increduli all’omicidio del papà, Fazio Cirolla, ucciso per sbaglio in un agguato di ‘ndrangheta. La sua unica colpa è stata trovarsi al posto sbagliato, al momento sbagliato, in un’afosa domenica di fine luglio. Cercava un pezzo di ricambio per l’auto e ha trovato la morte. E mentre il sicario gli puntava la pistola alla testa per fare fuoco, ha avuto la tenerezza di sussurrare al figlioletto d’occuparsi della mamma. Alla quale ora, spenti i riflettori e asciugate le lacrime, sono vicini solo il parroco, i familiari e qualche uomo di buona volontà che non è scomparso allo spegnersi dei flash. Fazio e la sua famiglia abitavano poco lontano dalla spianata in cui il Santo Padre ha lanciato la scomunica a clan, ‘ndrine, sistemi criminali di ogni genere.

Con ogni probabilità, la moglie e il figlio di Fazio sabato pomeriggio

hanno ascoltato il Santo Padre tra la polvere, il sole e la brezza marina che ha un tantino rallentato la salita della colonnina di mercurio. Così come l’hanno fatto piccoli e grandi personaggi di malavita. Sicuramente sono arrivate al cuore della vedova le parole del Papa e prima quelle del vescovo di Cassano e segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, il quale, dandogli il benvenuto in una “Chiesa e un territorio belli” ha in un certo senso preparato il terreno alla storica omelia del Pontefice affermando che “la ‘ndrangheta, come ogni forma di delinquenza organizzata, non si nutre solo di soldi e malaffare, ma anche di coscienze addormentate e, perciò, conniventi”.

Speriamo, di cuore, che abbiano fatto breccia pure nell’animo dei criminali. Perché c’è sempre spazio e tempo per il perdono, come ha commentato il giorno dopo la scomunica don Giacomo Panizza, sacerdote in trincea sul fronte della ‘ndrangheta a Lamezia Terme.

Le durissime parole contro la ‘ndrangheta hanno dato il titolo più forte all’intensissimo pellegrinaggio calabrese di un Papa ultimo tra gli ultimi, umile tra gli umili.

28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

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“CON UN GESTO SEMPLICE SI AIUTA PIETRO AD AIUTARE I PIÙ POVERI” SEGUIAMO FRANCESCO

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GIORNATA PER LA CARITÀ DEL PAPA

| a cura di Vincenzo Corrado

Monsignor Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede: “L’auspicio è che possa essere un’occasione di vicinanza a Papa Francesco da parte di tutti i fedeli, e che l’offerta vada unita alla preghiera per lui. È questa una carità che il Santo Padre non si stanca di chiedere a tutti coloro che incontra: nessuno è così povero da non potergliela donare”

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na pratica molto antica che arriva fino ad oggi. È l’Obolo di San Pietro, la colletta che si svolge in tutto il mondo cattolico, per lo più il 29 giugno o la domenica più vicina alla Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. La colletta, come viene spiegato sul sito ufficiale, rimanda alle origini del cristianesimo, quando vengono sostenuti materialmente “coloro che hanno la missione di annunciare il Vangelo, perché possano

impegnarsi interamente nel loro ministero, prendendosi cura dei più bisognosi”. È quanto sottolinea anche monsignor Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede. Il Sir lo ha incontrato alla vigilia di questo appuntamento, conosciuto come Giornata per la carità del Papa.

Eccellenza, l’Obolo di San Pietro è una pratica molto antica che rimanda alle origini del cristianesimo. Quali sono i motivi che la rendono ancora attuale?

“Direi che il motivo principale è quello di compiere un gesto semplice, capace però di unire concretamente ogni fedele al Successore di Pietro aiutandolo a dilatare la sua carità, quella carità che in ragione del suo ministero abbraccia la Chiesa ed il mondo intero. Aiutare Pietro ad aiutare: è un atto di amore verso il Papa e verso la Chiesa. Naturalmente le iniziative di carità sono moltissime, a tutti i livelli, e di questo ci dobbiamo rallegrare. L’Obolo di San Pietro ha di specifico questo: partecipare concretamente alla sollecitudine del Papa per

tutte le Chiese”.

Ci sono delle parolechiave per comprendere appieno il messaggio di questa pratica?

“Me ne vengono alla mente due: universalità e comunione. L’universalità si concretizza nei donatori e nei destinatari: in questa Festa le offerte sono raccolte in tutto il mondo cattolico, nei cinque continenti, dalle cattedrali delle grandi metropoli alle parrocchie dei villaggi più sperduti. D’altro canto, anche i destinatari della carità del Papa si trovano potenzialmente in qualsiasi parte del globo. La seconda parola è comunione, perché al di là della quantità di denaro raccolto, ciò che è importante di questa colletta è il fatto di favorire in tutti i cattolici il senso di apertura alla Chiesa universale”.

Gli ultimi anni sono stati devastanti a causa della crisi economica. C’è stato un riflesso anche sulla donazioni all’Obolo?

“Un certo calo lo si è notato, specialmente in alcuni Paesi, anche se contenuto, rispetto alla gravità della crisi economica che li ha colpiti. Tuttavia, come ho già detto, ciò che è fonda-

mentale non è la quantità del denaro raccolto, ma il fatto di allargare la partecipazione. Non ci è possibile naturalmente conoscere il numero di quanti hanno dato la loro offerta nelle rispettive parrocchie, ma penso si possa dire, realisticamente, che si contano in parecchie decine di milioni.

E qui sta il significato profondo della raccolta dell’Obolo. Dunque l’invito che faccio è quello di partecipare tutti, ciascuno nei limiti di quanto può dare, e di vivere questo semplice gesto come un atto di amore al Papa”.

Nel 2013 abbiamo conosciuto, sempre di più, Papa Francesco e la sua attenzione verso le “periferie”, i poveri, gli ultimi.

Tante le forme: dalle schede telefoniche agli immigrati, agli assegni dati a chi è in difficoltà…

L’Obolo serve anche per questo?

“L’attenzione del Papa verso i più bisognosi ha una lunghissima tradizione, che Papa Francesco ha voluto continuare, rafforzare e alla quale ha dato, direi, un tocco di personale vicinanza verso chi soffre. Le donazioni arrivano al Papa in molti modi, non solamente con la raccolta dell’Obolo. Il Papa le può poi destinare sia

a singole Chiese locali, sia attraverso organismi quali Cor Unum o altri enti della Santa Sede che sostengono progetti di sostegno e sviluppo, sia, talora, anche direttamente a chi è nel bisogno. In questa opera di carità entra anche l’Elemosiniere pontificio, una figura tradizionale, alla quale Papa Francesco ha voluto dare un ruolo dinamico e quasi di ‘pronto intervento’ rispetto a numerosi casi di persone in difficoltà”.

Qual è il suo auspicio e il suo appello per la raccolta del 2014?

“L’auspicio è che possa essere un’occasione di vicinanza a Papa Francesco da parte di tutti i fedeli, e che l’offerta vada unita alla preghiera per lui. E’ questa una carità che il Santo Padre non si stanca di chiedere a tutti coloro che incontra: nessuno è così povero da non potergliela donare”.

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Kaire

MI CONFESSO… |

ANNIVERSARI

28 giugno 2014 www.chiesaischia.it

Il 29 giugno 2014 don Vincenzo Avallone compie 60 anni di sacerdozio. Gli abbiamo chiesto di donarci la sua autobiografia di questi suoi anni di matrimonio con Dio

M

i è stata chiesta questa “confessione”, ed io la faccio volentieri anzitutto per dare gloria a Dio – tutto è Grazia! – ma anche perché mi aiuta a decifrare alcune delle coordinate dei miei sessanta anni di prete. Allo scopo mi servirò soltanto di alcune parole chiave.

Eccole: VOCAZIONE – È senza dubbio qualcosa di misterioso, ma io la definirei così: “È il modo singolare, unico e irripetibile con cui Dio ama ogni essere umano” e che si concretizza così: Dio ti fa nascere in quel momento storico, in quel paese, da quella famiglia, con quel codice genetico, con quel carattere, con quelle qualità positive da coltivare, con quei difetti da correggere e – cosa ancora più importante! – ti fa incontrare quelle persone … Tutti questi tasselli, ed altri ancora, sono quelli che determinano l’orientamento di una vita, nel caso mio, l’essere diventato prete…

Ma qual è il compito essenziale di un prete? E qui mi viene in soccorso la Bibbia PROFETA – Ed ecco al riguardo due riferimenti biblici. “Io (Dio) pensavo a te, prima di formarti nel ventre materno. Prima che tu venissi alla luce ti avevo scelto, ti avevo consacrato profeta, per annunziare il mio messaggio alle nazioni” (Geremia 1,4). Un altro riferimento lo prendo da profeta Amos: “Veggente, va’, scappatene nella terra di Giuda, per guadagnarti il pane”. Amos rispose ad Amasia: “Non sono profeta né figlio di profeta; io sono un mandriano e incisore di sicomori. Il Signore mi prese da dietro il gregge e mi disse: Va’, profetizza al popolo mio, Israele” (Amos 7, 10-15).

Ed io, credetemi, fin da bambino, inconsciamente, ho pensato al prete come profeta, predicatore della Parola di Dio. E il tramite di questa mia convinzione è stato un mio zio sacerdote, che fra gli anni ’30 e ’40 usciva dall’isola e andava a predicare i “quaresimali” in terraferma. In quel periodo ogni parrocchia aveva la bella abitudine di chiamare un quaresimalista per preparare i Cristiani alla Pasqua. Pensate che quando fui parroco a Serrara (dal ’64 al ’67), mi arrivava un vaglia da Sorrento con la motivazione “per le prediche in preparazione alla Pasqua”.

PAURA del profeta – Anche questa è biblica.

“Signore mio Dio, come farò? Vedi che sono ancora troppo giovane per presentarmi a parlare.

Ma il Signore mi disse: non preoccuparti se sei

troppo giovane. Va’ dove ti manderò e riferisci quello che ti ordinerò. Non aver paura della gente, perché io sono con te a difenderti. Io, il Signore, ti do la mia parola” (Geremia 1, 6-8).

Questa “paura” – credetemi – l’ho sempre avvertita, pur ritenendo un mio vanto il non aver mai aperto la bocca davanti all’assemblea senza aver studiato la Parola di Dio, anche a costo di ritardare di qualche minuto l’inizio della Messa!

Ricorderò in particolare, quando, in alcune occasioni mi tremavano le gambe e quasi mi si bloccava la parola sulle labbra: quando, da cappellano militare a Trapani, mi vedevo davanti schierate tremila reclute per la Messa domenicale; quando, da parroco, il giovedì santo, chiesa gremita, dovevo preparare i 12 apostoli e l’assemblea alla lavanda dei piedi; e quando, sempre da parroco, la notte di Natale, chiesa zeppa di gente che veniva dal cenone, ed io dovevo alzare il coturno per parlare dell’Incarnazione e della Nascita di Cristo …

Ma, devo confessarlo, sempre lo Spirito Santo ti aiuta “sermone ditans guttura” come cantiamo nel Veni, creator Spiritus.

CONCILIO – Io ho avuto la fortuna di viverlo in prima persona. Merito del vescovo di allora, Mons. Dino Tomassini, il quale, venendo da Roma, con il suo ciclostile ce lo “spappolava”, documento per documento. Merito anche di don Anselmo Delizia che, con la sua rivista “La Chiesa nel mondo” ci faceva vivere la risonanza del Concilio nel mondo. Ed io, in quel periodo, mi abbonai a L’Osservatore Romano, e ne conservo le copie che riportavano i documenti conciliari, man mano che uscivano, la Dei Verbum, la Lumen Gentium, la Gaudium et Spes, etc.

ECUMENISMO – È stato sempre il mio pallino, dagli anni di teologia a Posillipo, quando il p. Gustavo Galeota ci tenne un corso complementare sulla “Teologia della Chiesa orientale”.

Poi, avendo avuto la fortuna di andare a Londra più di una volta, i miei interessi ecumenici si sono concentrati soprattutto sulla Chiesa Anglicana (Church of England).

LA LINGUA INGLESE – Parallelamente alla mia passione ecumenica è nata in me la necessità dello studio della lingua inglese che – si fa per dire – adesso parlo e scrivo abbastanza bene. E così ho avuto la fortuna di entrare in contatto con una comunità anglicana di Londra St. Luke’s parish church: mi mandano il loro bollettino par-

rocchiale e qualche libro biblico con commento che trovo sempre interessanti. Aggiungo poi che la conoscenza della lingua mi permette di seguire, quando posso, i religious services che la BBC trasmette ogni domenica. Aggiungerei che l’inglese non mi fa soltanto sentire ecumenico, ma anche più cattolico: difatti con la mia piccola radio riesco a sintonizzarmi su una stazioneradio americana – 15611 MHz – sita nell’Alabama, che unisce tutto il cattolicesimo degli USA, soprattutto quello che si affaccia sull’Atlantico. Provare per credere!

SORA NOSTRA MADRE TERRA – Ed io la terra non l’ho mai tradita, seguendo la filosofia di mio padre che “la più bella cosa nella vita è vedere una pianta crescere”. Ed anche ora che “ho fatto per viltà il gran rifiuto” (mi sono dimesso da parroco), i miei sogni notturni sono i pomodori, i fagiolini, le patate, etc.

E come vorrei che i giovani di oggi, accanto al tablet, allo smartphone, all’internet, dialogassero anche con la natura e imparassero la pazienza e i tempi lunghi della natura: “Fratelli, siate pazienti. Guardate il contadino: egli aspetta con pazienza che la terra produca i suoi frutti preziosi, aspetta le piogge di primavera e le piogge di autunno. Così siate pazienti anche voi e fatevi coraggio” (Giacomo 5, 7-8).

Caro lettore di Kaire, scusami ma … ti prego non prendermi troppo sul serio! don Vincenzo Avallone

Kaire 7 BIOGRAFIA DI DON VINCENZO AVALLONE D 28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

on Vincenzo Avallone nasce a Panza il 17 Novembre 1930 da Aniello e Genoveffa Iacono, secondo di sette figli: Giovanni, Vincenzo, Brigida (morta a 7 mesi), Brigida, Maria, Anna e Filomena. Formatosi nei seminari d’Ischia, Salerno e Posillipo, dove consegue la licenza in Sacra Teologia, è ordinato sacerdote dal vescovo De Laurentis a Ischia il 29 Giugno 1954 nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Tenente Cappellano militare dall’ottobre 1955 all’aprile del 1961, insegna poi al seminario d’Ischia e nel 1964 viene eletto parroco di S. Maria del Carmine in Serrara, fino a quando, nel dicembre 1967, diventa parroco di S. Maria Maddalena in Casamicciola e qui lascia un segno indelebile adoperandosi, tra le altre cose, con tutte le sue forze per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del parroco Giuseppe Morgera, artefice della rinascita del paese dopo il terremoto del 1883: ne divulga incessantemente la vita, le opere e la carità.

Fa ritorno a Panza nella sua terra natìa nell’ottobre del 2009. Il Vescovo Strofaldi lo nomina Vice Parroco della sua Comunità Parrocchiale d’origine: San Leonardo Abate.

APPUNTAMENTI

Don Vincenzo Avallone ricorderà i suoi 60 anni di Sacerdozio (1954 - 2014) nella S.Messa di Domenica 29 giugno alle ore 20.00 presso la Chiesa della Madonna delle Grazie in S.Gennaro a Panza.

Seguirà un momento di festa.

Lunedì 30 alle ore 11.00 don Vincenzo concelebrerà la S.Messa con mons. Vescovo e il presbiterio diocesano presso la stessa Chiesa della Madonna delle Grazie.

ANNIVERSARI

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AD MULTOS ANNOS DON VINCENZO! 8

Kaire

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ANNIVERSARI

28 giugno 2014 www.chiesaischia.it

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| a cura di Francesco Schiano

anza ricorda in questa domenica i 60 anni di Sacerdozio di uno dei suoi figli più illustri: don Vincenzo Avallone. Sono stati tanti i Sacerdoti che questa Comunità ha donato alla Chiesa e a quella di Ischia in modo del tutto speciale, basti ricordare tra gli ultimi don Pasquale D’Abundo Parroco di Portosalvo, don Leonardo Iacono parroco di S.Antonio a Casamicciola, don Luigi Trofa Parroco di San Ciro a Ischia nonché Vicario Generale della Diocesi, i fratelli don Leonardo e Ciro Iacono, i viventi don Vincenzo Fiorentino Parroco di S.Angelo, don Gioacchino Castaldi Parroco di Lacco Ameno, e lui, il nostro don Vincenzo Avallone, già Parroco di Serrara prima e di S.Maria Maddalena in Casamicciola poi; una Comunità quella di Panza con alle spalle Parroci che con umiltà e saggezza hanno saputo trasmettere e instillare nel cuore di tanti la gioia e la voglia di spendersi e donarsi fino in fondo per la causa del Vangelo: è per questo che ricordare i 60 anni di Sacerdozio di un figlio della propria terra è motivo di festa e di orgoglio ma nello stesso tempo stimolo e impegno a perseverare nella preghiera perché il Pastore continui a chiamare operai per la sua messe, e che questi siano “operai santi” capaci di incarnare nella vita di ogni giorno il messaggio di quel Dio Amore venuto per servire e non per essere servito.

Don Vincenzo da piccolo mi è parso sempre come una figura quasi mitica; la scia di bene seminata a Casamicciola arrivava fino a noi qui a Panza, e le sue apparizioni nella nostra parrocchia erano salutate come l’arrivo di un personaggio a dir poco famoso.

Poi, una domenica di inizio ottobre del 2009 te lo ritrovi davanti prima della Messa delle 11 nella quale, tra la gioia e la sorpresa di tutti, viene annunciato il suo ritorno in pianta stabile a Panza nella sua terra natìa dopo aver lasciato l’ufficio di Parroco in quel di Casamicciola.

Da quel momento, parlando della mia esperienza personale, quel prete e quell’uomo visto come un “mito” da lontano sarebbe diventato una guida e un oserei dire un amico e cui guardare

con l’affetto e la stima che si può avere verso un nonno che si è fatto onore nella vita.

Don Vincenzo ha sempre amato definirsi “il prete contadino”, panzese nel profondo delle ossa, anche all’esterno della sua canonica a Casamicciola si era creato un piccolo orticello che curava con perizia e attenzione maniacale. E come non ricordare le sue straordinarie accoglienze alla Banda Musicale “Aurora”, la banda del suo paese che non mancava mai di interpellare nella due giorni del Corpus Domini casamicciolese?

Anche il bene e la carità che don Vincenzo ha seminato nel silenzio e nella discrezione non sono certo un segreto, ma il don Vincenzo riscoperto a Panza e nei colloqui avuti con lui in tante circostanze è il prete tra la gente e per la gente, innamorato del suo popolo, ma soprattutto innamorato di Cristo, ridonato con quel linguaggio e quelle espressioni cariche di spon-

taneità che solo un cuore semplice e puro come il suo possono trasmettere.

Non basterebbero tutte le pagine di questo settimanale per raccontare chi è stato don Vincenzo per la Chiesa di Ischia e per tutti coloro che ha incontrato, ma so bene che la sua indole rifugge gli onori della storia e la gloria che viene (anche se in totale sincerità) dai fedeli e dalla gente comune, né tantomeno mi sembra onesto tracciare qui un profilo di un’ipotetica beatificazione o canonizzazione.

Quello che è certo è che don Vincenzo, con le sue parole, i suoi gesti, i suoi scritti, ha saputo donarci Cristo in quell’atteggiamento quotidiano di ascolto, discepolato e servizio ma anche di guida saggia e sapiente. Non saranno mancate le difficoltà sul suo cammino: 60 anni sono quasi una vita e nella vita si sa sono più le prove che le glorie. Voglio solo farti tanti auguri don Vincenzo, il tuo cammino non finisce certamente oggi ma si arricchisce di una nuova tappa che ci parla ancora una volta del tuo servizio; grazie per quanto ci hai donato finora e per quanto continuerai a donarci, grazie per essere stato in mezzo a noi sacramento dell’Amore di Dio, grazie per aver guardato sempre ai ragazzi, ai giovani con quell’Amore che solo un Padre sa trasmettere!

San Leonardo e Santa Maria Maddalena ti benedicano e ti aiutino ad essere sempre quel pastore buono che sa dare la vita per le sue pecore. Ad multos annos don Vincenzo!

Kaire 9 PREGATE IL PADRONE DELLA MESSE… O 28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

PASTORALE VOCAZIONALE

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ISCHIA VOC PAGE

| a cura del Centro Diocesano Vocazioni diretto da don Beato Scotti

bbediente al Comando del Signore che ci chiede di pregare il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe, accogliendo l’invito del vescovo Pietro, la chiesa di Ischia si è ritrovata, dal 23 al 26 giugno scorso a pregare per le Vocazioni e in modo del tutto speciale per Marco e Gianfranco ordinati sacerdoti venerdì 27.

In ogni decanato si è dunque tenuta un’ora di adorazione eucaristica guidata dal centro diocesano Vocazioni e presieduta dal parroco della parrocchia ospitante. 4 i temi scelti per le 4 veglie tenute lunedì nella chiesa del Soccorso a Forio, martedì nella parrocchia di S. Maria del Carmine a Serrara, mercoledì nella parrocchia di S. Maria delle Grazie a Lacco Ameno e giovedì nella chiesa Cattedrale: CHIAMATA, RISPOSTA, DOVE, COME. Nella Veglia tenutasi lunedì 23 presso la Chiesa del Soccorso il Parroco don Pasquale Mattera ha sottolineato come “la chiamata è un momento di gioia ma anche di stupore e paura, la chiamata è di un giorno particolare, un’ora particolare: c’è un qualcosa che ti prende e colpisce, e può essere improvvisa o graduale che ti conduce poi alla scelta decisiva. Gli Apostoli lasciate le reti Lo seguirono: per seguire dobbiamo lasciare qualcosa e questo non è solo un impegno del primo giorno ma è pratica quotidiana; ad un certo punto però ti rendi conto non è solo di un giorno particolare ma è di tutti i giorni, così per il sacerdozio così per una coppia che si unisce in matrimonio. Ogni volta che il Signore ti chiama a lasciare qualcosa, che è un qualcosa che è sempre nuovo e diverso e la tentazione di non lasciare, di fermarsi o addirittura tornare indietro c’è sempre. A Dio non puoi dare un momento ma devi dare tutta la vita” Preghiamo perché Marco e Gianfranco siano sacerdoti pronti a rispondere sempre all’Amore di Dio, liberi di andare dove il Signore chiede e capaci di “prendere il largo” insieme a Lui!

Diocesi di Ischia

PELLEGRINAGGIO CON IL VESCOVO PIETRO in POLONIA, CECHIA ed AUSTRIA

DAL 19 AL 26 AGOSTO 2014

PER INFO E PRENOTAZIONI Ufficio Turismo e Pellegrinaggi Curia Vescovile Tel. 3498826612 Mercoledì dalle 10:00 a 12:00 e-mail : ischiatur@gmail.com

Siate sempre tra la Gente, dietro l'Unico Maestro!

O 10 Kaire

| a cura di Francesco Schiano

re 21.25 di Venerdì 27 giugno 2014: la Chiesa di Ischia ha due nuovi Sacerdoti. Don Marco DOrio e Don Gianfranco Del Neso hanno messo per sempre la loro vita nelle mani di Dio a servizio del suo popolo.

Il Piazzale delle Alghe inizia a riempirsi sin dalle 18.30, il coro, posizionato a sinistra del palco e formato da componenti di diverse Comunità Parrocchiali dellisola, prova con i fedeli i ritornelli dei canti, e man mano che passano i minuti l'attesa si fa sempre più forte.

La Chiesa celebra la Solennità del Santissimo Cuore di Gesù, la festa di quellAmore che si è donato a noi senza misura, la giornata dedicata in modo tutto particolare alla preghiera per la Santificazione dei Sacerdoti, e non poteva esserci occasione più bella per accogliere due nuovi Sacerdoti nella nostra Chiesa di Ischia!

La Celebrazione inizia con leggero ritardo, i ministranti, seminaristi, diaconi, i sacerdoti diocesani e quelli venuti per loccasione si recano in processione insieme al Vescovo dalla Cattedrale al Piazzale; il coro intona i canti d'ingresso, che ci ricordano come questo sia davvero “il giorno Santo tra tutti i giorni”, per noi un giorno di pura Grazia!

La Parola di Dio ci parla dell'immenso Amore di Dio per il suo Popolo, lo fa nella I lettura tratta dal libro del Deuteronomio: “Il Signore Foto Andrea Di Massa

| ORDINAZIONI SACERDOTALI

vi ha scelti non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli ma perché vi ama”; lo fa nella II lettura per bocca dell’Apostolo Giovanni: “In questo sta l’Amore, non siamo stati noi ad amare Dio ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il Suo figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”; nel Vangelo Gesù loda il Padre per aver nascosto i suoi misteri ai sapienti di questo mondo e si presenta a noi come Colui che è mite ed umile di Cuore.

Prima dell’Omelia di mons. Vescovo trova spazio la I parte della liturgia di Ordinazione con la Presentazione dei due ordinandi; don Emanuel traccia le linee biografiche e vocazionali della vita di Gianfranco e Marco, Mons. Lagnese li accoglie e li sceglie a nome della Chiesa di Ischia per l’ordine del Presbiterato.

Sono appassionate e forti le parole che mons. Lagnese pronuncia nella sua omelia, il primo pensiero dopo i saluti iniziali è per P. Filippo Strofaldi: “Mons. Strofaldi questa sera è qui con noi e prega con noi, io oggi raccolgo i frutti di un lavoro che è stato soprattutto suo”. Poi l’invito ad entrare nel mistero di questa Celebrazione: “Ogni volta che incontriamo Gesù nell’Eucarestia siamo sotto la Sua Croce per raccogliere il Sangue e l’Acqua che sgorgano dal Suo costato aperto. La Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù ci invita a fare sintesi della nostra fede;

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Foto Andrea Di Massa

oggi è davvero la festa dell’Amore di Dio ed è una festa che celebriamo con gioia perché abbiamo un Dio che è innamorato di noi.

Siamo qui per attingere lo Spirito di Dio, la sua stessa Vita, e come mendicanti veniamo a ricevere le meraviglie del Suo Amore”.

Le parole più intense sono proprio per i due ordinandi, Marco e Gianfranco: “Cari Marco e Gianfranco, oggi Gesù vi rende partecipi della Sua stessa vita ed è questo per voi un dono del tutto immeritato e gratuito, sentite sempre nella vostra vita lo stupore per questo Amore immenso, non abbiate paura del fallimento perché Gesù stesso ne ha fatto esperienza ma non ha mai smesso di lodare Dio. Benedite il Signore sempre, qualunque sia il vostro percorso e la vostra strada, aborrite ogni forma di lamenta-

zione, aiutate la gente a benedire, a ringraziare Dio; nei momenti di sconforto e di smarrimento rifugiatevi in Lui, tornate sempre a Lui; è Lui il vero Maestro e noi siamo tutti Discepoli: sentitevi sempre a scuola, mai arrivati, sarete maestri se vi saprete prima mettere tra i banchi. Rifuggite da ogni forma di supponenza, non state mai al di sopra della gente, state in mezzo ad essa seguendo l’unico Maestro, siate umili, ve lo ripeto, siate umili!”.

Il cuore della liturgia di ordinazione è poi nelle promesse che gli ordinandi mettono nelle mani del Vescovo che rappresenta il Cristo maestro e pastore; con le litanie dei Santi la Comunione con la Chiesa del Cielo si fa ancora più piena perché siano loro ad intercedere in modo tutto speciale per i nuovi ordinandi in questo momento di Grazia che scende su di loro in modo ancora più abbondante con l’imposizione delle mani da parte del Vescovo e di tutti i Sacerdoti presenti.

Mons. Lagnese pronuncia la Preghiera di Ordinazione: Marco e Gianfranco sono Sacerdoti di Cristo, vengono ora rivestiti degli abiti sacerdotali, mentre le loro mani sono unte col Profumo e dalla potenza del Crisma di salvezza.

A loro vengono consegnati il pane e il vino, mentre l’abbraccio con il Vescovo e il Presbiterio sigilla il loro ingresso come nella Santa Chiesa di Ischia.

Marco e Gianfranco concelebrano ora con Mons. Lagnese per la prima volta, la prima Messa di una lunga serie, in cui ci ridoneranno per sempre Cristo, pane spezzato per la Vita del Mondo.

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GIANFRANCO, MARCO: PORTATE GESU OVUNQUE

Don Agostino Iovene, Vicario generale per la diocesi di Ischia

| a cura di Lorenzo Russo

Cosa cambia per la diocesi di Ischia?

“Cambia moltissimo perché vuol dire che la vita di fede produce i suoi frutti. Due nuovi sacerdoti ci dicono che bisogna continuare nella strada della fede, della testimonianza, dell’amore di Dio”.

C’è crisi vocazionale?

“Per l’esperienza che ho, mi sembra che un po’ ovunque ci si lamenti sempre sulle vocazioni.

Papa Francesco ci dice che all’annuncio della parola corrisponde un modo di vivere, allora c’è la vocazione. Quando manca la vocazione vuol dire che non c’è testimonianza”.

In questi giorni ricorre l’anniversario dei 60 anni di sacerdozio di Don Vincenzo Avallone. E’ una ricchezza per la diocesi, avere molti sacerdoti di lunga data sacerdotale?

“E’ una ricchezza avere questi sacerdoti anziani. Con la loro fede hanno testimoniato che era possibile diventare sacerdoti anche in tempi difficili e che sono stati fedeli al mandato rice-

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| a cura di Massimo Coppa

meridiana, quanto sia difficile costumarsi alla parola di Dio: lo vedo nelle debolezze del mio corpo e della mia mente.

Vedo che, nonostante tutto, da questo arbusto spinoso bimillenario che è la Chiesa fioriscono ancora rose. Di questo sono grato al Signore e in questo scorgo un segno ultraterreno.

DIAMOCI UNA VOCE

Foto GGLubrano

Don Beato Scotti, responsabile della pastorale vocazionale è l’ultimo sacerdote ordinato in diocesi, il 5 maggio del 2009

Qual è l’emozione più grande nel vivere un’ordinazione sacerdotale?

“Sembra di vivere un bellissimo sogno. Un sogno che diventa realtà. E poi ti svegli quando stai celebrando le tue prime messe, nei giorni successivi all’ordinazione. Ti accorgi che stai celebrando in prima persona, e che stai vivendo una gioia i n d e s c r i v i b i l e.

Durante l’ordinazione il momento più profondo è quando stai steso a terra durante le litanie dei santi, ma anche l’imposi-

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ico la verità: sono un pessimo cattolico. Un peccatore e pure poco praticante.

Come se non bastasse, sono stato molto critico verso i pontificati di Giovanni Paolo II e di Ratzinger.

Però questo ha di bello la Chiesa cattolica: che può sempre stupirti in positivo. Da quando c’è Papa Francesco mi sembra di assistere ad una fioritura, come ai bei tempi epici di Giovanni XXIII. La Chiesa, come istituzione, viene scossa dalle fondamenta. C’è un entusiasmo, una speranza, una passione che sento anche in me e ne resto piacevolmente sorpreso.

Quest’aria di meraviglia, come si vede, tra i suoi risultati concreti porta lo sbocciare di nuove vocazioni. Ammiro questi giovani che scelgono di sposare Cristo e di vivere ed operare nella grazia.

Li ammiro perché vedo, con chiarezza

vuto. Questo deve essere un segno di conforto per chi entra in un ambiente ecclesiale. I sacerdoti più anziani ci fanno capire che è possibile fare il sacerdote e farlo bene, soprattutto nell’obbedienza al vescovo e nell’amore con tutti”.

Cosa vorresti augurare a don Gianfranco e don Marco?

“Amate Gesù e portatelo ovun| a cura di Ciro Cenatiempo* que, il resto è superfluo”.

SEMBRA DI VIVERE UN BELLISSIMO SOGNO | a cura di Lorenzo Russo

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FIORISCONO ANCORA ROSE DA QUELL’ARBUSTO BIMILLENARIO CHE E’ LA CHIESA…

ORDINAZIONI SACERDOTALI

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artendo dalla chiamata dei Greci antichi, la «klēsis» - che sottende alla vocazione - e volando fino alla

«ekklēsía», l’assemblea dunque chiesa, che è cattolica, ovvero universale, la sovrapposizione di

echi e significati profondi è debordante, entusiasmante, contagiosa. Se alle due nuove ordinazioni sacerdotali proviamo a far corrispondere la forza dei fatti chiamati per nome, restituiti alla loro origine possente, scopriamo una emozione unica. E riusciamo, come «Chiesa che è in Ischia», a rivalutare la retorica dell’evento, a riprenderci la carne delle parole, a esaltarci come comunità; a rilegare la Religione per renderla la

zione delle mani del vescovo e l’abbraccio di tutto il clero.

Ti senti accolto da questa grande famiglia” Un ringiovanimento per la chiesa di Ischia?

“La Diocesi si arricchisce di due giovani sacerdoti, ma non dobbiamo dimenticare che ci sono molti sacerdoti anziani che danno tanta testimonianza di fede. “Don Vincenzo Avallone ad esempio celebra 60 anni di messa. Già solo questo, dice tanto, soprattutto per noi giovani. L’importante è la fedeltà nella propria vita a Dio. E questo lo testimoniano i nostri sacerdoti con più anni. Marco e Gianfranco saranno testimonianza se sapranno immolare la propria vita a Dio”.

sostanza del libro della vita collettiva, senza relegarla a un ambito parallelo nei nostri confusi giorni di passaggio, troppo spesso lasciata sul binario morto delle abitudini (abiti, aspetti superficiali), dei riflessi condizionati, di una bolsa tradizione. Diamoci una voce, ora, e chiamiamoci ancora una volta: non c’è nulla di più moderno! *giornalista, professionista della Comunicazione

Che cosa vorresti augurare a don Gianfranco e don Marco?

“Mi spodestano dall’essere novello sacerdote perché sono stato l’ultimo sacerdote ad essere ordinato in diocesi. Scherzi a parte, vorrei dirgli che dal momento in cui si alzano da terra durante l’ordinazione, siano persone nuove. Chiunque incontra loro, deve capire che sono espressione di Dio. Che siano testimonianza di Dio”.

12 Kaire

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ORDINAZIONI SACERDOTALI

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SÌ ALLA "MESSA IN PROVA" PER REATI NON GRAVI 14 Kaire

| a cura di Rita Bergamo *

Finalmente emanata la legge, a lungo attesa, che ha introdotto per i colpevoli di reati non gravi la possibilità di chiedere, prima ancora del processo, di sottoporsi ad un programma di messa in prova.

Molte luci e alcune ombre nel sistema di pene alternative al carcere

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SOCIETA’

a “messa alla prova”, introdotta con la legge del 28 aprile 2014 n.67, è un istituto fortemente innovativo per il nostro ordinamento.

Prevede che una persona imputata, che deve ancora subire un processo, possa richiedere al giudice competente di sospendere il procedimento, sottoponendosi a quello che viene definito un “programma di trattamento”.

Non tutti i procedimenti possono essere sospesi, solo quelli relativi a reati per cui è prevista una pena pecuniaria o carceraria non superiore a quattro anni. Inoltre tale opportunità favorevole può essere concessa solo una volta.

Il programma proposto dall’imputato stesso, nel concreto è una sorta di progetto che deve essere concordato con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, ossia con il Servizio Sociale che opera nel settore penitenziario e deve prevedere l’assunzione di impegni specifici. E’ importante sottolineare che si tratta di impegni non limitati a rispettare semplici divieti, ma che coinvolgono, responsabilizzano e attivano la persona.

Questa infatti deve impegnarsi, insieme alla sua famiglia e al suo ambiente di vita, in un percorso di reinserimento sociale, nello svolgimento di un lavoro di pubblica utilità, nell’attuazione di comportamenti e impegni per attenuare le conseguenze del reato, come attività di volontariato o risarcimento del danno provocato con il reato. Inoltre l’imputato, se possibile, deve promuovere, col supporto di operatori specializzati, condotte finalizzate a trovare una mediazione con la vittima del reato.

Tale impegno, che rappresenta una assoluta novità nell’ordinamento degli adulti, raccoglie l’esigenza di una maggiore attenzione nei confronti delle vittime. Se il progetto è ritenuto adeguato, il giudice dà avvio alla messa alla prova stabilendone prescrizioni e tempi. L’esito positivo della prova comporta l’estinzione del reato.

La messa alla prova è un istituto sperimentato da molti anni positivamente nel processo minorile e che in realtà da tempo era atteso e auspicato anche per gli adulti. La resistenza e la len-

tezza con cui si è arrivati a varare una legge di tale tipo, va ricercata in pregiudiziali ideologiche e prudenze politiche, piuttosto che nelle esigenze concrete. Chi opera nel settore sapeva da tempo che questa era una delle soluzioni auspicabili e possibili.

La Corte Europea ha sospeso la grossa multa che pendeva sull’Italia a causa del grave problema del sovraffollamento, in quanto ha riconosciuto lo sforzo di affrontare il problema non solo con provvedimenti tampone, come avrebbe potuto essere un indulto, ma cercando di iniziare ad intaccare alcune delle cause strutturali che lo hanno determinato. La “messa alla prova” infatti è solo uno dei provvedimenti contenuti in una legge che delega il Governo ad emanare in tempi brevi altri decreti che vanno nella stessa direzione, come l’introduzione di nuove pene edittali (cioè inflitte al momento della sentenza) non detentive, come quella della reclusione domiciliare.

Questo vuol dire che un giudice, nel momento in cui dovrà condannare una persona, non avrà più a disposizione solo una pena di tipo carcerario, ma potrà utilizzare direttamente anche altre forme di condanna come appunto quella della reclusione domiciliare. Il carcere dovrebbe rimanere solo una misura estrema.

Fino ad ora l’accesso alle misure alternative al carcere era successivo ad una condanna definitiva che prevedeva il carcere e che solo successivamente poteva essere sospesa, anche dopo un periodo detentivo, con una domanda che veniva esaminata dal Tribunale di Sorveglianza, cioè un Tribunale diverso da quello che aveva pronunciato la condanna. Ciò era uno dei motivi che portava a far sì che molti detenuti che affollavano le carceri in realtà vi entravano per poco tempo e solo in attesa di innescare la procedura per l’accesso alle misure alternative.

C’è da evidenziare che da molti anni, purtroppo senza che l’opinione pubblica ne sia informata correttamente, la cosiddetta area penale esterna, costituita da tutto quel sistema di misure con cui le persone condannate scon-

tano una pena alternativa al carcere, riguarda un numero molto elevato di persone. Nel 2013, ad esempio, le persone condannate che hanno scontato una sentenza definitiva in esecuzione penale esterna sono state 50.673. Inoltre il funzionamento di tale sistema è dimostrato anche dal basso numero di revoche delle misure alternative che ha riguardato solo il 6,60% di persone condannate.

Il problema che sottende all’applicazione di un provvedimento come quello della “messa alla prova” è che è stato fatto velocemente e a costi zero ossia senza fornire alcuna risorsa. Gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna che dovranno rendere operativa tale legge di fatto sono servizi quasi al collasso, con gravi carenze di personale.

Il rischio è che la legge fallisca per questo e non per una reale sperimentazione della sua opportunità.

Nei prossimi tempi gli operatori dell’esecuzione penale avranno dunque la responsabilità di impegnarsi nel “ripensare” un proprio ruolo, integrato con le Forze dell’Ordine e con i servizi del territorio, nell’adattare e commisurare i loro interventi di sostegno al reinserimento sociale dei soggetti condannati anzitutto per offrire il proprio contributo tecnico e professionale alla riuscita delle soluzione riformiste del sistema sanzionatorio. È questa forse una delle sfide che mi stimola a lavorare in questo settore, spesso in condizioni non facili. * Ufficio esecuzione penale esterna di Trieste

Kaire 15 SUSSIDIARIETA' - RISORSA SOCIALE S 28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

| a cura di Filomena Sogliuzzo

i parla tanto in questi ultimi tempi di riforma del "terzo settore" ma non tutti ne conoscono e ne apprezzano il valore che ha radici nella dottrina sociale della Chiesa. Il principio di "sussidiarietà" così bene illustrato nella lettera enciclica "centesimus annus" dal Papa S. Giovanni Paolo II è ciò che consente ad una comunità responsabile e coesa di essere artefice della propria crescita etica e civile. Con questa, ed altre interviste, ci proponiamo di farvi conoscere lo spirito che anima chi lavora in

SOCIETA’

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trato e come vorresti modificarle potendo?

In effetti non vi sono molte difficoltà burocratiche, piuttosto è il mio impegno personale che è enorme, infatti mi occupo delle parti burocratiche con gli assistenti sociali e con i rappresentanti del tribunale di Napoli.

5.Hai instaurato relazioni personali con i minori a rischio?

Sì e tutte positive, alcuni ragazzi mi chiamano ancora e sono rimasti legati all’associazione 6.Hai trovato in loro miglioramenti relazionali e comportamentali dopo aver frequentato i laboratori?

Le mie relazioni sono state tutte positive. Finora sono stato fortunato a trovare ragazzi che avevano voglia di cancellare qualche piccolo errore commesso e l’integrazione con i ragazzi dell’associazione ha contribuito enormemente a questo risultato.

7.Quali i laboratori che hanno preferito?

Di solito vengono inseriti nei laboratori di ceramica pittura e psicologia poiché, soprattutto nei primi due, possono aiutare i più piccoli e sentirsi

quest'ambito e quanta parte hanno, sul territorio ischitano, nel miglioramento del contesto sociale. Abbiamo voluto cominciare con l'intervista al fondatore dell'associazione "Gli amici di Luca" Silvano Brandi anche perché abbiamo da poco, assistito alla performance teatrale dei suoi ragazzi lungo le nostre strade e quindi il nostro pensiero è andato subito a lui ma, seguiranno tutti coloro che vorranno incontrarci. Ciao Silvano, volevamo chiederti: 1.Come e perché nasce la tua associazione?

L’associazione Luca Brandi nasce per nostra volontà e quella di tanti amici parte attiva della loro crescita.

8.Che valore ha per te e Pina esservi impegnati in quest’avventura?

Un valore enorme perché ci consente di essere impegnati sempre e ridurre i momenti in cui il ricordo ci trafigge. Per questo impegnarsi per il ricordo di Luca ci fa stare meglio, soprattutto abbiamo un rapporto continuo con i nostri giovani che ci trasferiscono l’energia giusta per proseguire. Un’altra forza ci viene dal nostro rinnovato rapporto con Dio che ci è stato di grande conforto ed ha attenuato i nostri momenti bui che pur sempre ci sono.

Grazie Silvano e Pina, per la trasparenza del vostro impegno e l'esempio di "resurrezione" che siete per tutti noi. che hanno incrociato la strada di Luca e deciso di superare gli infiniti perché, senza risposta, della sua scomparsa e per preservarne un ricordo vitale.

2.Quali attività svolge?

Abbiamo diciassette laboratori che vanno dal teatro alla fotografia, dalla scrittura creativa al fumetto, dalla ceramica alla pittura, dal sostegno di latino all’inglese, dal cineclub alla psicologia e ancora dalla chitarra al canto.

Insomma diamo tante opportunità ai nostri giovani.

3.Come nasce l’idea di aprire l’associazione ai minori che hanno commesso reati?

Abbiamo provato tre anni fa con un ragazzo mandatoci per “la messa in prova” e abbiamo notato che era il modo giusto perchè in lui avvenisse un serio ripensamento sulle attività non legali.

4.In merito a quest’ultima attività, che difficoltà burocratiche hai incon-

MEMORIE TEATRALI DEGLI ANNI ’40 E ’50 16 Kaire

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| LA STORIA SIAMO NOI

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Le storiche recite della vecchia “Fisalugo” nell’episcopio di Ischia Ponte favorite dal vescovo Ernesto De Laurentis | a cura di Antonio Lubrano

schia, vive oggi, il teatro con entusiasmo e partecipazione, grazie alla presenza sull’isola di una decina di filodrammatiche in continua attività. Quindi, se è tempo di teatro, oggi come ieri, è tempo anche di ricordi, che pare però, i commentatori contemporanei si limitano a rinverdire riproponendo sole testimonianze di un passato, diciamo così, recente, dimenticando o ignorando frammenti di storia con ricordi di un altro teatro appartenente ad un passato un

poco più lontano, ma non toppo.

Mi riferisco con naturale nostalgia, al tempo indimenticabile della Fisalugo, compagnia Teatrale San Luigi Gonzaga di Ischia Ponte, diretta concorrente della Filodrammatica Don Bosco a Porto d’Ischia degli anni ’40 e ’50. La Fisalugo, denominazione originale, partorita dalla mente creativa di un giovane Sparaspilli (Gianni Lauro, oggi pimpante 94enni), era parte viva ed integrante del locale Circolo di Azione Cattolica dell’epoca, guidata da una triade

MONS.ERNESTO DE LAURENTIIS VESCOVO DI ISCHIA DAL 1929 AL 1955 MISE A DISPOSIZIONE LA SALA D'INGRESSO DELL'EPISCOPIO PER LE RECITE TEATRALI DELLA FISALUGO

di padri spirituali di tutto rispetto, che a quei tempi, all’ombra del palazzo vescovile, andava per la maggiore, e cioè: don Liberato Morelli, don Vincenzo Cenatiempo e don Vincenzo Scoti, giovani sacerdoti di un attivismo multiforme ed accattivante tra i giovani del vecchio Borgo di Celsa. Al di sopra di tutto e di tutti, dominava con benevola e paterna autorità la bella figura del vescovo in carica, Sua Ecc. Mons.

Ernesto De Laurentis, primo sostenitore di quella seguita ed apprezzata attività teatrale. La storia della Fisalugo e di chi la rappresentò nell’arte della recitazione dilettantistica, non è stata di lunga durata, come quella della consorella Don Bosco; ma il suo impegno fu intenso e sentito, tanto che, chi vi appartenne, compreso il sottoscritto, si sentì protagonista di un momento di vita esaltante, che si è portato dietro per tutta la propria esistenza, e ne avverte ancora il richiamo. Si incominciò a lavorare nell’apparente calma e serenità del dopo guerra, esibendosi nella sala d’ingresso dell’Episcopio (Seminario), messa a completa disposizione dal buono e disponibile Vescovo De Laurentis. I cavalli di battaglia che attiravano folla e personificavano gli attori locali, fino ad essere identificati nella vita privata di tutti i giorni, per il ruolo che nel lavoro teatrale ricoprivano, erano “La Cantata dei Pastori”, “Morte e Passione di Gesù – INRI e la commedia musicata e cantata dal curioso nome “Ma Chi E’”. I primi a calcare il palcoscenico della Fisalugo, furono Giovanni Lauro (Sparaspilli), Ciccio Massana, Valentino Barile, Ippolito Scoti, Giovan Giuseppe Scoti, Giannino Lauro, Michele Trani (il Benino nella Cantata dei Pastori), Giovanni Mazzella, Giovan Giuseppe Cervera, che successivamente, insieme allo stesso Sparaspilli, passò al Don Bosco a dare man forte ai vari Giannino Messina, Eduardo Canestrini, Giannino Barile. Chiuso il primo ciclo,

presso la Fisalugo se ne aprì un altro, più organizzato soprattutto in considerazione del ritorno in Filodrammatica di Giovan Giuseppe Cervera in veste di attore e principalmente di regista, con lo pseudonimo di X.C. Il Gruppo volle darsi un volto più omogeneo e legale, trasformandosi in Associazione con un presidente, un segretario, un tesoriere, un direttore artistico e tanti soci con un statuto proprio. Furono invitati personaggi nuovi a far parte di un progetto ambizioso e sconvolgente per le normali aspirazioni di una Fisalugo sulla via del rilancio professionale ed operativo. Entrarono nel Gruppo don Peppino Conte, commerciante nominato subito presidente, Franco Matarese, nominato segretario, Mariano Lanfreschi, Giogio Sorice, Giovanni Gialvini, Antonio Di Costanzo, Rino Gamboni. Si allungò la lista degli attori invitando perfino donne che all’epoca erano tenute lontano per una forma di discutibile proibizionismo e di eccessiva riservatezza.

Negli anni precedenti, il ruolo della Madonna della “Cantata dei Pastori”, e nella “Morte e Passione di Gesù” era ricoperto da un uomo (Ippolito Scoti). Finalmente dopo, i padri spirituali Morelli, Cenatiempo e Scoti, si sciolsero un po’ ed acconsentirono che nel ruolo della Madonna potesse essere chiamata una donna. Fu così che entrarono in Filodrammatica, Maria Artiano, Libe-

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LA STORIA SIAMO NOI

CERVERA GIOVAN GIUSEPPE - 1922- 1986 E' STATO IL REGISTA DELLA FISALUGO CON LA FIRMA XC rina Di Leva, Maria Di Meglio, Tina Carcaterra, Maria Castaldi, Maria Pilato. Ormai la Fisalugo aveva definitivamente rafforzato i suoi ranghi, e poteva partire con un programma di rappresentazione più ampio e continuativo. Si allestirono e si presentarono al pubblico lavori teatrali come “La battaglia di Sefata”, “Le Furberie di Scapino”, “La Luce”, “La Danza della Morte” con

la interpretazione magistrale del presidente della filodrammatica Peppino Conte, “Il Menestrello della Morte” quasi un musical interpretato da due ragazzi di Ischia Ponte Tonino Artiano e Vincenzo Grimaldi, dotati di due voci bianche che commossero la platea, “La Partita a Scacchi” con Franca Conte e Rino Gamboni ed in fine il “Ficcanaso”, studiato e concertato, ma

ANNO SANTO 1950 I PADRI SPIRITUALI DELLA FISALUGO DON VINCENZO CENATIEMPO E DON VINCENZO SCOTI GUIDANO LA DELEGAZIONE ISCHITANA DI CUI FANNO PARTE CICCIO MESSANA E SPARASPILLI

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mai rappresentato. Nel ruolo principale di Esterino era stato designato il sottoscritto.

I giovani attori che si sono susseguiti per la loro bravura ed entusiasmo, quasi sempre, conferivano un tocco di professionalità alla loro interpretazione ed al lavoro di cui erano protagonisti. Vi partecipavano Filippo Farese, Antonio Rando, Giovan Giuseppe Farese (l’indimenticabile Cardinale), Lello Di Meglio, Vittorio Cortese, Francesco Iacono, il sottoscritto Antonio Lubrano, Rosario Cervera, Vittorio Napolano, Mariano Lanfreschi, Nino Mirabella, Rino Gamboni, lo stesso Ciccio Messana ed altri. Alla Fisalugo, in aperta competizione con la Filodrammatica Don Bosco, che strappava pubblico ed applausi con le commedie di De Filippo e con lo spettacolo in costume “Il Principe Indiano”, non bastava il cartellone pieno di commedie, voleva cimentarsi nel varietà, e negli spettacoli musicali. Entra così in scena Antonio Di Costanzo, il figlio del farmacista di Ischia Ponte, con spettacoli scritti e prodotti da egli stesso a cui prendevano parte, cantanti, barzellettisti, comici, intrattenitori. Ricordo Nunzio Albanelli cantare la canzone “Fili d’Oro” appena dopo aver lasciato la tonaca di seminarista nel Seminario di Ischia. Peppino Di Iorio, ora in Australia, cantare “Usignolo” e così via. Perfino si organizzò nella

sala del Seminario una serata speciale, quasi un Gala, per tener testa a Eduardo Canestrini e Giannino Messina che spopolavano al Don Bosco. Per far riuscire la serata, si ricorse al numero forte, al numero d’attrazione, portando da Napoli a Ischia, con la mediazione di Gino Cacciapuoti, il cantante Giorgio Creton, ed il batterista Dario Paudice, che poi dovevano esibirsi negli anni successivi alla tavernetta del Moresco in pedana, nientemeno che con Mina, agli albori della sua carriera di grande cantante italiana di tutti i tempi. Insomma alla serata che risultò storica, furono presenti, le autorità dell’epoca, quei pochi professionisti in circolazione ed i “signori” del paese. Fu senza dubbio, una serata memorabile. Ho il ricordo chiaro come se fosse oggi.

Era dicembre del 1953.

Per lavori teatrali particolare di un certo impegno culturale ed interpretativo, ricordo che si chiedeva il contributo di Rino Gamboni che solitamente recitava con la sua compagnia nella sala del Pio Monte della Misericordia a Casamicciola. Per le scene riservate anch’esse a lavori particolari, ricordo che Giovan Giuseppe Cervera chiedeva l’intervento di Gino Coppa da Forio, allora giovane e bravo artista già con le idee molto chiare. Ecco, questa è stata la Fisalugo, la Filodrammatica di Ischia Ponte degli anni ’40 e ’50 dimenticata dai commentatori teatrali di oggi.

Il teatro l’abbiamo fatto anche noi.

Posso aggiungere, sicuramente con minori mezzi, ma con lo stesso entusiasmo e passione dei ragazzi e degli adulti teatranti di oggi. Una preghiera mi sento di esternare: a Giannino Messina, a Eduardo Canestrini, a Giampiero Escoffier, a Rino Gamboni, compianti ed indimenticabili protagonisti del teatro ad Ischia, nei commenti che si andranno a fare, si affianchi per dovere, più spesso Giovan Giuseppe Cervera. Lo merita, perché, per quel che ha rappresentato ed ha scritto è stato uomo di vasta cultura e maestro di prim’ordine del vecchio teatro a Ischia.

DON PIETRO BUONOCORE

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MEMORIE

28 giugno 2014 www.chiesaischia.it

UN PILASTRO DELLA CHIESA DI ISCHIA

I

| a cura di Armando Buono

l 29 giugno, festività di San Pietro apostolo, la nostra Diocesi ha sempre festeggiato una delle figure più rappresentative della comunità isolana: il Canonico Mons. Don Pietro Buonocore. Don Pietro. E noi oggi ne vogliamo ricordare la presenza silenziosa ma estremamente incisiva per tutta la Diocesi, ed in particolare per la parrocchia di Santa Maria delle Grazie in San Pietro.

Infatti è stato Vicario Generale di vari Vescovi che hanno attinto alla sua Sapientia Cordis per espletare il loro ministero pastorale. Era ancora vicario quando al trasferimento del vescovo Dino Tomassini, fu messa in discussione la sussistenza della Diocesi di Ischia.

Fu grazie alla sua diplomazia e forse ancor più alla sua tenacia se oggi l’isola d’Ischia è ancora Sede Vescovile.

Per quanto riguarda il ruolo di parroco, lo ricordiamo per la presenza costante e la disponibilità totale ma austera.

E’ stato parroco per trenta anni, dal 19 marzo 1959 al 2 aprile 1989. Un trentennio di particolare fervore per la Chiesa in generale ma per la vita e l’organizzazione parrocchiale in particolare. E’ stato infatti il trentennio della fine dell’era preconciliare, del Concilio Ecumenico Vaticano II e dell’attuazione del Concilio e dei relativi documenti.

Si passava dall’associazionismo organizzato e gerarchico, all’associazionismo spontaneo e senza etichette. Era il periodo della mediazione tra i movimenti giovanili sfrenati e senza un orientamento religioso del ’68, ed il movimentismo ordinato con orientamento religioso all’ombra delle parrocchie.

Ed è proprio sui giovani che don Pietro ha puntato la sua particolare attenzione. Chi vi scrive, ex giovane del gruppo parrocchiale, forse perché emotivamente e direttamente coinvolto, è convinto che il gioiello di don Pietro è stata la pastorale giovanile.

Infatti, cogliendo il momento particolare, in occasione dell’Anno Santo del 1975 organizzò una settimana di preghiera e riflessione con i Missionari Comboniani, che erano particolarmente impegnati nell’associazionismo giovanile. In quella settimana nacque la comunità giovanile che da allora non ha più smesso di affiancare il parroco nelle varie attività. I frutti più belli di questo gruppo sono tutte le famiglie cristiane e sane che, con l’aiuto di Dio, da quei giovani sono nate.

Inoltre nella sua lungimiranza ha lasciato campo libero all’insegnante Raffaele Brischetto nell’organizzare presso la nostra parrocchia i gruppi “Amici di Domenico Savio” per i bambini, i gruppi sportivi “P. G. S.” (Polisportiva Giovanile

Salesiana) per i ragazzi più grandi, intuendo che quello era un sistema valido a calamitare i giovani intorno alla parrocchia.

Le iniziative della parrocchia erano portate avanti da tutti coloro che vivevano la vita parrocchiale, con il massimo della autonomia e senza il fiato sul collo del parroco. Ed è in tutto ciò che si è manifestata la modernità del ministero di don Pietro: si è circondato di collaboratori, ha lasciato spazio alle iniziative dei singoli, incoraggiandoli e non ostacolandoli, e mai ha fatto mancare la sua supervisione e i suoi consigli austeri ma nel contempo paterni. Oggi, dopo vent’anni, vediamo che questa è la base organizzativa delle parrocchie.

Continuare a parlare di don Pietro sarebbe piacevole, ma non si finirebbe mai.

Dovendo però concludere, non possiamo non ricordare, caro don Pietro, che: siamo nati e Tu ci hai battezzati; siamo stati bambini, adolescenti e siamo diventati adulti sotto la Tua Guida; la nostra formazione spirituale la dobbiamo a Te. Fin quando sei stato in mezzo a noi eravamo sicuri di avere un punto di riferimento a cui ricorrere per avere aiuto. Oggi ne siamo ancora più sicuri, perché sappiamo che dal mondo dei Giusti, dove certamente occupi un posto ampiamente meritato, non ci farai mancare il Tuo aiuto e la tua vicinanza.

DON PIETRO!, ti siamo riconoscenti perché se nella società ischitana sono sbocciati dei fiori belli e profumati, è anche perché con il Tuo apostolato hai messo il concime della Tua sapienza, della Tua cultura, della Tua bontà e del Tuo amore.

Foto GG Lubrano

Kaire 19 LA CHIESA SIAMO TUTTI NOI L 28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

ECCLESIA

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FONTI FRANCESCANE

| a cura dell’Ordine Francescano Secolare di Forio

’ultima catechesi del Papa di mercoledì 18 giugno parla della Chiesa formata da tutti noi, popolo di Dio. Oggi avvertiamo da parte della Chiesa una insistente urgenza di ridire a tutti i cristiani che ognuno di loro è figlio della Chiesa e come ogni figlio è chiamato a sentirsi membro vivo e responsabile della vita e della missione di Essa. E’ una consapevolezza che risale agli inizi del cristianesimo: eppure la sentiamo come evento eccezionale, non nuova perché presente fin dagli inizi, ma per secoli tenuta sotto cenere, quasi accantonata nella Chiesa dove sembrava che la cura della evangelizzazione fosse riservata solo al clero. Oggi la Chiesa ha l’intento di dare nuovo impulso allo slancio missionario e ravvivare la responsabilità di tutti noi cristiani verso l’umanità in mezzo alla quale viviamo. Il compito dell’annuncio e della testimonianza ci riguarda tutti: vescovi, presbiteri, diaconi, uomini e donne di vita consacrata, laici e laiche, siamo una Chiesa. E’ dunque una ripresa dello Spirito degli inizi quando ogni cristiano era chiamato ad essere testimone di Gesù risorto, responsabile in prima persona della vita della Chiesa e dell’annuncio del Vangelo. Anche nel “modo di andare “ il Signore ci ha provveduto un modello nel Padre S. Francesco: ad imitazione di Gesù Cristo, egli è semplice, mansueto, umile di cuore, non giudica e non punta il dito contro le persone .Dopo averlo vis-

suto ha anche delineato per iscritto l’atteggiamento interiore ed esteriore di chi va tra gli uomini con il compito di preparare la via del Signore. Francesco si rivolge ai frati che vanno ad evangelizzare i Saraceni o altri infedeli. Oggi possiamo dire che la nostra società è pagana, infedele nella maggioranza e perciò le sue parole si adattano a noi. S. Francesco dunque dice che coloro che vanno ad evangelizzare Gesù Cristo “ possono ordinare i rapporti spirituali in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annun-

cino la parola di Dio “ ( FF 43 ). Troppe dispute e troppi contraddittori sono stati fatti nella storia: noi crediamo sia necessario ritrovare nuovi atteggiamenti, cercare di farsi prossimo di ogni uomo , proponendoci agli altri con umiltà e con spirito di servizio al loro bene, consapevoli che chi vive lontano da Gesù Cristo non « si gode la vita », ma sta in sofferenze e smarrimenti. Nella “Esortazione ai fratelli e alle sorelle della penitenza “ S. Francesco ci svela come il Signore ci doni una via di santità chiamandoci a vivere nuovi rapporti con Lui; chiamati ad essere sposi, fratelli e madri di nostro Signore Gesù Cristo, siamo associati a proclamare “ le odorifere parole del Signore Gesù “. S. Francesco ci indica la modalità di questo annuncio: “portare Gesù nel nostro cuore e nel nostro corpo e partorirlo con le opere sante che devono risplendere agli altri in esempio”.

Il Santo della Settimana Santi primi martiri della Chiesa di Roma, 30 giugno

Q

| a cura di Francesco Schiano

uesta celebrazione fu introdotta dal nuovo calendario romano universale e si riferisce ai protomartiri della Chiesa di Roma, vittime della persecuzione di Nerone in seguito all'incendio di Roma, avvenuto il 19 luglio del 64.

Perché Nerone perseguitò i cristiani?

Ce lo dice Cornelio Tacito nel XV libro degli Annales: "Siccome circolavano voci che l'incendio di Roma fosse stato doloso, Nerone presentò come colpevoli, punendoli con pene ricercatissime, coloro che, odiati per le loro abominazioni, erano chiamati

dal volgo cristiani". Ai tempi di Nerone, a Roma, accanto alla comunità ebraica, viveva quella esigua e pacifica dei cristiani. Su questi, poco conosciuti, circolavano voci calunniose.

Nerone scaricò su di loro, condannandoli ad efferati supplizi, le accuse a lui rivolte. Nerone ebbe la responsabilità di aver dato il via all'assurda ostilità del popolo romano, peraltro molto tollerante in materia religiosa, nei confronti dei cristiani. La persecuzione non si arrestò a quella fatale estate del 64, ma si prolungò fino al 67

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SOLENNITA’ SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO Mt 16, 13 – 19 C | ARTE E LITURGIA

28 giugno 2014 www.chiesaischia.it

COMMENTO VANGELO

| a cura di fr. Mario LAURO, o.f.m.

elebriamo oggi, 29 giugno, la Solennità degli Apostoli Pietro e Paolo.

Essi furono martirizzati sotto la persecuzione di Nerone del 64 d. C. Attraverso questi due Apostoli la Chiesa celebra oggi la sua “apostolicità”: “Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”. Perciò celebriamo, la festa dei “ fondatori” della nostra fede, dei capostipiti del popolo cristiano. Attraverso il Nuovo Testamento, noi possiamo ripercorrere l’itinerario della loro vita e cogliere la gratuità della scelta divina. Pietro, pescatore di Galilea, con suo fratello Andrea, passava le giornate sul lago di Tiberiade. Sempre lo stesso lavoro: gettare le reti, attendere e ritirarle e poi a sera riassettarle seduto sulla riva. Fu appunto, una di queste sere, che mentre gettava le reti per l’ultima pescata, che passò lì Gesù e disse: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini” ( Mc 1,7 ). Così cominciò la straordinaria avventura di Pietro: seguì il Maestro dalla Galilea alla Giudea; da qui dopo la morte di Gesù, girò per la Palestina e poi di trasferì ad Antiochia e infine a Roma.

A Roma è rimasto per sempre. Non solo con la sua tomba, ma col suo mandato; è rimasto cioè in coloro che si sono susseguiti su quella che i cristiani hanno chiamato “la cattedra di Pietro”, fino all’attuale successore Papa Fran-

cesco. In essi, Pietro continua ad essere la “roccia” (Kefa), intorno al quale Cristo va edificando la sua Chiesa, il segno di unità per tutti coloro che invocano il nome del Signore.

Paolo, figlio di un Ebreo di Tarso, nel suo zelo ardente per la legge, pensava di rendere onore a Dio perseguitando la chiesa cristiana.

Ma Gesù lo aspettava sulla via di Damasco: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9,4 ).

Ebbe appena la forza di balbettare: “Chi sei Signore?” Cristo lo afferrò nel corpo e nell’anima. Divenne di Cristo, al punto da poter dire: “ Non son più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal. 2,20). Girò molto predicando Cristo ai giudei e ai pagani. La liturgia di questa Solennità è dominata dalla scena di Cesarea di Filippo, descritta dal Vangelo: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. La Chiesa non è una società di liberi pensatori, ma è la comunità di coloro che si uniscono a Pietro nel proclamare la fede in Gesù Cristo. Chi edifica la Chiesa è Cristo; è Lui che sceglie liberamente un uomo e lo pone alla base. Pietro non è che uno strumento, la prima pietra dell’edificio, mentre Cristo è colui che pone la prima pietra. Tuttavia non si può essere veramente e pienamente Chiesa, quale pietra viva, se non si è in comunione con la fede di Pietro, o almeno

non si tende ad esserlo. Sant’Ambrogio ha scritto: “Ubi Petrus ibi Ecclesia”: dove è Pietro, ivi è la Chiesa. La Chiesa fin dall’inizio li ha voluti ricordare insieme, quasi a ricomporre in unità la loro testimonianza. Essi, con le loro diverse ricchezze, con il loro carisma, hanno fondato un’unica Chiesa di Cristo. Le loro caratteristiche fanno in certo modo parte della fede e della vita di questa Chiesa, anzi della nostra fede, che dovrebbe respirare con lo spirito di questi due testimoni: con la fede umile e salda di Pietro, e il cuore ampio e universale di Paolo.

Oggi i due Apostoli tornano a sedersi in mezzo a noi e ci esortano a non rinchiuderci, a non pensare unicamente ai nostri problemi, fossero anche religiosi, ma a sentire l’urgenza di confermare la fede dei fratelli e di uscire ad annunciare il Vangelo a coloro che ancora non lo hanno accolto. Dobbiamo pregare per Dio faccia di noi dei cristiani veramente apostolici, saldamente ancorati, cioè, alla fede degli Apostoli Pietro e Paolo. Pregare, anche per il successore di Pietro, Papa Francesco, perché egli che lo ha collocato in tal posto lo illumini e lo renda capace di confermare i fratelli.

ASPETTAVO UN BAMBINO E HO PERSO IL LAVORO...

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Nonostante le promesse ricevute l'azienda per la quale lavoravo non mi ha più dato garanzie per il futuro. Ma mi attendevano delle belle sorprese

| a cura di Oreste Paliotti

lla notizia che aspettavo un bambino, nonostante le promesse ricevute, l’azienda nella quale lavoravo non è stata più disposta a darmi permessi, indennità, garanzie per il futuro. Al che ho dovuto licenziarmi. A questo punto un amico mi ha offerto un posto nel suo studio professionale. Sarebbe stata un’assunzione fittizia: non avrei potuto lavorare, ma mi sarebbero stati riconosciuti i diritti delle madri lavoratrici. Stavo già preparando i documenti quando la mia coscienza si è ribellata: uscita dalla legalità, stavo organizzando un furto nei confronti

dello Stato, mentre io volevo essere una madre onesta per il figlio che attendevo. Ho dunque rifiutato quella proposta, affrontando il parere contrario dei parenti. Anche loro però, giorni dopo, sono rimasti stupiti da come Dio ha risposto con la sua provvidenza: un nuovo corso professionale per mio marito, lettino, carrozzina e vestitini per il bambino, e un nuovo lavoro per me. M. L. - Sicilia

Kaire 21 LA CHIESA DI SAN PIETRO IN ISCHIA A 28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

| a cura di Ernesta Mazzella

l Corso Vittoria Colonna, una delle più belle strade del comune di Ischia, sorge la chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie in S. Pietro. Nel secolo XVIII la popolazione stabilitasi nella zona aveva già raggiunto la quota di cinquecento unità ed è in continuo aumento per cui diventa sempre più imperante l’esigenza di una chiesa per fronteggiare le cure spirituali e venire incontro alla sollecitudine pastorale di don Antonio Moraldi, parroco di S. Vito di Celsa sotto la cui giurisdizione era affidato l’intero territorio della città d’Ischia, ad eccezione di Campagnano e del Cilento, che si trovavano nel territorio della parrocchia di S. Domenico. Dinanzi a questa situazione in continua crescita, “i naturali del Bagno, una delle ville della città d’Ischia”, dopo aver ottenuto il nulla osta del Vescovo e dell’Università, e ottenuta l’autorizzazione reale con un decreto della Regia Camera di S. Chiara l’11 settembre 1760, si diede inizio alla costruzione di una nuova chiesa. I lavori si protrassero perché le limitate risorse finanziarie si prosciugarono ben presto. Il 22 ottobre 1775 il Parlamento della Città d’Ischia deliberò che “si fusse renduta perfetta l’opera già cominciata con farsi dalla Città tutte le spese occorrenti” Il parlamento della Città, nella riunione del 5 agosto 1781, considerando che la chiesa ormai era completata, con atto solenne fissò le norme per riaffermare il suo patronato sulla chiesa e altre norme per la scelta e il mantenimento del rettore, nonché per il funzionamento della chiesa quale succursale, della parrocchia di S. Vito, che aveva sede nella chiesa dello Spirito Santo nel borgo di Celsa.

Così la chiesa fu inaugurata nel 1781 e, per oltre un secolo e mezzo, è stata succursale della parrocchia di S. Vito. Ma la zona della Villa dei Bagni, continuò a crescere, soprattutto dopo l’apertura del porto d’Ischia tanto che si avvertì l’urgenza di creare una parrocchia per la cura spirituale della zona. Il vescovo di Pozzuoli Giuseppe Petrone, che in quel tempo reggeva anche la chiesa di Ischia come amministratore apostolico, chiese il parere del Capitolo della Cattedrale sulla fondazione di una nuova parrocchia; questo si espresse favorevolmente il 26 settembre 1926.

Dunque l’idea di fare della chiesa di “S. Pietro” una sede parrocchiale, si concretizzò il 27 giugno 1957, il comune d’Ischia con la delibera n° 10 diede parere favorevole per l’istituzione di una nuova parrocchia in Ischia Porto con sede nella chiesa di “S. Pietro”. La bolla di fondazione della parrocchia fu emessa il 29 giugno 1958 dal vescovo Antonio Cece, con il titolo di “Parrocchia di S. Maria delle Grazie in San Pietro”.Con la stessa bolla di fondazione il Vescovo nominava primo parroco il giovane sacerdote don Pietro Buonocore, che in seguito fu delegato vescovile del vescovo Antonio Cece, e poi vicario generale del successore Mons. Dino Tomassini. Attualmente

ARTE E LITURGIA

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la parrocchia è retta dal canonico don Agostino Barocco, l’interno si presenta con una stupefaIovene, vicario generale della Diocesi. cente pianta centrale che rende la chiesa unica sul territorio dell’isola di Ischia. Nella prima capLa chiesa si trova in posizione elevata rispetto al pella a sinistra si venera una statua lignea di San piano stradale, davanti ha un semplice, ma ele- Pietro, realizzata nel XIX secolo da un ignoto gante sagrato pavimentato con pietre di lava. artista campano, la preziosa aureola d’argento è Essa presenta un profilo architettonico armo- opera dell’argentiere partenopeo Gennaro Ronioso e particolare, il quale è stato oggetto di stu- manelli, punzonata nel 1830. dio da parte del Venditti. È realizzata in stile Ignoto artista, scultura in legno dipinto,1830.

Ischia Chiesa di San Pietro. Inventario AO, CEI, Diocesi di Ischia.

IL PROGETTO POLICORO NEL DECANATO DI BARANO 22 Kaire

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GIOVANI E LAVORO

28 giugno 2014 www.chiesaischia.it

Il lavoro e i giovani: un connubio che con la crisi non funziona. Bisogna ripartire da nuove idee di lavoro che punti alla collaborazione e al lavoro di squadra. Questa la mission del progetto Policoro

| a cura di Teresa Di Costanzo

enerdì 13 Giugno, il Progetto Policoro ha incontrato i giovani del decanato di Barano nel salone della Parrocchia Maria SS. Madre della Chiesa

di Fiaiano. Un’incontro dove hanno partecipato ben 30 giovani dai 15 ai 35 anni. Tema dell’incontro è stato Progetto Policoro: Giovani e Lavoro. Scopo principale era quello di migliorare la coscienza dei giovani presenti sul mondo del lavoro, di lasciare nei loro cuori una

speranza nuova su una tematica, come quella del lavoro, che spesso mette in crisi. La serata è stata improntata su un semplice gioco dal titolo “Progettiamo Insieme” dove i ragazzi si sono divertiti ad immaginarsi per qualche ora imprenditori e, divisi per gruppi, a pensare come poter concretamente valorizzare quattro parole molto importanti per la nostra isola (Turismo, Spiaggie, Prodotti Tipici e Giovani\Divertimento). Il tempo messo a disposizione è stato suddiviso in tre fasi. Nella prima fase, quella del PENSA, i ragazzi hanno avuto 15 minuti per pensare al progetto che secondo loro potesse al meglio valorizzare la parola uscitagli. Dovevano inoltre pensare al nome del progetto e su quale parte del territorio isolano poteva essere sviluppato. Nella seconda fase quella del DECIDI, bisognava dividersi i

compiti e decidere la strategia da adottare per essere competitivi sul mercato. Nell’ultima fase, poi, quella dell’AZIONE bisognava concretizzare il lavoro svolto e creare un progetto che potesse poi essere presentato. Al termine del gioco è stato molto interessante e divertente ascoltare le varie presentazioni dei progetti. Da questo semplice gioco è stato facile capire quale fosse la missione del Progetto Policoro: diffondere un’idea di lavoro sana, che punti alla collaborazione, al lavoro di squadra e alla speranza che in questo mondo noi giovani possiamo e dobbiamo essere protagonisti del nostro futuro. Ecco alcune delle impressioni degli stessi ragazzi: “ Con l’incontro di Venerdì ho capito ancora una volta che non bisogna lasciarsi rubare la speranza, come ci ha detto Papa Francesco.

Che mettendosi insieme è possibile fare qualcosa di concreto, inventarsi un lavoro e che è importante essere protagonisti della nostra vita e non spettatori. Benedetta” “Io sono una ragazza di 14 anni e la parola lavoro mi fa un po’ paura, perché oggi sfortunatamente ci troviamo in una situazione difficile

sotto l’aspetto economico. Grazie, però, a quest’incontro ho capito che non è così difficile inserirsi, ed è bello sentirsi protagonisti della propria vita. Antonia” “All’Incontro di venerdì si è parlato di lavoro una questione che interessa noi giovani molto da vicino.

In modo estremamente semplice ed esaustivo è stato illustrato l’obiettivo del Progetto Policoro ed è stato molto bello come la Chiesa di preoccupi dei giovani orientandoli nel mondo del lavoro. Questo a mio avviso cerca di colmare le tante mancanze della classe politica attuale e rappresenta un vero e proprio strumento di evangelizzazione.

Giuseppe” “Il valore inestimabile dell’unità e collaborazione tra di noi se si vogliono raggiungere obiettivi importanti nella vita, questa è stata la cosa che mi ha colpito di più dell’incontro di Venerdì sera. Soprattutto in questo momento di crisi occupazionale credo sia fondamentale mettersi in gioco in prima persona e credere più che mai al detto ‘L’unione fa la forza’. Daniele”

PARTE LA 12^ EDIZIONE DELL’ ISCHIA FILM FESTIVAL 28 giugno 2014 kaire@chiesaischia.it

TEMPO LIBERO

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al 28 Giugno al 5 Luglio 2014, presso il Castello Aragonese di Ischia, avrà luogo la dodicesima edizione dell’Ischia Film Festival, diretto da Michelangelo Messina e realizzato con l’alto Patrocinio del Parlamento Europeo, l’adesione del Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano e con il contributo del MiBAC Direzione Generale Cinema e della Regione Campania, assessorato alla cultura.

Tutte le sere a partire dalle ore 21.00 proiezioni all’aperto, omaggi e incontri con ospiti internazionali. Otto giorni ricchi di lungometraggi, documentari e cortometraggi provenienti da oltre 30 diversi paesi del mondo. 107 le opere selezionate tra le quali 7 anteprime mondiali e 28 anteprime nazionali.

Ad arricchire le serate incontri con registi e attori per “Parlare di cinema” sotto le stelle nel meraviglioso contesto storico paesaggistico del Castello Aragonese.

Durante la kermesse vi è inoltre una sezione mercato con la ‘Borsa Internazionale delle Location e del Cineturismo’, occasione di incontro tra il

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mondo del cinema e quello del turismo e il ‘Convegno internazionale sul Cineturismo’.

A completare il ricco programma la mostra fotografica “Villeggiatura e vacanze nel cinema italiano (1949 – 2011) a cura di Antonio Maraldi.

Per partecipare al festival è necessario acquistare un accredito culturale presso l’InfoPoint del Festival che sarà allestito al Piazzale Aragonese dal 26 Giugno in poi.

COME EVITARE IL MAL D'AUTO?

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| a cura di Miriam Iovino

er consentire ai bambini di trascorrere un'estate in allegria e salute, gli esperti dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma hanno varato una serie di consigli per ridurre i fastidi più diffusi, come il mal d'auto.

La cinetosi, o mal di movi-

mento, è un disturbo che può essere provocato da ogni mezzo di trasporto: navi, auto, treni, aerei. È un disturbo legato ai movimenti irregolari del corpo indotti da un moto esterno e da input di tipo visivo, come il non vedere le onde del mare o i tornanti di una

strada. Ne deriva una sensazione di malessere con sudorazione fredda, nausea e vomito, che può essere enfatizzata e favorita da ansia e agitazione.

Tra i bambini, sono quelli di età compresa tra i 3 e 12 anni ad essere maggiormente a rischio cinetosi. Per ridurre tale rischio nei più piccoli durante un viaggio (ad esempio in macchina) possono essere seguiti alcuni ac-

corgimenti: - farli distrarre, ma sempre guardando la strada, e tenerli in posizione dritta.

Utile a questo scopo il seggiolino di protezione, al quale devono essere sempre legati.

- farli dormire, avere una guida tranquilla, evitare i cattivi odori (come fumo o deodoranti per auto), le bibite gassate, il latte e i pasti abbondanti, anche se è sempre meglio non tenere lo

stomaco completamente vuoto.

- i cerotti da applicare dietro l'orecchio a base di scopolamina sono in genere poco efficaci; anche i bambini dai 4 anni in su possono masticare gomme o prendere pasticche a base di dimenidrinato, antistaminico indicato per il mal di movimento.

AL RISTORANTE SOLO "TERRA DEI FUOCHI"

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ulla tavola del ristorante solo prodotti della “Terra dei fuochi”. Non è uno scherzo ma la scommessa positiva di Giuseppe Lanza, ristoratore di Marcianise in provincia di Caserta.

Basta paura, basta diffidenza. Un bel messaggio di speranza per sostenere soprattutto i piccoli produttori agricoli del Casertano e dell’area nord di Napoli. Per tornare a chiamarla “Terra felix”. Non è però un salto nel buio, solo sulla fiducia.

Per vincere i timori e la diffidenza verso la produzione agricola locale, Lanza ha così stilato con Slow Food Campania, con i produttori e con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno e la Facoltà di Agraria dell’Università Federico II, un protocollo di analisi eccezionale sugli alimenti freschi che arrivano al ristorante tutti i giorni. E nel nome della trasparenza, tutto sarà pub-

blicato sul sito web del ristorante. E questa è terra di prodotti di altissima qualità, dalla mozzarella agli ortaggi, dai vini alla frutta. «L’idea di lavorare con bravissimi agricoltori locali – spiega Lanza – nasce dall’esigenza di offrire prodotti freschi e creare filiere virtuose che stabiliscano un’alleanza tra produttori e consumatori, incentivando un’economia di prossimità che favorisca la salvaguardia della buona agricoltura locale e del paesaggio agricolo. In questa Campania Felix ci sono prodotti di eccellenza che ci invidiano nel mondo, non c’è solo la “Terra dei Fuochi” come molti vorrebbero farci credere».

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