A.A.A. Cercasi marito a Las Vegas di Fabiana Andreozzi & Sara Pratesi Copyright ©2010 Fabiana Andreozzi e Sara Pratesi Copyright ©2016 Fabiana Andreozzi e Sara Pratesi Love Match Quadrilogia (Vol.3) Illustrazione: Illustrazione/foto-manipolazione/progetto grafico cover by ©Sara Adanay Blog: http://adanayart.blogspot.it/ Pagina Facebook: https://www.facebook.com/pages/Sara-Adanay/548891361908348
ŠA norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.
Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
Blaise Pascal
All’Amore che non conosce ostacoli, nasce nel sorriso di uno sguardo, si alimenta in un bacio, vive in un respiro.
A chi ama perché, ogni giorno, ha il coraggio di vivere di emozioni Fabiana
Dedicato a delle persone speciali... Che senza saperlo mi hanno restituito il sorriso.
A loro che non sono solo motociclisti, sono soprattutto i miei amici Sara
Indice Note Prologo 1 – Welcome New York 2 – Piani di fuga
3 – Un bacio a sorpresa 4 – Che accidenti combini? 5 – Una notte per/da dimenticare 6 – Merry Christmas 7 – Il regalo di Natale 8 – Interruzioni indesiderate 9 – Happy new year 10 – Un dono speciale 11 – Il risveglio 12 – Colti in flagrante 13 – Me la paga! 14 – Piani svelati 15 – Follie di Las Vegas 16 – Facciamo finta di nulla 17 – A.A.A. cercasi marito a Las Vegas 18 – Non ne esco dalla confusione 19 – Vai al diavolo! 20 - Shock 21 – Tornare a casa 22 – Il peso della distanza 23 – Sorprese inattese 24 - Insieme
25 – San Valentino 26 – Sono nei guai 27 – Scappo da te 28 – Una corsa all’ospedale 29 – Ti voglio solo mia 30 – Decisioni improvvise 31 – Ti presento i miei 32 – Una vita senza faville 33 – In cerca di stimoli 34 – Inaspettate sorprese 35 – Accuse e riflessioni 36 - Confusione 37 – Cazzo, ti amo! 38 – Un incubo 39 – Non è un incubo 40 – Bisogno di fede 41 – Siamo un noi 42 – E vissero per sempre felici e contenti Epilogo Ringraziamenti Biografie Altre opere
Note E siamo a tre e non ci sembra vero. Siamo passate dal finto fidanzamento, al matrimonio con uno sconosciuto al cercare marito a Las Vegas, meta del divertimento e dei classici matrimoni con Elvis ;) Ovviamente cercasi marito a Las Vegas non è solo questo, ma tanto, tanto altro e speriamo che vi piaccia almeno la metà di quanto è piaciuto a noi scriverlo anni fa. Visto che vi piacciono tanto i doppi POV abbiamo deciso di ristrutturare l’intero romanzo regalandovi pure il punto di vista maschile. Un’ultima precisazione e poi vi lascio al romanzo: immaginando che la nostra storia si sia svolta idealmente tra il 2015 e il 2016, che deve ancora iniziare, molti eventi sociali e mondani sono puramente inventati dalla nostra fantasia; così come ci ha fregato la neve, quest’anno a New York non ce n’è stata neppure l’ombra e sembrava primavera. Ci scusiamo per non aver apportato modifiche a questo evento climatico improvviso e inaspettato ma descrivere un Natale senza freddo non ci piaceva, non ci dava l’idea di festa. I festeggiamenti sono appena finiti ma con questo libro vi potrete rituffare nella magia del Natale e del Capodanno. Ops, davvero, questa è l’ultima, poi sto zitta… per chi si aggregherà solo ora, il volume è stand-alone, come tutti gli altri. Potete leggere direttamente da qui, ma troverete nel romanzo le coppie e molti personaggi dei precedenti libri, scoprendo qualcosina in più sul loro futuro senza però svelare gli intrecci che li hanno visti coinvolti da vicino… Fabiana
PROLOGO Notti insonni su Facebook
Cri Ehi, finalmente ti ritrovo online. Che ore sono lì da te?
Fireman Ciao, vedo che hai migliorato il tuo inglese, complimenti!
Cri Quando qualcosa interessa, si fa presto a impararla ;)
Fireman Ah sì? E perché ti interessa tanto saper parlare un’altra lingua?
Cri Per poter parlare con un affascinante uomo che ruba i miei pensieri
Fireman Lo conosco?
Cri Mah… credo proprio di sì! Conosciuto qualche ragazza interessante? O sempre convinto di voler restare single?
Fireman Ahahah, ricordi proprio ogni mia singola parola, eh? Comunque direi che qualcuna l’ho conosciuta… ma è complicato.
Cri Devo esserne gelosa? :P
Fireman Dipende… puoi essere gelosa di te stessa?
Cri ?
Fireman Ti ho lasciato senza parole? Ho fatto un miracolo!
Cri Mi hai lasciata con un sorriso… sai che ti penso di continuo?
Fireman No, non lo sapevo… ma fa piacere sentirlo.
Cri Mi piacerebbe dirtelo di persona, un giorno.
Fireman Sarebbe emozionante… ma c’è un oceano tra noi.
1 Welcome New York Cristina Ci siamo! Ancora guardo il mondo dall’alto, in realtà non vedo che una distesa di nuvole ma i miei occhi sono già vispi, pronti a scrutare il suolo americano che tra poco sbucherà da questo prato bianco e soffice. Ancora mi sembra un sogno che non osavo neanche sperare di veder realizzato. In realtà sono in incognito e so già che, al momento di svelare le carte, succederà il pandemonio ma io sono cocciuta e assolutamente determinata a stravolgere la mia vita. L’ha fatto mia sorella Vittoria, perché non potrei farlo io? Si dice che New York sia la terra promessa di molti miei connazionali e difatti anche Vittoria ha trovato nello stato a stelle e strisce una carriera, un amore e tra poco anche un figlio. Non che sia interessata alla questione figli, non intendo certo metterne in cantiere uno alla mia età… ma sono interessata a tutto il resto: il ballo e l’amore. Mia nonna Delia si lagna con nonno Tullio su quanto stia scomoda mentre lui non fa che tenere gli occhi serrati da quando ha sentito che stiamo per atterrare. Ancora mi domando come sia riuscita mamma a convincere un fobico come lui a montare su un aereo intercontinentale. Carezzo i miei capelli ramati e osservo fuori dal finestrino tutto quel bianco che ci avvolge, stiamo scendendo e non posso fare a meno di pensare a lui. All’uomo che è diventato quasi un’ossessione. Mi sono persino riempita il diario segreto di sue foto prese da Facebook (che Dio benedica la tecnologia e Mark Zuckerberg). Lo so, sembra impossibile ma è stato un vero colpo di fulmine. È bastato posare gli occhi su di lui per un fugace attimo, che mi son ritrovata col cuore impazzito e ora sembra battere davvero solo quando lui è presente nei miei pensieri. Anche le mie compagne, all’inizio scettiche, si sono dovute ricredere sul mio amore segreto e mai rivelato in famiglia. Come lo hanno visto si sono lanciate in un’ola di complimenti e questo, a dire il vero, mi ha un po’ indispettita. Poi quando hanno letto le nostre chattate su Facebook, sono partite di testa, mi hanno detto che si vede che stravede
per me dai messaggi che scrive e dal tempismo con cui risponde. Da lì il passo a montarmi la testa è stato breve. Mi sono salvata persino tutte le nostre conversazioni e le ho stampate per incollarle nel mio prezioso diario così, quando voglio, posso rileggerle con attenzione e in ordine cronologico senza aspettare che la maledetta chat di Facebook carichi poiché di solito si incanta e ci mette una vita. Quasi quattro mesi sono passati alla realizzazione del mio sogno, quattro mesi in cui scrivevo con il pennarello le nostre iniziali sulla pelle tra il pollice e l’indice. Quattro mesi in cui mi son tormentata nel timore che potesse innamorarsi di un’altra, quattro mesi passati a seguire ogni suo movimento sul social network, a mangiarmi il fegato per i commenti che le ragazze lasciavano e a scoppiare in lacrime ogni volta che una donna compariva in qualche foto, e ne sono comparse un po’ troppe per i miei gusti ma con un figo simile è normale che si facciano sotto in parecchie. Quattro mesi a trovar scuse per poter scambiare con lui anche poche parole. Quattro mesi che aspetto di poterlo rivedere, di potermi perdere ancora in quegli occhi dorati. Oh, la terra appare là sotto e subito sento il petto esplodere dall’emozione. Chissà lui dov’è adesso, chissà se gli sono venuta in mente. Mi continuo a domandare qualsiasi sciocchezza che lo riguardi e quando atterro e il portellone si apre, balletto sulle gambe, impaziente di poter scendere da quest’affare. «Vuoi star calma, Cri! Mi farai venire il mal di testa a forza di dondolarti.» Mia madre mi guarda con rimprovero mentre il babbo tira giù i nostri bagagli a mano. Sbuffo impaziente. Perché nessuno capisce che ho un bisogno viscerale di correre là fuori e soprattutto di correre da lui? Okay, non l’ho mai detto… ma potrebbero comunque comprendere i sentimenti di una ragazza non ancora diciottenne. «Io lo so perché tu sei tanto agitata» sghignazza Diego senza smettere di giocare alla sua psp. «Fatti i cazzi tuoi!» sbotto. Se scopro che ha letto il mio diario contro la mia volontà, lo uccido. «Cristina!» tuona subito il babbo «Lo sai che ‘un voglio che tu usi questo lessico volgare!» Oddio, lui è il suo maledetto perbenismo mi uccideranno prima dei vent’anni. Se non scappo di casa rischio di impazzire e finire come mia sorella Giada che, ancora a quasi trent’anni, sembra il cagnolino dei miei. Li asseconda in tutto, specie dopo il
divorzio che, secondo lei, ha procurato troppo dolore e delusione ai miei. Forse è per il senso di colpa che accorre a ogni richiamo ma qualunque sia il motivo, io non sono così. Osservo Giada, con il mio nipotino in braccio, è lì che cerca di tranquillizzare l’ultima bizza e non so come possa non essere ancora stata ricoverata per esaurimento nervoso. Adoro mio nipote, è un vero demonietto, scalmanato come un tagadà. Eppure è bella nonostante le occhiaie violacee che difettano i suoi occhi verdi, ha i capelli scuri e lisci che tiene perennemente costretti in un laccio sconclusionato. Tamburello i piedi, aiuto nonna ad alzarsi e lei mi dà un puffetto sulla gota arrossata dall’eccitazione. «Via, la siamo in America un’altra volta. Dov’è ito Tullio[1]?» dice guardandosi intorno e cercando il nonno che, manco a dirlo, è dietro di lei. «Nonna, è lì.» Glielo indico e lei ridacchia. «Tullio, che tu la mi vuoi fa’ morì? Pensavo la ti fossi buttato dall’aereo.» Nonno borbotta ma accetta il bacio sulla guancia che mia nonna gli regala. Lui di fondo è buono, anche se per vederlo bisogna grattar via tutto il suo lato arcigno. Ormai sono in trepidazione e finalmente la fila comincia a muoversi, afferro il mio trolley pieno di ogni vestitino e boccheggio in tutti questi abiti che ho infilato addosso. Mi sono messa: due canottiere, una maglietta a maniche corte, una a maniche lunghe e un maglione, un paio di pantacollant, un paio di pantaloni di tessuto e un paio di jeans. Ora sto morendo di caldo nonostante fuori sia tutto una brina da quant’è freddo. Dall’apertura scorgo il candore di una nevicata appena avvenuta e sbarro gli occhi entusiasta appena esco dall’aereo. Respiro a pieni polmoni e quasi mi scende una lacrima a pensare che, adesso, respiro la stessa aria del mio amore, che siamo sotto lo stesso cielo e calpestiamo lo stesso suolo. Mi chiedo quando riuscirò a vederlo o se riuscirò a vederlo. Ma i se nella mia vita non voglio prenderli in considerazione. Volere è potere ed io farò di tutto per riuscire a incrociarlo. In fondo mi ha detto che un oceano ci divide, vorrà approfittarne ora che saremo separati da un paio di isolati. Non gliel’ho neanche detto perché volevo fargli una sorpresa, spero gradita, e mi auguro anche di riuscire a portarla a termine. Ho anche eliminato la localizzazione per non fargli vedere i miei spostamenti.
Sistemo ancora la gonfia treccia a lisca di pesce laterale e scendo con la famiglia. In realtà sto correndo e quasi ignoro i richiami dei miei genitori che mi invitano ad attendere loro e i nonni che, al contrario mio, deambulano a fatica. Per la miseria quanto è grande quest’aeroporto?! Ci vuole una vita a raggiungere l’uscita e la dogana è una vera rottura. «Perché ha tutti questi abiti, signorina?» mi domanda una signora di centodieci chili, strizzata nella sua divisa con le cuciture in tirare. «Sono freddolosa, è illegale?» rispondo con fin troppo boria ma è solo perché voglio uscire di qui. In fondo si sa che l’aeroporto è zona franca ed io voglio ufficialmente essere nel suo stesso continente. «In effetti hai esagerato con i vestiti, ci staremo pochi giorni!» mi fa notare mamma mentre il babbo tenta di rabbonire la poliziotta doganale ancora offesa dal mio sarcasmo. Come posso dirle che io ho ben altri piani? Alla fine, dopo quel che mi pare un secolo, siamo liberi di entrare in suolo americano. C’è una folla immensa e un sacco di persone con in mano cartelli con su scritti dei nomi. Tutt’attorno a me c’è un cicaleccio in lingua americana e il profumo di Hot Dog e crauti arriva dai negozietti. Mia madre si guarda attorno alla spasmodica ricerca della figlia sperduta nelle terre lontane e squittisce come la intravede. Mi illumino anche io e corro subito verso di lei e Dylan che la tiene saldamente per mano. Mi commuove rivederla, inutile dire che l’ho sempre presa ad esempio e non averla sempre intorno mi ha intristita. È magnifica anche adesso che è incinta di cinque mesi con quella pancina rotonda e un morbido abito elegante di lana che la ricopre, sotto il cappotto di firma che la rende una meravigliosa donna sicura di sé. Anche suo marito si fa notare con quel cappottino di pelle marrone sopra una camicia bianca e i jeans scoloriti. È il solito figo da paura e per giunta innamoratissimo. Vittoria ha avuto una fortuna sfacciata. Ci metterei la firma per avere il suo stesso lieto fine, ovviamente con il mio amore. «Sorellona!» La investo con il mio abbraccio e lei ricambia sorridente. Si instaura subito un’aria di festa tra tutti questi saluti e mi sento bene. Il cuore martella… lui è sempre più vicino. Tutti assieme, ci accingiamo a raccogliere i bagagli e Vic sbianca quando vede le mie due valigie strapiene di roba.
«Ma quanto hai intenzione di restare?» domanda stranita osservando questa catasta. «Quanto noi, ma lo sai che è esagerata» risponde il babbo per me. Non sa quanto sbaglia.
2 Piani di fuga Cristina Non ne posso più! La mia idea di venire a New York non contemplava un tour forzato di shopping per comprare il corredino del futuro nipotino. Non bastavano i mille e cinquecento capi comprati in Italia. Sono contenta che Vittoria e Dylan siano felici, sono contenta per il loro lieto evento ma per me alla fine è l’ennesimo nanetto bavoso che entrerà a far parte della mia incasinata famiglia. Non sarà né il primo né l’ultimo perché gli altri due fratelli ci stanno dando dentro alla grande. Okay, è il figlio della mia sorellona preferita ma ancora non sappiamo neppure il sesso visto che si rifiuta di farsi vedere per bene in mezzo alle gambe. Deve essere un gran furbetto oppure un po’ pudico. Trovo che abbia poco senso comprare tutta questa roba unisex dai colori neutri quando, sapendo se è maschio o femmina, potremmo comprare dei vestitini più fashion. Comunque tutto questo mi annoia perché io sono venuta fin qui solo per avere la possibilità di incontrare il mio amore. Ma sono due giorni che sono arrivata e ancora non ho avuto modo di incrociarlo. Ho tenuto il segreto, almeno in quello sono stata brava e mi crede ancora in Italia… pensavo che Vittoria e Dylan se ne sarebbero usciti in qualche modo e, invece, per la miseria non sembrano neanche intenzionati a invitarlo per Natale… no, va beh, questa è una fesseria, in realtà non lo so se l’hanno invitato perché non ho avuto coraggio di chiedere temendo di essere sgamata. Nel frattempo ho continuato a scrivergli e abbiamo chiacchierato un altro po’. Non si è accorto che le mie domande si sono fatte più mirate per conoscere dov’è che di
preciso lavora, i suoi turni. È un uomo e, come tale, fatica a fare due più due, su questo do ragione a Vittoria. È solo quando svoltiamo per entrare nell’ennesimo negozio con mamma, nonna, Vittoria e Giada che vengo folgorata da un’idea mitica. Se sono fortunata, lui staccherà tra meno di un’ora e mi farò trovare davanti alla caserma. Sono curiosa di vedere che faccia farà e come si comporterà. Devo solo trovare il modo di liberarmi delle donne della mia famiglia. Senza destare sospetti ed è più facile a dirsi che a farsi perché a casa mia sono tutti curiosi e impiccioni di natura a cominciare da nonna Delia. «Cristina non entri?» mi chiede mamma vedendomi bloccata davanti all’ingresso. Ecco, e ora che mi invento? «Sono stanca e annoiata!» borbotto a mezza bocca mentre il mio cervello lavora frenetico alla ricerca di una scusa. «Credo che tornerò a casa…» butto lì. «Da sola?» chiede mia madre con gli occhi di fuori. «E che deve succedermi? In Italia mi sposto da sola con la Vespa o il bus… qui c’è la metro.» «Porta tua nonna o tua sorella Giada» insiste mamma mentre io sbuffo contrariata. Ho valutato male le carte a disposizione. Di certo non posso andare a trovarlo accompagnata da mia sorella e dalla nonna. Che figura farei? Non ho bisogno di balie e vorrei evitare di ricordare all’uomo che vorrei conquistare che devo ancora compiere diciotto anni. «Ma non se ne parla!» protesto e lo sguardo di mia madre si fa torvo. Okay, anche rispondere a tono è da bocciare, finisco solo per indispettirla. «Mamma non ho due anni, senza contare che alla mia età qui gli adolescenti girano soli già da due anni.» «Ma conoscono la zona…» insiste lei. Che strazio! Ma non è mai a corto di risposte? «Via, sai icchè? La vengo con te, tesoro» cantilena mia nonna. «Almeno controllo Tullio. Le mi’ ginocchia cominciano a esse’ provate.» Ora mi ci vuole un miracolo. Con quale cuore posso lasciare nonna con le ossa a pezzi in giro per New York? Uffa, se solo capissero che si è adolescenti una volta sola nella vita e mi lasciassero fare le mie esperienze. «Io veramente vorrei fare una passeggiata a Central Park e al Guggenheim Museum che il professore di arte mi ha dato dei compiti…» Resto sul vago, non ho
nessun compito da svolgere, non me ne frega nulla neanche dell’arte moderna ma di fronte a una richiesta scolastica mia madre deve desistere. «O un tu la volei torna’ a casa?» chiede nonna. «Era per dire che mi volevo allontanare da voi… per fare altro» cerco di giustificarmi. «Vittoria!» strilla mia madre facendo voltare più di qualcuno. «Non sarà il caso che l’accompagniamo? È tardi…» Non c’è proprio nulla da fare, i miei sogni di gloria sono tutti tristemente abortiti. Mia sorella mi osserva con attenzione e spero almeno di non tradire cosa nasconde tutto questo interesse culturale che non ho mai avuto. «Mamma New York è sempre viva a qualsiasi ora. Sai dove devi andare Cri?» La osservo senza capire, poi mi affretto ad aggiungere: «ho la guida nello zainetto e Google map sul cellulare. So parlare inglese, so dove abiti, ho un po’ di dollari… non credo che avrò problemi.» Vittoria annuisce. «Mamma ha tutto sotto controllo, non preoccuparti. Quando sono partita avevo poco più della sua età e non hai fatto tanti drammi.» «Certo tu sei una capocciona, non ci si può ragionare quando ti metti in testa una cosa.» «Beh, io vado!» grido cominciando a correre verso la metropolitana prima che ci ripensino e mi fermino. «Devi arrivare sulla 5th Avenue!» mi grida Vittoria. «Lo so!» rispondo da lontano per farle stare tranquille. «A casa per l’ora di cena!» urla mia madre. Mamma mia solo noi italiani possiamo fare certe piazzate in pubblico senza imbarazzarci. Altroché Guggenheim, salgo sulla metro diretta al Nyc Fire Department sulla South street. Meno male che ieri sera mi sono informata su tutti i mezzi di spostamento, così ora non perdo tempo e mi tuffo sulla prima metro che passa strattonando i passanti che cercano di uscire. Se non mi sbrigo arriverò tardi e con la sfortuna che mi ritrovo se ne sarà già andato. Per colpa di mia madre ho perso minuti preziosi. Poi mi dovrò inventare qualcosa per giustificare che non sono più andata al museo, ma ci penserò dopo. Ora acciuffo il telefono e apro Facebook. È l’unico modo
che ho per trattenerlo non avendo il suo numero di cellulare, purtroppo. Speriamo si colleghi.
Cri Allora fireman com’è andata a lavoro?
Fireman Sono stato eroico come al solito :P
Appena lo vedo scrivere il mio cuore parte a battere a mille per l’emozione. Ancora poche fermate e ci siamo. Tengo le dita incrociate sperando ci sia ancora. Altrimenti sono disposta a raggiungerlo in qualsiasi parte di New York. Adoro che ha sempre la battuta pronta, mi stimola a rispondergli per le rime.
Cri Vedo che la modestia è di casa!
Fireman Non mi faccio bello per finta, dico solo la verità
Diamine lo so che non esagera. Da uno così che ci si può aspettare? È bello da togliere il fiato, ha un fisico scolpito… ho visto una sua foto al mare e per poco non ci restavo secca. È una persona di spirito, sa un sacco di cose e mi stupisce di continuo. Si getta tra le fiamme senza paura e questo aspetto di lui un po’ mi spaventa. È un po’ avventato e scavezzacollo quando deve domare le fiamme ma lui dice che sa il fatto suo e che il fuoco non lo teme.
Cri Bello, eroico, intelligente, non manca nulla… Fireman
Ahahah! Sono un uomo di fuoco in tutti i sensi
A leggere la sua pronta risposta divento bordeaux. Ora le mie amiche avrebbero riso come tante ochette a questa battuta equivoca e a me non serve molta immaginazione a credere che faccia i fuochi d’artificio in più di un’occasione. Però, quanto è diventato audace… Cri Maniaco! Fireman Che hai capito, sporcacciona! Sono un pompiere e sono un segno di fuoco Cri :P Se se, come no… che fai ora?
Decido di portare la conversazione su temi più importanti al momento, devo assicurarmi che sia qui dove sono io. Sono appena scesa dalla metro e corro senza fiato verso South Street. Fireman Vado a farmi una doccia che sono pieno di fuliggine come tutti i miei colleghi e non pensare male, signorina! Non mi piacciono gli uomini…
Cri Ahahaha! Non ne ho dubbi e, se mai ti fossero piaciuti, mi sarebbe dispiaciuto alquanto… Ti aspetto, così chiacchieriamo un po’ dopo. Va bene? Fireman Non temere, mi piacciono le belle ragazze. Non è tardi per te, signorinella? Cri Non ho sonno, ti aspetto e ti penso nel frattempo.
Fireman Non fare pensieri sconci con me nella doccia! A fra poco piccola.
Cri E tu non fare pensieri sconci su di me mentre sei in doccia ahahah
Fireman Ah no? Pensavo di distrarmi dagli omaccioni immaginando una ragazzina tutta peperina
Sono ormai davanti alla caserma, mi appoggio a un muretto dal quale ho la piena visuale dell’ingresso della caserma senza essere notata. Ho il fiatone e mi lascio cadere infagottata nel mio piumone sulla soffice neve che mi ha rallentato non poco nella corsa.
Cri Non perdere tempo! Corri… non vorrai che mi addormenti senza il bacio della buonanotte?
Fireman Sia mai! Vengo a rimboccarti le coperte. Aspetta, che ci metto un attimo.
L’attesa diventa snervante anche se sono passati appena una manciata di minuti. Il mio cuore galoppa sempre più veloce, tra breve esploderà come una supernova… non so poi che mi succederà quando lo vedrò di persona. Sono quasi quattro mesi che non lo vedo anche se ho studiato le sue foto a memoria. Inganno il tempo aprendo una chat di gruppo su facebook con le amiche. È tardi in Italia, sono le ventitré passate, ma non andiamo mai a dormire presto anche se l’indomani c’è scuola. La prima cosa che mi chiedono è se l’ho visto. Racconto brevemente della sorpresa che gli sto facendo e tutte sono dell’avviso che sia un’idea fantastica. Incollo i pezzi della chat e tutte lanciano dei gridolini di soddisfazione e dei colorati incoraggiamenti.
Fireman Ehi piccola, ho finito, ti ha rapito Morfeo?
Ma che Morfeo! Sono preda di un attacco di cuore e mi sento svenire. Non so come spuntare fuori e cosa posso dirgli. Vorrei che fosse tutto a impatto, ma ho perso tempo a chattare con le amiche invece di pensare a una sorpresa.
Cri No, no, sono ancora qui che ti penso Fireman Come sei carina! Cri Tu mi pensi? Fireman E come potrei non pensarti? Sei così amorevole. Cri Mi piacerebbe tanto vederti. A te no? Fireman Anche a me, piccola! Ma ti ricordi che c’è un oceano a dividerci? Cri E se non ci fosse? Fireman Vuoi che ci vediamo su Skype?
Cri Mmh no… preferirei dal vivo. Tu no?
Lo vedo uscire dall’ingresso della caserma con un collega che continua a parlargli senza ricevere risposta. Lui è impegnato a rispondermi e il suo comportamento mi fa
sorridere. Mi sembra un ragazzino della mia età. Dio quanto è bello con quei capelli bruni scompigliati che gli cadono sulla fronte. È più bello di quanto lo ricordassi e le foto non gli rendono giustizia. Ora ho persino le palpitazioni nell’attesa di leggere la sua risposta e le mani mi tremano come una tossica. Me lo sto mangiando con gli occhi e fatico a distoglierli per leggere sul cellulare se mi ha risposto. Fireman Beh dal vivo saresti in 4D ma possiamo accontentarci anche del virtuale, no? Cri Ah sì? Dalle mie parti un cantante dice che chi si accontenta gode così così… allora se preferisci Skype vado a salutare il collega che sta uscendo insieme a te… non mi pare brutto…
Scrivo di getto senza neppure guardare la tastiera per non perdermi la sua espressione confusa, il suo guardarsi intorno senza notarmi. Divertente. Fireman Che dici? Come fai a vedermi… Cri Non te l’ho detto ma mi sono teletrasportata! Ahahahah Fireman Cri… non scherzare!
Non aggiungo altro e salto fuori da dietro il muretto che mi proteggeva. Somiglio all’omino della Michelin con questo piumone bianco e gli stivali da neve. Ho persino il cappello bianco con il pon pon che fa risaltare ancora di più i miei morbidissime onde rosse. «Sorpresa non abbiamo più un oceano a dividerci ma solo una strada!» gli urlo sventolando in alto la mano per farmi notare dall’altro lato della carreggiata. È incredibile l’emozione che si riesce a provare quando di fronte a sé si ha l’unica persona capace di scaldarti il cuore. E dire che di essere scaldata ne avrei un estremo bisogno dato che, qui a New York, è un freddo micidiale. Molto più che nella mia Capalbio, ma son sciocchezze e come ci guardiamo dritti negli occhi, ognuno nella
parte opposta sul marciapiede, il freddo neanche lo avverto più. Attraverso la strada di corsa facendo lo slalom tra le automobili. «Cristina!» urla.
3 Un bacio a sorpresa Cristina Un clacson mi fa saltare in aria come una molla. Marc muove i primi passi verso di me appena mi vede quasi stesa sopra il cofano di un taxi. «Sta’ attenta!» urla rabbioso l’uomo con un accento straniero mentre io mi prodigo in frettolose scuse prima di riprendere la mia corsa verso Marc, che mi è venuto incontro, mi afferra saldamente per il polso e mi tira letteralmente al sicuro, fuori dalla carreggiata. «Ti sei quasi fatta ammazzare, pazza!» dice lui con gli occhi che brillano e che si discostano parecchio dall’espressione di rimprovero che dipinge il suo volto. Il suo bellissimo volto. Resto ammutolita ad ammirare i lineamenti decisi che formano il suo ovale mascolino, la barba incolta lasciata crescere da un paio di giorni, il naso dritto e proporzionato sopra un paio di labbra polpose e invitanti, la fossetta sulle guance si forma come accenna un sorriso ma ciò che pare un capolavoro della natura sono gli occhi affusolati in cui sembra ci sia incastonata una pietra di quarzo dorato. Gli passo le dita tra il ciuffo di capelli castani che il vento continua a far danzare davanti alla sua fronte, una scossa d’elettricità invade ogni fibra del mio essere e resto senza respiro. Lui mi sorride, mi prende la mano e accarezza il dorso con i polpastrelli.
«Non ci credo che sei qui» mormora e poi mi attira contro di lui in un unico, fluido, gesto. Un attimo e mi ritrovo avvolta dalle sue braccia e dal suo profumo agro e deciso. «Toccami… sono reale, non un miraggio!» «Non siamo nel deserto dei tartari, sarebbe difficile che fosse tale» scherza mentre mi scosta da lui per tastarmi il viso con la stessa delicatezza con cui si sfiora lo stelo di un fiore. «Quindi, mi hai pensato in doccia?» chiedo senza freni sulla lingua. Okay, magari sono fin troppo sfacciata e mia madre urlerebbe che sono una svergognata, ma è il mio carattere. Non sono mai stata affetta dal morbo della timidezza, ciò che voglio me lo prendo, o quantomeno ci provo. A volte ho successo, altre meno ma ci provo. Meglio rimpianti che rimorsi! Marc mi osserva un attimo e infila prontamente le mani in tasca quando i suoi colleghi gli sfilano accanto salutandolo. Risponde imbarazzato, poi torna a concentrarsi su di me. «Beh… io in realtà non mi aspettavo di… insomma, non credevo che…» «Vuoi comprare una vocale come nel La ruota della fortuna?» lo prendo in giro tanto per smorzare questo disagio in cui pare sia caduto. Non era esattamente questa la reazione che mi sarei immaginata, più un’esultante gioia conclusa con un bacio che aspetto da quando l’ho visto quasi quattro mesi prima. «Dai, sai che cosa intendo. Non mi aspettavo di vederti qui» spiega. «Volevo farti una sorpresa.» «Beh, ci sei riuscita.» Sorride. Resto in silenzio a guardarlo, ipnotizzata dalla nuvola che esce dalle sue labbra a ogni respiro. «Senti, togliamoci da qui» dice d’improvviso ridestandosi. «Hai fame?» chiede. Sì, ma ho fame di te! Vorrei rispondere ma mi trattengo, meglio non essere sfrontata fino a questo punto. «Vorrei provare uno dei famosi hamburger americani» dico illuminandomi. Lui ridacchia e annuisce. «E va bene, ti porterò nel miglior fast food di Manhattan.» Con
una sicurezza che ho avuto modo di scorgere in pochi ragazzi, mi prende la mano e avanza verso la strada, fa un fischio acuto per poi sventolare il braccio per mostrarsi al taxi che inchioda davanti a noi. «Prego…» Marc mi apre la portiera e lo guardo divertita. Come gli passo davanti per montare, gli lascio un bacio sulla guancia prima di sedermi sul sedile. Lui resta un po’ sorpreso dal mio gesto spontaneo ma poi mi segue con un’aria frastornata. Passiamo il tragitto senza dirci granché, lui guarda me di sottecchi e, quando lo scopro, volge lesto lo sguardo oltre il finestrino come fosse interessato a un panorama che vede ogni giorno. Comincio a temere di non avergli fatto sorpresa gradita, forse ero solo un giochino con cui intrattenersi nei momenti di noia, tanto per spezzare la routine quotidiana. Nelle mie fantasie più spinte, a quest’ora dovevamo essere a pomiciare in questi dannati sedili diretti a casa sua per una romantica cena che gli avrei preparato con le mie mani. Magari non avrei potuto comunque mettere in atto l’idea della cena giacché mia madre è stata categorica sull’orario di rientro e, oltretutto, sarebbe davvero poco credibile che io passi ore intere dentro al Guggenheim museum. Per fortuna il tragitto è breve e mi ritrovo in un quartiere sconosciuto. «Questa è Tribeca» mi informa Marc come un perfetto cicerone. «Andiamo, il locale è all’angolo.» Lo guardo allungarsi per pagare la corsa e lo seguo fuori mescolandoci tra i passanti. La cosa migliore è che la sua mano è ancora chiusa attorno alla mia che, a confronto, è minuscola. Non posso fare a meno di immaginare quelle mani sul resto del mio corpo che freme dal desiderio di scoprire cosa vuol dire passione. Via via che ci avviciniamo al locale una musica hip hop riecheggia sempre più forte e mi entusiasmo come riconosco Go hard or go home di Wiz Khalifa e Iggy Azalea che è un po’ il mio mito. Adoro lo stile hip hop e reggaeton e spesso, quando sono a casa, vado in qualche locale che fa questa musica vestita di jeans strappati, top corto, giacchetto di jeans smanicato e sfilacciato, capellino con visiera pieno di borchie e converse. «Adoro questa canzone!» urlo rivolta a lui che mi guarda con un mezzo sorriso che diventa una sonora risata come do sfoggio di qualche passo hip hop. Mi sento proprio come in un film, in questo marciapiede a muovere passi di questa musica da ghetto nella patria in cui è nata.
«Sei una ballerina nata.» Applaude lui. «Sono anni che faccio danza classica e moderna, mi piacerebbe poter ballare per vivere» rivelo con il solito sguardo sognante che ho ogni volta che penso al ballo. Di studiare, sinceramente, ho poca voglia. Il mio sogno in realtà è qui in questa città, la Julliard, se solo i miei mi dessero ascolto. «Just to measure my success I need at least a hundred rulers Glory, hallelujah, I’mma take that ass to church I’mma finish like I started, Iggy still got that work» rappo gesticolando come fossi nata tra i vicoli di questa città. Lui scoppia di nuovo a ridere. «Tu sei tutta suonata!» «Ed è un male?» chiedo fermandomi. «No, è vitale» sussurra pensieroso come se, dietro questa semplice parola, nascondesse chissà quale altro pensiero inconfessabile. Non aggiunge altro e lo seguo dentro una tavola calda con i tavoli in legno un po’ malridotti, c’è un forte odore di salse e cipolla, l’insegna al neon dietro riporta la dicitura “Hamburger&Food”, la musica qui è più alta essendo la fonte e si mescola perfettamente al chiacchiericcio che c’è tutt’attorno. Mi piace. Ci sediamo di fianco alla vetrata che si affaccia sulla strada e da cui possiamo sbirciare ogni movimento di una città in fermento. Dopo aver preso le ordinazioni, lui mi osserva poggiato al tavolo. «Allora che ci fai qui a New York?» domanda fissandomi e mi sento persa in quel mare d’oro, la salivazione azzerata. «Ufficialmente le feste di Natale e spero di riuscire a trattenermi fino al matrimonio di Jenny, ufficiosamente la voglia di vederti» sparo senza timore, ma non ho il coraggio di aggiungere che voglio trattenermi per sempre. Un po’ anche per scaramanzia qualora non riuscissi. Lo fisso negli occhi anche se fatico a sostenere il suo sguardo adesso. Lui fa una strana faccia e mi pento subito di aver nominato Jenny. In fondo è la sua ex e magari lui è ancora innamorato di lei. Oddio, e se ancora la amasse?!
«Mi spiace… forse non dovevo nominarla» mormoro abbassando lo sguardo, di colpo ho perso tutta la spavalderia. Lui mi guarda e scuote il capo confuso, «scusa per cosa?» «Sono stata indelicata.» «Perché hai nominato il matrimonio di Jenny?» Annuisco. «Beh, rasserenati. Sono felice per lei. Con Jenny era finita da molto tempo ed è un bene che non ci siamo sposati. Saremmo stati solo infelici» risponde con un velo di tristezza. Vorrei indagare e chiedere come mai lo pensa ma preferisco non passare il nostro primo incontro a parlare della donna che stava per sposare. È calato un imbarazzante silenzio ed io ho già imparato a memoria ogni angolo di questo posto a forza di guardarmi attorno. Prendo il cellulare, colta da un’idea.
Cri Ti viene più facile parlare con me così? Sono sempre io… Cristina.
Lui afferra il cellulare, legge e sorride. Mi guarda per un secondo poi comincia a scrivere. Mi batte forte il cuore quando mi arriva la risposta.
Fireman Non mi aspettavo questa sorpresa… ma non dubitare che…
«Non dubitare che cosa?» domando come leggo quelle parole spezzate a metà. «Che è una bellissima sorpresa» mormora afferrandomi la mano. «Sono solo un po’ frastornato» ammette passando le dita tra i capelli bruni e morbidi. Dio quant’è bello. In quel momento arrivano i nostri panini e il mio è immenso. Spalanco gli occhi su quella torre di salse, verdure, carne di manzo, bacon e altre schifezze simili.
«Ma è enorme! Non mi entra nemmeno in bocca!» strillo verso di lui e di nuovo, lo faccio ridere. «Devi abituarti alle porzioni a stelle e strisce. Fidati che in bocca ti entra, devi schiacciarlo…» spiega divertito. «Come faccio? Mi slogherò la mandibola.» Ormai rido anch’io con lui ma mi faccio coraggio e do il primo morso. «Oddio… ma è buonissimo!» Lo guardo sbalordita e lui tira fuori un’espressione orgogliosa. «Almeno i panini li sappiamo fare, niente in confronto alla vostra cucina italiana.» «Hai già mangiato italiano, vero?» domando. «Nei ristoranti sì.» «Te lo preparo io un tipico pasto italiano» propongo. A quanto so Jenny è fissata con le cucine di tutto il mondo ma evidentemente non si è mai dedicata a quella italiana. Meglio per me, sarà vincere facile, ponci-ponci- po-po-po. «Una cuoca tutta pepe.» «Se vuoi puoi aiutarmi a imbrattarmi di farina.» Ammicco flirtante e lui sorride sghembo. «Davvero mi vorresti intorno mentre prepari la cena? Ero abituato a esser cacciato per non creare disordine nel sacro regno dei fornelli» racconta e subito intuisco che si riferisce a Jenny. «Io sono diversa.» Lo fisso negli occhi e lui diventa serio di botto. Quando arriviamo fuori, c’è ancora il solito tran tran e mi rendo drammaticamente conto che è tardi, lo dimostrano le mille chiamate con cui i miei mi hanno tartassata e a cui non ho mai risposto. Per lui tuttavia sarei disposta a subire qualsiasi punizione, ne vale la pena. «Devo andare» bisbiglio rattristita e lui mi accarezza una guancia. «È stato bello vederti, sai?» D’impeto mi alzo sulle punte e mi aggrappo letteralmente attorno al suo collo, è molto più alto di me e questo mi fa sentire protetta da ogni male.
E mentre dal locale esce fuori Second chance di Eminem, Ludacris e Lil Wayne, la versione hip hop di Promise me di Beverly Craven, sento il cuore capriolare nel petto. Sollevo il mento mentre le braccia di Marc sono ancora strette attorno a me e sfioro le sue labbra che scopro morbide e accoglienti. Lo sfioramento diviene presto un bacio più deciso, un bacio timido che si limita a quel contatto rubato. Lui all’inizio tentenna, preso alla sprovvista ma poi, quando il mio respiro si mescola al suo, avverto dischiudersi la sua bocca e la sua lingua carezzarmi gentile le labbra umettate. Mi sento in paradiso e non vorrei più scendere da quassù. Non c’è più nessuno attorno a noi, nessun passante, nessuna auto che suona il clacson, nessun cicaleccio. Solo il suono dei nostri cuori che, per la prima volta, battono all’unisono. Solo queste parole d’amore che mi fanno tremare le ginocchia.
“Sembra che tu sia in un altro mondo ma io riesco a leggerti nella mente come puoi essere così distante distesa al mio fianco quando andrò via mi mancherai e penserò a te ogni notte e ogni giorno...
Dopo quel bacio ci siamo guardati per pochi attimi e poi ho semplicemente sussurrato un “ciao” e sono corsa via. Come si vede fare nei film, sperando che lui penserà a me almeno la metà di quanto io penserò a lui. Mi sembra di camminare sulle nuvole come varco la soglia di casa ma vengo presto ritirata sulla terra dalla voce baritonale di mio padre. «Cristina! Dove sei stata finora? Sai che ore sono?!» tuona. Cavolo, ero così presa dai miei sogni d’amore che nemmeno ho pensato a una scusa per non essere stata al Guggenheim museum, ma in fondo loro mica lo sanno? «È che il museo era così bello che ho perso la cognizione del tempo» balbetto cercando sicurezza nella voce. Lui non sembra affatto impressionato.
«Ti avevo detto di tornare entro l’ora di cena, che era un’ora e mezzo fa!» fa eco mia madre. «E poi il telefono che te l’ho comprato a fare se non lo usi?» È un fuoco incrociato tra mamma e babbo. Io mi trovo nel mezzo e cerco di scansare i proiettili come Nio di Matrix. «Scusatemi, avevo messo il silenzioso essendo in un museo e non volevo disturbare con il cellulare» mento. In effetti la scusa è inattaccabile. «Che non risucceda Cristina! Non hai ancora diciott’anni!» Mio padre mi fulmina un’ultima volta prima di voltarsi e tornare in salotto con Dylan a parlare di vino. «Mi hai fatto anche litigare con il babbo, Cristina. Possibile che tu sia così poco responsabile?» insiste invece mia madre. «E dai, ero a un maledetto museo! Tra poco sarò maggiorenne e voi dovrete smetterla di starmi così addosso!» urlo e Vic cerca subito di metter pace mentre Giada e nonna non s’intromettono. «Mamma dai, calmati. In fondo era solo a fare un compito.» «Sì, compito un accidente!» borbotta lei dirigendosi verso la cucina e riprendendo a controllare l’arrosto che cuoce in forno. «Grazie» sussurro a Vic che mi guarda in tralice. «Ha ragione mamma però. Cerca di essere più puntuale e precisa con gli orari.» Faccio spallucce e mi metto a dare una mano ad apparecchiare la tavola… sono comunque felice. Marc mi ha baciata. Ancora mi bruciano le labbra per quel bacio, percepisco ancora il sapore di Marc nella mia gola, odoro il suo profumo sul giubbotto, tra i capelli, sulla mia pelle. Ovunque.
4 Che accidenti combini?! Marc Cristina mi ha travolto con la forza prorompente di un uragano. Il suo bacio mi ha lasciato confuso come un ragazzino alle prime armi e senza esperienze. Ho fatto la figura del fesso a trent’anni suonati, meno male che poi mi sono ripreso e ci ho dato dentro. Altrimenti sarei stato lo zimbello di questa ragazzina altroché eroe. Mai mi sarei aspettato che Cristina prendesse l’iniziativa. Okay, le nostre chattate sono state abbastanza allusive anche oggi, ma che male c’è a scherzare? Lei è un terremoto della natura, mi ha piantato qui sul marciapiede e neppure mi ha dato modo di accompagnarla a casa. Spero non si perda, in fondo non sapeva neppure dove fossimo e si trova a New York da pochi giorni. Eppure vedo che non è tipa da porsi questi problemi o che si allarma se viene lasciata sola, in fondo anche fino alla caserma è arrivata in autonomia. Tanta audacia mi spaventa in una ragazzina della sua età, non sono abituato da anni a una fresca spontaneità, specialmente dopo una ex maniaca del controllo come Jennifer. «Marc!» Una voce nota mi distoglie dai miei pensieri e mi volto non appena mi arriva una pacca forte sulla schiena. Perdo di vista quella massa di capelli rossi che svolazzano nel vento zigzagando tra la folla. Inutile inseguirla, ormai è un puntino rosso e bianco all’orizzonte sempre più sbiadito. «Alex!» Mi ero anche dimenticato di avere fissato un appuntamento proprio qui con il mio amico, meno male che Cristina voleva assaggiare un hamburger e l’ho trascinata proprio in questo locale. Ecco l’effetto che mi fa Cristina, altro che uragano, con un bacio a sorpresa mi ha inebetito pure i neuroni… anche se sarebbe più corretto che ammettessi che già solo vederla spuntare fuori a sorpresa dall’altro lato della strada mi ha dato qualche brivido. Ho creduto che a furia di parlarci i miei occhi e le mie orecchie avessero un’allucinazione e invece era lei in carne e ossa. Dio che paura quando l’ho vista mezza spiaccicata sul cofano del taxi, quando è arrivata
qui, in salvo, non ho potuto fare a meno di stringerla per sincerarmi che fosse ancora intera. Sono stato investito dal suo profumo dolce, qualcosa che mi ricorda il sapore buono della cioccolata calda… qualcosa che mi ha mandato per un attimo il cervello in orbita e mi sono trattenuto a fatica dall’assaggiarla. È una ragazzina, continuava a ripetere il mio cervello ma a guardarla così da vicino, dopo tanti mesi, mi sembra solo una piccola donna affascinante e intrigante. «Ci siamo dati alle rosse ora, eh?» domanda Alex sghignazzando. «Ma no…» borbotto, non mi va di parlare di Cristina, né di alzare un polverone su di lei… non con Alex. «Ah giusto, dopo la castità con Jenny un buco vale l’altro e i capelli sono l’ultima cosa che guardi.» Alex non mi risparmia la battutaccia, se ora lo avesse sentito Jenny sarebbe inorridita, non che a me faccia piacere parlare di Cristina come di un buco qualsiasi. «E piantala, non sono mica un monaco, ma tu esageri sempre andando a finire nello squallore. Non so Hellen come faccia a sopportarti, né le tue pazienti. Io non mi farei visitare neppure morto!» Alex ridacchia, scuotendo la testa. «Ma perché prendo la vita così a ridere per gioco, già ogni giorno mi tocca affrontare disgrazie e pure tu non scherzi. Ma tu e Dylan siete sempre troppo seri e ci cascate subito. È troppo divertente prendersi gioco di voi!» «E quale dramma ci sarebbe in corsia? Un herpes vaginale?» gli domando ironico. «Certo che a volte sei scemo! Okay scherzare ma nella mia professione capitano giorni con parecchie disgrazie e non solo qualche vagina da ammirare…» Sarà pure come dice, ma spesso scherza sul pesante e Jenny era il suo bersaglio preferito per via del suo buonismo e della sua santità. Non che gli avessi raccontato chissà cosa, né a lui né a Dylan. Siamo amici dai tempi del college ma la figura del fesso perpetuata per anni dietro a Jenny non mi andava di farla. In fondo uno è suo fratello e rischiavo di essere scambiato per un maniaco e l’altro invece avrebbe infierito con battute pessime influendo sulla mia autostima. Probabilmente avrebbe accelerato la mia decisione di lasciare Jenny. Alex comunque ha tirato le sue conclusioni sulla mia ex solo guardandola, e conoscendola, che Jenny sia impostata e organizzata si vede in tutto quello che fa, che metta lo stesso identico impegno in
tutti gli altri campi della vita è facile immaginarlo… Anche se ora che è sposata con Jonathan sembra quasi un’altra e mi sorge, di tanto in tanto, il dubbio che la persona sbagliata della coppia fossi io. Forse non sono stato in grado di capirla, di aiutarla a uscir fuori da questi schemi di perfezione che si era autoimposta. Non so cosa le abbia fatto Jonathan e una parte di me non vorrà mai venirne a conoscenza, ma Jenny è diversa, così diversa dal solito che spesso mi tormento a darmi la colpa. A volte sono così spaventato che non riesco neppure a pensare di avere una relazione seria con qualcuna. E se fallissi di nuovo? Chi può dirmi che non ero io a essere diventato troppo noioso da aver appiattito il rapporto? Chi può dirmi che non ricapiterà di nuovo?
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