Il mio sogno tutto blu

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Ellah K.Drake


Il mio sogno tutto blu ISBN: 9788891187772 Youcanprint Self-Publishing (www.youcanprint.it)

Indice dei contenuti                               

IL MIO SOGNO TUTTO BLU PROLOGO Libro primo 1.Angie 2.Angie 3. James 4. James 5. Angie 6. Alex 7. Alex 8. Angie 9. Angie 10. Alex 11. James 12. Angie 13. Angie 14. Angie 15. Alex 16. James Libro secondo 1.Angie 2.James 3. Angie 4.James 5.Alex 6.Angie 7.James 8. Angie 9. James 10. Alex 11. Angie


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12.James Libro terzo 1.Alex 2.Angie 3.James 4.Alex 5.Angie 6.Alex 7.Angie 8.Alex 9.Angie 10. James 11. Angie 12. Angie Gran finale Sei mesi più tardi Ringraziamenti Biografia

IL MIO SOGNO TUTTO BLU Volume terzo de 'Nei Sogni di Angie'

Autore: Ellah K. Drake Copyright © 2015 Ellah K. Drake Copertina: Elisa Bon Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione anche parziale dell’opera. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice e sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi o persone esistenti è puramente casuale.

PROLOGO


James (durante la presentazione del romanzo di Angela) due anni prima Stringere con forza la copia del suo romanzo non mi aiuterà, però è tutto ciò che mi rimane di lei. Posso toccarlo senza temere che si disintegri. I ricordi invece mi tortureranno all’infinito. Lei, noi, io e lei, noi contro tutti e poi ancora lei contro di me e io contro di lei, il mondo contro il nostro amore, noi e le nostre speranze perdute. Mi sento come un ubriaco in astinenza. La testa comincia a girare. Mi viene da vomitare. Quel bacio, il loro bacio, un vero e proprio tormento, ha ridotto il mio cuore in minuscole schegge di vetro. Si è sciolto come neve al sole. Lacerato come uno stupido sacchetto di plastica. Stracciato come un insignificante foglio di carta, ridotto in minuscoli pezzettini. Speravo che avessimo trovato entrambi la serenità restando separati. Mi sbagliavo, almeno per me. Le ho fatto un piacere andandomene e sposandomi con Anne. Sono un bastardo, l’ho fatta soffrire, le ho strappato l’anima. Ma alla fine ha vinto, è lei che è risorta dalle ceneri di un amore malato qual era il nostro. Non ne avevo alcun dubbio, dopotutto è e rimarrà sempre una iena. Sono io lo sconfitto. L’ho abbandonata. L’ho estromessa dalla mia vita. Le ho anche mentito. Ho voluto ritornare con lei quando era ormai troppo tardi, quando avevo capito che c’era qualcun altro che si era impadronito del suo amore, rubandomi la scena. Da quel momento, la mia collezione di azioni spregevoli ha subito un picco considerevole, relegandomi alla stregua di chi non avrei mai voluto essere. Un uomo infelice, che rende infelici le persone che lo circondano, pur amandole. Ma che razza di cretino sono diventato? Angela non può certo amare ciò che sono adesso. Ho perso me stesso, arso nelle braci di un amore che non riuscivo a gestire come avrei voluto. Amare troppo, fa troppo male. Fingere di amare una donna, essere prigioniero di me stesso, dei miei imperdonabili errori. È un maledetto inferno che mi sta bruciando l’anima. Ora so che vuol dire la solitudine, quella vera, quella che ti lacera le viscere, quella che mi ha reso la brutta copia del James di un tempo. La vera solitudine è stare senza di lei, in mezzo a tanti conoscenti, insieme con un’altra donna, per sempre. Sono condannato e, pur non volendo far soffrire Anne, purtroppo, l’ho coinvolta in questa mia follia, l’ho avvolta nelle mie spire come un demone assetato di sangue, di carne umana. Non c’è redenzione. Dovrò imparare ad amarla, ad amare un’altra che non sia Angela, questa è l’assurda verità. Ho conosciuto la passione, lo struggimento, la rabbia, l’orgoglio, la tenerezza, la dolcezza solo una volta. Sono stato me stesso per dodici lunghi vibranti e incredibili anni. Ora mi rendo conto che ho perso e su tutta la linea.


Angela è innamorata di Alex, si nota lontano un miglio. Non vorrei ammetterlo, mi sanguina il cuore al solo pensiero, ma quel dannato inglese è invaghito di lei. Come biasimarlo? Di Angela ce n’è una sola. Unica. Irripetibile. Frustrante e cocciuta, ma adorabile. Darei qualsiasi cosa per poter tornare indietro, farei anche un patto con il diavolo se potessi. La vita non è un film, purtroppo. Se solo non fossi venuto alla presentazione del suo romanzo, se fossi rimasto a casa insieme con mia moglie. Cazzo, ho una moglie! Sono un uomo sposato, ho una fede al dito che lo testimonia, per tutti gli avi. Avanti, James, sii uomo e lasciali perdere, dopotutto sei tu che hai rovinato ogni cosa, tu e la tua idiozia. Non puoi ottenere sempre quello che desideri. L’hai abbandonata tra le braccia di Roberto e poi l’hai ritrovata tra quelle del tuo caro amico Alex, gli hai lasciato campo libero pensando che nessuno mai avrebbe preso il tuo posto nel suo cuore. Hai sempre dato per scontato il suo amore, come un attore consumato, hai recitato la parte dell’uomo tutto d’un pezzo, senza renderti conto che ti stavi rovinando la vita, ecco la fregatura. Sei stato fregato e da un ragazzetto qualunque. Lo so, lo so, Alex non è affatto un ragazzino. È bello, intelligente, brillante, abbastanza dannato per incantare e intrigare qualsiasi donna, giovane o meno giovane che sia. Non è scontato. È un bravo ragazzo, Alex, un vero amico, ora, un ex amico. Sono io uno stupido stronzo. Me lo merito. Angela non mi merita. Non credo mi meriti nemmeno Anne. Ma se ho perso con Angie, con Anne saprò rimediare. Dopotutto, non ho più l’età per fare lo stupido galletto dietro alle sottane sbagliate. Deglutisco l’amarezza, devo accettare la triste realtà. Angela non è più mia.

Libro primo La felicità è una cosa seria

1.Angie


«Non aprire, lascia che squilli!» intimo con voce atona. La mia editor si blocca a metà strada, lungo il corridoio, con un piede alzato, come se qualcuno avesse fermato il tempo. Ha persino una smorfia ridicola, una specie di ghigno. Mi fa un versaccio, mentre me ne sto tranquilla davanti al computer a digitare il nuovo romanzo, fregandomene di chi sta bussando come un forsennato alla porta e pure telefonando da un po’. A Sara è invece venuto un coccolone. Una specie di mancamento, ha persino roteato gli occhi in alto, appoggiato una mano alla fronte e finto di svenire. Il divano era bello e pronto ad accogliere le sue grazie. La solita teatrante. Se a me ciò che so e che le ho appena riferito non ha prodotto alcun effetto, perché l’ha scombussolata a quel modo? Boh, non la capirò mai. Un enigma, un cubo di rubik, svolgi una prima facciata e quando vuoi fare la seconda ti accorgi che la prima la smonti tutta. Ecco, Sara è così. Pensi di essere in grado di capirla e invece c’è sempre qualcosa che ti sfugge. Ad esempio, mi ha detto che non gliene frega più niente di ‘quelgranpezzodifigodigeorge’. Sono rimasta sconvolta perché mi ha scocciato così tanto per lui, quando ancora stavo insieme con James, che ero convinta lo avrebbe amato per sempre. Invece, la mia amica passaguai mi ha dato un’ennesima mazzata. Quella sua malsana passione per George Gordon, che continua imperterrito a inviarle biglietti d’auguri a ogni festa importante, è terminata. Non dovrò più asciugarle le lacrime come quando vedevamo un suo film, né metterle la camicia di forza come quando al cinema diceva a tutti che quel George le invia biglietti d’auguri, non penserò più che quella sua malattia fosse incurabile. In fin dei conti, una cura esiste. Sì. Si può rinsavire da determinate malattie, ne ho esperienza pure io. Beh, con qualche strascico, come quintali di lacrime e vomito abbandonati qui e là in ordine sparso nei miei ricordi, ma la guarigione è stata definitiva. La mia malattia di nome James Mckinney ha avuto il suo decorso e ora sono super vaccinata, mai avrò ricadute, dato che il vaccino è letale per quel dannato batterio, virus o qualsivoglia calamità. Così è stato anche per Sara. Prendiamone atto e amen. «Io credo che tu sia diventata pazza, mia cara. Come diavolo non puoi incavolarti per questa cosa? Ma sei rincretinita del tutto? Lo ami così tanto da lasciarglielo fare? Finirà in tragedia, lo so, me lo sento, ahimè che vita grama con certi scrittori e amiche dementi!». «La smetti di sproloquiare? Hai una vena sul collo che ti pulsa, ti verrà un’emorragia cerebrale!». «Che stronza!». «Sboccata». «Non vedi a un centimetro di distanza, no… Che dico, a un millimetro, sei miope e anche rimbambita». Alzo lo sguardo truce e vendicativo su di lei e le rendo il concetto di vendetta molto più chiaro. Sollevo il mouse brandendolo come un’arma. Sara sbuffa. Ritorna a osservarsi le unghie, borbottando come una caffettiera. Ogni tanto mi raggiunge qualche sua parola, detta volutamente a voce alta. Demente. Rimbambita. Alex. Streap tease nel didietro. Comincio a pregare il Signore di darmi la forza per sopportare, nel qual caso mi aspetta un posto di tutto rilievo in Paradiso. Sempre quello dei VIP, però, altrimenti non vale. Ovviamente la pentola a pressione bofonchia, che è un piacere ascoltarla. Nel frattempo suonano in ordine: il telefono di casa, il campanello e pure il cellulare, un iphone di ultima generazione che è già tanto se riesco a leggerlo, mentre per usarlo ci vuole un genio dell’informatica. Alex e i suoi regali ultracostosi. Non mi sto lamentando, per carità, anzi. Mi sento fortunata, in pace con me stessa, amata e innamorata. Da due anni navigo


su una nuvola rosa e soffice, profumata del profumo di Alex, che è bello, bravo, giovane e un attore talentuoso. Tra di noi c’è alchimia, magia e passione. La nostra è proprio una bella storia d’amore, contrariamente a quel che tutti immaginavano e cioè che sarebbe finita non appena Alex si sarebbe stancato di una nonnetta come me e sarebbe ritornato sulla piazza. Ribadisco che non sono matusalemme, ma ho solo otto anni più di lui. Da quel giorno, sono trascorsi due bellissimi e felici anni, per cui… Chi aveva ragione? Io o loro? Mai mettere la mano sul fuoco, mai giudicare gli altri. Loro si sono bruciati e anche confessati per aver peccato. Donna Maria ne aveva ben donde di volerli fustigare qualora non fossero andati da don Francesco. Una di quelle persone negative e porta-iella, sta seduta sul mio divano a rimproverarmi proprio di questo e cioè che quel momento che lei paventava, in cui Alex mi avrebbe buttato via come una scarpa vecchia, un po’ come aveva fatto James all’epoca, è arrivato. Le ho riferito del film nuovo in cui reciterà. Beh, recitare in quel caso è parola grossa. È di secondaria importanza recitare in un film dove ben sette bellissimi e machissimi uomini ballano lo streap tease. Un intero film basato su questo, come sarà? Visioni di uomini oggetto che si vendono per lavoro, indossando un costumino che lascia poco all’immaginazione, lasciandosi toccare da nugoli di donne assetate di sesso. Non appena ha saputo che Alex è volato a Miami per le riprese, lasciandomi a casa da sola a sbrigarmela con le solite ributtanti riviste di gossip, con le fans, con facebook, con twitter, con tutto il mondo giornalistico che vuole vedermi KO di nuovo, perché è certo che ci sguazzano con me ‘sti maledetti, Sara si è lanciata in una filippica snervante contro di lui. Non vedeva l’ora di trovarmi con le difese abbassate, la solita incazzatura a livelli record e le spalle al muro. Roteo gli occhi infastidita e continuo a difendere l’amore della mia vita, dell’infinito e oltre. Non sono gelosa, è il suo lavoro, non posso mettermi in mezzo, non me lo perdonerei mai. Mi disturba che lo faccia, certo. Se penso a quante lo toccheranno vorrei ammazzarle tutte all’istante, ma è il suo lavoro e non posso interferire. Sono matura, non sono più Angelica Hood che piange ogni tre secondi con il timore di essere abbandonata, oppure la solita prefica che urla e sbraita contro un destino avverso, tanto meno sono Penelope, né la signora nessuno. Io sono qualcuno, sono Angie, la scrittrice famosa di chick-lit e Angie non ha più paura. Il passato è svanito come bolle di sapone. Se il nostro amore è forte, costruito sulla fiducia e su un sentimento vero e profondo, non ho alcun motivo per dubitare. Alex è molto bello e so che non posso sempre averne l’esclusiva. Possono ammirarlo, toccarlo e dio solo sa cos’altro (preferisco non saperlo, però), ma solo io amarlo. Sara incalza rincarando la dose, cocciuta come un mulo. «Non ti capisco, proprio. Non ti rendi conto che quel film, che giuro non guarderò cascasse il mondo, non è come gli altri che ha interpretato! Avrà culi e tette sempre davanti al naso, voglio vedere se non ci sbaverà sopra e si dimenticherà di te in un battibaleno». È troppo. Scatto in piedi facendo cadere la sedia con un tonfo, mi avvicino furente e con i pugni chiusi verso di lei. Sara indietreggia impaurita e ci manca poco che il divano la fagociti, stordito da tutto quel bailamme. Le punto un dito contro e le urlo: «Mi hai veramente stancato. Capisco che tu sia preoccupata per me, mi vuoi bene etc… Ma stai esagerando. Primo: devi rispettare l’amore che provo per lui. Secondo: devi rispettare l’amore che prova per me. Terzo: non ti permettere mai di parlarmi a quel modo oppure mi trovo un altro editor e non parlo a vanvera. Se non fossi la mia migliore amica, direi che la tua è solo invidia, altroché».


Presa alla sprovvista, si gonfia a mo’ di rospo, è tutta rossa e capisco che non sa come uscire da un’impasse che la vede in difetto. «Invidiosa, io? Ma fammi un piacere, è un bambolotto, potrebbe essere mio figlio». I miei occhi sono saette, inviano ai suoi lampi assassini. Se continua l’ammazzo. «Sara» digrigno i denti e li sfodero come un lupo. Alza le mani arrendendosi all’evidente evidenza, cioè che stava davvero esagerando e ci mancava tanto così che le mozzassi la testa, e abbassa lo sguardo ferita. Ferita solo nell’orgoglio, perché a me non la dà a bere. «Scuza, ahi, la lingua, mi zono morzicata la lingua». Ah, ben le sta. Giustizia divina. Alzo gli occhi al cielo inviando un ringraziamento ai santi degli scrittori che mi proteggono. Sfodero un sorriso di contentezza e lei mi guarda in tralice, con la lingua penzoloni. Non fiata. Spero si calmi. Ritorno al mio lavoro e lascio che il mondo squilli senza degnarlo di attenzione. Purtroppo, accade l’inaspettato. Quell’evento che mai e poi mai nessuno, né io, tantomeno la mia amica, ci saremmo immaginate, nemmeno tra un milione di anni. Squilla un altro cellulare. Quello di Sara. Mi volto verso di lei, infastidita all’inverosimile, ma mi blocco non appena la scorgo impalata come uno stoccafisso, come colta da paresi e con la bocca aperta. «Oddio, che c’è?» chiedo in ansia, pensando che qualcuno stia morendo. Suo marito, sua figlia, il suo cane. Lei nega, meno male, sì, ma allora che sta succedendo? Ritorna seria e compita, chiude per un attimo gli occhi, mentre immagino che stia per finire il mondo, e,fissandomi come se volesse inviarmi un messaggio telepatico di compassione, afferra il cellulare e risponde inespressiva: «Ciao, James, qual buon vento ti porta al cospetto della regina cattiva?». Il mondo smette di squillare all’improvviso, come se tutti sapessero che c’è James e non debba essere disturbata. Ma che cavolata immane! Per un istante, però, cessa di battere anche il mio cuore, che continua a farmi le pernacchie. Come un automa continuo a lavorare al computer, offrendo le spalle a Sara ignorando la notizia bomba. Le mani tremano, ho il fiatone, ma cerco di fare l’indifferente. È più dura di quel che immaginassi, ma devo farcela. Lui è fuori dalla mia vita. È sposato. Come ciliegina sulla torta, Anne sta pure aspettando un figlio. Saranno una bella famigliola felice, come quella del Mulino Bianco. Quindi, la situazione è chiara. Chiarissima per tutti. James? Chi perdincibacco è James?

2.Angie


Dopo un minuto di silenzio totale, durante il quale un’affannata e gesticolante Sara parla fitto fitto con James, digito parole senza senso al computer. Mi è volata l’ispirazione e la curiosità è talmente femmina che vorrei trasformarmi maschio all’istante. Squilla il mio cellulare, di nuovo. È come se non lo sentissi, l’interesse concentrato sulla mia editor. È grave. Mi distolgo dallo stadio ipnagogico e osservo con noncuranza il display del mio iphone. Caccio un urlo di gioia e afferro l’aggeggio, non senza trovare difficoltoso riuscire a rispondere. Con le dita premo il tasto sbagliato, che mi apre una finestra con le immagini. Perdindirindina. Continua a squillare e non so come rispondere. Urlo come una scimmia, tanto che Sara è costretta a girarsi e mi fissa sbigottita, ma non le bado. Ci riesco e grido: «Alex» con così tanta foga, urgenza, amore e passione, che penso di avergli rotto il timpano. «Ehi, ehi, tesoro, calma, che c’è?». Che c’è? Sei in culo al mondo e sono importunata dai miei fantasmi in kilt, ecco cosa c’è. «Nulla, sono solo così felice di sentirti». Eppure, sembra allarmato, come se gli avessi inviato con la forza del pensiero tutte le mie paturnie. «Come stai? Come vanno le riprese?» domando, mentre ho ancora il fiatone e con la coda dell’occhio non perdo Sara. Sono in multitasking, ma ci riesco con facilità, potrei leggere, guardare la televisione e pure darmi lo smalto alle unghie contemporaneamente. Angie la maga. «Al solito, nulla di così interessante» ah, beh, se escludiamo tette e culi, immagino. Esita. Sembra voglia dirmi qualcosa, però forse è solo la mia immaginazione, perché è la prima volta dopo due anni che viviamo distanti per parecchi mesi e per quanto sia tranquilla, c’è sempre qualcuno che mi mette la pulce nell’orecchio e la mosca al naso e mi fa dubitare del nostro amore. Qualcun altro, invece, mi ha rivelato che la mosca comincia con J, ma soprassiedo. Nel frattempo, dal suo cellulare scaturisce un vociare assordante, simile a strepitii e starnazzi. No, non credo sia in uno zoo, a meno che le attrici e attricette del film non siano scimmie volanti. «Non è nulla di cui dovresti temere, Angie, non ti devi preoccupare, sono solo un po’ di bagordi dopo le riprese in questa piscina enorme». Ho l’impressione che sia una frase trabocchetto, come quando uno vorrebbe dire qualcosa, ma non riesce a riferirla per evitare di far soffrire, così rivela qualcos’altro sottintendendo quel che voleva dire sul serio. Non ho studiato psicologia, ma dati i miei trascorsi, ne so parecchio di certi trucchi. E poi sono più vecchia e ne ho viste molte di più, per cui… Quindi, ammetto che quelle parole hanno acceso tutte le lucine a intermittenza, semafori rossi e segnali d’allarme possibili, immaginabili. Sto temendo il peggio, non credo di sopportare altro dolore. Ho vissuto sull’altalena con James, mentre con Alex è sempre stato tutto perfetto. Con James ho sofferto anche le pene dell’inferno, godendo il paradiso per così poco tempo, che il mio cuore ardeva sempre nelle fiamme e bruciava nelle ceneri vita natural durante.


Con Alex, invece, è sempre stato tutto regolare, lineare, bellissimo. Non ho quasi mai avuto ripensamenti, tentennamenti, ripercussioni psicologiche, come per esempio ubriacate e vomitate, ma sono sempre stata decisa, sicura e fedele. Quel quasi però è d’uopo trattandosi di me. Se dovessi considerare le due storie, direi che quella con Alex batte James tre a uno. Purtroppo, però, c’è quell’un per cento che in una storia con un attore pesa moltissimo. Le distrazioni alle quali è sottoposto e che sono onnipresenti. Sono femminili e bellissime, per giunta. James in un certo senso ci è cascato con tutte le brache, dato che una di loro se l’è sposata, mentre Alex, invece, era talmente assuefatto a farsele tutte che quando incontrò me, fu come se avesse visto la Mecca in persona. O almeno così mi ha detto. Alcune di queste attrici belle e incantevoli sono pure molto intelligenti. Le dee intoccabili, le chiamo. Quelle dee possono anche far innamorare gli attori. Certi attori possono innamorarsi delle dee, pur essendo già impegnati. Mi sto deprimendo e la cosa più stupida è che lo faccio da sola, sono un caso senza speranza. Per fortuna che nel film di Alex non mi risultano presenti tali dee. Sto divagando e questo serve per scongiurare quel vecchio timore che s’impossessa di me ogni qual volta sento puzza di bruciato distante un miglio, in questo caso ne sento la puzza anche se sta oltre oceano. «Angie? Ci sei?» la voce suadente, morbida e dal timbro roco di Alex, mi addolora. «Sei sicuro che non sia tu quel che mi deve dire qualcosa? Posso tranquillamente sfogliare le riviste senza trovarmi sorprese sgradite?» anche perché mi è già capitato e vorrei evitare. Silenzio. Scosto l’iphone dalla bocca, perché uso sempre il vivavoce e lo fisso come se stessi guardando in faccia Alex. Il suo bel volto nel display mi osserva, con occhi verdi brillanti e un sorriso sornione che aleggia sulle labbra grandi come due canotti. «Alex?» temo davvero il peggio e cioè che nel momento delle mie cruciali domande, la linea sia saltata e lui non abbia avuto il tempo di ascoltarle. Non capisco il motivo, ma ho la vaga impressione di stare sulle palle al destino. Dopo qualche scarica, mi arriva la sua voce a sprazzi. «Tesoro? Scusami, ma ci sono problemi con la linea. Ci sentiamo presto, fai la brava, mi raccomando». Non faccio nemmeno in tempo a rispondergli quanto lo amo e quanto mi manca che il cellulare è muto. Vorrei fracassarlo per terra, ma me l’ha regalato lui e devo portare rispetto. Lo guardo lo stesso in cagnesco. Va bene, Angie, non è accaduto nulla, va tutto alla perfezione, promettimi che né domani, né per i giorni a venire comprerai quelle maledette riviste. Avevo completamente dimenticato che la mia editor era al cellulare con il mio ex. Penso sia ancora lì che cammina su e giù gesticolando come una forsennata, ma non c’è. Caso strano, non vedo nemmeno alcun giornalista fuori dalla porta di casa e il telefono si sta risposando dalle fatiche dello squillar per nulla. «Sara?». «In cucina» risponde concreta. Cammino speditamente, con la speranza che non mi dica nulla di quella sua telefonata. Sono troppo presa dal mio breve e scarno interludio con Alex per poter ascoltare chissà quali prodezze da futuro padre e marito provetto, anche se James e Sara non si sono mai degnati di diventare amici, un vecchio contenzioso per quel George che lei non adora più, quindi la domanda mi nasce spontanea: hanno parlato di me? Rabbrividisco. Per logica dovrei arrivarci da sola, ma non sono così modesta.


Sara mi dà le spalle e traffica con la macchinetta del caffè espresso. La osserva come se dovesse fare il caffè da sola. Mi avvicino e prendo in mano la situazione, dopotutto è casa mia. «Da’ qua» le sfilo di mano la capsula, la inserisco nell’apposito vano, chiudo e premo il bottone. Il caffè scende liquido, denso, profumato e ho già l’acquolina. Faccio finta di non accorgermi che Sara è silenziosa e le sue mani tremano leggermente. Prendo la tazzina, ci metto una zolletta di zucchero di canna e gliela porgo. La fisso e mi restituisce un’occhiata sconsolata e triste, così m’irrigidisco talmente che ci manca poco che la tazzina con il caffè mi cada. Resto indifferente e me ne preparo uno, anche se l’avevo bevuto mezz’ora prima. Ne berrei a litri, anche se il mio gastroenterologo me l’ha sconsigliato, ma, da quando Alex se ne è andato, chissenefrega è diventata la mia parola d’ordine. Sono anche diventata più scurrile da quando sto sempre insieme con Sara. Le cattive compagnie. Mi siedo accanto a lei e sorseggiamo la bevanda in silenzio tuttavia la cucina è piena di cariche elettrostatiche, ho persino i capelli ritti in testa. Ora li porto corti e mi hanno detto che sto divinamente, per cui mi stanno davvero ritti come aculei. Ho i brividi lungo la schiena. «Sono certissima che non vorrai sapere, per cui non ti dico nulla» esordisce la disgraziata, battendomi sul tempo. Stavo giusto per dirle che anche se aveva qualcosa da dirmi, avrei preferito fare come gli struzzi. Non le rispondo e sorseggio il caffè, come se quella conversazione non fosse avvenuta. Ma una sua unghia laccata di rosso batte sonoramente sul mio tavolo di legno di noce e anche se volessi essere eterea e svanire come un fantasma, purtroppo non posso farlo. Dato che Sara ha la lingua come un cane sciolto, come io avevo un tempo, ma poi ho debellato quel brutto difetto passandolo a lei, che è sempre stata una rompipalle, sono più che certa che quel che le ha detto James di così sensazionale, prima o poi me lo spiattellerà e avrà l’effetto di una bomba nucleare sul mio povero cuore. Alzo perciò lo sguardo contrito e incazzato, funereo, sperando che non ci vada giù troppo pesante, ma tanto so che con lei non varrebbe nemmeno se le puntassi una pistola alla tempia. Non mantiene un segreto, è peggio di un uccello del malaugurio. Socchiude gli occhi pensierosa. «Io ti voglio un sacco di bene, Angie, tu sei la mia migliore amica, no… Anzi, che dico? Per me sei come la sorella che non ho mai avuto». «Tu una sorella ce l’hai, però» ribatto con logica annacquata. «Ah, ma Sabrina non conta, non abbiamo nulla in comune, le voglio bene, sì, per carità, ma con chi mi confido se non solo con te?». «Vai al sodo, Sara, e… Sì, anche io ti voglio bene e indorarmi la pillola non è nelle tue corde perché t’incarti sempre» rimarco. Sorride. Allunga una mano e l’appoggia sopra la mia. È calda e confortevole. La stringo. È una cosa seria, quando ci sono io di mezzo c’è sempre qualcosa di serio che mi riguarda. Non sono più la giullare di corte. Si passa una mano tra i lunghi capelli ricci e poi punta di nuovo lo sguardo contrito su di me. «James sta girando un nuovo film, un thriller pieno di azione, morte e tutto quel che ne concerne». La blocco.


«Ehi, a me non interessa un cavolo, mi spiego?». Sara alza una mano per farmi capire che sì, lei lo sa, era solo per introdurre quel che dovrebbe dirmi. Se parte dalle calende greche domani siamo ancora qui a parlarne. «Si dà il caso che lo stia girando a Miami». Le mie orecchie si tendono come quelle di un asino. «Si dà anche il caso che tra i vari set di film, quello degli streap-men si trovi poco distante da quello dove gira James». Le mie orecchie sono ora come quelle di Dumbo. Non la interrompo, ma lei continua a deglutire e non è buon segno. «Così, una sera la troupe di James va a sbevazzare in un pub, un VIP pub come li chiami tu, e…». Ma il cellulare di Sara trova il momento più intelligente per squillare di nuovo. La mia amica rotea gli occhi in alto, osserva il display e mi fa cenno che quella telefonata deve assolutamente prenderla, poi con un altro mi promette che tornerà tra pochi minuti, lasciandomi macerare nell’incertezza. Ora che sto scrivendo il terzo romanzo delle avventure di Angie Moll, non ho la benché minima intenzione di vertere su un horror, e dare alla protagonista l’onore di trucidare tutti come in Shining. Desidero un romanzo romantico, meno tragicomico, più chick-lit e possibilmente meno autobiografico Ogni volta lo prometto, ma alla fine adoro lavare i panni privati in pubblico. Sono un caso clinico. Cerco sempre di lavorare di fantasia, ma la fantasia è meno fantasiosa della mia realtà, lei stessa m’invidia. Nel frattempo, odo le parole di Sara, credo che abbia problemi con un autore che rappresenta. Gli scrittori, brutta razza. Arrabbiarsi non le farà bene, se la notizia per me è da codice rosso. Respiro a fondo, vorrei intonare un mantra, ma non ne conosco nessuno che possa calmarmi il più velocemente possibile, però una camomilla potrebbe aiutarmi. Se impiego il tempo senza pensare a nulla, allora riuscirò a sopravvivere quello necessario perché Sara ritorni. Dopo mezz’ora ormai scalpito come un cavallo da corsa. Sono in fibrillazione perché la camomilla mi ha innervosito, se prendevo un ennesimo caffè mi sarei calmata di più. Sara si getta sulla sedia, stremata. Chiude gli occhi e poi sbraita di autori incompetenti e chi per loro. Lascio che si sfoghi, la comprendo. «Dicevi?» la interrompo nel bel mezzo di uno sproloquio in solitaria. Si blocca come se si accorgesse di me solo in quel preciso istante. Le sorrido e poi ritorna con la faccia più rabbuiata di prima. Povera me. «Ah, sì. Dunque. James si trovava in questo locale, quando a un certo punto si accorge che c’è Alex». Il mio cuore perde un battito. James e Alex, da grandi amici a rivali per colpa mia. In teoria, James si è comportato male con Alex perché ha fatto di tutto per dividerci sapendo che Alex provava qualcosa per me e io per lui. Si è messo in mezzo, pur essendo fidanzato con Anne e in procinto di sposarla. Ricordo perfettamente le parole di due anni prima, l’ultima volta che lo vidi: non è finita tra noi. Ho sfatato quella credenza. Lui si è sposato e sta per diventare padre. Angie e James non sono più né una equazione matematica, né esistono elastici che ci legano. Solo che adesso sembra che stia arrivando un tornado di notevoli dimensioni pronto a devastare per sempre la mia serenità. E, guarda caso, James ne sembra l’artefice, ma non poteva farsi i cazzi suoi?


«Angie? Terra chiama Angie, mi ascolti?». Annuisco con la testa, così prosegue concentrata. «Alex però non lo nota, perché si trova in un posto appartato del locale. James vuole salutarlo, così invece di ritornare sul set e andarsene a dormire, decide di rinnovare l’amicizia di un tempo». Strabuzzo gli occhi, sta parlando di James? «Sì, sì, proprio così. Almeno è ciò che James dice, eh? Quindi diciamo che dovremmo prenderlo con le pinze, magari si sono mandati affanculo, chi lo sa». «Probabile» replico. «Ma è qui che la situazione diventa difficile per James». «Oh, e perché, di grazia?» chiedo reprimendo un attacco d’ansia. «Perché Alex non è da solo in quel pub dei VIP, ma con…». Non voglio sentire altro. Mi alzo repentina, sono inviperita, incavolata nera, un demone pronto a incenerire chiunque. No. James, voglio davvero uccidere James. Bene, il mio prossimo romanzo sarà un horror. Rubo il cellulare di Sara, che non riesce ancora a capire cosa stia accadendo, perché ha a che fare con una folle in preda a una crisi isterica. Cerco tra le sue chiamate ricevute, la penultima. Sara non ha il numero di James, per cui vado per logica. Ma la sorpresa mi lascia esterrefatta. Sara ha il numero di James, perché lo leggo nella rubrica. «Dopo te la vedrai con me, prima lui, però» sbraito furibonda, come posseduta. Sara, contrita, cerca di frenarmi dicendomi qualcosa che sono certa sia importante, ma non le do retta. Si getta su di me placcandomi come un rugbista, ma sono più allenata. Sguscio come un’anguilla e guadagno la porta di camera mia entrando e chiudendomi dentro a chiave. Batte con foga alla porta urlandomi di non fare la telefonata. Il cellulare squilla, ho il cuore che va a mille, perché sono due anni che non sento la voce di James, quindi spero di non cadere nei panni da prefica o peggio ancora in quelli di Angelica Hood, che ho lasciato più di due anni prima. Me la stanno facendo alle mie spalle, la qual cosa mi fa diventare verde come Hulk. Odio Vico e i suoi corsi e ricorsi. «Sara? Cosa c’è?» attacca senza nemmeno salutare. Per un attimo, sono convinta che stia parlando con me, per cui mi arrabbio per il suo mancato saluto. Per un istante, il cuore manca un battito perché mi rendo conto che la sua voce, melodiosa e dall’accento tipicamente scottish, mi è terribilmente mancata. Per un secondo, ho lo struggente desiderio di ritornare indietro nel tempo. Ma è tutto per un istante che se ne va all’istante. «Cosa c’è? Te lo dico io cosa c’è, testa di cazzo. Vorrei sentirlo da te, James, dimmi… Quale nefandezza hai scoperto su Alex, adesso? E non mentire perché sai bene che capisco quando lo fai» replico con voce astiosa, volgare quanto basta per mandarlo in bestia. È il momento della verità, Mckinney, avrai il coraggio di distruggere ancora la mia vita?


3. James Per quanto sia diventato una celebrità, mi rendo conto che non ho sempre voglia di gozzovigliare dopo le riprese. Un film pieno di adrenalina, come quello che sto girando, mi esaurisce talmente, che alle dieci me ne vado a letto sfinito e dormo come un sasso quelle sette ore di fila, per poi riprendere la solita routine il giorno dopo. È un film duro, il regista uno schiavista impossibile. Però è un genio, per cui gli concedo di trattarmi male senza recriminazioni. Non chiedo mai controfigure, anche se ci sono scene piuttosto difficili e pericolose, come inseguimenti in macchina, sparatorie e salti da altezze elevate. Non sono l’uomo ragno, ma me la cavo abbastanza bene, a parte alcune botte e contusioni che hanno richiesto l’intervento del dottore. Ci sono abituato, mi era anche successo durante le riprese di Moonlight in Paris, durante un corpo a corpo con Alex. Alex. Da tempo non ci vediamo. Plausibile, dato che vive con Angie e sono una coppia molto affiatata. Chissà perché ci penso proprio adesso. Due anni sono trascorsi senza vederla, né sentirla e ammetto che il tempo ha ricucito le ferite. Credevo che il matrimonio con Anne fosse come vivere in una gabbia e invece, con molta pazienza, siamo riusciti a instaurare un feeling che ci ha portato pian piano a voler costruire una nostra famiglia. Diventare padre mi farà dimenticare ogni dolore vissuto precedentemente. Ho cancellato il passato e sto ricominciando daccapo. Angie non fa più parte dei miei pensieri. Ogni tanto la sogno, ma non mi scopro arrapato come ai primi tempi, quando non accettavo di averla perduta per colpa mia. Il primo amore non si scorda mai, non voglio dimenticarla. Solo che non è più tempo per noi. Il mio cuore non freme più per lei. «Ehi, James, stai sulla luna? Immagino che diventare padre ti dia un bel po’ di grattacapi, eh?» salta su Daniel, interrompendo i miei pensieri. Lui è la mia nemesi nel film, il cattivo che ammazza solo per piacere. In realtà, è un bel ragazzo, anche se poco sveglio. Non fa che prendermi in giro, ma non lo assecondo, perché non m’interessano le sue opinioni. Sorrido senza rispondere, prendo il bicchiere con la vodka e mentre lo alzo verso di lui per un brindisi al nostro film, mi blocco. Lo sguardo rivolto a un tavolo separato da una parete, che divide in due il locale, ma dal quale è distinguibile quella schiena che sussulta, come pure la sua risata. «Che diavolo ci fa qui, Alex?» domando a voce alta, tanto che Daniel, incuriosito, si gira. «Ah, Lynch, sì, sta girando un film su degli uomini che ballano lo streap-tease, fortunato lui che se la spassa» aggiunge, ridacchiando come un cretino. Sono basito. Avevo sentito parlare di quel film, piuttosto scabroso e senza una trama che invogli una persona intelligente a guardarlo, se non qualche donna a sbavare, per il quale nomi altisonanti del jet set Hollywoodiano gareggiavano a prendervi parte, ma mai immaginavo che ci fosse anche Alex. Beh, un bellone come lui non poteva rinunciare. M’irrigidisco. Se ci fossi stato io, Angie me lo avrebbe fatto rimpiangere a vita. Deve amarlo molto, se lo lascia libero di decidere autonomamente. Un punto per Angie, anche se non sono del tutto certo che lasciare Alex libero a quel modo sia intelligente. Con la coda dell’occhio lo scruto. Non riesco a vedere con chi sta parlando così disinvoltamente, ma sembra che abbia bevuto. Alticcio è la parola giusta.


«Ma non sta insieme con la tua ex, la scrittrice?» ribadisce Daniel. Grugnisco un sì e lo ignoro, come se non m’importasse, però quel tavolo mi attrae parecchio. È anche tardi, ma sono incollato alla sedia. Reprimo il disgusto al pensiero che Alex stia facendo ciò che non dovrebbe. Quella era la sua vita prima di conoscere Angie, che non merita più alcun dolore. Vorrei andar lì e affrontarlo, ma lei non mi riguarda più. Meglio lasciar perdere. «Uhm, James, è tardi e domani si presenta una giornata movimentata» continua Daniel osservando l’orologio. Annuisco, ma prima di uscire mi volto per vedere con chi si sta intrattenendo Alex e la sorpresa mi mozza il fiato. «Lingua lunga Joyce» farfuglio accigliato. «Che?» domanda Daniel, poi sbircia e ride con quella fastidiosa voce in farsetto. Sembra un mosca. «Aspetta, ma come mai sta da solo con lingua lunga Joyce? È una mantide quella…». «Appunto, va’ pure, ci vediamo domani sul set». Daniel annuisce, senza chiedermi delucidazioni. Sarà anche stupido, ma è discreto. Con una pacca sulla mia spalla, si congeda. Mentre mi avvicino ad Alex, non sapendo nemmeno che diavolo gli dirò, penso a Angie e mi si spacca il cuore.

4. James Mi sto avviando verso il suo tavolo quando sono testimone di un incontro corpo a corpo che lascia poco adito all’immaginazione. Lingua lunga Joyce si alza, vestita da puttana, perché in effetti lo è oltre che un’attrice mediocre, si sporge oltre il tavolo che li divide, lo prende per la collottola della camicia, gli stampa un bacio sulla bocca e ci affonda anche la lingua, non per niente la chiamano l’aspirapolvere. Mi sembra di sentire pure il risucchio. Non è quello che fa lei che mi sgomenta, ma la reazione di Alex. La lascia fare. E sembra pure divertito, come se se lo fosse aspettato e gli piacesse. Chiudo le mani a pugno e vorrei colpirlo con tutta la forza che possiedo. Provo contrastanti emozioni, tra le quali l’ultimo avvertimento a Angie. Alex è abituato ad avere il mondo ai suoi piedi. Pur essendo un bravissimo ragazzo, non ama la routine, né qualcosa di duraturo, ma è sempre di corsa, frenetico, poco amante delle abitudini. Mettigli le catene e cercherà di far di tutto pur di sciogliersi e di navigare in acque agitate, con mare grosso e tempeste in arrivo. Joyce ha tette grosse. La tempesta sta arrivando, eccome. Un tornado di notevoli dimensioni che travolgerà per l’ennesima volta Angie e la farà soffrire forse più della nostra storia. Lui è ciò che non ho mai voluto essere.


L’ho amata troppo e stavo male proprio perché quell’amore mi pareva malsano. Mi suscitava paura amarla così. Ho imparato ad amare anche Anne, ma in modo più tranquillo, meno possessivo ed egoistico. Sto bene con lei, tutto fila liscio senza particolari scossoni. Come può Alex far soffrire Angie ancora, dopo quel che lei ha passato a causa mia? Scoprirà il suo tradimento tramite i video e le foto, magari adesso c’è qualche paparazzo appostato dietro a una palma. La vita degli attori è così, o siamo bravi e andiamo a letto presto, facendoci ignorare dai giornalisti di gossip, oppure sguazziamo nella merda e diventiamo cattivi ragazzi con un bacio o qualche avances con la donna sbagliata. In alcuni casi sono cose innocenti e ci andiamo di mezzo senza colpe, nella maggior parte, però, ce le cerchiamo. M’imbestialisce vedere Alex in atteggiamenti equivocabili in un locale che attira paparazzi a frotte. Se l’è cercata? Lo fisso intensamente, sperando mi veda. No. È troppo indaffarato, ora la lingua ce l’ha messa lui e anche qualche palpatina. Se non fossero così appartati, farebbero disgustare chiunque. Mi volto deglutendo bile e corro fuori dal locale mentre mi manca l’aria e i polmoni bruciano.

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