Manuale pratico di scrittura creativa

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Manuale (pratico) di

SCRITTURA CREATIVA Manuale di Scrittura Creativa Sommario

PREMESSA · LO SCHEMA DELLA NARRAZIONE La storia I Personaggi Le Azioni Gli Ambienti · DENOTAZIONE E CONNOTAZIONE · IL PUNTO DI VISTA · Il punto di vista narrativo (i tipi di narratore) · UN’ANALISI: HEMINGWAY · Il punto di vista ottico · Il punto di vista psicologico · I VERBI · LA VISIVITA' DELLA NARRAZIONE · L'inquadratura filmica · Il campo di ripresa · Il montaggio esterno · Montaggio narrativo · Montaggio analogico · Il montaggio ritmico · Il montaggio interno · RITMO · LE MODALITA' NARRATIVE Dialogo Riflessione Descrizione Narrazione


· LA DURATA Scena Ellissi Riassunto. Pausa. · I REGISTRI NARRATIVI · ESERCITAZIONE · COSTRUIRE UN GIALLO · QUALI SONO GLI ELEMENTI DA ORGANIZZARE? Il delitto L'Indagine La Soluzione · COME ORGANIZZARE GLI ELEMENTI? · LA COSTRUZIONE DEL SIGNIFICATO PREMESSA Una domanda ha accompagnato fin dall'inizio i corsi di Scrittura Creativa: Ma è davvero possibile insegnare a scrivere? È davvero possibile fornire regole che possano fare di un aspirante scrittore un vero scrittore? Dietro una domanda come questa si sono sempre celati e ancora si celano sospetti di ciarlataneria intellettuale, con la sotterranea tentazione di paragonare gli insegnanti di scrittura creativa ai venditori di elisir di lunga vita o simili. Sgombriamo dunque il campo dai sospetti, immediatamente, e diciamo subito che no, non si può insegnare ad essere scrittori; se davvero esistessero formule universali in grado di formare un romanziere o un novelliere il mondo sarebbe pieno di grandi Autori e di indimenticabili capolavori, con il risultato che né gli Autori né i capolavori esisterebbero più, per una sorta di "effetto livellamento". Niente illusioni quindi: per diventare scrittori la ricetta è una sola: avere delle cose da dire e sapere come dirle. E proprio quest'ultimo aspetto (saper dire le cose) giustifica i corsi di scrittura creativa, i quali si propongono di affrontare gli aspetti della narratività, evidenziando i problemi di espressione e comunicazione e proponendo una gamma di soluzioni non oggettive e assolute, bensì rapportate al caso specifico e quindi, in ultima analisi, modellate sul singolo scrittore (ognuno ha cose diverse da dire e sente di volerle dire a modo suo). In tal modo è possibile correlare ogni soluzione ad un effetto narrativo, fornendo al corsista degli strumenti comunicativi che poi lui utilizzerà a proprio piacimento, in base a quelle che sono le sue finalità. Un testo narrativo è una forma di comunicazione molto raffinata nella quale nulla è affidato al caso, ogni scelta è significativa e richiede la massima consapevolezza da parte dello scrittore, affinché il


ricevente (il lettore) possa essere preso per mano e accompagnato a capire esattamente quel che c'è da capire, quel che lo scrittore vuole che si capisca. Esistono notevoli differenze tra un discorso ordinario e un discorso con finalità artistiche: se io racconto al mio amico come ho passato la domenica, generalmente non voglio dire niente più di quanto realmente dico: informo il mio amico su quelle che sono state le mie azioni, i miei movimenti ("Mi sono alzato tardi, ho pranzato con i suoceri e sono andato al cinema, la solita barba..."); se invece a raccontarci i fatti di una domenica è Gabriel Garcia Marquez, e lo fa dalle pagine di libro, allora possiamo essere certi che dietro le parole e i fatti si nasconde un significato aggiunto, sappiamo di trovarci di fronte ad un messaggio artistico, ad una forma di comunicazione più complessa ed articolata, e per questo più ricca. Alla stessa stregua, un conto è dire: "Sai, quando avevo una quarantina d'anni, un giorno mi son trovato a passare per un bosco, e ti confesso che mi ero quasi perduto, non sapevo più da che parte andare", mentre altra cosa è dire: "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita". La comunicazione estetica vive dunque su di una truffa accettata: io scrittore ti parlo di Qualcosa per dirti e farti capire Qualcos'altro, sperando che io sia sufficientemente bravo nel farmi capire e tu lo sia nel capirmi. Il romanziere, il poeta, lo sceneggiatore, riescono a parlarci dei loro sentimenti, delle loro angosce e delle loro idee nascondendole sotto una veste accattivante, camuffandole, dandoci l'impressione di parlare d'altro; nessuno di noi è interessato ai problemi psicologici ed esistenziali di un qualsiasi ebreo americano dai capelli rossi e dagli occhiali troppo grandi, se però costui ne parla in un film avvincente ed ironico allora sì, allora un ebreo qualsiasi diventa Woody Allen e le sue idee e il suo mondo diventano di dominio pubblico. Ogni linguaggio può quindi essere usato al minimo o al massimo delle proprie capacità, sia dal punto di vista del contenuto sia dal punto di vista della forma: la materia dell'espressione è la stessa tanto per le Pagine Gialle quanto per laDivina Commedia: sempre di parole si tratta, ma cambia molto il significato che si vuol dare alle parole stesse. Il presente Manuale si propone di affrontare i problemi pratici della scrittura e, prima ancora, della lettura, dato che un buon scrittore è principalmente un ottimo lettore: chi non sa individuare nell'opera altrui problematiche narrative e relative soluzioni, raffinatezze espressive e significati profondi non saprà mai passare dalla parte di chi scrive a sua volta; chi non percepisce i colori non sarà mai un buon pittore. Ci porremo quindi al di dentro dello scrivere, dribblando il più possibile sia la critica letteraria sia la semiotica e lo strutturalismo, e questo non per snobberia o per presa


di posizione polemica, ma soltanto perché questi tipi di approccio sono stati praticati da altri con maggiore autorevolezza e capacità, mentre nessuno si è ancora messo nella condizione (scomodissima) di chi, seduto di fronte ad un foglio bianco, si domanda: "E adesso cosa scrivo?", o meglio: "Voglio esprimere i miei sentimenti e la mia visione del mondo, come faccio?" Com'è ovvio, la finalità didattica richiederà da parte nostra una perdita di naturalezza nel procedimento creativo; uno scrittore non si porrà mai tutti i problemi che noi affronteremo in questo manuale, così come un buon nuotatore non analizzerà mai tutti i movimenti che gli consentono di muoversi spedito nell'acqua. Tanto per saper nuotare quanto per saper scrivere occorre dapprima raggiungere il massimo di analiticità e quindi di artificiosità, poi occorrerà poco alla volta digerire e dimenticare il tutto, fino a raggiungere una naturalezza consapevole, che comprenda tutto quanto si è imparato. Il buon nuotatore all'inizio avrà dovuto imparare a coordinare braccia e gambe, e il buon scrittore all'inizio dovrà imparare a coordinare i mezzi illimitati che la parola gli mette a disposizione; la pratica, l'esercizio e le capacità individuali faranno il resto, nell'un caso come nell'altro. Un aspetto della narrativa sul quale insisteremo moltissimo sarà la necessità di coinvolgere il lettore; il difetto più frequente nei lavori degli aspiranti scrittori è la cosiddetta "verticalità" della narrazione, quella tendenza all'introspezione nuda e cruda, non accompagnata da una trama coinvolgente e avvincente; se quel che vogliamo esprimere in un racconto o in un romanzo risulta pesante e non diluito in un tessuto di personaggi e azioni interessanti, riusciremo tutt'al più a farci leggere da coloro che hanno con noi un rapporto personale (parenti e amici), ma poco di più. Supponiamo che io voglia scrivere un racconto nel quale parlare del mio senso di angoscia davanti al caos della vita moderna, e affronti la cosa in questo modo: Ho sempre provato una strana sensazione di smarrimento davanti a tutto quanto procede troppo in fretta; dev'essere un qualcosa, chiamiamola pure una debolezza che porto con me fin dai tempi dell'infanzia. Rimane sempre difficile capire o ricordare come e quando comincino quegli aspetti profondi del nostro carattere e della nostra personalità che sono destinati ad accompagnarci per tutta la vita. Nel mio caso, e nel fatto specifico, questo strano senso di smarrimento di fronte a tutto quanto procede troppo in fretta si può forse far risalire a quella prima volta che i miei genitori mi portarono al Luna Park, nella cittadina di Rodisz, a pochi chilometri dal paese nel quale sono nato e dove allora vivevo con i miei genitori e i miei nonni, tutti insieme in una casa piccola, ma molto dignitosa nella sua modestia. Solo oggi mi rendo conto di quanto tutto ciò fosse bello, e di quanto sarebbe oggi bello tornare ad averlo. Non dimenticherò mai quel giorno di autunno, la mia prima visita ad un Luna Park, il cielo coperto, e ricordo come fosse ieri l'impressione che mi facevano tutte quelle luci e quei rumori, le voci dei bambini e dei ragazzi, i gridolini delle ragazze spaventate ma nello stesso tempo divertite, con quell'espressione tipica dell'adolescenza...

Se immaginiamo un racconto interamente su questa lunghezza d'onda intuiamo che l'effetto sarebbe decisamente poco avvincente, sebbene le cose dette possano essere molto profonde e interessanti; il risultato sarebbe quello di scoraggiare il lettore (o buona parte dei potenziali lettori) dopo tre o quattro pagine, dato che nessuno di noi può pretendere che agli altri interessino i nostri movimenti o problemi interiori, né tanto meno possiamo pretendere che spendano dei soldi per comprare un libro nel quale noi parliamo di noi stessi e dei nostri sentimenti, delle


nostre considerazioni sulla vita e via dicendo. La cosa è diversa se riusciamo a dire le stesse cose "animandole", muovendo personaggi credibili e interessanti, creando una serie di fatti e fatterelli che fanno interagire questi personaggi; in poche parole, dobbiamo parlare non di noi stessi ma di qualcuno che faccia qualcosa d'interessante, un qualcuno che dica o faccia comunque capire al lettore quelle cose che noi vorremmo dire al lettore stesso. Oggi più che mai il lettore, che è abituato ai ritmi della televisione, è generalmente poco motivato alla lettura e comunque ha poco tempo da dedicare alla lettura, deve essere stimolato da continue domande: cosa succederà adesso? perché il tale personaggio si è comportato così? come la prenderà l'altro personaggio? come andrà a finire? Non è un caso che il genere narrativo considerato più avvincente, il Giallo, viva proprio sulla raffica di domande e di risposte che la narrazione stimola nel lettore: alla domanda centrale (chi è il colpevole, che cosa è successo?) si sommano decine di altre domande e di altre risposte a mano a mano che compaiono indizi nuovi, reali o presunti; al comparire di ogni indizio il lettore formula una sua ipotesi sullo svolgimento dei fatti e quindi sull'identità del colpevole, quasi "raccontandosi una storia" ogni volta che il narratore fornisce uno o più elementi nuovi. Nel nostro esempio, invece di riportare pari pari i moti interiori del personaggio potremmo inserire lui e i suoi pensieri in un contesto vivo e reale, in modo tale da rendere più visibile il tutto: Sono preoccupato, stamattina mi è successo di nuovo ed in modo più violento. Ero con Luigi, mi stava accompagnando a casa come spesso fa quando c'incontriamo; mi sentivo perfettamente tranquillo, lo giuro, ed ero tranquillo anche quando abbiamo deciso di attraversare la strada; poi non so, è stata questione di un attimo, il tempo di rendersi conto del traffico, delle macchine, del movimento, della fretta di tutti e dei rumori. Mi sono bloccato in mezzo alla strada, irrigidito, e l'ho afferrato per un braccio, incapace di fare anche un solo passo in più. -Ehi che ti prende?! Ti sembra questo il momento di scherzare?- mi dice Luigi mentre le macchine ci passano davanti e dietro, una dopo l'altra, senza un attimo di sosta. Fermo lì in mezzo alla strada, con Luigi che quasi mi spingeva verso il marciapiede, ho avuto la netta e orribile sensazione di sprofondare d'un colpo indietro di decenni: mi sono rivisto bambino, con i miei genitori al Luna Park di Rodisz, ho percepito come allora un mare di suoni, rumori, corpi in movimento, confusione, e ancora tanta, tanta confusione, e quindi angoscia, ancora angoscia, tanta tanta angoscia.

Indubbiamente in questo caso la narrazione suscita fin dall'inizio un interesse maggiore rispetto a quello suscitato dalla prima versione; qui c'è un'azione in corso, ci sono domande alle quali il lettore cerca risposta: saranno investiti da una macchina? se anche non saranno investiti, Luigi come reagirà alle stranezze dell'amico? perché il nostro protagonista si blocca così, e perché gli succede così spesso? che rapporto c'è con la sua infanzia e il Luna Park? Tutte queste domande troveranno risposta nel corso della narrazione, ma a mano a mano che arrivano queste risposte dovranno sorgere altre domande, anche solo di breve respiro; se ad esempio il protagonista deve assolutamente prendere il treno a mezzogiorno e in quello stesso giorno deve ricevere una telefonata importante (importante anche ai fini della storia), è bene che quella telefonata arrivi quando lui, già leggermente in ritardo, sta uscendo di casa per andare alla stazione (magari il taxi è già sotto casa, e


si sa che i taxi non sempre aspettano i nostri comodi). Una narrazione efficace è un tira e molla di tensioni e distensioni, domande e risposte, dubbi e certezze. A questo punto è bene sgombrare il terreno da un possibile malinteso: dicendo quanto sopra, non si vuole assolutamente affermare che l'unica forma di narrazione valida sia quella fitta di colpi di scena fine a se stessi, ammazzamenti e quant'altro; i Promessi sposi sono ricchissimi di significato eppure sono avvincenti, così come lo sono Cent'anni di solitudine eL'insostenibile leggerezza dell'essere. Si può anche decidere di essere totalmente introspettivi ed ermetici e scrivere per pochi lettori, certo, si può decidere di essere un Beckett, ma oggi è già tanto difficile farsi pubblicare e conoscere, figuriamoci se ci mettiamo anche a parlar difficile. E poi, tornando a Beckett, è sì un autore difficile e che poco concede all'intrattenimento, ma è anche vero che al grande pubblico lui è noto soprattutto come l'autore di Aspettando Godot, forse la sua opera più accattivante, nella quale una domanda c'è eccome, fin dall'inizio: arriverà o non arriverà 'sto benedetto Godot? LO SCHEMA DELLA NARRAZIONE Proviamo ora a delineare uno schema generale della narratività, prendendolo in prestito dalla semiotica. Diremo che gli elementi costitutivi di un testo narrativo sono la Storia e il Discorso: la Storia è il Che-Cosa-Si-Racconta, e il Discorso è il Come-Lo-SiRacconta. Gli elementi costitutivi della Storia sono le Azioni, i Personaggi e gli Ambienti, gli elementi caratterizzanti il Discorso sono il lessico, la costruzione delle frasi, il ritmo, il registro, la successione cronologica e tutte le altre scelte individuali che contribuiscono a determinare quello che, solitamente, si definisce come "stile". Io posso raccontare la vita di un industriale ordinatamente, dalla nascita alla morte, oppure il primo capitolo del romanzo potrà vederlo già laureato, il secondo capitolo potrà tornare indietro alla sua infanzia, il terzo potrà farcelo vedere all'apice della fortuna, e così via; potrò parlare della sua vita in tono ironico, drammatico, caricaturale o poetico; potrò usare un linguaggio sobrio e misurato o potrò caricare di enfasi ogni parola; potrò imprimere ai fatti e alle frasi un ritmo rilassato o frenetico. La storia

Abbiamo detto che la storia, all'interno di un "testo" narrativo di qualsiasi genere (romanzo, film, fumetto...) è il Che-Cosa-SiRacconta, è la fetta di realtà (più o meno immaginaria) che ci viene raccontata; per delineare questa fetta di realtà sono necessari dei Personaggi che compiono o subiscono delle Azioni, il tutto collocato in certi Ambienti.


I Personaggi

Possiamo distinguere due tipi di personaggio: il personaggio piatto e il personaggio a tutto tondo: il personaggio piatto incarna un solo carattere, è il Buono, il Furbo, il Crudele; il personaggio a tutto tondo presenta invece più caratteri, può essere contraddittorio, problematico, complesso. Personaggi piatti compaiono in ogni genere narrativo, ma la loro destinazione principale è la narrativa per l'infanzia, nella quale la chiarezza e la schematicità dei contenuti è necessaria per fornire al bambino una visione precisa e netta del mondo: qui finisce il Bene lì comincia il Male, questo personaggio rappresenta tutto il Bene quel personaggio rappresenta tutto il Male. Il personaggio a tutto tondo, invece, è generalmente candidato al ruolo di protagonista: la complessità della sua psicologia lo rende meritevole di sviluppo e facilita l'identificazione da parte del lettore, la sua problematicità si presta a creare situazioni narrative complesse e di significato profondo; in poche parole, mentre in un qualsiasi racconto un personaggio piatto può servire laddove occorre una comparsa che deve poter scomparire senza lasciare grosse curiosità nel lettore, il personaggio a tutto tondo richiederà sempre una risoluzione, e andrà quindi sfruttato in ruoli importanti e duraturi. Se vogliamo ad esempio raccontare la storia di un uomo indeciso se lasciare o no la propria moglie, ci potranno servire due personaggi piatti e due personaggi problematici (a tutto tondo). I personaggi piatti dovranno rappresentare l'uno la spinta a lasciare la moglie, l'altro la spinta a non farlo; il primo potrà essere il classico amico donnaiolo e gaudente, con nessun'altra aspirazione al modo se non quella di seguire i propri impulsi (e spingerà il nostro protagonista a mollare tutto e darsi alla bella vita), il secondo personaggio piatto potrà essere un altro amico o un parente, tutto d'un pezzo dal punto di vista etico e morale (che spingerà il protagonista a starsene calmo, che nella vita le cose che contano non sono una sottana più giovane o una sbornia con gli amici, eccetera eccetera). I personaggi problematici saranno invece, naturalmente il nostro protagonista e sua moglie: lui è sempre stato innamorato della moglie e per nulla al mondo vorrebbe farla soffrire, ma allo stesso tempo dopo dieci anni di matrimonio sente fortissimo il desiderio della libertà, e in fondo prova anche una forte attrazione per la collega d'ufficio (che potrà essere un personaggio piatto o a tutto tondo, a seconda di quali saranno le nostre finalità narrative); la moglie, da parte sua, è una donna talvolta asfissiante (tale quindi da giustificare in qualche caso il desiderio di libertà del marito), ma è anche sinceramente innamorata e sarebbe disposta a rinunciare a


qualche aspetto del proprio carattere pur di salvare il matrimonio; ciò non toglie, tuttavia, che di fronte al desiderio di divorzio del marito lei provi anche un sentimento di orgoglio ferito, che in certi momenti la spinge a volersene andare lei stessa, prima che a farlo sia suo marito. Su un canovaccio come questo, seppure di una banalità disarmante, si può costruire un racconto di tre pagine o un romanzo di quattrocento, tutto dipende da come gestiamo l'incrociarsi delle psicologie e l'alternarsi di nuovi personaggi piatti o a tutto tondo che potremo, di volta in volta, mettere in campo. Potremmo ad esempio decidere di innestare su questa vicenda principale quella tra il protagonista e la collega d'ufficio, facendo della collega un personaggio a sua volta problematico (non lo fa mica apposta, lei, a far innamorare i mariti delle altre; anzi, lei se ne dispiace, ma forse le fa anche un po' piacere, o addirittura queste situazioni più o meno consapevolmente le provoca, se le va cercando; come è successo ad esempio proprio con lui, il nostro protagonista). E così via. Se invece vogliamo scrivere qualcosa di più contenuto e stringato, la collega d'ufficio potrebbe essere la classica oca procace e giuliva che fa perdere la testa ai mariti altrui, e quindi eserciterebbe soltanto la funzione di "spinta al divorzio", alla stessa stregua dell'amico gaudente del nostro protagonista. Sempre a proposito di personaggi, sarà possibile delinearli in diversi modi: potrà essere il narratore a definirli esplicitamente ("Andrea era un ubriacone, il classico perdigiorno..."), o il loro carattere e la loro fisionomia psicologica potranno emergere spontaneamente dalla narrazione, che riportandone aspetto esteriore, azioni e dialoghi li definirà poco alla volta. Ovviamente, in questo secondo caso entrerà maggiormente in gioco l'abilità del narratore, che dovrà essere il più originale e preciso possibile, barcamenandosi tra stereotipi culturali e sensibilità personale; se, ad esempio, si vuole caratterizzare un personaggio come nevrotico e lo si fa vedere pieno di tic nervosi, si riesce certamente a farsi capire dal lettore, ma in modo decisamente scontato e banale; il bello (e il difficile) è scovare nella propria esperienza diretta o indiretta del mondo un gesto, un modo di comportarsi, di parlare, un qualcosa insomma che illumini il personaggio e ce lo faccia leggere ed interpretare come nevrotico; ma in modo spontaneo e originale, come se fossimo stati noi lettori a scoprirlo così. Va da sé che l'utilizzo degli stereotipi può in certi casi risultare utile. Se ad esempio abbiamo necessità d'introdurre un personaggio secondario che abbia come tratti caratteristici l'essere permaloso, di temperamento focoso, tradizionalista e orgoglioso, il problema si può risolvere chiamando in scena il classico siciliano; siamo tutti d'accordo sul fatto che non tutti i siciliani sono così, ma


lo stereotipo dominante da tutti accettato ce li dipinge ancora in questo modo, ragion per cui appena vediamo entrare in scena un siciliano ci aspettiamo che sia permaloso, orgoglioso, tradizionalista e focoso, e se questi sono gli ingredienti richiesti al personaggio che ci serve, abbiamo risolto il problema.

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