Pensavo fosse dieta invece era dukan

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Pensavo fosse dieta invece era Dukan

Di

Virginia Scarfili

Titolo: Pensavo fosse dieta invece era Dukan Autrice: Virginia Scarfili Scritto da: Virginia Scarfili Edizione 2015 ©

Questo libro è un’opera di finzione. I nomi, i personaggi, le attività, le organizzazioni, i luoghi, gli eventi e gli episodi descritti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice e sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali viventi o defunti, eventi o luoghi è puramente casuale.

In copertina: Foto: Designed by Freepik.com Elaborazione grafica a cura di Fay Camshell


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Prima edizione Edizione Ebook Copyright©

A tutte le donne perché la dieta è fatica e continuiamo a patirla inesorabilmente

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Isabella Magri, Nomen omen, letteralmente il nome è un presagio, il nome è un destino, il destino nel nome, insomma chi più ne ha più ne metta ma, nonostante il bel cognome, non è il mio caso! Ventotto anni, un viso grazioso (così dicono), altezza media, circa un metro e sessantasette centimetri per un peso pari a sessantasei chili e una taglia che oscilla tra la quarantaquattro e la quarantasei. Diciamola tutta: non sono mai stata veramente grassa, il problema è che non sono stata mai nemmeno magra. Quei brutti, orridi, inestetici chili in più mi fanno veramente infuriare! Ma sarà meglio andare avanti per gradi, partendo dall’inizio, dagli esordi. Svolgo un lavoro che gli altri reputano molto bello, ad essere sincera anch’io all’inizio, peccato che sono sottopagata e faccio orari che nemmeno le formiche operaie si permettono. Sono una giornalista e lavoro per un giornale della mia città. Ho cominciato facendo fotocopie e caffè, per poi passare a fare la correttrice di bozze degli articoli che gli altri giornalisti scrivevano, il mio capo si è accorto che sono brava a scrivere e mi ha promossa ad un livello più alto: da correttrice di bozze a redattrice della sezione articoli rosa; una noia tremenda, dover rispondere alle domande delle lettrici con problemi di cuore. All’inizio è stato pure divertente leggere tutte quelle lettere di donne disperate perché tradite da esseri subumani e poter rispondere di mandarli al diavolo; pensare che alcune mi riscrivevano pure per ringraziarmi dei vari consigli! Dopo un po’, però, ho cominciato ad annoiarmi a far quello, insomma io sono una persona dinamica, dal punto di vista intellettuale, ho bisogno che la mia mente sia in continuo movimento, che possa spaziare da un argomento all’altro. Dal punto di vista fisico le cose, però, cambiano parecchio. Potrei definirmi un bradipo in letargo, se non fosse che mi sforzo di essere non atletica, che per me è un parolone, ma quantomeno in movimento, infatti vado a lavorare in bicicletta quando le tratte lo permettono, ma solo perché altrimenti i miei sessantasei chili potrebbero diventare tranquillamente centosessantasei nel giro di pochi mesi. Assimilo pure l’acqua, eppure pare che bere due litri di acqua al giorno sia benefico e salutare, non so, io sono un disastro, il mio metabolismo è fermo ormai alla vecchia lira e, probabilmente, è morto insieme a lei, poi, ogni tanto si fa rivedere, come quando ti


ritrovi mille lire dentro una vecchia borsa e lui, il metabolismo, riparte per qualche attimo, come i ricordi che ti legano al vecchio conio. Per farla breve, dopo vari passaggi tra una redazione e l’altra, sono arrivata a fare la critica culinaria! Io! Io che ho sempre avuto questo cruccio dei sette-otto chili di troppo ecco che il mio capo mi chiama in riunione e mi dice che devo passare in rassegna tutti i ristoranti della città perché vuole aprire una nuova sezione dedicata a questi e ha bisogno di qualcuno che li giudichi da tutti i punti di vista. Un po’ come si fa per gli alberghi, cosa che avrei preferito mille volte, insomma lì sei riverita e servita, ti fanno provare le spa se le hanno, massaggi gratis e tutto ciò che è vacanza lì a portata di mano per te. Ma i ristoranti? Ne vogliamo parlare? Spazierò dalla pulizia delle cucine alla buona creanza dei camerieri e dei loro gestori per poi passare alla malvagità pura: l’assaggio delle pietanze! Non si è trattato di una proposta fatta dal mio capo ma di un’imposizione. Ho detto e ripetuto più volte che non sono la persona più adatta a criticare i ristoranti ma lui ha insistito dicendo che chi non ama la cucina non è degno di vivere. Dentro di me ridevo, ma cosa crede che io non ami il cibo? Se potessi trascorrerei le mie serate insieme agli amici a mangiar prelibatezze di tutti i tipi, e per prelibatezze non intendo mica piatti raffinati come ostriche, sushi e caviale ma pietanze serie, vere, come primi e secondi succulenti e dolci da farci le gare a chi li fa più buoni con doppio bis per chi vince. E certo lui mica lo sa, lui non sa la fatica, il sacrificio di rinunciare giornalmente al cibo vero perché il problema non è tanto dimagrire, magari si riuscisse, ma non ingrassare! Per circa tre settimane di qualche mese fa con i miei amici più cari avevamo stabilito due volte a settimana di vederci per cena e film e da lì ha avuto inizio la mia china. Ingrasso solo pensando di mangiare, immaginate quando mangio davvero cosa accade! Esatto, accade quello. Il mio corpo si allarga in maniera vergognosa. Tutto comincia dalla pancia, eccola lì pronta non a gonfiarsi ma a espandersi lateralmente, facendo in modo che la forma diventi subito una sorta di spugna quadrata assomigliando terribilmente al cartone Spongebob. Poi si passa alle braccia, che io definisco da camionista, quelle sono veramente brutte. Lo shock più grande accade sempre durante i mesi estivi, quando per esigenze dovute al caldo indosso maglie senza maniche e, in macchina,


seduta davanti, sul posto del passeggero, col finestrino abbassato, riesco a vedere quella cosa. La posizione è questa: gomito appoggiato al finestrino (sì dai, come i camionisti) e lo specchietto, tremendamente cattivo, mi rimanda l’immagine della parte interna del braccio subito dopo l’ascella, quella parte che, se ingrassi appena, comincia ad abbassarsi provocando una sorta di forma di deretano cadente. Ecco, le mie braccia viste da sotto sembrano una piccola versione di culo traballante! Pare che io abbia la famosa forma a mela, si, io ingrasso bene: dappertutto! Non posso certo lamentarmi, quando mi allargo lo faccio per bene senza tralasciare alcuna parte di me. E così le mie giornate trascorrono piuttosto tristi cercando e provando a stare a dieta e odiando le persone che dimagriscono senza fare sforzi. Quelli che proprio non sopporto sono gli individui secchi da stress: loro mangiano ma dimagriscono perché lo stress gli mangia il corpo come una sorta di verme tenia, quello che avevo da bambina e mi hanno deliberatamente sottratto: l’appendice! Da bambina ero magrissima. Fino all’età di tre anni ero paffuta con le guance rosse, a quattro anni tutto ha cominciato a cambiare: odiavo il cibo! Ricordo con angoscia i pranzi quando c’era da mangiare la fettina. Mio padre stava lì ad osservare che finissi tutti i bocconi poi regolarmente masticati e sputati, io, in una valle di lacrime, col piatto incriminato innanzi con al suo interno forme deteriorate fino allo sfinimento e le parole di mio padre che mi risuonano ancora in testa: “Se non mangi muori!”. Sono andata avanti così fino ai sei anni quando, durante un controllo, si è scoperto che la mia appendice era infiammata e andava rimossa. Il mio verme tenia, quello che divorava il cibo al posto mio distrutto con un taglio. Dagli otto anni in poi non sono mai più stata magra a livelli patologici, come diceva mia madre! La prima vera dieta l’ho affrontata a quindici anni quando mio padre, un giorno a pranzo, mi dice che ha preso appuntamento con un endocrinologo per me perché lui non vuole una figlia grassa! Ma non era lui che da bambina mi diceva “Se non mangi muori?”.


Non oso nemmeno immaginare la mia espressione del viso di allora dopo aver sentito quelle parole. Malgrado ciò sono andata con mia madre da questo medico facendo tutti gli esami di routine ed una visita mirata con tanto di pesata di cui però non ricordo il peso esatto. Dovevo però perdere circa sei chili per rientrare in un peso forma da quindicenne e non rischiare di continuare ad ingrassare. La dieta era seguita da massaggi, che forse, lo ricordo ancora, sono stati la parte più gradevole del tutto. In quel periodo avrò perso circa quattro chili poi, un po’ tutti in famiglia, si sono stufati di me e anche mia madre che si era veramente rotta le scatole di dover pesare a crudo ogni pietanza. E così è finita la mia prima vera seria cura dimagrante. I chili vanno e vengono, un po’ come i soldi, e io, drammaticamente, gli sto dietro.

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Il mio primo servizio come critica culinaria l’ho fatto in incognito, da cliente; se, infatti, i ristoratori sanno con anticipo che arriverà un critico mobilitano il ristorante. Ed eccomi qui, con tanto di fidanzato al seguito che odia le mie fisime in fatto di grasso superfluo (ma quale maschio non le odia?), a provare questo rinomato locale: Le delizie. Ho dovuto prenotare una settimana prima perché sempre pieno. Al nostro ingresso un bel cameriere galante ci accompagna al tavolo, a mio parere, un po’ troppo vicino, diciamo quasi attaccato, al tavolo accanto, tanto che siamo indotti, da semplice educazione, a salutare i nostri vicinissimi commensali. Mi hanno istruita che la critica parte già dall’ingresso se il ristorante va recensito in toto e quindi sto molto attenta anche al menu che, purtroppo per loro, trovo faticoso da gestire: è lungo, stretto e ripiegato su se stesso. Dopo lunga lettura ordiniamo due primi caratteristici del locale e, a dir loro, specialità dello chef, due secondi diversi perché io devo avere le scelte. Preferisco la carne, non amo il pesce e, già, solo per questo, non dovrei fare il lavoro che sto svolgendo!


Durante l’attesa parlo del più e del meno con Itclif. Sì, non è un errore, è scritto proprio così, e anche a me è venuto un colpo quando ci siamo conosciuti e lui si è presentato così, scandendo lettera per lettera come si fa con gli stranieri. La madre pare fosse fissata con Cime tempestose e all’anagrafe non si sono chiesti come fosse scritto quindi lui è dalla nascita Itclif. Ma come si può, dico io, dare un nome del genere ad un neonato in più scritto in maniera sbagliata o, forse peggio, italianizzandolo, che è una cosa veramente tremenda. È come se io fossi americana e scegliessi un nome italiano per mio figlio americanizzandolo tipo Giovanni che diventa Jovan! Mah! Meglio lasciar perdere, ho già sprecato troppi pensieri su questa cosa. Anche Itclif lavora al giornale, ci siamo conosciuti durante una cena di lavoro. Lui si occupa della grafica e quindi trascorre le sue ore lavorative su di una sedia al computer. Lavoriamo in redazioni differenti e capita che nemmeno ci si incontri. Mi racconta di una riunione del mattino col capo, di lamentele relative al fatto che chi comanda non sa proprio gestire l’azienda, partendo dal presupposto che il capo non ha ancora capito che genere di lavoro faccia il grafico. A questo punto inizio io a lamentarmi del lavoro che mi ha dato da fare e iniziamo a litigare su chi ha più compiti sgradevoli fra di noi. Ogni volta che parliamo di lavoro finiamo col discutere e io odio attaccar briga per cose futili come queste. Itclif ha un carattere piuttosto strano; quando ci siamo conosciuti l’ho trovato di una simpatia estrema. Alla famosa cena di lavoro, seduti uno di fronte all’altra, dopo lo shock subito dal suo nome, abbiamo chiacchierato raccontandoci un po’ di noi. Mi ha fatta ridere per tutta la cena e da lì è nata la nostra storia che va avanti da circa sette mesi. Non tutte le risate sono però fiori che sbocciano. Col passare del tempo ho cominciato a notare più i difetti che i pregi, in primo luogo la gelosia! Mi fa mille telefonate al giorno e mi inonda di messaggini per sapere cosa faccio e dove sono. Questo nuovo incarico, poi, non lo fa più vivere. E se qualcuno si accorgesse di me mentre mangio in un ristorante rinomato? Se si avvicinasse provando ad offrirmi un drink e far conversazione? In redazione, poi, vuol sempre sapere a chi sono affiancata, ma qui non ha certo da temere. La mia scrivania si trova accanto a quella di Margherita, collega ultra sessantenne, antipatica e viscida come una lumaca stanca. Zitella e, a mio avviso, pene privo, ecco perché ogni volta che


Itclif passa a farmi un saluto comincia a sbattere le mini ciglia che si ritrova facendo la vezzosa, a sessant’anni suonati! Ovviamente Itclif la trova simpatica e compagnona, i maschi sono veramente incapaci di intendere! Ecco che finalmente arrivano le portate della mia prima cena da critica. Mi ritrovo davanti un piatto di tagliatelle al sugo verde, specialità dello chef. La prima cosa che mi viene in mente sono le calorie e i grassi, tutta robaccia che domattina mi ritroverò attaccata al corpo. Il problema è che non mi godo mai un pranzo o una cena perché i miei pensieri vedono me ingrassare mentre ingurgito certe pietanze! Ok, domani si rimedia. Le tagliatelle hanno uno strano sapore, non capisco se è pesto, pistacchio o menta insieme. Ci sono poi delle scaglie di nocciole o mandorle che rendono il tutto un po’ eccessivo. Itclif lo trova buonissimo, ma lui manda giù qualunque cosa sia commestibile senza ingrassare mai perché ha la sfacciata fortuna di essere magro di natura, e io lo odio solo per questo! Non si tratta proprio di odiopiuttosto ostilità. Sono prevenuta e ultimamente un po’ stanca di lui e quindi mi attacco quasi a tutto quello che dice o fa che non mi va del tutto a genio. Arriva il secondo piatto: carne stufata ai profumi di bosco con contorno di purea di carote e patate al rosmarino, certo che la fantasia non manca proprio allo chef! Peccato per il profumo di bosco che fa assomigliare la carne ad un ibrido di cacciagione al sapore di fragoline e gelsi: orrendo! Itclif lo trova succulento, ma abbiamo già detto tutto! Non riesco a prendere il dessert perché nauseata da questi strani piatti. Chiediamo il conto, che pagherà il giornale visto che si tratta di lavoro, ma soprattutto perché Itclif ha un altro piccolo difettuccio che ho scoperto pian piano frequentandolo: è tirchio! È stato bravo i primi tempi a non farsi accorgere di questa sua piccola imperfezione. La prima volta che mi ha portata a cena fuori ho scoperto che il ristorante era della sorella e, ovviamente, non ha pagato. La seconda volta mi ha portata al cinema e, all’ingresso, ha consegnato un coupon omaggio per due regalatogli da un amico che non avrebbe potuto usufruirne. Durante il film ha tirato fuori un mini pacchetto di patatine che si era portato da casa ma, avendo dimenticato l’acqua, abbiamo


sofferto di arsura per tutta la durata del film perché non ha permesso nemmeno a me di prendere una lattina al bar del cinema perché troppo caro! Oddio, adesso che ci penso non avevo mai calcolato tutte queste cose insieme. Dai però ha anche dei pregi: è bravo nel suo lavoro, è presente, tranne quando si tratta di calcio, infatti è il classico uomo da conversazione di partite. Ma come ho fatto questi mesi a sopportare? Si, ricordo, quando ci sono le partite io e Missi (nomignolo che sta per Melissa), la mia coinquilina nonché carissima amica, andiamo a farci un Mojito da Jackson’s, sotto casa e, sbronze, ridiamo a più non posso parlando male dei nostri pseudo-fidanzati! Mi chiedo cosa scriverò di questo ristorante Le Delizie, non ho trovato nulla di interessante ma io non sono un vero critico, magari le mie papille gustative non sono all’altezza di certi piatti prelibati e rischio di mandare in malora un locale che funziona! Domattina metterò giù qualcosa e poi si vedrà. La serata non è ancora finita, però. Itclif mi porta a casa sua. C’è un altro punto a suo sfavore: il sesso! È noioso e sempre uguale. I preliminari per lui sono pari a zero, la cosa più romantica che sa fare è prendermi per le guance e baciarmi per poi buttarmi sul letto e chiedermi con costanza accelerata: “ ci sei? ci sei?”. Quando tutto è finito decido di ricompormi e andare a casa, ricompormi solo perché non c’è mica bisogno che io mi rivesta, non mi sono mai spogliata. Torno a casa presto visto che sono appena le ventidue e trenta e noi abbiamo già cenato, parlato, litigato e fatto sesso.

Il mio appartamento è a circa cinque minuti a piedi da quello di Itclif. E così faccio: vado a piedi, mica per risparmiare ma per provare a bruciare qualche caloria della mia disgustosa cena. Se ci penso è proprio una gran sfiga: devo ingerire roba che non mi piace perlopiù ingrassante. Che nervi! Arrivo a casa intorno alle ventidue e quaranta. Le luci all’ingresso sono accese e c’è cicaleccio in cucina quindi è lì che mi dirigo. Seduti attorno ad una tavola imbandita ci sono Melissa con Roberto (il suo fidanzato), una coppia che non ho mai visto e un ragazzo (solo) che sta sorridendo.


Vengo tempestivamente presentata da Melissa a questi nuovi amici. Andrea e Alessandra sono amici di Roberto, lui è un suo collega di lavoro e da tempo pare avessero deciso di fare una cena, l’amico solitario è il coinquilino di Andrea, Matteo, presentato come simpaticissimo, ma questo è da vedere, posso dire solo che non è niente male e ha un sorriso veramente disarmante. Mi chiedono di sedermi a bere qualcosa ma so che devo almeno buttar giù degli appunti prima di andare a dormire e altro alcol in corpo mi manderebbe dritta tra le braccia di Morfeo e non posso proprio permettermelo quindi ringrazio, saluto e, mogia, mi avvio verso la mia camera. Mi tolgo solo le scarpe e mi siedo subito a scrivere al mio pc. Ha inizio la mia prima recensione da critica gastronomica.

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La mattina seguente faccio uno sforzo enorme per tirarmi giù dal letto. Alla fine, invece di appunti, ho scritto una recensione bella e buona e, per inviarla al giornale prima possibile, ho fatto le due di notte, non solo per scrivere ma anche perché gli amici di Melissa hanno fatto baldoria più o meno fino a quell’ora. Riesco finalmente ad alzarmi e mettere su la moca poi, triste perché sto per fare cosa poco gradita, mi avvio verso il bagno dove mi aspetta la mia nemica bilancia! So già cosa aspettarmi, lo vedo già appena sveglia, la bilancia, infatti, è uno strumento in più per mortificare il mio ego e appurare le mie supposizioni. Ecco qui, quasi un chilo in più rispetto a ieri e solo perché non ho mangiato il pane, altrimenti il chilo sarebbe stato più che abbondante. Tristissima mi avvio in cucina e preparo il mio caffelatte. Questo è il periodonondieta, la mia testa non è in modalità devi dimagrire, solo quando entra in questo stato riesco effettivamente a mangiar poco e sano, succede raramente ma quando accade vi assicuro che è un vero successone. E sono triste perché non so quando accadrà, purtroppo non è dato sapere. Il dramma inizia adesso: devo vestirmi!


I chili in più mi obbligano ad acquistare abiti comodi del tipo quasi pre-maman, quelli che quando ti senti grassa non ti stringono troppo e fanno in modo che quelle forme in più non si vedano più di tanto. Il mio vestito stile pre-maman, opost-partum (fate un po’ voi), è ovviamente tutto nero, si sa che il nero sfina, e poi ha una forma a campana, dalle spalline in giù diventa sempre più largo e sono costretta a mettere su una cintura perché altrimenti sembrerei veramente incinta. Finalmente sono pronta e mi avvio verso l’ascensore quando Melissa al volo mi dice che ieri “sono stata notata”. Non faccio in tempo a parlarle un secondo di più perché le porte si chiudono automaticamente e resto così… come l’aratro in mezzo alla maggese senza avere modo di capire, di sapere chi? cosa? quando? Per qualche attimo mi balena l’idea di tornare su e chiedere, la curiosità mi uccide, ma poi, guardando l’orologio, mi rendo conto che farei molto più tardi di quanto già nei miei programmi e, rattristata, monto sulla bici e mi avvio verso la redazione. Muoversi in bicicletta è veramente bellissimo, il vento che sfiora il viso mi dà l’impressione di volare e i pensieri diventano più belli. Continuo, infatti, a pensare alla frase di Missi: “sei stata notata”! Immagino non si tratti del fidanzato/compagno della sua amica ma dell’amico dal sorriso splendente. Ieri sera ero abbastanza carina, indossavo il mio abito preferito sembro-magra blu e i capelli erano a posto nonostante il sesso senza preliminari. Sono curiosa di sapere i dettagli e non vedo l’ora di tornare a casa per farmeli raccontare, questa cosa mi ha rallegrato la giornata. Sono molto curiosa di sapere se il capo ha letto la mia recensione, cosa che avrà fatto sicuro perché l’ho mandata direttamente alla sua e-mail personale e lui, di solito, legge subito le recensioni che vuole a breve impaginare. Finalmente arrivo e di corsa mi avvio alla mia postazione per accendere il computer. La prima cosa che faccio è leggere la posta e, difatti, vedo subito la risposta del capo alla mia e-mail e mi pietrifico: “ti voglio subito nel mio ufficio”! Oh Mio Dio! Che sarà mai successo? Margherita, la lumaca in letargo, mi guarda col suo sorrisetto maligno sardonico: lei sa! Mi volto dall’altra parte, senza darle soddisfazione e mi avvio verso l’ufficio del capo.


Le tendine della sua stanza sono abbassate. Brutto segno! Sento lui che urla a qualcuno di uscire. Si apre la porta ed esce Giuditta, la responsabile della cronaca nera, con una faccia da prefica stipendiata peggio degli articoli che scrive. Non mi dice niente ma abbassa lo sguardo e capisco che non è giornata. Terrorizzata entro e non oso sedermi. Lui è seduto sul trono che è la sua sedia dietro la scrivania: “Oh buongiorno, ecco la distruttrice del ristorante più rinomato della città. Ma tu credi davvero che io possa pubblicare quello che hai scritto? Ci ritroviamo una denuncia da farci chiudere il giornale!”. Scritto benissimo eh! Ma vogliamo parlare del contenuto?” Cerca la mia e-mail che ha stampato ed estrae un foglio da sotto dei giornali accumulati. Comincia un elenco delle cose brutte che ho scritto dicendo che questo non è criticare ma infamare. Mi dà così un ultimatum o riscrivo la recensione o mi retrocede alla sezione rosa dei cuori solitari, pare che lì fossi molto brava ad insultare le donne che si facevano maltrattare dai trogloditi, viste le risposte di gratitudine. La mia giornata iniziata bene si sta evolvendo malissimo. Di ritorno alla mia postazione mi siedo e osservo il monitor azzurro del mio computer pensando che non posso riscrivere la recensione perché non farei altro che riscrivere le stesse cose magari abbellendole un po’! Margherita la Stronza vorrebbe sapere di più ma io nemmeno la guardo. Decido di fare una ricerca, cosa che, effettivamente, avrei dovuto far prima di recarmi al ristorante, e vedere le recensioni relative a questo locale. Trovo solo critiche a quattro-cinque stelle, gente entusiasta che sposerebbe lo chef e si porterebbe volentieri a casa il bel cameriere tenebroso, nessun accenno al disgustoso piatto ai frutti di bosco solo meraviglie relative a Le Delizie. Fine dell'estratto Kindle. Ti è piaciuto?

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