Puzzle di cuori (i piloti vol 1)

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LEDRA

Puzzle di cuori Dichiarazione di presa di conoscenza dei marchi registrati. L’autrice riconosce lo stato di registrazione e la proprietà del marchio di fabbrica dei seguenti prodotti menzionati in questo romanzo: Bounty: Mars Cucchiaio d'Argento: John Galsworthy Nutella: Ferrero Mars: Mars

Copertina: Amaryllis Arts

Tutto quanto contenuto in questo libro è opera di fantasia.


Atroce. Era stata una giornata lunga, infinita… proprio atroce. Non sapeva che altro aggettivo trovare per definire il dolore sordo e pulsante che le divorava il cuore. Samantha si passò una mano sul viso, non aveva ancora versato una lacrima e non stava eseguendo nessuno dei consigli che lei elargiva con convinzione alle sue pazienti. Non urlava, non piangeva, non rompeva vasi e non muoveva un muscolo. Non era neppure in grado di dire da quanto tempo fosse lì a fissare il suo bellissimo abito da sposa. Lungo, a sirena, con scollatura a cuore, tempestato di perline e brillantini. Aveva deciso il modello dopo essersi innamorata di uno simile guardando la trasmissione Cercasi abito da sposa. Il cellulare suonò. Un’altra volta. La suoneria di Pocahontas l’avvertì che era di nuovo Rossella. Non voleva risponderle, non voleva parlare con nessuno. Si mise a letto vestita, si tirò le coperte sopra la testa e cercò di dormire: erano le sedici e nulla andava bene.

Il campanello suonò incessantemente insieme al cellulare. Samantha si riscosse, strinse gli occhi e guardò la sveglia: le nove. Si sentiva pesta e dolorante, un mal di testa fortissimo le trapanava ininterrotto nel cervello e la forza vitale l’aveva abbandonata. Mise i piedi per terra e si rese conto di essere ancora vestita, tutta stazzonata ma completamente vestita con addirittura le calze. Oltre al campanello e al telefono, si erano aggiunti dei colpi alla porta. «Samantha, aprimi! Aprimi, cazzo! Aprimi! So che sei lì!» sentì urlare l’amica. Sospirò, doveva immaginare che Rossella, da vero Ariete, non avrebbe mollato mai il suo obiettivo che in quel momento era lei. Con flemma, si diresse alla porta e, con uno scatto furioso, l’aprì con ferocia mentre Rossella sollevava il pugno per bussare. Un cazzotto micidiale la stese al tappeto e, guardando l’amica che la squadrava terrorizzata, con una mano sulla bocca e il cellulare nell’altra, cominciò a versare tutte le lacrime che, fino a quel momento, non si era permessa di fare sgorgare.

«Porca miseria, perché non mi hai urlato che stavi per venire ad aprirmi?» si mise a inveire Rossella mentre cercava di alzarla. Samantha non desiderava


muoversi, ora che le lacrime scendevano voleva solo singhiozzare per l’eternità. «Avanti, dai alzati, muoviti, che mi fai stare male. Dai, muoviti!» Rossella la prese da dietro e cominciò a tirarla su mentre lei voleva solo distendersi sul pavimento. Ma l’amica, come un cane che non mollava l’osso, riuscì a metterla sul divano e a trovare, nella sua borsa da Mary Poppins, un fazzoletto di Titti. «Avanti, soffiati il naso» la incitò un po' brusca, poi si precipitò nel freezer e ne estrasse l’unica bistecca di pollo che Samantha aveva già destinato per la cena, l’avvolse in uno strofinaccio e gliela spiaccicò in faccia senza tante cerimonie. «Ahi, mi fai male!» urlò Samantha. «È anche poco, vista tutta l’ansia che mi hai fatto venire,» le ribatté furiosa Rossella. «Che cazzo ti è successo? Stavo per chiamareChi l’ha visto. Non dovevamo andare a prendere le bomboniere ieri? Sei sparita, non mi hai chiamata, non mi hai messaggiato per dirmi,ehi scema non aspettarmi due ore in piedi fuori da un negozio che non frequenterai mai perché non hai neppure l’illusione di un uomo che ti sposi. Allora, che scusa hai? Guarda che se non ne hai una valida, giuro che anche se siamo amiche da ventiquattro anni, io ti mollo!» continuò imperterrita. Rossella fece per riprendere la tiritera ma si fermò. Evidentemente la sua faccia sconvolta, i vestiti sgualciti e le lacrime ininterrotte l'avevano gettata nel panico. «Cara, mi dici cosa è successo?» le chiese l'amica chiaramente allarmata. «Gianpietro mi ha lasciata,» le rispose Samantha guardandola negli occhi e ricominciando a piangere disperata.

Otto mesi dopo «Secondo te ci daranno un pasto completo o solo qualche nocciolina?» le chiese Rossella curiosa, tirando il collo verso il corridoio per vedere se arrivava la hostess. Samantha la guardò e ridendo rispose: «Beh, credo proprio che essendo un volo di linea e, mettendoci qualche ora, un misero pasto magari ce lo propineranno.» Rossella sbuffò. «Senti, signorina, non fare la saputella che se non era per me, invece di quest’avventura, saresti al mare a Igea Marina a ingozzarti di piadine.» Samantha rise mentre le stringeva la mano. «Lo so, tesoro, in questi mesi se non fosse stato per te credo che mi sarei già scavata la fossa e non sarei più riemersa.»


«Eh sì, sono l’amica migliore del mondo. Lo so. Senti, invece, secondo te avremo il tempo di prendere il sole? Non vorrei tornare a casa bianca come adesso. Vabbè che sono uno splendido latticino ma… insomma… andare a Zanzibar e tornare senza abbronzatura, sai che prese in giro? E poi non capisco perché hai voluto restituire tutti i regali di nozze, uffa. Il set completo di abbronzanti, creme e latte solari di lusso che Marianna ti aveva regalato per il viaggio di nozze potevi pure tenertelo, no?» «Dai Rossella, sai che non era giusto tenere niente, e poi va bene così, smettila.» «Okay, okay,» si arrese l’amica alzando le mani. Le dieci dita avevano ognuna uno smalto diverso e rilucevano come i colori dell’arcobaleno. Samantha si guardò le unghie, corte, pulite e senza nessun aspetto da panterona. Sospirò. Lei e Rossella erano l’opposto ma ringraziava il Cielo per averla messa sul suo cammino all’asilo nido. A nove mesi si erano riconosciute come amiche gemelle. Le mamme solevano raccontare che Samantha, quando era entrata nell’aula per l’ambientamento, aveva cominciato a gattonare, zitta zitta, attorno al muro mentre Rossella a urlare a squarciagola per la contentezza. Samantha, dalla paura, aveva cominciato a piangere mentre Rossella le porgeva la sua bambola. Non si erano più lasciate. Samantha si sentiva un po’ preoccupata per la nuova avventura e abbozzò un sorriso. Rossella le strizzò l’occhio porgendole un Bounty che aveva estratto dalla sua borsa magica. Entrambe sapevano che quel viaggio avrebbe cambiato loro la vita, ma non potevano sapere come.

Appena si affacciò sulla scala, Samantha avvertì l’aria carica di umidità e il caldo pesante. Inspirò cercando di adattarsi, ma gli altri passeggeri premevano per uscire. Si mosse con fatica, Rossella era già giù che l’attendeva con impazienza e saltellava da un piede all’altro come se avesse bisogno impellente di un bagno. Appena fu a terra, l'amica la prese per mano incitandola a seguirla. «Rossella, mollami! Che fretta che hai, tanto ora che recuperiamo i bagagli e superiamo i controlli ce ne vuole di tempo.» «Uffa, dai sbrigati sono già tutta appiccicaticcia. Fa un caldo micidiale qui ad aspettarti. Per fortuna che Kisauni doveva essere uno stupendo aeroporto, mi aspettavo minimo un tunnel con l’aria condizionata. Mi hai ingannata!» le disse guardandola minacciosa.


Samantha guardò il cielo, quanta pazienza. «Ros ti ho detto che è l’aeroporto più grande di Zanzibar, non che avresti avuto tutti i confort. Scommetto pure che vorresti dei negozietti carini dove fare shopping,» affermò sorridendole mentre l’amica continuava a trascinarla. Gli altri passeggeri le squadravano come se avessero qualche rotella fuori posto e Samantha si chiese chi delle due fosse in effetti la più pazza, se lei a seguire Ros in quell’avventura o quella scombinata ad averla convinta. «Forza, accelera il passo, che magari qualche negozio con i batik lo troviamo pure qui e voglio anche della cioccolata, subito, che sono giù di zuccheri.» Samantha osservò i fianchi morbidi di Rossella e non si prese la pena di risponderle. Annusò ancora l’aria, c’era odore di spezie, di vita, di sudore e fatica tutt’intorno a lei. E, finalmente, sorrise: un sorriso che le partì dal cuore. Staccò la mano da quella di Rossella. «Dai pigrona, facciamo a chi arriva prima,» le urlò cominciando a correre. Sentì l'amica sbuffare ma Samantha era sicura di batterla nella corsa, come sempre.

«Oh my God, quanta roba. Quello è lì per noi?» strillò Rossella strabuzzando gli occhi e fermandosi di colpo. Samantha, che le stava dietro arrancando con la valigia pesante, si fermò appena in tempo prima di piombarle addosso. «Ros sta attenta, avrei potuto farti male. E adesso che succede?» sbuffò spazientita. Rossella, con un sorriso allucinato, si girò e le mormorò cospiratoria: «C’è un figo pazzesco che tiene in mano un cartello con i nostri cognomi.» «Bene, allora non facciamolo aspettare, chissà da quanto è lì,» le rispose Samantha, cercando di individuarlo tra la folla di persone che attendeva i passeggeri. «Ma dov’è, scusa? Non vedo nessuno con il cartello,» le chiese accigliata. Rossella mosse la testa come una Gorgone, evidentemente non lo vedeva più. «Che abbia avuto le allucinazioni? Alto, bello, due braccia muscolose da far invidia a Braccio di Ferro. Ehi bello, dove sei?» urlò uscendo dalla zona del ritiro bagagli. «Shhhh Ros, non farti riconoscere da tutti. Se ci sente, che figura facciamo?» le disse sentendo il sangue affluire alle guance.


«Sam, smettila! Parlerà in inglese mica in italiano un tipo così. E poi che hai da ridire? Dovrebbe baciarmi il culo per le parole belle che ho detto,» continuò serafica. «Provvederò quanto prima,» rispose una profonda voce maschile in italiano perfetto. Rossella e Samantha si voltarono come una girandola improvvisamente mossa dal vento e si ritrovarono davanti un sorriso assassino che avrebbe rianimato anche una sogliola fuor d’acqua. Samantha avrebbe voluto sprofondare mentre Rossella lo guardò fisso negli occhi color cobalto. «Ehi bellimbusto, la mamma non ti ha insegnato a non origliare i discorsi delle signore?» disse arrogante. «Non quando mi invitano a gustare qualche loro parte anatomica,» le rispose occhieggiandole il sedere. Samantha intervenne prima che si scatenasse la rissa. Le scintille erano palpabili e l’aria umida era talmente carica di elettricità che i loro sguardi avrebbero prodotto una tempesta. «Okay, okay time out. Si ricomincia,» disse alzando le mani e rivolgendo a Rossella un’occhiataccia. «Ciao, io sono Samantha e lei è Rossella, le ragazze del tuo cartello. Piacere,» disse allungando la mano. «E io sono Luca Thorsen, per servirvi,» le rispose lui affabile, stringendogliela. «Benvenute,» continuò guardando Rossella.

«Thorsen, dunque. E con questo cognome parli italiano?» chiese Ros, che non voleva recedere dal suo modo bellicoso. «Mamma italiana, papà danese. Solita storia,» le rispose lui alzando le spalle. Poi continuò: «Datemi le valigie, vi aiuto io. La jeep è parcheggiata qui fuori e ci metteremo tre ore ad arrivare al centro quindi, se avete necessità del bagno o di un ristoro, sarebbe opportuno farlo qui in aeroporto perché la strada che dovremo attraversare non è propriamente turistica.»

«Siamo a posto, grazie,» affermò Rossella, ficcandogli in mano la valigia e il beauty, e rammaricandosi di non aver altro con cui caricarlo come un mulo. La sua altezza la metteva a disagio e la simpatia che Samantha dimostrava verso quel bovino la faceva arrabbiare. Perché anche l’amica non lo trovava antipatico e sgradevole? Mah! Si ripromise di indagare, anche perché Samantha era troppo intelligente per lasciarsi rincretinire da quel giaguaro. Si chiese pure cosa facesse uno


così nel gruppo di volontari internazionali per la costruzione di scuole e ospedali a favore della popolazione bisognosa dell’entroterra. Sembrava più un tipo da surf che da duro lavoro. Salendo sul retro della jeep notò che lui la guardava con aria interrogativa come se attendesse una risposta. «Ros, Rossella? Hai sentito cosa ti ha chiesto Luca?» intervenne Samantha con la sua solita pazienza. Sapeva che Sam, negli anni, si era abituata a formularle più volte la stessa domanda quando lei non l’ascoltava. Luca, evidentemente, non aveva nessun desiderio di farlo perché si mise a braccia conserte attendendo la risposta. «Hmmm, no, stavo pensando a una cosa importante,» rispose all'amica sorridendo e cercandola come alleata, sicura che Samantha l’avrebbe aiutata come sempre. «Vuole sapere se ti dà fastidio se dietro con te sale anche un suo amico,» le chiese Sam. «Sì,» intervenne Luca sillabando, «può salire insieme a te il mio amico?» E così dicendo la guardò come se si rendesse conto che le stava dando sui nervi. «Certo,» rispose Rossella. «I tuoi amici saranno i nostri amici,» gli disse talmente dolce da far venire le carie istantanee anche a un dentista. «Perfetto,» le rispose sogghignando Luca e, guardando in alto, urlò. «Vieni giù Principe, che andiamo.» Rossella spalancò gli occhi. Una grossa scimmia scese a precipizio dall’albero, saltò sulla jeep e le si avvinghiò addosso baciandola. Ros non mosse ciglio, non urlò, non respirò. Era terrorizzata. Muovendo piano le labbra disse: «Luca, è carnivora?» Non si era neppure portata dietro lo spray al peperoncino. Guardò allucinata Luca che rideva come un pazzo mentre lei, per la prima volta in vita sua, non fiatava. Poi lui, evidentemente mosso da pietà, prese in braccio Principe liberandola. «Bene, bene, questo è Principe, un colobo rosso. Mi fa piacere perché gli piaci già,» le disse ammiccando. Lei lo guardò come fosse un vampiro quando vede una giugulare ma poi sospirò. Uno a zero per lui. Questa manche era sua, si disse Ros, la prossima, anche barando, l’avrebbe vinta lei. Si sistemò sul sedile attendendo la prossima mossa, ma Luca, dopo aver fatto sedere Principe accanto a lei, si diresse al posto di guida e partì a spron battuto.


Samantha si sistemò gli occhiali da sole e si calcò il cappellino bene in testa. Luca correva come un pilota di Formula Uno su una provinciale di paese. Ogni tanto prendeva una buca e con nonchalance sghignazzava mentre Rossella, abbracciata a Principe, grugniva. Samantha sorrise mentre lo sbirciava di nascosto. Era proprio un bel ragazzo e le sue dita lunghe e affusolate, abbronzate e dure, esprimevano sensualità ma anche forza caratteriale. Spostò lo sguardo verso il paesaggio e trattenne il respiro. L’orizzonte era infinito e il verde dei campi, intenso, vivo e brillante, riscaldava il cuore. «Pensa, ero convinta che tutta la terra qui fosse brulla e secca,» osservò girandosi verso Luca. «No, siamo appena usciti dalla stagione delle piogge e tutto è tornato alla vita,» la istruì lui con dolcezza. Samantha annuì mentre ammirava degli stupendi ficus. Rimase senza parole alla vista del cielo che, senza una nuvola, sembrava seta fine. «Ehi, Schumacher, potresti almeno evitare le buche? Mi parte la dentiera se mi fai sbattere un altro po’ i denti,» urlò Rossella da dietro. Luca alzò le spalle e fece una sbandata. Samantha guardò l’amica e vide che schiumava rabbia. Osservò Luca e lo vide contento. Poi lesse dentro di sé e si scoprì felice. Dopo tanto tempo, con l’odore pungente di terra e con l’umidità che le affievoliva le forze, si sentiva viva. «Che progetto segui al centro?» chiese all'uomo. «Costruisco le scuole: muratore, carpentiere, geometra: sono il tuttofare del mattone,» le rispose Luca con ironia. «Ahhh, adesso capisco perché non sei normale, te ne saranno caduti più d’uno in testa,» intervenne Rossella come se avesse fatto la scoperta dell’uovo di colombo. Luca sorrise e non la degnò di risposta. «Ci sono tanti volontari al centro?» proseguì Samantha come se il filo dei suoi pensieri non si fosse interrotto. «Per i prossimi due mesi saremo in cinque uomini e quattro donne più le maestre per la scuola, ma loro vivono con i bambini nell’altro istituto, al momento.


Voi siete state le ultime ad arrivare. Ora siamo al completo. Abbiamo iniziato tutti quindici giorni fa. Chi costruisce le scuole, chi cura i bambini, chi prepara le insegnanti e chi, come voi, non si sa bene quale impiego affidare,» le rispose Luca. Samantha non se la prese, in effetti neppure lei sapeva bene che ruolo assumere nel centro. Le persone che avrebbe aiutato avevano bisogno dei generi di prima necessità piuttosto che di terapia psicologica. «Guarda che noi sappiamo fare qualsiasi cosa, siamo due professioniste affermate nel nostro campo,» eruppe indignata Rossella. «Sì, ho letto i vostri curricula: una psicologa e una giornalista di moda… proprio quello di cui avevamo bisogno,» le rispose l'uomo scuotendo la testa. «Siamo qui per aiutare, qualsiasi cosa serva possiamo adattarci a farla,» gli rispose con dolcezza Samantha. «Al centro al momento ci servirebbero una cuoca e un’imbianchina. Chi si offre per l’uno o per l’altro lavoro?» rispose Luca guardandola. «Sam, io faccio l’imbianchina che se cucino li avveleno, che ne dici?» proruppe Rossella sbucando tra i due sedili. Luca si girò all’improvvisa apparizione come se avesse visto il fantasma del Louvre. Samantha si accorse che si era anche scostato come se non sopportasse nessun incontro ravvicinato con l’amica. «Okay, Ross tu imbianchina e io cuoca, ci sto!» Suggellarono l’accordo con un bacio sulla guancia.

Rossella avrebbe voluto strangolarlo a mani nude. S’immaginò di sorprenderlo da dietro e stringere quel collo così esposto. Il ballonzolio era continuo, strinse i denti e diede la mano a Principe, che la degnò di un sorriso luminoso. Rossella si trovò a rispondergli: quella scimmia le era già simpatica, a differenza del suo amico. Per carità, carino era carino, ma il carattere che sfoggiava non erano certo da gentleman. Ed era anche sciatto con i bermuda e una semplice maglietta azzurra che gli fasciava i muscoli in maniera indecente. Dopo l’ennesima buca, desiderava solo strappargli tutti i folti capelli uno a uno e armarsi della sua immancabile pinzetta per estirpargli i peli delle gambe con il massimo dolore possibile. Aprì la bocca per urlare, quando una brusca frenata la proiettò verso il sedile anteriore per poi catapultarla all’indietro fino a ritrovarsi distesa sul quello posteriore. Chiuse gli occhi per non


piangere. Non doveva piagnucolare e dare la soddisfazione a quell’energumeno maleducato di averla messa k.o. Si massaggiò la schiena mentre sentiva Principe accanto a sé. «Rossella? Rossella, stai bene?» la chiamava intanto Samantha. Rossella, ancora prima di riuscire a rispondere, si sentì prendere in braccio. Non avvertiva più il corpo, le girava la testa ed era stanca, tanto stanca. «Ehi, ma cosa stavi pensando? Non hai sentito che ho urlato di tenervi? Non l’hai visto il cane che si era lanciato quasi sotto la macchina?» continuava a chiederle Luca. Rossella non rispose, gli occhi chiusi e solo la voglia di starsene accoccolata tra le sue braccia. Era così bello, dopo tanto tanto tempo, essere tra le braccia di un uomo, coccolata da un uomo. Non dovere dimostrare per forza di essere forte, invincibile, la donna che non deve chiedere mai.

«Cris? Cris, muoviti! Molla la cazzuola, ho bisogno di te,» si mise a sbraitare Luca continuando a camminare. Rossella rimase ferma, ormai si sentiva meglio ma non voleva muoversi dal suo posto privilegiato. Com’era possibile che dopo tutte quelle ore sotto il sole, con la polvere della strada e l’umidità eccessiva, quel tipo odorasse ancora di pulito? Inspirò e poi fece un sospiro e, senza aspettarselo, si trovò deposta su un letto. Aprì lentamente gli occhi e cominciò a sbatterli. Non era possibile, doveva vederci doppio! C’erano due Luca, solo che uno era a torso nudo e sudato e l’altro aveva uno sguardo preoccupato. «Cazzo, vedo male,» cominciò a dire scuotendo la testa. Samantha le prese la mano e gliela strinse. «Rossella, che hai? Come vedi male? Non distingui più i colori, che c’è?» le chiese l’amica con una voce flebile. Rossella indicò i due uomini; il secondo intanto si era infilato una maglietta sbrindellata e si stava lavando le mani. «Sono due, identici, ne vedo due,» disse cercando di alzarsi.


Luca la riportò giù mentre l’altro Luca le sorrise. Un sorriso dolce, disarmante che il primo Luca non avrebbe potuto fare neppure in mille anni. «Ciao Rossella, sono Cris, il fratello gemello di questo brutto ceffo qui. Sono anche un dottore. Adesso ti visito così vediamo se è tutto okay,» le disse aprendole l’occhio con una mano. Rossella lo spinse via. «Non ci penso neppure, sto benissimo. Giù le mani dal mio corpo, dottore, hai capito?»

Cris la osservò allucinato mentre Luca si mise a ridere e dandogli una manata sulla spalla gli disse: «Dai, fratellone, quando mai ti è capitato che una donna ti dicesse di no?» Cris li guardò entrambi, poi con gentilezza si rivolse a Samantha. «Piacere Cris, almeno tu la mano me la dai?» le chiese ironico. «Mah, sono indecisa,» tergiversò Samantha sorridente. Poi, con cortesia, gliela porse e disse: «Io sono Samantha e quella mezza pazza stesa lì è Rossella. Non preoccuparti, io ci credo che sei un dottore, solo che tutto sporco di calce e mattoni sembri più un muratore,» sottolineò gentile. «Sì, faccio anche questo. Dai vieni, ti faccio vedere il vostro alloggio mentre ti spiego i vostri compiti e come funziona la giornata qui. Lasciamo qui l’irragionevole e il suo compare… chissà che non rinsaviscano anche perché la tua amica sta bene,» le disse strizzandole l’occhio. Con galanteria le porse il braccio, Samantha vi posò la mano e si diressero fuori dalla stanza come un Re e una Regina che lasciavano una corte di cenciosi.

Rossella e Luca stettero un attimo in silenzio. Rossella, senza aver il coraggio di dire nulla, sbirciò Luca e si accorse che non smetteva di torturare un filo che pendeva dai pantaloncini. Lei non sapeva più che fare, se alzarsi, se parlare, se fare l’acida oppure chiedere scusa. Scelse l’ultima opzione. «Senti, scusami se sono stata intrattabile, me ne rendo conto,» gli disse aggrappandosi ai bordi della branda e cercando di alzarsi lentamente, molto lentamente.


Luca la fermò sollevando la mano. «No, ti chiedo scusa io, sono stato maleducato e leggermente cafone,» le disse sorridendo. «Solo leggermente?» lo apostrofò Rossella, sollevando un sopracciglio. «Ehi, dai non ricominciamo, mi sto scusando,» si inalberò Luca, gli occhi che mandavano lampi. «Okay, okay. Allora resettiamo. Piacere, Rossella, e sono qui per aiutare,» gli disse allungandogli la mano. «Piacere, Luca, e sono qui per aiutare,» le rispose conciliante Luca accogliendo la sua mano. «Vieni, ti faccio vedere la tua camera. La dividerai con Samantha. È semplice, ma almeno avrete un tetto a differenza di molti qui che non hanno neppure un tugurio in cui stare,» esclamò con un sospiro. «Sai che per me è una cosa difficile da concepire? Ho talmente tanto di tutto che do per scontato sia così anche per gli altri,» sussurrò seria Rossella. Luca la osservò negli occhi per un tempo interminabile. «Capisco, sei qui per trovare la tua anima,» le disse sicuro. Rossella abbassò lo sguardo e mormorò: «Chissà se ne ho veramente una.» Sotto quello sguardo implacabile, che la penetrava e non le lasciava scampo, si sentì una falena in cerca della luce.

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