Ti voglio qui per sempre

Page 1

Ti voglio qui


per sempre di

Velena Lynn

Copyright © Velena Lynn 2016 L’opera appartiene all’autrice, tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, senza il consenso dell’autrice.

In copertina: foto coppia ©Alessandro Guerriero/123rf foto cane ©Diana Eller/123rf

Info, contatti, e curiosità: velena.lynn@yahoo.com www.facebook.com/velena.lynn


Il romanzo: Laura e Filippo, un amore nato tra i banchi del liceo. Lui da grande vuole fare il veterinario, lei aprire un negozio di animali. Si amano alla follia e sono inseparabili finché la vita non li divide nel peggiore dei modi. Sono passati dieci anni, Laura adesso è una donna di ventisei anni, adulta e indipendente, ha realizzato il suo sogno di aprire un negozio ed è serena, ma non ha mai dimenticato quel suo primo grande amore. Quando Filippo ritorna nella sua vita, un giorno per caso, è impossibile negare il sentimento che li lega, ma la loro unione non sarà semplice, nella vita di Filippo, adesso, c’è un’altra donna. Storia raccontata dal punto di vista di entrambi i protagonisti.

Laura non c'è è andata via Laura non è più cosa mia e te che sei qua e mi chiedi perché l'amo se niente più mi da mi manca da spezzare il fiato fa male e non lo sa che non mi è mai passata

Laura non c’è di Nek.

PARTE PRIMA

Laura -1-

Il calendario segna la stessa data ormai da tre giorni. Ci ho posto lo sguardo più di una volta, ma non mi sono mai decisa a staccare le pagine vecchie. Quindi, per me, è


ancora il quindici giugno, anche se, in teoria, oggi sarebbe già il diciotto. Potrei dire che non so perché ho questa specie di fissa per il numero quindici e per il mese di giugno, in particolare, ma non sarebbe la verità. C’è un motivo, purtroppo, se sono così fissata e non è la sbadataggine. Quella data, ogni anno, mi ricorda un momento bellissimo del passato, quando avevo ancora sedici anni e la mia vita era una favola. Non che adesso non lo sia, ma sì, avete presente i sedici anni? Ecco. Entra una cliente in negozio con in braccio un barboncino bianco e sono costretta a lasciare i miei pensieri. Le sorrido, cerca una nuova marca di crocchette per il suo cagnolino, ed io le propongo quella che credo sia la migliore sul mercato. Scambiamo quattro chiacchiere sui problemi intestinali del suo cane e poi lei esce e il mio sguardo ritorna lì, a quel calendario. Mi avvicino, decisa a strappare i fogli in eccesso, ma, per un istante, mi blocco. “Il quindici giugno.” Era appena finita la scuola e l’estate era nell’aria. Il profumo dei campi di grano, dei fiori, dei cieli azzurri e tersi e, soprattutto, il profumo della libertà, mi inebriava. Ero così felice che potevo morirne, ma se fosse stato solo per questo sarebbe stata poca cosa. La vera ragione della mia felicità era un’altra. Filippo. Filippo era il mio ragazzo da circa un mese, ma prima di questo era stato il mio migliore amico, nonché compagno di banco dalla prima superiore. Filippo aveva un anno in più di me, era stato bocciato in terza media, assurdo! Chi si fa bocciare in terza media? Eppure a lui era successo, e non perché non fosse bravo a scuola, ma perché aveva dato fuoco ad un banco durante l’ora di matematica. Rido tra me e me, non so perché quel ricordo, che neppure ho vissuto, mi fa sempre ridere. Io e Filippo eravamo innamorati pazzi, non posso negarlo, innamorati come solo due ragazzini al loro primo amore possono esserlo. Fisso di nuovo quel numero sul calendario e, come ogni anno, sento che i ricordi mi trascinano via.

Laura e Filippo, una vita fa -2-

Siamo seduti sulla riva del fiume e il sole batte forte sulle mie gambe nude e m’inonda il volto, coperto dagli occhiali da sole molto chic che ho comprato poco fa


all’edicola. Filippo tira i sassi nel fiume e, puntualmente, il suo labrador nero, Spotty, si tuffa nel fiume per cercare di recuperarli. Invano. - Ah, ah, ah! Spotty è proprio stupido, lo sai? Mi dispiace dirlo, perché so che gli vuoi un gran bene, ma… In risposta Spotty abbaia e si getta nel fiume per recuperare un altro sasso. Filippo mi guarda e alza gli angoli della bocca in un sorriso. Oddio, mi sento male, voglio assolutamente che mi baci… - Pensa per Gina, quel cane è talmente pigro che non si alza dal telo. Siete proprio due gocce d’acqua. - Mah! – Di colpo mi alzo in piedi e gli sferro una sberla scherzosa sul braccio. Gina, la mia cocker, continua a sonnecchiare, infischiandosene di me, di Filippo, e soprattutto di Spotty che cerca di coinvolgerla nei suoi giochi. In risposta, Filippo mi afferra per i polsi e mi trascina giù con lui, sul suo asciugamano. I sassi mi punzecchiano la schiena, ma non m’importa, è troppo bello stare qui, con lui, con il suo volto a pochi centimetri dalla mia bocca ed ora mi bacerà, ed io… - Laura… - mormora Filippo, e per un attimo il sorrisino di scherno che aveva prima lascia il posto ad uno sguardo incupito dal desiderio. Potrei perdermi nei suoi occhi color zaffiro e nei suoi capelli scuri, davvero non esiste un ragazzo più bello di lui a scuola e nel mondo ed è tutto mio, solo mio… - Ti amo, lo sai? – sussurra lui, avvicinando la sua bocca alla mia. In quel momento sento il mio cuore scoppiare, sono così felice che potrei morirne, lo so. Le sue labbra rosse si poggiano sulle mie ed io so che dovrei rispondere qualcosa, ma non ci riesco, voglio solo… La sua lingua entra nella mia bocca e lui mi bacia in un modo che mi lascia priva di respiro. Poi, degli schizzi di acqua in faccia, ci riscuotono dal nostro bacio epico. - Spotty! – esclamo, fintamente stizzita, mentre il labrador ci schizza addosso l’acqua del bagno che ha appena fatto. Filippo scoppia a ridere e lo abbraccia, fregandosene della puzza di cane bagnato. Finalmente anche Gina si riscuote e si unisce al gruppo. Le accarezzo il pelo riccio sul capo e lei si struscia contro le mie mani. - Filippo – dico ad un certo punto, con voce bassa. Lui mi guarda; - Che c’è, Laura?


- Io… - è difficile dire certe cose, anche se le senti dentro profondamente. - Ti amo anche io, Filippo. Lui sorride e poi si alza in piedi, di scatto. - Evviva! – grida, poi, di getto, si toglie la t-shirt e i pantaloncini restando in mutande. - Ma che fai? – esclamo, ridendo. In risposta lui corre verso il fiume, seguito a ruota da Spotty e si getta dentro l’acqua con un grido di esultanza. Sono in paradiso e fingo di leggere il Cioè, mentre, in realtà, guardo lui.

Laura -3-

Certi ricordi, per quanto meravigliosi, ti lasciano dentro un senso profondo di amarezza proprio perché sono ricordi e non li puoi toccare. Velocemente strappo via le pagine dal calendario e cancello quel momento. Per distrarmi, mi metto a controllare gli ultimi articoli arrivati in negozio e a togliere la merce dagli scatoloni. Sono alle prese con collarini rosa plissettati quando, fuori dal negozio, scorgo un uomo che sta guardando la mia vetrina. Lo ammetto, sono molto orgogliosa della vetrina del mio negozio, soprattutto la parte che riguarda tutte quelle inutilità come cappottini rosa e collarini di Swarovski che io, tra parentesi, adoro! L’uomo sembra guardare proprio quelli ed io mi domando se si vergogni a chiedere un collarino rosa di pelo per la sua chiwawa. Lui alza lo sguardo e sbircia dentro e, per un attimo, incrocio i suoi occhi. Mi sembra di conoscerlo, forse. Lui fa per entrare, ma poi ci ripensa, gira le spalle e se ne va.

Alle sette e trenta l’ultimo cliente esce dal negozio ed io sbrigo le faccende finali e sono pronta a chiudere. La mia auto è parcheggiata proprio di fronte all’ingresso, cosa alquanto rara negli ultimi giorni lì, in centro a Rimini, con il turismo alle porte. Premo il pulsante per aprire la portiera della mia cinquecento quando vedo un uomo avvicinarsi al mio negozio. Non vorrei sbagliarmi, ma sembra proprio l’uomo che stamattina fissava la mia vetrina, quello che, sicuramente, si vergogna a chiedere il cappottino o il collarino per la sua chiwawa.


- Scusi – gli dico avvicinandomi – il negozio è chiuso, apre domattina, se ha bisogno di qualcosa. Lui si volta, indossa una camicia di lino bianca, su pantaloni cachi e scarpe (noto perché le adoro) Clark con lacci azzurri. È alto, con capelli e barba scuri. Mi guarda e non parla. Che sia un malintenzionato? Forse sono paranoica, ma sono contenta che sia ancora giorno e che ci sia parecchia gente che cammina in centro. - Grazie – risponde lui – in realtà non mi serve nulla. – Mi fissa ancora, ma io non scorgo i suoi occhi, coperti da un paio di occhiali da sole Ray-Ban. “Fighetto riminese” penso tra me e me. - Lei è Laura Bellini?- mi domanda ed io mi sento sconcertata, oltre che incuriosita. - Sono io, lei chi è? L’uomo si toglie gli occhiali ed io scorgo un paio di occhi color zaffiro. - Laura, sono io, Filippo. La terra, sotto i piedi, sta crollando, credo. Non può essere lui, eppure è lui, non ci sono dubbi. - Filippo? – domando, quasi instupidita. Poi mi riprendo, o almeno, ci provo. - Come stai? È un secolo che non ci vediamo! Lui fa un sorriso leggero, ma non mi toglie gli occhi di dosso. – Dieci anni. - Già… - ribatto, abbassando lo sguardo, mio malgrado. - Beh, come mai sei qua? - Oggi ero di passaggio, quando ho visto questo negozio e beh… non so perché mi sei venuta in mente tu. Sono troppo incredula per formulare un pensiero coerente. - Mi hai trovata! – esclamo, con un po’ troppa enfasi. - Già, non potevi essere altri che tu – risponde lui, sorridendo – è sempre stato il tuo sogno aprire un negozio di animali. Se lo ricorda, mio dio, se lo ricorda. Mi stringo nelle spalle, fingendo una indifferenza che non provo.


- E tu? Cosa fai nella vita? Lui, stupendomi, guarda l’orologio e risponde: - Purtroppo non posso trattenermi oltre, devo andare. Se ti va, domani, potremmo pranzare insieme. Deglutisco e non so davvero cosa rispondere. Davanti a me non c’è un persona qualunque che non vedo da un po’, dieci anni, davanti a me c’è Filippo. - Perché no – mi ritrovo a rispondere – sono curiosa. Lui sorride e mi saluta con la mano, facendo per allontanarsi a piedi. - Allora a domani! Ci vediamo qui fuori all’una! E se ne va e mi lascia lì ed io ancora non ci credo.

Laura -4-

Rientro a casa e la Kelly e la Minnie mi accolgono festose alla porta. - Sì, sì, adesso vi abbraccio, care. Avete fatto le brave oggi? Le loro zampine mi grattano i jeans, così, dopo aver appoggiato borsa e chiavi, mi abbasso e le accarezzo entrambe. La Kelly mi lecca la faccia, mentre la Minnie, sempre più sulle sue, si limita a scodinzolare forte. - Vi ho portato una nuova marca di crocchette da provare, siete contente? In risposta la Kelly, la mia pinscher nana, inizia a saltare sul divano, mentre la Minnie, una meticcia che ho preso al canile lo scorso inverno, si siede buona buona vicino la ciotola e aspetta. Le adoro, non ci sono parole, le adoro, punto. Do la pappa alle mie compagne di casa e poi preparo la cena per me, cous cous alle verdure. Quando mi siedo per mangiare, però, mi ritrovo priva di appetito. So immediatamente perché. Filippo. Non credevo che l’avrei mai più rivisto. Ci avevo sperato tanto, ma poi… poi mi ero arresa al pensiero che forse doveva andare così. Pilucco il piatto e poi accendo la tv. Ovviamente non c’è nulla e di solito preferisco leggere al fresco sul mio terrazzo, ma quella sera sento che niente potrebbe distrarre


la mia mente. Ci è entrato Filippo. L’immagine del ragazzo dei miei ricordi e quella dell’uomo con la barba si sovrappongono, sono davvero la stessa persona? Kelly si siede sulle mie ginocchia ed io l’accarezzo, distrattamente. Prima di andare a letto mi preparo una tisana rilassante e poi vado a dormire, lasciando la finestra aperta per fare entrare il fresco della sera. La Kelly e la Minnie si accomodano sul lato libero del letto a farmi compagnia. Non sono invadenti, mi lasciano i miei spazi, ma mi sono sempre vicine, soprattutto perché sanno che ho bisogno di loro. Così provo a dormire, ma non vedo l’ora che sia domani.

Ho riposato piuttosto bene, in fondo, tanto che al mattino mi dico che questa sarà una giornata come tutte le altre, in cui rivedrò un vecchio amico. Mi vesto, scegliendo con cura i miei abiti, una canotta molto sbarazzina, bianca con delle fragoline rosse sul davanti e una gonna sempre bianca, di lino, che arriva a metà coscia. “Una gonna, perché una gonna?” Non lo so, so solo che mi andava così. Per finire, indosso un paio di orecchini a fiore rossi. Mi guardo allo specchio, il mio meraviglioso specchio in legno decapato in stile shabby chic e mi approvo. I miei capelli biondi, sfumati di rosa sulle punte, cadono in morbide onde fin sotto le spalle e i miei occhi chiari sono valorizzati dal mascara nero. Sulle guance ho messo un po’ di fard color pesca, giusto per stemperare il mio colorito latteo. Prendo la borsetta ed esco, non prima di aver salutato affettuosamente la Kelly e la Minnie. La mattinata sembra non passare mai ed io mi accorgo di essere nervosa. Stavo perfino per vendere, ad un signore che mi ha chiesto le crocchette per il suo pastore tedesco, un sacchetto di cibo per criceti. Mio Dio! Finalmente arriva l’una, ma già dalle dodici e quarantacinque non ho fatto altro che sbirciare fuori. Finalmente lo vedo, Filippo è fuori dal negozio, con le mani in tasca. Oggi indossa una camicia azzurra con i jeans. Prendo la borsa, chiudo il negozio e mi schiarisco la voce, prima di salutarlo. - Ciao! – esclamo con un po’ troppa impetuosità. Lui mi guarda e per un attimo non dice niente. - Ciao Laura, ti va di andare a mangiare sushi nel ristorante qui dietro l’angolo? Non so se hai mai avuto modo di assaggiarlo, ma è squisito.


Mangia sushi, strano. Il Filippo di cui mi ricordo era un divoratore di bistecche. - Certo, perché no? Non vado matta per il sushi, ma un po’ mi piace. Ci accomodiamo ad un tavolino di legno scuro, con evidente imbarazzo da parte di entrambi. Finalmente, una graziosa cameriera giapponese, ci lascia il menù e così trovo il modo d’impegnare le mani. Lo sfoglio, ma come mi accade sempre, non ci capisco niente. Filippo sembra notare il mio turbamento, perché scoppia a ridere. - Non sei una gran amante del sushi, vero? Beh potevi dirmelo, saremmo andati in un altro posto. - No! Figurati, è solo che non so mai cosa scegliere. - Se permetti, allora, scelgo io per te. Annuisco, - volentieri. – Mi levo dall’impaccio di decidere il sushi e Filippo ordina per due. E adesso? Cerco di rompere il ghiaccio. - Ieri mi hai lasciata con una domanda in sospeso. - Ah già! Hai ragione, mi hai chiesto cosa faccio nella vita, beh, sono un fisioterapista, pediatrico, precisamente. Ho aperto uno studio privato proprio in questa via, vicino al tuo negozio. - Oh! – mormoro – che coincidenza. Aspetta ma, hai detto fisioterapista? Lui mi guarda. – Sì. - Ma tu… - non termino la frase, lui lo fa per me. – Volevo fare il veterinario, lo so, ma sono cambiate tante cose in dieci anni. - Vero. - Ma tu no – riprende lui – tu sei rimasta la stessa. – Mi guarda e, per un attimo, sento le mie guance andare a fuoco sotto quello sguardo. - Sono cambiata anche io – lo contraddico. Dopo quello che è successo, sono cambiata per forza. Per un attimo scende il gelo, stemperato solo dall’arrivo del sushi. - Abiti qua? – domando poi, infilzando il cibo con le bacchette.


Filippo scoppia a ridere. – Sai che non si usano così, vero? Annuisco. – Lo so! Ma mi vergogno sempre a chiedere le posate. - Ti faccio vedere, guarda. – Con grazia afferra il pezzo di sushi e se lo porta alle labbra. Fantastico. - Prova tu – mi dice. Ci riprovo, con scarsi risultati. - Comunque sì, abito sopra lo studio. - Oh. – Noto, per la prima volta, che porta la fede al dito. Sto pranzando con un uomo sposato, sto pranzando con Filippo sposato. Di colpo, l’immagine del ragazzo, mi torna alla mente, ma la scaccio. - Sei sposato? – domando, fingendo indifferenza. Non so perché la cosa dovrebbe interessarmi, in fondo. Lui annuisce. – Mi sono sposato un mese fa. - No! – esclamo – sei fresco! Lui sorride mestamente, poi mi guarda, per un attimo. – Già. E tu? Hai un compagno? - Sì, ne ho due! - Cosa? – Filippo mi osserva, un po’ sbalordito. Scoppio a ridere, infilzando di nuovo il sushi a modo mio. - Due splendide cagnoline, la Kelly e la Minnie. Tu hai cani? Filippo scuote la testa. – Non ne ho – risponde. - Ma come? Tu hai sempre amato i cani. - A mia moglie non piacciono. - Oh. – Abbasso la testa nel piatto. Esistono davvero persone a cui non piacciono i cani? Noto che Filippo sta fissando l’orologio e un velo di leggera stizza mi pervade. - Se hai un impegno – dico – vai pure.


Lui alza lo sguardo e mi sorride ed io non posso non ammettere che, se un tempo era stato un ragazzo bellissimo, adesso è diventato un uomo splendido. - Non ti preoccupare, sto bene qua, con te. Un leggero velo d’imbarazzo scende su di me ed io mi alzo, diretta in bagno. Mi sento come se fossi brilla, anche se, naturalmente, ho bevuto solo acqua. Merito di Filippo, senza dubbio. “Non farti strane idee, Laura, lui è sposato e se anche non lo fosse, è solo il ricordo di lui che ti fa provare queste sensazioni.” Vero, senza ogni dubbio. Ritorno al tavolo e sono finalmente più calma. Filippo mi sorride, mostrando i denti bianchi. - Sai che non si direbbe che sono passati dieci anni? Sei uguale a quella volta. - Non so se prenderlo come un complimento o no, ricordo che, a quel tempo, avevo ancora l’apparecchio ai denti! - Eri comunque bellissima. – Filippo si alza e afferra la sua ventiquattro ore. - Devo lasciarti perché ho un appuntamento con un paziente. Il conto è già saldato… mi guarda ed io, per un attimo, mi sento avvampare. – Mi è piaciuto pranzare con te, spero si possa rifare, un giorno o l’altro. Mi stringo nelle spalle. – Certo, perché no? Filippo mi sfiora la mano con la sua, è calda, eppure asciutta e poi, esce velocemente dal locale, lasciandomi lì, sola e, lo ammetto, un po’ confusa.

Filippo -5-

Ho mentito a Laura, non ho nessun appuntamento, o almeno, non l’avrò prima di un’ora. Me ne sono andato, perché, starle di fronte, è stato quasi doloroso. È bellissima, ed io non sono riuscito a toglierle gli occhi di dosso, anche se mi sono sforzato. Ho preferito mantenere la distanza, è meglio per entrambi, così mi sono allontanato. Il mio studio è un porto sicuro; mi lascio andare sulla poltrona della scrivania e provo a concentrarmi sul lavoro. Mi sono installato qui da poco e ho


molte cose da fare. D’un tratto squilla il mio cellulare ed io, non so perché, dato che neppure ci siamo scambiati i numeri, penso che sia Laura. Invece è Silvia, mia moglie. - Ciao tesoro – rispondo, aprendo il ricevitore. - Ciao amore, come va il lavoro? Io oggi ho avuto una cliente incontentabile! Senti, stavo pensando, per stasera, di passare a prendere del sushi per te, ti va? “Oh no”. - Sì, è perfetto amore, è da un po’ che non lo mangio. - Infatti, ne avrei proprio voglia anche io! A stasera tesoro. - Sì, ciao amore. Chiudo la conversazione e mi maledico tra me e me. Ma proprio al sushi doveva pensare mia moglie? Mi mordo le labbra e mi concentro sul lavoro noioso d’inserimento dati dei pazienti nel pc. Ogni tanto, davanti ai miei occhi, passa l’immagine di capelli biondi striati di rosa. Li trovo sexy… No, sto divagando. Per fortuna suonano alla porta, il paziente è arrivato e mi salva.

Laura -6-

Non ho mai pensato davvero al perché ho ventisei anni e sono single. In verità, sto benissimo così, sia chiaro, le mie amiche si lamentano già abbastanza dei loro fidanzati e questo mi rende felice di non averlo. Sono stata fidanzata qualche anno, ho avuto delle storie, ma nulla di veramente importante. Ad un certo punto, non so perché, mi sono sempre scoperta non innamorata. Forse, non riesco a lasciarmi andare, perché non mi sono mai lasciata alle spalle del tutto la mia prima grande delusione. Filippo non è stato solo il mio primo amore è stato anche una concausa


del mio più grande dolore e della mia eterna disillusione nei confronti dell’amore. Io sono convinta di una cosa: l’amore eterno non esiste, tanto meno quello vero. Punto. Ritorno al mio negozio e mi rimetto al lavoro, questo, sono certa, mi aiuterà a non pensare. Lentamente, più di quanto avessi immaginato, si fa sera e finalmente è il momento di tornare a casa, dalle mie amiche pelose. In quell’istante, mentre sto uscendo, mi squilla il cellulare, ed io sento il mio cuore salirmi in gola. “Sciocca!” mi ammonisco. Chissà chi credevo che fosse. È Catia, la mia migliore amica. - Ciao Catia! – la saluto, tirando fuori le chiavi dell’auto dalla borsa. - Ciao tesoro, come stai? - Tutto bene… - mugugno. - Ne sei sicura? Hai un tono strano. – Chissà perché le amiche capiscono subito quando c’è qualcosa di diverso nella tua vita monotona. - Oh, nulla di che… - Monto in macchina e accendo il motore. - Spara il rospo. - Ma niente… - Dai! - Okay, oggi ho visto Filippo. Lei rimane per un attimo in silenzio. – Filippo chi? - Filippo – rispondo io. - Filippo, Filippo? - Proprio quel Filippo. - Ah. Un minuto di silenzio. - Già.


- Come è capitato? - Me lo sono trovato davanti al negozio ieri sera… Oggi sono uscita a pranzo con lui. - Cosa? – Catia sembra sorpresa, beh, anche io lo sono. - Domani passo a trovarti in negozio… - riprende la mia amica – devo farti vedere le partecipazioni e così mi racconti. - Ah già! Sì, ti aspetto. – Giusto, Catia si sposa tra un mese, ormai l’unica zitella sono io. - A domani tesoro e mi raccomando. - Certo – rispondo, mettendomi in strada. A cosa devo stare attenta, in fondo?

Filippo -7-

Rientro a casa e trovo mia moglie che sta sfogliando una rivista, appoggiata contro la penisola della cucina. - Ciao amore – la saluto, deponendo chiavi e borsa. Lei alza distrattamente gli occhi e mi fa un cenno con la mano. La tavola non è apparecchiata, ma al mio posto è appoggiata la scatola con il sushi d’asporto. - Tu cosa mangi? – domando. Lei, finalmente, chiude la rivista e mi guarda. - Un po’ di riso in bianco, Filippo, devo stare attenta. - Non così attenta – commento io, lavandomi le mani. Di sicuro mia moglie non ama cucinare, questo è certo. Finalmente ci sediamo a tavola e lei mi racconta della cliente stancante che ha avuto quel giorno. Io l’ascolto, o meglio, lo ammetto, fingo di ascoltarla. Ogni sera Silvia mi parla del suo lavoro, fa l’arredatrice d’interni, e sinceramente non me ne importa niente. Sono cinico? Sì, forse. Ma questa sera, soprattutto, la mia mente divaga. Sto ancora pensando al mio incontro con Laura.


- Filippo? Terra chiama Filippo! Mi stai ascoltando? – Rivolgo finalmente lo sguardo verso di lei e mi accorgo di avere ancora le bacchette sospese a mezz’aria e di non aver assaggiato quasi nulla. - Certo tesoro – mento, sorridendole. Silvia ha i capelli lisci e castani, tagliati in un caschetto molto alla francese e i suoi occhi, scuri e a mandorla, mi scrutano. - Tu non mi ascolti proprio, Filippo. Oh, l’ha capito. Chissà perché le donne lo capiscono sempre. - No scusami… - mi sto arrampicando sugli specchi – stavo pensando al lavoro. Lei allunga una mano sul tavolo e sfiora la mia. – Smettila di pensarci sempre, andrà tutto bene. Odio ammetterlo, ma tra di noi, chi ha più successo nel lavoro, è proprio Silvia, che è già una designer affermata nel panorama riminese. Io, invece? Bah. Finisco di cenare e poi vado in bagno. Mi porto dietro il cellulare, nulla di strano, lo faccio sempre, e controllo i messaggi. Stupide notifiche di facebook. D’un tratto mi assale la voglia improvvisa di cercare Laura sul social. So che non dovrei farlo, però… C’è ne sono tre, ma lei è inconfondibile. La sua immagine del profilo la ritrae sorridente assieme ai suoi due cani. Sorrido anche io e così, d’impulso, le chiedo l’amicizia. Ormai è fatta, merda. Mi faccio la doccia e sento il trillo del telefono. Quando esco e mi asciugo, lo controllo e noto che Laura ha accettato la mia amicizia. Non so perché questo mi faccia esultare internamente come un ragazzino. Con avidità, scorro la sua pagina, ma noto soltanto post che riguardano principalmente gli animali e il suo negozio. Vedo che è online, potrei contattarla per chattare un po’, ma la ragione me lo impedisce. Di là c’è mia moglie, in fondo.

Laura -8-


Filippo mi ha chiesto l’amicizia su facebook. Certo, non c’è nulla di eccezionale in questo, ovviamente. Lo fanno tutti, no? Però… lo ammetto: ho sbirciato il suo profilo e ho visto le foto della sua luna di miele. Sua moglie è una ragazza davvero attraente, ha un aspetto raffinato, oserei dire, con il fisico da acciuga e i capelli tagliati corti. Sembravano felici, nelle foto, persi in un atollo paradisiaco. Sono in negozio e ho staccato internet dal cellulare. Cosa m’importa, in fondo, di lui? Un amico in più tra i tanti amici finti su facebook. Sospiro, il telefono del negozio suona e io rispondo. È un fornitore che cerca ancora di propinarmi giochi per cuccioli di provenienza incerta perché “costano poco” e potrei farci un buon ricarico. Gli rispondo in malo modo, stupendomi io stessa del mio nervosismo. La porta del negozio si apre ed entra Catia, la mia amica. Saluto velocemente il fornitore e abbasso la cornetta. - Catia ciao! – esclamo, felice di vederla. Oggi i suoi capelli rossi e ricci sono ancora più disordinati del solito, ma il suo sorriso è, come sempre, esilarante. - Che cos’è questa storia? – mi domanda subito, senza neanche salutare. - Quale storia? - Non fare la finta tonta, cara. Sai a cosa mi riferisco. Mi punta il dito contro ed io mi sento piccola piccola. - Ah già, forse ti riferisci al mio incontro con Filippo Raggi. Per un attimo lei mi guarda senza parlare. Poi dice: - Ti trovo strana, hai gli occhi un po’ lucidi. Mi stringo nelle spalle. – Ma no, figurati! Vuoi un caffè? Lei appoggia la borsa sulla cassa. – Sono qui solo di passaggio, ho un appuntamento al salone tra mezzora. Voglio sapere solo… Stai bene? Non è che per caso l’hai rivisto e che ne so, ti sono venute in mente quelle scene da film. La guardo, incrociando le braccia al petto. - Di quali scene da film stai parlando? - Dai Laura, ci siamo capite. – Il suo tono è serio, molto serio. - No, tranquilla, cosa vai a pensare? È un uomo sposato e, a parte questo, cosa dovrebbe più importarmene di lui? È una storia passata da un secolo, ormai.


Lei mi fissa con i suoi occhi azzurro cielo. - Ti ricordo che io c’ero, quella volta. Già, eravamo tutti in classe insieme. - So quanto hai sofferto per quella storia, e non voglio che ricapiti mai più. Deglutisco, e poi sfioro nervosamente il tavolo, afferrando una penna a caso. - Non dovevi mostrarmi le partecipazioni? Lei mi lancia un’ultima occhiata, prima di mollare l’osso. So che parlare del matrimonio ha il potere di distrarla da tutto. Infatti, dalla borsa, estrae le partecipazioni e me le mostra. - Sono bellissime! – esclamo. Lei sorride, felice. - Sono contenta che ti piacciano. Tieni, questa è la tua. Stringo il cartoncino, rifinito con carta dorata, e poi lo ammiro. “Catia Ferri e Gianluca Marini vi invitano alle loro nozze che verranno celebrate il 26 luglio 2015.” - Wow! Non vedo l’ora! - Preparati, perché tu sarai l’ospite d’onore! Catia si mette a strillare come una ragazzina. Io sarò la sua dama di compagnia, nonché testimone di nozze assieme a suo cugino, Marco. - Ah, sai che Marco si è lasciato con la ragazza? – m’informa Catia. Mi guarda, come se, insomma, la cosa dovesse interessarmi. - Che c’è? – domando, fintamente sorpresa. - Sai che Marco ha da sempre un debole per te e, non perché è mio cugino, ma è un gran figo! - Sì lo so, lo so. – Marco è carino, è vero, ma lo conosco da una vita e non ho mai provato altro che simpatia, per lui. - Ma non avevi un appuntamento tu? Smettila di fare l’agenzia matrimoniale! - E tu smettila di fare la zitella. I ventisei anni non durano all’infinito, ricorda!


- Stronza! – rispondo, mentre lei sta uscendo ed entra una cliente che mi guarda un po’ stranita. - Salve signora, desidera?

Laura e Filippo, una vita fa -9-

Questa sera succederà, ne sono certa. Stasera io e Filippo faremo l’amore per la prima volta! Io non gli ho detto niente, e lui neppure, non sono neanche certa di essere la sua prima ragazza, dato che è stato con quella Jessica di terza C. Sfigata. Ci siamo portati dietro le coperte e ci siamo stesi su un campo di erba medica in collina, a guardare le stelle. È così romantico! Siamo a luglio e fa caldo, ed io indosso solo un paio di pantaloncini di jeans e una t-shirt. Il posto è meraviglioso, la luna e le stelle illuminano rendendo l’atmosfera fatata, e le cicale saltellano intorno a noi. Il cuore mi batte, forte. Troppo. Sono le dieci di sera ed io per mezzanotte devo essere a casa, faremo in tempo? Non so bene quanto durano queste cose. Filippo ha uno stelo di erba in bocca e fissa il cielo, seduto. Sembra silenzioso, perché? Ho paura di non essere abbastanza carina, eppure ho anche messo il lucidalabbra che mi ha consigliato Catia. - Sai – dice ad un certo punto, rompendo il silenzio. - Sì? - Ho un desiderio, da esprimere. - Oh… - Lo guardo, ma lui continua a fissare il cielo. – Cosa c’è? – domando. - Sto aspettando di vedere una stella cadente, dopotutto siamo qui per questo, no? - Certo… - rispondo, un po’ delusa. Finalmente lui si volta verso di me, un sorriso birbante sul viso. - Anche per altro, in verità… - Si abbassa su di me e, finalmente, mi bacia. Affondo le mani tra i suoi capelli e mi avvinghio a lui. Lo voglio, lo voglio davvero. Lui si stacca un attimo e ride. – Hai messo il lucidalabbra?


- Sì – rispondo con il respiro affannato – perché? - Ai maschi non piace, lascia tutta la bocca appiccicosa. - Dai, Filippo! – In risposta, lui infila una mano sotto la mia maglietta e mi sfiora il seno. In quell’attimo io vedo una stella cadente passare sopra di noi, ed esprimo il mio desiderio.

Filippo -10-

Questa mattina sono sceso al bar a fare colazione e poi sono passato davanti il negozio di Laura. Era presto ed era ancora chiuso, ma io mi sono fermato lo stesso, qualche istante, davanti alla vetrina. Perché provo questo intenso desiderio di rivederla? Non dovrei, in fondo, dovrei pensare alla mia famiglia, il nostro tempo è passato. Vado al lavoro e visito alcuni dei miei nuovi giovani pazienti. I bambini mi piacciono, dato che non ho seguito la strada del veterinario, preferisco comunque rapportarmi con qualcuno che non è ancora stato sporcato dalla vita e i bambini e i cani si assomigliano. Ricordo ancora il mio Spotty, confesso di avere la sua foto nel portafogli. È morto ormai da cinque anni, ma mi manca come sempre. Dopo di lui ho pensato di prenderne un altro, ma chissà come, non ci sono ancora riuscito e credo che non potrò prenderlo per lungo tempo. In un momento di pausa, mi bevo un caffè e controllo il cellulare. Vedo che Laura ha postato una foto buffa delle sue cagnoline che dormono sul divano. Senza neanche quasi rendermene conto, sto commentando. “ Meravigliose, ma il divano è piccolo e se lo godono tutto loro, ti hanno sfrattata?” Che stupido, che commento idiota. Laura penserà che mi sono bevuto la testa. Laura, Laura, Laura, da quando l’ho rivista non riesco a togliermela dalla mente. Mi rimetto al lavoro e spengo il cellulare.


Finisco di lavorare alle diciotto e scendo a fare una passeggiata in centro. Oggi si muore dal caldo e ho proprio voglia di un gelato. Passeggio, con il mio cornetto in mano, sfiorando distrattamente con lo sguardo le vetrine dei negozi. Inevitabilmente, passo anche davanti al suo, è come una calamita. Vedo Laura intenta al lavoro alla cassa. Il cliente esce dal negozio e lei lo saluta e, alzando la testa, incrocia il mio sguardo. Il sorriso le si blocca, per un attimo, poi abbassa gli occhi. Sono tentato di entrare, ma poi non lo faccio. Mi siedo su una panchina nei paraggi e termino il mio gelato. Poco dopo, vedo Laura che esce dal negozio per buttare l’immondizia e, questa volta, è più forte di me, la chiamo. - Laura! Lei si volta e mi guarda. Sta sorridendo. – Ciao Filippo, che ci fai qua? – Sembra cortese, solo questo. Magari pensa che sto iniziando a stalkerizzarla. Lo sto facendo? Mi stringo nelle spalle e getto il resto del cono nel bidone. – Mi sto rilassando dopo una giornata di lavoro, tu? - Sto ancora lavorando – ridacchia e non mi guarda in viso. Strano. - I tuoi stanno bene? – domando, in un palese tentativo d’iniziare una conversazione. Lei mi guarda e la sua espressione si fa terrea, prima di riprendere colore. Perché ho toccato proprio quel tasto? Sono un cretino senza misura. - Certo – risponde lei, - la mamma e la nonna stanno bene, ci vediamo spesso, ho preso casa a pochi chilometri di distanza da loro. Non parla di suo padre, giustamente. - E la tua famiglia? – domanda lei, con tatto. Si tocca una ciocca di capelli, prima di portarsela dietro l’orecchio. Sulle guance, coperte dal fard, si notano ancora quelle adorabili lentiggini.

Fine dell'estratto Kindle. Ti è piaciuto?


Scarica la versione completa di questo libri


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.