Universal Robots La civiltĂ delle macchine di Silvia Milani
e-book edition ISBN 978-8-899-14366-4 www.edizioniimperium.com
Prima Edizione - Marzo 2015 Diritti e proprietà letteraria riservata
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Cover Titolo
Universal Robot
Note L'autore Edizioni Imperium Copyright
Our love can put an end to this fucking world. Let's go! Tetsuo
1. INTRODUZIONE
Nell'universo esistono cose gelide e crudeli, a cui io ho dato il nome di "macchine". P.K. Dick, Uomo, androide e macchina; 1976
Non è affatto il vostro caso, d'accordo. Ma se, diciamo all'incirca tra il IV e il III secolo avanti Cristo, anziché costretti al servizio in un'armata di resistenza italica, alla mercé di zanzare e sanguisughe, foste nati in condizioni meno scomode, a una latitudine mettiamo più asciutta e à la page come Alessandria d'Egitto, è assai probabile che, prima o poi, bighellonando nei dintorni delle prigioni, sareste incocciati in grida disumane provenienti dai sotterranei. Un fatto che, essendo voi
cittadini smaliziati e favorevoli al carcere duro, non vi avrebbe sorpreso né spaventato granché. Ma che cosa avreste immaginato se, fra quelle grida, le vostre orecchie avessero colto anche formule inquietanti quali: "lunghezza del breve viscere dodici dita", oppure: "dimensione del lungo viscere nove cubiti e tre spanne"? Non appena compresa l'esatta realtà di ciò che avveniva tra le mura carcerarie, un brivido, o addirittura lo stesso dio Apophis, vi avrebbe corso la schiena, scrollandovi dalla testa ai piedi. Perché Alessandria era sì una ricca metropoli alla moda, ma era anche la capitale d'una mania che all'epoca aveva raggiunto dimensioni preoccupanti: la mania delle misurazioni. A quei tempi, in città, la popolazione di scienziati quasi eguagliava quella delle zanzare del Nilo, e per strada, a ogni angolo, se ne incontravano di tutte le nazionalità, intenti a misurare il cielo e a far di conto. È risaputo poi che il selciato de l'agorà fosse completamente ricoperto di calcoli scritti a gesso e che bande di matematici si spartissero i territori. A quei tempi, ad Alessandria, tutti misuravano tutto e tutto era conosciuto a partire dalle sue misure. Per volontà regale, i criminali condannati a morte potevano essere vivisezionati prima di essere giustiziati1 e questo era solo uno dei tanti modi in cui i Tolomei amavano dimostrare il loro impegno per la ricerca. Perciò i medici alessandrini, al contrario dei semplici ippocratici, i quali non erano in grado di distinguere un'arteria da un tendine, erano all'avanguardia negli studi di anatomia; e per confermare di non essere secondi a nessuno anche nelle misurazioni, erano soliti ponderare al millimetro la lunghezza e la superficie degli organi umani. Tra questi c'era Erasistrato, un medico assiduo frequentatore di prigioni che, a differenza del suo perspicace ma pur sempre ippocratico contemporaneo Erofilo, a furia di dissezionare e misurare gente viva e non, aveva maturato un'idea bizzarra del corpo umano: secondo lui i nervi servivano a comunicare il moto e le sensazioni al cervello e le arterie facevano capo al cuore, che a sua volta era responsabile del battito cardiaco. Inoltre, secondo Erasistrato, gli organi del corpo potevano essere considerati parti di una macchina assemblate tra loro e per questo le malattie, a differenza di quello che professavano i seguaci di Ippocrate, potevano essere individuate con precisione negli organi: per guarire era sufficiente capire in quale punto il corpo si fosse inceppato e procedere ad aggiustarlo.
Nei decenni successivi, la passione alessandrina per le misurazioni e i meccanismi arrivò al suo punto massimo con Eratostene che, mal sopportando le incoerenze geografiche dei poemi di Omero, calcolò con sorprendente precisione e soprattutto senza usare il GPS, il diametro della Terra, diventando una specie di rockstar dei geografi. Un paio di secoli più tardi, Erone, un altro scienziato alessandrino (che tanto avrebbe desiderato nascere ai tempi di Euclide e Archimede) ideò, con l'ausilio del vapore, un tipo di automaton che apriva e chiudeva le porte del tempio di Serapide. Questo grande estimatore degli studi anatomici di Erasistrato, in alcuni progetti aveva dato sfogo al suo estro meccanico facendo passare dei tubi idraulici dentro alcuni manichini, unendo così all'anatomia la sua passione per losteam. Oltre all'invenzione delle porte automatiche, le idee che lo resero famoso nei secoli riguardavano alcune macchine semoventi dalle sembianze umane ma, più che a singoli personaggi, Erone pensava di dar vita a veri teatrini automatici muniti di intervalli e cambi di scena. Il volume che raccoglieva queste invenzioni, intitolato Teatro degli Automi, non passò inosservato nei secoli, tanto che nel 1589 Bernardino Baldi, abate di Guastalla, ne stampò a Venezia una versione aggiornata con figure ancora più dettagliate, intitolandolo Di Herone alexandrino degli automati, overo machine semoventi, libri due. Una pubblicazione che seguiva di circa quarant'anni la diffusione del capolavoro di un noto medico anatomista laureatosi a Padova, un medico fiammingo di nome Vesalio, il quale nel 1543 aveva pubblicato un'opera rivoluzionaria, un volume illustrato, intitolato De fabrica corporis Humani, contenente immagini dettagliate di scheletro, muscoli, sistema nervoso, vasi sanguigni e viscere. Vesalio aveva anche abbellito le sue tavole anatomiche con pose artistiche e ambientazioni originali, parecchie delle quali si trovano oggi riprodotte nei corpi plastinati di Gunter von Hagens. Dai caroselli mobili in vetta alle cattedrali, ai ninnoli da camera di Jacquet-Droz e Leschot, l'ingresso degli automata nel XVIII secolo era ormai cosa fatta. È noto che poco prima, tra Sei e Settecento, la meccanica era diventata soprattutto materia di orologiai. L'orologio astronomico di Praga era stato impreziosito proprio in quel periodo dalle statue semoventi simboleggianti la morte, la lussuria, la vanità e l'avarizia. Ma gli automi piacevano anche quando sporcavano il boudoir, come l'oca metafisica di Vaucanson, o suonavano, scrivevano e disegnavano all'infinito le stesse
cose, in qualche gabinetto francese o spagnolo. Allo stesso tempo lo studio del corpo, sempre più approfondito e specializzato, affascinava un pubblico esteso ed eterogeneo, e la cera anatomica di Clemente Susini, detta anche Venerina,2 nonostante lo squarcio che ne metteva in bella vista le viscere, poggiava il dorso su di un cuscino ricamato e portava al collo un elegante filo di perle. Agli inizi dell'Ottocento, Richard Clark3 aveva denominato il movimento conclusivo della quinta suite di Händel Il fabbro armonioso: durante la prima variazione, infatti, la nota Si tornava a essere ripetuta con regolarità dalla mano destra, suggerendo così l'immagine di un martello che batteva su di un'incudine: la prima rivoluzione industriale cominciava a imporre i propri costumi all'immaginario collettivo e la creatura del dottor Frankenstein, venuta alla luce nel 1818, oscurava i lumi del secolo positivista col primo romanzo di fantascienza. Gli esperimenti che Luigi Galvani e Alessandro Volta fecero "sul potere elettrico nel movimento dei muscoli"4 alla fine del Settecento, avevano costituito la principale materia d'ispirazione del romanzo, ma ancor prima che l'elettricità cominciasse a illuminare le case, intorno al 1860, Zadoc Dederick e Isaac Grass avevano brevettato un robot umanoide a vapore, utile per trainare carretti, che tanto sarebbe piaciuto a Erone. Lo Steam Man però, invece di rivoluzionare il sistema dei trasporti, ispirò una delle dime novel5 più vendute negli Stati Uniti,The Steam Man of the prairies. Se, giusto un anno prima che si unisse l'Italia, Ippolito Nievo, nei panni di uno storico del futuro, raccontava di robot creati in provetta da due fabbricanti di macchine per cucire, in piena epoca giolittiana, nel 1905, il sociologo Mario Morasso poteva ben scrivere un saggio dal titolo eloquente La nuova arma: la macchina, in cui ragionava di automobili e di meccanici come D'Annunzio avrebbe discettato di belle donne e di eroi. In quest'opera Morasso aveva denominato wattman l'operaio elettricista, il quale formava "un solo corpo con la macchina" e primeggiava su duemila e passa anni di storia culturale.6 Mentre la creatura elettroumana del sociologo genovese diveniva capace di adattare il proprio corpo e il proprio spirito all'anima barbarica del motore (e si trasformava così in un essere "per metà uomo e per metà ordegno di ferro"), l'automobile cominciava a rivaleggiare in bellezza con la Vittoria diSamotracia,7 al punto che la dea alata dovette clamorosamente cedere a essa il suo primato nel
19098: Alessandria d'Egitto, la patria di Erasistrato e di Erone, aveva messo al mondo un altro fanatico dei meccanismi, nel 1876 vi era nato Filippo Tommaso Marinetti. L'Egyptien (così i poeti parigini lo battezzarono a cavallo del Novecento) aveva maturato negli anni giovanili una sofisticata cultura cosmopolita e un eccellente grado di apertura alle novità; per questo, con le abbondanti energie e l'irriverenza che le sue inesauribili risorse economiche gli permettevano, reclamizzò l'universo meccanico delle locomotive, degli aeroplani e degli automobili, come il solo veramente in grado di allegorizzare un'ineluttabile e prospera civiltà futura, già entrata nel regno della "divina Luce Elettrica"9 e destinata ad accrescersi al ritmo delle industrie e dei cantieri. Quando, a distanza di qualche decennio, il teorico della cibernetica Norbert Wiener pubblicò Introduzione alla cibernetica e la sottotitolò l'uso umano degli esseri umani, la sua intenzione era quella di illustrare un insieme eterogeneo di studi e di esperienze allo scopo di rendere cosciente l'umanità sui rischi concreti di un'abitudine all'automatismo. Partendo da una teoria dei modelli della mente umana, Wiener aveva studiato e sperimentato l'ordine e la natura delle informazioni contenute nelle macchine: anche questa volta il funzionamento dell'essere umano era stato osservato per costruire macchinari sempre più sofisticati ed efficienti e, novità, provvisti di organi di senso. Dopo la Seconda guerra mondiale, i semplici congegni a orologeria degli automi moderni passarono definitivamente in sordina e al posto loro comparvero servomeccanismi sempre più complessi che sentivano il mondo esterno. Il matematico Wiener, in un primo momento mise insieme una teoria per realizzare macchine che potevano controllare e sostituire gli esseri umani, poi si rese conto che l'umanità correva il rischio di automatizzarsi a sua volta e per questo tentò di avvertire tutti, ma con scarsi risultati: le porte automatiche dei supermercati erano ormai indispensabili a coloro che uscivano con buste e carrelli e l'automobile era necessaria per arrivare al lavoro in orario. Per non patire il freddo al nono piano di un condominio non poteva non esserci un termostato che regolasse la temperatura del termosifone e nemmeno poteva mancare un telefono, se non per svago, almeno per le emergenze. Il nono piano poi, non poteva essere raggiunto se non con l'ascensore e il frigorifero serviva a non far marcire la spesa. La lavatrice occorreva anche per rasciugare i panni e la TV era diventata d'obbligo per passare il tempo e tenersi informati.
L'industria aveva sviluppato l'automazione grazie alla nuova scienza cibernetica e di conseguenza la vita degli esseri umani aveva cambiato struttura. Trascorsa l'epoca dei favolosi automi di Vaucanson, i meccanismi, divenuti robot, costruivano gli oggetti in serie, spesso imitando i gesti dell'uomo e le sue forme (come nel caso dei bracci meccanici) e ciò anche grazie ai sensori. Come Filippo Tommaso Marinetti e lo stesso Mario Morasso avevano preannunciato, l'umanità utilizzava un numero sempre maggiore di "ordegni", finendo così per assimilarne la natura: perché "noi siamo automatismo non meno che spirito", come sosteneva il matematico Pascal (Pensieri, 470).
2. HOMO EX MACHINA
Tu non daresti mai tua figlia in sposa ad un ingegnere. Platone, Gorgia; IV secolo a.C.
UNO SGUARDO PERTURBANTE
Chi non ricorda il lugubre e congelato laboratorio di Hannibal Chew, il progettista di occhi della Tyrell Corporation? Siamo nel 2019 (in verità è il 1982) e i replicanti di Ridley Scott lottano per rimuovere la data di scadenza dal loro DNA. "You're a Nexus 6? I've designed your eyes", bisbiglia Hannibal a un irriducibile Roy Batty... Nel mondo di Blade Runner i replicanti sembrano nutrire nei confronti dei loro progettisti un timore mescolato a una torva e innocua spavalderia, sebbene il dottor Tyrell, l'artefice massimo o, come lo definisce Roy, il "padre" dei Nexus 6, finisca con la testa spaccata e le orbite sfondate per la rabbia frustrata del suo figliol prodigo. Nel 2019 distinguere un replicante da un essere umano non è più una cosa facile, e il questionario Voigt-Kampff aiuta a riconoscere i lavori in pelle della Tyrell Corporation: il test prevede che l'occhio dell'analizzato venga messo a fuoco da uno strumento che rileva le variazioni di tensione dei suoi muscoli:imago animi vultus, indices oculi.10
Se agli inizi dell'Ottocento l'esame Voigt-Kampff fosse stato già in circolazione, è assai probabile che un tale di nome Nathanael si sarebbe risparmiato un sacco di grane nella vita, perché il racconto di cui è il protagonista, il cui titolo originale è Der Sandmann,11 non finisce bene per lui.
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