SIMONE BERNARDI PIRINI Matricola 747504
Tesina di Fotografia Insegnamento di Storia Contemporanea Corso di Laurea in Design della Comunicazione Politecnico di Milano, FacoltĂ del Design Anno accademico 2011/12
SCEGLI LA TUA IMMAGINE
INCENTRAMENTO SUL TEMA
A differenza che in passato oggi la fotografia può
Se consideriamo l’immagine fotografica come una
avvalersi di una riproducibilità tecnica non più solo
traccia del reale, possiamo allora affermare che il
meccanica o analogica, ma anche digitale e di
prodotto cui rivolgiamo la nostra attenzione parte
tecnologie sempre più avanzate e complesse,
comunque da un’esperienza reale, nonostante
reperibili ed utilizzabili da un numero così alto di
quella stessa immagini lasci trapelare il presupposto
persone da diventare il mezzo prediletto da tutti
dell’illusione. Tuttavia, riferendomi a Claudio Marra,
coloro che vogliono rappresentare il percepito
credo sia assai problematico riuscire a distinguere
sfruttando le sue caratteristiche di esattezza,
tra realtà e finzione per definire lo specifico
concretezza, facilità e velocità di fruizione, per
fotografico.
esprimersi nella sua dimensione dell’estetitca e,
Circoscrivendo il territorio d’analisi a quello della
magari, dell’arte.
rappresentazione della figura umana e dei suoi
Tali caratteristiche, irradiate da una componente di
costumi, si potrebbe quasi affermare che non esiste
fascinazione, persuasione ed influenza, sono state
uno specifico della fotografia in senso stretto, ma
comprese e subito utilizzate dai mass media per
identità diverse e trasversali che si affiancano e si
immagini, che hanno trasformato il mezzo
sovrappongono. Si presuppone che artisti e i
fotografico in un mero supporto di fascinazione di
fotografi per professione, abbiano sviluppato una
massa per la loro diffusione, più o meno cosciente,
sensibilità colta, che mettono a disposizione del
di ideali, modelli e mode.
fruitore attraverso le loro visioni di impressioni del
In una dimensione accelerata della realtà, le
reale, considerando probabilmente la fotografia
abitudini, i rituali, le banalità del nostro vivere
come un mezzo veloce e mimetico per esprimere il
quotidiano e, con essi il nostro corpo e le nostre
loro particolare punto di vista attraverso provoca-
identità, sono divenuti il materiale preferito di
zioni, sorprese e fascinazioni.
numerosi artisti che hanno compreso la necessità di
Il problema è che un’immagine esposta al pubblico,
circoscrivere il proprio territorio di ricerca a un
assume quell’aura di celebratività che spesso
immaginario sempre più omologato.
influenza e domina sullo scopo del fotografo, il
quale chiaramente non è sempre palese e manifesto, ma interpretabile ed interpretato. Così come con i libri viviamo altre vite, con la fotografia viviamo altre identità. La differenza sostanziale è che la componente discorsiva dei libri, la loro sintassi, mette in moto la nostra capacità cognitiva di elaborare criticamente i loro contenuti; la fotografia, al contrario, per l’assenza di una componente discorsiva e sintattica, ma per la certificazione di un’appartenenza del contenuto al reale, si traduce in percezioni persuasive, ambigue e puramente espressive, capaci di influire il nostro inconscio, in maniera non propriamente manifesta. L’immagine fotografica così, per la sua potenza sintetica, empatica, fascinatoria ed interpretativa, diventa anche un mezzo generatore di modelli ed ideali che influenzano più o meno inconsciamente il campo dell’identità e della concezione del sé, modificando quello che al giorno d’oggi è diventato un linguaggio immediato per immagini in un contesto sociale mutato dagli automatismi che il progresso ha generato.
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DALLA PAROLA ALL’IMMAGINE
DALLA PAROLA ALL’IMMAGINE L’EPOCA DELLA COMUNICAZIONE ISTANTANEA
Questo approfondimento si occupa di quel genere
riconoscere immagini in codice e rappresentazioni
di comunicazione che, ogni giorno e in ogni
grafiche; si pensi alle migliaia di messaggi
momento, ci scivola accanto senza far rumore, pur
pubblicitari che il nostro cervello deve elaborare
esercitando su di noi un’influenza del tutto
ogni giorno.
particolare.
Abbiamo trascorso gli ultimi 100 anni inventando
Nell’epoca della comunicazione istantanea, si fa
alternative alla lettura , meno esigenti e meno
sempre più forte e palese l’esigenza di fornire
onerose in termini di tempo: radio, televisione, film,
informazioni senza ricorrere alle parole, di
videogiochi, internet e ora telefoni cellulari e
esprimersi attraverso canali in grado di soddisfare
smartphones.
le nostre derivate esigenze di velocità, trascenden-
È dovuto ed istintivo ricondurre tutti questi medium
do l’importanza del mezzo linguistico.
per immagini al mezzo fotografico, frutto e causa
Mai come oggi la comunicazione è stata
di automatismi.
caratterizzata dall’internazionalità e
La nostra vita sta accelerando; nessuno è più
dall’immediatezza, qualità alle quali la lingua mal si
disposto ad aspettare. Tutti vogliamo risposte
adatta.
veloci e il più facilmente comprensibili possibile. In
Man mano che l’alfabetizzazione tradizionale
questa corsa la lingua viene dimenticata e le parole
diminuisce, quella visiva prospera. In conseguen-
sono calpestate, tale è il volume e la velocità dei
za, oggi, del sovraccarico d’informazioni, o per
nuovi mezzi di comunicazione per immagini.
essere più precisi, del sovraccarico testuale, la
Abbreviazioni visive di ogni tipo indulgono al
capacità di conservare l’attenzione per un periodo
globale gusto della velocità ed il fenomeno non
di tempo prolungato crolla. Un numero sempre
manifesta alcuna tendenza a scomparire: è troppo
inferiore di persone legge libri e giornali; la
tardi per rallentare questo processo messo in moto
tendenza è alla consultazione veloce e alla lettura
con l’avvento della fotografia. Internet e messaggi
superficiale. Siamo meno affamati di parole ma
di posta elettronica utilizzati con connessioni
abbiamo sviluppato la capacità di cogliere e
sempre più veloci, ci rendono facilmente
raggiungibili da miliardi di persone, organizzazioni, eventi, clienti, beni e servizi di ogni parte del mondo. La globalizzazione è una realtà: il commercio è in espansione, il turismo in crescita. Tutto sta decollando e la pressione esercitata senza tregua sulle attività economiche e sui servizi pubblici impone una velocità sempre maggiore. Nell’ultimo decennio Internet ha alzato notevolmente la posta in gioco: il world wide web è innanzitutto un mezzo visivo.
Questo approfondimento cerca di offrire una visione dello stato attuale, evoluzione di un’arte antica: l’uso delle immagini utilizzate per la rappresentazione del percepito, di identità, per veicolare l’espressione e per la trasmissione di informazione.
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IL SENSO DEL PROGRESSO
Il progresso genera progresso. Nel bene e nel male, è inevitabile, è uno degli automatismi più o meno consci della storia dell’uomo. Il progresso stesso, la persecuzione di un risparmio di tempo in virtù di una ricerca all’automatismo fine a sé stesso è contemporaneamente obiettivo e causa della crisi dell’uomo contemporaneo e con ogni probabilità del suo senso di smarrimento. Lo sforzo nel trovare una soluzione che porti gli uomini a farne meno. Suo vanto, affanno e rovina.
L’accelerazione toglie significato alle cose. Le svuota del processo cognitivo e dell’intenzionalità che dovrebbe invece arricchirle di significato, di potenza; così, grazie al progresso tecnico e tecnologico, l’uomo ha la possibilità di risparmiare tempo nel riempire di senso cose che di senso non ne avranno ben presto più. Perchè l’uomo stesso ben presto sarà troppo occupato nel creare un’altra forma di automatismo che gli permetta di risparmiare altro tempo.
QUALCHE PASSO INDIETRO
È curioso constatare come tra le prime testimonian-
parietali, gli archeologi hanno individuato impronte
ze lasciate dall’uomo vi sia l’anticipazione di una
di mani tracciate in negativo sulle rocce. Ci
delle più studiate e dibattute dicotomie dell’arte
troviamo quindi di fronte a due generi di tracce.
contemporanea: quella che vede le rappresentazio-
Possiamo osservare che i graffiti e le pitture
ni contrapposte alle impressioni (della realtà), la
tracciate sui muri imitano visivamente degli oggetti,
pittura alla fotografia.
che al giorno d’oggi risultano ancora riconoscibili grazie al persistere di un codice semantico rimasto
I primi segni tracciati sulle pareti delle caverne
immutato.
preistoriche costituiscono infatti un sintomo
Il nostro bisogno di capire il significato dei segni, ci
premonitore di due diverse esigenze e due
porta a supporre che quelle tracce volontariamente
altrettanto diverse modalità di rapporto con le
mimetiche e somiglianti al reale, fossero state
immagini e con il mondo circostante.
tracciate per qualche motivo; non ci importa in
Cosa s’intende per “immagini”? La mia concezione
questa sede sapere con precisione quale fosse
mi porta a considerarle come tentativi di fermare il
questo motivo, anche perché sarebbe assurdamen-
tempo e di rappresentare lo spazio su di un
te presuntuoso supporre di capire il perché un
supporto, con l’obiettivo di comunicare qualcosa,
uomo tracciò probabilmente in modo istintivo dei
più o meno consciamente.
segni su una parete, ma è interessante invece
Guardando al passato con gli occhi di un uomo che
furono tracciati quei segni.
ha la necessità e la presunzione di capire il motivo
Per quanto riguarda le pitture e i graffiti, si può
delle tracce del passato (un uomo con la mania di
pensare che i fruitori in virtù dei quali vennero
trovare una spiegazione a ogni evento), non
tracciati fossero gli stessi appartenenti al gruppo
possiamo che considerare le immagini dell’uomo
tribale, alla comunità; non sembra troppo pensabile
che fù come un tentativo di lasciare una traccia.
un intento rappresentativo quale quello di
Accanto ai primi graffiti rupestri e alle pitture
testimoniare ai posteri come fosse il mondo allora,
entrare nell’ottica del fruitore in virtù del quale
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perché è poco concreta l’idea di una coscienza del
Ecco l’essenza della fotografia: la sua potenza, la
cambiamento della società stessa che implica
sua fortuna.
questo genere di testimonianza. È invece più facile
Con un gesto di sforzo fisico e cognitivo pratica-
supporre che l’intento fosse quello di esorcizzare i
mente nullo, è possibile ottenere un’immagine
cattivi auspici legati alla caccia, per ringraziarne
mimetica al massimo col reale, facilmente
metafisicamente la bontà; erano – insomma - una
realizzabile.
sorta di modo per ingraziarsi la sorte.
Minimo sforzo, massima resa: un automatismo.
Riferendoci all’impronta invece, considerandola
La storia dell’arte, a partire da quel primitivo gesto
comunque un frutto di un istinto quasi ingenuo, è
di espressione parietale, si è snodata in una
più facile intuire un implicito desiderio di
spontanea corsa alla mimesi del manifesto,
testimoniare la propria presenza in quel posto ed in
attraverso stili e poetiche registrando soprattutto gli
quel momento; e sebbene non sia da escludere che
sforzi degli artisti sulla via dell’iconicità e della
il significato del gesto fosse dovuto a sacralizzare il
rappresentazione, per somiglianza e per interpreta-
proprio senso d’appartenenza alla propria
zione, tramite la forma d’arte per eccellenza: la
comunità, è più esplicitamente forte la traccia come
pittura. La rappresentazione della figura umana ha
gesto certificatore di esistenza fine a sé stesso; e
costituito in particolare una chiara tipologia
anche se questa testimonianza d’esistenza non
preferenziale di raffigurazione, forma di studio,
fosse cosciente come atti di comunicazione ai
indagine e quintessenza stessa dell’arte.
posteri, per noi è sicuramente di più forte impatto.
Se si riflette con che immagine-icona si idealizzi il
Probabilmente non vi è un preponderante senso di
concetto di arte, ci si accorgerà che probabilmente
consapevolezza del gesto, né una volontà
nell’immaginario comune essa si configura con un
particolare nell’espressione; la potenza che
celebre ritratto.
caratterizza l’impronta della mano e ne determinò la realizzazione è la facilità dell’impressione del
Il ritratto e l’autoritratto hanno costituito l’oscuro
referente su di un supporto. Si tratta di un attimo.
oggetto del desiderio di ogni uomo, un’effige in
grado di sconfiggere il tempo, di eleggere la figura umana a decoro, vezzo, sinonimo di bellezza, trofeo autoreferenziale. I pittori si sono affannati così, per secoli, nel cercare di rendere mimetici, realistici, veritieri i volti che posavano per loro. Tant’è che, con la nascita e la diffusione della fotografia, che venne eletta, non esattamente all’unanimità, impronta per eccellenza del reale (quale a tutti gli effetti, almeno linguisticamente, era), il settore più radicalmente rivoluzionato fu proprio quello delle arti tradizionali. Il pittore non poteva più dipingere un mondo tanto fotografato. Passò allora, con l’espressionismo e le avanguardie artistiche del novecento, a rivelare il processo interno della creatività. L’arte insomma passò dalla rappresentazione del mondo esterno a quella del mondo interiore.
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LA FOTOGRAFIA COME RISULTATO DI UN’EVOLUZIONE TECNOLOGICA
Senza i progressi avvenuti nel mezzo stampa, senza
scoperto il modo di rappresentare rapporti visivi
le xilografie e le incisioni, la fotografia come
senza una sintassi, automaticamente.
supporto ai mezzi di diffusione di massa non
Ci si rese conto che la fotografia era una forma di
avremme mai avuto possibilità d’attuazione. Per
automazione capace di eliminare i procedimenti
secoli xilografia e incisione hanno rappresentato il
sintattici della matita e del pennello; essa
mondo per immagini mediante composizioni di
permetteva di rispecchiare il mondo esterno con
linee e di punti dalla sintassi assai complessa. Già
esattezza, senza sforzo manuale nè cognitivo.
sfruttando il progresso della riproducibilità in serie al servizio del mezzo stampa, esse si fecero per secoli veicolo di diffusione di conoscenza pratica attraverso artefatti (un celeberrimo esempio fra le sue prime comparse nell’enciclopedia di Diderot e D’Alembert) reperibili da un elevato numero di persone. Esse si caratterizzarono, chiaramente, di una tecnica che via via vide una grande evoluzione negli anni, frutto di studi e specializzazioni, che come in ogni caso tese però a concludersi in una sostanziale scomparsa nel raggiungimento di un progresso tecnologico. La sintassi, cioè la rete della razionalità, con il comparire del mezzo fotografico sparì dalle stampe, così come tendeva a sparire dalla pittura impressionista. Il punto di vista sintattico indirizzato dall’esterno verso il quadro sparì nel momento in cui, sotto l’azione di un click, gli uomini hanno
LA FOTOGRAFIA COME CAUSA DI UN MUTAMENTO SOCIALE
Così come furono decisive le caratteristiche di
con la stessa immediatezza con cui altera la
uniformità e ripetibilità a determinare il distacco
posizione del nostro corpo in pubblico come in
gutenberghiano tra Mediovevo e Rinascimento,
privato. La fotografia portò degli enormi effetti sui
apportando una rivoluzione nel campo della
nostri sensi, sul nostro linguaggio e sui nostri
trasmissione della conoscenza in forma scritta, allo
processi mentali. L’era della fotografia è diventata,
stesso modo, le caratteristiche di immediatezza
come nessun’altra epoca, l’era della sintesi, del
ed esattezza elessero la fotografia come
gesto, della posa e del mimo.
portatrice di una vera e propria rivoluzione nel
Freud e Jung fondarono le loro osservazioni
campo della rappresentazione di oggetti ed idee
sull’interpretazione dei linguaggi delle posizioni e
mediante immagini.
dei gesti, individuali e collettivi, in rapporto con i
Questa impressione di esattezza, e addirittura di
segni e con le azioni normali della vita quotidiana.
iper-realtà, portò all’istauramento di un rapporto
Quei tipi di Gestalt fisica e psichica, (vere e proprie
d’intensa partecipazione e coinvolgimento con il
fotografie “in posa”), su cui svolgevano la loro
fruitore, un meccanismo che, nel bene e nel male,
opera analitica dovevano certamente molto al
nessun mezzo aveva mai evocato.
mondo delle “pose” rivelato, appunto, dalla
Un enorme mutamento sociale che forse è
fotografia.
anche il modo più rapido per cogliere il significato
La fotografia non soltanto ha influito sul nostro
della fotografia come creatrice di un mondo di
atteggiamento esteriore ma sui nostri atteggia-
transitorietà accelerata. L’accelerazione
menti interni e sul dialogo con noi stessi.
modifica qualsiasi significato. Essa li banalizza, li costringere ad essere estremamente intuitivi o li induce ad essere ignorati. La totale trasformazione della consapevolezza sensoriale umana determinata dalla fotografia implica uno sviluppo dell’autocoscienza che altera l’espressione facciale
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L’ILLUSIONE DEL CONCRETO
La fotografia tende a trasformare le persone in cose. Secondo un’ottica consumistica propria dell’uomo contemporaneo, essa cede all’uomo la possibilità di estendere e moltiplicare l’immagine umana alle proporzioni di una merce prodotta in serie. Facendo riferimento ad un mondo della comuncazione per immagini influenzata fortemente da mode ed ideali, le dive del cinema e gli attori più popolari sono da essa consegnati al pubblico dominio. Diventano sogni che col denaro si possono acquistare. Possono essere comprati, abbracciati, toccati.
LA TEORIA DELLA MOTIVAZIONE UMANA
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BISOGNI E DESIDERI
Alcune di queste sono proposizioni tanto vere da
è importante, perché fruttuoso.
essere banali.
I desideri particolari che passano attraverso la
Sebbene si possa dire che un individuo sia una
nostra coscienza quotidianamente, non sono in se
totalità integrata ed organizzata, và sotteso che
stessi così importanti come lo è ciò che rappre-
essi sia motivato nella sua interezza e non soltanto
sentano, ciò a cui portano, ciò che possono
in una parte di sé.
significare, se si conduce un’analisi più profonda.
Quando un individuo ha fame, muta non solo nella
L’uomo è un animale pieno di esigenze e raramente
sua funzione gastrointestinale, ma in molte altre
raggiunge uno stato di completa soddisfazione
delle sue funzioni di cui è capace, forse nella
salvo per un tempo breve. Quando un desiderio
maggior parte di esse.
viene soddisfatto, un altro viene fuori a prendere il suo posto. Una caratteristica dell’essere umano,
Se esaminiamo attentamente i desideri medi che
lungo tutta la sua vita, è che praticamente egli
abbiamo nella nostra vita quotidiana, troviamo che
desidera sempre qualcosa.
hanno almeno una caratteristica importante, cioè
Desiderare una cosa significa che già esistono
che sono mezzi ad un fine, piuttosto che esse fini
soddisfazioni di altri desideri: noi non avremmo il
in se stessi. Vogliamo danaro, per poter avere
desiderio di fare una fotografia se i nostri stomachi
un’automobile. Vogliamo un’automobile, perché i
fossero vuoti per la maggior parte del tempo o se
vicini ce l’hanno e non vogliamo sentirci inferiori ad
morissimo continuamente di sete o fossimo
essi, per poter conservare la stima in noi stessi ed
continuamente minacciati da un’imminente
essere amati e rispettati dagli altri.
catastrofe o se tutti ci odiassero.
I sintomi sono importanti, non tanto in se stessi,
L’essere umano non è mai soddisfatto che alla
ma per ciò che in ultimo significano, cioè per
maniera relativa di una tappa lungo un itinerario.
quelli che possono essere i loro ultimi fini o effetti. Lo studio dei sintomi in se stessi è poso importan-
Contestualizzando le nostre considerazioni, occorre
te, ma o studio del significato dinamico dei sintomi
parlare dell’influenza della realtà.
In rapporto al problema che si sta esaminando, c’è quello dell’influenza della realtà sugli impulsi inconsci. Naturalmente l’inconscio non conosce valori, non conosce bene e male, non conosce moralità né segue alcuna regola di selezione. John Dewey sostiene che tutti gli impulsi presenti nell’adulto si integrano con la realtà e se ne sono influenzati. In una parola, questo equivale a sostenere che non ci sono impulsi dell’inconscio o – leggendo fra le righe -, che se ce ne sono, sono intrinsecamente derivati dalla realtà stessa.
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I BISOGNI COGNITIVI
I bisogni che usualmente vengono assunti come
bisogni di sicurezza in modo più efficace osservan-
punto di partenza delle teoria della motivazione
do i bambini, in cui questi bisogni sono molto più
sono i cosiddetti impulsi fisiologici: quelli
semplici ed ovvi. Una ragione per cui nei fanciulli
identificabili come aventi sintomi di appetito (cibo,
compare più chiaramente la reazione di minaccia o
sesso, ecc…).
di pericolo è che essi non la inibiscono, mentre gli
Ma che cosa avviene dei nei desideri umani quando
adulti nella nostra società hanno appreso ad inibirla
c’è abbondanza di pane e quando il ventre è
ad ogni costo. Altri aspetti più ampi del tentativo di
cronicamente pieno? Avviene che subito compaiono
cercare sicurezza e stabilità nel mondo appaiono
altri (e più alti) bisogni e sono questi a dominare
nella comune preferenza per le cose familiari
l’organismo invece della fame fisiologica. Se viene
rispetto a quelle non familiari, per le cose
soddisfatta, la fame diventa di scarsa importanza
conosciute rispetto a quelle non conosciute.
nella dinamica ordinaria dell’individuo.
Se i bisogni fisiologici e quelli di sicurezza sono
Quando i bisogni fisiologici sono stati gratificati
abbastanza soddisfatti, emergono i bisogni di
abbastanza bene, emerge una nuova serie di
affetti, di amore e di appartenenza. L’individuo
bisogni, che possiamo categorizzare approssimati-
desidera un posto nel suo gruppo, un ruolo,
vamente come bisogni di sicurezza (sicurezza,
desidera superare il diffuso sentimento di
stabilità, dipendenza, protezione, libertà dalla
alienazione, il sentimento di solitudine.
paura, dall’ansia e dal caos, bisogno di struttura, di
Non abbiamo molte informazioni scientifiche sul
ordine, di legge, di limiti, di un forte protettore, e
bisogno di appartenenza, sebbene questo tema sia
così via).
molto trattato nei romanzi, nelle autobiografie,
Possiamo dire che i ricettori, gli effettori, l’intelletto
nelle poesie e nei drammi, così come nelle arti
e le altre capacità sono prima di tutto strumenti di
figurative e nella letteratura sociologica.
ricerca di sicurezza.
Dopodichè, tutte le persone della nostra società
Sebbene si faccia più solitamente riferimento agli
hanno bisogno e desiderio di una valutazione di se
adulti, possiamo forse cercare di capire i suoi
stessi o autostima e di una stima da parte degli
altri, che sia stabile, ferma e ordinariamente alta.
ne, di autocompiacimento, cioè alla tendenza che
Le esigenze di questo genere possono essere
egli ha ad attualizzare il ciò che è potenziale.
classificate in due categorie: da una parte il
Questa tendenza può essere indicata come il
desiderio di forza, di successo, di adeguatezza, di
desiderio a divenire sempre più ciò che idiosincrati-
padronanza e di competenza, per affrontare con
camente si è, a divenire tutto ciò che si è capace di
fiducia il mondo, di indipendenza e di libertà;
diventare.
dall’altra parte abbiamo ciò che può essere chiamato desiderio di reputazione o prestigio (nel senso di rispetto e stima da parte delle altre persone), di una posizione sociale, di fama e di gloria, di dominio, di importanza, di dignità e di apprezzamento. Si può osservare che il rapporto che corre fra il bisogno di appartenenza e il bisogno di stima, è un rapporto di estroversione dinamica: si ha prima desiderio di riconoscersi in un ruolo, per poi passare al desiderio di rappresentare il ruolo stesso. Anche se queste esigenze vengono soddisfatte, possiamo aspettarci che presto si svilupperà un nuovo stato di scontentezza, se l’individuo non sarà occupato a fare ciò che egli, individualmente, è adatto a fare. Ciò che uno può essere, deve esserlo. Egli dev’essere come la sua natura lo vuole. Si riferisce al desiderio di autorealizzazio-
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I BISOGNI CONATIVI
Gli esseri umani hanno un vivo interesse per il
Anche dopo che si è conosciuto, si è spinti a
mondo, per l’azione e per la sperimentazione. Essi
conoscere di più, più dettagliatamente e più
ricavano una profonda soddisfazione quando si
estesamente. Questo processo è stato da alcuni
avventurano per il mondo. È in questa visione degli
illustrato come ricerca del significato.
esseri umani che ci troviamo a considerare le
È allora il caso di postulare un desiderio di capire,
dinamiche della curiosità e della comprensione.
di sistemare, di organizzare, di analizzare, di
L’acquisizione della conoscenza può essere
cercare relazioni e significati, di costruire un
considerata in parte come una tecnica di per il
sistema di valori.
raggiungimento di una sicurezza fondamentale nel
Una considerazione è che i bisogni di conoscere e
mondo e come espressione di autorealizzazione.
capire sono bisogni conativi, cioè hanno il carattere
Per un certo punto di vista si possono considerare
di produrre sforzo; essi sono costruttivi della
queste formulazioni come risposte parziali alle
personalità così come lo sono i bisogni cognitivi,
questioni riguardanti il ruolo motivazionale della
appartenenti all’altra gerarchia, in un rapporto di
curiosità, dell’apprendimento, del filosofare, dello
sinergia.
sperimentare. In poche parole il ruolo della
È il caso notare che ci sono vari altri determinanti
motivazione insita nel trovare risposte. Per capire
del comportamento e della personalità (e quindi dei
questo genere di bisogno è ancora utile fare
bisogni cognitivi e conativi stessi). Si hanno forti
riferimento all’infanzia: il bisogno di conoscere e di
influenze dirette, per esempio, nel momento in cui
capire appaiono nei fanciulli, i quali non hanno
entrano in gioco ideali e modelli sociali (che
bisogno che s’insegni loro ad essere curiosi.
sono sempre culturalmente mediati).
La diffusione del fenomeno della ricerca della conoscenza, la quale non scompare mai del tutto, fa pensare che il bisogno cognitivo è un bisogno fondamentale e non solo un mezzo per la soddisfazione di altri bisogni.
DETERMINANTI DEL COMPORTAMENTO
Premettiamo innanzitutto che non ogni comportamento è motivavo, ovvero spinto da bisogni. Ordinariamente i comportamenti sono espressivi ed intenzionali (o funzionali, con cui si affrontano le situazioni), fra i quali c’è una differenza fondamentale. Un comportamento espressivo non è un comportamento che cerchi di fare qualcosa, è semplicemente una riflessione della personalità. Uno stupido si comporta stupidamente, non perché voglia comportarsi così o sia motivato a farlo, ma solo perché egli è quello che è. Sono stati dati molti esempi dei modi in cui gli interessi sono determinati dalla gratificazione e dalla fruizione dei bisogni.
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LA COMPONENTE ESPRESSIVA DEL COMPORTAMENTO
Molti atti comportamentistici hanno una componen-
dei mutamente ambientali, lo fa involontariamente.
te espressiva ed una di intrapresa, per esempio il camminare ha insieme uno scopo e uno stile.
6. L’intrapresa è tipicamente un comportamento
Analizziamo le differenze fra le due.
strumentale, il cui scopo è la gratificazione di un bisogno; l’espressione è spesso un fine in se stessa.
1. L’intrapresa, ossia gli elementi del comportamento che servono ad affrontare delle situazioni, è per
7. La componente di intrapresa è tipicamente
definizione intenzionale e motivata; l’espressione è
cosciente (sebbene possa diventare inconscia);
spesso non motivata.
l’espressione è di norma non conscia.
2. L’intrapresa è più determinata dalle variabili
8. L’intrapresa include uno sforzo; l’espressione è
ambientali e culturali esterne; l’espressione è in
senza sforzo nella maggior parte dei casi.
gran parte determinata dallo stato dell’organismo.
3. L’intrapresa è molto più spesso appresa; l’espressione per lo più è semplicemente liberata, non inibita.
4. L’intrapresa viene più facilmente controllata; l’espressione è di norma incontrollata ed a volte perfino incontrollabile (questo vale anche per l’autoespressione motivata). 5. L’intrapresa viene usualmente intesa come causa di mutamenti nell’ambiente e spesso vi riesce; l’espressione non mira a fare alcunché. Se causa
L’espressione artistica è un caso speciale e può
questo caso il comportamento d’intrapresa sta
essere considerata come la pratica intrapresa
proprio nello sforzo a voler essere non motivato,
coscientemente che attua la liberazione conscia
non più teso allo sforzo, cioè di comportarsi in
dell’espressione; si apprende ad essere spontanei e
modo puramente espressivo.
di decide quando abbandonarsi ad un comporta-
L’autorealizzazione è motivata dalla crescita e non
mento d’espressione.
dalla mancanza di qualcosa.
Il comportamento con cui si affronta una
Si può cercare di andare nella direzione
situazione, ha sempre fra i suoi determinanti degli
dell’autorealizzazione risolvendo i problemi
impulsi, bisogni, scopi o mete. Il comportamento
motivazionali minori e prerequisiti. È solo in un
espressivo è generalmente non motivato, pur
momento successivo che si cerca consciamente ed
essendo, ovviamente determinato. Esso si limita a
appositamente la spontaneità. Così ai livelli più alti
rispecchiare, a riflettere, a significare o ad
dello sviluppo umano la distinzione fra intrapresa
esprimere un qualche stato dell’organismo.
ed espressione, come molte altre distinzioni
Il comportamento di intrapresa risponde alla lode o
psicologiche, scompare e viene trascesa, e lo sforzo
al biasimo, alla ricompensa o alla punizione; il
diviene la via all’astensione dallo sforzo.
comportamento espressivo ordinariamente non costituisce una tale risposta, almeno finché resta espressivo. Per quanto riguarda coloro che si trovano nello stato del livello di autorealizzazione, che è uno sviluppo intrinseco di ciò che già esiste nell’organismo, o meglio di ciò che l’organismo è in se stesso, si può dire che le loro azioni e creazioni sono in un grado molto alto spontanei, non artificiali, aperti, genuini e quindi espressivi. In
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LA COSCIENZA E IL RIFLESSO
L’espressione nelle sue forme più pure è inconscia o, almeno, non è pienamente cosciente. Ordinariamente siamo inconsapevoli del nostro stile di camminare, di stare in piedi o di ridere. È però vero che possiamo divenire coscienti attraverso un riflesso esterno. È questo uno delle principali caratteristiche della fotografia che si desidera sottolineare in questa sede: la possibilità – grazie alla sua veridicità - di essere usata come autocertificazione e certificazione esplorativa di un espressione propria (nello specifico del nostro caso) o altrui.
L’ESSENZIALITÀ DELL’EFFIMERO
Procediamo ulteriormente verso una determinazio-
quantomeno mai nessuno l’avrebbe nemmeno
ne di una differenza tra la forma del tendere e la
pensato fino alla crisi dell’arte stessa. Ma questo è
forma dell’essere e divenire.
un altro discorso.
La prima si ha nel fare, nell’affrontare qualcosa, nel
Del resto il bisogno d’espressione e di testimonian-
realizzare, nel cercare, nell’intenzionalità. La
za è concettualmente quello sul quale fa perno
seconda si ha nell’esistere, nell’esprimere, nel
quest’intera discussione.
crescere, nell’autorealizzarsi.
La poetica legata alla volontà profonda del
Questa può essere anche intesa come una
comunicare parte di sé e della propria percezione
differenza fra il concetto di azione in funzione di un
della realtà, di provocare emozioni, di mostrare e di
risultato finale (rispondente al principio di utilità) e
aprire una finestra su sé stessi o sugli altri.
ad un’azione fine a sé stessa. Dobbiamo riconosce-
Se esiste un bisogno di esprimersi (e io credo
re che il “superfluo” è essenziale allo sviluppo
profondamente che esista), e si possa riconoscere
umano, proprio come lo è ciò che è economico.
che esista a partire da un impulso dell’organismo,
Certe cose che non sono necessarie, possono
l’espressione artistica ed i fenomeni catartici e di
essere essenziali.
distensione devono essere intesi come motivati allo
Del resto si potrebbe dire assurdamente di alcuni
stesso modo che è motivata la ricerca di cibo, di
rami delle arti figurative che siano fondamental-
sicurezza, di affetto, appartenenza, stima ed
mente inutili, dal momento che puossono
autorealizzazione. Che questo comporti un
cinicamente essere considerati come fini a sé
paradosso è chiaro dal fatto che ogni bisogno ed
stessi, come volti “solo” ad una funzione
ogni capacità è un impulso e perciò cerca
decorativa, alla quale potremmo facilmente
l’espressione.
rinunciare.
È il caso di dire che si tratta di un bisogno o di un
Ovviamente ci renderemo conto che questa
impulso distinto o bisogna dire che si tratta di una
concezione è inaffrontabile e nessuno si permette-
caratteristica di tutti gli impulsi?
rebbe mai di affermare che “l’arte è inutile”, o
25
Possiamo semplicemente notare che al giorno d’oggi, con l’ascesa di social networks e - di fatto con mezzi di espressione di massa e di condivisione sistematica, l’istinto di esprimere sé stessi ha il dovere di essere visto come un impulso che sta prepotentemente trovando una spasmodica soddisfazione grazie ed a causa degli automatismi e degli incredibili progressi raggiunti dell’uomo, che trova sempre più facile il vivere, ma sempre più difficile trovare un senso nel farlo, proprio perché ha perso il contatto con la propria identità profonda, con il significato di ogni suo gesto quotidiano. E, io credo, proprio a causa di tutti gli automatismi su cui può fare affidamento.
L’AUTORITRATTO
27
LO SPECCHIO DELL’IO
Ci tengo a sottolineare la particolare chiave di
del singolo artista, o magari a imitazione, in sfida o
lettura che mi ha portato ad affrontare questo
in omaggio a figure importanti per loro.
genere d’opera, che sia artistica o estetica, che è
Queste opere rispondono spesso all’esigenza di
da considerare sotto una prospettiva precisa: quella
testimoniare le varie tappe della carriera dell’artista
dell’intenzionalità.
– dove l’autoritratto segue l’evoluzione, più che della sua arte, del modo in cui egli ha considerato
Come ogni prodotto squisitamente artistico-
l’affermarsi del suo ruolo, il suo sentirsi accettato o
espressivo, anche l’autoritratto può e deve venir
ammirato dagli altri pittori, dalla critica o dal
letto all’interno del suo specifico di orizzonte di
pubblico. L’opera diventa allora la proiezione
riferimento. La dimensione psicologica assume però
all’esterno del modo in cui l’artista ritiene di essere
un ruolo oggettivamente importante. Tuttavia si ha
visto o di dover essere visto. In questo caso
a volte la tentazione di proiettare sul passato
l’autoritratto non ha molto di intimistico o di
tensioni e inquietudini che appartengono all’età
soggettivo, ma è rivolto, ri-guarda gli altri o, per
contemporanea, caricando retrospettivamente ogni
meglio dire, la relazione dell’artista con gli altri.
autoritratto di valenze che con ogni probabilità non
È curioso porre a confronto due tipologie di
gli appartengono. È questo il delicato nodo che
autoritratti: quello pittorico e quello fotografico.
riguarda l’aspetto della fruizione: il credere che
L’analisi ci porterà a capire come la sua durata, per
una data rappresentazione sia un autoritratto
il tempo che obbliga l’artista a stare solo con sé
induce immediatamente interessi e aspettative
stesso (direttamente collegato al concetto di
proprie della psicologia del fruitore, anziché
automatismo per il modo in cui esso influenzi
dell’artista.
temporalmente la realizzazione), a contemplarsi, a
Molti autoritratti hanno avuto origine sia da ragioni
confrontarsi con la propria immagine allo specchio,
contingenti sia da motivi e intenzioni prevalente-
non può non avere una ricaduta psicologica per
mente interne al mondo dell’arte: esigenze di tipo
quanto concerne certi nodi fondamentali del suo Io
meramente estetico-formale, o legate alla poetica
e del suo senso d’identità.
Per quanto riguarda l’autoritratto come principio di
dell’autoritratto ci potrebbero essere a volte ragioni
rappresentazione, testimonianza ed espressione di
puramente contingenti, come per esempio la
sé stessi, non si può non considerarlo come
mancanza di altri modelli. L’autoritratto sarebbe
corrispettivo di un bisogno profondo, che sarà
cioè utilizzato dall’artista come un mezzo più
comune a tutti gli uomini e non solo agli artisti.
pratico ed economico di esprimere la propria
Resta poi il problema se e fino a che punto questo
creatività. Sembra farlo per esempio Bacon, che
“bisogno profondo” sia da considerarsi originario e
afferma: “Ho fatto molti autoritratti, è vero, perché
si possa parlare dunque di una vera e propria
attorno a me la gente è morta come mosche e non
pulsione all’autorappresentazione (che ha il dovere
mi restava da dipingere nessun’altra persona”.
di venire considerata, laddove riconoscibile, come una spinta culturalmente mediata). Gli artisti comunque, soprattutto in certi periodi, sono senz’altro testimoni privilegiati di questa pulsione dell’uomo. L’artista interpreta; l’arte induce a porsi domande che l’uomo di solito non si pone; o meglio, lo aiuta a formulare più appropriatamente quelle domande che egli so pone magari in modo confuso o approssimativo. Pittore e fotografo, per scelta e vocazione, hanno a che fare con la rappresentazioni delle immagini e con la riproduzione dei volti. È intrinseco quindi che sviluppino una particolare sensibilità e siano in grado di mettere meglio a fuoco di altri la questione dell’identità. Per considerare un’altra visione dello stesso fenomeno, si potrebbe dire che nella soggettività
29
SPECCHIO E AUTORITRATTO
Da un punto di vista storico, la nascita dell’autoritratto moderno è strettamente legata all’introduzione dello specchio piano. Sotto il profilo tecnico lo specchio è dunque il mezzo di cui si serve di solito l’artista per autoritrarsi. E anche quando questa funzione non viene esplicitata, lo specchio fa parte integrante della dinamica dell’autoritratto: non ci può essere autoritratto senza uno specchio, al massimo si può dire che la funzione dello specchio viene sostituita dalla fotografia. Per Leonardo, la perfezione con cui lo specchio duplica la realtà è un modello inarrivabile a cui ogni pittore aspira. Ma sotto un altro punto di vista, esso è la negazione dell’arte in quanto creazione autonoma, dell’arte che non si voglia limitare ad essere una pura e meccanica imitazione della realtà. Secondo un certo punto di vista, la fotografia pare esprimere nel modo più diretto l’aspirazione dell’uomo all’autoritratto, nel senso che sembra in grado di congelare e fissare l’immagine allo specchio.
AUTORITRATTO E FOTOGRAFIA
Occorre intanto distinguere fra autoritratto
maggiore è la facilità dell’operazione che ci
d’autore, con quanto v’è in esso di progettato, di
consente di ricreare la condizione archetipica del
elaborato, di tecnicamente virtuoso, in grado di
nostro bisogno di autoritrarci. La situazione infatti è
realizzare effetti molto suggestivi, e l’autoritratto
quella dell’uomo davanti allo specchio, ma con la
come semplice espressione del gesto di autoraffigu-
possibilità di bloccare l’immagine nell’atteggiamento
rarsi mediante un qualsiasi meccanismo di
e nella prospettiva che più gli piace: assume una
autoscatto.
determinata posa, una determinata espressione
In generale, per comprendere la dinamica psichica
e, senza che occorra l’intervento di chicchessia,
dell’autoritratto occorre ritrovare le origini
ecco che la si trasforma in una foto: ci guardiamo
elementari del gesto dell’uomo che si autorappre-
allo specchio, troviamo l’espressione giusta e la
senta, occorre in un certo senso tornare alla
fermiamo con uno scatto. Oggigiorno, nulla
situazione archetipica di Narciso che si specchia
impedisce che questa operazione possa essere fatta
nella fonte. Ci interessa considerare la situazione di
in modo completamente autonomo, senza cioè
un uomo che vede la propria immagine riflessa e
l’intervento di altre persone. Del resto, molte delle
intende fermarla e conservarla: questo sarebbe in
più recenti cabine fotomatiche utilizzano un
fondo l’origine dell’autoritratto. Ebbene, la
principio analogo, e in questo caso si tratta allora di
fotografia sembra il mezzo più semplice attraverso
un autoritratto a pieno titolo. Dunque la tecnica
il quale l’uomo riesce a dare immediata attuazione
oggi ci consente di appagare in modo facile quel
a questa esigenza. Nell’autoritratto pittorico l’artista
bisogno originario di autorappresentarsi che è alla
è invece costretto a una singolare ginnastica dello
base dello stesso mito di Narciso. Ma proprio
sguardo tra lo specchio e la tela, un virtuosismo
questa eccessiva semplicità priva il gesto della
che lo obbliga a complicare e a rendere meno
sua intrinseca sacralità, e non bisogna sottovalutare
diretto e immediato il rapporto con l’espressione
l’importanza psicologica di questa ‘aura’ che
della propria immagine.
l’estrema facilità tecnica tende a far scomparire.
Quanto più è sofisticato il mezzo tecnico tanto
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AUTORITRATTO COME IMPRONTA
Ognuno, per il solo fatto di esistere, lascia
che esso assolve, si ha analizzando quando nasce
impronte. L’impronta possiede una precisa fisicità,
questo meccanismo: nei bambini e nei malati
una matericità, che è di per sé l’oggettivazione
mentali, che da un punto di vista genetico sono
dell’Io, o meglio, del corpo che lo rappresenta. Il
tradizionalmente considerati proprio come prototipi
rendere l’immagine del volto un’impronta, che
di uno psichismo più elementare e originario, di
solitamente non lascia tracce se non nei suoi
solito non c’è un’immediata pulsione alla
riflessi, coincide col conferire al volto stesso – che è
rappresentazione della propria immagine.
per eccellenza la quintessenza del sé, l’immagine
In particolare è molto difficile che il bambino, a
con la quale ci si identifica, ci si riconosce –
meno che non sia esplicitamente sollecitato, disegni
un’importanza d’eccezione.
il proprio autoritratto. Questo sta a significare che
Le orme dei piedi e delle mani si assomigliano
la pulsione all’autoritratto nasce quando inizia un
tutte, mentre l’Io dell’uomo richiede di essere
rapporto particolare con il proprio Io, col proprio
riconosciuto nella sua unicità, perché qualcosa di
riflesso e quando l’importanza della propria figura
lui possa essere conservato e ritrovato a distanza di
psichica e fisica assume una cerca importanza per
tempo. Il passaggio all’autoritratto prevede dunque
l’individuo: quando nasce il bisogno di affermarsi
l’elaborazione in senso individuale dell’impronta per
all’interno della società; quindi, dall’adolescenza,
renderla riconoscibile, in modo che possa essere
quando l’individuo si rapporta agli altri con
inequivocabilmente associata alla propria persona.
coscienza, quando sperimenta la propria identità
In generale quindi, l’autoritratto, prevede una
ed il proprio stile ed ha bisogno di essere
precisa intenzione sociale. Proprio perché
riconosciuto all’interno di un gruppo ristretto
nessuno lascia un’impronta di sé se non pensando
d’appartenenza.
a qualcuno che lo dovrà vedere, osservare, oggi o domani. La conferma della rilevanza del fruitore, della società per l’autoritratto e del relativo bisogno
AUTOBIOGRAFIA E AUTORITRATTO
Viene automatico pensare ad una sostanziale
non può dunque rispecchiare la molteplicità di piani
omologia sul piano psicologico tra autobiografia e
attraverso cui si manifesta la nostra vita interiore. O
autoritratto, nel senso che quest’ultimo esprimereb-
quantomeno non può farlo in un'unica immagine,
be a livello figurativo le stesse esigenze e gli stessi
contemporaneamente. Infatti ogni autoritratto
percorsi dell’autobiografia, sotto un profilo piuttosto
costituisce la sintesi di un momento particolare
generale. Ci sono infatti differenze sostanziali fra
o di più momenti della vita di un artista, ma
pensiero visivo e pensiero verbale: se il primo è più
ognuno di questi resta come isolato rispetto al
vicino all’inconscio e dunque, più diretto ed
contesto intero della sua vita. Ed ecco allora il
emozionale, il secondo è più articolato, più
bisogno che troviamo in alcuni artisti di autoritrarsi
descrittivo e quindi più simile al pensiero cosciente.
continuamente: lo studio incessante della propria
L’uomo attraverso autoritratto e autobiografia
fisionomia e il bisogno di fissare in immagine la
intende certamente comunicare qualcosa.
propria esistenza fisica e psichica, concepita come
Certamente la parola è un veicolo privilegiato per
in continua mutazione.
esprimere la consapevolezza della complessità delle
Il volto, in quanto centro della persona, viene
cose. C’è però anche una comunicazione di tipo
inteso quale rappresentante simbolico-espressivo
simbolico-emotivo che va direttamente da inconscio
dei sentimenti. Adottando la propria presenza fisica
a inconscio.
e giocando con la propria fisionomia, nascono
Rappresentarsi attraverso le parole o attraverso le
diverse tipologie di autoritratto; un primo caso è
immagini non è la stessa cosa, tanto più se il fine di
quando l’autore non vuole manifestare i propri
questa autorappresentazione è, come accade
momentanei stati d’animo o la propria essenza
spesso, di testimoniare e descrivere la molteplicità,
individuale, bensì tematizza su di sé, facendosi
la contradditorietà e il continuo divenire del nostro
mimo, quasi fosse un’enciclopedia dei sentimenti.
Io. Parlando di fotografia, l’immagine, per quanto
In un secondo caso, i soggetto sperimenta gli
ricca e allusiva possa apparire, è di per sé
atteggiamenti e i modi convenzionali, al di là dei
conchiusa nella sua specificità e frammentarietà e
moti spontanei del corpo.
33
Infine, in un altro esempio, può apparire un terzo elemento della presentazione della propria personalità , ossia la messa in scena di sÊ per mezzo di particolari costumi o accessori: il calarsi in un ruolo, giocando anche sulla propria posizione sociale.
LA MEMORIA
Ciò che caratterizza la scrittura e che manca
può lasciare intravedere dietro a quei tratti imbruttiti
nell’autoritratto figurativo è la dimensione della
del tempo l’eco della nostra gioventù.
memoria: diari, confessioni, lettere, sono racconti
Nell’ autoritratto in sé non c’è memoria, né racconto.
di fatti; un ritratto è un fatto. Raccontandosi,
Chi lo osserva, non può sapere che quell’immagine
volendo dire come si è ora, si è costretti di servirsi
ha un significato particolare per l’artista. Questo
del ricordo: l’autoritratto attraverso la scrittura è
perché l’autoritratto è sempre e necessariamente il
intessuto di ricordi – di come si era e di come si è
gesto di un particolare momento, il passato si è
diventati -, proprio perché la scrittura permette di
cristallizzato in un immagine e diventa appartenente
comunicare il senso della durata.
sempre e solo al presente.
La memoria è ciò che dà continuità alla nostra
Come nel caso del ritratto, la fruizione di un
esperienza; e il sentimento e l’espressione di questa
autoritratto presuppone il riferimento al vissuto della
continuità sono un elemento essenziale della
persona, la conoscenza della sua vita: solo così
scrittura autobiografica. Non è possibile ottenere lo
quell’immagine si fa storia.
stesso risultato con l’autoritratto figurativo. Esso è
È così che tutti i conflitti e le tensioni che stanno
sempre un punto di arrivo. L’artista figurativo può
dietro l’autoritratto restano appunto dietro e non
rappresentare della vita e del suo trascorrere
arrivano alla coscienza: traspaiono talora dal volto,
soltanto gli effetti ultimi: ciò che di buono o di
ma solo a posteriori, nella dinamica paradossale
cattivo il tempo ha depositato sul volto di un uomo,
della fruizione.
cioè l’espressione unica e irripetibile del suo vissuto, della sua storia. Ma l’immagine di per sé, per quanto efficace, non può dire tutto quello che dice un racconto. Nell’immagine il tempo è irreversibile, l’immagine di noi da vecchi ha cancellato il “noi da giovani”, e solo il ricordo (estraneo all’immagine)
35
LA FRUIZIONE
La fruizione di un autoritratto è caratterizzata
interrogare sui motivi che possono indurre una
soprattutto dal fatto di sapere che proprio di
persona, anzi quella persona, quell’artista ad
autoritratto si tratta: nulla infatti lo differenzia da
autorappresentarsi. Così facendo può avvenire una
un ritratto, se non appunto questa consapevolezza.
cosa: che ci identifichiamo con la sua psicologia,
In questo caso il meccanismo fruitivo si differenzia
proiettiamo nell’artista la nostra stessa ansia
e si qualifica proprio grazie a questa informazione
riguardo alla questione dell’identità. Cominciamo a
preventiva. Ciò è importante perché dimostra
chiederci perché proprio in quel momento egli
come la fruizione sia un atto psicologico complesso
abbia sentito il bisogno di effigiarsi; cosa provava,
che non può limitarsi all’osservazione pura e
quali pensieri aveva e che cosa di essi è rimasto
semplice dell’opera: la fruizione si un ritratto (e di
stampato sul volto che adesso ci osserva oppure
un autoritratto) si compie a patto di conoscere il
sfugge al nostro sguardo. Anche noi in fondo
contesto non solo storico-sociale ma anche
ripetiamo quel percorso paradossale che ha portato
biografico del ritrattato.
l’artista a sdoppiarsi. Come si diceva, è qualcosa
Fatto sta che quando sappiamo che si tratta di
che ha a che fare anche con il problema della
autoritratto la nostra attenzione, il nostro modo di
nostra stessa identità: lo sforzo dell’artista, la sua
osservare cambia registro: qualcosa di nuovo si
ricerca, i suoi enigmi sono anche i nostri. Anche
attiva. L’autoritratto risulta sempre più intrigante e
noi cerchiamo conferme. Anche noi siamo alla
in fondo più inquietante di un semplice ritratto.
ricerca di qualcosa che sentiamo dentro e che ha
Esso viene letto inevitabilmente come una
bisogno di prendere forma.
testimonianza psicologica: il sapere che si tratta di un autoritratto induce a proiettare in esso le nostre domande circa i problemi dell’autorappresentazione. Ci si comincia a
IL RAPPORTO DELL’UOMO CON LA PROPRIA IMMAGINE
In un certo senso il problema del rapporto con la propria immagine che caratterizza e scandisce la nostra quotidianità, è costitutivo in una psicologia dell’autoritratto. In senso lato, rientra nella prospettiva dell’autoritratto anche l’atteggiamento della signora che si prova un cappello o un vestito nuovo davanti allo specchio, oppure il nostro comportamento quando ci guardiamo per un attimo, di sfuggita, nel riflesso di una vetrina. Ogniqualvolta una persona passa davanti a uno specchio, assume determinate pose o espressioni, di fatto cerca di adeguare la sua immagine esteriore a un modello preesistente. Tale modello è d natura sia interna che esterna, e ha implicazioni sia psicologiche che sociologiche. Se le cose stanno così, si possono allora concepire innumerevoli nostri ritratti, in relazione al destinatario, vale a dire alla persona o al pubblico da cui riteniamo di dover essere visti. Ogni volta che usciamo di casa, abbiamo in mente un nostra “autoritratto”. Siamo diversi a seconda che si vada al lavoro oppure a divertirci, in un ambiente oppure in un altro: vere e proprie identità alternative, che danno luogo a casi di autentico travestitismo.
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AUTORITRATTO E NARCISISMO
Nell’idea di autoritratto c’è senza dubbio una forte
innamorate di se stesse e della propria immagine, e
componente di autoreferenzialità. Nella
in questi casi i loro ritratti o autoritratti (per lo più
condizione del narcisismo primario non c’è
fotografie) non possono avere un grande spessore
duplicazione ma solo con-fusione nell’unione
problematico.
dell’Io-non Io.
Narcisismo di superficie: vi è una spinta, un
Spesso l’associazione fra autoritratto e narcisismo
continuo incoraggiamento da parte dei mass
tende a suggerire semplicemente l’idea di un
media, e quindi un influenza mediatica, a questa
autoritratto caratterizzato da un compiacimento
autocontemplazione, a questa riproduzione
esibizionistico: autoriprodurre la propria immagine
esibizionistica della propria immagine.
perché si è in un certo senso innamorati di essa. Guardarsi allo specchio, piacersi e desiderare di ricreare e diffondere la propria immagine. Ma dietro quest’esigenza esibizionistica, dietro questo narcisismo un po’ fatuo sappiamo che c’è poi la paura della vecchiaia, della malattia, sostanzialmente della morte. Come nello stesso mito di Narciso. In realtà è difficile che un artista si autoritragga per apparire ‘bello’, gli autoritratti di solito non hanno questo obiettivo; anzi di solito gli autoritratti sono piuttosto realistici, quando addirittura non tendono a imbruttire o a divenire una sorta di caricatura del soggetto. L’autoritratto esibizionistico è piuttosto una tipologia di autocompiacimento primitivo, non colto, semplice vanità autoespressa. Certe persone superficiali sono semplicemente superficialmente
LA SCOPERTA DELL’ALTRO IN NOI
Il riferimento e il confronto con l’altro fa parte
Nel riconoscersi come altro ci può essere un effetto
integrante della dinamica dell’autoritratto. Sotto un
perturbante, una rivelazione, o forse un
certo aspetto, sembra trattarsi di un problema di
primordiale bisogno di controllo, di difesa.
natura squisitamente tecnica: possiamo vedere e
In un certo senso, il vero perturbante precede la
rappresentare soltanto in quanto altro da noi.
sua rappresentazione. Anzi, il perturbante può
Questo riferimento all’altro, all’estraneo dentro di
essere direttamente all’origine del bisogno di
noi, comporta anche una precisa dimensione
autoritrarsi: un modo per reagire, per esorcizzare la
psicologico-esistenziale, che reca in sé aspetti
valenza unheimlich del proprio doppio.
inquietanti. Ebbene, questo altro con cui si siamo identificati e che abbiamo più o meno ‘addomesticato’ a volte riemerge e diventa unheimlich. Questa dimensione potrebbe apparire come la meno sociale dell’autoritratto, il momento in cui la relazione con la nostra immagine sembra riguardare noi e soltanto noi. La rivelazione deriva probabilmente dallo specchio: mi guardo e non mi riconosco e allora voglio dipingere questa ‘non-conoscenza’, la voglio documentare e analizzare. In questo caso l’autoritratto esprime il gesto della proiezione all’esterno di qualcosa di non gradito, ma insieme anche l’esigenza di identificarci con quell’immagine altra che abbiamo davanti, di renderla familiare, heimlich appunto. E ciò vuol dire fare i conti con il lato oscuro di noi stessi.
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LA PRESENTAZIONE E LA SCELTA
Come abbiamo detto, la fotografia è un veicolo
una macchina di approvazione di massa.
privilegiato del ricordo. O meglio, un mezzo automatizzato per delegare la funzione del ricordo
In generale, nella fotografia rimane sempre un
ad un oggetto finale carico di concretezza.
tasso più o meno elevato di non riconoscibilità,
Ma accanto a questa funzione catartico-abreattiva
perché l’immagine che osserviamo ha un che di
che potremmo ascrivere alla ‘memoria involontaria’,
falso, di estraneo.
l’osservazione delle nostre fotografie può avere
Non va trascurato quel che diceva Pirandello a
anche valore rituale e commemorativa, riconducibi-
proposito dello specchio: osservandoci, si tende a
le invece alla ‘memoria volontaria’. In questo caso
metterci in posa. E questo posare, che falsa la
c’è una precisa aspettativa ed il problema
nostra realtà, è ancora maggiore in certe fotografie,
importante del riconoscersi. Questo problema del
dove l’attesa e il sentirsi osservati sono elementi
riconoscimento assume un particolare rilievo nel
costitutivi della loro realtà.
momento in cui dobbiamo scegliere una nostra foto fra tante. È diverso il caso di chi deve semplicemente mettere una foto su una carta d’identità o su un documento, da quello di una ragazza che manda la sua foto per una domanda di lavoro o magari per un concorso di bellezza. Chi guarda dovrà giudicare da quella fotografia, dovrà capire da essa quello che siamo e quanto valiamo. È evidente che in queste circostanze il rapporto con l’immagine è carico di forti aspettative. Una variante che ha rilevanza in questa sede è chiaramente quella di chi sceglie una fotografia per presentarsi al vero e proprio giudizio di una community come Facebook:
RITRATTO COME AUTORITRATTO
Non si può fare a meno in più occasioni di associare
d’animo, la nostra condizione esistenziale che,
e quasi confondere i termini e i concetti di ritratto e
essendo prive di qualsiasi oggettività, diventano
autoritratto.
alquanto difficile riprodurre in modo fedele,
Le motivazioni psicologiche e sociologiche che ne
specialmente in modo cosciente.
stanno alla base sono spesso le medesime. Ma c’è
Nel momento in cui ci preoccupiamo di replicare la
anche una ragione, per così dire tecnica, che fa sì
nostra immagine, il nostro gesto assume evidenti
che spesso si debba omologare l’autoritratto al
implicazioni sociali in quanto tendiamo a
ritratto: non tutti sono materialmente in grado di
identificarci nello sguardo degli altri e a guardarci
autoritrarsi.
con i loro occhi; o meglio a guardarci nel modo in
Abbiamo detto che entrambe le forme espressive
cui immaginiamo che essi ci vedano.
rispondono al bisogno dell’uomo di oggettivare la propria immagine, cioè di riprodurla. Se le cose stanno così, si può dire che fino alla diffusione del mezzo fotografico (ma più specificamente in realtà solo fino alla diffusione del mezzo fotografico riproducibile automaticamente - la fototessera -), solo chi possedeva particolari abilità tecniche poteva riuscire ad autoritrarsi; con la fotografia invece è diventato tecnicamente possibile a chiunque di oggettivare fedelmente la propria immagine; l’automatismo concede l’autoriproduzione fedele. In ogni caso all’immagine reale, manifesta e riproducibile, si sovrappongono l’immagine sociale (la maschera), l’immagine ideale e il nostro stato
41
L’IDENTIFICAZIONE CON IL PROPRIO RITRATTO
La potenza del ritratto è dovuta anche alla sua
parliamo di accettazione o di riconoscimento,
concretezza, alla sua capacità di consentire di
dobbiamo pensare a una situazione alquanto
mettere a fuoco l’impressione virtuale della
complessa e dinamica, nel senso che
propriocezione del volto e di rendere oggettivabile
quell’immagine che accettiamo è in parte qualcosa
la propria percezione di sé.
di nuovo con cui ci dobbiamo identificare. Scatta
Rientra allora nella dinamica dell’autoritratto anche
talora un meccanismo singolare: il soggetto cerca
il problema dell’identificazione con l’immagine di sé
di diventare il ritratto, si vuole egli stesso adeguare
che il ritratto rappresenta.
a quell’immagine. In un certo senso si instaura una
Già prima dell’esecuzione del ritratto, il soggetto ha
dipendenza dall’immagine, che acquista dunque
un’idea del proprio ritratto, legata ad una
una sorta di autonomia.
determinata immagine di sé, al come vuole
Da ciò deriva la considerazione che l’immagine
apparire al mondo. Il modello a cui il ritratto si
interna derivi, oltre che dallo specchio, anche dal
deve adeguare si tratta di una sintesi fra un
ricordo di nostri precedenti ritratti e fotografie –
modello esterno (oggettivo) ed uno interno
quelle immagini cioè con cui ci siamo identificati e
(soggettivo). Il modello esterno è il “tipo”
che sono divenute in seguito un modello, magari
(storico-sociale, culturale) nel quale il soggetto si
ulteriormente idealizzato.
riconosce. Il modello interno a cui il ritratto si deve
Pur conservando una sua concreta e quasi figurale
conformare concerne la questione dell’immagine
fisicità, quest’immagine interna possiede una sorta
mentale interna; essa riguarda sia il modo in cui ci
di valenza superegoica: si traduce, sì, in
vediamo sia il modo in cui vogliamo essere visti. In
un’immagine fisica, ma questa assorbe, conserva
definitiva, noi abbiamo già un’idea, un’immagine di
anche l’essenza della nostra anima; è una specie di
come dobbiamo apparire.
ritratto ideale che nessun pittore è in grado di
C’è altresì un rapporto con il ritratto finito. Questo
darsi, perché è in realtà la sintesi ideale del nostro
meccanismo può essere talvolta di rifiuto o di
amore per noi stessi. Inoltre, essa è un’immagine
mancato riconoscimento. Ma anche quando
ideale nella misura in cui deve rappresentare
all’esterno il nostro mondo interno, sia nel senso
oggettivare, di ritrovarsi e nell’ottenere conferma
che deve rispecchiare la nostra sensibilità e la
nell’immagine oggettiva della propria immagine
nostra intelligenza, sia nel senso che deve essere
interna, sia uno degli elementi che, soprattutto in
un corrispettivo fisiognomico di ciò che sentiamo, di
alcuni casi, contribuisce a determinare proprio la
ciò che siamo a livello esistenziale.
pulsione all’autorappresentazione.
È significativo quello che afferma un personaggio transessuale nel film di Pedro Almodovar, Tutto su mia madre, spiegando quanto gli fossero costati gli interventi di chirurgia plastica:
“Costa molto essere autentica, signora mia; e in questo non bisogna essere tirchia, perché una è più autentica quanto più assomiglia all’idea che ha sognato di se stessa”.
C’è però un’altra ragione per cui quest’immagine interna che abbiamo di noi non coincide con quella ‘oggettiva’ dello specchio. Essa è infatti, per così dire, un’immagine addomesticata, essenzialmente heimlich, che rimane costante malgrado il passare degli anni, o sulla quale comunque i cosiddetti insulti del tempo operano con molta e benevola lentezza, resa familiare dall’abitudine e dal nostro amore per noi stessi. Non si può escludere che il desiderio di fermare, di
43
PRINCIPALI INTENZIONI DELL’AUTORITRATTO: IL GRADO ZERO
L’autoritratto può avere due valenze diverse:
l’identificazione con l’immagine speculare.
1. La prima è più immediata e intuitiva e, per così
Basti dire che in entrambi i casi questa prima
dire, più superficiale (nel senso che implica
dimensione funzionale - che associa in modo così
dinamiche meno primitive): in questo caso la
diretto l’autoritratto al problema fondamentale della
duplicazione della propria immagine corrisponde
formazione dell’Io, perché non si è mai abbastanza
semplicemente all’oggettivazione del riflesso
sicuri della propria identità -, si accompagna a
dello specchio; è un modo per sperimentare e
implicazioni più decisamente psicologiche, che
testimoniare il proprio esserci, un modo per
hanno sempre a che fare con il problema
dimostrare di esistere come individui.
dell’identità e del rapporto con la propria immagine.
L’immagine speculare è evanescente e noi,
Sono innumerevoli nel corso della vita di un uomo
attraverso la tecnica della riproduzione, riusciamo a
le occasioni in cui queste dinamiche possono
bloccarla, dandole fermezza e oggettività. Questa
riattivarsi, perché ogni nuovo incontro, ogni evento
funzione dell’autoritratto sembra trovare nella
di qualche rilievo, ogni conquista o sconfitta, ogni
fotografia la sua più facile e diretta realizzazione. Si
scelta importante rimette in discussione il nostro
tenga conto però che questo gesto di oggettivazio-
senso d’identità, in maniera tale che il nostro Io e
ne dell’immagine rappresenta già una fase più
l’immagine che lo rappresenta devono venire, per
avanzata rispetto allo “stadio dello specchio”
così dire, riaggiornati. Non a caso, il bisogno di
(descritto da Lacan), in quanto presuppone
farsi ritrarre è spesso correlato a momenti più o
senz’altro il riconoscimento della propria immagine
meno cruciali della vita di un uomo. A questo
come Sé autonomo, e dunque il riferimento a un Io
proposito è possibile associare le intenzioni o le
già abbastanza strutturato.
implicazioni psicologiche dell’autoritratto con rilievi
2. Invece con ogni probabilità la spinta
di carattere prettamente sociologico.
all’autoritratto comprende anche quella fase primaria che appunto riguarda la costituzione originaria del proprio Io attraverso la scoperta e
RITRATTI E AUTORITRATTI D’OCCASIONE
Dettati da motivi contingenti che riguardano l’aspetto ufficiale, pubblico dell’individuo, sembrano avere meno implicazioni psicologiche, forse perché il processo di rappresentazione non è di indagine all’interno dell’Io, ma di estroversione e presentazione: questo tipo di immagine è rivolta prevalentemente all’esterno. Sua funzione è essenzialmente quella di creare un monumento in grado di solennizzare il ricordo di uno specifico momento di rilevanza del ruolo pubblico.
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L’AUTORITRATTO COME RICERCA DI SÉ E COME MEZZO DI AUTOANALISI
Ogni tentativo di classificazione, soprattutto in una prospettiva mobile e aperta come quella psicologica che riguarda le dinamiche profonde della soggettività umana, rischia di rilevarsi sterile e fuorviante. L’autoritratto, quale che sia la sua possibile collocazione all’interno di una qualche tipologia, si rivela per l’artista soprattutto come un mezzo di autoanalisi e quindi come un imprescindibile documento psicologico. Attraverso l’autoritratto, l’artista, interpretando un bisogno profondo di ogni uomo, è sostanzialmente alla continua ricerca di sé. È come se gli uomini, soprattutto in certe circostanze, avessero difficoltà a ritrovarsi, a riconoscersi, a sapere chi sono – con tutte le diverse pronunce e sfumature che riguardano individui differenti in contesti culturali e in epoche diverse.
L’AUTOSCATTO
Pensiamo alla situazione di chi usava (e usa
estrema facilità rischia di banalizzare e rendere
tuttora) l’autoscatto. Noi ci dobbiamo mettere in
meno pregnante tutta l’operazione.
posa senza però poterci vedere, senza poter scegliere l’inquadratura giusta prima dello scatto
Vale la pena segnalare un altro elemento
definitivo. Dobbiamo immaginarci, vederci in
importante. La fotografia ha reso più facile
anticipo con gli occhi della mente. E c’è un
l’autorappresentazione e ne ha messo in evidenza
paradosso in tutto questo: perché ci mettiamo
un aspetto che in realtà ritroviamo anche in pittura:
comunque in posa, ma ciò di solito presuppone la
il gusto del travestitismo, della recita, della
presenza di qualcuno che osserva; mentre in
possibilità di assumere identità o maschere diverse,
questo caso non c’è nessuno tranne noi stessi, o
appagando un bisogno profondo che anche Freud
meglio, la nostra immaginazione. Ci mettiamo in
aveva messo in luce, ossia il bisogno di vivere
posa come davanti a uno specchio, ma material-
‘quella pluralità di vite’ che ci consenta di dare un
mente lo specchio non esiste. Lo specchio però,
senso alla nostra piatta esistenza. Si tratta di una
come sappiamo, è un elemento imprescindibile
dimensione più sperimentale e creativa
nell’autoritratto, che ne presuppone comunque la
dell’autoritratto, la quale è particolarmente sentita
presenza, reale o virtuale. Il vero specchio sono gli
dagli artisti contemporanei. Nello stesso tempo,
occhi degli altri: come diceva Pirandello, noi ci
questa tendenza al gioco e al travestitismo
vediamo attraverso “la vista degli altri”, identifican-
permette di far emergere una sorta di paradosso
doci nel loro sguardo. Ebbene, chi si pone, da solo,
che si cela nel cuore stesso dello statuto della
davanti a un obiettivo e sceglie la sua posa,
fotografia: essa infatti si rivela non più solo
inevitabilmente si vede attraverso gli occhi degli
un’oggettiva certificazione di realtà, ma anche un
altri, o, se si preferisce, come vorrebbe che gli altri
veicolo privilegiato per dare concretezza ai sogni e
lo vedessero. Certo, la possibilità di scegliere la
ai desideri degli uomini.
fotografia prima di scattarla offre un’opportunità in
In generale, la fotografia ha da sempre incoraggia-
più…o in meno: perché, come si diceva, questa
to il gusto della recita. Già Adolphe-Eugène Disderi,
47
inventore della Cart visite, nel suo trattato del 1862, L’art de la photographie, scriveva:
“L’apparecchio fotografico, anziché indurre i soggetti a mettere allo scoperto la propria personalità, sembra eccitare in loro, al contrario, l’impulso a nascondersi, a travestirsi, a deidentificarsi. Il modello, anziché cercare di definire la propria rassomiglianza, cerca di assomigliare a qualcun altro”.
Come ha notato Achille Bonito Oliva in un catalogo di una mostra tenutasi a Bologna, significativamente intitolata Appearance:
“Il mondo è un palcoscenico, l’essere una creazione teatrale: l’essere, dunque, come personaggio recitato, non è una cosa organica con specifica locazione, il cui destino fondamentale sia quello di nascere, maturare e morire: è un effetto drammatico che nasce globalmente dalla presentazione di una scena. L’essere non appartiene al suo proprietario. Lui e il suo corpo forniscono semplicemente il gancio al quale verrà appeso per qualche tempo un certo prodotto collettivo”.
L’AUTORITRATTO NELLE CABINE FOTOAUTOMATICHE
L’intrinseca natura trasformistica della fotografia è
momento, l’abbigliamento, la posa.
dimostrata, per esempio, nell’atteggiamento
In teoria possiamo ridere, fare le smorfie, chiudere
disinvolto che molte persone assumono dentro le
o spalancare gli occhi. Non c’è nessuno davanti a
cabine fotoautomatiche, dove al riparo da occhi
noi. Ma questo è vero solo in parte. È difficile
indiscreti, si divertono a recitare le parti più
sentirsi veramente liberi chiusi dentro quel box, che
svariate, assumendo pose e atteggiamenti
ha già di per sé indubbie caratteristiche claustrofo-
inconsueti.
biche; l’intero setting ci è di fatto imposto e la
Se avessimo affrontato quest’argomento prima
nostra libertà di azione è solo teorica: dobbiamo
della nascita e diffusione di Facebook e dei social
stare seduti in un certo modo, con gli occhi a una
networks, per la maggior parte di noi esse
determinata altezza.
avrebbero rappresentato l’unica effettiva occasione
Si potrebbe contare che la dimensione del gioco,
di praticare l’autoritratto. Forse proprio per
della smorfia, è quasi una situazione verso la
l’essenzialità e l’elementarità delle condizioni in cui
quale siamo indirettamente spinti, sembra quasi
ci si viene a trovare di fronte a un obiettivo
una reazione dovuta. Senza contare che una
fotografico, questa esperienza consente di mettere
fototessera di per sé richiede requisiti prestabiliti e
in luce l’ambivalenza sostanziale con cui può essere
difficilmente possiamo allontanarci dal suo cliché.
vissuto l’autoritratto, oscillando da una sensazione
Insomma, dentro a quella gabbia noi di fatto
di controllo onnipotente a un’altra di totale e
subiamo la fotografia; anzi, questa passività è ciò
inquietante passività. Anzi, credo che per molti di
che più caratterizza l’intera situazione. Consideria-
noi, al giorno d’oggi, la situazione sia occasione più
mo in più che lo specchio che si trova davanti, lungi
di disagio che di divertimento.
dal produrre un’idea di controllo, non è lo specchio
Si potrà però parlare effettivamente di autoritratto?
domestico (heimlich). E poi quando finalmente,
Da un certo punto di vista certamente sì: basta
dopo una certa apprensione, ti sei deciso e schiacci
avere con sé la somma necessaria e decidere di
il bottone, passano alcuni secondi di attesa prima
farsi una fotografia. Siamo noi a scegliere il
che il flash ti colpisca: è quasi come aspettare di
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essere giustiziati. Tutto è stato ormai deciso in modo irreversibile. Il fatto poi che non ci sia nessuno, che tu sia solo, che non ci sia alcun fotografo a ‘giustiziarti’ rende quell’attesa ancora più terribile: la presenza fisica di un fotografo renderebbe la situazione meno grottesca. Se nella pulsione originaria dell’autoritratto il bisogno di controllo è un elemento fondamentale, nella photomatic ne siamo irrimediabilmente privati, ma in concetto dell’omologazione, se da un lato ci limita, dall’altro dà la possibilità di osservare divertiti le diverse reazioni di coloro che si sono fatti fotografare e del loro modo di personalizzare la propria impressione di sé o del modo in cui si sono abbandonati al mezzo passivamente.
AUTORITRATTO COME TRAVESTIMENTO
C’è in generale negli artisti, dove più esplicita e dove più celata, una quasi innata tendenza al travestitismo, che si riallaccia a un bisogno profondo proprio di ogni uomo: quel bisogno prometeico di essere e sperimentare tutto di cui parla Freud. La fotografia s’è fatta prediletta portavoce di questa tendenza/ esigenza grazie al risparmio di tempo implicito nel suo processo di posa e realizzazione, che permette di portare in scena il principio del gioco molto più di quanto permetta la pittura. Troviamo un interprete d’eccezione in Marcel Duchamp: Rrose Sélavy ne costituisce una specie di manifesto programmatico. In alcuni artisti c’è, più che rappresentarsi giocando, il bisogno opposto di inventarsi, di riconoscersi in sempre nuovi personaggi, insomma di diventare l’altro, frammentandosi in una moltiplicazione dell’Io. È il caso di Picasso, del quale si supponeva si volgesse all’autoritratto nei momenti di crisi, quando si sentiva inquieto o afflitto.
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AUTORITRATTO E POETICA FUNZIONALE
Per molti aspetti l’autoritratto d’autore ha le sue radici nella poetica dell’artista; ciò che a noi interessa maggiormente è soprattutto il concetto di poetica funzionale, in quanto l’autoritratto partecipa proprio di quel bisogno primario di esprimere la propria psichicità e fisicità.
IN SINTESI: PRINCIPALI TIPOLOGIE DI AUTORITRATTO
Abbiamo visto che si passa da una concezione
soprattutto caratteristiche che si possono
quasi funzionale dell’autoritratto come eco della
riscontrare in esempi diversi, magari mescolati
genesi dell’Io, a una concezione più eminentemen-
assieme:
te psicologica, in cui prevale l’elemento dell’intenzionalità e della socialità. Questa
a. la prima tipologia coincide in un certo senso con
intenzionalità può essere legata a una situazione
l’origine stessa dell’autoritratto, e rispecchia
contingente e particolare (il ritratto o l’autoritratto
l’esserci e il farsi dell’Io dell’uomo nella sua
d’occasione, fra i quali possiamo includere gli
elementare complessità: potremmo chiamarlo
autoritratti dell’artista in quanto artista), ma può
autoritratto narcisistico
avere altresì valenze molto più ampie e generali e,
(non letto nel senso di autocompiacimento
per così dire, più solenni, quando l’autoritratto
esibizionistico, che se mai caratterizza solo una
segna effettivamente le tappe cruciali della vita
minoranza di autoritratti), perché ha a che fare con
dell’individuo. Ma anche quella che può apparire
le problematiche omonime e riguarda in generale il
come un’esigenza contingente, legata a un
rapporto dell’uomo con la propria immagine, nella
determinato momento, può avere un valore
prospettiva del mito di Narciso;
esistenziale profondo: mi autoritraggo oggi, perché oggi, in questo frangente particolare della mia
b. la seconda l’abbiamo già definita autoritratto
esistenza, sento di vivere un momento fondamen-
d’occasione: segue le tappe contingenti della vita
tale e lo voglio sottrarre al flusso del tempo,
di un uomo, è l’espressione di momenti particolari,
affinché domani mi possa rivedere come oggi mi
emozioni specifiche, significative sia a livello
sento.
soggettivo che oggettivo;
Su queste basi potremmo intanto distinguere tre
c. la terza potrebbe essere definita autoritratto
tipologie di autoritratto, tenendo conto tuttavia che,
come monumento, in quanto segue invece le
nella misura in cui coincidono con alcune delle
tappe importanti della vita di una persona e, come
funzioni che gli sono proprie, esse designano
l’autobiografia, assume soprattutto un valore
53
retrospettivo, nel senso di una svolta radicale, di un punto e a capo nel corso dell’umana vicenda. Naturalmente sia l’autoritratto d’occasione sia quello come monumento rappresentano una variante della funzione classica del ritratto e dell’autoritratto: attraverso essi l’uomo intende infatti lasciare un’immagine di sé che duri nel tempo e gli sopravviva.
IN SINTESI: FUNZIONI E MECCANISMI NELLA PSICOLOGIA DELL’AUTORITRATTO 1. L’autoritratto è una modalità privilegiata di introspezione e autoanalisi: mi autoritraggo per
5. Nell’autoritratto è implicita un’esigenza di
scavare al mio interno, per guardarmi dentro, per
controllo sulla propria immagine.
capire chi sono. 6. Nel presupposto dell’esigenza di controllo sulla 2. L’autoritratto in quanto oggetto di studio da
propria immagine è altresì implicito un bisogno di
parte dell’artista è un documento psicologico
comunicazione: l’autoritratto è la faccia con cui ci
privilegiato.
vogliamo presentare al prossimo, è la nostra maschera.
3. Per quanto riguarda una concezione di tipo retrospettivo, la sua funzione fondamentale è in
7. L’autoritratto è un ideale che vuole durare nel
fondo la stessa del ritratto: il bisogno dell’uomo di
tempo, la nostra immagine ideale, l’opera
mettere al sicuro dalla morte la propria immagine
celebrativa di un momento, in cui l’autore si
in quanto memoria.
monumentalizza, diventa cioè Super-Io con cui egli stesso può identificarsi.
4. Vediamo più specificamente le funzioni e i meccanismi dell’autoritratto, a partire da quello che
8. Abbiamo visto poi come in uno studio psicologico
si può definire il suo grado zero:
sull’autoritratto non si possa prescindere dal
a. lasciare un’impronta (renderla riconoscibile);
problema della relazione con la nostra immagine
b. oggettivare l’immagine per dare consistenza
interna.
al proprio corpo, per potersi osservare, per confermare a sé stessi ciò che si è;
9. Un’altra importante caratteristica psicologica
c. esprimere la propria psichicità, un certo stato
dell’autoritratto (soprattutto fotografico) è di
d’animo o un certo sentimento: l’autoritratto
consentire all’uomo di sperimentare identità e
mentale.
maschere diverse, in modo da appagare il suo
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prometeico bisogno di vivere una pluralità di vite (Freud).
10. L’autoritratto potrebbe essere un modo per dare un corpo, un’esistenza oggettiva all’estraneo che è in noi, tanti autoritratti quante sono le facce di questo estraneo.
LO SPECCHIO DELLE BRAME
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IL RIFLESSO DEI MASS MEDIA SULL’IMMAGINE INTERNA ED ESTERNA DELL’UOMO
La realtà vera tende sempre più a mescolarsi con la
Le spinte al comportamento sono certamente più
realtà inventata (che poi è non-realtà) dei contenuti
quelle legate al desiderio che non quelle dell’ascesi.
mediali. In molte occasioni le persone vere si
Le cause che ci inducono a comportarci in un certo
misurano con modelli che sono ombre, solo
modo (ad esempio a volersi presentare agli altri in
apparentemente reali, che vivono sugli schermi e
un certo modo) provengono dall’esterno e in modo
le pagine dei periodici già dall’avvento del mezzo
abbastanza casuale, non sempre vengono
fotografico, per inseguire aspirazioni che nascono
immediatamente comprese e correttamente
dalle suggestioni di frammenti e narrazioni
interpretate.
veicolate, in particolare - al giorno d’oggi - dalla tv
In questo spazio (che potremmo definire di una
e da internet.
razionalità ad alto tasso di fisicità ed emozionalità), tendono anche ad infilarsi le suggestioni di quel
Partiamo dal corpo, il primo luogo della progettazio-
mondo non reale ma verosimile della quasi-realtà
ne personale di ognuno, sul quale ha inizio la
proposta dai media.
costruzione del proprio sé: come ci si immagina, ad
Ognuno apprende, anche inconsapevolmente, a
esempio, quando ci si vede dall’esterno come se ci
creare e gestire nella quotidianità il suo sé-ideale in
fosse un’altra persona, come crediamo di essere.
questo “teatro delle ombre”, dove si agisce in base
In questa immediata e naturale proiezione siamo
a regole non dette ma evidenti del mondo mediale,
portati a costruirci in base a come vorremmo
aderendo a stili di vita che traggono evidentemente
essere accettati o amati.
spunto e suggerimenti da tutto quanto vi appare.
La concezione del sé ideale sottolinea la
In un mondo dove il reale e il quasi reale veicolato
difficilmente eliminabile discrepanza tra il prodotto
dai media tendono a mixarsi in modo sempre più
della biografia e della socializzazione (della vita
difficile a potersi distinguere per quanto attiene alla
realmente vissuta) e come si è indotti a considerar-
loro effettiva rilevanza e nelle loro conseguenze. È il
si o rappresentarsi secondo desideri o paure e
mondo simbolico che domina la cultura contempo-
incertezze.
ranea, quello in cui l’intangibile diventa la
dimensione dominante. Dal mondo dei media non si traggono più modelli definibili come tipi sociali; l’ininterrotta alluvione mediale costringe a fermare, a rubare, solo pochi frammenti che vengono ricostruiti nell’immaginario individuale e collettivo. Si tratta di un’identificazione di tipo empatico, emotivo, immediata e spontanea nelle dinamiche. Non sempre sono evidenti invece i motivi di una tale fascinazione. Tutti diventano interpreti più o meno abili dei segni veicolati dai media. Stupisce la mancanza di responsabilità, di riflessione, in un mondo che sembra davvero aver perso la propria identità, per seguire il sogno dato da un’immagine riflessa.
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IL RUOLO DEI MEDIA
Il ruolo dei mass media nel divulgare modelli,
esternalizzare un bisogno narcisistico prettamente ***
significati e valori legati alla rappresentazione del
estetico.
corpo ma anche a stili di vita (e di consumo) legati al raggiungimento di un ideale di successo e affermazione sociale. Possiamo dire che i media siano agenti di socializzazione in grado di contribuire alla costruzione di determinate rappresentazioni sociali, fuorvianti, restrittive, che influenzano la conoscenza della realtà da parte degli individui. Fungono anche da cassa di risonanza ai processi sociali e culturali, guidati da logiche produttive che li legano all’universo dei consumi in maniera indissolubile, un legame che influenza a sua volta i prodotti che vengono distribuiti, la catena del consumo e le percezioni, i bisogni e le attese del pubblico-consumatore. L’ambiente mediale non costituisce un’entità a sé stante e non si definisce solo come un riflesso amplificato della società attuale, è un ambiente sociale esso stesso, nei suoi contenuti, nelle logiche che lo sottendono, nelle immagini che propone e nei discorsi che formula. Pensiamo ad esempio alla cura di sé intesa come ricerca di un benessere spesso identificato in una buona forma fisica, maggiormente rivolto ad
IL PERCORSO NARRATIVO DEL SÉ
Si viene sempre più delineando un modello di
La comprensione genera esperienza e il passato
identità fluida e contingente secondo il quale
diviene non solo un patrimonio ma uno strumento
ciascun individuo ha l’opportunità di “indossare”
per la comprensione di se stessi.
molteplici identità, a seconda dell’occasione
La narrazione di sé mediante l’oggettivazione e la
necessaria o desiderata.
comprensione produce riconoscimento: si diventa
Questa concezione amplifica sempre più la
attori della propria storia ma allo stesso tempo si è
concezione di un’identità frammentata
in parte osservatori esterni. Questo processo
dell’individuo, il quale però si percepisce e si
assume la connotazione di “risveglio”, di presa di
rappresenta come un’integrità di frammenti.
coscienza di ciò che si è.
La sensazione di continuità fra le identità
Si possono distinguere in questo percorso due
scaturirebbe conseguentemente dal processo
aspetti della narrazione autobiografica per
riflessivo messo in atto dall’individuo, allo scopo di
immagini: la presentazione del sé e la ricerca
trovare una spiegazione del suo passato e un
di sé.
orientamento verso il futuro. Secondo Giddens, la fiducia in se stessi e le relazioni con altri attori sociali, dipendono in larga misura dall’identità di ciascuno, in altre parole, dalla capacità di delineare un percorso narrativo il più possibile soddisfacente e comprensibile. Il soggetto narra se stesso e nello stesso tempo, dando al proprio percorso la dignità di narrazione, le attribuisce un senso, in quanto narrarsi è disporsi alla comprensione della propria vita (e veicolarla ad altri, ammettendo che la narrazione non sia rivolta a noi stessi come unici fruitori).
61
LA CONFLITTUALITÀ DELL’ESTROVERSIONE DEL SÈ
L’identità che vogliamo assumere in relazione ai nostri destinatari interiori a volte ci fa stare come in un letto di Procuste: qualcosa di noi non vi corrisponde, e la storia che raccontiamo è solo e sempre di nuovo la storia della nostra incapacità di essere quelli che vorremmo essere, e dell’incapacità di essere quelli che siamo. L’assunto di fondo da cui muove l’analisi del pensiero narrativo considera la dimensione sociale e culturale dei processi cognitivi e pone gli universi culturale e individuale in costante rapporto dialettico (fondato sulla negoziazione, sul consenso, il conflitto e la componente comunicativa), dalla cui interazione si origina la circolazione sociale dei significati e delle conoscenze condivise.
LE INFLUENZE MEDIALI NEL PROCESSO DI COSTRUZIONE IDENTITARIA
L’individuo ricava una parte consistente
comportamentale.
dell’immagine di sé dall’immagine che ha dei gruppi
I media contribuirebbero altresì alla costruzione
ai quali appartiene e dallo stato complessivo dei
dell’identità mediante la presentazione di modelli,
rapporti fra i gruppi sociali per lui significanti.
immagini, norme di comportamento da cui
Mediante l’altro generalizzato individuo sarebbe
l’individuo trae le informazioni che ritiene
quindi in grado di apprendere, perlopiù inconscia-
necessarie, al fine di costruire il proprio sé e il
mente, le principali norme comportamentali e
proprio percorso di vita.
sociali (e dare un significato alle proprie azioni)
Oltre all’aspetto seduttivo ed accattivante delle
tipiche della comunità di appartenenza.
storie mediali, vi sono elementi del racconto stesso
L’impatto dei nuovi media avrebbe indebolito il
in grado di ingenerare una sorta di comparazione
rapporto fra luogo fisico e luogo sociale, mediante
fra ciò che viene rappresentato dai media e la vita
una riorganizzazione degli spazi sociali ed una
reale. Questo potrebbe spiegare il costante dilagare
democratizzazione dei sistemi informativi attraverso
di un senso di insoddisfazione latente, caratteristico
una sostanziale ristrutturazione dei palcoscenici
dell’epoca attuale: questa continua rincorsa alle
sociali sui quali interpretiamo i nostri ruoli e, di
infinite possibilità apparentemente offerte dalla
conseguenza, il cambiamento della nostra
realtà e il desiderio di sfruttare ogni momento per
concezione di comportamento sociale. Le sfere
confrontarci con le risorse simboliche e narrative
sociali un tempo distinte e separate, ognuna basata
che ci vengono proposte, sono la causa della nostra
su sistemi informativi specifici, mediante i mass
assenza a noi stessi e alle situazioni. Siamo
media subirebbero un processo di sovrapposizio-
continuamente proiettati in un altrove mediale che
ne andando ad annullare le differenze che un
si sovrappone al presente e finisce per non farci
tempo si percepivano fra individui appartenenti a
essere, in effetti, in nessun luogo.
diversi gruppi sociali. La peculiarità di questa
Dai protagonisti delle storie mediali si possono
sovrapposizione, è che si basa su percezioni
trarre indicazioni e riferimenti rispetto a chi siamo o
essenzialmente superficiali, sia a livello fisico che
vorremmo essere, frammenti di identità possibili da
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sperimentare, suggestioni di come potremmo atteggiarci o vestirci, dello stile di vita che dovremmo adottare per essere come coloro che ci piacciono, o piacciono di più. Dalle azioni dei personaggi possono essere tratte indicazioni di comportamento adeguato, le azioni de intraprendere; gli scopi a cui sono finalizzate le azioni possono costituire materiale di paragone (un esempio è dato dall’aspirazione al successo e da come si stia sempre più manifestando la tendenza ad accumunare al successo la visibilità, indipendentemente dalle proprie reali capacità). Le storie mediali stereotipiche costruite dai racconti mediali sembrano dunque fornire non più solo un materiale per il sé a cui riferirsi e su cui lavorare, ma anche canovacci identitari preconfezionati che necessitano solo di un po’ di personalizzazione.
IL MODELLO VINCENTE
I nuovi media, dopo aver “utilizzato” dei frammenti
ciascuno è inserito si è ampliata grazie all’avvento
di realtà, li restituisce al mondo esterno al quale
dei mezzi di comunicazione di massa, i quali hanno
erano appartenuti. Ma non sono più gli stessi. Sono
reso l’informazione molto più accessibile e
permeati da una diversa luccicanza, rivestiti di una
soprattutto immediata.
patina di iperrealtà. Una volta reimmessi nel mondo, hanno cambiato la realtà circostante. Dal loro passaggio mediatico, i vissuti ritornano amplificati e niente e nessuno sarà uguale a prima. I contenuti mediali divengono parte dell’immaginario collettivo ed individuale, influiscono sull’atteggiamento e sulle modalità di comportamento, contribuiscono alla creazione di aspettative, progetti di vita, forniscono modelli di riferimento, stimolano bisogni, desideri, delineano percorsi di senso e soprattutto offrono il terreno illusorio su cui formulare sogni e desideri. In altre parole, l’esperienza riceve dall’universo mediale costanti riferimenti e ancoraggi, per la sua comprensione, tanto da portare a riconoscere ai media stessi una forte pervasività e coesione con la nostra esperienza soggettiva e con le immagini che possediamo del mondo. La conoscenza del mondo e della realtà in cui
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UN RIFLESSO PARZIALE DEL SOCIALE
I mass media si fanno interpreti delle tendenze
svuotati del loro significato, portatori di modelli di
poste in essere sul contesto socio-culturale e
una società che sembra ormai perdere sempre più
portavoce dei bisogni e delle aspettative del
la propria memoria. Di una società che diventa
pubblico. In una società in cui la deriva del
sempre più unicamente il riflesso di sé stessa,
relativismo comporta un senso d’incertezza
riproposta da molteplici specchi.
generalizzato e capillare, affiorano storie di moderni
Quale potranno essere gli sviluppi futuri? Un mondo
investigatori che, grazie alla totale dedizione e alle
completamente assorbito dalla sua immagine
specifiche competenze in ambito scientifico,
riflessa? Possiamo supporre che questo non possa
utilizzando strumenti forniti dalle nuove tecnologie
accadere, in quanto è necessario che rimanga una
riescono sempre a svelare l’ultimo mistero,
porzione di realtà libera dai condizionamenti
dissipando le nebbie del non-sapere e riportando
mediali, perché essi hanno bisogno che la vita
luce rassicurante della certezza e della ragione.
continui, ha bisogno di un nucleo residuale di
Come ‘naturale processo di rappresentazione del
realtà, non fosse altro che per poterla assorbire,
reale’, ci troviamo al giorno d’oggi ad affrontarci
plasmare come un altro sé, desiderabile e
con una rappresentazione fondata su una serie di
sconosciuto.
categorie generali mutualmente esclusive, le quali riproducono solo in parte la realtà quotidiana; esattamente com’è sempre accaduto. La peculiarità è che diversamente dalla rappresentazione della realtà prima dell’avvento della fotografia, che dava voce ed eleggeva a modelli la parte buona della società, ai giorni nostri si elegge a modello la parte bella, quella parte più luccicante, accattivante e seducente. Il contenuti della comunicazione mediale vengono
LE CONSEGUENZE DEL PENSARE PER IMMAGINI
La questione memoria è essa stessa una diretta
di diretta conseguenza, di significato, della loro
conseguenza di un mondo che pensa per
importanza. Rende tutto più facile ed immediato,
immagini: che bisogno c’è di farsi portatori di
con lo svantaggio che toglie il senso di ogni azione
memorie e di tradizioni quando lo può fare per noi
che ci viene concesso di evitare.
un mezzo certificatore, automatizzato, così facilmente condivisibile e di facile ed immediata fruizione come la fotografia? É la stessa polemica che i grandi filosofi, poeti e letterati schiantarono con la nascita della scrittura, e poi del mezzo stampa riproducibile in serie: la cultura divenne oggetto raggiungibile sempre più da molti, sempre più veloce ed immediato. Con l’ausilio di un automatismo, che chiaramente ha degli aspetti positivi e negativi semplicemente da prendere in considerazione, il processo cognitivo viene privato di un suo compito: quello dell’elaborazione, e della relativa comprensione, arricchimento personale. La memoria perde sempre più compiti elaboratori ed importanza, con i discutibili effetti che ne derivano. Quelli, nel nostro caso, di una perdita di consapevolezza sempre più capillare e fondato. È questo quello che fa l’automatismo: toglie compiti all’elaborazione cognitiva, alla memoria e svuota le azioni della consapevolezza, e
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LA PSICOLOGIA DI FACEBOOK
Il nome del sito si riferisce agli annuari (Facebook)
sembianze di ideale.
che raccolgono le foto di ogni singolo membro che
Questo nuovo genere di comunicazione virtuale
alcuni college e scuole preparatorie statunitensi
espone gli attori ad un transfert impregnato più di
usualmente pubblicano all'inizio dell'anno
altri di idealizzazione.
accademico e distribuiscono ai nuovi studenti ed al
Tutti tendono a mostrare il meglio di sé.
personale della facoltà come mezzo per conoscere le persone del campus. Dunque, il suo fine
Una delle caratteristiche di Facebook rispetto
dichiarato, è quello di favorire la reciproca
all’interazione reale è quella della maggiore
conoscenza.
disinibizione nelle manifestazioni emozionali. Ciò
Implicitante, favorisce la catalogazione automatica
può essere dovuta all’assenza dello sguardo
e automatizzata degli utenti che vi si iscrivono.
dell’interlocutore, dove l’occhio, la pupilla dell’altro è il luogo di proiezione privilegiato dell’attività
Facebook amplia la possibilità d’espressione
super-egoica, non a caso quasi sempre descritta in
identitaria, estendendo i mezzi della comunicazio-
analisi come uno sguardo che ci osserva.
ne virtuale dal solo strumento autobiografico scritto
Su Facebook ci mostriamo ma, paradossalmente,
al potentissimo ed immediato mezzo autobiografico
nessuno ci guarda.
per immagini.
Certamente il rischio è che la realtà virtuale possa
Se tipicamente la comunicazione virtuale riduce lo
condurre fuori del reale, a volte generando
stimolo percettivo alla sola espressione scritta,
inquietanti sintomi di onnipotenza, con discontrollo
privando la relazione virtuale interpersonale di tutte
della critica, che riverberano nella realtà
quelle componenti sensoriali (tratti somatici,
quotidiana, con evidente disadattamento.
posture, espressioni mimiche, ecc.) ed ambientali
Soprattutto, queste eventualità ci autorizzano a
che caratterizzano la relazione oggettuale, l’utilizzo
chiederci se, in un eventuale, ben delineata,
della fotografia favorisce nei soggetti predisposti,
psicopatologia propria del circolo Internet, sia
l’investimento su un'immagine che assume le
possibile alternarsi fra un mondo concreto e uno
virtuale senza rischiare conflitti.
conducono invece il fruitore voyeurista a farsi
Questa autolimitazione dell’interazione si configura
un’impressione immediata, sommaria ed iconica
come una inconscia tendenza alla ricerca di
della persona. Il mutamento cognitivo interviene
approvazione, una frenetica corsa alla lusinga del
anche sulla percezione delle persone stesse, che
narcisismo.
diventano dei ruoli, delle maschere.
L’enorme sviluppo di Facebook è anche spia di un grosso problema di solitudine.
Man mano il concetto di Io andrà considerato
Si è disperatamente in cerca di una realtà diversa;
sempre meno come indicante un’istanza unitaria e
una ricerca che altera la verità.
sempre più come la risultante di molteplicità di
L’utilizzo di social network come Facebook sembra
frammenti e di proiezioni; se questa caratteristica è
collegato a un impoverimento della qualità
già presente nella rappresentazione seriale
della comunicazione e dell’empatia nelle
dell’autoritratto, essa viene ampliata a dismisura: la
interazioni dal vivo.
principale peculiarità di Facebook e dell’utilizzo che
Sempre più spesso si fa riferimento a scambi ed
esso fa del mezzo fotografico per l’espressione e la
avvenimenti virtuali su Facebook che, sebbene
presentazione della propria identità, è proprio
possano essere considerati astratti ed effimeri,
questa possiblità di rappresentarsi serialmente, in
sembrano avere conseguenze molto reali.
maniera veloce, automatica, gratuita e
La struttura di Facebook non consente una gestione
cappillare al maggior numero possibile di fruitori.
graduale delle informazioni personali, tipica invece
Il tutto, sentendosi al riparo dallo sguardo e
delle normali relazioni interpersonali; essa mette da
fondamentalmente dal giudizio (sebben e lo si
subito nelle condizioni di entrare in contatto con
ricerchi) degli altri, inosservati.
dati molto privati degli utenti, la maggior parte dei
Il pericolo sorge laddove lo si faccia senza
quali è in forma fotografica.
un’adeguata consapevolezza: lasciandosi trascinare
Caratteristiche queste che ostacolano la formazione
da questo meccanismo persuasivo in un’ambiente
graduale di un’impressione sull’altra persona, e
sociale parallelo, che non potrebbe fare altro che
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farci perdere il contatto con la reltà autentica: quella della socializzazione. Il pericolo è proprio quello di dimenticare che la rappresentazione di sè attraverso immagini, in questo caso estremamente superficialmente, dovrebbe limitarsi ad essere un supporto, e non un’autentica espressione agli altri della nostra personalità. Il pericolo è di farsi sopraffarre da quegli automatismi che l’uomo tanto s’affanna a perseguire.
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BIBLIOGRAFIA
FORMATO TESSERA Federica Muzzarelli, Bruno Mondadori Editore, 2003, Milano
LO SPECCHIO DELL’IO: AUTORITRATTO E PSICOLOGIA Stefano Ferrari, Laterza Edizioni, 2002, Roma
RI-VEDERSI Fabio Piccini, Red! Edizioni, 2008, Milano
I’LL BE YOUR MIRROR Fabiola Naldi, Cooper&Castelvecchi Editore, 2003, Roma
MOTIVAZIONE E PERSONALITÀ Abraham H. Maslow, Armando Editore, 2002, Roma
LO SPECCHIO DELLE BRAME Silvia Ladogana, FrancoAngeli Edizioni, 2006, Milano
DALLA PAROLA ALL’IMMAGINE Michael Evamy, Logos Edizioni, 2003, Modena
GLI STRUMENTI DEL COMUNICARE Marshall McLuhan, Est Edizioni, 1997
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