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ARCHI LI E

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Behnisch Architekten realizza la sede dell’azienda Unilever ad Amburgo

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La nostra azienda è presente sul mercato da oltre quarant’anni e si occupa della lavorazione di marmi, graniti, quarzi e quarziti, pietre per l'edilizia e l'arredamento. Il nostro laboratorio è dotato di macchinari tradizionali e all’avanguardia e di impianti a controllo numerico ad alta precisione, i quali ci consentono di effettuare qualsiasi tipo di lavorazione, anche complessa, con costi e in tempi molto competitivi. Crediamo fortemente che la specializzazione nel settore del marmo con macchine tecnologicamente all’avanguardia e uomini capaci, costituisca la risposta migliore alla richiesta di un prodotto che si caratterizzi sempre più per gli alti contenuti di qualità e finitura.

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L’ARTE DEL RIUSO “QUANDO LA MAESTRIA DI UN ARTIGIANO PUÒ DONARE UNA NUOVA VITA ALLA MATERIA!”

ARCHILINE Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bologna al numero 8109 del 13 ottobre 2010 Anno 1 numero 0 ottobre 2010

Direttore Editoriale Alessandro Marata Direttore Responsabile Maurizio Costanzo Caporedattore Iole Costanzo Coordinamento di Redazione Cristiana Zappoli Art Director Laura Lebro Responsabili Marketing Mario Pompilio, Zenon J. Wojciechowski

“OGNI SCALA È UN PEZZO UNICO” Oggi la scala occupa uno spazio importante nell’arredo d’interni ed è spesso protagonista degli ambienti più in vista della casa. I materiali costituiscono il pregio e l’esclusività di un progetto, a questo scopo diamo risalto al legno massello. La Battistini Scale garantisce la peculiarità di realizzare scale “su misura” e personalizzate, sia nel design che nell’utilizzo dei materiali. L’Azienda nasce più di 40 anni fa, da allora ha sempre costruito in modo artigianale, scale per interni, maturando una profonda esperienza e professionalità nel settore. La realizzazione di un progetto può disporre di materiali di vario genere, quali; legno, ferro, acciaio inox, vetro ecc. Il cliente riceverà un servizio di attenta progettazione, effettuata tenendo conto dell’ambiente nel quale la scala andrà a collocarsi, sarà consigliato nella scelta del modello più adeguato, oltre alla scelta del legno e di ogni altro dettaglio. La Battistini Scale si occuperà di ogni cosa; dal sopralluogo all’elaborazione del progetto, dalla costruzione della scala al montaggio in loco; il tutto con il nostro personale interno altamente qualificato. Il 50% del merito, per il completamento di un’opera di successo, è da attribuire al montaggio della stessa. Forti di questa convinzione, affidiamo unicamente al nostro personale interno il compito della posa in opera a regola d’arte delle scale, che viene curata direttamente sul cantiere con le attrezzature adeguate e con un attento lavoro di adattamento dei pezzi, fino a completamento dell’opera.

Battistini Pier Paolo s.n.c. 47042 Bagnarola di Cesenatico (FC) Via Balitrona, 14/D tel. 0547.329172 - fax. 0547.401768 e-mail: battistiniscale@libero.it

Comitato Scientifico Walter Baricchi (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Reggio Emilia) Benito Dodi (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Piacenza) Vittorio Foschi (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Forlì-Cesena) Claudio Gibertoni (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Modena) Alessandro Marata (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Bologna) Gianni Pirani (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Ferrara) Roberto Ricci (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Rimini) Alessandro Tassi Carboni (Presidente Ordine Architetti P.P.C. della provincia di Parma) Redazione Lorenzo Berardi, Antonello De Marchi, Silvia Di Persio, Enrico Guerra, Angela Mascara, Marcello Rossi, Alessandro Rubi,Carlo Salvini, Federica Setti, Paolo Simonetto, Gianfranco Virardi Hanno collaborato Manuela Garbarino, Marilena Giarmanà, Emilia Milazzo, Marco Zappia Stampa Cantelli Rotoweb - Castel Maggiore (Bo) www.cantelli.net

FEDERAZIONE ORDINI ARCHITETTI P.P.C EMILIA ROMAGNA Via Saragozza, 175 - 40135 Bologna Tel. 051.4399016 - www.emiliaromagna.archiworld.it Argelati, 19 - 40138 Bologna KOrE ViaTel.Filippo 051.343060 - www.koreedizioni.it E D I Z I O N I


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sommario EDITORIALE

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Verso un’architettura etica e sostenibile di Alessandro Marata

VISUAL SCREEN

16 Nella vecchia fattoria... FARM HOUSE, OPPLAND, NORVERGIA Progetto di gruppo Jarmund / Vigsnæs AS Architects MNAL

18 Progettare nella foresta TREE HOTEL, HARADS, LAPPONIA SVEDESE Progetto di Mårten Cyren e Gustav Cyrén, Marge Arkitekter, Thomas Sandell, Tham & Videgård Arkitekter, Bertil Harström

20 La scuola sotto il giardino NTU-ADM, NANYANG , SINGAPORE Progetto di CPG Corporation

ANNI DI ESPERIENZA AL SERVIZIO DELL’EDILIZIA La R.V.A POLISTIROLO, da anni nel campo della produzione di casseri e sagome in polistirolo espanso, ha contribuito a rendere le costruzioni più pregiate e piacevoli dal punto di vista architettonico. L’azienda non lavora solo nell’ambito dell’edilizia ma produce, su ordinazione, anche scritte in polistirolo, elementi per scenografie e molto altro ancora essendo dotata di attrezzature moderne e contando su un centro di progettazione all’avanguardia.

22 Bioclimatica in Valsugana EDIFICIO UNIFAMILIARE PF, PERGINE, ITALIA Progetto di Elisa Burnazzi, Davide Feltrin e Paolo Pegoretti

24 Uno spazio dedicato all’arte ART FOREST, MARIBOR, SLOVENIA Progetto di 2A+P/A e Andrea Branzi

26 Il Piranesi Prix de Rome Assegnato all’architetto spagnolo Luís Carrilho Da Graça per il museo del sito archeologico di Praça Nova

28 La versatilità di Steven Holl Il premio “JENCKS AWARD” quest’anno andrà all’architetto statunitense

ARCHITETTURA

40 Fabbrica di cultura BIBLIOTECA CIVICA SAN GIORGIO, PISTOIA, ITALIA Progetto di Pica Ciamarra Associati (Massimo Pica Ciamarra, Luciana de Rosa, Claudio De Martino) Collaboratori Federico Calabrese, Angelo Verderosa, Franco Archidiacono 2001 - 2007

Viale Piemonte, 12 - 47838 RICCIONE (RN) Tel. 0541.640325 - Fax 0541.664829 www.rvapolistirolo.it - info@rvapolistirolo.it


46 In mezzo al verde “CASA SULLA MORELLA”, CASTELNOVO SOTTO, REGGIO EMILIA Progetto di “cittàarchitettura” di Andrea Oliva Collaboratori Arch. Luca Paroli, Ing. David Zilioli 2007 - 2009

56 Piramide Spagnola BTEK, DERIO, SPAGNA Progetto di Gruppo Architetti ACXT Design Team Gonzalo Carro & ATHOS 2007 - 2009

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“La nostra storia, la nostra esperienza... in una nuova veste” Altamarea Antico È Antrax IT Arezia Arma Artesi Bertocci BHC Bigelli Marmi Cea Design Ceramica Cielo CP Parquet Disegno Ceramica Eiffellgrés Fantini Glass Grohe Irsap Kronos Lèn Dilegno Mobilcrab Novello Oltremateria Pecchioli Ponsi Pozzi-Ginori Plasticwood Samo Tagina Tavar Titan Toscoquattro 3SC Venix Style Zazzeri...

Sinuoso brise soleil NUOVO PALAZZO DI GIUSTIZIA, AREZZO Progetto di Studio Nicoletti Associati 2001 - 2007

72 Un cambiamento di paradigma di Mario Cucinella

74 Frammenti sparsi di un codice bio/eco Intervento di Massimo Pica Ciamarra, Cettina Gallo

78 In simbiosi con la natura ACADEMY OF SCIENCES, SAN FRANCISCO, CALIFORNIA Progetto di Renzo Piano Building Workshop 2005 - 2008

88 In trasparenza SEDE DELLA UNILEVER, AMBURGO, GERMANIA Progetto di Behnisch Architekten Team Stefan Behnisch, David Cook, Martin Haas 2006 - 2009

DA VEDERE

101 Conoscere architettura e design Schindler Award 2010 - SITE - Led Show - Contractworld Settimana della BioArchitettura - I Saloni Milano a New York - Salone dell’Arte e del Restauro - Expoedilizia - Frank O. Gehry dal 1997 Mario Botta - Convegno: Città storica, periferia, territorio

MUTAZIONI

105 Nuove strategie di pianificazione culturale Intervista a Marco Muscogiuri

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editoriale

VERSO UN’ARCHITETTURA ETICA E SOSTENIBILE Una decina di anni fa Norberto Bobbio, professore emerito, storico, politologo e filosofo, osservava che, con il passare degli anni, i suoi scritti erano sempre più caratterizzati da qualcosa che si poteva definire una “curvatura etica” del pensiero, nell’accezione kantiana del dovere. Nel mondo contemporaneo l’etica del dovere è divenuta sinonimo di etica dei diritti e delle regole. Il moderno concetto di sostenibilità fonda le sue basi sul concetto etico dei diritti e dei doveri a tal punto che la sua definizione più sintetica ed efficace enuncia che una azione è sostenibile quando noi riusciamo a soddisfare i nostri bisogni senza diminuire la capacità, per i nostri figli, di soddisfare i loro. Vale a dire: è un nostro dovere agire senza limitare i diritti degli altri, presenti e futuri. Nel 1921, ottant’anni prima di Bobbio, Le Corbusier scriveva Verso un’architettura, uno dei suoi saggi più interessanti, nel quale poneva le basi per un corretto modo di costruire. Forse oggi scriverebbe Verso un’architettura etica e sostenibile. È infatti divenuta irrinunciabile, per l’architetto, la necessità di porsi come fondamentale punto di riferimento le questioni della sostenibilità. L’architetto deve volgere lo sguardo e la sua opera verso una architettura etica e sostenibile e deve agire affinché questo processo si inneschi anche per il committente, l’imprenditore, il mondo della produzione, l’amministratore pubblico. Nel 2004 il Consiglio degli Architetti d’Europa ha elaborato un documento, chiamato Architettura e qualità della vita. 21 messaggi chiave per il 21° secolo. In questo sintetico documento: - si dichiara che l’architetto europeo si impegna a mettere in atto gli obiettivi dell’Agenda di Lisbona, che mira a fare dell’Unione Europea l’economia fondata sulla conoscenza più concorrenziale e più dinamica del mondo; - si richiama l’importanza dell’investire nella ricerca; - si chiede che le politiche pubbliche si sforzino di generare una filosofia della valutazione della qualità delle costruzioni e degli spazi pubblici; - si parla di sostenibilità e dello strumento del concorso, indispensabile per il raggiungimento della qualità del progetto di architettura; - si parla delle legittime aspirazioni dei cittadini; - si enuncia il concetto di responsabilità condivisa per la qualità dell’ambiente urbano;

- si dichiara che l’architettura è un elemento fondamentale della storia, della cultura e dell’ambiente vissuto di ciascuno dei paesi europei: essa rappresenta uno dei modi di espressione artistica essenziali nella vita quotidiana dei cittadini e costituisce il patrimonio del futuro. Per responsabilità etica dell’architetto si deve intendere un corretto atteggiamento attivo verso il committente, l’imprenditore e l’amministratore pubblico. Questi, che possiamo definire gli attori protagonisti del processo edilizio, devono essere educati e istruiti dall’architetto che, ovviamente, è più preparato in questo campo. Il campo è quello della progettazione degli spazi, dell’innovazione tecnologica, del risparmio energetico, del contenimento dei fattori inquinanti, dei criteri per il comfort, più semplicemente, dell’architettura. Umberto Galimberti, in Questioni etiche. Nuovi comportamenti, scrive che oggi, nell'età della tecnica, agire e fare sono parole molto importanti per i destini dell'etica e le sorti dell'uomo. L'uomo tecnologico è sempre meno nelle condizioni di agire, ossia di compiere azioni in vista di uno scopo da lui scelto, ed è sempre più costretto a fare, ossia a compiere azioni descritte e prescritte, di cui può anche non conoscere gli scopi e, nel caso li conosca, non ne è comunque responsabile. In questo modo chi opera è responsabile solo delle modalità del suo lavoro, non della sua finalità. Questa modalità, che dalla cultura tecnologica viene definita button pushing, sottrae all'etica il principio della responsabilità personale. Alla domanda “Cosa ha provato quando sganciò la bomba atomica su Hiroshima?" il pilota rispose: "Niente. Quello era il mio lavoro". Il filosofo tedesco Hans Jonas, poco più di vent'anni fa, scriveva il saggio Il principio di responsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica, nel quale osservava come l'uomo, per la prima volta nella storia, fosse diventato per la natura più pericoloso di quanto la natura fosse per lui. Ponendosi al centro tra il principio speranza di Ernst Bloch e il principio di disperazione di Gunther Anders tentava di coniugare in un modello unitario l'etica universalistica e il realismo politico-economico. Interessante è anche il concetto proposto da Michel Serres. Se Jonas difende il diritto etico della natura, Serres osa di più. Nel suo saggio Il contratto naturale

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editoriale egli conferisce alla natura lo status di soggetto di diritto: se vogliamo che la vita continui, dobbiamo capovolgere l'ottica antropocentrica classica e stipulare un contratto naturale, in cui i due soggetti sono l'uomo e la natura. Anche questo è un concetto che sta alla base della moderna concezione della sostenibilità ambientale, tecnica e sociale. Queste sono le basi dell'ecologia profonda che vuole stabilire regole, diritti e doveri. L'importante è però che questa base non ceda alle sirene dell'antiumanesimo e dell'antimodernismo. E considerato che l'Italia ha un'anima profondamente antiscientifica, il pericolo è reale. Non a caso Umberto Veronesi ha proposto un'Alleanza per la scienza e una Authority europea. E non possiamo che concordare con Willard Quine che richiamava l’attenzione sul fatto che la tradizione, a volte, fornisce valori che consentono di evitare di dover decidere. Tutto ciò, unito alla tradizionale akrasìa italica, la debolezza del volere che ci spinge a compiere, a volte, scelte in disaccordo con ciò che riteniamo sia un bene per noi, unitamente alla sindrome nimby, ha provocato e continua a provocare molti danni in Italia. Particolarmente attuale è l’opera di Avishai Margalit con le tesi esposte ne La società decente, libro nel quale sostiene che una società, ancor prima che giusta, deve evitare di umiliare e mettere in difficoltà i propri membri. E deve essere tale anche nei confronti di coloro che non sono ancora, ma lo saranno, titolari di diritti. A proposito della partecipazione è utile ricordare il teorema del premio nobel David Kahneman che, a proposito dell'homo tecnologicus, con argomentazioni laiche, non religiose, ci ricorda che la felicità non dipende solo dalla ricchezza, ma anche dalla possibilità di poter decidere su molte questioni, che poi vuole dire democrazia diretta. Kahneman, proseguendo l'opera di Jeremy Bentham e di Cesare Beccaria, ridefinisce il concetto illuminista conosciuto come principio della pubblica felicità: laddove si partecipa di più le persone dichiarano maggior soddisfazione. E infatti in Europa, il popolo italiano, lamentoso e rancoroso, si piazza malissimo anche sotto il parametro della felicità. Rafforza questa argomentazione il filosofo Philip Pettit che ai due classici concetti di libertà ne aggiunge un terzo. La prima, la libertà negativa afferma che io posso fare tutto quello che la legge non mi vieta, ad esempio essere maleducato. La seconda, la libertà positiva, dice che io non posso fare tutto quello che voglio, anche se non è un reato, ma una certa parte delle cose che voglio. Il terzo concetto di libertà concerne, infine, la possibilità per un cittadino di partecipare alla vita pubblica e di avere, seppure in piccola misura, potere decisionale. Finalmente oggi, grazie al pensiero di tante menti eccellenti, ma soprattutto a

causa dei nuovi problemi ambientali e sociali, siamo giunti nell’epoca di quella che possiamo definire una alleanza operazionale tra natura e tecnologia. Le tecnologie ecologicamente sostenibili, che lavorano per l’ambiente e non contro di esso, cominciano ad essere considerate finalmente un valore culturale. Per comprendere questo tipo di pensiero dobbiamo considerare l’architettura secondo una visione olistica: un organismo il cui insieme è un tutto superiore alla somma delle sue parti, che è in grado di riconoscere, metabolizzare, entrare in empatia con l’ambiente e le sue risorse e che ci aiuta a essere consapevoli e a riflettere sui limiti ambientali quali la diminuzione delle risorse, lo smaltimento dei rifiuti, il progressivo e veloce aumento delle fonti di inquinamento. Fare architettura, oggi, impone regole di carattere etico ineludibili. Parlando di etica della professione intendo dire che l’architetto assume su di sé - deve assumere con il suo lavoro - una grande responsabilità, non solo di tipo normativo, ma anche e soprattutto di tipo morale. Delle responsabilità di tipo normativo l'architetto ne risponde di fronte alla legge; di quelle ci importa poco. La responsabilità cui mi riferisco riguarda questioni quali: efficienza energetica del sistema edilizio nel suo complesso, che significa riduzione al minimo dell’inquinamento, riduzione dello spreco di acqua, durabilità nel tempo dei sistemi tecnologici, certificabilità prestazionale dei materiali, raggiungimento del miglior comfort abitativo possibile, fisiologico e psicologico. Con la consapevolezza che un'architettura, a parte pochi casi, è sempre pubblica, se non nella proprietà e nell'uso, almeno nella percezione. Renzo Piano, alla consegna del premio Pritzker, il Nobel per l'architettura, dichiarava che fare architettura è fornire un servizio. Progettare e costruire significa produrre cose che servono. Ma l’architettura è un’arte socialmente pericolosa, perché è un’arte imposta. L’architettura non dà scelte all’utente imponendo, a volte, un’immersione totale nell'errore e nell'orrore: questa è una responsabilità grave anche nei confronti delle generazioni future. La responsabilità dell’architetto riguarda anche questioni quali il rispetto e la conoscenza delle tradizioni, ma, allo stesso tempo, la consapevolezza di operare nel terzo millennio e di saper sfruttare in positivo i contenuti innovativi che la nostra epoca e la nostra tecnologia ci consentono di utilizzare. Rispetto per il passato, quindi, ma, anche e soprattutto, rispetto e conoscenza del futuro. Andando finalmente nella direzione corretta, evitando le facili tentazioni del green-washing, progettando seriamente, ricercando la right-tech, la giusta tecnologia, dopo aver individuato la propria personale curvatura morale, in modo etico e sostenibile. di Alessandro Marata


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NELLA VECCHIA FATTORIA...

RECUPERO DI UN VECCHIO GRANAIO E UTILIZZO DI MATERIALI RIGOROSAMENTE ECO-COMPATIBILI

Nel cuore della Norvegia, in una pittoresca contea, Oppland, ricca di scorci naturali, una giovane coppia di storici con due bambini, avendo ereditato una vecchia fattoria sul lago Mjøsa, si è rivolta al gruppo Jarmund / Vigsnæs AS Architects MNAL, di Oslo, per affrontare la ristrutturazione con un approccio a metà tra il rispetto delle tradizioni locali e l’innovazione architettonica ed ecologica. Il gruppo di architetti norvegese ha impostato tutto il lavoro sulla gestione degli spazi con soluzioni funzionali. Affidandosi, per la scelta dei materiali, al tipico gusto norvegese, lo studio ha confermato come prioritario l’uso del legno, in questo caso di recupero, e la presenza di grandi superfici vetrate, per assicurare all’interno degli ambienti la più alta quantità di luce naturale.

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Sopra: la casa vista dall’esterno. Il granaio, piuttosto malandato, è stato completamente demolito e ricostruito. Sotto: prospetto principale

L’eredità consta di due costruzioni in condizioni particolarmente gravi, in particolar modo il granaio quasi distrutto e piuttosto malandato che è stato completamente demolito e ricostruito, poiché la struttura portante risultò essere in pessime condizioni. Tuttavia vari elementi lignei, nonostante i 100 anni, risultarono di ottima qualità e perciò sono stati usati per il rivestimento e gli spazi esterni della nuova costruzione. Le superfici vetrate, con infissi in alluminio, sono alquanto irregolari, ma nella loro impostazione consentono di sfruttare al massimo l’illuminazione dell’esterno, soprattutto in quelle sezioni non gestibili con aperture simmetriche. Vetrate, aperture, tettoie e terrazze sono state posizionate in modo da sfruttare al massimo il calore del sole e, ovviamente, per valorizzare i punti panoramici con vista sul lago. L’isolamento delle pareti, del tetto e delle fondamenta ha richiesto, per evitare dispersioni, uno studio alquanto dettagliato. Il riscaldamento dell’intero edificio, invece, integra ad una stufa a legna un sistema a pavimento ad acqua. L’abitazione varia di dimensione verso sud, proprio per far sì che il sole basso, tipico della stagione fredda possa entrare nella costruzione. La serra, invece, è stata studiata e impostata in modo tale da funzionare come collettore di calore nelle ore invernali e luogo refrigerante durante le ore estive. I materiali scelti, sia nel piano superiore riservato ai bambini, sia quello inferiore organizzato per la vita degli adulti, sono eco-compatibili. (di Andrea Giuliani)



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PROGETTARE NELLA FORESTA IN SVEZIA È STATO INAUGURATO IL PRIMO ALBERGO INTERAMENTE COSTRUITO SUGLI ALBERI A luglio di quest’anno, ad Harads, sul Mar Baltico, nella Lapponia svedese, sono state inaugurate le prime quattro stanze (entro la fine del 2010 ce ne saranno 6) e la sauna del Treehotel, il primo hotel al mondo costruito sugli alberi. Mårten Cyren e Gustav Cyrén, Marge Arkitekter, Thomas Sandell, Tham & Videgård Arkitekter, Bertil Harström, sono i cinque studi di architettura ad aver ricevuto l’incarico di progettare le sei particolarissime stanze disposte intorno all’albergo Brittas Pensionat, aperto dagli stessi proprietari del Treehotel cinque anni fa. Oltre alle camere e alla sauna, il Treehotel comprende anche una sala per colazioni e conferenze che può ospitare 12 ospiti. Le stanze variano tra i 15 e i 30 metri quadrati e distano dal suolo tra i 4 e i 6 metri. Sono costruite in gran parte con legno ad eccezione di una che ha la facciata in vetro. Sono poste tutte sopra degli alberi di pino e vi si può accedere in alcuni casi tramite una rampa, in altri attraverso delle scale robuste. Un paio di stanze saranno dotate anche di scale elettriche retrattili. Due stanze sono doppie, le altre hanno 4 letti e sono quindi ideali per le famiglie. La zona notte è separata dalla zona giorno, sono tutte dotate di toilette e lavandino con sistema di carico e scarico dell’acqua e di servizi igienici eco-compatibili. Ognuna è caratterizzata da un proprio

design particolare, sia per la forma che per l’arredamento e l’illuminazione, coerentemente col tema prescelto e sviluppato dall’architetto. Le strutture sono state prima realizzate a terra e solo successivamente posizionate sull’albero per gli ultimi ritocchi. Le stanze sono armoniosamente integrate nella natura e completamente improntate ai valori dell’ecologia. I proprietari hanno cercato con questo albergo di mostrare un modo diverso di rap-

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A fianco: The Cabin, la stanza progettata dallo studio Mårten e Gustav Cyren: al di sotto di una spaziosa piattaforma è sospesa la camera simile ad una capsula

Sotto: la stanza denominata Mirrorcube. Le pareti esterne riflettono l’ambiente che le circonda. Nella pagina a fianco: Blue Cone, semplice nel design e costruita con materiali leggeri

portarsi alla foresta e di godere delle bellezze naturali di questa zona della Svezia. L’albergo rimarrà aperto tutto l’anno, in modo da dare la possibilità agli ospiti di godere della bellezza di tutte le stagioni, compreso il periodo invernale, quando la temperatura esterna può scendere fino a -30°C, che nasconde un fascino estremamente particolare. Ciascuno degli ambienti è dotato di un sistema di riscaldamento elettrico a pavimento, alimentato da una risorsa rinnovabile. L’obiettivo finale è di costruire in totale 24 casette in un periodo di 5 anni. I promotori di questa iniziativa eco-ricettiva raccontano di avere avuto l'ispirazione a seguito della visione del film-documentario Trädälskaren (in svedese amante degli alberi) del regista Jonas Selberg Augustsen, film nel quale si racconta di tre uomini che si allontanano dalla vita delle città per tornare alle loro radici costruendo insieme una casa sugli alberi, un modo di ritornare al vero senso dell'umanità in rapporto stretto con la natura da cui tutti proveniamo. La Mirrorcube è una delle due stanze doppie dell’hotel ed è stata progettata dallo studio Tham & Videgård Arkitekter. È una struttura di alluminio leggero appesa intorno al tronco dell’albero: un box dalla pianta quadrata (4x4 metri) rivestito di vetro. Le pareti esterne riflettono quindi l’ambiente che le circonda e il cielo, trasfor-


mando la stanza in un rifugio nascosto. L’interno è fatto di compensato e le finestre offrono una vista a 360° della natura. L’esterno è rivestito con un pellicola infrarossa visibile solo agli uccelli, per evitare che vi sbattano contro. The Cabin è la stanza ideata dallo studio Mårten Cyren e Gustav Cyrén, anche questa con due letti. I due architetti hanno individuato il luogo ideale per la loro camera in un punto abbastanza alto della foresta caratterizzato da un pendio che offre una splendida vista sulla valle del fiume Luleå. L’idea nasce sicuramente da un approccio orizzontale: una passerella che conduce ad una spaziosa piattaforma al di sotto della quale è sospesa la camera, simile a una capsula o a una cabina. Per la facciata sono state usate, in modo decisamente originale, strutture utilizzate per gli esterni di camion e roulotte. Bertil Harström ha creato la stanza The Nest, giocando su un forte contrasto tra interno ed esterno. La costruzione appare come un grande nido, con le finestre nascoste da una rete di rami. All’interno si nasconde una camera dal design moderno ai cui muri sono appesi pannelli decorati. E sempre Bertil Harström ha ideato Ufo, la realizzazione del sogno di molti: salire a bordo di una navicella spaziale. Esteriormente la casetta appare infatti come tale, con le finestre a forma di oblò e la tipica forma degli UFO, all’interno la stanza è comodissima e disposta su livelli diversi. A room with a view dei Marge Arkitekter, e Blue Cone di Thomas Sandell, sono le ultime due stanze dell’hotel. La prima offre ai suoi ospiti tre differenti vedute del panorama circostante. I tre differenti volumi che la formano sono vicini l’uno all’altro: la sala da pranzo si affaccia su un panorama caratterizzato dallo scorrere del fiume, la camera da letto sulla foresta e il bagno offre una splendida veduta del cielo. La stanza è completata da una terrazza sul tetto. La Blue Cone è costruita invece su un terreno dall’accesso difficile e per questo richiede semplicità e leggerezza di materiali e design. Vi si accede da un ponte ed è una costruzione in legno, ideata partendo dal presupposto che il sogno di vivere su un albero non ha bisogno di nient’altro che questo. (di Cristiana Zappoli)


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LA SCUOLA SOTTO IL GIARDINO UNA NUOVA SCUOLA A SINGAPORE. COSTRUITA APPLICANDO I PRINCIPI DELLA BIOCLIMATICA

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Nelle foto: il tetto giardino della nuova scuola di Singapore. Il compatto strato vegetativo crea all’interno il giusto microclima e garantisce la salubrità degli ambienti

mere la loro creatività. L'illuminazione gioca una funzione importante in questa costruzione. Le ampie vetrate mentre lasciano entrare la luce naturale adatta agli studi e alle gallerie proteggono gli ambienti interni dal calore tropicale presente in quelle terre. L’espediente della facciata, insieme alla copertura-giardino, garantisce la salubrità degli ambienti interni raffrescati anche dall’ampio specchio d’acqua presente nella corte curviforme. Artificio che permette annualmente di abbattere i costi del condizionamento degli ambienti. Nelle ore serali la costruzione si illumina e la trasparenza acquisisce tutt’altra valenza, per un luogo scelto dagli studenti anche in ore lontane dalle lezioni didattiche. (di Gianfranco Virardi)

Credit CPG CONSULTANTS Pte Ltd

Nanyang Technological University School of Art, Design and Media (NTU-ADM) di Nanyang a Singapore, progettato da CPG Consultans, è un nuovo istituto d’eccellenza, un progetto all’avanguardia nell’area dell’architettura bioclimatica. L’edificio, con i suoi tre corpi curviformi e intrecciati tra loro, si inserisce armoniosamente nel lotto. Tre collinette che si integrano con la valle boscosa che gravita intorno al triplice edificio. Il tetto della struttura è un tetto giardino e il compatto strato vegetativo, ricoprendolo totalmente, garantisce all’interno il giusto microclima. È completamente rivestito d’erba di matrella di zoysia, o erba di Manila, che si sviluppa come erba ornamentale ed è usata per la formazione di tappeti erbosi in particolar modo sui campi da golf in Asia, Europa e America. L'acqua piovana raccolta dai tetti e incanalata in un serbatoio viene poi usata per l’irrigazione dello stesso tappeto erboso. Due dei tre blocchi generano una corte d’accesso alla scuola, da cui si accede a un ampio atrio, luogo d’avvio di tutti gli elementi di collegamenti verticali e orizzontali della struttura. Mentre i corridoi raddoppiandosi includono zone di mostra adeguate all’esposizione di materiali creativi degli allievi. Gli interni hanno un’impostazione tale da generare un'atmosfera informale, amichevole e piacevole, adatta a piccoli gruppi che si riuniscono. Una peculiare caratteristica di questa costruzione è la trasparenza, collegamento visuale tra l'interno e l’esterno. In ragione del fatto che questa è una scuola d’arte, i progettisti hanno deciso deliberatamente di lasciare molte superfici non finite, allo stato grezzo. Superfici che suggeriscono e chiedono agli allievi d’arte di usarle come tabelloni per espri-



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BIOCLIMATICA IN VALSUGANA INTERVISTA A ELISA BURNAZZI Progettare questa struttura secondo i principi bioclimatici è stata un’esplicita richiesta del committente o un suggerimento da parte dei progettisti? La principale richiesta del cliente era quella di ottenere una costruzione in legno a risparmio energetico. E noi tre progettisti (Elisa Burnazzi, Davide Feltrin e Paolo Pegoretti) lavoriamo nel campo dell’architettura a risparmio energetico. Ci siamo formati come esperti CasaClima presso la Provincia di Bolzano. Un edificio dovrebbe essere in grado di limitare o anche eliminare totalmente i consumi delle differenti fonti energetiche non rinnovabili. Dovrebbe inoltre distinguersi per un elevato benessere abitativo. Infine, dovrebbe essere capace di beneficiare delle fonti energetiche rinnovabili. In particolare, a causa della forma del lotto, casa PF doveva avere necessariamente il prospetto principale orientato a sud-ovest. Questo poteva costituire un problema in estate, a causa dell’eccessivo surriscaldamento. Si è ovviato con opportuni accorgimenti planimetrici, movimentando la facciata con delle logge, capaci di fornire, attraverso la loro geometria, un ottimo ombreggiamento.

Foto di Carlo Baroni

BURNAZZI - FELTRIN E PEGORETTI HANNO PROGETTATO UN EDIFICIO UNIFAMILIARE SOSTENIBILE

In alto: immagine di una delle logge che movimentano la facciata e vi procurano un adeguato ombreggiamento. Il rivestimento della parte superiore dell’edificio è tutto in legno di larice. In basso: planimetria del primo livello. (www. burnazzi-feltrin.it)

Per garantire una minore dispersione termica quali criteri sono stati adottati? L’edificio è una struttura mista con parti in acciaio e parti in prefabbricato di legno: l’involucro edilizio è caratterizzato da elementi ad alta prestazione energetica. Ad esempio le pareti esterne sono in pannelli di legno (XLAM) con isolamento in fibra di legno. Che importanza ha per lei il benessere psico-fisico degli abitanti nel progetto bioclimatico? Credo di interpretare anche il pensiero di molti colleghi, quando dico che il benessere psico-fisico degli abitanti è la prima finalità di ogni buona architettura. Oltre alla temperatura, all’umidità, alla qualità dell’aria e ai fenomeni sonori, per gli ambienti interni ha grande importanza la luce, sia naturale che artificiale. In questo edificio la luce del sole entra attraverso grandi aperture, che fanno da cornice al paesaggio circostante.


In che misura l’edificio si adatta alle condizioni ambientali esterne e alle esigenze dei suoi abitanti? Posso dire che questo è un edificio efficiente, ma flessibile. È affidabile come una macchina, ossia raggiunge attraverso grandi prestazioni i risultati voluti. Ad esempio in inverno disperde quantità minime di calore, ma nello stesso tempo lascia, ai suoi abitanti, la libertà di scegliere di modificare gli spazi e le condizioni ambientali interne a loro piacimento. Che tipo di impianti utilizza l’edificio? Il riscaldamento dell’intera abitazione, che è l’ampliamento di un edificio esistente, è assicurato attraverso una caldaia a gas, del tipo a condensazione. La regolazione della temperatura di caldaia e della temperatura fornita ai corpi scaldanti (pavimento e pareti radianti nella parte ampliata e radiatori in acciaio, nella parte esistente) avviene in funzione della temperatura dell’aria esterna. La ventilazione ad alto rendimento è impiegata come scambiatore e recuperatore di calore tra l’esterno e l’interno, mentre l’acqua calda sanitaria è fornita dal solare termico. È stato fatto un calcolo di quanto risparmio energetico apporterà questa impostazione del progetto? Sì, per quanto riguarda il riscaldamento invernale, secondo la classificazione CasaClima, la parte di costruzione relativa al solo ampliamento è approssimativamente una “A”, ossia un edificio che consuma meno di 30 kwh/mq anno. La logica della sostenibilità è stata applicata anche all’interior design di questo edificio? Negli interni sono stati utilizzati materiali attenti all’ambiente e alla salute dei suoi abitanti. Ad esempio il vetro, utilizzato nelle pareti e negli arredi che dividono gli spazi interni, è un materiale riciclabile oltre che essere estremamente igienico. Il legno di larice, che è un’essenza con una buona reperibilità e dalle buone prestazioni tecniche, è stato utilizzato sia sui pavimenti che sulle pareti nonché per i mobili. Il particolare rivestimento esterno è legato unicamente ad una ricerca formale? L’utilizzo del legno in questo edificio ha svariate motivazioni. Innanzitutto volevamo legarci all’architettura rurale trentina dove il legno è stato utilizzato fin da epoche lontanissime. Inoltre volevamo ottenere un effetto al contempo massivo e filtrante: il primo nei confronti dello spazio, il secondo nei confronti della luce. Come essenza abbiamo utilizzato il larice, che è in uso ancora oggi in moltissime costruzioni, ad esempio nei balconi. Ci piaceva l’idea che l’edificio cambiasse aspetto nel tempo, divenendo grigio e per ottenere questo effetto il legno non ha subito alcun trattamento. Nella stagione estiva che tipo di impianto è stato scelto per il raffrescamento? Dal punto di vista impiantistico, sia d’estate che d’inverno, è la ventilazione ad alto rendimento il sistema prioritario. Spesso se ne parla molto, ma non è facile trovarla a meno che non si tratti di una casa passiva. Oltre che per ottenere un migliore comfort ambientale interno, la ventilazione ad alto rendimento contiene la dispersione termica annuale. È impiegata come scambiatore e recuperatore di calore: l’aria prima di essere immessa passa in un tubo nel terreno dove si può preriscaldare in inverno e preraffrescare in estate. (di Iole Costanzo)

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UNO SPAZIO DEDICATO ALL’ARTE UN BOSCO DI PILASTRI DOVE I FUTURI VISITATORI POTRANNO MUOVERSI TRA MUSEI E RISTORANTI

Art Forest. Un’ipotesi di museo, progettato dal gruppo romano 2A+P/A e da Andrea Branzi. È un nuovo contenitore per l’arte del XXI sec. ideato per un concorso a Maribor in Slovenia. La suggestione che domina questo progetto è quella di una foresta di pilastri invadente gli spazi vuoti della città. Uno spazio pubblico coperto da un grande soffitto trasparente: «L'idea era proprio quella di creare un bosco denso, dove i visitatori si sarebbero potuti immergere come in una grande foresta artificiale e tecnologica», afferma Matteo Costanzo, uno degli architetti del gruppo 2A+P/A. Allestire un museo o costruirlo ex novo, richiede particolare attenzione, poiché il contenitore influenza, quasi in modo irreversibile, l’esposizione stessa. Nel caso di Art Forest , lo spazio è stato pensa-

Sopra e sotto: rendering che comunicano la suggestione del progetto: una foresta di pilastri coperta da un soffitto trasparente. A destra: lo spaccato assonometrico evidenzia la distribuzione interna e i due grandi cortili

to per ospitare l’arte contemporanea che esige grandi spazi. Ma a ciò bisogna anche aggiungere che il progetto dell’Art Forest di Maribor è duplice nella sua impostazione. È museo e parco. E pertanto presenterebbe una duplice valenza espositiva: l’arte nella città e l’esposizione nel verde. La disposizione interna della struttura, completamente fruibile, dovrebbe ospitare le principali funzioni destinate al pubblico (museo, caffetteria, bookshop, ristorante e punto informazioni) su uno stesso livello, quello di accesso, dove sono stati pensati due diversi androni: due grandi cortili di vetro microclimatizzati con giardini naturali, concepiti come due hall unite da un corridoio sotterraneo con funzione di accesso anche per la parte museale ipogea. L’intenzione del progetto sarebbe quella di provare a fondere le attività del Nuovo Museo con quelle della vita di tutti i giorni. Ecco perché l’intera struttura è stata concepita come un dispositivo territoriale che cerca di superare i limiti fisici dell’edificio. Il progetto varca la frontiera della ricerca architettonica non figurativa, e pone la struttura al di fuori della tradizione compositiva. «Non essendo una scatola chiusa - aggiunge Matteo Costanzo - ma solo una grande copertura, non esisterebbe il pericolo di un effetto serra e l'aria attraverserebbe liberamente i diversi ambienti sottostanti, mentre il solaio di chiusura oltre a garantire protezione dai vari agenti meteorici ha anche funzione di schermatura solare». Gli alberi, gli elementi verticali portanti, sono stati pensati per poter contribuire allo sfruttamento passivo


dell’energia solare ma anche come strutture indipendenti accessibili al pubblico e utilizzabili come terrazze per eventi o esposizioni. Alcuni dovrebbero fungere da supporti per i pannelli fotovoltaici mentre altri hanno funzione di canalizzazioni per il sistema di raccolta delle acque meteoriche che “riciclate” dovrebbero essere poi riutilizzate per l’irrigazione delle sale verdi. Alberi funzionali che diventano emblemi della ricerca formale e tecnologica proiettata verso un futuro sostenibile. Uno degli obiettivi del progetto sarebbe quello di creare un microclima controllato naturalmente e per far ciò «alcuni pini - spiega l’architetto Costanzo - sono stati pensati sia come camini di ventilazione naturale sia come light pipes per il day lighting degli spazi ipogei». Il bosco artificiale coprirebbe il piano inclinato di via Koroška, strada che collega la città con il fiume Drava, «anche se - continua Matteo Costanzo - non ci sono legami di alcun tipo tra il museo e il fiume, che viene sfruttato solo e unicamente come sfondo delle attività». Uno sfondo caratterizzato da argini ricchi di vegetazione lussureggiante. L’ampio spazio pubblico, 10mila mq, dunque, dovrebbe configurarsi come una grande arena teatrale, mentre quello sotterraneo dovrebbe essere organizzato in aree funzionali tenute insieme da un reticolo connettivo appositamente pensato per mantenere e ricostruire la continuità tra le diverse parti. (di Gianfranco Virardi)


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IL PIRANESI PRIX DE ROME

ASSEGNATO A LUÍS CARRILHO DA GRAÇA PER IL MUSEO DEL SITO ARCHEOLOGICO DI PRAÇA NOVA Si è svolta a Roma e a Villa Adriana, l’Ottava Edizione del Piranesi Prix de Rome, manifestazione organizzata dall’Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia e promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Comunicazione del Comune di Roma. La manifestazione, voluta a Roma dall’Assessore Umberto Croppi, è composta da due concorsi di architettura e museografia per l’archeologia. Uno riservato agli architetti professionisti e uno universitario riservato agli studenti laureandi e dottorandi delle scuole europee e d’Oltreoceano. Il primo settembre è stato assegnato il premio per professionisti, maturato all’interno di una Call Internazionale per architetture costruite, attivata nel mese di aprile scorso dall’Accademia Adrianea, alla quale hanno partecipato importanti progettisti di profilo internazionale e di grande esperienza professionale che si sono riuniti a Roma, per un Convegno di due giorni (31 agosto e 1 settembre) te-

A sinistra: l’architetto portoghese João Luís Carrilho Da Graça, a cui è stato conferito, nel mese di settembre, il Piranesi Prix de Rome. Sopra: due foto della musealizzazione del sito archeologico di Praça Nova del Castello di São Jorge, progettata dall’architetto portoghese

nutosi presso la sala convegni del Museo dell’Ara Pacis, confrontandosi sui temi del progetto architettonico per la valorizzazione del patrimonio archeologico. I diciotto progettisti confluiti a Roma e partecipanti alla Call, sono stati selezionati in una prima fase concorsuale, su 33 progetti pervenuti e successivamente invitati a presentare la loro “nomination” all’Ara Pacis. Tra loro spiccano i nomi di Guido Canali, Andrea Bruno, Gianni Bulian, Cerri Associati, Tortelli e Frassoni, Pietro Reali, Luigi Franciosini, Mandara e Longobardi, Pierluigi Grandinetti e David Palterer tra gli Italiani, e Gigon e Guyer (Svizzera), Vasquez Consuegra (Spagna), Pa-


IMPIANTI FOTOVOLTAICI redes e Pedrosa (Spagna), Rafael Moneo (Spagna) e João Luís Carrilho Da Graça (Portogallo), tra gli stranieri. Le tre sessioni di nomination, di fronte al tutto esaurito dell’Ara Pacis, hanno evidenziato attraverso la qualità molto alta delle proposte, lo stato del rapporto tra architettura e archeologia in chiave di valorizzazione del patrimonio, e allo stesso tempo la specificità di un ambito della progettazione che è sempre più di nicchia e che richiede sensibilità e preparazione culturale e tecnica. La giuria, presieduta da Angelo Torricelli e composta da Francesco Dal Co, Amedeo Schiattarella, Luca Basso Peressut, Romolo Martemucci, Lucio Altarelli, Luigi Spinelli e Pier Federico Caliari, ha stabilito di assegnare il premio alla carriera al celebre architetto spagnolo Rafael Moneo Vallès, già Pritzker Prize nel 1996, autore in particolare della realizzazione del Museo di Arte Romana di Mérida (Spagna, 1980 -1985) e il Piranesi Prix de Rome al portoghese João Luís Carrilho Da Graça, per la musealizzazione del sito archeologico di Praça Nova del Castello di São Jorge a Lisbona, realizzata nel 2008. La proclamazione e la cerimonia di premiazione si sono svolte l’ 1 settembre presso la Casa dell’Architettura del Comune di Roma, sede dell’Ordine degli Architetti. La prima parte della cerimonia è stata dedicata al premio alla carriera conferito a Rafael Moneo, con una prolusione di Francesco Dal Co e con interventi di Angelo Torricelli, Luca Basso Peressut, Josè Maria Alvarez Martínez, Romolo Martemucci e dello stesso Rafael Moneo. Prima dell’apertura ufficiale della mostra, si è passati alla proclamazione del vincitore del Piranesi Prix de Rome 2010, João Luís Carrilho Da Graça, architetto portoghese di cinquantotto anni, già premiato nel 2008 con il Premio Pessoa. Laureato alla ESBAL nel 1977, assistente presso la Faculdade de Arquitectura dell’Universidade Técnica di Lisbona tra 1977 e 1992, Luís Carrilho Da Graça dal 2001 è professore a contratto presso il Dipartimento di Architettura dell’Universidade Autónoma di Lisbona e, a partire dal 2005, dell’Universidade de Évora, ha svolto attività pedagogica in svariate facoltà, seminari, conferenze e semestri accademici. Ha ricevuto, inoltre, il premio dell’Associazione internazionale dei critici d’arte nel 1992 per il lavoro svolto e per la costruzione della Scuola Superiore di Comunicazione Sociale; premio “Relação com o sítio”, menzione d’onore Associação dos Arquitectos Portugueses per la Piscina di Campo Maior (1993); Premio Secil (1994) per la Scuola di Comunicazione Sociale di Lisbona; Grande premio della giuria “Fad” (1999) per il Padiglione “Conhecimento dos mares” dell’Expo 98 (Lisbona); premio “Luzboa 2004” della prima Biennale internazionale d’arte di Lisbona; è stato nominato più volte per il Premio Mies van der Rohe, premio europeo di architettura, e recentemente candidato proposto dall’Ordine degli architetti portoghesi per il Premio August Perret e per il Premi UIA 2005. Ha anche ricevuto la distinzione di merito dalla Repubblica Portoghese nel 1999. (di Cristiana Zappoli)

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LA VERSATILITÀ DI STEVEN HOLL

IL 30 NOVEMBRE VERRÀ CONSEGNATO IL PREMIO “JENCKS AWARD” ALL’ARCHITETTO STATUNITENSE riconosciuto per la sua abilità a fondere assieme spazio e luce con grande sensibilità per il contesto e per il suo modo di utilizzare le qualità uniche di ogni progetto per creare un concetto preliminare che guida il design. È noto per un approccio sperimentale di architettura che è al tempo stesso romantico, umanistico e inaspettatamente moderno. É specializzato nell'integrazione di nuovi progetti in luoghi di particolare importanza culturale e storica. Il suo lavoro si colloca in ambiti diversi, spazia attraverso la realizzazione di edifici a carattere culturale, civico, accademico e residenziale, negli Stati Uniti e all’estero. Fra i suoi edifici più conosciuti si annoverano la villa Texas Sterro House a Dallas (1992), il complesso residenziale a Makuhari in Giappone (1995), la Cappella di St Ignatius a Seattle (1997), il Museo di Arte Contemporanea Kiasma a Helsinki (1998), il Museo d’Arte Nelson-Atkins a Kansas City, gli Uffici Sarphatistraat ad Amsterdam (2000). Lo studio Steven Holl Architects ha recentemente vinto alcuni concorsi internazionali aggiudicandosi diversi progetti tra cui l'estensione della Charles Rennie Mackintosh School of Art di Glasgow, la Cité du Surf et de l'Ocean a Biarritz e Sail Hybrid ed il progetto per un resort sulla costa nella città di Knokke-Heist, Belgio. Steven Holl è, inoltre, un acquarellista nonché un autore am-

Il prestigioso premio “Jencks Award: Visons Built”, istituito dal Royal Institute of British Architects (RIBA), è andato quest’anno all’architetto statunitense Steven Holl. Il premio viene assegnato annualmente a un professionista o a uno studio per il recente contributo alla teoria e alla pratica dell'architettura internazionale. Lo hanno ricevuto negli anni scorsi Zaha Hadid, Foreign Office Architects, Peter Eisenman, Cecil Balmond, UNStudio, Wolf D. Prix, Coop Himmelb (l) au e Charles Correa. La cerimonia di consegna del premio si svolgerà presso la sede del RIBA il prossimo 30 novembre 2010, seguita da una conferenza pubblica tenuta da Steven Holl e presieduta dal noto architetto paesaggista americano, teorico dell’architettura e scrittore, Charles Jencks. Considerato uno degli architetti statunitensi più importanti, Steven Holl è

In alto: Vanke Center in Shenzhen, Cina, 2006 - 2009, una costruzione dalle funzioni miste nota come il “grattacielo orizzontale” Sopra: Herning Museum Of Contemporary Art di Herning, Danimarca, 2005 - 2009, un nuovo spazio che ospiterà arte plastica, visiva e incontri musicali A fianco: Steven Holl

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piamente pubblicato e insegna presso la Columbia University Graduate School of Architecture and Planning. Nato nel 1947 a Bremerton, nello stato di Washington, Holl intraprende gli studi d’architettura presso la Washington University per laurearsi a Roma nel 1970. Nel 1976 si unisce alla Architectural Association di Londra per poi fondare lo studio Steven Holl Architects a New York a cui seguirà, più tardi, l’apertura di un’altra sede a Pechino. Le sue pubblicazioni includono i testi “Architecture Spoken” (2007), in cui offre al lettore un accesso senza precedenti ai suoi processi di pensiero e alla sua opera attraverso le sue stesse parole e attraverso più di 300 illustrazioni; “Questions of Perception: Phenomenology of Architecture” (2007), in cui Holl, lucidamente, esplicita l'importanza dell'intuizione nella co-


struzione e dell'esperienza dello spazio costruito e spiega la sua ricerca di esperienza fenomenologica così: "Per aprire l’architettura a questioni di percezione, bisogna sospendere l'incredulità, disinserire la metà razionale della mente, e semplicemente giocare ed esplorare la ragione e lo scetticismo deve cedere a un orizzonte di scoperta."; “Paralax” (2000), nasce dall'invito di Bruce Mau per una conferenza al Powerplant di Toronto l'11 maggio del 1999 (il termine "parallax" concentra in sé due aspetti fondamentali dell'architettura di Steven Holl: i fenomeni naturali, scientifici e l'aspetto esperenziale dell'architettura); “Urbanism: working with doubt” (2009), in cui suggerisce che, proprio come la medicina moderna ha riconosciuto il potere della psiche irrazionale, gli urbanisti devono rendersi conto che il potere esperienziale delle città non può essere completamente razionalizzato e devono essere studiate soggettivamente. Holl ha ricevuto i più prestigiosi tra i premi d'architettura. Nel 2003 è stato nominato membro onorario del Royal Institute of British Architects. L’Horizontal Skyscraper ed il Knut Hamsun Center sono stati premiati con gli AIA Honor Awards NY 2010, mentre l'Herning Museum ha ricevuto una RIBA International Award 2010. Nel 2001 la Francia gli ha conferito la Grande Médaille d’Or per il miglior architetto della Accademia di Architettura, e nello stesso anno il Time Magazine lo ha definito "America's Best Architect" per i suoi “edifici che saziano lo spirito e lo sguardo”. Nel 1998 gli è stato assegnato il Premio Chrysler per l'innovazione nel design e nello stesso anno ha ricevuto la prestigiosa Alvar Aalto Medal. Il New York American Institute of Architects gli ha conferito la medaglia d'Onore nel 1997. Charles Jencks ha commentato così la vittoria dell’architetto americano: «Steven Holl ha diviso la sua vita tra scrittura e architettura e, come ha detto lui stesso, “scrivere un libro è un po’ come costruire un edificio: richiedono un grosso sforzo e una procedura angosciosa, ma in qualche modo anche molto gratificante, perché impone di fondere elementi diversi tra loro”. Questo movimento in due direzioni, verso la teoria e verso la pratica, ha portato a un meditato sviluppo di diversi temi. Per quanto riguarda i lavori più piccoli, come per esempio le abitazioni, ha esplorato un’estetica ben stratificata e uniforme in base a studi di luce. Una ricerca che è ulteriormente migliorata grazie ai suoi acquerelli e agli scritti sulla fenomenologia. Da questi studi deriva un’architettura che può essere definita tattile e che coinvolge più sensi, non solo la vista. Su larga scala Holl indaga modelli più concettuali e sistematici, come le idee scientifiche sulla porosità per esempio. Il suo lavoro a livello urbano negli Usa e in Cina crea ordine formale ed è legato a idee sociali riguardanti il comune benessere. Colore, luce e fenomenologia impregnano ogni suo edificio urbano e, insieme alle sue architetture abitative, la scrittura e l’acquerello, formano un coerente corpo di lavoro tanto raro quanto impressionante». (di Cristiana Zappoli)

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La Torneria in Legno è nata nei primi anni settanta come azienda artigianale per la costruzione di scale e ringhiere in legno per interni. Negli anni ha sempre cercato di stare al passo con le esigenze di mercato inserendo, oltre al legno pregiato, altri materiali come il ferro, l’acciaio, il vetro mantenendo sempre quella impronta artigianale nella cura dei particolari per creare oggi una scala che sia anche un complemento di arredo. Progettiamo scale esclusivamente su misura adattandoci agli ambienti con soluzioni personalizzate tenendo conto delle esigenze e del gusto del cliente. Via G. Menghi, 19 - 47039 Savignano S/R - (FC) Tel. 0541.943538 - Fax 0541.809140 www.torneriainlegno.it - info@torneriainlegno.it

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La nostra azienda è situata fra le provincie di Bo e Fe; grazie all’esperienza di 50 anni sul mercato dell’edilizia, siamo in grado di fornire tutti i materiali edili con preventivi e consulenze tecniche gratuite. Al vostro servizio con soluzioni innovative e all’avanguardia con prodotti delle migliori marche quali: Italcementi, Mapei, Cotto Toscano, pavimenti e rivestimenti Flaviker, con sconti del 50% da listino. Sala mostra e deposito legname, porte scorrevoli, finestre mansarda, betoniere, attrezzature e materiale per ferramenta ed edilizia. Inoltre 2000 mq di deposito dove troverete tutto ciò che serve per costruire. via Uccellino, 71/73 - 44028 Poggio Renatico (Fe) Tel. 0532.829925 - Fax 0532.829226 lilmagr@tin.it

LA BOTTEGA DELLE IDEE

La Bottega delle Idee, grazie alla creatività e alla passione di Graziana, offre una vasta gamma di tendaggi creati artigianalmente e diversificati fra loro per accontentare anche il cliente più esigente e per trovare una soluzione originale e creativa per ogni ambiente. Su misura si realizzano tendaggi, drappeggi, cuscini, copriletti, lampade e coordinati per ambienti, operando sempre con tessuti delle migliori qualità.

Via S, Francesco, 35 - 41049 Sassuolo (MO) Tel. e Fax 0536.812208 www.labottegadelleidee.mo.it labottegadelleidee@libero.it

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news TECNOSERRAMENTI s.n.c.

La ditta Tecnoserramenti snc, situata in Langhirano, è un’impresa che opera con professionalità e cortesia nel settore dei serramenti. Nata nel 1980, destina la propria attività produttiva a soddisfare al meglio le richieste dei propri clienti, con particolare attenzione al rapporto qualità/prezzo e si impegna quotidianamente in una continua ricerca di innovazioni tecnologiche. Esegue: facciate continue; infissi, porte e finestre; persiane e zanzariere; porte basculanti e sezionali per abitazioni e aziende; pareti attrezzate; vetrate artistiche; rivestimenti in alucobond; porte automatiche. Via Berlinguer, 18 - 43013 Langhirano (PR) Tel. 0521.852361 - Fax 0521.858156 www.tecnoserramentisnc.it info@tecnoserramentisnclanghirano.191.it

MASSIMILIANO GAMBETTA

Massimiliano Gambetta si occupa da anni della realizzazione di pareti e controsoffitti in cartongesso in perfetta sinergia con le esigenze del cliente e nel rispetto di standard qualitativi superiori. Con l’esperienza accumulata lavorando insieme a diversi architetti e utilizzando materiale di nuova generazione e di prima qualità, riesce ad assicurare lavori di ottimo livello e durevoli negli anni. Esegue anche tinteggiatura di esterni ed interni, distinguendosi per la cura dei particolari e per tecniche e prodotti all’avanguardia. via Chiesa, 152/3 - 44041 Reno Centese (Fe) Tel. 0516848260 - Cell. 335.5336909

EUROPAV - ISOLANTI E SOTTOFONDI

EUROPAV nasce nel 2000 dall’esperienza venticinquennale maturata sul campo dal fondatore, Bruno Pasini, sviluppandosi come azienda specializzata nell’ambito delle pavimentazioni civili ed industriali e nella messa in opera di sottofondi alleggeriti e massetti. Grazie all’aiuto del figlio Juri e alla collaborazione di tecnici e professionisti qualificati, EUROPAV è diventata una società di servizi ad alto livello, riuscendo a soddisfare la grande maggioranza dei servizi richiesti in cantiere. Privilegiare al massimo l’attenzione verso il cliente e migliorare il grado della sua soddisfazione è il nostro principale obiettivo. Via Molino Bratti, 38 - 47032 Capocolle di Bertinoro (FC) - Tel/Fax 0543.441135 Cell. 335.5473244 / 335.1220921 / 335.1344306 info@europav.com / europav@telematicaitalia.it

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ARCHITETTURA

a cura di Iole Costanzo

Studio Manfredi Nicoletti

Arch. Massimo Pica Ciamarra

Behnisch Architekten

Gruppo Architetti ACXT

Renzo Piano Building Workshop

Arch. Andrea Oliva



FABBRICA DI CULTURA BIBLIOTECA CIVICA SAN GIORGIO / Massimo Pica Ciamarra

PISTOIA. Il recupero e la rifunzionalizzazione degli edifici dismessi rientra pienamente nella logica attinente alla sostenibilità. Ancor più se l’edificio viene recuperato secondo i criteri della bioclimatica. La Biblioteca Civica San Giorgio di Pistoia, dietro progetto di Massimo Pica Ciamarra, è stata costruita in uno dei vecchi capannoni industriali dell’ex Breda, lo stabilimento toscano che produceva autoveicoli e treni. L’area in totale era 13,5 ettari. Ma solo uno stabilimento, il numero 20, è stato destinato alla biblioteca. Gli altri sono stati utilizzati per l’università, una scuola secondaria, la sede degli ordini professionali, la questura, un centro congressi e residenze. La nuova biblioteca di Pistoia, inserita in questo piano di recupero, è stata costruita nell’arco di tre anni, tra il 2005 e il 2007. La storica e centrale Biblioteca Forteguerriana della città di Pistoia necessitava di spazio, pertanto era importante intervenire e dare alla città un nuovo centro culturale. Lo studio Pica Ciamarra, che ne ha curato il progetto, ha dichiarato: «… non solo soddisfare la funzione "biblioteca", ma intrecciare nella nuova espressione architettonica la memoria della fabbrica e il senso di strumento di ricerca, insito in una Biblioteca, legando memoria e futuro. Ben sapendo che tra progetto del nuovo e progetto di recupero non vi è differenza concettuale, ma solo differenza nella densità dei vincoli entro cui innovare. Victor Hugo rievocando la scoperta della stampa fa dire all'Arcivescovo di Notre

Dame: il libro ucciderà l'architettura perché da sempre la cultura, quanto ogni singola civiltà tramanda, è costruita nelle sue pietre. Il progetto di una Biblioteca è quindi una scommessa di simbiosi tra il libro e l’architettura». Ma in quanto a scommesse questa biblioteca ne ha lanciata anche un’altra: quella di essere completamente sostenibile grazie a un’impostazione progettuale ed esecutiva secondo le fondamentali istanze della bioclimatica. Il capannone industriale constava di tre navate voltate. Circa 4mila mq che sono stati trasformati in spazi per la Biblioteca. 350mila volumi, 600 posti lettura, 100 punti multimediali, una sala per la biblioteca dei ragazzi, la Sala conferenze, gli uffici e vari altri locali tecnici ne occupano invece circa 7mila mq. Difatti la nuova distribuzione ha richiesto l’introduzione di altri solai orizzontali, pensati con grandi luci, che si agganciano alle esistenti strutture verticali. La ristrutturazione ridisegna le coperture a volta con nervature in legno lamellare, interviene sui fronti longitudinali e scarnifica anche parte dei muri laterali della costruzione, smaterializzandoli. La galleria centrale è a tutta altezza. Nelle volte di copertura il nuovo progetto ha introdotto i cosiddetti "camini di sole" o camini di luce, un sistema di illuminazione naturale in grado di veicolare la luce, potenziata, anche verso quei locali che, difficilmente, sistemi di illuminazione tradizionali riescono a raggiungere. La luce che se ne ottiene presenta tutte le caratteristiche della luce natu-

A sinistra: la vetrata posta nella parte terminale dell’edificio. È possibile notare come la ristrutturazione sia intervenuta sui fronti longitudinali scarnificandoli e smaterializzandone anche parte dei muri laterali. In basso: sezione longitudinale riportante parte dei camini di sole inseriti per garantire un’illuminazione naturale ai locali non raggiunti dai sistemi di illuminazione tradizionali

SEZIONE TRASVERSALE

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rale: l’assenza di distorsioni cromatiche, la regolazione dei cicli biologici e un non trascurabile risparmio energetico. Caratteristiche più che mai adatte ad una biblioteca. Oltre alla luce, questa tipologia di camini adoperati nella Biblioteca San Giorgio consente la ventilazione naturale nell’intero edificio: l’aria esterna entra negli ambienti alle quote più basse e viene convogliata all’interno dell’intercapedine dei camini, per essere condotta all’esterno. Tutto l’impianto è impostato in modo tale che quando la pressione del vento risulti insufficiente, un sistema sensibile posto a controllo attivi i ventilatori disposti all’interno delle intercapedini e garantisca sempre una corretta estrazione dell’area. Il profondo ambiente centrale, la Galleria, è l'elemento portante di tutta la struttura, è il cuore su cui si innesta il resto del sistema spaziale. È uno spazio unico, luminoso e di ampio respiro che si contrappone alle zone laterali che sono state divise in più livelli. È uno spazio libero e aperto, al centro vi è un albero con intorno delle sedute, una vasca d'acqua e la caffetteria. È un luogo versatile e permeabile, dove il mondo della biblioteca diventa anche il mondo ludico e il mondo dell’incontro. Una biblioteca bioclimatica, dunque, che recupera un edificio industriale, che al suo interno diventa una piazza.

vetro camera aeratori antipioggia uscita aria esausta lamiera in zinco-titanio coibente c.a canale di ventilazione in acciaio zincato

lamiera di acciaio inox

travi in legno lamellare cartongesso REI ventilazione

ingresso aria esausta

Sotto: la copertura dell’edificio che la ristrutturazione ha ridisegnato con nervature in legno lamellare. Si scorgono anche i camini di luce, completamente rivestiti con una lamina di metallo. A fianco: sala principale di lettura della biblioteca. Uno spazio unico, a tutta altezza, dalle grandi luci vetrate. Lo studio Pica Ciamarra ha curato anche le soluzioni di arredo e in particolare l’originale sistema di illuminazione


PIANTA PIANO TERRA

PIANTA PIANO PRIMO

PIANTA PIANO SECONDO

PRINCIPI DI VENTILAZIONE DI BASE Ingresso ingresso aria aeratori a lamelle ingresso aria aeratori a lamelle isofonici ingresso aria griglie porte interne ingresso aria aereatori a lamelle verticali ingresso aria infissi apribili Uscita uscita aria camini di sole uscita aria aeratori a lamelle uscita aria aeratori a lamelle isofonici uscita aria camini e griglie a soffitto uscita aria griglie porte interne

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La Biblioteca Civica San Giorgio di Pistoia è stata costruita in uno dei vecchi capannoni industriali dell’ex Breda. Sono circa 4.000 i metri quadrati trasformati in spazi per la Biblioteca. La nuova biblioteca è stata inserita in un piano di recupero che ha coinvolto tutti gli edifici dell’ex Breda ed è stata costruita in tre anni, tra il 2005 e il 2007

350.000 volumi, 600 posti di lettura, 100 punti multimediali, una sala per la biblioteca dei ragazzi, la Sala conferenze, gli uffici e vari altri locali tecnici: tutti questi ambienti occupano circa 7mila mq. La nuova distribuzione ha richiesto l’introduzione di solai orizzontali che si agganciano alle esistenti strutture verticali

Il profondo ambiente centrale, la Galleria, è l'elemento portante di tutta la struttura. È uno spazio unico che si contrappone alle zone laterali divise in più livelli. È uno spazio libero e aperto. Al centro vi è un albero con intorno delle sedute, una vasca d'acqua e la caffetteria. È un luogo dove il mondo della biblioteca diventa anche il mondo dell’incontro

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CREDITI LocalitĂ Pistoia Progettista Pica Ciamarra Associati (Massimo Pica Ciamarra, Luciana de Rosa, Claudio De Martino) Collaboratori Federico Calabrese, Angelo Verderosa, Franco Archidiacono Progettazione strutturale Giampiero Martuscelli Progettazione impianti Antonio Dori Progettazione arredo Antonio Sullo Direzione lavori Giampiero Martuscelli Responsabile di cantiere Geom. Santillo Impresa di costruzione Edil Atellana Realizzazione giugno 2005 - aprile 2007 Costo complessivo 10.500.000 euro



IN MEZZO AL VERDE CASA SULLA MORELLA / Andrea Oliva



INTERVISTA / Andrea Oliva Architetto Oliva, com’è nata l’idea di una costruzione bioclimatica? Vorrei sgomberare da subito il campo dagli equivoci e affermare che l’architettura bioclimatica per me non esiste. È un artifizio retorico e un’aggettivazione del contemporaneo che allontana il pubblico dalla vera definizione di architettura: una esperienza pluridisciplinare che all’interno di un dato sistema produce nuovi ordini di bellezza. Casa sulla Morella nasce come ogni altra architettura. Il mio primo progetto di abitazione, risalente a undici anni fa, riguardava la realizzazione di una casa in cui venivano applicati i principi bioclimatici. Da allora la mia metodologia non è mai cambiata, anzi si è evoluta grazie alla continua sperimentazione. Ogni progetto nasce grazie ad una committenza che oggi sembra più sensibile, almeno nelle apparenze e per quanto ci offre il sistema economico, alla sostenibilità e al risparmio energetico. Tuttavia la sostenibilità è materia complessa che lega aspetti energetici, architettonici, tecnologici e aspetti psicologici. Cosa vuol dire per lei progettare seguendo i principi dell’architettura bioclimatica? Quali connessioni tra clima e vita ha scelto di favorire? Progettare è un alto atto di responsabilità civile nei confronti del tuo committente ma anche della collettività indipendentemente dal fatto che il progetto sia pubblico o privato. Progettare architettura significa, a mio avviso, conoscere la storia dei luoghi, delle persone e delle tecniche allo scopo di sperimentare e raggiungere un punto di equilibrio tra la poetica personale e il programma richiesto. In questa necessaria fase di conoscenza rientrano anche le analisi del sito che in modo più o meno consistente possono condizio-

nare le scelte progettuali. Nel caso della Casa sulla Morella il contesto, ossia il paesaggio agreste, è il punto di partenza. Vivere in campagna è la scelta forte dei committenti che ha condizionato ogni scelta progettuale, da quella compositiva a quella figurativa, da quella distributiva a quella della scelta degli arredi. La casa è un avamposto sulla campagna che mette in relazione le funzioni interne col paesaggio circostante attraverso la fisicità di ampie finestrature, l’opportunità spaziale del grande portico ma anche attraverso gli scenari proposti dalle finestre a nastro. Le varie stagioni, nel decorso quotidiano del giorno e della notte, stimolano l’edificio e suggeriscono l’uso dei suoi spazi interni attraverso una luce in continuo cambiamento. È un edificio costruito in piena campagna. Sarebbe stato altrettanto semplice costruirne uno in un centro abitato?

A sinistra: Casa sulla Morella vista dall’esterno. A destra: spaccato assonometrico dell’intero edificio. La stratificazione permette una lettura sinottica dei vari sistemi bioclimatici adoperati affinché tutto risulti ecosostenibile e garantisca un ampio risparmio energetico annuale. I diversi sistemi nascono dall’osservazione di tipologie rurali o comunque in disuso nell’edilizia comune. La forma dell’edificio è l’equilibrio di scelte poetiche, tecnologiche e funzionali

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CREDITI Progettista Andrea Oliva Collaboratori Arch. Luca Paroli, Ing. David Zilioli Committente Privato LocalitĂ Castelnovo di Sotto, Reggio Emilia Superficie del lotto 16120,50 mq Superficie lorda dell'opera 390,00 mq Volume lordo costruito 2706,60 mc Progettazione 2007 Costruzione 2009 Fotografie Kai-Uwe Schulte-Bunert


Per alcuni aspetti trovo più semplice costruire un edificio nella città dove, morfologia, tipologia e precisi stili di vita, forniscono numerosi elementi di spunto oltre a griglie predeterminate. Realizzare un edificio in piena campagna è sempre una scelta forte, a tratti contraddittoria, in cui entrano in gioco maggiormente i fattori di scala attinenti al paesaggio. Come un atto fondativo, costruire un’architettura in un contesto caratterizzato da fragili segni centuriali, da canali, da filari e macchie arbustive richiede una consapevolezza del significato di paesaggio: un sistema complesso in continuo mutamento. Casa sulla Morella è soprattutto un progetto di paesaggio (quindi anche bioclimatico) che ne ritaglia un brano enfatizzandone i caratteri circostanti e divenendo un riferimento euclideo da cui osservare ma anche da cui essere osservati. La forma compatta dell’edificio è dovuta sempre ai principi bioclimatici? La forma dell’edificio è l’equilibrio di scelte poetiche, tecnologiche e funzionali: deriva da diverse scelte congiunte che soddisfano il programma funzionale della committenza coniugando i guadagni termici dell’irraggiamento invernale, l’ottimizzazione tecnologica di

un unico solaio fino al rapporto tra altezza e larghezza per un corretto inserimento paesaggistico. Essendo la costruzione stretta (11m di larghezza)perl’areazioneleihacontatosulladoppiaesposizione o ha adottato qualche altro sistema? Sulla combinazione di entrambi. Nell’abitazione è presente un sistema meccanico di areazione forzata mentre la scelta distributiva degli spazi (serventi a nord e serviti a sud) offre le condizioni ideali di guadagno termico nei periodi invernali, di ventilazione nei periodi estivi e di illuminazione naturale durante tutto l’anno. I colori da lei scelti. Sono anche quelli determinati dalle istanze bioclimatiche? I colori sono quelli dell’architettura. Di un architettura razionalista composta da due principali elementi che dialogano e si distinguono anche senza la luce del sole. La scelta del bianco e del grigio a contrasto esprime, senza ambiguità, l’uso di altrettanti materiali: l’intonaco e il rivestimento a cappotto. La rinuncia a qualsiasi tonalità cromatica risponde, inoltre, alla volontà di evidenziare ogni colorazione circostante offerta dalla campagna, permettendo all’edificio di trovare una propria identificazione e un inserimento in ogni

L’edificio con il suo orientamento di 18° verso ovest sfrutta al meglio gli apporti bioclimatici. La geometria del portico, le ampie superfici vetrate a sud e gli oscuramenti scorrevoli, garantiscono agli ambienti interni il confort dell’irraggiamento del “sole invernale” e la protezione dal “sole estivo pomeridiano”

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IL PROGETTO La planimetria generale evidenzia la posizione della “Casa sulla Morella”, costruita ai margini della campagna di Castelnovo di Sotto, tra il torrente Morella e una strada centuriale, in un contesto paesaggistico caratterizzato da canali, fossi, filari, orti, ville e case coloniche. Dallo schema bioclimatico è facile evidenziare la circolazione naturale dell’aria, con i suoi flussi naturali di mandata e ritorno dell’immissione e dell’espulsione dell’aria, e l’inclinazione della luce naturale nei diversi solstizi dell’anno. L’abitazione ha una struttura a setti portanti, quindi con pochi ponti termici, costituita con un laterizio porizzato di 38 cm accoppiato ad uno strato di isolante a cappotto sul lato esterno di 10 cm. I solai sono in laterocemento con cordoli e solette in cemento armato opportunamente coibentate e disgiunte. La copertura è realizzata con uno strato di 22 cm di isolamento accoppiato ad un

PLANIMETRIA

manto di copertura in lamiera in parte drenante che è collegato a un sistema per la raccolta dell’acqua piovana. I serramenti sono in legno lamellare e vetrocamera basso emissiva con gas argon. L’impiantistica integrata alla domotica consente una riduzione dei consumi mediante il controllo della temperatura dei singoli locali, la predisposizione dei grandi elettrodomestici, lo spegnimento automatico delle luci in locali vuoti, la generazione controllata dell’acqua calda sanitaria e la regolazione dei tempi di utilizzo dei singoli apparecchi. L’impianto di riscaldamento è costituito da pannelli radianti alimentati da una caldaia a bassa condensazione mentre l’acqua calda sanitaria è integrata da pannelli solari posti sulla copertura su cui è previsto un impianto fotovoltaico integrato di 6 Kw. L’abitazione è dotata di un sistema meccanizzato di ricircolo dell’aria portando il consumo previsto per il riscaldamento a 5,19 kWh/mq. anno.

FUNZIONAMENTO BIOCLIMATICO

Acqua piovana

Sole esti vo 7 0°

Ventilazione naturale

ale vern

in Sole 70°

Serbatoio raccolta acqua piovana

PIANTE PRIMO E SECONDO PIANO

10 6

5

4

9

9

8

3 11

1

2

1. Rampa di accesso carrabile; 2. Scala di accesso pedonale; 3. Portico - mitigatore bioclimatico; 4. Soggiorno - cucina; 5. Gioco bambini; 6. Autorimessa; 7. Lavanderia; 8. Studio; 9. Letto bambini; 10. Letto matrimoniale; 11. Cabina armadio

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DETTAGLIO COSTRUTTIVO

01 lamiera graffata in alluminio 6/10 barriera al vapore strato coibente sp. 20cm solaio in laterocemento sp. 24+4cm aspirazione impianto meccanico r.a. 02 pannelli solari ciotolo 45/55 guaina impermeabilizzante massetto cementizio inclinato sp. 4 cm strato coibente sp. 14 cm soletta in cemento armato sp. 16 cm cappotto esterno sp. 5 cm 03 infissi scorrevoli con vetrocamera b/e con gas parapetto in vetro temperato pannelli scorrevoli con cappotto sp. 6 cm 04 parquet lamellare sp. 13 mm massetto in magnesiaco sp. 6 cm pannello radiante sp. 3,5 cm caldaia alleggerita sp. 12/13 cm solaio in laterocemento sp. 24+4cm aspirazione impianto meccanico r.a. 05 cappotto esterno sp. 10 cm termolaterizio sp. 38 cm intonaco sp. 1.5 cm 06 pavimentazione in cemento resina sp 3 mm massetto in magnesiaco sp. 6 cm pannello radiante sp. 3,5 cm pannello coibente sp. 8 cm solaio in laterocemento sp. 24+4 cm intonaco sp. 1.5 cm 07 pavimentazione in botticino sp. 2 cm massetto cementizio in pendenza sp. 3/8 cm strato coibente sp. 6 cm guaina impermeabilizzante solaio in laterocemento sp. 20+4 cm intercapedine impianti con aereazione naturale 08 muro in cls armato guaina a bottone e impermeabilizzazione vespaio 09 massetto in cemento con finitura in resina fondazione in cls sp. 30 cm magrone sp. 10 cm terreno vegetale

SCHEMA ORIENTAMENTO CARTA DEL SOLE LONGITUDINALE 44° 48’ A B C D E F G

DIREZIONI VENTI PREVALENTI

ORIENTAMENTI

21 GIUGNO 21 LUG - MAG 21 AGO - APR 21 SETT - MAR 21 OTT - FEB 21 NOV - GEN 21 DICEMBRE

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stagione. C’è infine una scelta personale, direi padana, che riguarda il rapporto dei miei edifici con la nebbia. Mi piace immaginarli come geometrie euclidee in un paesaggio relativo che all’improvviso sublimano col contesto in un paesaggio alternativo. La struttura si presenta sollevata da terra. C’è una ragione pratica o è una ricerca estetica, una citazione dell’architettura di Mies? A poche centinaia di metri da questa casa si trova un sito importante di terramare che, come noto, costruivano su palafitte. In estate la falda di superficie, per la presenza di prati stabili, si alza parecchio costituendo potenziali problemi di deflusso delle acque superficiali soprattutto in occasione dei temporali estivi. Tra le ragioni più concrete c’è, comunque, la volontà di concentrare in un’ unica architettura tutte quelle pertinenze esterne (marciapiedi, vialetti, portichetti, ecc) che ogni casa, posata a terra, irrimediabilmente richiederebbe o produrrebbe. La casa, in altre parole, resta sospesa, come un elemento finito, su una campagna infinita che la permea rimanendo elemento subordinato al paesaggio. Quali materiali ha scelto per poter favorire il risparmio energetico, cioè per garantire una minore dispersione termica? Il laterizio porizzato di grande spessore accoppiato a un cappotto per le pareti esterne, serramenti ad

Sopra: prospetto nord-est dell’edificio. I colori sono quelli dell’architettura razionalista. La scelta del bianco e del grigio a contrasto esprime l’uso di altrettanti materiali: l’intonaco e il rivestimento a cappotto. A sinistra: il portico dell’edificio, inserito nel volume assoluto, offre uno scorcio tipico del paesaggio emiliano

alta efficienza, e una forte attenzione nei dettagli costruttivi per l’eliminazione dei ponti termici. Teoricamente si afferma che l’edificio bioclimatico ideale dovrebbe modificarsi, integrarsi e adattarsi all’ambiente esterno. È riuscito ad ottenere questo risultato? A prescindere dal fatto che ogni architettura dovrebbe porsi in rapporto col contesto, credo che la recente scelta di una multinazionale dell’energia di utilizzare come location questa casa per realizzare il proprio spot mi fa pensare che il risultato sia stato ottenuto. Il benessere psico-fisico degli abitanti è secondo lei un parametro bioclimatico? Il benessere psico fisico degli abitanti non è un parametro bioclimatico ma un obiettivo finale per tutti i progetti che si realizzano. È un obiettivo complesso in cui la soggettività di ogni individuo può alterare l’esito finale. Sono convinto tuttavia che, al di là degli aspetti estetici, quando si è in presenza di una buona architettura ci sia una consapevolezza condivisa, un benessere psico fisico diffuso e oggettivo. Il battesimo di un’ architettura non è la sua realizzazione ma il suo felice utilizzo. ARCHILINE 55



PIRAMIDE SPAGNOLA BTEK, CENTRO DI INTERPRETAZIONE DI TECNOLOGIA / ACXT

DERIO (PAESI BASCHI). È uso nella progettazione servirsi di diversi canoni e riferimenti che aiutano e/o limitano l’excursus ideativo. Nella progettazione ipogea ovviamente tutto cambia. Ciò che in questo caso il progettista ha come situazione di riferimento è un pieno da scavare, materia da asportare. È il pieno che, diventando vuoto, connoterà l’architettura. Le regole a cui attenersi sono completamente inesistenti e tutto ciò che normalmente fa parte dell’architettura di superficie cambia. Anche la luce acquisisce tutt’altro ruolo. L’atto compositivo è libero da formalismi, invarianti, canoni, ideologie, classicismi, schemi, modelli, analogie o altro. Gonzalo Carro, esponente del gruppo Architetti ACXT, nel progettare il Btek, il Centro di Interpretazione di Tecnologia, ha scelto di progettare nel più pieno e profondo rispetto per il paesaggio. «Non c'era nessun edificio nelle immediate vicinanze», spiega nell’intervista rilasciata a greekarchitects.gr. «Inizialmente il lotto era circondato da prati e offriva un’eccellente vista dell’intorno...». Il Parco Tecnologico, a sua volta, nel commissionare il progetto, stabilì tre punti inderogabili, a cui Gonzalo Carro rigorosamente si è attenuto. Il primo consisteva nell’esplicita richiesta di spazi espositivi molto flessibili e vari, in grado di ospitare diverse tipologie di mostre. Il secondo riguardava la necessità, inderogabile, di avere degli impianti ad alta efficienza energetica. È stato esplicitamente richiesto di adottare, per la climatizzazione, sistemi geotermici e comunque di impostare tutti gli impianti sulle fonti energetiche rinnovabili. Il terzo pun-

to era invece legato agli aspetti geometrici-formali: difatti la copertura triangolare è una citazione della forma del logo del Parco Tecnologico. L’edifico è stato pensato come due volumi piramidali puri emergenti dalla terra, apparentemente separati tra loro ma invece strettamente collegati nei piani sotto terra. I due volumi si stagliano netti sulla collina, si distaccano e si integrano con il lussureggiante paesaggio. Un’ottima opportunità per progettare un edificio simile a una scultura astratta sia nella forma che nell’architettura interna. Un esercizio quasi di land art. «Io sono interessato principalmente al posto», spiega ancora Gonzalo Carro a greekarchitects.gr. «Prima di iniziare a pianificare devo familiarizzare con l’ambiente, camminare intorno, stare a guardare la campagna o la città...Sinceramente, non credo in nessun tipo di architettura che non inizi con il luogo, con lo studio e l'analisi...». Il primo edificio consiste in un pesante volume nero emergente dalla terra fortemente connotato da tre facciate completamente ricoperte di pannelli metallici neri. Il secondo, in contrasto con il primo, ha due facciate libere e un tetto ricoperto di erba artificiale, che, quasi come un’estensione stessa del terreno, dal prato circostante prosegue fin sopra alla copertura, dando così l’immagine di una totale fusione tra il sito, l’edificio e l’intorno. L’accesso all’edificio avviene attraversando il primo volume, grazie a una “piega” di un angolo del terreno che, quasi come se risentisse della spinta emergente dal terreno, si deforma e si corruga dando vita ad una ine-

Sotto: planimetria generale. L’unico volume completamente fuori terra è quello della sala espositiva a tutta altezza. L’intero edifico è stato pensato come due corpi in apparenza separati tra loro ma in realtà collegati nei piani sotto terra

A sinistra: il Btek visto dall’esterno. L’accesso all’edificio avviene attraversando il volume nero fuori terra

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A destra: Il secondo volume, in contrasto con il primo, ha due facciate libere e un tetto ricoperto di erba artificiale, che dal prato circostante prosegue fin sopra alla copertura, dando così l’immagine di una totale fusione tra il sito, l’edificio e l’intorno

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dita plasticità che accoglie la rampa d’ingresso. Man mano che si scende il volume metallico conduce il visitatore all’interno dello spazio della reception, il “desfiladero”, la gola, denominato in questo modo per via delle sue dimensioni quasi claustrofobiche, stretto e con quasi 18 metri d’altezza che decrescono man mano che si prosegue verso la parte centrale della struttura. Il progetto consta di cinque gallerie pensate per essere visitate in sequenza, anche se, proprio per garantire agli ambienti una versatilità adatta a ospitare una grande varietà di esposizioni dai diversi contenuti, sono state progettate con caratteristiche molto diverse tra loro, come i soffitti che variano in altezza anche di molti metri. I piani in totale sono tre e i collegamenti tra questi sono costituiti da ampie scale e rampe che seguono le peculiarità geometriche dei volumi generando percorsi sequenziali, appositamente studiati per condurre il visitatore all’interno dei diversi ambienti espositivi, studiati per suscitare stadi emozionali unici. La peculiarità di tale edificio non sta unicamente nella scelta di una costruzione ipogea, bensì nell’aver conciliato alle peculiarità e alle libertà tipiche di questo genere architettonico anche l’attenzione verso l’architettura sostenibile. L'edificio-piazza, infatti, collocato in un'area di 2600 metri quadrati, oltre a usare il riscaldamento e il raffreddamento geotermico integrato con un impianto fotovoltaico, ha ampie aperture sul fronte principale della struttura. Aperture che permettono ai corridoi di es-

Sotto: schema sinottico delle suggestioni progettuali. Il volume nero, l’unico emergente, è stato pensato come un corpo spinto in superficie dalle viscere della terra. L’altro nasce dal concetto di sollevamento, di piega del terreno

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CREDITI Progetto Centro Tecnologico di Interpretazione Progettisti ACXT Design Team Gonzalo Carro & ATHOS (Pedro Berroya, Aitziber Goikoetxea) Strutture Javier Eskubi, Amaia Oyテウn, テ]gel Gテウmez Progetto anno 2006-2007 Destinazione Centro tecnologico d'avanguardia Area del sito 2600 mq Periodo di costruzione 2007-2009


Sono cinque le gallerie progettate, con caratteristiche molto diverse tra loro e pensate per essere visitate in sequenza. I piani in totale sono tre e i collegamenti tra questi sono costituiti da ampie scale e rampe. Gli interni sono molto chiari. Le pareti, dalle linee destabilizzanti, sono in gran parte bianche, tranne alcune nere, mentre il pavimento è in resina chiara e lucida

sere illuminati di luce naturale, mentre vere e proprie aiuole di erba, lunghe e strette, ricoprono il tetto dotato di pannelli solari che vengono così integrati nella forma triangolare dell'edificio. È un edificio, dunque, ipogeo e sostenibile e le due cose posso andare di pari passo. Difatti una costruzione ipogea, così strutturata, a prescindere da altre accortezze progettuali, sfrutta pienamente l'inerzia termica dell'edificio. L’involucro murario, divenendo solidale con il terreno, ne condivide l'elevata capacità termica. Anzi, a volerla dire tutta, un edificio ipogeo ha di per sé connotazioni ecosostenibili quali l’integrazione paesaggistica, la tutela di spazi all'aperto e, se il comfort è un canone sostenibile, allora non si può non evidenziare il controllo dell'inquinamento acustico e delle vibrazioni. E questo perché, mentre la vegetazione spezza le onde ad alta frequenza, il substrato di terra assorbe quelle a bassa. Substrato che sembra sia in grado di assorbire anche un’alta percentuale del famigerato e tanto presente elettrosmog, la cui origine oggi è in gran partei dovuta alla rete della telefonia mobile. Il Centro di Interpretazione di Tecnologia, il Btek, progettato da Gonzalo Carro a Derio, comune spagnolo dei Paesi Baschi, è dunque un edificio impostato secondo dei valori estetici che nulla tolgono alla funzionalità sostenibile. Anzi è proprio il caso di dire che la ricerca formale in questo caso corrisponde pienamente a quella ecosostenibile. ARCHILINE 63



SINUOSO BRISE SOLEIL NUOVO PALAZZO DI GIUSTIZIA / Manfredi Nicoletti

AREZZO. Il Nuovo Palazzo di Giustizia è stato costruito tra il 2003 e il 2007 su progetto di Manfredi Nicoletti. È un edificio pensato per poter sfruttare tutte le potenzialità bioclimatiche del luogo. L’orientamento dell’edificio, scelto per poter favorire il comfort interno e incentivare un maggior risparmio energetico, è stato impostato lungo un asse principale est - ovest e un’inclinazione di 15 gradi est, così che la facciata principale a sud, in vetro e brise soleil, massimizzi il guadagno termico ottenibile dall’apporto solare. Il gigantesco brise soleil è inclinato e i singoli elementi sono distanziati tra loro quel che basta per consentire la penetrazione dei raggi solari durante i mesi invernali e ostacolarli invece durante i mesi estivi. L’edificio è compatto e curviforme e si connota non solo per la sinuosa facciata brise solei ma anche per la retrostante vetrata continua, inclinata anch’essa proprio per contribuire all’efficienza del sistema. La facciata opposta, quella completamente rivolta verso nord, è stata rivestita con una parete ventilata in granito atta a garantire un’ottima coibentazione e un rigido controllo delle dispersioni termiche. L’edificio è situato, a pochi passi dalla Fortezza Medicea, nell’antico parco dell’ex Ospedale Garbasso all’interno del quale le magnolie sono le essenze più diffuse. Il progetto ha mantenuto il disegno del parco, ha donato maggior valore alla zona nord ovest, architettonicamente più strutturata, dove si trova l’ingresso principale, e ha anche provveduto al restauro del verde storico nella fascia sud est, allora in stato di completo abbandono, dove si trovano alcune delle essenze più pregevoli. L’impostazione planimetrica è alquanto semplice. Tutto gravita intorno alla hall centrale, il nucleo pulsante del Palazzo completamente illuminato dalle vetrate inclinate a tutta altezza. La doppia facciata principale è una mesh, una superficie che segue una geometria complessa, svergolata, geo-

A sinistra: particolare della doppia facciata brise-soleil che caratterizza l’edificio. A quella interna, in metallo e vetro, si affianca una seconda di metallo che ha la funzione di frangisole. Le due facciate si assecondano nella sinuosità delle forme

metricamente determinata con la congiunzione sul piano verticale di due differenti curve. Configurazione spaziale che fa ottenere il massimo della resistenza meccanica con il minimo di materia. È la stessa geometria presente soprattutto nelle foglie delle magnolie o comunque nei petali di fiori di varie essenze che in questa situazione è stata trasfigurata in elemento costruttivo e tecnologico attraverso dei materiali contemporanei. La doppia facciata posta a sud è l’escamotage tecnologico - bioclimatico più importante di tutto l’edificio. È la sovrapposizione di due superfici materiche differenti variamente curvate e traslucide. Il vibrante brise soleil, in acciaio inox spazzolato, è caratterizzato da una trama di pilastri a tutta altezza, si potrebbe dire, un ordine unico, variamente inclinati tra loro così da creare una superficie morbidamente ricurva. Questa facciata è stata progettata in modo da svolgere la funzione di serra solare: l’inclinazione dei vari elementi è stata pensata non solo per impedire l’irradiazione diretta durante tutti i mesi estivi e acconsentire invece la penetrazione dei raggi solari durante il periodo invernale, ma anche per controllare il surriscaldamento, l’effetto serra, tipico nel periodo che

In basso: planimetria generale. L’edificio è situato a pochi passi dalla Fortezza Medicea della città di Arezzo. È stato costruito in un sito all’interno dell’antico parco dell’ex Ospedale Garbasso. Il progetto ha mantenuto il disegno del parco e ha dato valore alla zona nord ovest, dove si trova l’ingresso principale

AMPLIAMENTO NUOVO PALAZZO DI GIUSTIZIA EX OSPEDALE GARBASSO

INGRESSO PRINCIPALE

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PIANTA PIANO PRIMO

PIANTA PIANO TERRA

Pavimentazione in granito nero

Pavimentazione in granito nero

Rivestimento in granito nero Pavimentazione in granito nero Pavimentazione in granito nero

Rivestimento in granito nero Pavimentazione in granito nero

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PIANTA PIANO SECONDO

PIANTA COPERTURE

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CREDITI Committente Comune di Arezzo Progetto architettonico e direzione artistica Manfredi Nicoletti Collaboratori Luisa Campagna, Fabrizio Pagliano Tajani, Anna Senesi Distribuzione funzionale Michele Valentini Strutture Michele Mele Impianti Enetec, ing. Renato Tito, arch. Giorgio Landolfi Antincendio Studio Sorrento, ing. Antonio Sorrento, arch. Alfonso Sorrento Calcoli Economici Roberto Postorino Direzione Lavori Coordinatore Antonio Sorrento Direttori tecnici di cantiere Piero Bracciali, Francesco Misuri Impresa Nembo srl; Consorzio Novus Fornitori Acciaio: Eclano lamiere; Marmi: Mariotti Carlo & Figli

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SEZIONE 0-0 LONGITUDINALE (facciata interna)

SEZIONE 1-1 LONGITUDINALE

intercorre tra il solstizio d’estate e l’equinozio d’autunno, garantendo così che le uniche radiazioni dirette siano presenti, all’interno del Palazzo di Giustizia solo durante i mesi più freddi, quando costituiscono un comfort ambientale e un vantaggio climatico. All’interno della stessa facciata, lungo l’intero sviluppo del margine sud, è stata realizzata una vasca d’acqua - uno scambiatore termico passivo - che ha lo scopo di mitigare il microclima, soprattutto quello della stagione estiva. Serve, inoltre, a migliorare la qualità di quell’aria che, una volta raffrescata dall’acqua, con diversi movimenti riesce a ventilare tutti gli ambienti prospicienti la Hall, il grande spazio centrale, progettato per favorire l’effetto camino. Infissi apribili sono stati, infatti, posizionati alla sommità dell’edificio e, durante il periodo estivo, l’aria surriscaldata risale dal piano di calpestio del piano terra verso il lucernario posto in copertura e viene prontamente convogliata all’esterno. Il sistema, quindi, combina l’effetto del vento con quello determinato dalla differenza di temperatura dell’aria tra esterno e interno. E così, sfruttando l’immissione dell’aria che avviene in zona sopravvento e l’estrazione naturale che avviene attraverso il vano verticale della hall, garantisce un continuo ricambio d’aria e la salubrità termoigrometrica di tutti gli ambienti. Gli impianti di suppor-

In alto: due sezioni significative dell’edificio. Sopra: un particolare della facciata posta a sud. Il brise-soleil in acciaio inox spazzolato è caratterizzato da una trama di pilastri a tutta altezza, variamente inclinati tra loro. È una mesh ricurva, progettata come una serra: l’inclinazione dei vari elementi impedisce infatti l’irradiazione diretta nei mesi estivi

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Sopra: particolare dell’attacco tra il percorso vetrato proveniente dall’ex Ospedale Garbasso e il nuovo edificio del Tribunale. A sinistra: la parete esposta a nord. Una superficie tronco conica rivestita di lastre di granito nero che reagisce cromaticamente alle rigidità del clima invernale di Arezzo. La parete è incisa da sottili bucature con infissi a nastro

to per i restanti locali garantiscono flessibilità e adattabilità a ogni possibile modificazione delle destinazioni d’uso degli spazi. La possibilità di parzializzare l’efficienza di tutto il sistema, in funzione a seconda delle esigenze diversificate di occupazione dei diversi ambienti, consente di contenere i consumi energetici e di limitare i tempi di messa a regime. Per quanto riguarda invece l’illuminazione, quella naturale è ottenuta evitando le radiazioni dirette e l’abbagliamento soprattutto nella Hall, luogo di collegamento tra le aule giudiziarie, gli uffici del Presidente e quelli della Cancelleria. L’ acciaio inox presente nella facciata principale favorisce lo sfruttamento della luce naturale, grazie alla riflessione verso l’interno. Mentre la parete a nord, la superficie tronco conica rivestita di lastre di granito nero che reagisce alle rigidità del clima invernale di Arezzo e al rumore proveniente dalla strada, è incisa da sottili bucature con infissi a nastro che sembrano sfilacciare la materia in modo casuale. Ma nella realtà sono stati studiati in modo che internamente ad ogni ambiente corrisponda il giusto apporto luce/aria a seconda della specifica destinazione d’uso. 70 ARCHILINE



UN CAMBIAMENTO DI PARADIGMA L’interesse per l’ambiente, l’energia, le risorse, l’agricoltura biologica, l’alimentazione e il risparmio energetico è un fenomeno recente. Eppure sono temi di cui ci siamo già occupati nel corso della nostra storia e non possiamo certo considerarli una novità. Lo diventano solo oggi, in un tempo in cui la nostra visione della vita ha perso ogni legame con quel recente passato. Forse, lo spero, siamo all’inizio di un grande cambiamento. È anche vero che non ci siamo mai confrontati con un ritmo di crescita demografica come quello attuale, né con fenomeni come la necessità di cibo, la distruzione dell’ambiente, l’inquinamento e la crescita delle città. Fenomeni che per dimensione e impatto sulla società non hanno precedenti nella storia. Detto questo, e premesso che parlare di sostenibilità e ambiente genera contraddizioni e paradossi, è pur vero che da qualche parte dobbiamo cominciare e che, come per molti fenomeni complessi, bisogna cominciare dalle cose più semplici. Non c’è dubbio che costruire sia di per sé un’azione antiecologica - e questa è solo la prima di una serie di contraddizioni - ma costruire è anche una delle attività umane di primo piano. Ecco quindi che la domanda che dobbiamo porci è: quanto meglio possiamo costruire? E poi: con quali criteri possiamo affrontare il tema energetico e ambientale senza provocare altri danni? Per cominciare bisogna che il singolo edificio sia concepito all’interno di una nuova visione urbanistica, questo perché la somma di tanti edifici sostenibili non dà un risultato aritmetico. Non si può progettare un edificio senza aver pensato a un sistema più complesso fatto di reti, di trasporti, di verde. Soprattutto dobbiamo aver prima compreso la vocazione e la cultura specifiche di ogni luogo. È ora di guardare all’urbanistica come a uno strumento strategico, che dia risalto alle peculiarità della città e che sia in grado di interpretarne i valori. Le ambizioni del progetto devono essere il punto di partenza per disegnare uno scenario di lungo respiro basato su pochi punti fondamentali e capace di delegare alla dinamica spontanea del tessuto urbano ed economico le scelte minori. Per evitare che l’interpretazione di questi obiettivi sia solo un esercizio accademico bisogna

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cominciare a costruire un bagaglio di sensibilità e conoscenza prima che di soluzioni. L’energia, e l’uso che se ne fa, è una grande opportunità creativa che si intreccia da sempre con l’architettura. Oggi va vista alla luce dell’evoluzione tecnologica, reinterpretando la tradizione in maniera non nostalgica. Sia da un punto di vista tecnico, che riguarda le prestazioni e le certificazioni, sia da quello emotivo, legato alla sensibilità. Nel passato più recente si è privilegiato il primo, quello per così dire “ingegneristico”, dove conta solo il raggiungimento degli obiettivi prestazionali a scapito del risultato estetico. Ricordiamoci che quello che resta di un edificio è la sua presenza, la sua capacità di comunicare e di contribuire anche alla “bellezza” dell’ambiente. Quest’ultimo approccio, più emotivo, sensoriale legato all’uso della materia, ha cominciato solo ora ad affermarsi, creando le condizioni per gli architetti di ritornare a essere protagonisti del cambiamento. Nel mettere insieme tecnica e poesia è necessario il giusto equilibrio. Anche a costo di rinunciare a qualche punto prestazionale. Nell’equilibrio si nasconde un passo avanti anche nel modo di concepire il nostro lavoro e cioè trovando nei dati climatici, negli obiettivi energetici, nella lettura di un habitat, un’indispensabile fonte d’ispirazione. Occuparsi dello spazio, dell’abitare, del piacere di guardare un bell’edificio o di utilizzare una piazza, un giardino, una strada, diventa un impegno. È una responsabilità così importante che deve spingere in questa direzione anche chi continua a vedere nell’edilizia soltanto un “personal business”. Da questa assunzione di responsabilità, di questo impegno, nasce un ruolo nuovo e utile nello sviluppo del tema della sostenibilità. Le contraddizioni non mancano neanche là dove, nonostante si ragioni sullo sviluppo urbano, la crescita è più veloce della capacità di riflettere sul futuro. Potremmo paragonare questo tipo di ambiente urbano a quello delle piante nelle foreste in cui vige la sola regola della crescita, non della pianificazione. Da una parte la necessità di progettare un insieme complesso attraverso


un’unica azione, quella dell’urbanistica, dall’altra la crescita regolata da fattori sociali, economici e tribali che sfuggono a qualsiasi tentativo di pianificazione. Lagos, per esempio, non ha avuto bisogno di progettisti, si è auto-regolata nel corso di un processo di crescita spontaneo e che, per dimensioni e densità, è impossibile da pianificare. Quello che si può fare è guardare l’insieme e trovare una visione strategica, provare attraverso di essa a trovare un nuovo ordine, anche introducendo dei “virus positivi” - come un sistema di fognature, la rete elettrica e quella telefonica, le strade e la distribuzione dell’acqua - che possano migliorare tutto l’organismo. L’architettura in quanto tale potrà solo creare, all’interno di un sistema incontrollato, momenti di qualità non solo spaziale, ma anche sociale, culturale e di relazione. La pianificazione delle eco-city è forse l’esempio più contraddittorio. La definizione stessa di eco-city non tiene conto del fatto che la città non è luogo ecologico per definizione, ma è uno dei luoghi con la massima concentrazione di consumi e di conflitti. Basta un’occhiata alle mappe dell’impronta ecologica delle grandi città per capire che è necessaria un’attenta riflessione sull’idea di concentrazione in un periodo di grande crescita. La mappa dei consumi di energia prodotta con l’uso del petrolio non lascia spazio a nessuna possibile definizione di sostenibilità nei paesi sviluppati dando, invece, ai paesi in via di sviluppo una base di partenza migliore, per lo meno su questo tema in particolare. L’Italia, per esempio, dipende per l’80% da risorse non rinnovabili (petrolio e, in misura minore, gas naturale). Di questi consumi il 50 % si deve agli edifici, tutti indistintamente, e ciò spiega quanto sia importante anche solo un’azione di miglioramento delle prestazioni. La questione rimane quella di favorire lo sviluppo di un sistema più vicino alle diverse identità, ai bisogni reali, e capace di creare nuovo rapporto con l’agricoltura, con un nuovo paesaggio produttivo: un reale rapporto tra territori ed economie. Questo modello di crescita, molto lontano dalle megavisioni di mega-lopoli, esprime, forse in maniera ancora più forte, il bisogno di trovare un nuovo paradigma e di rivedere il rapporto tra uomini, territorio, e qualità della vita. L’accesso alle fonti rinnovabili è l’unica strada per migliorare e ridurre il rapporto tra i consumi

e l’inquinamento. Si apre davanti a noi una visione più serena del rapporto con il territorio, così che l’uso di fonti come il sole e il vento diventano parte di un nuovo rapporto con l’ambiente visto non più come problema ma come soluzione. Questo modo di fare architettura impone un diverso approccio etico che dà al nostro lavoro un nuovo ruolo, essenziale per le trasformazioni sociali del futuro. Occuparsi dello spazio, dell’abitare, del piacere di guardare un bell’edificio o di utilizzare una piazza, un giardino, una strada, diventa un impegno. È una responsabilità così importante che deve spingere in questa direzione anche chi continua a vedere nell’edilizia soltanto un “personal business”. Da questa assunzione di responsabilità, di questo impegno, nasce un ruolo nuovo e utile nello sviluppo del tema della sostenibilità. Sostenibilità è anti-globale, è per definizione qualcosa di non generico, di non astratto, ma qualcosa che appartiene a un luogo, a una cultura e che, nonostante possa sembrare uno sforzo immenso, dobbiamo difendere. Sostenibilità è una visione non una definizione; è la risposta al singolo problema, al singolo luogo e non una mercificazione dell’architettura “ovunque e comunque”. La sostenibilità è contraria alla colonizzazione dei luoghi con criteri d’inutile efficienza mascherati con un falso linguaggio di contemporaneità. È contro il principio dell’indifferenza, della ripetizione, di un unico linguaggio universale. È vicino ai concetti di biodiversità e di prossimità. È la fine del modello rappresentato da edifici sempre uguali a se stessi - dove si lavora allo stesso modo ovunque – che, se da una parte ha creato una speranza di modernità e di sviluppo, dall’altra ha cancellato ogni identità e ogni volontà di difesa della propria cultura e del proprio paesaggio. Come se la biodiversità non fosse più un valore, una ricchezza, ma qualcosa da appiattire. Da omologare. Mario Cucinella

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FRAMMENTI SPARSI DI UN CODICE BIO/ECO

In basso: Serra scientifica per farfalle tropicali, Università di Catania, progettata dallo Studio Nicoletti Associati. La forma sfaccettata dell'involucro in vetro e il diverso orientamento e inclinazione di ciascun elemento serve per mantenere il guadagno termico all’interno dello spazio. Le farfalle tropicali non sopravvivono in un ambiente con aria condizionata

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Un’architettura capace di dialogare con il vento, il sole e i materiali presenti sul territorio. Un auspicio di integrazione tra architettura e condizioni ambientali che oggi diventa realtà. Grazie all’architettura bioclimatica, idea di progettazione mirata a evitare dispersioni di energia e consumo di suolo per liberare il progetto da interessi settoriali e compiere un passo ulteriore verso un più ampio ideale di progettazione sostenibile. Perché la sostenibilità in architettura ha diversi volti e la progettazione bioclimatica, con la sua attenzione a lavorare con le forze della natura per la regolazione del clima interno alla struttura abitativa, è uno di questi. «L’obiettivo da raggiungere è quello di una totale sinonimia tra urbanistica, architettura, paesaggio, strutture e infrastrutture», conferma l'architetto Massimo Pica Ciamarra, vicepresidente dell'INARCH, Istituto Nazionale di Architettura. «Un momento in cui ogni trasformazione degli ambienti di vita scaturisca da visioni globali, in cui ogni costruzione sia concepita come un “frammento” che entra a far parte dell’ambiente, del paesaggio, delle tante stratificazioni che individuano ogni luogo. “La sostenibilità sostiene l’architettura” è uno slogan che ho coniato tempo fa: non è un gioco di parole perché - malgrado sovrapposizioni e confusioni di termini - si sta diffondendo sempre

più la consapevolezza della necessità di sostanziale rinnovamento dei programmi e dei processi di costruzione e di trasformazione degli ambienti di vita». Curioso come nel caso dell’architettura bioclimatica lo stesso rinnovamento dei processi di costruzione, il passo decisivo verso un progettare più consapevole, coincida con un percorso a ritroso, prima verso l'architettura organica, alle origini della bioclimatica nel suo configurarsi come disciplina del progettare fondata principalmente sul rapporto con il contesto e sull'attenzione ai materiali naturali e locali. E poi, ancora indietro fino a recuperare forme di architettura antiche in ogni continente e nei climi più ostili. Perché a ben guardare la storia del costruire è costellata di forme abitative che dialogano con gli elementi naturali, realizzando un ideale ecologico attraverso una simbiosi millenaria con il territorio. Sono le architetture vernacolari, forme tradizionali delle diverse regioni, sviluppatesi nel confronto tra l'uomo e una natura spesso avversa, frutto di una sapienza antica che si è andata perdendo con l'avanzare dell'industrializzazione e con l'abbandono delle attività rurali ma soprattutto con lo sviluppo di regolare il clima interno alle abitazioni in modo meccanico. È proprio nei paesi più industrializzati che queste antiche abitazioni oggi permangono in tutto il fascino pittoresco dell'ingegno umano. Pensiamo al trullo delle Murge, costruito come abitazione agricola per garantire il benessere abitativo in un territorio battuto dai forti venti di tramontana fredda e secca da nord e di scirocco caldo e umido da sud-est. La sua grande massa muraria, spesso associata a una vasca d’acqua di accumulo sottostante, funziona da involucro termoregolatore per assorbire di giorno il calore prodotto dalla radiazione e restituirlo di notte con il risultato di una temperatura interna sempre di parecchi gradi inferiore a quella esterna, funzione alla quale assolve anche la forma conica. Il materiale utilizzato è un calcare duro e compatto, cattivo conduttore di calore. Materiale, forma dell’edificio, spessore delle murature definiscono gli aspetti bioclimatici della struttura. «Molto noti nei Paesi Arabi e ancora usati a volte dalla tradizione architettonica locale - spiega Cettina Gallo, ex Responsabile del Centro Nazionale di Architettura


Photo Ian Lambot

umanesimo” che vede come obiettivo primario del progetto la sua facilità di antropizzazione”. È un termine che vorrei provvisorio, pleonastico, come “eco-sostenibilità”, di origine anglosassone, che propugna quanto è responsabile per l’ambiente». Proprio per la situazione italiana, notoriamente meno permeabile di altre realtà europee a logiche di sostenibilità ambientale, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Più in generale, nel nostro Paese la sensibilità rispetto alle tematiche ambientali è in crescendo continuo. Lo dimostrano gli interventi sulla formazione con i diversi master postuniversitari incentrati sul tema e di forte rilievo anche internazionale come ad esempio quelli dell’INARCH o quelli dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, accanto al proliferare di riviste specializzate. È invece a livello locale, vera cartina al tornasole delle tendenze in materia di politiche riguardanti edilizia e patrimonio naturale, che si conferma il dato positivo in termini di attenzione bioclimatica. I comuni e le province italiane sembrano aver scoperto che costruire in armonia In questa pagina: Commerzbank di Francoforte sul Meno, progetto di Norman Foster & Associati. Una torre in acciaio e vetro alta 259m. Sopra: ogni ottavo piano si trova un “Giardino del cielo”, un ambiente alto 4 piani che ha lo scopo di consentire l’illuminazione e la ventilazione naturale. All’interno (foto a sinistra) sono state pensate aree di sosta corredate da una ricca vegetazione

Photo Nigel Young _ Foster + Partners

Bioclimatica del Dipartimento dell'Energia dell'ENEA - sono i malquafs, le torri del vento, i mashrabjia. I primi due elementi servono a catturare il vento caldo del deserto e a convogliarlo negli ambienti interni opportunamente raffrescati con il passaggio attraverso stuoie bagnate o in canalizzazioni sotterranee. I mashrabjia sono griglie alle finestre costruite in diversi materiali, dal legno alla pietra, che oltre a essere meravigliosi elementi decorativi servono a far passare la brezza ma non il sole, creando all’interno degli ambienti microclimi confortevoli». Massima apertura verso l’esterno, massima chiusura verso l’esterno. Ventilazioni naturali, protezioni dal vento, compattezza degli insediamenti, protezione dal sole. Questi i termini di riferimento di un’architettura che rielaborava a proprio vantaggio una natura difficile in modo passivo, prima che tutto venisse frantumato dalla disponibilità di energia a buon mercato e da tecnologie che hanno dato spazio a progetti incuranti dei loro effetti negativi sul contesto specifico e sull’ambiente in generale. «Ma oggi – precisa Massimo Pica Ciamarra - si è sempre più consapevoli delle conseguenze di questa visione esuberante e incosciente, peraltro profondamente egoista». È questa nuova consapevolezza che ha portato all'attuale sviluppo di un'Architettura biosostenibile, della Bioarchitettura e della Bioclimatica, in un interscambio di definizioni che ha spesso contribuito a creare una situazione di indefinitezza delle rispettive pertinenze. «Queste aggettivazioni sono strumentali», afferma Massimo Pica Ciamarra. «Richiamano “informazioni perdute” nei processi di trasformazione degli ambienti di vita e del costruire in genere. L'Architettura bioclimatica definisce l’attenzione prevalente al clima, attenzione però che non protegge da impropri inserimenti nel paesaggio, non favorisce aggregazioni né produce miglioramenti sociali o dei rapporti umani. Bioarchitettura è invece un termine più inclusivo, coniato nel 1987 in Italia: “propugna una architettura più umana, una sorta di “nuovo

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In alto: l’asilo Kindergarten di Wagram. Costruzione bioclimatica progettata dallo studio George Reinberg in Austria. L’edificio è stato collocato sul bordo settentrionale del sito in modo da essere aperto a sud. La zona giardino è esposta al sole tutto il giorno. In basso: sede della Compagnia “B!OTOP” di Weidling. Il progetto è stato curato dallo studio George Reinberg. L'edificio, in legno e vetro, è situato su uno stagno

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con il territorio è una ricchezza e una fonte di tutela in primo luogo per il territorio stesso poiché questo tipo di progetto presume la conoscenza profonda delle condizioni bioclimatiche del luogo dove ci si va a inserire e dei suoi dintorni e da alcuni anni mostrano una sviluppata sensibilità a queste tematiche. «La sensibilità è elevata – ci conferma Cettina Gallo – ed è incentivata da programmi in favore della sostenibilità degli interventi da realizzare. Negli ultimi dieci anni c’è stato un notevole impulso anche grazie al “Codice concordato di raccomandazioni per la qualità energetico ambientale di edifici e spazi aperti” promosso dalla CNEA (Conferenza Nazionale Energia e Ambiente) nel 1998 e rivolta appunto alle amministrazioni locali. L'essenziale è che ogni regione strutturi le linee guida in materia alle quali si atterranno i vari comuni. Uno dei primi Comuni attivo in quest’ambito è stato Faenza. Certo in Italia non si è arrivati ancora al “Manuale per le

infrastrutture verdi” che la città di New York qualche anno fa ha fatto seguire al “Manuale per gli edifici verdi”, ma siamo sulla buona strada». La spinta necessaria all'incentivazione di logiche biocimatuche del progetto giunge soprattutto da un ribaltamento di prospettiva degli interessi personali e delle parti. In generale è egoisticamente conveniente qualsiasi trasformazione fisica dell’ambiente che contribuisca a migliorare la condizione umana. Nel particolare i vantaggi si distribuiscono tra tutti gli attori del progetto con il costruttore che in cambio di una particolare cura per gli aspetti “sostenibili” dell’edificio ottiene dall’amministrazione locale particolari benefici come l'aumento della cubatura edificabile, per l’utente che vivrà in un edificio migliore e alla lunga più economico, per gli amministratori stessi che lasciano alla comunità spazi più sani. Perché accanto alla sostenibilità ambientale, la seconda parola chiave di questo tipo di progettazione è quella che riconduce in modo diretto alla funzione che definiva le sue forme più antiche: garantire il benessere di chi vi abita inteso come massima riduzione del disagio nello svolgimento delle proprie attività all'interno di uno spazio delimitato. Benessere termico e igrometrico al quale concorre la qualità dell'aria con il controllo di parametri diversi quali temperatura dell’aria, temperatura media radiante, umidità relativa, velocità dell’aria e pressione atmosferica. Benessere visivo, definito attraverso l’illuminazione e la progettazione delle aree verdi. Benessere psicologico che oltre a essere il risultato dei fattori precedenti può riferirsi anche ad accorgimenti progettuali relativi alla distanza tra le abitazioni, con la definizione della dimensione ideale degli spazi aperti in un quartiere residenziale affinché sia sempre possibile comunicare a voce e a gesti conservando allo stesso tempo l'intimità anche nei locali abitativi a piano terra più esposti. In vista di un'insieme


di interventi di ristrutturazione che dai prossimi anni inizieranno a interessare il nostro Paese in modo programmatico, la necessità di operare interventi microchirurgici nel tessuto urbano per migliorare e utilizzare gli spazi vuoti o dismessi, andrebbe coniugata con i criteri della bioclimatica, eliminando le ultime frange di resistenza a questo tipo di progettazione. Molti i luoghi comuni da sfatare al riguardo. Dalla convinzione che i criteri bioclimatici non possano dar luogo, attraverso la creatività del progettista, a risultati di grande valore estetico e architettonico, all'identificazione della bioclimatica come “utilizzo dei pannelli solari e/o fotovoltaici” tout court. Viviamo ancora nell’ambito di una troppo ingenua sensibilità media degli utenti capaci di distinguere ed esigere qualità nel cibo o nei prodotti del design, dell’industria e della moda, ma incapaci di esigere qualità diffusa e ambienti di vita agili e confortevoli come dimostrato dalle città in cui viviamo. Oggi la progettazione di edifici bioclimatici, perfettamente adeguata alle necessità dell'abitare contemporaneo, è facilitata da software che permettono di simulare i flussi energetici dall’esterno all’interno di un edificio e viceversa. Perché a differenza delle costruzioni tradizionali la casa bioclimatica contemporanea deve rispondere al mutare delle funzioni nel tempo e nei contesti e non solo: gli edifici devono poter reagire e modificarsi nel tempo anche in rapporto al mutare dei contesti e all’evolversi delle tecnologie. Ma un ostacolo rilevante è costituito dalla mancanza di conoscenze territoriali di base, vero termine di riferimento di questo tipo di progetto. Fare l'architettura bioclimatica vuol dire occuparsi di geobiologia dei siti, situazione bioelettrica, igroscopicità, irraggiamento cosmico e terrestre. «Ma molto spesso - spiega Cettina Gallo - se durante gli esami di “composizione architettonica” chiedo agli studenti degli ultimi anni di architettura dove si trovino il nord e il sud a volte non sanno

rispondermi. In altre parole non si è ancora capito che alla base di un progetto bioclimatico c’è il saper ben costruire, e alla base del saper ben costruire c’è la buona conoscenza del luogo del progetto e delle proprietà dei materiali usati. Molto spesso progettare bioclimatico non costa di più, si tratta di dare una forma invece di un’altra, di disegnare un’apertura in un certo modo; non tutti sanno per esempio che i frangisole devono essere orizzontali o verticali a seconda dell’esposizione». Il territorio e gli elementi. Il sole, il vento, la vegetazione, i materiali locali. Ricordiamo con Vitruvio che “gli edifici saranno disposti nel modo giusto se si terrà conto innanzi tutto delle regioni e delle latitudini nelle quali si troveranno”. Ma soprattutto la necessità di una maggiore educazione ambientale fin dalla scuola per giungere a una integrazione dei diversi prefissi bio ed eco o meglio per smettere di utilizzarli e «non parlare più di architettura “bioclimatica” ma solo di architettura. Perché ogni buona architettura è anche bioclimatica». (di Silvia Di Persio) In alto: Palasport di Palermo. Progetto dello Studio Nicoletti Associati. È ubicato nel Parco della Favorita. L'edificio è rivestito in alluminio a eccezione delle opposte estremità vetrate, protette da un insieme di tubi di acciaio inossidabile satinato. In basso: Casa Zero Energy, il progetto di ricerca realizzato dal Gruppo Polo Le Ville Plus, insieme al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Trento e con il supporto della Regione Friuli Venezia Giulia

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Photo Nic Lehoux


IN SIMBIOSI CON LA NATURA

NEW CALIFORNIA ACADEMY OF SCIENCES / Renzo Piano


Photo Ishida Shunji


SAN FRANCISCO (CALIFORNIA). “Esplorare, spiegare e proteggere il mondo naturale”. È questa la missione del New California Academy of Sciences, progettato da Renzo Piano per la città di San Francisco e inaugurato nel 2008. Il motto è esplicativo sia dell’intento didattico dell’Accademia sia del modus costruendi dell’edificio stesso. Difatti al New California Academy of Sciences, per tutte le accortezze usate nella progettazione e nelle diverse fasi realizzative dell’opera, l’attenzione posta nella progettazione degli spazi rispetto alla luce naturale, la ventilazione naturale, l’utilizzo dell'acqua e il recupero di quella meteorica e la produzione di energia, è stato conferito il LEED “Platinum”, il The Leadership in Energy and Environmental Design. La nuova costruzione, in linea di massima, mantiene la posizione e l’orientamento precedentemente avuto dall'originale edificio dell’Academy che venne più volte danneggiato da terremoti, ultimo quello del 1989. Tutte le funzioni dell’edificio si strutturano intorno ad un’ ampia piazza centrale su cui gravitano la cupola del Planetarium e la Biosfera, l’ambiente trasparente contenente la riproduzione dell’habitat della foresta pluviale. Il progetto inizialmente prevedeva la totale demolizione degli 11 edifici esistenti

costruiti tra il 1916 e il 1976. Quelli più vecchi sono stati demoliti, sbriciolati e il materiale è stato completamente riutilizzato nelle nuove strutture. Tre dei vecchi edifici sono stati invece recuperati, parzialmente restaurati, o comunque riedificati nel loro volume originale: l’African Hall, il North American (California) Hall e lo Steinhart Aquarium. È il tetto l’elemento che, dal punto di vista formale, unifica tutta la struttura. È un elemento connotante tutto l’edificio ed è stato definito “organismo vivente”. Le cronache che si occuparono dell’inaugurazione del 2008 riportavano:“Il museo respira con il ritmo della natura”. È infatti completamente ricoperto da uno strato di terra su cui sono state piantate ben 1.700.000 piantine, in grado di sopravvivere nel microclima del Golden Gate Park, senza concimi né irrigazioni artificiali. Il tetto giardino ha uno scopo funzionale più che decorativo: l’umidità presente nello strato di terra serve a raffreddare di 5 o 6 gradi l’interno del museo. L’edificio infatti, raro caso negli Stati Uniti, ha completamente fatto a meno dell’impianto di aria condizionata sia per gli spazi pubblici al piano terra che per gli uffici di ricerca collocati lungo la facciata. I volumi interni sono stati pensati come piccoli habitat sferici, che sembrano forzare la linea di gronda del tetto determinando un profilo ondulato. Quest’andamento curvilineo del tetto permette

A sinistra: foto dell’interno della Biosfera, l’ambiente trasparente contenente la riproduzione dell’habitat della foresta pluviale. Tutte le funzioni dell’edificio si strutturano intorno ad essa. Sopra: schizzo preparatorio dello skyline dell’edificio. Sotto: particolare descrittivo. La sezione mostra chiaramente la funzione della cupola del Planetarium: l’alternarsi degli oblò posizionati per illumunare con la luce naturale tutto l’ambiente e i bocchettoni per la fuoriuscita dell’aria. Nell’intradosso è posizionato anche l’impianto di illuminazione artificiale

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Photo Nic Lehoux

Sopra: gli interni degli altri edifici, preesistenti e di nuova costruzione, che gravitano intorno alla hall centrale. In basso: le due sezioni chiarificano il funzionamento di tutta la struttura. Quella a sinistra mostra come l’andamento curvilineo del tetto permetta l’accumulo dell’aria calda in eccesso, che viene poi espulsa all’esterno creando così delle brezze all’interno di questi ambienti che ne rinforzano la ventilazione naturale


Photo Nic Lehoux

CREDITI Progettazione Renzo Piano Building Workshop Tipologia museo Committente California Academy of Sciences Luogo San Francisco Tempi di progetto settembre 2000 - 2005 Tempi di realizzazione 2005 - 2008 Superficie costruita mq 38.100 Tecnologie sostenibili 55mila cellule fotovoltaiche Ingegneria e sostenibilità Ove Arup & Partners Landscaping SWA Group Certificazione di ecosostenibilità Platinum Level LEED

l’accumulo dell’area calda in eccesso che prontamente viene poi espulsa all’esterno attraverso lucernari con aperture sensibili, poste nella copertura. Il moto circolare dell’aria è aiutato anche dall’accelerazione delle brezze che si formano all’interno di questi ambienti proprio grazie a queste forme bombate presenti in copertura che rinforzano la ventilazione naturale dell’ambiente sottostante. I lucernari sono strategicamente disposti anche per permettere alla luce solare naturale di raggiungere la foresta pluviale vivente e la barriera corallina, riprodotta all’interno dell’edificio. L’illuminazione è oltretutto guidata da fotocellule che oscurano automaticamente le luci artificiali in risposta alla penetrazione di quella diurna, riducendo così l'energia necessaria per illuminare gli spazi in-

1. Ripristino del parco adiacente; 2. tetto verde (isolamento naturale e raffreddamento passivo); 3. tetto con una geometria che favorisce “l’effetto venturi”; 4. copertura di vetro; 5. muro di cemento; 6. sfiatatoio e lucernari; 7. parasoli; 8. pavimenti con riscaldamento radiante; 9. luce naturale per le piante

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Photo Tom Fox, Swa Group

Il California Academy of Sciences è completamente inserito all’interno del Golden Gate Park,il terzo parco urbano (1017 acri) più visitato degli Stati Uniti. Il California Academy of Sciences sorge di fronte al M. H. de Young Memorial Museum, il nuovo museo d’arte americana, ricostruito su progetto degli architetti svizzeri Herzog & de Meuron, e inaugurato il 15 ottobre 2005. Nei pressi dei due musei vi sono due particolari giardini: “Il Shakespeare Garden”, dove si coltivano tutte le piante menzionate nelle opere di Shakespeare, e il “Japanese Tea Garden” un tipico giardino da tè giapponese



Photo Nic Lehoux


Photo Ishida Shunji

Nella pagina a fianco: ampia pensilina di metallo posta sui lati della struttura e ricoperta di pannelli fotovoltaici. In questa pagina: il sistema di copertura. 1.700.000 piantine, tipiche essenze della costa californiana, in grado di sopravvivere nel microclima del parco senza concimi né irrigazioni artificiali. La vegetazione non ha solo scopo decorativo. L’umidità del terreno serve a raffreddare di 5 o 6 gradi l’interno del museo. Infatti il California Academy of Sciences è una struttura che fa a meno dell’impianto di aria condizionata

Photo Justine Lee

terni. 55.000 cellule fotovoltaiche forniscono quasi il 15% dell’energia elettrica necessaria al museo. Sono contenute tra due lastre di vetro a pannelli, che compongono la zona trasparente, posta a contorno del tetto verde. Ma di accortezze sostenibili-bioclimatiche ve ne sono ancora altre e riguardano altri aspetti della costruzione, difatti i materiali di demolizione sono stati tutti riusati: 9.000 tonnellate di calcestruzzo sono state adoperate nella costruzione di un massetto stradale. 12.000 tonnellate di acciaio sono state riciclate in altri luoghi limitrofi. Almeno il 50% del legno usato nella nuova accademia è stato raccolto e certificato dal Consiglio di Amministrazione della Forestale. E l'isolamento pensato per le pareti è stato ricavato dai cascami di jeans Levi’s. Ma come se non bastasse a garanzia di una giusta impostazione sostenibile è stata adoperata, per la scelta dei materiali da costruzione, la logica a kilometro zero: infatti almeno il 20% dei materiali da costruzione adoperati è stato fabbricato entro 500 miglia dall'Academy. Anche il ciclo dell’acqua interna è stato programmato: l'acqua piovana viene fatta convogliare in cisterne ed è giornalmente usata per le toilette e per le irrigazioni. Mentre per quella del grande acquario presente nella struttura è stato studiato un periodico rifornimento di acqua salata direttamente dall'Oceano Pacifico, logica che ha permesso di minimizzare l'uso dell'acqua potabile anche per questi tipi di habitat. L'obiettivo primario dell’Academy era ampliare le proprie attività, gli spazi espositivi, il centro di ricerca, individuando soluzioni innovative per accogliere un pubblico sempre più vasto. Per far questo si è dotata di un edificio emblema della bioclimaticità e del pensiero sostenibile.

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IN TRASPARENZA

UNILEVER DEUTSCHLAND GMBH / Behnisch Architekten

AMBURGO. Nella più grande città tedesca dopo Berlino, Amburgo, sta nascendo un nuovo quartiere: Hafencity. Lungo la vecchia area portuale oramai in disuso, sul fiume Elba, sono in fase di recupero ben 155 ettari di terreno con sopra costruiti diversi esempi di archeologia industriale. L’idea su cui è stato fondato l’intero quartiere è quella di rendere fruibili le banchine del porto fluviale per creare un impianto in cui vivere e lavorare a stretto contatto con l’acqua. La sede della Unilever, una delle più grandi società in beni di largo consumo, progettata dal gruppo Behnisch Architekten è stata costruita proprio in questo quartiere. A un solo chilometro dal centro storico della città hanseatica si è creata una situazione auspicabile per molti centri abitati. Nuove funzioni, nuove architetture, nuove tipologie, se oggi ha ancora senso usare questo termine. E la sede della Unilever fa parte di quelle nuove architetture che faranno da modelli progettuali per le città del terzo millennio. Sin dalla prima fase concettuale la società Unilever e lo studio Behnisch Architekten si sono posti come obiettivo la realizzazione di un’architettura sostenibile ad alta funzionalità e a basso consumo energetico. E così è stato. La Unilever di Amburgo presenta diverse peculiarità. Cinque piani sopra al livello del fiume e due sotto, completamente progettati per essere energeticamente efficienti. L’atrio centrale dell’edificio è il perno su cui ruotano le varie attività presenti nella struttura.

Nuova sede della Unilever Deutschland GmbH

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Photo courtesy Adam Mørk

La sede della Unilever di Amburgo, una delle più grandi società in beni di largo consumo, è stata costruita in un nuovo quartiere a un solo chilometro dal centro storico della città. La nuova struttura presenta diverse peculiarità. Cinque piani sopra al livello del fiume e due sotto, completamente progettati per essere energeticamente efficienti


Sopra: particolare della facciata. A destra: prospetto dell’edificio sul fiume Elba. La pelle è composta da telai rivestiti di teli di Etfe, un polimero florurato resistente alla corrosione e alle diverse temperature. È una plastica trasparente più leggera e più resistente del vetro

SCHEMA BIOCLIMATICO

Scambiatore di calore

Filtro

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È un cuore schermato da vetrate. È una piazza coperta inondata di luce. È un luogo di ritrovo non solo per gli addetti ai lavori. L’Unilever ha voluto che il piano terra dell’edificio fosse aperto a tutti i cittadini di Amburgo. Qui sono presenti, infatti, un’ampia zona con diversi negozi, dedicati alla vendita dei prodotti dell’Unilever, alcuni caffè e un ristorante. Ciò che caratterizza molto l’atrio è l’immensa luce naturale e piuttosto vivace dei diversi pannelli lignei e di altri materiali variamente sistemati per attutire il possibile riverbero delle voci. Ai piani superiori, invece, 1200 dipendenti sono comodamente sistemati in ampi e luminosi openspace arredati con sistemi modulari personalizzabili. Tutte le aree sono state studiate così da captare la massima quantità di luce possibile e creare condizioni microclimatiche ottimali. Per poter ottenere questo i progettisti hanno dovuto anche tener conto del fatto che l’edificio sarebbe stato costruito proprio al bordo della banchina. Si presentava pertanto l’esigenza di ovviare alle emissioni dei motori diesel delle navi passanti e dirette ai terminal che si trovano poco distanti. L’areazione degli ambienti sfrutta sia la ventilazione naturale, proveniente dalle facciate, sia la ven-



L’edificio si caratterizza per le ampie terrazze che danno sul fiume Elba o sulla corte interna. Vi si accede percorrendo comode rampe, scalinate e ascensori. Sono luoghi di incontro posti a vari livelli dell’edificio e sono arredati con tavoli in legno, sofà e poltrone. Ciò che caratterizza l’atrio è il colore vivace dei pannelli lignei e altri materiali, variamente sistemati, per attutire il riverbero delle voci

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CREDITI Progettazione Behnisch Architekten Tipologia sede società Committente Unilever Deutschland GmbH Luogo Amburgo Inaugurazione 2009 Tempi di progetto settembre 2006 - 2007 Tempi di realizzazione 2007 - 2009 Superficie costruita mq 38mila Premi conseguiti RIBA International Award 2010 Lighting Design Licht01 Lighting Design Forniture mobili Knoll International, Cappellini, Arper S.p.A., Vitra

PIANTA LIVELLO ZERO

PIANTA TERZO LIVELLO

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tilazione meccanica che viene pompata con aria compressa nei locali, dopo essere passata negli impianti sotterranei per essere purificata con adeguati filtri. Essendo l’atrio dotato, in copertura, di un ampio lucernaio, in prossimità sono state progettate delle bocchette di espulsione che lasciano fuoriuscire l’aria satura ed evitano, con i dovuti scambiatori, la dispersione, in alcune stagioni, del calore. L’edificio si caratterizza per le ampie terrazze che danno sul fiume Elba o sulla corte interna. Sono spazi che invitano alla sosta. Vi si accede percorrendo comode rampe, scalinate e ascensori. Sono dei veri e propri meeting point posti a vari livelli dell’edificio. Sono arredati con tavoli in legno, sofà e poltrone proprio per gli incontri informali. La Unilever crede fermamente nello brainstorming, e per tanto ha richiesto la progettazione di aree adatte agli incontri e all’accoglienza. Luoghi antistress, armoniosi. Fucine di idee. Peculiarità dell'edificio è la sua facciata a membrana. È una vera e propria pelle che serve a proteggere tutto il sistema dall’esposizione al forte vento, presente su quelle sponde e agli altri fattori meteorologici. A differenza di altre tipologie di facciate doppie in vetro, questa struttura non necessita di una compartimentazione tagliafuoco a setti orizzontali, per cui l’intercapedine è stato sfruttato per la ventilazione naturale di tutto l’edificio. La pelle esterna è composta di telai singolarmente rivestiti di teli di etfe, un polimero florurato progettato per avere un'alta resistenza alla corro-


sione anche a diverse temperature. È una plastica trasparente che ha la peculiarità di essere più leggera e più resistente sia del vetro che di altri materiali plastici. Oltretutto è più isolante del vetro, è anche più semplice istallarlo ed è più economico. Per poter dotare anche le superfici più ampie dei teli di etfe sono stati creati appositamente dei telai dall’andamento ricurvo. Gli specialisti hanno optato per un profilo a forma di sella, convesso sul piano orizzontale e concavo su quello verticale. I telai così sagomati hanno risposto in modo più adeguato alle diverse sollecitazioni esterne. Oltretutto, per esaltare questo senso di leggerezza, i teli sono stati ancorati all’edificio attraverso un reticolo di funi di acciaio. Il risultato è una struttura dalla forma di nave, con la curiosa caratteristica di sembrare completamente avvolto da una soffice e velata nuvola. Per ciò che concerne il riscaldamento e il raffrescamento degli uffici, la soluzione scelta consiste nell’adozione di solai termoattivati in calcestruzzo armato al cui interno si fa scorrere dell‘acqua. Oltretutto le caratteristiche del sottosuolo non permettono lo sfruttamento dell’energia geotermica. Quindi il raffrescamento dell’intero edificio è assicurato da macchine frigorifere a compressione. L’illuminazione artificiale è esclusivamente organizzata con i corpi illuminanti a led. Negli uffici sono state installate complessivamente 1400 lampade per illuminare le postazioni di lavoro. E grazie a queste installazioni la committenza può contare su un risparmio dei costi pari al 70%.

PROSPETTO EST

PROSPETTO SUD

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da vedere

Conoscere architettura e design

SCHINDLER AWARD 2010 La giuria di Schindler Award 2010 ha scelto i dieci finalisti del concorso biennale per studenti europei di architettura, tra i quali anche un progetto italiano dell'Università degli Studi di Firenze: GREEN STREAM di Arturo Isacco Panichi, Prof. Paolo Felli, Università degli Studi di Firenze. I progetti selezionati saranno presentati alla cerimonia di premiazione che si terrà a Berlino il 14 gennaio 2011, dove saranno attribuiti i premi ai primi cinque classificati. Saranno inoltre assegnati tre premi per un totale di 50mila euro alle scuole di architettura e due menzioni speciali per progetti che si sono contraddistinti per precisione di progettazione e per utilizzo di tecnologie innovative. I dieci progetti finalisti sono stati scelti tra gli oltre 170 presentati da singoli o gruppi di studenti di scuole di architettura di tutta Europa. Un miglioramento apprezzabile rispetto ai 125 progetti presentati durante la precedente edizione. Per questa competizione gli studenti sono stati chiamati a ridisegnare parti dello Stadio Olimpico di Berlino e a renderlo accessibile a tutti, comprese le persone con disabilità. "È interessante notare come, per questo Schindler Award, gli studenti abbiano preferito presentare progetti che garantissero accessibilità e sostenibilità sociale, piuttosto che creare utopie architettoniche", ha dichiarato Françoise-Hélèn Jourda, presidente della giuria e professoressa di architettura alla

Vienna Technical University. Oltre ad aver nominato i migliori progetti elaborati da singoli studenti, la giuria ha scelto tre scuole di architettura meritevoli di essere premiate. Saranno loro consegnati assegni di ricerca come riconoscimento del supporto fornito nella fase di pre-selezione dei progetti e per l'integrazione dell'argomento dell'accessibilità all'interno del piano formativo. Ad altri due studenti sarà assegnata una speciale menzione per la precisione dimostrata in fase di progettazione e per l'utilizzo di tecnologie innovative.

Berlino, 14 gennaio 2011

SITE: IL SALONE DELL’IMPIANTISTICA TERMOIDRAULICA ED ELETTRICA In contemporanea con Expoedilizia presso il polo fieristico romano tornerà, con il suo consueto carico di professionalità, produzioni d’eccellenza e novità, l’appuntamento tanto atteso per gli addetti ai lavori del settore im-

piantistico: SITE, il Salone dell’Impiantistica Termoidraulica ed Elettrica, organizzato da ROS – società partecipata da Fiera Roma e Senaf. La rassegna, che taglia il traguardo della quinta edizione, si pone come luogo privilegiato per lo scambio e l’interazione di business tra tutti i professionisti di un settore chiave e variegato, in continua e inarrestabile evoluzione. Per rimanere al passo con i tempi e andare incontro alle esigenze degli operatori professionali, sempre più specializzati e in cerca di costante formazione di qualità e aggiornamento sulle ultime novità del mercato, SITE ha predisposto una ricca offerta espositiva articolata su 4 aree tematiche (Termoclima, Ecoenergie, Domotica, Elettro), ognuna delle quali incentrata su un focus chiave del comparto. Una sinergia vincente, che si rafforza anche in virtù della facile fruibilità degli spazi, ove faranno mostra di sé prodotti e tecnologie che costituiscono l’asse portante dell’universo dell’impiantistica. Tutto ciò sarà a disposizione del pubblico che sceglierà la fiera romana come luogo deputato ai propri scambi, in particolare per quanto riguarda la realtà del Centro-Sud Italia.

Roma, 11-14 novembre 2010

LED SHOW Led è un progetto promosso dall’Assessore all’Arredo, Decoro Urbano e Verde del Comune di Milano, Maurizio Cadeo, a cura di Beatrice Mosca e Marco Amato. Dopo il grande successo della prima edizione, il Festival Internazionale della Luce di Milano 2010 accenderà la metropoli attraverso installazioni, allestimenti, opere luminose d’arte e design. Milano s’illumina. Dal centro alla periferia, il paesaggio urbano si trasformerà in una festa di luce, colori, travestimenti e allusioni.

Piazze, viali alberati e parchi, monumenti storici e palazzi, fontane e luoghi insoliti della metropoli si accenderanno per coinvolgere i visitatori in un affascinante viaggio attraverso una nuova visione della metropoli di pietra. Led intende coinvolgere le eccellenze dell’intero sistema creativo, formativo e produttivo della metropoli, allargando per la II edizione 2010 il circuito espositivo, dai luoghi pubblici agli showroom e agli spazi commerciali, in una logica di evento diffuso che possa coinvolgere la città a 360 gradi. Attraverso LED, l’utilizzo della luce diventa occasione d’arte e di design, come nei grandi esempi di modelli europei: dalla città di Lione, con “La Fête des Lumières” che attira ogni anno milioni di visitatori, alle grandi light cities, quali Londra, Parigi, Berlino, Francoforte e non ultima, in Italia, Torino, con “Luci d’artista”. Milano, già capitale del design, diventa attraverso la luce luogo di innovazione capace di offrire un’esperienza culturale stimolante per lo scambio e il confronto di conoscenze. Un Festival capace di promuovere l’immagine di Milano nel mondo, non solo in termini di visibilità, ma anche di internazionalità, cultura, innovazione e sostenibilità ambientale.

Milano, 4 dicembre 2010 10 gennaio 2011

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da vedere CONTRACTWORLD Contractworld è il più grande Forum europeo per l’architettura e per l’interior design. Dal 15 al 18 gennaio 2011 si daranno appunamento, nel quartiere fieristico di Hannover, architetti, interior designer, designer e progettisti per scambiarsi esperienze, informazioni e conoscenze. Con la sua completa offerta, Contractworld si è ormai imposto come momento di grande importanza di Domotex Hannover, il salone internazionale delle pavimentazioni,

e come atteso punto d’incontro del mondo dell’architettura. Anche per il 2011 sono in programma conferenze, forum informativi su nuovi materiali connessi al tema della sostenibilità e su altri temi di attualità, oltre a un fitto scambio di informazioni tra espositori e visitatori. Evento di grande richiamo sarà l’assegnazione del contractworld.award 2011.

Hannover, 15-18 gennaio 2011

SETTIMANA DELLA BIOARCHITETTURA E DELLA DOMOTICA Un viaggio lungo una settimana, tra le eccellenze nazionali e internazionali in termini di progettazione sostenibile, con una particolare attenzione alla riqualificazione dell’edilizia esistente. Questo e molto altro nell’edizione 2010 della Settimana della BioArchitettura e della Domotica che quest’anno farà tappa non solo a Modena ma anche a Carpi e a

Bologna. La rassegna, che si inserisce all’interno del Progetto Edilizia di Qualità, promosso da Provincia di Modena, Comune di Modena, Camera di Commercio di Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, è organizzata da AESS Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile di Modena, Bioecolab e Laboratorio di Domotica e vede anche il coinvolgimento della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi. Il programma, presentato in anteprima al SAIE di Bologna, è davvero ricco e propone una rassegna di best practices locali, nazionali e internazionali di bioarchitettura e di interventi volti alla riduzione dei consumi energetici e, nel contempo, affronta, attraverso convegni e tavole rotonde, le opportunità legate alla riqualificazione edilizia dell’esistente e alla diffusione delle nuove infrastrutture energetiche.

Modena, Carpi, Bologna 15 - 19 novembre 2010

I SALONI MILANO A NEW YORK Gli Stati Uniti saranno teatro di un progetto organizzato da FederlegnoArredo e Cosmit in collaborazione con ICE / Istituto Nazionale per il Commercio Estero e con il supporto del Ministero dello Sviluppo Economico per la promozione del sistema arredo italiano negli USA, sotto il marchio “I Saloni Milano”. Il calendario prevede la creazione di un circuito di 20 showroom di aziende italiane già presenti a Manhattan segnalato nella città di New York da un’immagine coordinata, curata dallo Studio Cerri & Associati, e promosso con una guida dettagliata in tutti i punti strategici per il business delle aziende in città. A rafforzamento dell'attrazione commerciale dei negozi, FederlegnoArredo e Cosmit hanno inserito in calendario due importanti eventi culturali. Il primo che aprirà il 30 novembre presso il Center 548 sulla 22ª


strada, è una installazione curata dal regista Robert Wilson che accosta un video ritratto di Roberto Bolle, étoile internazionale e primo ballerino dell’American Ballet al Metropolitan di New York, alla eleganza e funzionalità del design attraverso una serie di pezzi di arredo di produzione italiana. Fino al 18 dicembre. Il programma culturale prosegue con un altro straordinario appuntamento che è la riedizione dell'Ultima Cena di Leonardo interpretata da Peter Greenaway, opera che ha debuttato a Milano in occasione del Salone del Mobile 2008. Tale evento in programma al Park Avenue Armory dal 2 dicembre fino all’8 gennaio, coincide con l'avvio della nuova vita di quella storica struttura definitivamente destinata a manifestazioni espositive di alto profilo. I Saloni Milano aprono dunque ufficialmente a New York le celebrazioni dei 50 anni del Salone del Mobile che avranno il loro culmine nell’edi-

zione milanese dei Saloni 2011. Le aziende partecipanti sono: Artemide, B&B Italia, Boffi, Cesana, Flos, Flou, FontanaArte, Giorgetti, Glas Italia, Kartell, La Murrina, Lualdi, Luceplan, Matteograssi, Molteni & C. - Dada, Pedini, Poltrona Frau, Poliform - Varenna, Scavolini, Tre P & tre Piu’.

New York, 29 novembre 2010 8 gennaio 2011

SALONE DELL’ARTE E DEL RESTAURO Dopo il grande successo dello scorso anno, Firenze torna ad ospitare la Seconda Edizione del Salone dell’Arte e del Restauro, la manifestazione che riunisce nell’esclusiva vetrina della Stazione Leopolda tutti i più importanti operatori del settore, che avranno modo di condividere esperienze e know-how, interagendo e valorizzando la propria immagine e contribuendo a consolidare un settore molto vivo nel nostro

Paese. Un sistema fatto di cultura e ricerca scientifica, di sapienza artigianale, di formazione specialistica dei giovani e di servizi per la conservazione, per il restauro e la valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale, che rappresenta un’eccellenza nel mondo e che vede Firenze protagonista grazie alla sua storia, al suo patrimonio artistico, e al suo storico primato nell’Arte

del Restauro. La prima importante novità dell’edizione 2010 è rappresentata dall’inserimento del Salone come evento promotore all’interno del calendario della Settimana Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali (Florens 2010) ideata da Confindustria Firenze, l’importante manifestazione che riunirà nel prossimo mese di novembre a Firenze i responsabili delle politiche culturali dei paesi partecipanti (ministri ed ambasciatori), i direttori e i conservatori dei principali musei mondiali, i direttori di fondazioni pubbliche e private, oltre a studiosi, curatori, critici ed esperti nel campo dei beni culturali. Il Salone dell’Arte e del Restauro è stato presentato lo scorso 25 giugno all’Expo di Shanghai, all’interno del Padiglione Italiano, nel corso della Full Day Conference Plus b2b “Cities & Cultural Heritage: Innovazione Tecnologica al servizio dei Beni Culturali”.

Firenze, 11-13 novembre 2010

Diamo forma alla vostra fantasia

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da vedere EXPOEDILIZIA Un’esposizione dei migliori prodotti per il settore delle costruzioni; il punto sulle tecnologie più innovative; la formazione e l’aggiornamento professionale; la riflessione e i dibattiti sulle tematiche del momento; uno scambio proficuo e la creazione di sinergie di business specialmente per il mercato del Centro-Sud Italia. È così che Expoedilizia – Fiera Professionale per l’edilizia e l’architettura organizzata da ROS – ripartirà negli spazi della fiera romana. Saranno 13 le aree tematiche i cui contenuti comprenderanno tutti gli aspetti del comparto edile ma, come sempre, la quattro giorni romana sarà anche fitta di eventi e appuntamenti pensati per dare un contributo sia di tipo formativo che informativo a tutti i partecipanti. Tanti convegni e workshop tecnici gratuiti, curati da esperti del comparto e dalle più importanti associazioni di categoria. Saranno 6 le iniziative

speciali dedicate al settore edile: working with nature: dalle soluzioni ecosostenibili volte al miglioramento della qualità della vita ad una nuova concezione estetica. Architetti ed esperti presenteranno case histories nazionali ed internazionali sulla percezione dello spazio pubblico nelle sue diverse forme; officina serramento: i produttori di macchine per la lavorazione di alluminio e pvc, sistemi, componenti e software per i serramenti metteranno in mostra le loro innovazioni; spazio fotovoltaico integrato: in un’area dedicata si discuterà degli aspetti tecnici e dei vantaggi che offrono le installazioni di sistemi per la produzione di energia rinnovabile; area dimostrativa macchine: riservata ad un campo prove che ospiterà le dimostrazioni tecniche, le soluzioni operative e applicative delle macchine movimento terra e dei veicoli cava e cantiere; restauro, recupero e conservazione: esposizione

di progetti e dibattiti sul tema; focus isolamento termoacustico: l’Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e Acustico, presenta i prodotti più innovativi del settore e i temi di maggior interesse per i professionisti dell’efficienza energetica ed acustica.

Roma, 11-14 novembre 2010

FRANK O. GEHRY DAL 1997 Il primo edificio progettato da Frank O. Gehry in Europa, il Vitra Design Museum, ospita la mostra “Frank O. Gehry dal

1987”, una selezione dei suoi più importanti progetti degli ultimi tredici anni. L’esposizione presenterà studi e modelli per il concorso di grandi dimensioni, messi a disposizione dell’archivio Gehry Partners. I disegni originali dell’architetto e la ricca collezione di modelli progettuali rendono tangibile e reale il processo di sviluppo dello Studio Gehry. I dodici progetti presentati non vengono esibiti esclusivamente come opere uniche, ma come elementi in dialogo con l’ambiente urbano circostante. I film mettono in evidenza le soluzioni tecniche adottate da Gehry nelle diverse fasi dello sviluppo artistico e del processo di realizzazione progettuale. In concomitanza con la mostra è stato pubblicato un catalogo che contiene tutti i progetti presentati di Frank O. Gehry e Gehry Partners a partire dal 1997. La maggior parte delle riproduzioni, fra le quali disegni a mano libera, progetti dello Studio

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Gehry Partners, modelli tridimensionali e fotografie degli edifici, non erano ancora mai stati esibiti in pubblico. L’esposizione è prodotta da La Triennale di Milano ed è curata da Germano Celant in collaborazione con Frank O. Gehry e Gehry Partners, LLP. Il design è di Studio Cerri & Associati.

Weil am Rhein, fino al 13/5/2011

MARIO BOTTA. ARCHITETTURE 1960-2010 A quasi otto anni dall’inaugurazione della grande sede del Mart a Rovereto, la cui nuova e accogliente architettura ha ospitato un’intensa serie di stagioni espositive, il museo rende omaggio al suo ideatore, l’architetto Mario Botta, autore del progetto realizzato con la collaborazione dell’ingegnere Giulio Andreolli. “Mario Botta. Architetture 1960-2010” è un progetto espositivo. La mostra documenta le opere più si-

gnificative realizzate da Mario Botta, nato a Mendrisio nel 1943 e laureato a Venezia, in tanti anni di fortunata attività professionale: dalle prime case unifamiliari, originali espressioni della scuola ticinese, fino ai grandi edifici pubblici, biblioteche, teatri, musei, chiese e sinagoghe, realizzati in tutto il mondo. Sono presentati oltre 90 progetti, tutti realizzati, documentati con schizzi e modelli originali, fotografie e documenti inediti. L’esposizione si articola in 12 sezioni: la prima di esse intitolata Incontri è una sorta di spazio introduttivo costituito da suggestioni e memorie di artisti e opere, di personaggi della cultura e della musica che hanno lasciato un segno profondo nella formazione dell’uomo e dell’architetto. Le altre sezioni, intitolate Abitare, Luoghi di lavoro, Scuole, biblioteche e tempo libero, Ricuciture urbane, Musei, Teatri, Spazi del Sacro, Interni, ripercorrono invece il personale percorso pro-

stra sarà esposta poi, dal 1 aprile al 28 agosto 2011, nella prestigiosa sede svizzera, partner del Mart nel progetto, Centre Dürrenmatt di Neuchâtel.

Rovereto, fino al 23/01/ 2011 gettuale che ha portato Mario Botta a cimentarsi con tutte le tipologie edilizie. Da segnalare in particolare le emozionanti documentazioni dei progetti per il Museo Tinguely di Basilea, per il MoMA di San Francisco, per il Centro Dürrenmatt di Neuchâtel, per il restauro della Scala di Milano e, naturalmente, per lo stesso Mart di Rovereto. Le ultime sezioni sono dedicate alle creazioni di Mario Botta nell’ambito di Allestimenti, Scenografie e Design: dalle fortunate sedie realizzate all’inizio degli anni Ottanta per Alias, alle lampade tra cui la “Shogun” commercializzata da Artemide a partire dal 1985, al recente “Tavolo per Cleto Munari”. La mo-

CONVEGNO: CITTÀ STORICA, PERIFERIA, TERRITORIO I confini tra città storica e periferia si sono ormai persi. Ora lo sviluppo urbano minaccia di travolgere anche quelli tra periferia e campagna. Nell'ultimo cinquantennio la popolazione mondiale è più che raddoppiata e il 60% di questa crescita ha coinvolto proprio le aree urbane. Anche in Italia l'urbanizzazione si manifesta come un processo doloroso. Ma quali sono le sue implicazioni? Si parlerà di questo al convegno organizzato da InArch Triveneto in occasione della Biennale di Venezia.

Venezia, 14 novembre 2010

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ELETTROMARKET LIGHT commercializza i migliori marchi nazionali ed europei di illuminazione sia tecnica che decorativa e materiale elettrico. Avvalendosi dell'esperienza dei propri collaboratori fornisce un servizio gratuito di consulenza mediante il sopralluogo in cantiere, lo studio illuminotecnico, la redazione dei preventivi. Attraverso la ricerca effettuata nel settore dell'illuminotecnica è in grado di offrire alla sua clientela un'ampia scelta di articoli, sia commerciali che estremamente ricercati per qualità e design. Siamo inoltre in grado di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza per ambienti abitativi, turistico-ricettivi, negozi e uffici, edifici industriali, edifici pubblici, con soluzioni sia per gli interni che per gli esterni.

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mutazioni

NUOVE STRATEGIE DI PIANIFICAZIONE CULTURALE I LUOGHI DI COMUNICAZIONE CULTURALE PER SOPRAVVIVERE EVOLVONO. QUESTO È ANCHE IL DESTINO DELLA BIBLIOTECA, CHE DA LUOGO STATICO E POLVEROSO DIVIENE UN FERTILE TESSUTO CONNETTIVO PER NUOVI INPUT Risposta. Internet e le nuove tecnologie dell’informazione hanno cambiato radicalmente il nostro modo di reperire informazioni, di lavorare, di studiare, persino di pensare. Tutto questo ha avuto un enorme impatto sulle biblioteche e sul loro ruolo, e le nuove tecnologie sono diventate strumenti formidabili per i bibliotecari. La Rete è un immenso bacino di informazioni, ma proprio questo ne è il limite (non a caso si parla di information overload), per cui i servizi bibliotecari possono essere di enorme aiuto per sviluppare competenze critiche nel mare magnum dell’informazione digitale globale. Proprio nel momento in cui la biblioteca potrebbe diventare un luogo tutto virtuale, ritorna di grande attualità la sua fisicità. Il punto di forza che hanno oggi le biblioteche è quello di essere un luogo fisico e reale che offre anche occasioni di incontro, di scambio culturale e sociale. Progettare oggi una biblioteca significa progettare anzitutto un catalizzatore per la città (nel caso di una biblioteca civica) o per il campus (nel caso di una universitaria). In questo il lavoro degli architetti è importante più che mai: poiché recarsi in biblioteca presto non sarà più un “dovere”, ma dovrà diventare un piacere. Da tempo, anche in Italia i grandi centri commerciali sono diventati i principali (talvolta gli unici) spazi pubblici, dove la gente trascorre la maggior parte del proprio tempo libero, soprattutto in certe fasce di età (in Italia circa il 17% dei giovani trascorre il tempo libero unicamente nei centri commerciali). In un libro pubblicato vent’anni fa, The Great, Good Place, Ray Oldemburg, sociologo americano, sosteneva l’importanza che hanno nello sviluppo e nel consolidamento della democrazia e della vitalità di una comunità quelli che egli chiamava i “luoghi terzi” (in contrasto con i “luoghi primi” e “secondi”, ovvero la casa e i luoghi di lavoro o di istruzione). I “luoghi terzi” costituiscono un luogo sicuro e informale, un terreno neutrale dove le persone si sentono a loro agio e hanno modo di rilassarsi, incontrarsi e socializzare. I bar o il barbiere erano i“luoghi terzi” per antonomasia, di cui Oldemburg lamenta la pro-

Marco Muscogiuri, è architetto e professore incaricato nel Corso di Architettura e Composizione Architettonica al Politecnico di Milano. Con la società alterstudio partners srl (www.alterstudiopartners.com), di cui è socio fondatore e direttore artistico, ha realizzato progetti per committenti pubblici e privati, conseguendo premi e segnalazioni, approfondendo i temi inerenti agli spazi pubblici e ai luoghi della cultura.

Domanda. Cos’è oggi una biblioteca? E quanto è cambiata nel tempo? Risposta. Ancora oggi, nell’immaginario di molti la biblioteca resta un luogo destinato alla conservazione dei libri, alla lettura e allo studio, un “tempio del sapere”, avvolto in un’aura di silenziosa e polverosa sacralità. Le biblioteche oggi sono una cosa molto diversa: certamente rimangono ancora luoghi per la conservazione dei libri e la diffusione del sapere, ma sono diventate laboratori dell’informazione, porte di accesso all’universo multimediale, luoghi di socializzazione, catalizzatori urbani per la promozione di politiche culturali. Le tecnologie digitali e i fenomeni legati alla globalizzazione stanno portando nel mondo delle biblioteche cambiamenti che non hanno eguali nella storia. Osservando le più recenti realizzazioni in Nord Europa e negli Stati Uniti vediamo che i cambiamenti riscontrabili nelle biblioteche pubbliche vanno anche molto oltre: la biblioteca pubblica si arricchisce di nuovi contenuti, offrendo servizi culturali e occasioni di socializzazione che travalicano i confini della tradizionale missione bibliotecaria. La biblioteca del passato era infatti centrata prevalentemente sulla conservazione dei libri, era destinata a pochi, accessibile solo in parte, in determinati orari e condizioni, caratterizzata dal silenzio e dal rapporto individuale e solitario con il testo scritto. La biblioteca del presente accoglie ancora libri e mantiene intatto il suo “core business”, ma è diventata “per tutti”, consente la consultazione e il prestito anche di video, musica, riviste e giornali, consente e promuove l’accesso a internet e al mondo digitale. È centrata sul dialogo (tra utente e bibliotecario, e tra gli utenti stessi) ed è sempre più accessibile. Sarà sempre più un luogo di incontro e di socializzazione, all’insegna della serendipity culturale. Domanda. Dalle numerose biblioteche costruite nell’ultimo decennio nel mondo si evince che nonostante l’avvento dell’era telematica non si è verificata la loro chiusura. Qual è la ragione che ha confermato, nel tempo, questo contenitore quale luogo d’interesse?

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mutazioni 1. Idea Store Whitechapel, Londra, David Adjye, 2005 2. Biblioteca civica, Muenster, Bolles+Wilson (Muenster), 1995

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gressiva scomparsa, sostituita da centri commerciali e altri posti che non sono altrettanto efficaci ai fini della socializzazione. Una biblioteca pubblica, concepita in modo moderno e accattivante, può essere, più di un pub o di una caffetteria, un “luogo terzo” per eccellenza, dove la dimensione individuale e quella collettiva possono incontrarsi. Domanda. Dalla biblioteca al Learning Centre. È questo il rinnovamento dell’idea di biblioteca. Per sopravvivere la biblioteca si arricchisce di contenuti diversi. È una formula che vale ovunque? Risposta. Generalizzare è sempre molto pericoloso. Tuttavia tutte le migliori esperienze in corso, in Italia come all’estero, indicano come la strada da seguire è quella dell’integrazione di differenti servizi e offerte culturali in un unico edificio. Per questo la biblioteca pubblica del futuro dovrà essere un luogo di promozione di politiche culturali e di aggregazione sociale in grado di fornire agli utenti un’offerta variegata nell’ambito culturale (edutainment). Non molto tempo fa Maija Berndtson, direttrice della biblioteca di Helsinki, mi raccontava del progetto per la nuova biblioteca centrale, il cui motto sarà “Knowledge, Skills, Stories”. La biblioteca intende essere il luogo dove, attraverso la disponibilità di tutti i media, sia possibile acquisire conoscenza e informazioni (knowledge); il luogo dove affinare le proprie attitudini (skills); il luogo delle storie, della memoria, dell’immaginazione, della narrazione delle vicende umane (stories). Altro caso eclatante è quello degli Idea Store, nuove biblioteche aperte negli ultimi cinque anni nell’East End di Londra, quartiere con grandi problemi di disoccupazione, analfabetismo, disagio sociale, difficoltà di integrazione etnica. Proprio per far fronte a tali problemi l’Amministrazione decise, dieci anni fa, di investire nelle biblioteche, sostituen-

do le “public library” di epoca vittoriana con nuove biblioteche, localizzate in modo strategico, in aree molto frequentate e in prossimità di centri commerciali, aperte sette giorni su sette con orari mirati, in cui gli utenti possono trovare un insieme integrato di servizi per la cultura e la formazione. Domanda. Qual è il rapporto che la città, e anche chi la governa, dovrebbe avere con questa struttura? Risposta. Una biblioteca pubblica può diventare uno dei più importanti gangli vitali del welfare di una città. L’esperienza londinese delle Idea Store o della Pechkam Library, moderne biblioteche realizzate in quartieri estremamente difficili, possono insegnare molto a riguardo. Così la biblioteca centrale di Vienna, costruita nel bel mezzo del quartiere a luci rosse, o la biblioteca di Pesaro, che ha portato alla riqualificazione di una parte del tessuto urbano, promuovendo l’insediamento di attività commerciali e di ristoro. Questo non è stato capito dai nostri politici, quasi a nessun livello, e sono rarissimi i casi in Italia in cui un’amministrazione investe coscientemente nella biblioteca come strumento di riqualificazione sociale ed economica del territorio. Domanda. Pensare una biblioteca richiede molteplici attenzioni. Bisogna tener conto di molti parametri. Quali sono quelli fondamentali? Risposta. Non vi sono ricette pronte all’uso per progettare una biblioteca bella e funzionale. Ogni progetto è unico e deve rispondere alle particolari esigenze di un determinato contesto e di una certa comunità. Tutto dipende dalle capacità dell’architetto incaricato, dell’amministrazione committente e del bibliotecario. Io ho provato a individuare sette parole chiave che ritengo possano essere utili a tracciare un quadro di riferimento per la progettazione della biblioteca pubblica del XXI secolo: Accessibilità, Visibilità, Articolazione, Evoluzione, Benessere, Sostenibilità, Molteplicità. Accessibilità significa: sia facilità d’uso, sia particolare attenzione nei confronti di utenti più svantaggiati: per disabilità, per età, per carenza di basi culturali o di cognizione degli strumenti di accesso all’informazione, per scarsa conoscenza dei costumi e della lingua. Questo influisce sulle scelte di progettazione, sulla localizzazione e la distribuzione dei percorsi, sulla segnaletica, sulla necessità di eliminare non soltanto le “barriere architettoniche” ma anche e soprattutto le “barriere culturali”. Dunque accessibilità intesa anche come accessibilità semantica, che ha a che fare con la capacità comunicativa dell’edificio. Visibilità significa: facile riconoscibilità dell’edificio nel contesto urbano, facilità di orientamento all’interno dell’edificio stesso, trasparenza di parti dell’edificio per attrarre soprattutto coloro che utenti non sono. Ma visibilità vuol dire anche capacità di colpire l’attenzione e l’immaginazione, di permanere nella memoria: la biblioteca deve possedere un potere evocativo che le consenta di diventare punto di riferimento per la comunità. Penso al progetto di



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3. Biblioteca civica, Paderno Dugnano (MI), Gae Aulenti, 2009 4. Biblioteca civica, Meda (MI), alterstudio partners, in cantiere, fine lavori prevista nel 2011

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tante biblioteche realizzate di recente: la biblioteca di Seattle, la Pechkam Library di Londra, le biblioteche di Delft o di Copenaghen, il progetto della BEIC di Milano o della biblioteca di Birmingham, solo per citarne alcune. La terza parola chiave è Articolazione, che implica un’accorta definizione e distribuzione delle parti che compongono il complesso edilizio. Ambienti di varia forma, altezza e dimensione tali da creare un’esperienza spaziale mutevole e affascinante. L’articolazione dell’edificio ha a che fare anche con l’immaginazione, con l’esplorazione e la scoperta. Con Evoluzione intendo la capacità che deve avere l’organismo edilizio di evolvere e di adattarsi a nuovi usi. Significa non soltanto una forma architettonica sufficientemente flessibile, ma anche tale da suggerire nuove possibilità d’uso. Le ultime tre parole chiave sono Benessere, Sostenibilità e Molteplicità. Una biblioteca deve essere confortevole nel senso più ampio del termine. Non è solo un fatto legato al comfort luminoso e termo-igrometrico. Deve essere un luogo dove sia piacevole recarsi e intrattenersi. La biblioteca è un luogo di contraddizioni e di ossimori, che deve soddisfare esigenze e utenti molto diversi tra loro. Sostenibilità è un termine fin troppo abusato. Io intendo la sostenibilità sia in senso ecologico sia economico. Il costo di costruzione deve essere adeguato al contesto e alle finalità, valutando con attenzione i costi di gestione e manutenzione. La progettazione degli impianti dovrebbe massimizzare l’utilizzo di risorse rinnovabili. La forma dell’edificio e le soluzioni tecniche devono favorire il risparmio energetico: corretta esposizione al sole e al vento; utilizzo di sistemi di ombreggiamento fissi e mobili; appropriata forma delle aperture e dei lucernai; utilizzo di tecniche costruttive e materiali ad alto isolamento termico; utilizzo di alberi e piante non solo a fini decorativi ma anche microclimatici. L’ultima parola chiave è Molteplicità. Per la biblioteca pubblica essere molteplice significa essere democratica, ibrida, luogo di multimedialità, multiculturalità e contaminazione, in gra-

do di rispecchiare tutte le anime di una città. Domanda. La biblioteca si è evoluta. Non è più solo biblíon (libro) + theke (custodia). Il contenitore acquisisce tutt’altra valenza. È importante che l’architettura della biblioteca faccia da rivelatore mediatico? Risposta. L’efficacia di una biblioteca dipende anche dalle scelte architettoniche e urbanistiche, dalla sua ubicazione nel tessuto della città, dalla progettazione degli spazi esterni e delle facciate dell’edificio stesso, degli spazi interni e della loro distribuzione, degli arredi e della loro disposizione. Le scelte architettoniche, oltre ad avere un’evidente valenza funzionale, hanno un ruolo di primo piano nel comunicare un’immagine della biblioteca. Un’immagine di efficienza e piacevolezza, allo stesso tempo rassicurante e accattivante. Nonostante vi siano molti esempi di architettura contemporanea nell’ambito delle biblioteche possiamo affermare che soltanto con l’inaugurazione nel 2004 della Seattle Central Library (su progetto di Rem Khoolaas e Joshua Ramus) si è compiuto un significativo spostamento verso il conferimento di una maggiore carica iconica all’architettura dell’edificio bibliotecario. Non è improbabile che Seattle possa rappresentare per le biblioteche proprio quello che il Museo Guggenheim di Bilbao di Frank Ghery è stato per i musei dell’ultima generazione, portando l’architettura bibliotecaria all’attenzione dei mass-media, facendone un’icona urbana e l’emblema dell’identità cittadina. Alcuni studi indicano infatti che alla Biblioteca di Seattle è direttamente imputabile un incremento del numero di persone che visitano il centro della città pari al 35%, al 50% nel week-end e fino al 65% nei periodi di vacanza e nei mesi estivi, contribuendo per circa 16 milioni di dollari all’economia locale. La Biblioteca, a solo un anno dall’apertura, è stata direttamente responsabile di una crescita dell’economia locale per oltre 16 milioni di dollari. La Biblioteca ha inoltre contribuito alla crescita del mercato immobiliare, attirando nuove attività economico-produttive e, soprattutto, nuovi residenti, e in particolare coloro che in vario modo appartengono della cosiddetta “Classe creativa”. Il caso di Seattle e quello degli Idea Store sono forse due tra i casi più eclatanti, e da tempo le architetture bibliotecarie sono diventate un valido strumento nelle strategie di pianificazione e riqualificazione urbana e sociale. Pensiamo alle mediateche francesi costruite nelle periferie; alla Biblioteca centrale di Vienna; alla Peckham Library di Londra; alla Biblioteca “Jaume Fuster” di Barcellona e diverse altre biblioteche spagnole; in Italia alla Biblioteca di Pesaro e di Pistoia, e a molte piccole biblioteche in numerose città di provincia. Domanda. Per costruirne una che risponda pienamente ai desiderata dei fruitori, e che sia anche in grado di richiamarne di nuovi, quanto è importante la collaborazione tra progettisti e bibliotecari? Risposta. La collaborazione tra progettisti e bibliotecari è essenziale. Eppure molti architetti e molti ammini-



mutazioni 5. Biblioteca Municipale a Vocazione Regionale, Limoges, Pierre Riboulet, 1998

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stratori costruiscono o rinnovano la biblioteca senza neanche avvisare il bibliotecario. Spesso la mancanza di collaborazione tra architetto e bibliotecario è dovuta alla stessa Amministrazione Comunale che non “impone” al professionista incaricato di interfacciarsi con chi dovrà gestire il servizio e utilizzare l’edificio. In generale l’Amministrazione Comunale, il bibliotecario e l’architetto parlano linguaggi diversi. Agli occhi dell’architetto il bibliotecario finisce quasi per essere un ostacolo, che rallenta lo sviluppo del progetto e il pieno compimento di una certa idea architettonica. Il bibliotecario, a sua volta, non coglie l’occasione di proporre all’Amministrazione un serio rinnovamento del servizio, anzi stenta a farsi sentire. Una biblioteca bella ma poco funzionale non centra appieno i suoi obiettivi. Le biblioteche più belle, più funzionali e più innovative sono quelle nate da un dialogo serrato tra bibliotecario e architetto: dalla British Museum Library del bibliotecario Panizzi e dell’architetto Smirke (1854), alla Stadsbibliotek di Stoccolma di Hjelmqvist e di Asplund (1927); dalla Bibliothèque Publique d’Information di Parigi di Michel Melot e Renzo Piano (1978), alla Seattle Central Library di Deborah Jacobs e Rem Koolhaas (2003). Domanda. La biblioteca diventa un mondo nuovo che cura sia l’aspetto ludico sia formativo. Ma la nostalgia fa nascere l’ovvia domanda: esisteranno ancora le sale silenziose cariche delle diverse aspettative dei lettori? Risposta. Queste sale saranno sempre più solo una parte della biblioteca e non rappresenteranno necessariamente la biblioteca in quanto tale. In Francia, vent’anni fa, per svecchiare l’idea di biblioteca hanno dovuto cambiarne il nome e si sono inventati il termine mediateca. Una pura operazione di marketing per riuscire a veicolare al pubblico il fatto che nelle nuove biblioteche c’erano non soltanto grandi sale silenziose tappezzate di libri ma anche tanti nuovi servizi. Domanda. Secondo lei qual è la condizione, sia dal punto di vista della progettazione che dal punto di vista della gestione, delle biblioteche in Italia?

Risposta. Anche in Italia, negli ultimi dieci anni, vi è un rinnovato interesse per le biblioteche pubbliche. Siamo ancora distanti dal fervore che ha caratterizzato altre nazioni europee a partire dagli anni ‘80. Quello che però da noi continua a mancare è la consapevolezza, da parte delle amministrazioni locali e del governo centrale, delle potenzialità enormi che può avere una biblioteca pubblica. Vi sono diversi progetti realizzati di recente o in corso di realizzazione in Italia che reputo degni di interesse. Tra quelli meglio riusciti vi sono certamente le esperienze di Bologna e di Pesaro, dove la biblioteca è stata realizzata all’interno di edifici storici, con tutti i vincoli e i problemi che questo comporta. Sono due biblioteche di cui tanto si è parlato, anche perché hanno continuato, dall’inaugurazione a oggi, a mutare, crescere, aggiornarsi e adeguarsi. Tempo fa la biblioteca “Sala Borsa” ha anche vissuto una seconda inaugurazione, a sette anni dalla sua apertura, con l’ampliamento della biblioteca in quegli spazi che le erano stati sottratti per essere destinati ad attività commerciali. Altri casi interessanti sono la Biblioteca delle Oblate di Firenze, la nuova biblioteca “San Giorgio” di Pistoia e la nuova “Lazzerini” di Prato. La prima è sostanzialmente un’espansione della biblioteca comunale centrale, che da biblioteca destinata soprattutto alla conservazione è diventata biblioteca “per tutti”. La seconda e la terza sono nuove biblioteche, realizzate riutilizzando edifici di archeologia industriale. Rispetto agli altri casi, l’architettura della Biblioteca “San Giorgio” gioca un ruolo di maggiore importanza e incide più fortemente sull’architettura del servizio. La scelta, ad esempio, di lasciare il grande atrio al piano terra completamente vuoto, con alcuni grandi tavoli su ruote, come fosse una grande piazza coperta, su cui si affaccia la caffetteria e la sala riviste è senza dubbio una scelta di forte impatto, che tende a valorizzarne la vuota spazialità e i giochi di luce. Una scelta che difficilmente sarebbe stata assunta da un bibliotecario. La biblioteca di Prato, alla cui realizzazione ho anche avuto modo di contribuire, è interessante soprattutto per l’articolazione funzionale degli spazi e dei servizi, che affianca un settore di ingresso fortemente incentrato sulla multiculturalità e l’attualità con un secondo livello da biblioteca di studio e di conservazione. Negli ultimi dieci anni sono state realizzate diverse nuove biblioteche, alcune anche di una certa qualità architettonica, per lo più nelle piccole cittadine di provincia del Centro e del Nord Italia. Tuttavia, visitandole, molto spesso vedo nel progetto realizzato molte potenzialità e possibilità non adeguatamente sfruttate. Vedo scelte architettoniche che portano diseconomie di gestione e malfunzionamenti che l’architetto probabilmente non ha capito e che il bibliotecario non è stato in grado di comunicare. Difficile spiegarlo agli amministratori (o anche ai bibliotecari e agli architetti) che non si rendono conto di quello che sarebbero potute essere. (di Iole Costanzo)


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