POINT Z.E.R.O. 10

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RIVISTA PROMOSSA E PATROCINATA DAL CNAPPC

POINT

ZERO . . . .

CENTRO CULTURALE FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS Renzo Piano STUDENT LEARNING CENTRE Studio Snøhetta TIRPITZ MUSEUM Bjarke Ingels Group TIANJIN BINHAI LIBRARY Mvrdv IL LOUVRE DI ABU DHABI Jean Nouvel MOUNTAIN LAKE PARK PLAYGROUND Bohlin Cywinski Jackson SALA BECKETT Ricardo Flores e Eva Prats SEDE MILANESE DI EMERGENCY TAMassociati CENTRO ARTI E SCIENZE GOLINELLI Mario Cucinella ZEITZ MUSEUM OF CONTEMPORARY ART AFRICA Studio Heatherwick TREETOP EXPERIENCE Studio Effekt TERRA MADRE Luca Peralta ●

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ISSN 2281-7573

ZERO ENERGY ENVIRONMENTAL REFURBISHMENT OPERATING SYSTEM


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FILMATI L’azienda presenta al lettore uno spot istituzionale o il suo prodotto attraverso un tutorial dimostrativo

⤴ PHOTO GALLERY L’azienda presenta al lettore, tramite una sequenza fotografica, il suo catalogo prodotti o i dettagli di questi





INDICE

7. EDITORIALE / Verso il congresso… 8. BOOK-SURFING 11. EVENTI / Architettura, edilizia, design 15. REPORT / Notizie e riflessioni dal mondo

PROGETTI

32. Riqualificare con la cultura / Centro Culturale della Fondazione Stavros Niarchos /Atene (Grecia) / Renzo Piano Building Workshop / Studio Betaplan 46. Laboratorio di cultura / Student Learning Centre / Toronto (Canada) / Studio di architettura Snøhetta 68. Il museo invisibile / Tirpitz Museum / Blåvand (Danimarca) / Bjarke Ingels Group

82. Biblioteca fluttuante / Tianjin Binhai Library / Tianjin (Cina) / MVRDV - Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries

BLOCK NOTES

61. Filomena Maggino / Società sostenibili

62. Maurizio Pallante / La decrescita felice 63. Enrico Giovannini

64. Stefano Capolongo / Urban Health 65. Paolo Corvo

66. Fabrizio Tucci / Verso la città futura

PROFILI

92. Alla ricerca di nuove soluzioni costruttive

95. Palcoscenici urbani / L’arte urbana e la città contemporanea. Esempi in Germania

BISOGNO DI TRASPARENZA

100. Design / 106 Materiale flessibile / 110. Parola d’ordine: riciclo 3


POINT Z.E.R.O. Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bologna al numero 8210 del 16 novembre 2011 Anno 5 - n.10 - marzo 2018 Trimestrale

Direttore Editoriale Alessandro Marata Direttore Responsabile Maurizio Costanzo Caporedattore Iole Costanzo Coordinamento di Redazione Cristiana Zappoli Art Director

Laura Lebro

CNAPPC - Consiglio Nazionale Architetti Pino Cappochin: Presidente / Rino La Mendola: Vice-Presidente/Dip. Lavori Pubblici / Carmela Cannarella: Vice Presidente Aggiunto/Dip. Agenzia Urbana e Politiche Europee / Fabrizio Pistolesi: Dip. Semplificazione / Massimo Crusi: Tesoriere/Dip. Riforme e Politiche per la Professione / Marco Giovanni Aimetti: Dip. Lavoro, Nuove Opportunità e Innovazione / Walter Baricchi: Dip. Cooperazione, Solidarietà e Protezione Civile / Ilaria Becco: Dip. Formazione e Qualificazione Professionale / Alessandra Ferrari: Dip. Promozione della Cultura Architettonica e della Figura dell’Architetto / Franco Frison: Dip. Interni e Magistratura / Paolo Malara: Dip. Università Tirocini ed Esami di Stato / Alessandro Marata: Dip. Ambiente Energia e Sostenibilità / Luisa Mutti: Dip. Accesso alla Professione Politiche Junior e Giovani Arturo Livio Sacchi: Dip. Esteri / Diego Zoppi: Dip. Politiche Urbane e Territoriali Redazione Enrica Borelli, Federica Calò, Silvia Di Persio, Rossana Galdini, Luciano Sandri, Margherita Tedeschi, Caterina Vecchi, Gianfranco Virardi Hanno collaborato Filomena Maggino, Maurizio Pallante, Enrico Giovannini, Stefano Capolongo, Paolo Corvo, Fabrizio Tucci Si ringraziano Renzo Piano Building Workshop, Studio Betaplan, Studio Snøhetta, Bjarke Ingels Group, MVRDV Per la pubblicità KORE EDIZIONI - Tel. 051.343060 Stampa Grafiche Baroncini - Imola (Bo) - www.grafichebaroncini.it Finito di stampare: marzo 2018

Via Santa Maria dell'Anima,10 - 00186 Roma - www.awn.it

KOrE E D I Z I O N I

Via F. Argelati,19 - 40138 Bologna - Tel. 051.343060 - www.koreedizioni.it - www.pointzerocnappc.it

Questa rivista è dedicata a Giancarlo De Carlo, che mi ha trasmesso il valore della responsabilità nel lavoro e nel rapporto con gli altri, ad Hassan Fathy, che è stato tra i primi a farmi capire l'importanza di agire sempre nella direzione che possa consentire uno sviluppo sostenibile del mondo, a Bruno Munari, dal quale ho preso la voglia e l'entusiasmo di vedere il mondo attraverso gli occhi curiosi e interessati dei bambini, a Bruno Zevi, grazie al quale, da studente, ho imparato a vedere criticamente l'architettura con gli occhi dello studioso.

Alessandro Marata

In copertina: particolare di una lampada in plexiglas di Sauro Marchesini




EDITORIALE / PointZero n.10

VERSO IL CONGRESSO…

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’ARCHITETTO DEL FUTURO. Nonostante nel mondo succedano cose orribili, nonostante i proclami dei paladini della decrescita, nonostante l’uomo continui spesso a stupirci per la sua inadeguatezza, penso che la qualità della vita nel percorso millenario del pianeta terra sia in costante miglioramento. è una evoluzione lenta, con frequenti passi indietro, ma anche con poderosi balzi in avanti che rendono molto ottimiste le persone che vedono il mondo così come lo vedo io. Le cose brutte, anche se a volte molto lentamente e con grande sofferenza, passano e si dimenticano. Quelle belle restano come patrimonio dell’umanità, per sempre. Anche per chi fa il mestiere dell’architetto, sforzandosi di fare un atto di fiducia verso il futuro e cercando di non pensare alla crisi che quasi tutti i settori della società stanno attraversando, le cose nuove e belle sono tante. Però sono diverse, molto diverse, da quelle che siamo stati abituati a trovare sulla nostra strada di progettisti dell’ambiente nel quale viviamo. è forse la peculiarità più difficoltosa del nostro tempo: riuscire a capire come si sta trasformando il mondo e, di conseguenza, il nostro modo di operare come architetti. E riuscire a capirlo in tempo utile poiché la velocità dei cambiamenti della società e del lavoro è spesso maggiore della nostra capacità di comprensione, complici anche i mille problemi che sono sempre presenti nella vita professionale dell’architetto italiano. Italiano, sì, perché negli altri paesi del mondo la situazione è, seppure non rosea, certamente molto migliore. Nei paesi che hanno fiducia e rispetto nell’architettura, e quindi hanno una legge specifica su di essa; che credono nella competizione e quindi hanno una grande produzione di concorsi di progettazione; che hanno una legislazione più semplice, efficiente e coerente perché sono convinti che le leggi devono essere poche e chiare; che hanno meno corruzione e inefficienza perché gli amministratori hanno una dote etica e una preparazione politica più profonde; che hanno una idea e un senso del bene comune più umana e quindi lavorano più per i cittadini che per loro stessi; che hanno un numero minore di architetti e quindi programmano l’economia e il mondo del lavoro in modo non casuale, ma logico; che hanno una visione chiara dei loro obiettivi e quindi pianificano la loro azione per una durata di decenni e quindi non considerano la loro legislatura il solo periodo politico sul quale investire il tempo proprio e il denaro degli altri. Legge per l’architettura, evoluzione del lavoro, concorsi, buone pratiche e buone amministrazioni, cambiamenti climatici, green economy ed economia circolare, rigenerazione del patrimonio edilizio in uso e dismesso, visioni del futuro a breve, medio e lungo periodo. Di questi temi, e di altre questioni, si parlerà all’VIII Congresso Nazionale degli Architetti, dei Pianificatori,

dei Paesaggisti e di Conservatori italiani, che si riuniranno a Roma all’inizio del mese di luglio, provenienti, circa tremila delegati, da tutte le province del paese. L’obiettivo è quello di riuscire a raggiungere una sintesi del quadro di problemi e delle opportunità per l’architettura, e quindi per l’architetto, nei prossimi anni, delineando anche gli scenari immaginabili ed auspicabili per i decenni futuri. I temi della green economy, unitamente a una sempre crescente sensibilità per l’ambiente e con l’ausilio delle nuove opportunità tecnologiche legate all’innovazione tecnologica, possono rappresentare una via adeguata, percorrendo la quale l’architetto può riallinearsi con il mondo del lavoro e, allo stesso tempo, contribuire con responsabilità e senso etico al miglioramento della qualità della vita dei fruitori dello spazio architettonico, vale a dire di tutti. Alcune di queste tematiche sono rappresentate, in questo numero, da progetti esemplificativi del rapporto tra l’architettura e la cultura, la solidarietà, l’economia circolare, la rigenerazione urbana, lo sviluppo sostenibile. Lo straordinario progetto di Jean Nouvel per il nuovo Louvre di Abu Dhabi è emblematico del nuovo rapporto, anche di carattere culturale, che il terzo millennio ha inaugurato e che si è delineato tra occidente e oriente. Gli architetti non hanno mai avuto confini nella realizzazione delle loro opere, ma mai come in questi anni le frontiere si sono percepite come pure linee cartografiche. La facilità e la velocità con la quale si viaggia, il nomadismo culturale e lavorativo, il problema dei migranti per necessità e sopravvivenza, la comunicazione globale, da un lato hanno sottratto occasioni, causa la maggior concorrenza, ma dall’altro possono offrire incredibili opportunità a coloro che hanno la capacità e la possibilità di rinnovarsi per intraprendere nuove modalità per esercitare la professione di architetto. La globalità deve essere vista e compresa come una nuova via che non si può evitare. è una via obbligata, ineludibile. Chi non vede o fa finta di non vedere il bivio, continuando per la vecchia strada, si troverà di fronte a un muro sul quale è destinato, con molte probabilità, a infrangersi. Chi la percorrerà, con impegno, studio, sperimentazione e coraggio si troverà davanti scenari sui quali investire e trovare risorse. Forse il primo progetto che l’architetto deve elaborare è proprio quello del proprio percorso professionale, in un mondo che non ha più solo autostrade sicure e rettilinee, ma è pieno di tornanti, vicoli, incroci e luoghi dai quali osservare, per raggiungerli, paesaggi più sicuri, efficaci e affascinanti. Alessandro Marata Direttore Editoriale POINT Z.E.R.O.

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BOOK-SURFING

BOOK-SURFING / Alessandro Marata

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Silvana Galassi Carlo Modonesi Ecologia dell’antropocene Aracne editrice

proposito della “crisi planetaria provocata da un animale culturale” Silvana Galassi e Carlo Modonesi in Ecologia dell’antropocenescrivonodiprimaeseconda rivoluzione verde, di assurde compensazioni monetarieinterminididanniambientaliesociali,difallimentodell’attuale modellodisviluppo,diciecafiducianellatecnologia,diunanecessaria nuova concezione e percezione del progresso, di una ineludibilesfidachedobbiamotuttiaffrontareconconvinzione edeterminazione.Seciriusciremol’uomodiventeràunanimale culturale con un senso civico maggiore, più adulto e responsabile.Apropositodiinvertirelarotta,dapartedell’animaleculturalecitatoinprecedenza,ZygmuntBauman,inRetrotopia, nonsidimostratroppoottimista:ilfuturorischiaditrasformarsi in un incubo. Di certo deve essere molto preoccupato se nell’ultimapaginadell’ultimosuolibrocitaprimapapaFrancesco, cheammoniscesulbisognodipassaredaunaeconomialiquida aunaeconomiasociale,concludendopoiconleparolediMargaret Thatcher: “Noi, abitanti della terra, siamo, come mai primad’ora,inunasituazionediautaut:possiamoscegliereseprenMarc Augé Rovine e macerie Bollati Boringhieri

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Zygmunt Bauman Retrotopia Laterza/Tempi nuovi

derci per mano o finire in una fossa comune”. Ragionando sul futurodell’uomo,inRovine e macerie,MarcAugépotrebbe apparireanch’essopessimista:“Laspettacolarizzazionedelmondo è, di per sé, la propria fine, la fine della storia, la sua morte”. Il libro però termina con una visione fiduciosa e di grande respiro: “Abbiamo bisogno di un’utopia della cultura, dell’educazioneedellascienzachecipermettadipensarel’avveniredellaconoscenzacomel’avveniredell’interaumanitàenondiuna minoranza ricca, illuminata e dominante. Lo spazio per questa utopia ce l’abbiamo: è il nostro pianeta. E le sue costruzionipiùsignificativesonolospaziovirtualediquestautopia”.GiandomenicoAmendolasostienechelecittàchehannounfuturo sono quelle che lo hanno già. Le retoriche della città, oggi alcentrodiognidiscorso,individualepeculiaritàdeglispaziurbani; dalla crescita del city marketing alla domanda di partecipazione,dalproblemadell’individualismoalsensodicomunità, dalla retorica dell’accoglienza a quella della sostenibilità, dalla culturadellacreativitàaquellasmart.Particolarmenteoriginali, interessanti e stimolanti le riflessioni sulla retorica delle emoGiandomenico Amendola Le retoriche della città edizioni Dedalo


BOOK-SURFING / Alessandro Marata

Rossana Galdini Terapie Urbane Rubbettino/Università

zioni e sulla visione della città quale sogno e diritto di ogni cittadino. Di cittadini e città da guarire attraverso efficaci Terapie Urbane parla Rossana Galdini descrivendo, da sociologa molto attenta ai rapporti tra cultura e architettura, i nuovi spazipubblicidellacontemporaneità:modellidipartecipazione,poco frequenti in Italia, quali il Tactical, il Temporary, l’Everyday, il Do it Yourself e l’Informal Urbanism, il riuso sociale e creativo dei vuoti urbani, il processo di Placemaking. Possibili strategie urbane per una città futura “differente”, ottenuta lavorando sui caratteri,modificandoli,diquellacontemporanea.“Terapeutici giardinieri” è il titolo di un capitolo che Vittorio Lingiardi propone in Mindscapes Psiche del Paesaggio, indagando tra spazipsicanalitici,paesaggineuroestetici,amorloci,paesaggiinvisibili. Mindscapes è un neologismo utilizzato per esplorare il rapporto tra psiche e paesaggio attraverso bussole psicoanalitiche, memorie inconsapevoli e paesaggi elettivi, metafore quali la montagna come luogo paterno e il mare come luogo materno.Scrivel’autore:legeografiedallaterrasonoinseparabili da quelle della mente, i luoghi che amiamo sono al tempo stesSalvatore Settis Architettura e democrazia Einaudi

Vittorio Lingiardi Mindscapes Psiche del Paesaggio Raffaello Cortina Editore

sounascopertaeun’invenzione,lipossiamotrovareperchésono già dentro di noi. Ma dove corre il confine tra paesaggio e città? L’architetto deve sempre soddisfare le richieste del committenteerincorrereifeticcidiunneo-modernismoconformista oppure deve, almeno con uguale attenzione, recuperare anche la dimensione sociale e comunitaria dell’architettura? Salvatore Settis ci ricorda che Architettura e democrazia sono inscindibili. Esiste un diritto alla città, un diritto alla natura, un dirittoallaculturael’impegnoeticodell’architettoèdeterminante per la tutela e la comprensione dei paesaggi culturali, di quelli naturali e di quelli urbani. Il paesaggio è anche quello che possiamoosservare,erappresentare,guardandofuoridallafinestra. Matteo Pericoli lo ha disegnato facendo guardare dalla finestra cinquantascrittoridituttoilmondo.Finestre sul mondo,mettendo in relazione la parola e il disegno, ci regala una rappresentazioneintimaepoeticasuciòcheinostriocchicercanoguardandounorizzontechesembravicino,machespaziaversol’infinito della nostra conoscenza e dei nostri desideri, alla ricerca di un confine, se esiste, tra il sogno e la realtà. Matteo Pericoli Finestre sul mondo EDT

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EVENTI

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1. Ettore Sottsass. Oltre il design, Parma, CSAC, fino all’8 aprile 2018 L’esposizione è costituita da circa 700 pezzi selezionati all’interno dell’archivio e allestiti secondo una struttura narrativa cronologica 2. Home Beirut Sounding the Neighbors, Roma, Maxxi, fino al 20 maggio 2018 La storia di una città laboratorio di resistenza, innovazione artistica e speranza vista attraverso oltre 100 lavori di 36 artisti 3. Ferenc Pintér. L’illustratore perfetto, Torino, Museo Ettore Fico, fino al 22 aprile 2018 La mostra ripercorre l’attività di Ferenc Pintér, una fra le voci più complesse e creative della grafica del XX secolo 4. Sol LeWitt. Between the Lines, Milano, Fondazione Carriero, fino al 23 giugno 2018 Attraverso un nutrito corpus di opere il progetto espositivo esplora la relazione del lavoro di LeWitt con l’architettura

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5. Ad Reinhardt. Arte + Satira, Galleria Civica, fino al 20 maggio 2018 Più di 250 opere tra fumetti a sfondo politico e vignette satiriche selezionati dagli archivi dell’Estate of Ad Reinhardt di New York 6. 999. Una collezione di domande sull’abitare contemporaneo, Milano, Triennale, fino al 2 aprile 2018 Il progetto espositivo rappresenta un intreccio di domande sui luoghi del nostro vivere e racconta l’abitazione come non l’abbiamo mai vista prima

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EVENTI

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1. Ugo La Pietra. Istruzioni per abitare la città, Foligno (Pg), CIAC, dal 24 marzo al 30 settembre 2018 La mostra ripercorre i molteplici ambiti di indagine di La Pietra per nuclei e tematiche con i suoi lavori più significativi all’interno dello spazio urbano 2. the WALL, Bologna, Palazzo Belloni, fino al 6 maggio 2018 Un viaggio attraverso il Muro, un percorso sensoriale ed emotivo, che trasforma arte e multimedialità in un’esperienza da vivere in prima persona 3. Giambattista Piranesi. Il sogno della classicità, Pesaro, Palazzo Mosca-Musei Civici, fino all’8 aprile 2018 Circa 70 opere grafiche, dalle serie di incisioni dedicate alle carceri, alle vedute e alle antichità di Roma, rivelano il sogno neoclassico dell’artista 4. Color Forest, Milano, Fondazione Luciana Matalon, fino al 28 aprile 2018 I grandi dipinti astratti di Laurel Holloman dialogano in una situazione del tutto inedita con le sculture in vetro acrilico di Susi Kramer 5. I colori del sacro. Il corpo. Nona rassegna internazionale di illustrazione, Padova, Museo Diocesano, fino al 24 giugno 2018 Il corpo inteso nei suoi aspetti fisici, nel rapporto con ciò che lo circonda, con l’ambiente, con le persone e anche con il sacro

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REPORT / Dal mondo

SOLUZIONI ANTISISMICHE

Una struttura tipica dellÊedilizia dei centri storici dellÊAppennino, rinforzata con soluzioni innovative made in Italy di facile applicazione e low cost, ha resistito a terremoti di intensità più che raddoppiata rispetto al sisma più violento che ha colpito il centro Italia nel 2016. ˚ quanto emerge dai risultati dei test alle tavole vibranti del Centro Ricerche Enea Casaccia, eseguiti su una struttura a U composta da tre pareti in malta e tufo, aperture asimmetriche e tetto in travi di legno. Le prove sono state condotte con lÊobiettivo di individuare le tecniche migliori per rinforzare le abitazioni senza doverle sgombrare. I test condotti dallÊUniversità degli Studi Roma Tre e dallÊEnea, con il supporto dellÊazienda Fibre Net, sono stati effettuati sulle 3 pareti, di cui una centrale e due laterali, che già a novembre scorso erano state portate a danneggiamento dopo essere state sottoposte a scosse che riproducevano terremoti a intensità crescenti. Per misurarne lÊaumento di capacità sismica, due pareti su tre sono state riparate con intonaco armato con rete in fibra di vetro, un sistema di rinforzo strutturale poco invasivo, a basso costo e realizzabile senza evacuare le abitazioni. ÿLe pareti rinforzate con questa rete in fibra di vetro hanno resistito a sismi amplificati al 220% di intensità, mentre la parete non rinforzata ha riportato forti lesioni già a intensità 120%Ÿ, ha evidenziato Gerardo De Canio, responsabile del Laboratorio „Tecnologie per lÊInnovazione Sostenibile‰ dellÊEnea. ÿPer contrastare la tendenza al ribaltamento - aggiunge De Canio questÊultima parete è stata riparata applicando una barra dÊacciaio, la cosiddetta ÂcatenaÊ, in modo da consentire alla struttura di raggiungere lo stato limite ultimo, cioè il valore estremo della capacità portanteŸ.

Tutte le foto EFFEKT Architects

I vantaggi della rete in fibra di vetro

DANIMARCA

Il bosco dall’alto Lo studio danese Effekt ha progettato una torre di osservazione che permetterà ai visitatori di arrivare sopra le cime degli alberi

Nell’area verde protetta di GisselfeldKlostersSkove,vicinoalpaese di Haslev, circa un’ora a sud di Copenaghen, nell’estate del 2018 sarà inaugurata la Treetop Experience: una torre di osservazione alta 45 metri che permetterà ai visitatori di arrivare fin sopra le cime degli alberi che compongono la foresta dell’area protetta. La cima si raggiunge attraverso una passeggiata lunga 600 metri, sopra una passerella continua a forma di spirale, senza barriere architettoniche e quindi accessibile a tutti, indi-

pendentemente dalle condizioni fisiche. Un’opportunità più unica che rara di godere dello spettacolo della natura da una prospettiva straordinaria. L’area è caratterizzata da un paesaggio collinare molto raro nella regione, con numerosi elementi naturali come laghi, insenature e zone umide. Il percorso si snoda all’interno della foresta passando delicatamente e sensibilmente attraverso diverse varietà boreali, riducendo al minimo il disturbo per l’ambiente esistente. La camminata tra

[Nel 2017 in 39 capoluoghi di provincia italiani è stato superato il limite annuale di 35 giorni per le polveri sottili (Legambiente) [ 15


REPORT / Dal mondo

VOLIERA

PARTENZA

SLALOM TRA GLI ALBERI

PERCORSO ELICOIDALE

A sinistra, un disegno della passeggiata, pensata per essere accessibile a tutti. Sarà lunga 600 metri e prevederà soste, passerelle sui fiumi, percorsi circolari, zone relax, voliere, slalom tra gli alberi e concluderà con la torre d’osservazione. Sarà possibile osservare inoltre panorami fatti di colline, laghi, paludi e arbusti di ogni tipo.

SALISCENDI PASSERELLA SUL FIUME

PERCORSO CIRCOLARE

ZONA RELAX

TORRE D’OSSERVAZIONE BELVEDERE

gli alberi è divisa in una via alta e una bassa: la prima attraversa la parte più antica della foresta mentre quella bassa si trova nelle aree più giovani: il percorso è caratterizzato da piazzole di sosta dove è possibile leggere informazioni per conoscere e rispettare la foresta. La via alta culmina, appunto, con la torre di osservazione, progettata dallo studio danese Effekt per esaltare l’esperienza del visitatore, evitando la tipica forma cilindrica a favore di un profilo curvo con una vita sottile e una base e una corona allargate. Questa forma ga-

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( Da un’università canadese arriva il cemento spray capace di migliorare la resistenza sismica degli edifici: si chiama EDCC )


REPORT / Dal mondo

PROPOSTE EDITORIALI

Una libreria per i materiali sostenibili

rantisce una migliore stabilità e offre un’area più ampia per la piattaforma di osservazione nella parte superiore della torre; consente inoltre un migliore contatto con la chioma degli alberi. La rampa della torre beneficia anche della forma iperbolica. Mantenendo una pendenza fissa, la geometria e la spaziatura della rampa oscillano in base alla variazione della curvatura. La rampa diventa un elemento scultoreo di per sé che rende il viaggio verso l’alto un’esperienza ancora più unica. La rampa termina in una

piattaforma panoramica che offre una spettacolare vista a 360 ° sui dintorni. I materiali sono stati scelti pensando alla sostenibilità e cercando di evitare un’eccessivainvasivitàrispettoallaforesta:l’acciaio corten (che con il passare del tempo assume una colorazione bruna)èstatosceltopertuttiglielementi strutturali poiché non richiede manutenzione e si fonde armoniosamente con i colori della foresta, e la superficie della rampa è ricavata dal legname proveniente dalla produzione propria della foresta. L’impatto delle strut-

ture architettoniche su ciò che le circonda è un punto fondamentale per gli architetti dello studio Effekt: tanto è vero che effekt è una parola danese che vuol dire impatto. «Per noi è fondamentale dicono - che i nostri progetti abbiano un impatto positivo su quello che hanno attorno e sull’intero pianeta». La Treetop Experience farà parte di Camp Adventure, una struttura sportiva esistente con percorsi di arrampicata sugli alberi e teleferiche per provare l’ebbrezza del volo nel vuoto.

Quali materiali scegliere per la ristrutturazione della casa? Come rendere energeticamente efficienti i locali in cui si vive? Quali invece quelli da usare per migliorare le prestazioni antisismiche nella riqualificazione del patrimonio edilizio o per raggiungere standard ambientali elevati? Come conoscere in tempo reale gli incentivi nazionali e regionali su rinnovabili ed efficienza energetica? Per rispondere a queste domande Legambiente lancia MaINN, la libreria dei materiali innovativi e sostenibili, disponibile sul sito www.fonti-rinnovabili.it: materiali naturali e salubri, provenienti da riciclo, innovativi, ma anche guide agli incentivi per le energie rinnovabili e per migliorare lÊefficienza energetica o per districarsi tra le tante normative. Uno strumento nato per diffondere le conoscenze in tema di sostenibilità ambientale nel settore dellÊediliziaconsiderato tra quelli con il più alto impatto ambientale e consumo di materiali, ma che oggi può rappresentare un tassello fondamentale della rivoluzione dellÊeconomia circolare e di quella energetica, con un contributo alla lotta ai cambiamenti climatici. Una nuova edilizia sostenibile esiste già e grazie a questo approccio è possibile non solo diminuire lÊimpatto sullÊambiente, riducendo importazioni ed estrazioni di materiali, ma anche producendo lavoro e opportunità per le imprese. La libreria MaINN propone materiali distinti in tre categorie - naturali e salubri, provenienti da riciclo, innovativi - e nasce con il duplice obiettivo di raccontare i materiali innovativi offerti sul mercato e offrire ai consumatori uno strumento in grado di orientare verso una scelta consapevole allÊacquisto. Una guida pensata non solo per gli stakeholders del settore, ma anche per le famiglie, perché solo se il settore edilizio diventerà trasparente e credibile, si potrà rispettare il diritto di vivere in una casa costruita con materiali salubri e soprattutto efficienti.

✸ Nel 2017 in tutta Europa è stata consumata più energia da vento, sole e biomassa, che da carbone e lignite messi insieme

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L’arte va in un granaio REPORT / Dal mondo

Inaugurato il più grande museo al mondo dedicato all’arte africana contemporanea

Il Zeitz Museum of Contemporary Art Africa (Zeitz MOCAA) è stato inaugurato a settembre nel Grain Silo Complex del Victoria & Alfred Waterfront di Cape Town, in Sud Africa. è il più grande museo al mondo dedicato all’arte contemporanea dell’Africa e della diaspora africana ed è stato progettato dagli architetti dello studio londinese Heatherwick. Il museo è ospitato in 9.500 mq di spazio progettato su misura, distribuito su nove piani, ricavato dalla monumentale struttura dello storico complesso del silo del grano. Il silo, dismesso dal 1990, si erge come monumento al passato industriale di Cape Town. Un tempo è stato l’edificio più alto del Sud Africa, oggi acquisisce nuova linfa vitale attraverso la trasformazione dello studio Heatherwick. Le gallerie e l’atrio al centro del museo sono stati ricavati dalla densa struttura cellulare fatta da 42 strutture tubolari. Il museo comprende 6mila mq di spazio espositivo, diviso in 80 gallerie, un giardino di sculture sul tetto, aree di conservazione, un bookshop, un ristorante e sale di lettura. Ospiterà anche diversi laboratori dedicati alle arti performative, alla fotografia, al cinema e all’educazione artistica. Il progetto è costato 500 milioni

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di rand sudafricani, ovvero 34,4 milioni di euro ed è stato annunciato nel novembre del 2013 come istituzione culturale pubblica senza scopo di lucro nata dalla partnership fra il Victoria & Alfred Waterfront, il cuore storico del porto di Città del Capo e Jochen Zeitz, ricco uomo di affari, ex CEO della Puma e collezionista di arte africana. «L’idea di trasformare un gigantesco silo di cemento in disuso fatto da 116 tubi verticali in un nuovo tipo di spazio pubblico - ha spiegato l’architetto Thomas Heatherwick - è stata avvincente sin dall’inizio. Siamo stati entusiasti dell’opportunità di ridare vita a questa struttura trasformandola in un luogo in cui la gente potesse vedere le opere più incredibili del

continenteafricano.Lasfidatecnica consisteva nel trovare un modo per ritagliare spazi e gallerie da questo nido d’ape tubolare alto dieci pianisenzadistruggerel’autenticitàdell’edificio originale. Il risultato è stato un processo di progettazione e costruzione che ha riguardato sia l’elaborazione di nuove forme di misurazione e sostegno strutturale, sia le normali tecniche di costruzione».

Tutte le foto di Iwan Baan

SUD AFRICA

Sopra: l’imponente atrio centrale, ricavato scavando la densa struttura di 42 cilindri di cemento che componeva il silo. I cilindri si possono ancora vedere nelle altissime sale dove la vista è libera di raggiungere la sommità del museo. Sotto: esterno del monumentale Zeitz MOCAA

Nascono in Svezia le finestre solari passive che si scaldano con il freddo, contribuendo al risparmio energetico domestico



Semplicità modulare ITALIA

A Bologna l’Opificio Golinelli si allarga con una nuova struttura progettata da Cucinella

Fondazione Golinelli ha inaugurato in ottobre a Bologna il nuovo Centro Arti e Scienze Golinelli. Il progetto architettonico a vocazione sperimentale - ha richiesto un investimento di 3 milioni di euro, ed è stato avviato a gennaio e portato a compimento dopo nove mesi di lavori - è stato affidato a Mario Cucinella. Il celebre progettista è stato scelto, oltre che per l’eccellenza dei suoi progetti architettonici, per la sua attenzione ai temi della sostenibilità e dell’impatto ambientale degli edifici. Cucinella è noto, infatti, per aver fondato nel 2012 Building Green

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Tutte le foto di Rodolfo Giuliani

REPORT / Dal mondo

Future, organizzazione no-profit volta a integrare architettura sostenibile ed energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo, e nel 2015 S.O.S - School of Sustainability, per la formazione di nuove figure professionali nel campo della sostenibilità. Hanno affiancato Mario Cucinella nella progettazione del Centro Arti e Scienze Golinelli gli architetti Enrico Iascone, Cecilia Patrizi e Giovanni Sanna. Il Centro è costituito da due elementi leggibili ed essenziali. Il primo è il “cuore”, il padiglione vero e proprio, un volume chiuso di 30x20 metri e alto 8. Si tratta di una geometria pura e

semi-trasparente, che riflette nelle ore diurne ciò che la circonda e che risulta invece luminosa nelle ore notturne. Il secondo elemento costitutivo è la sovrastruttura metallica modulare che avvolge il padiglione, si libra nello spazio e consente ai visitatori di percorrerla in alcune sue parti. Il complesso vuole essere «una metafora dell’espansione della vita stessa, spiega Mario Cucinella - rappresentata in primo luogo dalla griglia modulare che costituisce il leggero e vibrante involucro esterno

della struttura. La sovrastruttura metallica consente inoltre l’accesso a piccole terrazze panoramiche che si affacciano sulla città». Lo spazio interno, di circa 700 mq, è privo di partizioni o rigide organizzazioni planimetriche, per consentire la massima flessibilità di utilizzo. Il Centro completa, a due anni dalla sua nascita, il complesso dell’Opificio Golinelli, uno dei centri educativi e culturali tra i più attrattivi in Europa e sarà cuore di gran parte delle attività didattiche di Fondazione Golinelli.

Una casa autosufficiente creata per essere una risorsa educativa nei quartieri suburbani ha vinto il Solar Decathlon 2017



Architettura parlante ITALIA

TAMassociati progetta la nuova sede di Emergency, riqualificando una scuola in disuso

«è un edificio che mette in primo piano il rispetto per le persone e l’ambiente in cui vivono», così gli architetti di TAMassociati descrivono la nuova sede milanese di Emergency, ricavata da una ex scuola in disuso nel centro di Milano. «Un concetto - proseguono - che è parte fondamentale della filosofia che ispira l’azione sanitaria e umanitaria di Emergency e che diventa patrimonio pubblico dei cittadini che frequenteranno l’area». La struttura, su 5 livelli, è stata oggetto di riuso funzionale, riqualificazione architettonica ed efficientamento energetico. Il nuo-

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Tutte le foto di Marcello Bonfanti

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vo headquarters di Emergency si trova in una ex scuola in disuso in via Santa Croce, i cui spazi sono stati riassegnati dal Comune con un bandopubblicoetrasformatiinuna nuova realtà aperta anche ai cittadini. Attraverso incontri pubblici, dibattiti, mostre e spazi ‘open’ all’interno, la struttura e il giardino sono diventati uno spazio aperto alla città, per promuovere una cultura di pace e praticare diritti. Più nel dettaglio, per dare risalto alla funzione civica e sociale della struttura, si è pensato di dedicare gli spazi del giardino e i primi due piani a funzioni di informazione, for-

mazione, educazione e svago. Il piano terra dell’immobile è interamente dedicato ad attività aperte alla vita e alla quotidianità della città: una sala dedicata a mostre e incontri pubblici (circa 230 mq per 132 posti a sedere), l’area ristoro (200 mq per 100 posti a sedere), lo sportello di orientamento sociosanitario (80 mq). Al piano superiore gli spazi sono dedicati alle attività di formazione e volontariato, biblioteca, info point e vendita gadget. Gli spazi esterni sono stati destinati a giardino pubblico e valorizzati sia nelle funzioni che nelle sistemazioni a terra, con parti-

colare attenzione per le essenze arboree esistenti. Gli ultimi tre piani (la superficie acquisita del sottotetto è di 375 mq) sono dedicati all’attività di pianificazione e coordinamento delle attività culturali e sanitarie di Emergency a livello nazionale e globale. In generale, il progetto si è incentrato sul recupero dell’edificio nel massimo rispetto della struttura esistente. All’esterno, l’intervento è stato nel segno del mantenimento e valorizzazione della parte verde, delle facciate e degli elementi architettonici preesistenti. All’interno, l’adeguamento tipologico e

In India è stato costruito un impianto ibrido eolico-fotovoltaico: il più grande al mondo con un sistema di accumulo da 40 MWh


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tecnologico è avvenuto attraverso la creazione di uno spazio fluido che rompesse la monotonia dello spazio lineare originario, creando prospettive cangianti e mobili ispirate al tema delle “scatole ruotate”: una morfologia che richiama al concetto del “borgo medievale”, con l’obiettivo di creare uno spazio di lavoro domestico attento alla prossemica. Il coinvolgimento nel processo decisionale di tecnici, responsabili interni del procedimento, addetti interni ed esterni, volontari e tutti coloro che nella nuova sede avrebbero operato, ha permesso di giungere a soluzioni il più possibile condivise e concordate tra tutti i soggetti coinvolti. Tutta la struttura assume le sembianze di un “edificio parlante”: il particolare apparato grafico e cromatico assume rilevanza strategica, rendendo facilmente comprensibile la chiarezza compositiva e l’organizzazione funzionale dei suoi spazi. Segnaletica, infografica, oltreché brani della Costituzione riportati sulle pareti, Gli ambienti aperti e luminosi, nei quali dominano il bianco e il rosso, raccontano la storia di Emergency: alcune pareti riportano gli articoli della Costituzione, mentre i gradini fanno riferimento ciascuno a un’annata e alle missioni compiute dall’associazione

hanno potere comunicativo immediato e universale, restituendo un’architettura ‘parlante’, familiare, accogliente. Il colore che scandisce gli spazi è materia progettuale e non scelta estetica, e funge da correttivo per definire visuali sempre diverse, ristabilendo giuste proporzioni architettoniche là dove è necessario, creando sotto-ambienti e gerarchie spaziali che aiutano a individuare i vari ambiti funzionali dell’edificio. Dalla gestione della temperatura degli ambienti all’illuminazione, ai sistemi di controllo automatico degli impianti, al recupero delle acque, tutto il progetto ha previsto l’utilizzo di materiali attenti all’ambiente e tenuto conto dei più avanzati sistemi di utilizzo di energie rinnovabili e ad alta efficienza.

NUOVE TECNOLOGIE

Blocchi di vetro Per l’energia

Gli edifici presto potrebbero essere in grado di convertire lÊenergia del sole in energia elettrica, senza la necessità di pannelli solari, grazie a una nuova tecnologia innovativa. Gli esperti di energia rinnovabile dellÊUniversità di Exeter stanno infatti sviluppando una nuova tecnica pionieristica che potrebbe accelerare lÊintroduzione generalizzata di edifici a energia zero attraverso i sistemi Building Integrated Photovoltaics. Questi prodotti, simili alla piastrella solare creata da Tesla, possono diventare parte integrante dell'architettura di un edificio generando elettricità. Il team ha creato un innovativo blocco di vetro che può essere incorporato nel tessuto di un edificio ed è progettato per raccogliere lÊenergia solare e convertirla in energia elettrica. Questi blocchi sono trasparenti e consentono alla luce esterna di passarci attraverso, diminuendone lÊintensità e, allo stesso tempo, ne catturano una parte conservandola come energia pulita. Si pensa che gli edifici consumino più del quaranta percento dellÊelettricità prodotta in tutto il mondo. Questa nuova tecnologia consentirebbe di produrre elettricità nel luogo di utilizzo. I blocchi, chiamati Solar Squared, sono progettati per adattarsi a nuovi edifici o per far parte di ristrutturazioni in immobili esistenti. Il team di Exeter, che ha creato una società start-up Build Solar per commercializzare e produrre il prodotto, sta ora cercando di incoraggiare gli investitori a effettuare test commerciali del prodotto, e quindi punta a portarlo sul mercato entro la fine del 2018.

♦ Nasce nei laboratori dell’Istituto Nazionale Ulsan di Scienza e Tecnologia, in Corea del Sud, la prima batteria al litio elastica

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Nuovi spazi culturali SPAGNA

Un intervento di conservazione che esalta le qualità spaziali e decorative di un edificio

La nuova Sala Beckett, inaugurata a novembre 2016 a Poblenou, nel quartiere di Sant Martí, a Barcellona, è dedicata al teatro, alla sperimentazione e alla formazione. Lo spazio è stato ricavato nella sede della vecchia cooperativa per la pace e la giustizia (Pau i Justicia): il progetto degli architetti Ricardo Flores ed Eva Prats riflette i ricordi profondamente radicati nella cultura del distretto industriale storico, che è ora diventato vivace grazie alla presenza di numerosi artisti e talenti creativi. Cresciuta per 25 anni grazie all’impegno del regista José Sanchis Sinisterra, la Sala Beckett è stata per lungo tempo un luogo centrale nella cultura di Barcellona. L’istituzione sarà gestita in questa nuova sede da Toni Casares, insieme al quale gli architetti hanno lavorato a lungo per creare uno spazio capace di interpretare il suo

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Tutte le foto di Adrià Goula

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importante ruolo e dare una sferzata positiva alla vita della zona. Il progetto trae origine dalle qualità spaziali e decorative dell’edificio esistente, risalente agli anni Venti, uno spazio per l’intrattenimento creato dalle associazioni dei lavoratori. Ogni elemento significativo è stato mantenuto con cura, dalle cornici alle porte, alle piastrelle policrome, ai rosoni. La maggior parte delle sale situate a terra è utilizzata per attività pubbliche, per stabilire un rapporto di continuità con il tessuto urbano. Appena entrati i visitatori si imbattono in un ambiente accogliente, quasi domestico: le persone possono prendere un drink al bar o sedersi al ristorante mentre aspettano l’inizio dello spettacolo. Caratterizzato da un’elevata articolazione spaziale e da una sorprendente vivacità, il pian terreno ha anche stanze non

accessibili al pubblico, come gli uffici e i camerini per gli artisti, collegati alla sala principale (che può ospitare fino a 200 persone) da un corridoio periferico che consente loro di salire sul palco da punti diversi. Le sale prova sono si-

tuate al primo piano (e in parte al secondo) insieme a un’altra stanza più grande, l’ex sala da ballo, che può essere utilizzata sia come laboratorio sia come secondo spazio per spettacoli.

Il ministro dei trasporti francesi ha accolto con favore la proposta sul rimborso per chi si reca in ufficio con la bicicletta


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SVILUPPO SOSTENIBILE

Tre città insieme per l’ambiente ˚ stato firmato in gennaio il protocollo dÊintesa „Città per la circolarità‰: a siglare il documento e presentare alla stampa lÊiniziativa, il ministro dellÊAmbiente Gian Luca Galletti, il sindaco di Bari Antonio Decaro, il sindaco di Prato Matteo Biffoni e lÊassessore alla mobilità e allÊambiente del comune di Milano Marco Granelli in rappresentanza del sindaco Sala. Il protocollo è finalizzato ad avviare una collaborazione tra il ministero dellÊAmbiente e le città di Bari, Milano e Prato per sperimentare, testare e promuovere iniziative congiunte „dimostrative‰ e dal carattere innovativo su temi ad alto impatto ambientale. I temi presi in considerazione sono: design dei prodotti e dei servizi; modelli di approvvigionamento di materie prime, di produzione e di distribuzione/commercializzazione più efficienti; estensione della vita utile dei prodotti e modelli di riuso; modelli di consumo sostenibili e attività di sharing economy; riciclo di risorse dai rifiuti. Attraverso il protocollo verranno promossi progetti che prevedono la realizzazione di attività concrete e che siano il più possibile trasversali alle tre città. I risultati di ciascuna iniziativa congiunta saranno resi pubblici e condivisi tramite i canali ordinari di comunicazione (eventi, sito web istituzionale, pubblicazioni ecc..), al fine di rendere replicabili ed espandibili le diverse esperienze alle altre città, evidenziandone le caratteristiche peculiari per tipologia di realtà urbana o di modello adottato. ÿLÊeconomia circolare - ha affermato Galletti rappresenta un tassello importante per lÊattuazione di strategie per lo sviluppo sostenibile, in quanto contribuisce allÊuso efficiente delle risorse, sia energetiche che di materie primeŸ. Le città firmatarie sono definite „pilota‰ in quanto per dimensione, caratterizzazione geografica, tipologia di esperienze accumulate sul tema dellÊeconomia circolare sono tali da rendere maggiormente replicabili ed espandibili le iniziative che saranno attuate.

✸ Le temperature in aumento rimpiccioliscono la taglia di alcuni coleotteri, lo afferma lo studio di un’università canadese

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Tutte le foto di Nic Lehoux

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Nel segno della fantasia STATI UNITI

A San Francisco un’interessante riqualificazione di un vecchio parco giochi

Nascosto dietro una fila di case edoardiane nel quartiere Richmond di San Francisco, il Mountain Lake Park Playground è un parco giochi immerso tra alberi sempreverdi che degrada dolcemente verso la riva del Mountain Lake, all’estremità meridionale del Presidio National Park. Il parco è stato riqualificato grazie all’impegno di tre madri che nel 2010 hanno formato l’associazione Friends of Mountain

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Lake Park Playground e, con la collaborazione del San Francisco Recreation and Parks Department, sono riuscite a ottenere i finanziamenti necessari. Il nuovo volto del parco, progettato dallo studio americano Bohlin Cywinski Jackson, funziona perfettamente in questo contesto, dando la sensazione che il parco giochi sia sempre stato lì, studiato specificatamente per questo posto. Il progetto sfrutta la topografia del sito, con aree da gioco separate e organizzate, su terrazzamenti naturali, in

base all'età e alle capacità, unite da una serie di sentieri tortuosi che forniscono un percorso accessibile attraverso il parco giochi, e che portano anche al punto più alto dello scivolo che è il cuore del parco: uno scivolo di cemento che è stato preservato durante i lavori di riqualificazione e che rappresenta la continuità con il passato. A metà del cammino verso la cima dello scivolo, si trova appollaiata su una “foresta” di colonne d’acciaio una piattaforma di osservazione. Ci sono diversi ele-

menti che attingono alla ricca storia naturale del sito: le “dune di sabbia” della zona prescolare rappresentano le dune di sabbia ondulate che una volta erano presenti in tutta la regione. Il motivo a costine delle pareti di cemento è ispirato alle canne che costeggiano le rive del lago di montagna; impronte di uccelli e animali nativi dell’area sono impresse sulla superficie del lungo muro; mentre grandi sculture, tra cui una rana e una tartaruga, riconoscono la vita acquatica del lago.

Terre di Sud è una piattaforma che promuove il consumo e la conoscenza dei prodotti biologici di qualità del Mezzogiorno



REPORT / Dal mondo

Il Louvre ad Abu Dhabi EMIRATI ARABI UNITI

Progettato da Jean Nouvel il primo museo universale del Medio Oriente

Nato da un accordo intergovernativo fra Abu Dhabi e la Francia, ilLouvrediAbuDhabièstatoinaugurato l’11 novembre scorso sull’isola di Saadiyat, nella capitale degli Emirati Arabi Uniti. è il primo museo di questo genere nel mondoarabo:unmuseouniversale che incarna lo spirito di apertura e dialogo fra le diverse culture, mostrando al visitatore opere di significato storico, culturale e sociologico di epoche e civiltà diverse. Progettato dall’architetto Jean Nouvel, è una grande città-museo formata da 55 edifici bianchi, tra cui 23 gallerie ispirate alla medina e ad altri insediamenti arabi, uno spazio espositivo temporaneo, un museo per bambini, un auditorium da 200 posti, un ristorante, una caffetteria e un negozio. Gli edifici sono coperti da una grande cupola argentea di 180 metri di diametro che copre la maggior parte del

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museo diventando una struttura iconica visibile dal mare, dalle aree circostanti e dalla città di Abu Dhabi. è fatta di otto strati: quattro esterni in acciaio inossidabile e quattro strati interni in alluminio, separati da una struttura in acciaio alta cinque metri. La struttura è composta da 85 elementi di grandi dimensioni, ciascuno del peso medio di 50 tonnellate. Lo schema complesso della cupola è il risultato di un disegno geometrico altamente studiato, ripetuto in varie dimensioni negli otto strati sovrapposti. Ogni raggio di luce infatti deve poter penetrare negli otto strati prima di apparire e poi scomparire, creando un gioco di luce e ombra ispirato alle palme che si sovrappongono nelle oasi orientali. Questo effetto, che è stato provato e riprovato durante gli anni in cui il museo è stato studiato e costruito, viene definito da Jean

Nouvel come “pioggia di luce” ed è una delle caratteristiche principali del museo. Di notte si illuminano sulla cupola 7.850 stelle metalliche visibili sia dall’interno che dall’esterno. è sostenuta da soli quattro piloni permanenti, ciascuno distante 110 metri dall’altro, e nascosti all’interno degli edifici del museo, in modo da dare l’impressione che la cupola stia fluttuando. Ci sono 29 metri tra il piano terra e il rivestimento interno della cupola: il punto più alto è 40 metri sopra il livello del mare e 36 metri sopra il livello del piano terra. La cupola ha la funzione principale di copertura ombreggiata per proteggere la piazza esterna e gli edifici sottostanti dal calore del sole, riducendo il consumo energetico dell’edificio e permettendo ai visitatori di circolare all’aperto tra le gallerie del museo, mostre, museo per bambini, piazza aperta, caffet-

teria e ristorante in maniera confortevole. Il museo ha una superficie totale di 97mila mq, 6.400 dei quali dedicati alle esposizioni. Al momento ospita più di 600 opere, la maggior parte delle quali provenienti da musei francesi. Tra le opere più importanti: La Belle Ferronnière di Leonardo da Vinci (1452-1519), in prestito dal museo del Louvre, L’autoritratto di Vincent van Gogh (1853-1890) dal musée d'Orsay et de l’Orangerie, e Jean d’Aire di Auguste Rodin (1840-1917) dal Musée Rodin. Circa 2mila metri sono dedicati alle esposizioni temporanee e il Children’s Museum completa l’ensemble con circa 200 metri quadrati appositamente progettati per i visitatori più giovani del Louvre Abu Dhabi, offrendo mostre interattive con vere opere d’arte appositamente curate per essere godute da bambini e famiglie.

( Nasce il database delle miniere urbane d’Europa: per tracciare 18 mln di tonnellate di rifiuti elettrici per il valore di mld di dollari )


REPORT / Dal mondo

PROGETTO DI RICERCA

Difendere le colture dal clima

Nasce unÊalleanza fra scienziati e grandi imprese per preservare le eccellenze alimentari delle nostre tavole dallÊimpatto dei cambiamenti climatici. Si chiama MED-GOLD, „Oro del Mediterraneo‰ ed è un progetto europeo di ricerca dedicato a vite, olivo e grano duro, minacciati dallÊinvasione di specie dannose e dal rischio di eventi atmosferici estremi, per effetto del climate change. Coordinato dallÊEnea, il progetto ha come partner industriali tre leader mondiali: Barilla per la pasta, la spagnola DCoop per lÊolio dÊoliva e la portoghese Sogrape Vinhos per il vino. Finanziato dallÊUnione europea con 5 milioni di euro, MED-GOLD prevede la realizzazione di servizi climatici altamente specializzati per ognuna di queste colture, con indicazioni per ottimizzare le tempistiche e le tecniche agricole in relazione allÊimpatto del riscaldamento globale. A DIFESA DELL’AMBIENTE

Confezioni riciclabili per Coca-Cola The Coca-Cola Company ha annunciato a gennaio il suo nuovo approccio al packaging, prefiggendosi obiettivi a livello globale di vendita di confezioni 100% riciclabili entro il 2025 e il riciclo dellÊequivalente del 100% delle stesse entro il 2030. Questa visione inizia con la consapevolezza che i contenitori di bevande e alimenti continueranno a essere presenti nella vita dei consumatori, ma molto può essere fatto per ridurre lÊimpatto che il packaging ha sullÊambiente. ÿQuello del recupero del packaging è un problema che affligge il mondo ed è nostra responsabilità contribuire a risolverloŸ ha dichiarato James Quincey, Presidente e CEO di The Coca-Cola Company.

✸ Cresce il mercato delle case in legno e la Lombardia traina il settore con il 20% delle abitazioni costruite in bioedilizia in Italia

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Foto di Alessandro Peralta

REPORT / Dal mondo

Nuovaediliziascolastica A Bisceglie una scuola materna a energia quasi zero. Progetto premiato da Legambiente

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è avvenuta a maggio 2015 ma l’impresa aggiudicataria ha avuto delle difficoltà economiche, come peraltro tantissime imprese italiane del settore, ed è fallita. L’innovativo impianto planimetrico della scuola è caratterizzato da uno schema che alterna spazi serviti e di servizio definiti da muri paralleli. L’impianto è intercettato da un sistema fluido: un corridoio anularechedefiniscel’ingressoprincipale

e abbracciando la corte interna collega e lega tutte le funzioni interne ed esterne. Il progetto, dell’architetto Luca Peralta,sviluppatocon3TIProgetti, evoca un legame profondo, metaforicoedesteticoconlaMadreTerra. Nella corte centrale, una vera e propria aula all’aperto, sono piantumate essenze tipiche del paesaggio locale con alberi e arbusti della macchia mediterranea. In

Foto di Luigi Filetici

Foto di Alessandro Peralta

“Terra Madre” è il progetto vincitore del concorso di progettazione per la realizzazione di una scuola materna e una piazza pedonale, indetto dal Comune di Bisceglie, in Puglia, all’interno del Progetto “Qualità Italia” promosso dal MIBAC, recentemente inaugurato in concomitanza con l’avvio dell’anno scolastico 2017-18. Il concorso è stato vinto alla fine del 2009 e la prima consegna dei lavori

Foto di Luigi Filetici

ITALIA

modo simile il giardino perimetrale prevede piccoli orti, alberi da frutta e vivai dove i piccoli utenti possono imparare come frutta, verdura e ortaggi vengono coltivati: un vero e proprio messaggio ecologico che favorisce la scoperta e l’apprendimento attraverso esperienze multisensoriali all’aperto e incoraggia la partecipazione delle famiglie e della comunità locale alla vita scolastica. Il sistema costrutti-

{“Sconfiggi l’inquinamento di plastica” è lo slogan scelto per l’edizione 2018 della Giornata mondiale dell’ambiente il 5 giugno}


scuola, il giardino di pertinenza, la piazza e le strade adiacenti. «Vincere un concorso di progettazione e riuscire a realizzare un’opera pubblica che non sia solo edilizia ma una vera e propria opera di architettura è motivo di forte orgoglio, - spiega l’architetto Peralta - per la duplice veste che ho rivestito di progettista capogruppo e direttore dei lavori. L’opera è innovativa sotto molti punti di vista ed è molto attuale, un vero e proprio modello di sostenibilità e un messaggio ecologico per le generazioni future. Ricordiamo che si tratta di una scuola Nzeb a Energia Quasi Zero in classe A4, caratteristica rara tra le scuole italiane e rarissima al Sud. Essere riuscito a fare ciò in Sud Italia, con un budget contenuto, senza rinunciare alla qualità ripaga di molti sforzi e sacrifici che la disciplina dell’architetto e dell’ingegnere oggi impone per l’evidente crisi del settore». Il tetto della scuola prevede un sistema di raccolta e stoccaggio delle acque meteoriche da riutilizzare per l’irrigazione del giardino didattico di pertinenza. La sistemazioni delle aree esterne ha previsto la piantumazione di circa 140 alberi tra lecci, ulivi e alberi da frutta e circa 500 arbusti tipici della macchia mediterranea. Le superfici esterne sono tutte drenanti, realizzate con blocchi posati a secco su sabbia nella piazza, con ghiaia di diverse colorazioni nelle due fasce laterali su entrambe i lati della piazza e nei giardini della scuola, con terreno coltivabile o da lasciare incolto per poter osservare la crescita e l’alternarsi delle piante spontanee in limitate porzioni del giardino della scuola.

Tra gli elementi che caratterizzano il progetto ricordiamo: il corretto orientamento dell’edificio, la sua peculiare forma, la presenza della corte aperta centrale che favorisce l’illuminazione e la ventilazione, i pacchetti di isolamento molto prestazionali dell’involucro esterno, l’utilizzo di vetri camera, la presenza di pergolati in legno per ridurre l’irraggiamento.

Foto di Alessandro Peralta

Foto di Luigi Filetici

vo,insettimuraridilaterizioarmato, è stato scelto per le caratteristiche di isolamento/inerzia termica, isolamento acustico e per le eccezionali prestazioni in zona sismica. A rafforzare la spiccata sensibilità ambientale del progetto, si è previsto un uso estensivo di materiali sostenibili e di sistemi passivi che consentono di ridurre il fabbisogno energetico sia nella costruzione che nella gestione dell’opera. Tra questi ultimi bisogna sicuramente citare: il corretto orientamento dell’edificio e dei singoli ambienti, la peculiare forma dell’edificio e la presenza della corte aperta centrale che favorisce l’illuminazione e la ventilazione, i pacchetti di isolamento molto prestazionali dell’involucro esterno, l’utilizzo di vetri camera e a controllo solare, la presenza di pergolati in legno per ridurre l’irraggiamento sulle ampie vetrate. Tutto ciò unitamente all’utilizzo di lampade a LED sia nella scuolache nella piazza, all’utilizzo di energia proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili, alla presenza di una pompa di calore con un elevato COP, che ha consentito di raggiungere l’importante obiettivo di “Edificio ad Energia Quasi Zero” in classe energetica A4. In particolare sono presenti e ben integrati con la copertura circa 40KW di pannelli fotovoltaici che consentono di produrre l’energia per il funzionamento della scuola. Grazie all’innovativo utilizzo di circa 30KW di batterie di accumulo è possibile l’autoconsumo dell’energia prodotta in eccesso, che può essere riutilizzata nei giorni di maltempo e nelle ore notturne per illuminare la

Queste footo di Alessandro Peralta

REPORT / Dal mondo

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[ A marzo si è tenuta la prima edizione del Mese del riciclo di carta e cartone, la campagna promossa e organizzata da Comieco

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CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Atene (Grecia)

Architetto Renzo Piano Building Workshop / Studio Betaplan Luogo Atene,Grecia Cliente The Stavros Niarchos Foundation Strutture Expedition Engineering/OMETE Paesaggio Deborah Nevins & Associates/H.Pangalou

Foto di Ruby On Thursdays

Fine lavori 2016


CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Renzo Piano Building Workshop / Studio Betaplan

Ad Atene un importante complesso culturale comprende la Biblioteca Nazionale Greca e l’Opera Nazionale. Un progetto che riqualifica un grande spazio semi abbandonato di Federica Calò

RIQUALIFICARE CON LA CULTURA


CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Atene, Grecia

Foto di Ruby On Thursdays

L’edificio s’insinua e si sviluppa per la gran parte del suo volume sotto la pendenza verde antistante e fuoriesce da questa solamente per la sua parte finale corrispondente al livello della Lighthouse e della copertura

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CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Renzo Piano Building Workshop / Studio Betaplan

Kallithea, a 4 km a sud dal centro della capitale greca Atene, la Fondazione Stavros Niarchos ha commissionato a Renzo Piano Building Workshop in collaborazione con lo Studio Betaplan, un nuovo Centro Culturale che oggi rappresenta un importante complesso che sorge nel mezzo di un grande parco urbano di 170mila mq. Una nuova architettura, questa, pensata anche come edificio di

rilancio di un ampio spazio semi abbandonato che un tempo occupava l’ex ippodromo e che in seguito era stato incluso nell’area dei Giochi Olimpici del 2004 e diventato, infine, un parcheggio. Oggi, il nuovo edificio è servito per ridare un ruolo a questo spazio in disuso ospitando una biblioteca e un teatro per l’opera. Ricucendo, in questo modo, il tessuto urbano tra la terra ferma e il mare, proprio attraverso la cultura.

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CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Atene, Grecia

Storico porto ateniese sulla baia di Faliro, Kallithea ha, infatti, sempre avuto un forte legame con l’acqua ed esigenza dei progettisti era proprio quella di affidare alla nuova architettura la possibilità di essere, oltre che contenitore culturale, anche un affaccio sullo specchio d’acqua antistante. Il rapporto visivo e ambientale è stato così recuperato realizzando nella parte meridionale dell’area una collina artificiale verde adibita a parco, la cui superficie inclinata termina nella grande architettura del Centro Culturale, che si apre in una spettacolare vista verso il mare aperto. La connessione visiva con l’acqua prosegue anche nel parco che accompagna l’ingresso all’edificio, dove è stato realizzato un canale a lato dell’Esplanad e che rappresenta il principale asse pedonale del

sito, in direzione nord-sud. L’edificio s’insinua e si sviluppa per la gran parte del suo volume sotto la pendenza verde antistante e fuoriesce da questa solamente per la sua parte finale corrispondente al livello della Lighthouse e della copertura. Il complesso sembra quasi una parte di città che si eleva improvvisamente dal canale e dal paesaggio circostante. Le due robuste pareti bianche di contenimento del parco fanno da sfondo alle due passeggiate e ai filari di alberi disegnati lungo il percorso del canale. La Biblioteca Nazionale Greca e il Teatro dell’Opera Nazionale sono due grandi spazi ricavati sotto il parco e uniti tra loro grazie all’Agorà, uno spazio pubblico che permette l’ingresso a entrambi gli edifici e li mette in relazione. Esso appare come uno spazio libero, alto, concepito

Quest’architettura sembra quasi una parte di città che si eleva improvvisamente dal canale e dal paesaggio circostante. Le due robuste pareti bianche di contenimento del parco fanno da sfondo alle due passeggiate e ai filari di alberi disegnati lungo il percorso del canale


CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Renzo Piano Building Workshop / Studio Betaplan

SEZIONE DEL DETTAGLIO A SBALZO

Linee vita

Pannello fotovoltaico apribile per l’ispezione dell’intercapedine

Pannelli fotovoltaici (3 cm) Elementi di alzata in ferrocemento Piastra in ferrocemento

Rinforzo in acciaio Tubo flessibile

Pannello fotovoltaico trattato con il ferrocemento Grondaia Giunto per il controllo dell’acqua

Connessione strutturale con la testa della colonna all'interno del tetto in ferrocemento

Intercapedine Canale drenante di scolo Barre di ferrocemento

Rivestimento inferiore in calcestruzzo

Giunto Colonna rastremata

Coppia di cavi incrociati

Foto di Michel Denancé

Pannello fotovoltaico trattato con il ferrocemento


CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Atene, Grecia

Queste foto di Michel Denancé

La Biblioteca Nazionale Greca e il Teatro dell’Opera Nazionale, sono due funzioni ricavate sotto il parco e unite tramite l’Agorà, uno spazio pubblico che permette l’ingresso a entrambi gli edifici e li mette in relazione. Esso appare come uno spazio libero, alto, concepito tipo patio e smista i flussi nei due volumi vicini permeando l’intero edificio, dal piano interrato sino alla copertura

progettualmente come un patio e smista i flussi nei due volumi vicini permeando così l’intero edificio dal piano interrato sino alla copertura. Il Teatro dell’Opera è composto da due sale: una da 450 posti destinata al balletto e alle rappresentazioni operistiche più tradizionali, mentre l’altra, da 1400 posti, idonea per spettacoli sperimentali. La biblioteca, luogo di apprendimento, conservazione e trasmissione culturale, è concepita invece come una risorsa pubblica, uno spazio per una più aperta e condivisa fruizione del sapere. La sala di lettura, completamente vetrata, si trova alla sommità dell’edificio: essa è una teca trasparente, a pianta quadrata, da cui si gode della vista a 360 gradi di Atene e del mare. La sala, infatti, si trova direttamente sotto lo sbalzo che protegge dal sole l’intero complesso e sulla cui struttura è installato un sistema di pannelli fotovoltaici, per un totale di circa

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10mila mq di rivestimento, che sono in grado di generare 1,5 megawatt di energia, sufficienti all’autonomia energetica del centro culturale durante i normali orari di apertura. Su quest’area complessiva di circa 23 ettari si è voluto, infatti, realizzare non solo un’architettura di effetto e riconoscibile come un landmark, ma anche un centro polifunzionale ecologicamente sostenibile. All’interno dei due edifici, dove possibile, sono stati impiegati sistemi di ventilazione naturale, oltre ad essere state pensate tutte strutture progettate sulla base delle più avanzate tecniche costruttive antisismiche. L’elemento sicuramente caratterizzante da questo punto di vista è il cosiddetto Energy Canopy. Una copertura, costruita con la tecnica del ferrocemento che per dimensioni e complessità statica è da considerare un unicum, mai realizzato, a oggi, nel mondo. Questa copertura è un elemento chiave del pro-



CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Atene, Grecia

getto: un capolavoro architettonico, ingegneristico e di tecniche costruttive innovative. La struttura è realizzata in elementi di acciaio leggeri che collegano due solette di ferrocemento, spesse pochi centimetri, a formare una sorta di guscio. Ha una superficie di due skin da 10mila m² e il suo peso, di 3.500 tonnellate, è supportato da 30 colonne di acciaio del diametro massimo di 30 cm. Sulla sommità di queste è presente un sistema di ammortizzatori che permette a tutta la struttura di muoversi sotto l’effetto della dilatazione termica, del vento e delle azioni sismiche. L’Energy Canopy è ricoperto con 5.560 pannelli fotovoltaici, sufficienti a generare 2.280 kwh di produzione/anno di energia elettrica che renderà gli edifici energeticamente indipendenti durante la loro normale attività. Questa e altre soluzioni innovative in termini di

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sostenibilità ambientale hanno permesso al Centro di ricevere la certificazione “Platinum”, il rating più elevato previsto dal LEED (Leadership in Energy and Environmental Design, la più importante al mondo nel settore delle costruzioni). Il vetro e l’acciaio per l’esterno e l’immancabile legno per le zone interne sono i tipici materiali usati e combinati dall’inconfondibile stile di Renzo Piano, che è in grado di rendere ogni elemento delle sue architetture come fossero superfici fluttuanti e allo stesso tempo vincolati da nodi e giunti ogni volta studiati ad hoc per ottimizzare la tensione delle forze. Internamente, nell’area di passaggio, legno, vetro e acciaio si distribuiscono in un gioco modulare di alternanza materica in grado di trasmettere geometria e razionalità delle forme fino a comporre un effetto estremamente leggero.

In questa foto l’Energy Canopy, uno degli elementi caratterizzanti questo progetto. È una copertura la cui struttura è realizzata in elementi di acciaio leggeri che collegano due solette di ferrocemento, spesse pochi centimetri e che formano una sorta di guscio protettivo


Queste foto di Michel Denancé

CENTRO CULTURALE DELLA FONDAZIONE STAVROS NIARCHOS / Renzo Piano Building Workshop / Studio Betaplan

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Queste foto di Michel DenancĂŠ


Il Teatro dell’Opera è composto da due sale: una da 450 posti destinata al balletto e alle rappresentazioni operistiche, mentre l’altra, da 1400 posti, idonea per spettacoli sperimentali


PIANTA DEL PIANO DELL’AGORÀ

SEZIONE DEL TEATRO DELL’OPERA


PIANTA DI INQUADRAMENTO

PROSPETTO SUD EST


STUDENT LEARNING CENTRE / Toronto (Canada)

Architetto di progettazione e architetto paesaggista Snøhetta Tipologia University Student Center & Expansion Library Architetto esecutivo Zeidler Partnership Architects Cliente Università di Ryerson Ubicazione Toronto,Canada

Foto di Marc Mitanis

Dimensioni 14.200 mq


STUDENT LEARNING CENTRE / Studio di architettura Snøhetta

LABORATORIO DI CULTURA A Toronto un edificio che stimola l’apprendimento e il coinvolgimento. Caratterizzato da facciate di un vetro sinterizzato e stampato digitalmente che avvolge l’armatura e si giustappone alla struttura in cemento a vista di Mercedes Caleffi


STUDENT LEARNING CENTRE / Toronto (Canada)

Tutte le foto di Lorne Bridgman

A sinistra: dettaglio della facciata che riveste l’intero edificio composta da un vetro fritted stampato in digitale che avvolge la robusta armatura della struttura in cemento a vista. La particolare facciata, oltre ad avere un forte impatto estetico, possiede anche importanti requisiti di risparmio energetico e di contenimento del calore

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l nuovo centro di apprendimento studentesco universitario voluto da Ryerson University è stato progettato e realizzato grazie alla collaborazione fra lo Studio di architettura Snøhetta e Zeidler Partnership Architects. Siamo a Toronto in Canada e questo edificio rappresenta oggi un nuovo punto di riferimento del campus già esistente, pensato per ospitare un programma progressivo di spazi per la crescita collettiva, proseguendo il dialogo con la vicina biblioteca, con la quale è anche connesso. I vari dipartimenti di questa università, prima di questo progetto, non avevano una chiara e forte identità riconoscibile e visibile nel resto del tessuto urbano, cosa che invece è avvenuta grazie alla realizzazione di questo nuovo contenitore. Si propone ai suoi utenti come un luogo di aggregazione al coperto, dove chiunque può recarsi e allacciare rapporti e intessere relazioni che so-

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litamente avvengono in strada. Qui, invece, si mette a disposizione un’intera architettura, concepita per influenzare in qualche modo l’apprendimento di ogni individuo che viene stimolato da forme, colori e materiali diversi, tutti racchiusi in uno stesso luogo dove è possibile trascorrere del tempo, crescere, socializzare e formarsi. L’ispirazione della forma dell’edificio trae spunto dagli spazi storici di raccolta degli Stoas e delle Agoras dell’antica Grecia, dove l’apprendimento era intrinsecamente sociale, e così come in questi ultimi, il nuovo complesso offre agli studenti otto piani unici di ampi spazi dedicati all’incontro, allo studio e allo scambio d’idee. L’edificio è stato pensato come una biblioteca, ma priva dei libri, dove la composizione progettuale e architettonica ha permesso di realizzare delle condizioni naturali e ideali per incentivare i rapporti sociali fra i vari utenti, insieme, allo stesso tempo, ad aule dedicate allo

L’edificio parte dal filo strada con una spaccatura della facciata che dà spazio a un luogo all’aperto e pubblico, in parte piazza e in parte porticato


STUDENT LEARNING CENTRE / Studio di architettura Snøhetta


STUDENT LEARNING CENTRE / Toronto (Canada)

SEZIONE TRASVERSALE

studio controllato e introspettivo. L’edificio parte dal filo strada con una spaccatura della facciata che dà spazio a un luogo all’aperto e pubblico, in parte piazza, in parte porticato sopraelevato che disegna un margine urbano protetto e accogliente condiviso tra studenti e abitanti. Il porticato fuoriesce dalla continuità data dai negozi che danno forma a una delle vie commerciali più note del Canada, la Yonge Street. Questa spaccatura incanala il flusso di studenti fino a oltre le scale di accesso, offrendo uno spazio d’intermezzo, come se fosse un filtro fra le attività commerciali e un contenitore culturale. è caratterizzata da un grande elemento di copertura rivestito di pannelli metallici iridescenti piegati a mano che si estendono dalla facciata esterna nella hall. Le facciate dell’edificio sono composte, invece, da un vetro fritted stampato in digitale che avvolge la robusta armatura e la struttura in cemento a vista, struttura imponente che appunto è alleggerita dal vetro tra-

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sparente. La particolare facciata, oltre ad avere un forte impatto estetico, possiede anche importanti requisiti di risparmio energetico e del contenimento del calore. Questa stessa copertura prosegue a vista anche internamente nell’ampio atrio d’ingresso, sul quale si affacciano attività ricreative quali spazi per l’attesa e la socializzazione, una caffetteria e la reception per i visitatori e per gli studenti. L’atrio funge da fulcro di tutto l’edificio e mostra il suo carattere multifunzionale con tecnologia integrata, posti a sedere e postazioni per eventi che vanno dalle manifestazioni alle sfilate di moda e spettacoli musicali. In una parte del complesso che rimane più appartata e lontana dall’atrio è stato posizionato un laboratorio di media digitali concepito come incubatore d’imprese per le nuove start-up tecnologiche. La disposizione planimetrica è concentrata in una forma regolare pressoché quadrata dell’isolato, ma l’andamento vario e mutevole delle superfici

L’edificio è stato pensato come una biblioteca, ma priva dei libri. Qui la composizione progettuale e architettonica ha permesso di realizzare le condizioni ideali per intrecciare dei rapporti sociali



Dall’ingresso si dipana un ampio atrio sul quale si affacciano attività ricreative quali spazi per l’attesa e la socializzazione, una caffetteria e la reception per i visitatori e per gli studenti. Funge da fulcro di tutto l’edificio e mostra il suo carattere multifunzionale con tecnologia integrata, posti a sedere e postazioni per eventi, manifestazioni, sfilate di moda e spettacoli musicali



STUDENT LEARNING CENTRE / Toronto (Canada)

PIANTA DI INQUADRAMENTO


Ogni piano dell’edificio offre una percezione differente dello spazio, grazie a una progettazione puntuale ispirata ai temi che si trovano nella natura e che si esprime attraverso l’architettura d’interni, degli arredi e della tavolozza dei colori

è dato da un continuo gioco di piani e rampe. Ogni livello dialoga anche con i due vicini, perché concepiti diversi l’uno dall’altro, sia in pianta sia in sezione, per offrire agli studenti un’ampia varietà di spazi e avere percezioni mutevoli dell’intorno. Ogni piano dell’edificio offre una percezione differente dello spazio grazie a una progettazione ispirata ai temi che si trovano nella natura e che si esprime attraverso l’architettura d’interni e la tavolozza dei colori. Il sesto piano, conosciuto come “The Beach”, è un'area di studio aperta e informale che si snoda attraverso una serie di rampe e terrazze, che incoraggia gli studenti a sedersi sul pavimento e spostare gli arredi posti apparentemente in maniera casuale, adattabile alle proprie esigenze di comfort e relax. “Il cielo” occupa l’ultimo piano dell’edificio con un soffitto di sollevamento che offre ampie prospettive e accesso alla luce naturale. “La foresta” e “Il giardino” forniscono invece differenti programmi di apprendimento con servizi studenteschi, zone di studio tradizionali tran-

quille e aule per lo studio. Gli ascensori e i corpi scala, come elementi a sé, sono colorati con tinte appariscenti e punteggiano i percorsi lungo tutto l’edificio, ricreando inaspettate sorprese come punti fissi di riferimento lungo il percorso di visita. La copertura presente all’ingresso è stata concepita come una superficie viva e mutevole, questo per riuscire a simulare i diversi momenti della giornata. è, infatti, in grado di calibrare la luce riproducendo differenti situazioni atmosferiche del cielo, simulando un tempo nuvoloso, parzialmente nuvoloso o soleggiato, e questo per diversificare ulteriormente le condizioni interne e consentire agli studenti di avere un’esperienza sempre diversa ogni volta che visitano l’edificio. Così come le facciate esterne, di notte, grazie anche al contributo dell’illuminazione interna, esaltano la particolarità del rivestimento pantografato, che lascia intravedere anche la struttura dei solai in cemento armato e si veste di una luce abbagliante, riconoscibile fra il tessuto esistente. 55


Materiali di finitura differenti si mescolano in base ai vari spazi. Pareti verticali intonacate di bianco incontrano superfici vetrate colorate che riflettono le vetrate e gli arredi antistanti, cosÏ come il parquet di legno chiaro dell’atrio contrasta con gli imponenti pilastri di cemento a vista della struttura


Spazi per il confronto separati ma vicini a quelli dedicati allo studio individuale e contraddistinti ognuno da un proprio colore e da una propria forma planimetrica

Le dierenti cromie che si trovano sulle pareti vetrate delineano i percorsi all’interno di questa architettura


PLANIMETRIA PIANO RIALZATO

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1. Hall di ingresso 3. Caffetteria 4. Posti a sedere informali 14. Wc 15. Portineria 16. Spazi di servizio / magazzino 17. Tetto giardino 20. Ingresso alla piazza

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PLANIMETRIA TERZO PIANO

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11. Uffici 12. Uffici di servizio 13. Sale meeting 14. Wc 15. Portineria 16. Spazi di servizio / magazzino 18. Aula digital media 19. Spazio digital media


PLANIMETRIA SESTO PIANO 5. Area studio 14. Wc 15. Portineria 16. Spazi di servizio / magazzino 14

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PLANIMETRIA SETTIMO PIANO

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5. Area studio 6. Aule studio 7. Aule per seminari 8. Aule computer 9. Laboratorio multimediale 14. Wc 15. Portineria 16. Spazi di servizio / magazzino



BLOCK NOTES Clima, edilizia, trasporto, risorse naturali, consumo del suolo e inquinamento. sono tematiche che meritano piena convergenza nel dibattito sulla sostenibilità, in corso tra professionisti, politica e opinione pubblica

Filomena Maggino

Società sostenibili Non è facile osservare la qualità del benessere di una società. Bisogna analizzare e mettere in relazione fra loro diversi fattori che sono declinati in maniera differente a seconda della comunità a cui si guarda Il concetto di qualità della vita presenta in letteratura molte definizioni, ciascuna delle quali, concentrandosi su alcuni aspetti e tralasciandone altri, non è in grado da sola di descrivere in modo comprensivo il benessere di un paese e dei suoi cittadini. Anche se è difficile identificare una definizione di benessere che sia il più possibile condivisa, è necessario, per poter evitare parzialità e incompletezze, adottare un modello concettuale multidimensionale in grado di conciliare il livello individuale e il livello sociale. Entrambi i livelli sono definiti da aspetti oggettivi e soggettivi. Tra le diverse definizioni di “qualità della vita”, quella proposta da Wolfgang Zapf (già nel 1975) rappresenta una delle più conosciute e adottate ed è definita da due componenti, condizioni di vita (comprendenti risorse, standard di vita, circostanze esterne, libertà e autonomia nello scegliere il proprio stile di vita, spirito di iniziativa e capacità e possibilità di contribuire a costruire il benessere comune, senso/scopo di vita) e benessere soggettivo (espressa da una parte in termini valutativi e di soddisfazione della propria vita nel suo complesso o in particolari ambiti facendo riferimento a particolari standard del tutto individuali – aspettative, desideri, ideali, esperienze, ecc. – e dall’altro dalle emozioni – positive e negative – provate dagli individui nella loro vita quotidiana). La definizione di “qualità della società” coinvolge concetti come la coesione economica e sociale, l’integrazione, il capitale sociale, osservati sia a livello micro che a livello macro. Tali concetti possono essere declinati anche in modo diverso tra Paesi o regioni. Conseguentemente, confrontare diverse realtà non implica necessariamente l’utilizzo delle misure per gli stessi concetti. Infatti, la scelta delle misure è in funzione spazio e tempo in quanto dipende dai valori condivisi da una certa società o comunità che a loro volta possono cambiare nel tempo. Conseguentemente, trasferire un determinato concetto di qualità della vita sviluppato in un altro contesto può essere fuorviante. Oltre alla definizione dei concetti è necessario individuare anche gli “ambiti” o “domini” di vita nei quali tali concetti dovranno essere osservati e monitorati. I domini rappresentano segmenti della realtà in cui ciascun individuo vive (famiglia, abitazione, salute, i trasporti, ambiente, lavoro, e così via). Di fatto, una li-

sta condivisa di domini e delle loro priorità non esiste, anche perché tale lista dipende molto da determinati valori e valutazioni valide e accettabili in un certo luogo, per un certo periodo di tempo. Osservare il benessere di una società richiede di verificare anche la qualità di tale benessere. Cercando di definire la qualità del benessere, dovrebbero essere considerate due particolari prospettive concettuali, l’equa distribuzione del benessere (equità) e i limiti della sua promozione (sostenibilità). Mentre nel caso dell’equità l’obiettivo è quello di verificare le disuguaglianze e le disparità tra territori, più complessa appare la verifica della sostenibilità, concetto non sempre facile da definire soprattutto se legato a quello del benessere. Un tentativo di analizzare la relazione tra qualità della vita e sostenibilità può essere quello di fare riferimento alla possibile erosione/permanenza/miglioramento/deterioramento delle condizioni di vita (interpretabili in termini di capitali) rispetto al futuro delle presenti generazioni e quelle future. Si parla in questo caso di approccio attraverso i “capitali” (naturale, fisico, sociale, economico, umano). Un approccio alternativo è quello di far riferimento al concetto di “vulnerabilità”. Tale concetto richiede l’identificazione da una parte dei fattori di rischio del presente livello di benessere e, dall’altra, i fattori di resilienza che possono essere attivati per affrontare possibili necessità e rischi futuri. Il principio che può mettere in relazione rischio e resilienza è quello di precauzione (visto non solo in termini di prevenzione). In entrambe le prospettive, le osservazioni possono essere realizzate a livello micro e macro rispetto alla dimensione spaziale e a quella temporale. Qualunque approccio si adotti, è necessario accettare la sfida della complessità: delineare la sostenibilità del benessere di una società vuol dire pensare e ragionare in termini sistemici. Un modo per affrontare l’analisi della sostenibilità del benessere è quello di individuare e monitorare un tema trasversale a tutti i domini in modo da verificare gli “attriti” che possono verificarsi tra i “benesseri” osservati a livello dei diversi domini. Un esempio di tema trasversale è il cibo. Il cibo sta diventando sempre di più un importante segnale della qualità, dell'equilibrio e della sostenibilità delle vite, individuali ma anche delle comunità declinate a livello locale o globale. Un segnale complesso in quanto frutto di delicate interconnessioni tra questioni ambientali, sociali, economiche, fisiche ed etiche. In questo senso, studiare la qualità della vita mettendo al centro della riflessione il cibo vuol dire ancora una volta mettere al centro della discussione la complessità della vita di tutti gli esseri viventi. Non sono pochi i ricercatori appartenenti a settori disciplinari diversi che, ponendo al centro della propria ricerca l’identificazione e la proposta di nuovi modelli di sviluppo, individuano nel cibo il tema chiave che consentirà, se affrontato con la dovuta consapevolezza, di proporre e promuovere un modello di benessere che sia equo e sostenibile per tutto e per tutti. La sfida è epocale e per essere affrontata richiede l’adozione di concetti quali rispetto, limite, sobrietà, condivisione, armonia, adattamento. (Filomena Maggino è presidente e co-fondatrice dell’Associazione Italiana per gli studi sulla Qualità della Vita) 61


BLOCK NOTES scambiate con denaro in un periodo di tempo determinato: un mese, un trimestre, un anno. Tuttavia il PIL può essere considerato un valido indicatore di benessere soltanto:

Maurizio Pallante

La decrescita felice Le limitazioni alla democrazia, il potere dispotico esercitato sui popoli dalle istituzioni sovranazionali, la prevalenza della finanza sulla politica, sono tutti effetti prodotti dall’economia della crescita continua Le parole crescita e decrescita non hanno alcuna connotazione di valore. Indicano rispettivamente un aumento e una diminuzione quantitativa. Tuttavia, se si riferiscono a fenomeni che incidono positivamente o negativamente sulla vita individuale o sulle dinamiche sociali, acquistano una valenza qualitativa, assumendo i significati di miglioramento o di peggioramento. In relazione a fenomeni con effetti positivi, la crescita indica un miglioramento e la decrescita un peggioramento. In relazione a fenomeni con effetti negativi, la crescita indica un peggioramento e la decrescita un miglioramento. La crescita del numero di persone che possono nutrirsi regolarmente in maniera equilibrata costituisce un miglioramento, ma la crescita del numero degli incidenti stradali è un peggioramento. La decrescita della produzione agricola dovuta alla siccità costituisce un peggioramento, ma la decrescita delle emissioni di anidride carbonica è un miglioramento. La crescita dell’energia prodotta da fonti rinnovabili è un miglioramento, mentre la crescita degli ammassi di poltiglie di plastica grandi come continenti che galleggiano negli oceani è un peggioramento. La decrescita della febbre indica un miglioramento della salute, mentre la decrescita dei globuli rossi nel sangue indica un peggioramento. Se si riferiscono a fenomeni che incidono sulla qualità della vita individuale e collettiva, entrambe le parole possono pertanto assumere sia il significato di miglioramento, sia il significato di peggioramento. Sono considerazioni banali, su cui non varrebbe la pena soffermarsi, ma non si può evitare di ricordarle per capire come mai nell’immaginario collettivo delle società industriali alla parola ‘crescita’ si annetta automaticamente una connotazione di valore positiva e alla parola ‘decrescita’ una connotazione di valore negativa. Come mai la parola ‘crescita’ sia utilizzata come sinonimo di ‘miglioramento’ e la parola ‘decrescita’ come sinonimo di ‘peggioramento’. Queste identificazioni immotivate derivano dal fatto che in queste società l’economia è stata finalizzata alla crescita della produzione di merci e, di conseguenza, è stato utilizzato come indicatore di benessere il Prodotto Interno Lordo (PIL), ovvero il valore monetario delle merci destinate ai consumi finali, agli investimenti pubblici e privati, alle esportazioni nette (esportazioni totali meno importazioni totali), 62

- se nell’immaginario collettivo il concetto di merce, cioè di oggetto o servizio comprato, si identifica col concetto di bene, cioè di oggetto o servizio che risponde a un bisogno o soddisfa un desiderio; - se l’organizzazione sociale è strutturata in modo che la maggior parte dei beni si possa quasi esclusivamente comprare, ovvero si possa ottenere per lo più sotto forma di merci. Poiché nei Paesi occidentali da alcune generazioni le persone sanno fare ben poco e sono abituate a comprare tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere, confondono il concetto di merci col concetto di beni. Nei Paesi anglosassoni il concetto di merci viene ormai normalmente espresso con la parola goods, che significa beni, per quanto nel vocabolario persista come un relitto fossile la parola commodities, che significa merci. In realtà non tutto ciò che si compra risponde a un bisogno o soddisfa un desiderio. Non tutte le merci sono beni. L’energia termica che si disperde dalle pareti, dal sottotetto e dagli infissi di edifici mal coibentati è una merce che si paga sempre più cara, ma non è un bene perché non serve a riscaldarli. Il cibo che si butta non è un bene perché non nutre nessuno. Le merci che non rispondono ad alcun bisogno o non soddisfano alcun desiderio, ovvero gli sprechi, non solo non sono beni, ma comportano sempre dei danni di carattere ambientale. L’energia termica che si spreca negli edifici mal coibentati aumenta l’effetto serra. Il cibo che si butta aumenta la parte putrescibile dei rifiuti, quella più difficile da trattare. Di contro, non tutto ciò che risponde a un bisogno o soddisfa un desiderio si può solamente comprare. La frutta e la verdura coltivate in un orto familiare per autoconsumo sono un bene, ma non una merce. La cura prestata dai genitori ai loro figli è un bene che non si paga, mentre si paga la loro assistenza negli asili nido. Non tutti i beni sono merci. Alcuni si possono autoprodurre, o scambiare reciprocamente sotto forma di dono nell’ambito di rapporti fondati sulla solidarietà. Pertanto, la crescita del Prodotto Interno Lordo, ovvero del valore monetario delle merci a uso finale, non coincide con la crescita della produzione di beni, cioè degli oggetti e dei servizi che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio. Se cresce il valore monetario dei beni che si acquistano sotto forma di merci, alla crescita del PIL corrisponde un aumento del benessere. Se, invece, cresce il valore monetario degli sprechi, la crescita del PIL comporta un peggioramento della qualità della vita. Se il valore monetario del Prodotto Interno Lordo diminuisce perché diminuiscono la produzione e gli acquisti di merci che non rispondono ad alcun bisogno o non soddisfano alcun desiderio, la qualità della vita migliora. E migliora anche se diminuisce perché aumenta la quantità dei beni autoprodotti o scambiati sotto forma di dono nell’ambito di rapporti comunitari. Peggiora invece se diminuisce il consumo dei beni di cui si ha bisogno, o semplicemente si desiderano, che si possono ottenere soltanto sotto forma di merci. Ristabilire la diversità del concetto di bene dal concetto di merce non significa sostenere che siano alternativi. Il contrario di bene non è merce, ma oggetto o servizio privo di qualsiasi utilità, spreco. Il contrario di merce non è bene, ma oggetto o servizio non scambiato con denaro.


I beni si possono o autoprodurre, o scambiare sotto forma di doni reciproci, o comprare sotto forma di merci. Alcuni beni, quelli che richiedono tecnologie evolute o competenze professionali molto specializzate, si possono avere soltanto sotto forma di merci. Le merci possono essere oggetti o servizi che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio. Se hanno queste caratteristiche sono beni acquistati sotto forma di merci. Se non hanno queste caratteristiche non sono beni.

(Testo estratto dal libro “Solo una decrescita felice (selettiva e governata) può salvarci”, di Maurizio Pallante e Alessandro Pertosa, edito da Edizioni Lindau nel 2017. Maurizio Pallante è il fondatore del Movimento per la Decrescita Felice. Da molti anni si occupa di politica energetica e tecnologie ambientali e ha svolto lavori di consulenza per il Ministero dell’Ambiente riguardo all’efficienza energetica)

ENRICO GIOVANNINI

Professore di Statistica Economica - Dipartimento di Economia e Finanza (DEF) Università di Roma Tor Vergata. Portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - www.asvis.it A Rio+20 segue l’Agenda 2030, un programma d’azione per lo Sviluppo Sostenibile costituito di ben 17 punti. A chi è rivolto?

L’Agenda 2030 dell’Onu, con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, è il frutto di un lungo negoziato, si rivolge a tutti i 193 paesi che l’hanno sottoscritta il 25 settembre 2015, inclusa l’Italia. Stabilisce che tutti sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo, anche se le problematiche possono essere diverse a seconda del livello di sviluppo conseguito. Ciò vuol dire che ogni Paese deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere i 17 obiettivi, rendicontando sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu. Oltre all’impegno di governi e istituzioni, l’attuazione dell’Agenda 2030 richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, imprese, società civile, persone, università e centri di ricerca, operatori dell’informazione e della cultura.

Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili. Le città dei paesi in via di sviluppo come si adeguano a questo proposito?

Secondo stime dell'Onu, entro il 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città. Si dovranno, quindi, affrontare enormi sfide demografiche, ambientali, economiche e sociali. Questa tendenza riguarderà, in particolare, Africa, Asia, America Latina e Caraibi, dove si concentrerà il 90% della crescita urbana. La “Nuova Agenda Urbana”, scaturita dalla Conferenza Habitat III dell’Onu svoltasi a Quito l’anno scorso, ruota intorno a vari impegni presi dai governi, tra cui l’adozione di un approccio territoriale integrato allo sviluppo sostenibile, la promozione di uno sviluppo economico inclusivo e posti di lavoro dignitosi, la promozione di modelli di produzione e di consumo sostenibili, il coinvolgimento dei cittadini, in particolare delle donne,

l’integrazione della pianificazione urbana e quella territoriale, la promozione della trasparenza delle istituzioni locali e regionali, la collaborazione a livello internazionale attraverso la cooperazione decentrata allo sviluppo e modelli di apprendimento peer-to-peer. Su questo tema nel nostro Paese è stato elaborato il Programma operativo nazionale “Città metropolitane 2014 – 2020”, cui afferiscono 892,9 milioni di euro. Inoltre, il Governo ha firmato i “Patti per il Sud” con Napoli, Bari, Reggio Calabria, Messina, Catania, Palermo e Cagliari, il “Contratto Istituzionale di sviluppo” con Taranto e accordi con Milano, Firenze, Genova e Venezia. In questo contesto si inserisce anche il documento dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e di Urban@it “L’Agenda per lo sviluppo urbano sostenibile. Obiettivi e proposte”, che contiene gli obiettivi che le aree urbane devono raggiungere per attuare la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e le proposte politiche. In base alle consultazioni che l’ASviS ha con il Ministero dell’Ambiente (MATTM), qual è il posizionamento italiano rispetto ai 17 obiettivi dell’Onu?

Anche se ha registrato progressi in alcuni campi nel corso degli ultimi anni, l’Italia non è attualmente in una condizione di sviluppo sostenibile. Se proseguiamo di questo passo, non saremo in grado di centrare né i target da raggiungere entro il 2020, né quelli fissati al 2030, a meno di un cambiamento radicale del modello di sviluppo. Nel corso dell’ultimo anno l’attenzione del nostro Paese per l’Agenda 2030 è cresciuta molto, anche grazie al lavoro svolto dall’ASviS e dai suoi oltre 170 aderenti. La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, ancora troppo generica e da dettagliare in termini di obiettivi e azioni concrete, ha incorporato molte delle raccomandazioni dell’Alleanza, tra cui la scelta di attribuire al Presidente del Consiglio la responsabilità dell’attuazione della Strategia. Tuttavia, come segnalano gli indicatori compositi calcolati dall’ASviS, pre-

sentati per la prima volta nel Rapporto che abbiamo presentato a settembre, nel corso degli ultimi anni si registra un miglioramento per nove obiettivi, un sensibile peggioramento per quattro, mentre la situazione resta statica per i restanti quattro. Inoltre, i diversi scenari calcolati per l’Italia al 2030 grazie ad un articolato modello che abbiamo sviluppato con la Fondazione ENI Enrico Mattei, indicano che politiche business as usual non sono in grado di migliorare in modo significativo il benessere, l’equità e la sostenibilità della condizione italiana, mentre adottando un insieme “sistemico” di politiche è possibile migliorare sensibilmente la performance complessiva.

15° obiettivo: la vita sulla terra, e quindi la lotta alla desertificazione e al deterioramento del suolo. In Italia, dove abbiamo il problema dell’abbandono del territorio, non è un controsenso lo sfruttamento del suolo coltivabile a favore degli impianti fotovoltaici o pensare all’agricoltura idroponica?

Come abbiamo sottolineato nel nostro Rapporto, il Catalogo degli incentivi dannosi e favorevoli per l'ambiente, pubblicato a dicembre 2016 dal MATTM, mette nero su bianco l’incoerenza di determinate politiche economiche rispetto agli obiettivi di qualità ambientale e il loro effetto in termini di riduzione del capitale naturale nazionale e del relativo flusso derivante dai servizi ecosistemici. D’altra parte, con il Primo Rapporto sul Capitale Naturale in Italia, pubblicato a maggio, è stato fatto un altro passo avanti nell’evidenziare il valore e l’utilità dei sistemi naturali per la prosperità economica nazionale e per la sicurezza, salute e benessere sociale. Per produrre gli effetti auspicati, questi due importanti lavori devono determinare il varo di un programma per il phase-out degli incentivi dannosi all’ambiente e la coerenza delle politiche necessarie a garantire, entro il 2020, “la conservazione, il ripristino e l’uso sostenibile degli ecosistemi” e “integrare i valori dell’ecosistema e della biodiversità nella pianificazione nazionale e locale, nei processi di sviluppo, nelle strategie di riduzione della povertà e nella contabilità”. Purtroppo, a conferma della scarsa importanza attribuita a questi temi dalla politica, segnalo che ancora non si è concluso l’iter di approvazione della Legge sul consumo di suolo. 63


BLOCK NOTES schio per la Salute a protezione del completo stato di benessere della popolazione. In generale l'ambiente urbano può incidere sulla Salute agendo su diversi livelli:

Stefano Capolongo

Urban Health Il volume Città in salute. Strategie per la tutela e la promozione della salute nei contesti urbani descrive come lo stato di salute della popolazione è da sempre influenzato dalle caratteristiche delle città stesse

La tematica dell’Urban Health sposta l’attenzione del concetto di Salute da un modello medico, prettamente focalizzato sull’individuo, a un modello sociale in cui la Salute è la risultante di diversi fattori socio-economici, culturali e ambientali. Tra i determinanti di Salute, i fattori di rischio ambientali e comportamentali, come ad esempio la sedentarietà, ricoprono un ruolo rilevante all’interno del bilancio di Salute globale. In altre parole, la Salute non è più un aspetto esclusivamente affidato a una tutela e promozione di tipo sanitario, ma una condizione, individuale e collettiva, fortemente influenzata dal contesto ambientale e dalle strategie urbane attuate dai governi locali. Il concetto Health in All Policies ha chiaramente delineato come la Salute non dipenda soltanto dall’offerta dei servizi sanitari e dagli stili di vita, ma anche, e soprattutto, dalla qualità degli ambienti e delle condizioni di vita e di lavoro, dalla disponibilità economica dei cittadini, dalla coesione della comunità e dall’offerta di servizi pubblici di qualità. Molti di questi aspetti sono condizionati da una corretta progettazione e gestione degli ambienti di vita. Il legame fra le specificità morfologiche e funzionali dei contesti urbani e la Salute Pubblica apre uno scenario sul tema attuale dell’Urban Health dato il fenomeno di inurbamento che caratterizza la società contemporanea. Il Population Division Department delle Nazioni Unite stima che, entro il 2050, oltre il 70% della popolazione mondiale vivrà in contesti fortemente urbanizzati e che l’aumento della densità sarà una delle principali tendenze globali, con impatti significativi sulla salute. L’urbanizzazione e la configurazione delle città offrono numerose opportunità per tutelare e promuovere la Salute Pubblica, ma possono anche essere foriere di rischi. Tali rischi preoccupano i Sistemi Sanitari Nazionali e le Istituzioni in generale per l’ampia porzione di popolazione potenzialmente coinvolta: la densità abitativa che caratterizza le aree urbane cambia, infatti, le prospettive per la Salute Pubblica sia in termini di entità dei possibili impatti, che di soluzioni da mettere in campo. Diviene pertanto prioritario saper valutare e indirizzare le scelte progettuali in maniera più consapevole, prediligendo le azioni di pianificazione capaci di limitare i fattori di ri64

• alterando gli stili di vita della popolazione a seguito di cambiamenti sociali ed economici indotti dall'urbanesimo (es: ampia offerta di cibi e bevande non salutari, facile accesso a sostanze psicoattive, prostituzione, gioco d’azzardo, etc.), con conseguenti impatti sanitari negativi quali sovrappeso e obesità, isolamento sociale, patologie mentali, malattie infettive, etc.; • esponendo la popolazione a rischi legati a un ambiente fisico alterato dall’inquinamento (es: emissioni in atmosfera, domestiche e da traffico veicolare, rumore, scarsità di verde urbano e di percorsi pedonali, eccesso di traffico veicolare, etc.), con conseguenti impatti sanitari negativi quali patologie respiratorie e cardiovascolari, sovrappeso e obesità, incidentalità stradale; • alterando i sistemi di supporto vitale della biosfera per la rilevante impronta ecologica delle popolazioni urbane moderne (es: modificazioni climatiche), con conseguenti impatti sanitari negativi dovuti a stress termici da freddo e da caldo, a calamità naturali e variazioni negli eco-sistemi. Al contempo, se le città sono ben pianificate, organizzate e amministrate, i benefici possono superare ampiamente i rischi, consentendo a ciascun individuo di esprimere il proprio potenziale e rispondere positivamente alle opportunità della vita quotidiana. Pertanto, tener conto del ruolo delle città come fattore in grado di promuovere la Salute, è di fondamentale importanza. La pianificazione territoriale e urbana, a grande e a piccola scala, può essere considerata uno strumento chiave per tutelare e promuovere la Salute individuale e collettiva. Diviene quindi prioritario saper valutare e indirizzare le scelte progettuali in maniera più consapevole, prediligendo azioni di pianificazione capaci di limitare i fattori di rischio per la salute a protezione del completo stato di benessere dei cittadini. Partendo da questi presupposti, il volume delinea quelli che dovrebbero essere i principali obiettivi strategici dei progettisti e dei Policy Makers al fine di contribuire alla realizzazione di una “Città in Salute”, riassunti nel seguente decalogo: 1. promuovere una pianificazione urbana che indirizzi i cittadini verso comportamenti salutari; 2. migliorare le condizioni di vita nel contesto urbano; 3. costruire una città accessibile e inclusiva, con particolare riferimento alla popolazione fragile; 4. realizzare aree urbane resilienti; 5. favorire lo sviluppo di nuove economie e occupazione attraverso interventi di rigenerazione urbana; 6. contrastare le disuguaglianze sociali; 7. migliorare il livello di conoscenza dei diversi stakeholder sui fattori che influenzano la salute nelle città; 8. assicurare una governance urbana partecipata; 9. introdurre strumenti prestazionali, quali-quantitativi, in grado di misurare la propensione della città a promuovere corretti stili di vita e monitorare lo stato di salute della popolazione; 10. promuovere la condivisione della conoscenza e l’accessibilità all’informazione.


In tal senso, ricercatori e professionisti, sia tecnici che sanitari, hanno identificato nel concetto di Urban Health la necessità di un approccio inter-disciplinare e trans-disciplinare, al fine di affrontare i principali problemi di salute della città e della società contemporanea; è necessaria un’azione congiunta di coinvolgimento delle comunità che parta dai professionisti stessi. Salute urbana e sostenibilità dovrebbero essere prese in considerazione sin dalle prime fasi della progettazione urbana, tenuto conto, come già detto, che la pianificazione urbana può e deve servire come forma di prevenzione primaria e di collaborazione nel promuovere la salute, mettendo in luce la necessità di un approccio olistico alla costruzione della città. Questo approccio di tipo bottom-up è una delle sfide sanitarie emergenti per tutte le città contemporanee e per i relativi Sistemi Sanitari delle nazioni coinvolte.

(Stefano Capolongo, Professore in Architettura Sociale e Igiene e Sostenibilità dell’ambiente costruito presso il Politecnico di Milano; Dottore di Ricerca in Sanità Pubblica e Architetto. Ha curato il volume “Città in salute. Strategie per la tutela e la promozione della salute nei contesti urbani” insieme alla Professoressa Daniela D’Alessandro (Università di Roma La Sapienza). Il testo rappresenta l’esito del percorso annuale di ricerca del Gruppo di Lavoro “Igiene Edilizia” della Società Italiana di Igiene e Medicina Preventiva (SItI) ed è stato presentato a conclusione dei lavori del 50° Corso “Urban Health. Strumenti per la promozione della salute e la valutazione degli aspetti igienico-sanitari nelle aree urbane”, Erice, Marzo 2017)

PAOLO CORVO

Direttore del Laboratorio di Sociologia dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. È autore di articoli e libri tra cui: “Quando il cibo si fa benessere. Alimentazione e qualità della vita” La FAO nel 2010 ha predisposto un documento in cui descrive le caratteristiche di una dieta sostenibile: basso impatto ambientale, la protezione e il rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, la sicurezza sotto il profilo nutrizionale e la valorizzazione delle risorse naturali e umane. Ce ne può parlare?

Andando per ordine, consumare un prodotto alimentare a basso impatto ambientale significa verificarne l’impronta ecologica, cioè quante risorse naturali sono state consumate nella filiera. Un prodotto risulta sostenibile se consuma poco in termini di terreno, acqua, energia elettrica, trasporti. Negli ultimi anni si stanno diffondendo i prodotti a km 0, che rivalutano il ruolo del territorio e della stagionalità e riducono al minimo i consumi. La salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi è fondamentale per garantire un futuro al pianeta. Purtroppo negli ultimi decenni stanno scomparendo molte specie animali e vegetali, con il rischio di perdere l’equilibrio naturale che la ricchezza delle specie assicura. A difesa della biodiversità si stanno muovendo associazioni e organizzazioni non governative, ma è necessario che anche gli organismi sovranazionali si interessino a questo tema e prendano provvedimenti efficaci e incisivi, al di là di interessi economici e finanziari. Il problema della sicurezza degli alimenti è particolarmente rilevante in un contesto di società globalizzata. Il cibo deve essere pulito oltre che buono e giusto. Occorre garantire l’igiene, la freschezza e la genuinità dei prodotti alimentari con controlli accurati e costanti sul territorio. In passato anche nel nostro Paese si sono verificati episodi spiacevoli di mancato rispetto delle fondamentali norme di igiene e

sicurezza. I consumatori possono svolgere un ruolo significativo vigilando sulla qualità dei prodotti, facendo molta attenzione a quanto scritto sulle etichette. Una dieta sostenibile non può prescindere dalla valorizzazione delle risorse naturali e umane nella preparazione dei prodotti alimentari. In particolare bisogna preservare il benessere animale e operare in un’ottica di sostenibilità sociale e ambientale. Allevamenti di tipo industriale con animali ammassati in pochi metri quadrati rappresentano una ferita che occorre rimarginare al più presto. Il rispetto per l’ambiente naturale è un altro elemento cardine di una visione sostenibile del cibo. Naturalmente non si può prescindere dall’attenzione alle condizioni di lavoro e di vita degli operatori della filiera, a partire da quelli del mondo agricolo e gastronomico.

Le industrie che producono cibo sono tra le più inquinanti. Qualcosa potrà cambiare?

L’attenzione e la sensibilità per i guasti causati dalla produzione di cibo sul territorio sono cresciuti significativamente negli ultimi tempi. Grazie a organizzazioni e movimenti come Slow Food una parte importante dell’opinione pubblica si è resa conto che le prassi dell’agricoltura industriale e massificata rischiano di compromettere l’habitat naturale e l’ecosistema. Si stanno diffondendo buone pratiche di produzione biologica e biodinamica, che salvaguardano maggiormente il territorio e rispettano il benessere animale. Sarebbe opportuna una più diffusa consapevolezza da parte degli operatori agricoli, che li porti a preservare le risorse naturali e a rendere più sostenibile la produzione alimentare. Vi sono comunque segnali positivi di cambiamento che sono incoraggianti per il futuro. Sarà decisivo anche il ruolo delle isti-

tuzioni pubbliche e dei mezzi di informazione.

“Un consumo critico sostenibile” del cibo è sicuramente legato alla cultura e quindi all’età e all’estrazione sociale, ma è connesso anche alla condizione economica. Quali prospettive ci sono per il futuro?

Certamente il consumo sostenibile del cibo è legato all’habitus dell’individuo, che come afferma Bourdieu è formato dai tre capitali economico, sociale, culturale. Ed è pure vero che negli ultimi anni la stratificazione sociale è aumentata anche in Italia per cui si è accresciuto il divario tra l’élite economica e la parte rimanente della popolazione. La crisi economica e sociale ha comportato effetti quasi drammatici per il ceto medio, che è scivolato verso le fasce più basso di reddito. L’impoverimento degli italiani non ha favorito una crescita sostenuta del consumo critico, che generalmente ha un costo superiore all’acquisto di prodotti tradizionali o di bassa qualità. Tuttavia possiamo registrare un aumento del consumo di prodotti biologici, salutistici e biodinamici, a dimostrazione che il desiderio di cambiamento dello stile di vita alimentare si sta diffondendo. Per cercare di raggiungere un benessere diffuso occorre a mio parere ripensare la politica dei prezzi dei prodotti di qualità e legati all’idea di consumo critico. Fermo restando la necessaria differenza di prezzo tra prodotti salutari e alimenti di qualità modesta, sarebbe opportuno che chi vuole consumare in modo critico e sostenibile non debba sostenere spese eccessive e non sopportabili. Per evitare che diventi un prodotto elitario. Si tratta di una riflessione importante che da tempo si è sviluppata nel settore del consumo critico e che sono convinto porterà presto a significativi cambiamenti. Sta nella stessa idea di consumo critico la necessità di una diffusione a livello ampio delle idee e delle buone pratiche. Si richiede l’azione delle istituzioni, dei movimenti e delle associazioni che si occupano di cibo, dei singoli cittadini. 65


BLOCK NOTES Fabrizio Tucci

Verso la città futura La V edizione degli Stati Generali della Green Economy all’inizio del 2016 ha chiesto a un gruppo di esperti di elaborare un “Manifesto della Green Economy per l’Architettura e l’Urbanistica”

A premessa di qualsiasi considerazione strategico-operativa mirata alla costruzione di un Manifesto della Green Economy per l’Architettura e l’Urbanistica, occorre tener presente che il target a cui esso si rivolge è al contempo quello dei decisori politici e delle istituzioni (ai vari livelli, dal centrale-governativo al locale-amministrativo), quello dei responsabili ed elaboratori delle attività di pianificazione e progettazione (da intendersi in senso a-scalare e interdisciplinare, nei vari settori: uffici tecnici pubblici, studi di architettura e di ingegneria, pianificatori, urbanisti, architetti, progettisti, società di progettazione) e quello del mondo delle imprese (industrie di medie e grandi dimensioni, aziende artigiane, soggetti coinvolti sia nelle filiere della produzione di materiali e componenti per l’edilizia e l’urbanistica, sia in quelle della realizzazione delle costruzioni edili e infrastrutturali-urbane), ma va espresso col fine di arrivare ad avere un impatto anche sui cittadini, sugli utenti, sui fruitori. Per questo occorre sottolineare l’importanza della coniugazione di cultura imprenditoriale e cultura progettuale, e affermare subito con forza che la riqualificazione sostenibile del territorio italiano rappresenta l’unica opportunità davvero strategica per il rilancio economico del nostro Paese. In quest’ottica assume il ruolo di elemento-chiave un documento quale è il ‘Manifesto’, base per la futura prossima elaborazione di policy che produrrà lo stesso tavolo nazionale nel proseguo dei lavori, policy che siano in grado di indirizzare le istituzioni pubbliche e di coinvolgere le principali associazioni imprenditoriali e i principali soggetti professionali in questo grande progetto di valorizzazione/trasformazione del nostro territorio, col decisivo supporto delle amministrazioni dall’ “alto” e col consenso e la spinta dei cittadini dal ‘basso’ o – per dirla con Rifkin – dai ‘lati’ (Rifkin J., 2011). A proposito del ruolo delle istituzioni, la necessità di un’ampiezza della visione del Manifesto, sia nel rapporto tra scala locale e globale, sia nel necessario coinvolgimento delle grandi questioni eco66

nomiche, sociali e politiche, rende imprescindibile una forte attenzione al rapporto che esiste tra istituzioni, economia e società. In questo contesto col termine istituzioni non si intende esclusivamente la presenza di enti pubblici, ma ci si riferisce a tutto l’insieme di strumenti pubblici che influiscono sui comportamenti economici, sociali e ambientali; e quindi: le istituzioni in quanto soggetti (le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici o che svolgono una funzione pubblica), i programmi di finanziamento, le leggi, i piani, i regolamenti, le normative tecniche e tutte le multiformi leve con le quali lo Stato, nelle sue diverse espressioni ed emanazioni, influisce sulle relazioni economiche, sociali e ambientali a livello locale e globale, in una prospettiva di Green Economy quale insieme di attività che producono beni e servizi per misurare, prevenire, minimizzare o correggere i danni ambientali alle acque, all’aria e al suolo preservando gli ecosistemi anche con azioni di protezione della biodiversità, così come i servizi e i beni legati ai rifiuti, ai rumori e al consumo di risorse, promuovendo la circolarità del sistema economico (UNEP, 2011). Diffondere la nuova visione della Green Economy per l’architettura e l’urbanistica significa allora rafforzare la consapevolezza del mondo politico-istituzionale, del mondo economico e degli operatori, e di quello della società civile e dei cittadini, sulla necessità di produrre e utilizzare alle varie scale (dal componente, all’edificio, al distretto urbano, alla città, al territorio) beni e servizi di qualità ecologica e ridotto impatto ambientale con modalità in grado di tutelare le risorse naturali (riconoscendone la scarsità), conservare i servizi della natura (riconoscendone il valore), mitigare la crisi climatica (con un’economia a basse e progressivamente nulle emissioni di carbonio) e rispondere a una domanda abitativa in continua trasformazione (con un efficace impiego di materiali, di energia e di tecnologie “dal volto umano”). Alla luce di queste prime considerazioni è importante chiarire che il corretto approccio alla elaborazione del Manifesto è stato quello che ha tenuto – e tiene tuttora – in costante riferimento e considerazione i 10 assi su cui si deve basare e articolare sinergicamente ogni attività finalizzata a dar voce al significato più profondo di Green Economy:

una concezione di scenario che tenga in massima considerazione la questione della ‘scarsità di risorse’ e l’accezione di ‘Economia circolare’ che, secondo il Piano di Azione Globale della Comunità Europea (European Commission, 2017), e in coerenza con quanto affermato dalla European Environment Agency, attiene a un sistema complesso in cui “il valore dei prodotti, dei materiali, dell’energia e delle risorse è mantenuto quanto più a lungo possibile e la produzione di emissioni, inquinamento, scarti e rifiuti è ridotta al massimo” e in cui centrale è “contrastare il depauperamento delle risorse naturali, re-immettere nel mercato le risorse in dismissione e agevolare il recupero delle risorse di valore” (EEA, 2016); una visione di sviluppo che tenda all’attuazione dell’ormai stratificato e codificato principio di ‘Sviluppo sostenibile’, nel rispetto delle diversità culturali e delle peculiarità dei luoghi antropizzati; una stratificazione di significato e di provvedimenti che va dal primo Rapporto Brundtland di trent’anni fa (WCED, 1987),


alla Strategia 2020 messa a punto nel 2010 dalla Unione Europea “per una crescita sostenibile, intelligente e inclusiva, quale passo fondamentale da compiere verso la creazione di una nuova governance europea incentrata sui bisogni della società e di tutto il pianeta, così come sugli stretti legami tra politiche economiche, sociali, culturali e ambientali, compresi i posti di lavoro green” (European Commission, 2010), all’Enciclica papale sull’Ambiente “Laudato si” (Papa Francesco, 2015), fino ai recenti 17 Global Goals for Sustainable Development (United Nations, 2016); una fondativa consapevolezza, quella della criticità e gravità epocali assunte dalla ‘Crisi climatica’, che sta condizionando gli scenari e orientando le principali innovazioni nelle scelte di politica economica, ambientale, sociale, in gran parte del mondo e certamente in Europa e nel nostro Paese (IPCC, 2016), con tappa fondamentale l’Accordo e la Decisione della COP 21 di Parigi che “segnano un cambio di passo globale nel far fronte alla crisi climatica, non solo per il contenuto letterale dei documenti approvati, ma per il significato strategico assunto dal processo reale in atto che con questo Accordo ha trovato un punto di svolta e di nuova spinta mondiale” da parte di 195 governi di altrettanti Paesi firmatari (United Nations, 2015; Fondazione Sviluppo Sostenibile, 2016); una ulteriore consapevolezza, quella sulla centralità di ruolo esercitata nelle prospettive di sviluppo delle nostre realtà abitate dalla questione della ‘Efficienza energetica’ – e più in generale del rapporto tra Architettura ed Energia – questione sulla quale la Comunità Europea ha investito moltissimo ed emanato Direttive epocali, che dalla prima 2002/91/CE alla più recente 2012/27/UE hanno caratterizzato ampi aspetti delle politiche economiche dei Paesi Membri(7), fino a incidere sugli indirizzi degli appalti come nel caso in Italia della recente emanazione dei CAM Criteri Ambientali Minimi dove una parte molto importante è assegnata a un significativo innalzamento dell’asticella nelle prescrizioni sulle prestazioni energetiche degli edifici pubblici (Ministero dell’Ambiente, 2017); una terza importante consapevolezza, quella sulla centralità di ruolo esercitata dal rinnovato significato di ‘Capitale naturale’, che la Carta di Roma elaborata dalla Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione Europea pone come uno degli elementi-cardine su cui basare la strategia UE per rilanciare la crescita e l’occupazione dell’UE, che “mira alla protezione della biodiversità per il suo intrinseco valore, si riferisce alla valorizzazione degli ecosistemi, e contribuisce agli obiettivi dell’UE di crescita sostenibile, di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici e di coesione economica, territoriale e sociale” (Council of European Union, 2015); un duplice principio-chiave della Green Economy, quello che vede combinati insieme i due concetti di “Benessere abitativo” e di “Inclusività sociale”, visione che caratterizza la ricerca del miglior benessere e della più elevata qualità dell’abitare, uniti a quella della dimensione sociale dell’inclusività, per combattere il pericolo che la città produca discriminazione ed esclusione, e approdare a un condiviso principio di ‘Benessere inclusivo’ (UNEP, 2016); una tensione importante verso gli obiettivi di ‘Resilienza’ e ‘Adattività’, che hanno acquisito una posizione di assoluta priori-

tà nella scala dei valori richiesti ai comportamenti mèta-prestazionali delle architetture, delle città, dell’ambiente costruito, dei luoghi dell’abitare, chiamati sempre più spesso e con grande urgenza a fronteggiare e rispondere alle emergenze di tipo ambientale, climatico e microclimatico, sociale e abitativo (European Commission, 2013; European Commission Horizon 2020, 2014); una tensione propositiva e operativa che pone in primo piano il concetto di ‘Rigenerazione urbana’, con i relativi processi e modalità d’intervento, per rendere fattivi e incisivi nelle nostre ricchissime e diversificate realtà abitate le visioni, le concezioni, le consapevolezze, i princìpi sopra enunciati che si pongono come assi portanti di una Green Economy da sviluppare per il futuro delle nostre città, nella dimensione edilizia e urbanistica del nostro Paese (Techne, 2015); un approccio ecosistemico ai problemi, alle questioni in gioco e alle strategie e azioni per risolverli, che faccia fondamentalmente riferimento alla visione di tipo ‘Life Cycle’ strutturante il senso stesso di Green Economy, capace di sostanziare la ‘circolarità’ del sistema economico, la ‘sostenibilità’ dello sviluppo, la ‘mitigabilità’ della crisi climatica, l’‘efficientabilità’ della questione energetica, la ‘capitalizzabilità’ del patrimonio naturale, la ‘inclusività’ del benessere, la ‘adattività’ alle emergenze e la ‘rigenerabilità’ delle città; e di includere il concetto di ‘Costo ambientale’ in tutte le strategie e azioni da questi assi sottese (UNEP/SETAC, 2011); da ultimo, ma non certo per importanza, un necessario e doveroso richiamo alla ‘Bellezza’ dell’Architettura e della Città nel nostro Paese, alla ‘Qualità’ architettonica e urbana ricchissima e diversificata nel nostro Territorio che – nonostante il degrado della crescita quantitativa e dell’espansione incontrollata – è punto di riferimento nel mondo per l’intrinseco valore qualitativo dei suoi spazi dell’Abitare. (Testo tratto dal volume “Architettura, città e territorio verso la green economy”, curato da Ernesto Antonini e Fabrizio Tucci, edito da Edizioni Ambiente srl. Il libro vuole essere una narrazione delle principali tappe del percorso che ha caratterizzato il lavoro di un anno del tavolo nazionale di esperti occupati a elaborare il “Manifesto della Green Economy per l’Architettura e l’Urbanistica” e soprattutto dei passaggi logici, di metodo e di contenuto, che il gruppo ha compiuto nella costruzione scientifica di un quadro di riferimento delle questioni, degli obiettivi, delle strategie. La Green Economy è l’economia del nostro futuro, in grado di tenere aperto il cammino verso uno sviluppo sostenibile nell’era della crisi climatica ed ecologica. La Green Economy punta a rendere concreto e incisivo il percorso, promuovendo conoscenza, ricerca, innovazione, buone pratiche, investimenti, al fine di realizzare i cambiamenti necessari per avere, in modo integrato, economie più stabili e resilienti, un benessere di migliore qualità e più inclusivo, una più efficace tutela del capitale naturale e una maggiore efficienza dei servizi eco-sistemici) 67


TIRPITZ MUSEUM / Blåvand (Danimarca)

Architetto Studio BIG - Bjarke Ingels Group Cliente Vardemuseerne Progetto Tirpitz Museum Luogo Blåvand,Danimarca Superficie 2.800 mq Fine lavori 2017


TIRPITZ MUSEUM / Bjarke Ingels Group

IL MUSEO INVISIBILE In Danimarca nel 1944 i nazisti costruirono un enorme bunker chiamato Tirpitz. Nel tempo, all’interno, venne allestito un primo museo che di recente è stato rinnovato nei contenuti e nell’immagine

Tutte le foto di Rasmus Hjortshoj

di Federica Calò


SCHEMA OROGRAFICO

INTEGRAZIONE CON IL PAESAGGIO Quattro semplici tagli ricavati nella topografia del territorio creano un cortile per il museo. I quattro percorsi si ricollegano alla rete esistente dei sentieri immersi nel paesaggio delle dune del contesto

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n sito già carico di storia e di memoria quello dove risiede il vecchio bunker Tirpitz a Blåvand lungo la costa occidentale dello Jutland in Danimarca. È un tratto del Vallo Atlantico, la linea di fortificazioni estesa dalla Norvegia fino alla Francia che i tedeschi costruirono durante la seconda guerra mondiale per difendersi dai possibili sbarchi alleati e per proteggere dai nemici il vicino porto di Esbjerg. Iniziato nel 1944, con la fine del conflitto esso non fu mai ultimato, diventando negli anni un segno tangibile della guerra. In seguito fu adibito a museo e solo di recente è stato oggetto di un progetto di rinnovo per mano dello Studio BIG – BjarkeIngels Group. Il restyling, avviato nel 2014, è stato finanziato da A. P. Møller, dalla Fondazione Chastine Mc-Kinney Møller, dalla Fondazione Nordea, dalla Fondazione Augustinus e dal

TIRPITZ MUSEUM / Bjarke Ingels Group

Comune di Varde. Il nuovo Tirpitz, sempre avvolto da quel sentimento di tragedia e memoria che lo lega alla storia, è oggi diventato un complesso culturale innovativo. Visitare il Tirpitz non è semplicemente un recarsi in una nuova architettura, ma è un’occasione intensa per unire natura e cultura in modo spettacolare. È un viaggio panoramico che avviene nel tempo e nello spazio dello Jutland occidentale. Si è scelto di realizzare il nuovo museo a ridosso del vecchio bunker, nel bel mezzo di un paesaggio spoglio e brullo, non contaminato, ricoperto da una vegetazione bassa e selvaggia. In questa radura isolata svetta ancora l’imponente monolite scuro che attrae inevitabilmente l’attenzione di chi si reca in questo posto per visitarlo. Completamente opposta a questo monolite è, quindi, la percezione del nuovo edificio che è pre-

Il nuovo museo è stato realizzato a ridosso del vecchio bunker, che appare come un monolite scuro in mezzo al paesaggio spoglio, ricoperto da una vegetazione selvaggia. Completamente opposta a questo monolite è la percezione del nuovo edificio, presente, ma scompare in direzione nord del bunker sotto il terreno

L’intorno è stato volutamente lasciato anonimo, nulla rende gradevole la visita a questo luogo, solo la freddezza del nascondiglio militare


SCHEMA FUNZIONALE Museo del bunker

Museo dell’Ambra

Museo di storia locale Esposizioni speciali Amministrazione Spazi di servizio

CONNESSIONE AL TIRPITZ MUSEUM Un tunnel sotterraneo connette il Museo Tirpitz con il vecchio bunker


TIRPITZ MUSEUM / Bjarke Ingels Group

sente, ma che scompare in direzione nord del bunker, sotto il terreno. L’intorno, all’aperto di questa nuova architettura, è stato volutamente lasciato anonimo. Non è stato realizzato nessun parco circostante, nessuno spazio pubblico, nulla che possa insomma rendere gradevole, a prima vista, la visita di questo luogo. Quello che arriva al primo impatto visivo è l’eterea freddezza del nascondiglio militare. La nuova architettura che incide e segna il terreno diventa come un landmark nel paesaggio e della memoria collettiva, come fosse una cicatrice o un tatuaggio impresso sulla pelle. Dal volume esistente del bunker dipartono, infatti, una serie di fenditure geometriche scavate nella terra che s’intersecano fra loro dando forma

a una sorta di santuario ipogeo ricavato nella sabbia. L’intero spazio distribuito su 2.800 mq si sviluppa interamente sotto la linea di terra, creando così un museo invisibile che si mimetizza perfettamente con il resto del panorama e in netto contrasto con il monolite esistente in calcestruzzo. Il percorso che conduce all’ingresso affianca dapprima la fortificazione esistente, per poi essere incanalato dai tagli nel terreno dai quali prendono forma anche le pareti degli spazi semi interrati che discendono fino a un cortile luminoso all’aperto, che rappresenta il cuore del nuovo Tirpitz Museum. Lungo dei parapetti che mettono in evidenza i tagli è possibile intravedere l’edificio al di sotto verso il patio ipogeo, comprendendo il suo

Dal volume esistente del bunker dipartono una serie di fenditure geometriche scavate nella terra che s’intersecano fra loro dando forma a una sorta di santuario ipogeo ricavato nella sabbia


TIRPITZ MUSEUM / Blåvand (Danimarca)

rapporto con il paesaggio circostante. Le pareti dell’edificio che s’innestano nel terreno sono come grandi vetrate trasparenti che lasciano intravedere la complessità degli spazi interni. Dettagli esterni e parapetti di acciaio corten danno quel tocco di colore intenso e caldo in netto contrasto con tutte le altre tonalità grigie del luogo. Da questo patio si ha accesso alle quattro gallerie che, seppur ipogee, vengono illuminate abbondantemente da luce naturale. Al contrario, nelle ore serali, l’illuminazione artificiale s’irradia dal sotto del terreno e proietta suggestivi e grandi faPIANTA PIANO SEMINTERRATO

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sci di luce a forma di croce verso il cielo, rendendo così riconoscibile il sito da lontano e dall’alto. La planimetria dell’edificio interrato, contrariamente all’orografia spontanea e naturale del terreno che la ricopre, ha una disposizione regolare e geometrica determinata appunto dai quattro tagli. La forma quadrata si suddivide in quattro aree rettangolari ognuna dedicata a un tema differente: il museo del bunker, il museo dell’Ambra, il racconto della storia del luogo e uno spazio per le esposizioni temporanee. La connessione fra le diverse aree avviene attraverso tunnel inclinati in


Le pareti dell’edificio che s’innestano nel terreno sono come grandi vetrate trasparenti che lasciano intravedere la complessità degli spazi interni. Dettagli esterni e parapetti di acciaio corten danno quel tocco di colore caldo in netto contrasto con tutte le altre tonalità grigie del luogo



Nelle ore serali l’illuminazione artificiale s’irradia dal sotto del terreno e proietta i fasci di luce a forma di croce verso il cielo, rendendo riconoscibile il sito da lontano e dall’alto, creando un suggestivo simbolo della memoria di un passato che non deve essere dimenticato


TIRPITZ MUSEUM / Blåvand (Danimarca)

PIANTA PIANO INTERRATO


acciaio e vetro che rimandano al concetto di passaggio segreto, oltre a essere articolati da pareti divisorie volutamente poste oblique fra loro in modo da scardinare la geometria regolare della pianta di partenza. In questi spazi espositivi saranno organizzate mostre temporanee e permanenti, eventi che potranno testimoniare il passato ed essere pertinenti alla storia di questo luogo. Ogni area è stata concepita individualmente in modo da rendere la gestione e la logistica dello spazio il più flessibile possibile ma, allo stesso tempo, possono essere collegate e concepite come un’unica entità più grande. L’obiettivo principale, infatti, è quello di raggiungere ogni anno 100mila visitatori, ai quali mostrare un’interessante programmazione che sarà curata dall’agenzia olandese TinkerImagineers, di base a Utrecht, già autrice di molti acclamati

progetti museali. Nelle varie sale saranno proposte affascinanti attrazioni anche interattive, diversificando in questo modo l’offerta culturale distribuita nelle quattro gallerie; ciascuna, infatti, seguirà il suo ritmo, in sintonia con la sua antica storia: alto e basso, notte e giorno, cattivo e buono, caldo e freddo, il passare del tempo. Oltre a essere certamente riconosciuta come un’architettura dal forte impatto emotivo ed espressivo, il Tirpitz Museum è stato progettato e realizzato anche nel rispetto dei massimi criteri di sostenibilità, che gli hanno permesso di ottenere ottimi risultati anche dal punto di vista del risparmio energetico. L’intero edificio, infatti, è stato certificato dal sistema nazionale danese sulla base di un consumo energetico previsto di 65,3 kWh/m² anno, equivalente al margine migliore del 9,3% rispetto al quadro energetico nazionale.

La planimetria dell’edificio interrato, contrariamente all’orografia spontanea e naturale del terreno che la ricopre, ha una disposizione regolare e geometrica determinata da quattro tagli. La forma quadrata si suddivide in quattro aree rettangolari ognuna dedicata a un tema differente

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PROSPETTO OVEST

PROSPETTO NORD

PROSPETTO SUD

PROSPETTO EST


SEZIONE LONGITUDINALE OVEST

SEZIONE TRASVERSALE NORD

SEZIONE TRASVERSALE SUD

SEZIONE LONGITUDINALE EST


TIANJIN BINHAI LIBRARY / Tianjin (Cina)

Luogo Tianjin,Cina Progetto Tianjin Binhai Library Progettista MVRDV -Winy Maas,Jacob van Rijs and Nathalie de Vries Superficie 33.700 mq Fine lavori 2017


TIANJIN BINHAI LIBRARY / MVRDV - Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries

BIBLIOTECA FLUTTUANTE Tianjin Binhai Library è il nome della nuova biblioteca inaugurata a Tianjin. un esempio di come l’architettura si fonde con l’arte e la cultura, per dar luogo a un oggetto mistico, quasi indefinito, un nuovo Landmark per la città di Mercedes Caleffi


TIANJIN BINHAI LIBRARY / Tianjin (Cina)

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SITO

ESTRUSIONE

INCONTRO

INSERIRE

COLLEGARE

TERRAZZA

LAMELLE

LUCERNARIO

TIANJIN BINHAI LIBRARY


TIANJIN BINHAI LIBRARY / MVRDV - Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries

È un’architettura derivata da un processo di scavo di un volume, apparentemente chiuso e compatto

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uesto singolo edificio in realtà è parte di un masterplan molto più ampio che coinvolge circa 120mila mq di superficie, porzione di territorio recentemente riprogettato dagli architetti tedeschi GMP e che mira a potenziare le caratteristiche dei distretti circostanti. Stiamo parlando di un importante progetto firmato dallo studio di architettura e progettazione urbana di Rotterdam MVRDV, in collaborazione con gli architetti locali TUPDI, la nuova biblioteca Tianjin Binhai Library da poco inaugurata a Tianjin, una delle quattro municipalità della Repubblica Popolare Cinese situata a nord-est della Cina. Il particolare design di questa nuova biblioteca, infatti, aveva come obiettivo quello di diventare un punto di giunzione per la città vecchia, i quartieri residenziali, le aree commerciali e il quartiere governativo, in modo da compensare i programmi mancanti in ognuna di queste aree differenti. Un nuovo manufatto culturale per la città, che funge non solo da centro d’istruzione, ma anche da

connettore fra il tessuto urbano e il parco circostante. Le linee guida del masterplan, inoltre, prevedono che, oltre al progetto di MVRDV, il primo a essere stato finito, siano realizzati successivamente altri quattro edifici culturali progettati da un team internazionale di architetti tra cui Bernard Tschumi Architects, Bing Thom Architects. La biblioteca occupa ben 33.700 mq di superficie ricoprendo un ampio lotto di dimensioni regolari, per poi emergere dal terreno mediante un involucro trasparente a forma di grande e maestoso parallelepipedo. L’intero complesso è interamente rivestito da un sistema di brise soleil orizzontali in alluminio chiaro che articolano lo schema modulare delle vetrate che avvolge l’architettura proteggendola dal sole durante le calde stagioni. Un maestoso ingresso fatto da alti archi a crociera, rivestiti tutti di lamelle in alluminio, accompagnano i visitatori nel cuore della biblioteca. Dalla facciata vetrata principale è possibile riconoscere un’apertura ovale, ottenuta grazie all’assenza, in quel punto,


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TIANJIN BINHAI LIBRARY / MVRDV - Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries

SCHEMA DELLE ZONE

Zona di osservazione

Zona di riflessione

Zona di interazione

dei brise soleil, che perfora l’edificio e che ricorda quasi la forma di un occhio. Internamente, la maggior parte dello spazio è dedicato alla funzione della lettura, intento che avviene mediante un processo quasi di scavo dell’edificio. Il volume, apparentemente chiuso e compatto, è letteralmente sventrato dando vita ad un andamento di curve concave e convesse, che regalano movimento e dinamicità agli ambienti. Al centro di quest’ampio spazio prende posizione una grande sfera bianca, contenente un particolare auditorium destinato agli spettacoli culturali e agli eventi organizzati durante i vari periodi dell’anno. Questo teatro sferico è completamente avvolto da un movimento continuo, curvilineo e sinuoso di lamelle, disposte su più livelli, che dal piano terra raggiungono il soffitto dell’ampio spazio, ricoprendo interamente le due pareti longilinee dell’intero edificio. Le lamelle, che richiamano quasi

una rappresentazione grafica delle curve di livello di un paesaggio particolarmente ondulato e mutevole, sono in realtà l’alloggiamento per tutti i libri archiviati della biblioteca, messi a disposizione per la libera consultazione degli utenti. Ripiani resi accessibili grazie alla creazione di rampe, scale e gradinate, utilizzate per raggiungere i vari piani e per sedersi durante la lettura. Ogni ripiano è stato valorizzato dalla disposizione logica e divisa per temi delle varie monografie ma anche dalla presenza di lunghe strisce di led di luce chiara che evidenziano l’andamento curvilineo dei differenti piani, come a simulare quasi una libreria a cascata che parte dal pavimento fino a raggiungere il soffitto. Quest’atrio a tutta altezza è, inoltre, supportato anche da spazi di servizio sotterranei dedicati alla funzione di archiviazione di libri destinati alla consultazione programmata. Non visibili e sul retro di quest’ambiente quasi fu-

Internamente la maggior parte dello spazio è dedicato alla funzione della lettura, spazio ricavato sventrando un volume compatto esternamente, ma svuotato, dando vita a un susseguirsi di curve concave e convesse che regalano movimento e dinamicità agli ambienti

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TIANJIN BINHAI LIBRARY / Tianjin (Cina)

STRUTTURA

CIRCOLAZIONE

Tetto

Tetto

Piano 5

Piano 5

Piano 4

Piano 4

Piano 3

Piano 3

Piano 2

Accesso dal Piano 1 al Piano 2

Atrio

Accesso dall’ingresso al Piano 1

Piano 1

Piano 1

Piano terra

Piano terra

Scale

Ascensore + scale

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turista, che è il fulcro di tutto l’edificio, sono state dislocate tutte le altre funzioni di servizio come uffici, sale consultazione, aule studio e servizi, in modo da non creare interferenza con l’ambiente che rappresenta in un certo senso il biglietto da visita di quest’architettura, visibile sia dall’interno sia dall’esterno dell’edificio stesso. Dal piano terra i visitatori possono facilmente accedere alle aree di lettura per bambini e anziani, all’auditorium, all’ingresso principale, all’accesso, alle terrazze dei piani superiori collegati al complesso culturale. Il primo e il secondo piano sono costituiti principalmente da sale di lettura, libri e aree lounge, mentre i piani superiori includono anche sale riunioni, uffici, sale computer e audio e due patii sul tetto. L’edificio nel complesso appare molto luminoso, grazie sia al suo totale rivestimento in vetro trasparente permeabile alla luce naturale, sia grazie all’illuminazione artificiale di ogni singolo ripiano interno che fa quasi da diffusore di luce. Sul plafone, proprio in corri-

spondenza dell’auditorium è stato ricavato un ampio lucernaio rivolto al cielo con la funzione di catturare maggior luce naturale possibile nelle ore diurne. La sfera bianca dell’auditorium, invece, in particolare nelle ore notturne, prende vita diventando un grande oggetto luminoso e cangiante. Le fasi dell’ideazione, del progetto, del processo decisionale e della realizzazione di questo edificio sono state celeri, perché è stato completato nell’arco di tre anni, grazie al rigido programma di gestione pattuito inizialmente. Queste tempistiche rigide di conclusione dei lavori hanno però portato a tralasciare un dettaglio rilevante dell’edificio che corrisponde all’accesso agli scaffali superiori dalle stanze poste dietro l’atrio, attualmente quindi inaccessibili. La fruizione completa della biblioteca è prevista per il prossimo futuro. Anche la gestione di questo edificio non è di certo fra le più semplici: infatti, la pulizia periodica di ogni ripiano è prevista da compiere tramite funi e ponteggi mobili.

Sopra: al centro dell’atrio principale prende posizione una grande sfera bianca contenente un particolare auditorium destinato agli spettacoli culturali e agli eventi. Questo teatro sferico è completamente avvolto dal movimento continuo, curvilineo e sinuoso delle lamelle disposte su più livelli

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PIANTA PIANO TERRA

PIANTA SECONDO PIANO


PIANTA TERZO PIANO

PIANTA QUINTO PIANO


PROFILI / Fassa Bortolo

Alla ricerca di nuove soluzioni costruttive Passato, presente e futuro. l’arma vincente di Fassa Bortolo. Azienda leader del settore edilizio che coniuga tradizione e innovazione per un servizio a 360°.Ne parliamo con Antonio Nardi Qual è la mission dell’azienda? «Ogni giorno ci impegniamo a garantire qualità e servizi, con una propensione al continuo miglioramento in tutti i settori: dagli impianti estrattivi agli stabilimenti produttivi, fino alla ricerca e all’assistenza in cantiere. Cerchiamo di rispondere alle esigenze del mercato in modo rapido e soddisfacente e ci proponiamo come punto di riferimento per i clienti. Tutti i livelli della nostra organizzazione sono rivol-

ti alla soddisfazione dei nostri interlocutori. Abbiamo alle spalle una storia di valori che continuano ad essere il nostro fondamento: rispetto, attenzione, qualità. Valori che dal 1710, anno in cui per la prima volta si attesta la presenza di un membro della famiglia Fassa nel settore dell’edilizia, ci hanno portato ad essere uno degli attori più importanti del mercato, con una gamma completa di soluzioni innovative, 15 stabilimenti produttivi e 1.400 collaboratori». Secondo lei quali sono i punti di forza di Fassa Bortolo? «Grazie al nostro Sistema Integrato disponiamo di un’ampia gamma di prodotti: la nostra offerta infatti spazia dalle malte agli intonaci premiscelati, dalle pitture ai prodotti per la posa, fino alle soluzioni per il risanamento, il ripristino e l’isolamento termico. A questi si aggiungono i prodotti per la Bio - Architettura, il cartongesso Gypsotech® completo di lastre e accessori, e la linea di decorativi Sfide d’arte®, per la realizzazione di finiture dall’elevato valore estetico. Un Sistema Integrato in grado di coprire tutte le tipologie di opere edili, dal piccolo intervento al grande cantiere. La nostra capacità di innovarci ci permette di restare sempre al passo con le esigenze del mercato, anticipando e soddisfacendo le richieste di tut-

te le tipologie di clienti, a cui garantiamo un’assistenza tempestiva e continua. Fassa Bortolo come si muove dal punto di vista della sostenibilità? «Il tema della sostenibilità è un tema molto complesso. Parlare di prodotti bio o eco-compatibili non significa solo studiare il packaging da un punto di vista semantico ma, come lo è per la nostra azienda, significa possedere nel proprio DNA la ferma convinzione che è fondamentale avere il massimo rispetto per la natura e per l’ambiente. Noi abbiamo fatto e sempre faremo tutto il possibile per portare nelle nostre attività industriali, con i mezzi più efficienti che la tecnologia moderna ci mette a disposizione, il rispetto che dobbiamo alla natura cercando di salvaguardare i delicati equilibri geomorfologici, idrogeologici e paesaggistici, ben consapevoli che qualsiasi attività estrattiva porta immancabilmente ad una trasformazione del paesaggio e della natura stessa. Per questo motivo l’azienda è stata selezionata da Legambiente come partner per la pubblicazione del Rapporto Cave 2017. Questa filosofia unita alla plurisecolare esperienza nella produzione di calce ha dato vita al Sistema Bio-Architettura Fassa di cui fanno parte la Linea PuraCalce, la linea Ex Novo e la linea di prodot-


PROFILI / Fassa Bortolo

Da sinistra a destra: sede direzionale Fassa Bortolo di Spresiano (TV); centro formazione e convegni di Collalto (TV). Nella foto, sotto: Antonio Nardi, responsabile marketing Fassa Bortolo

PER SAPERNE DI PIÙ Fassa Bortolo via Lazzaris, 3 31027 Spresiano (TV) Tel. +39.0422.7222 Fax +39.0422.887509 fassa@fassabortolo.it www.fassabortolo.it

ti a bassissimo contenuto di VOC denominata Green VOCation®». La sostenibilità può diventare una nuova occasione di bellezza e in questo caso che ruolo giocano nuovi e vecchi materiali? «Sostenibilità significa anche migliorare costantemente la qualità della vita e far emergere ancora di più la bellezza stessa dell’ambiente in cui viviamo. Fassa è tradizione e storicità ma anche lungimiranza e ricerca verso nuove soluzioni costruttive. La combinazione delle due è il connubio perfetto che si fonde per donare bellezza in modo assolutamente rispettoso della natura e di chi ci abita. Nuovi materiali e tecnologie si affiancano, integrandosi, ai prodotti dell’antichità da sempre utilizzati nel settore edilizio. Grazie ai materiali che affondano le proprie radici nella storia siamo arrivati a studiare e formulare prodotti e soluzioni di alto valore estetico scelti dai nomi più altisonanti dell’architettura. La nuova Linea di decorativi Sfide d’arte®, per esempio, è il connubio perfetto tra la secolare produzione di calce e le nuove tecnologie sui materiali che permettono di creare meravigliosi effetti decorativi: perfetta compatibilità tra le tecniche costruttive del patrimonio esistente e le più attuali esigenze di tutela dell’ambiente». Quanto conta la formazione per voi? «È fondamentale formare non solo i nostri operatori, ma anche chi opera nell’edilizia per instaurare una comunicazione diretta a più livelli con progettisti, applicatori, imprese, rivenditori e anche col mondo della scuola per racconta-

re l’azienda a chi si affaccia al mondo del lavoro. Per permettere il miglioramento della professionalità, nel 2007 abbiamo inaugurato il Centro Formazione e Convegni di Collalto (TV), a pochi chilometri dalla sede direzionale: una sorta di campus immerso nel verde, dove si tengono corsi dedicati all’aggiornamento di forza vendita, clienti e personale interno, allo scopo di aiutare professionisti e collaboratori a testare direttamente e a gestire quindi con competenza tutte le linee di prodotto. Organizziamo conferenze e seminari d’interesse tecnico o culturale per progettisti e architetti; coinvolgiamo gli applicatori in sessioni di aggiornamento su prodotti e attrezzature e i rivenditori possono aderire a corsi e incontri specifici per preparare i clienti e il proprio personale. A tutto questo si aggiunge il nostro motorhome, un vero e proprio showroom e centro di formazione mobile, che viaggia nelle principali città italiane ed estere, permettendoci di essere presenti in modo capillare sul territorio». Ricerca e innovazione/ tradizione: sono due lati della stessa medaglia o si escludono a vicenda? «Innovarsi è fondamentale, così come è fondamentale restare legati alla propria tradizione, ai valori delle nostre origini: solo il giusto connubio tra passato, presente e futuro permette di svilupparsi e di migliorarsi col tempo. Per noi la memoria del passato è stimolo per il futuro». Secondo lei quanto contano ricerca e sviluppo nel vostro settore?

«Sono due elementi imprescindibili per migliorare i risultati. Ecco perché da oltre vent’anni ci siamo dotati di un centro ricerche interno: un laboratorio con apparecchiature all’avanguardia, (dalla fluorescenza alla diffrazione, dai raggi X ai microscopi elettronici, alla granulometria laser) che consentono di analizzare le materie prime e valutarne le caratteristiche chimico‐fisiche, per selezionare le formulazioni più efficaci e prevederne, attraverso specifici test, il comportamento nelle diverse condizioni ambientali. L’attenzione alla ricerca è comprovata dall’ottenimento della Certificazione ISO 9001:2008, un’ulteriore conferma della qualità superiore che anche in questo campo offriamo all’edilizia. L’impegno per l’innovazione si concretizza anche attraverso le tante iniziative di cui ci facciamo promotori: ne sono esempio il Premio Internazionale Architettura Sostenibile e il Premio Internazionale Domus Restauro e Conservazione, entrambi ideati e promossi da Fassa in collaborazione con la Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara, con l’obiettivo di far conoscere progetti che abbiano saputo interpretare in modo consapevole principi di sostenibilità e conservazione. La collaborazione con l’Università di Ferrara, non si esaurisce solo in un’iniziativa di comunicazione, ma consiste in una vera interazione con condivisione di obiettivi e progetti. Perché il valore di Fassa è anche e soprattutto cultura, confronto, innovazione, per dare un contributo importante all’evoluzione dell’edilizia». 93



PALCOSCENICI URBANI / Berlino (Germania)

L’ARTE URBANA E LA CITTÀ CONTEMPORANEA. ESEMPI IN GERMANIA La street art diventa strumento per riqualificare la città, nelle sue aree più problematiche e marginali, attivando energie attraverso progetti condivisi. L’arte irrompe nel quotidiano veicolando messaggi e riportando l’attenzione sulle periferie degradate. La East Side Gallery, a Berlino, comprende più di cento opere su una superficie di un chilometro del muro. È considerata come un monumento in ricordo della caduta del muro e con esso del superamento dei confini e delle divisioni che ostacolano la pace e la convivenza pacifica

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PALCOSCENICI URBANI / Berlino (Germania)

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PALCOSCENICI URBANI / Berlino (Germania)

La cultura e, in particolare, l’arte sono in misura crescente considerate come importanti leve di trasformazione e di rivitalizzazione per lo sviluppo urbanoterritoriale. Riqualificare gli spazi o reinventare i luoghi attraverso progetti focalizzati sugli aspetti artistici, culturali e creativi è oggi uno degli obiettivi presenti nelle agende urbane dei diversi Paesi. L’idea di usa è che le attività culturali possano promuovere la competitività e, nello stesso tempo, la partecipazione. Il ricorso a partire dagli anni Ottanta alle politiche culturali come una delle strategie per la rigenerazione urbana ha avuto e etti contraddittori. Molto spesso nonostante l’intenso dibattito degli ultimi trenta anni, le politiche culturali, in particolare in Italia, sono state orientate verso forme artistiche elitarie, mentre l’obiettivo di favorire l’accessibilità all’arte da parte delle comunità e dei gruppi sociali marginali è spesso rimasta inascoltata. Scarsa attenzione e risorse limitate sono state riservate anche alla conservazione dell’ampio patrimonio artistico e architettonico esistente, al miglioramento della sua accessibilità e alle possibilità di fruizione. Nell’ultimo decennio, tuttavia, la situazione economica e la discontinuità delle politiche hanno evidenziato l’esigenza di realizzare da un lato delle azioni a sostegno dei singoli settori della cultura e, in sinergia con queste, una strategia che

focalizzi l’attenzione sulla cultura e sulla creatività secondo una visione sistemica che comprenda i vari settori e sia capace di attivare proprio partendo dalla cultura processi complessi tra attori, attività diverse, percorsi di conoscenza e di crescita individuale e collettiva. Una possibile soluzione è rappresentata da alcuni decenni dal riuso creativo e sociale dei beni che ritrovano nuovi utilizzi e significati conservando forme del passato. È il caso del riuso dei vecchi contenitori industriali spesso per usi creativi come è avvenuto nelle città della Ruhr in Germania, a Berlino, a Glasgow o a Londra, in cui tutela e fruizione dei beni trovano una piena realizzazione. Un altro aspetto di grande interesse è dato dal rapporto tra arte e rigenerazione: l’arte urbana, in particolare, la street art diventa strumento per riqualificare la città, soprattutto nelle sue aree più problematiche e marginali, attivando energie attraverso progetti condivisi.

Street Art come strumento di rinnovo urbano L’arte urbana è un fenomeno che nasce nelle strade, tra la gente, in modo informale e temporaneo, in una fase successiva diventa espressione creativa permanente, assume un carattere più formale, si colloca spesso negli spazi concessi dalle istituzioni, modificandoli. L’arte irrompe nel quotidiano, con i suoi colori, le sue rappresentazioni, veicolando messaggi di protesta, contro

il degrado, il disagio sociale, comunicando attraverso richiami storici, eventi della contemporaneità, simboli. Oltre alla sua funzione comunicativa, la street art diventa, in particolare negli ultimi anni, uno strumento per riportare l’attenzione su quelle periferie senza nome che caratterizzano i territori urbani. L’arte viene utilizzata come una delle possibili risposte alle molteplici domande che la città contemporanea pone, riassumibili nell’idea di migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti. Ai suoi esordi, la street art nasce come un pericolo da arginare, insieme al graL itismo; in una prima fase è considerata come una forma di illegalità, una minaccia per la proprietà privata e i beni pubblici, per gli stessi cittadini. Ma la street art è anche considerata come un eL icace strumento comunicativo, in grado di stabilire un dialogo tra l’artista che si fa interprete dei bisogni e dei desideri della comunità e gli attori pubblici, gli abitanti, le istituzioni. Queste ultime hanno compreso il ruolo che la street art può avere nei processi di riqualificazione dell’ambiente urbano. In Europa si diL ondono spazi in cui gli artisti realizzano le loro opere, modificano gli spazi, contrastano il degrado, agendo nelle aree periferiche delle grandi città come veri attivatori di sviluppo socioeconomico. L’arte entra in contatto con la città e con i suoi abitanti per realizzare obiettivi condivisi di “riqualificazione”, per con-

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PALCOSCENICI URBANI / Berlino (Germania)

tribuire, certamente insieme ad altre misure e a una visione integrata dello sviluppo urbano a innescare processi più ampi e a lungo termine di rigenerazione, restituendo ai territori la propria identità, e promuovendo negli abitanti un rinnovato senso di appropriazione verso i luoghi. La street art esito di una cultura underground, si diL onde e riporta l’attenzione sui vuoti e gli spazi abbandonati della città che riacqui-

mosi street artist come sede per la realizzazione di interessanti opere, oggi risorse di grande attrazione in città. Su un frammento dello storico Berliner Mauer che dal 1961 ha diviso le due Germanie, lungo il fiume Sprea, è possibile ammirare opere di 118 artisti provenienti da diversi Paesi. In questi spazi, che per il loro valore storico e simbolico rappresentano luoghi della memoria, questi artisti contemporanei hanno lasciato i

bana, la street art, in particolare pone in evidenza il suo carattere di arte sociale ma anche il valore etico delle sue rappresentazioni; la dimensione estetica non rappresenta solo una caratteristica in sé compiuta ma è strumento per attrarre l’attenzione e sollecitare delle riflessioni. In un tratto del vecchio muro di Berlino è possibile osservare l’immagine di una Trabant, la storica auto della DDR targata 1989, che appare dopo aver

La street art è anche considerata come uno strumento comunicativo, in grado di stabilire un dialogo tra l’artista che si fa interprete dei bisogni e dei desideri della comunità e gli attori pubblici, gli abitanti, le istituzioni stano visibilità e narratività. Oltre agli interventi finalizzati alla lotta contro l’abbandono e l’incuria sono innumerevoli i casi in cui la street art crea dei veri e propri musei a cielo aperto, come è avvenuto dopo la caduta del muro a Berlino, oggi uno dei principali hotspot della street art in Europa. Alcuni esempi di Street Art a Berlino Berlino, dopo la riunificazione è stata scelta da fa-

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loro messaggi. La East Side Gallery nel quartiere di Friedrichshain comprende più di cento opere su una superficie di circa un chilometro del muro, incentrate sui temi della libertà e sugli eventi che hanno caratterizzato i drammatici anni della “città divisa”. La storia recente si palesa alla contemporaneità attraverso la rappresentazione di momenti salienti, l’arte esce dal chiuso dei musei per raccontare, denunciare, ricordare. L’arte ur-

sfondato una parete. Su questa si legge la frase “test the rest”, un invito a riflettere sul futuro della città. Oggi la East Side Gallery è considerata come un vero e proprio monumento in ricordo della caduta del muro e con esso del superamento dei confini e delle divisioni che ostacolano la pace e la convivenza pacifica. Ogni anno più di tre milioni visitano queste opere che si pongono come simboli della riunificazione tedesca: un modo per


PALCOSCENICI URBANI / Berlino (Germania)

ricordare il passato ponendolo in stretta connessione con il presente. Anche nella zona di Mitte, o a Mauerpark, sempre sui frammenti del muro o a Kreutzberg è possibile osservare opere di artisti di fama internazionale come Banksy o Blu. In particolare le opere di Banksy si distinguono per il loro contenuto sociale, i suoi murales focalizzano l’attenzione su un aspetto specifico della contemporaneità, contengono messaggi contro la guerra, i contenuti riguardano la politica, la cultura, l’etica. La street art si diL erenzia da altre forme di arte per la leggibilità dei messaggi e la fruibilità dell’arte da parte di persone diverse per cultura, età, etnia. A volte la protesta diventa estrema come nel caso dell’artista italiano Blu, autore negli anni tra il 2007 e il 2008 di “Brothers" e "Chain", due famose creazioni, cancellate dallo stesso artista nel dicembre 2014 a Berlino. Le opere, tra le più significative della capitale tedesca, negli ultimi mesi erano state oggetto di un vivace dibattito per un progetto di riqualificazione dell’area. La proprietà del terreno, infatti, aveva annunciato la prossima riqualificazione di un’area nei pressi del fiume Sprea, dove da anni vivevano creativi e senzatetto provenienti da tutto il mondo. La decisione di Blu di oscurare le sue opere nasce dall’idea di contrastare il proposito di trasformazione dell'area, scelta per un’operazione immobiliare che prevedeva la costruzione di appartamenti

con vista sui murales. La reazione di protesta di Blu è legata ad uno dei side e$ ects dell’urban art: la presenza di queste opere d’arte crea dei fenomeni di gentrification, l’aumento dei valori immobiliari, innescando meccanismi speculativi. La street art che nasce come arte di strada, si pone in antitesi verso le logiche di mercato ed i tentativi di privatizzazione o di esclusione. L’arte è, inoltre, associata all’idea di libertà e di condivisione. L’idea di rimuovere le opere dalle pareti e di sistemarle nei musei al chiuso dove il godimento di esse è concesso solo a pochi genera reazioni controverse. La recente apertura del museo berlinese di Schöneberg, dedicato alla Street Art, l’Urban Nation for Urban Contemporary Art nel settembre 2017 si propone come qualcosa di più rispetto ad un museo: il leitmotiv è dato dalle tre parole chiave; “Connect, Create, Care”. Il tentativo è di connettere attraverso l’arte musei, strade, edifici, gallerie, per un’arte pubblica che è soprattutto arte sociale e fa della città l’oggetto della sua rappresentazione. “A di$ erenza di quanto accadeva negli anni ’70 nelle prime esperienze di public art, oggi gli artisti fanno dell’ambiente urbano non solo più uno sfondo, un palcoscenico, ma l’oggetto dell’opera d’arte stessa” (Inguaggiato, 2010). Il no di Blu e di altri artisti alla mostra “Street Art Banksy & Co” a Bologna ha riaperto un dibattito che sembra non trovare una facile soluzione. Se

alcuni autori vedono nella musealizzazione delle loro opere un tentativo di vanificare il senso delle loro creazioni, opponendosi alla decisione di trasferirle in edifici chiusi, la decisione di esporre le opere in ambiti protetti è data dalla preoccupazione di tutelarle e di conservarle dagli eL etti del tempo. Come conciliare la tutela di queste opere poste in una dimensione chiusa per un’arte che per definizione è aperta, libera e si oL re alla lettura collettiva? L’arte, così come la cultura più in generale, non può identificarsi con la sola tutela né con la sola produzione, ma dovrebbe favorire la connessione di tutela e fruizione, favorirne la fruizione nel presente e promuovere nuove forme di cultura, di arte caratterizzate da modalità organizzative alternative e da una partecipazione diL usa, obiettivi che l’arte urbana si propone di realizzare. Rossana Galdini Prof. Associato di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio. Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche. Sapienza Università di Roma

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BISOGNO DI TRASPARENZA

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DESIGN / Plexiglas

Il suo acronimo è PMMA. È il “polimetilmetacrilato”, un particolare materiale termoplastico, sviluppato in Germania negli anni trenta e noto anche con altri nomi commerciali: Plexiglas, Perspex, Lucite, Trespex. È molto usato perché, oltre ad essere versatile e malleabile, è trasparente. E allora ci si chiede, cos’è la trasparenza? Di sicuro è quella proprietà, opposta all’opacità, che consente alla luce di passare attraverso un materiale, almeno nel campo dell’ottica. E proprio per questa sua caratteristica del lasciar intravedere cosa c’è oltre, la trasparenza ha da sempre affascinato il mondo dell’edilizia e dell’arte. Essendo associata all’acqua e all’aria, è divenuta nel tempo simbolo di purezza. Non è un caso che con riferimento alla vita pubblica trasparenza significa assenza di segretezza. In un regime economico di libera concorrenza rappresenta la possibilità di conoscere i termini delle contrattazioni. E anche in campo alimentare è importante perché dà al consumatore la possibilità di acquistare con consapevolezza. Il mondo ha sempre più bisogno di trasparenza. E questa precipua peculiarità da sempre riconosciuta al vetro è oggi, grazie alla chimica, una dote di altri materiali come il polimetilmetacrilato, un prodotto che in trasparenza è giunto a superare lo stesso vetro soprattutto se pigmentato. Ma una defiance il polimetilmetacrilato purtoppo ce l’ha, si graffia. Condizione a cui è possibile porre rimedio se il danno non è eccessivamente profondo. Wind, LuceSolida. Scaffale a scala disegnato da Danilo Fedeli. Realizzato in plexiglas con quattro utili ripiani ed elementi in ottone cromato. Il design raffinato e semplice allo stesso tempo lo caratterizza sia come elemento decorativo che come pratico portaoggetti.

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DESIGN / Plexiglas

Ghost, NSD factory. Libreria in plexiglas colato, composta da tre lastre dello spessore di 15 mm tagliate a laser e da elementi cilindrici in alluminio tornito e spazzolato. I bordi tagliati a laser sono carteggiati a mano per ottenere una superficie opaca che, in contrasto con la trasparenza, ne conferisce una maggiore tridimensionalità . La libreria è completamente personalizzabile nelle dimensioni, forme e colori.


DESIGN / Plexiglas

Resort, LuceSolida. Tavolino basso da salotto in plexiglas dai tratti neoclassici con particolare in ottone cromato. Disegnato da Danilo Fedeli, è il risultato dell’innovazione e di una costante ricerca di perfezione estetica e tecnica. Si assembla rapidamente in pochi semplici passaggi. Disponibile anche nella variante cromatica fumé trasparente.

Nerina Neri, Plexiglass by Scrambled Design. Sedia appartenente alla famiglia Neri, formata da un piano chiamato “seduta” in plexiglas nero, da quattro gambe di sostenimento in acciaio verniciato e da uno schienale sempre in plexiglas nero.

Ambrogione, Plexiglass by Scrambled Design. Tavolino pliant con vassoio in plexiglas trasparente, tagliato a laser e rifinito a mano. Pratico ed elegante, Ambrogione si adatta a ogni stile e dà un tocco di originalità a ogni ambiente.

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DESIGN / Plexiglas

Coffee Table Sushi, SeĂ Design. Forma quadrata per questo tavolo tridimensionale con cilindri contenitori multifunzione: porta riviste, glacette, lampada, vaso, powerbank (in plexiglas trasparente, nero e opalino).

Bon Bon, Marco Pettinari. Un tavolino molto particolare: su dei moduli in plexiglas trasparente viene incollata una lastra di materiale colorato. I moduli sono poi assemblati tra loro per costruire una forma. Ăˆ un pezzo unico (misure: cm116x82, H44).

Terry, NSD factory. Poltrona realizzata con fianchi in plexiglas trasparente, spessore 20mm tagliati al laser e carteggiati sui bordi a mano, travi in alluminio tornito e spazzolato e rondelle per il fissaggio tornite in alluminio. Il tutto fissato con viti in inox M10. I cuscini (non presenti nella foto) sono realizzati in poliuretano ad alta densitĂ e rivestiti in tessuti vari.

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DESIGN / Plexiglas

Line-Up, Seà Design. Lampade a sospensione (sorrette da aste che si intersecano) e da tavolo (con base d’appoggio e illuminazione centrale) a forma quadrata, circolare e triangolare, in plexiglas trasparente e nero. Fanno parte della linea EOA (Elementary Oriental Atmosphere).

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DESIGN / Plexiglas

Pixel, Marco Pettinari. Consolle in plexiglas realizzata attraverso una maniacale sequenza di incollaggi, tra materiale trasparente e lastrine colorate. Una sorta di mosaico del 21esimo secolo.

Red Olive Lamp, Marco Pettinari. Lampada in plexiglas di diametro cm 18 e altezza cm 50. Realizzata da un blocco tornito e poi lavorato a mano. Sul fondo è incollato un pezzo di plexiglas rosso fluorescente per poter giocare con i riflessi interni del materiale. Il tutto montato su una base in ottone.

Vinilio e Imac, Designtrasparente. Sinuoso, Vinilio è un contenitore elegante e minimalista, realizzato in plexiglas trasparente. Ha due pratiche maniglie per essere spostato e quattro tasselli in plexiglas posti sotto perché non si graffi a contatto con il pavimento. Imac è una consolle salvaspazio da parete realizzata con un foglio termopiegato in plexiglas dello spessore di un centimetro.

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DESIGN / Plexiglas

MATERIALE FLESSIBILE

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indicarlo come un surrogato del vetro è molto riduttivo. Il plexiglas ha oggi una dignità espressiva a se stante. Viene utilizzato in tantissimi settori, in particolare in quello delle costruzioni e nell’illuminotecnica e, come spiega carlo santulli, potrebbe ancora avere potenzialità inespresse

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ome, quando e dove è nato il plexiglas?

Il plexiglas, ovvero il polimetilmetacrilato (PMMA), è nato in Germania alla fine degli anni ’20, infatti il nome è di origine tedesca e, come indica il nome stesso, si tratta di una plastica che è chiamata a essere un surrogato del vetro, cosa ottenuta in effetti nel giro di qualche anno dopo la prima sintesi. In altri paesi il plexiglas prende, però, nomi differenti, evidenziando sempre la questione della trasparenza, per esempio nel Regno Unito viene definita come Perspex, nome che in ogni modo dà sempre una forte enfasi sulla sua caratteristica di sostanziale trasparenza alla luce, come lo dà un altro termine usato per un prodotto simile, Lucite. Come si è evoluto negli anni?

Carlo Santulli È professore di Scienza e Tecnologia dei Materiali presso l’Università di Camerino. Si è laureato in ingegneria chimica e in lettere e ha un dottorato di ricerca in Materials science and engineering conseguito all’università di Liverpool. È esperto di materiali sostenibili, biomimetica e controlli non distruttivi. Le sue ricerche si sono concentrate in particolare sui composti polimerici

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Con gli anni, cosa che è comune all’evoluzione delle termoplastiche dagli anni ’30 in poi, il plexiglas ha perso le caratteristiche di “surrogato” di un materiale più costoso, assumendo invece una propria dignità espressiva a se stante. Per esempio si è acquisita la possibilità di farne lastre colorate non necessariamente trasparenti, mi riferisco in particolare al bicolore ottenuto per colata diretta, che ha trovato vaste applicazioni nell’ambito del design, in particolare qui in Italia ad opera di Guzzini. Di conseguenza, si è discostato fortemente da quel che era all’inizio, cioè un succedaneo del vetro, ma di minor peso e anche minor fragilità in certe situazioni particolari. Ancora più di recente ha acquisito particolari caratteristiche di modularità, non necessariamente legate alla curvatura, come nel caso dell’alveolare. Quali sono le caratteristiche principali del plexiglas?

Prima di tutto il plexiglas ha un’alta trasmissione della luce, che permette di essere termoformato senza perdita di trasparenza. Va anche notato che la prolungata esposizione all’umidità o anche l’immersione in acqua per tempi significativi non produce effetti notevoli, e inoltre ormai è di norma stabilizzato rispetto ai raggi ultravioletti e all’esposizione alla luce solare, sicché rispetto ad altre plastiche è consigliato anche per applicazione in esterni. Rispetto a quest’applicazione può essere facilmente lavato con l’utilizzo di soluzioni diluite di


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Paralume Liviano di Evonik Performance Materials GmbH: offre un efficace gioco di linee che cambia in base alla prospettiva dell’osservatore, è fatto interamente in plexiglas

acidi o basi. Qualche problema lo mostra soltanto nel caso dell’utilizzo con composti clorati, benzenici, esteri o acetone. Può essere efficacemente lavorato con l’uso di sega, trapano, molato, inciso e anche rifinito con utensili, come possono esserlo anche le superfici tagliate. Sopporta con facilità di essere curvato o termoformato anche a bassa temperatura e diverse parti hanno la possibilità di essere giuntate in modo resistente e praticamente invisibile. È colorabile in una varietà di tinte, oltre che essere trasparente, può essere estruso oppure stampato in fogli, barre o in forma tubolare, ma anche con profili adattabili secondo le esigenze. Come viene utilizzato nei settori del design e dell’edilizia?

L’edilizia continua a prediligere l’utilizzo del plexiglas come sostituto del vetro, tuttavia ci sono applicazioni particolari, come per esempio Kolonihavehus, una particolare struttura per esterni che è costruita da barre di ferro saldate ad angolo e un gran numero di scarti di plexiglas riutilizzato. Il riuso è un’applicazione interessante in questo caso, considerando le alte temperature richieste per la depoli-

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A destra: cabine in plexiglas realizzate per gli artisti al Festival dei Nibelunghi: offrono uno sguardo all’interno e sono al tempo stesso molto resistenti (Evonik Performance Materials GmbH). Sotto: un rubinetto in plexiglas

merizzazione. Nel design c’è invece da decenni una molto maggiore flessibilità, considerando le molte applicazioni in ambito di sedute, tavoli e complementi d’arredo per esempio, che giocano anche sulla possibilità di praticare tagli rifiniti ed eventualmente incastri reversibili senza elementi di giunzione. Un esempio paradigmatico a questo proposito era già il Playplax di Patrick Rylands, che proponeva già nel 1966 l’incastro a puzzle di pareti diversamente colorate di plexiglas come complemento d’arredo, tra tavolino e séparé. Qual è il settore in cui viene maggiormente utilizzato?

In realtà i settori sono i più vari, anche se c’è senza dubbio una particolare enfasi sul settore delle costruzioni e dell’illuminotecnica, in particolare nell’ambito del commercio per vetrine o allestimenti, attrezzature per illuminazione, come paralumi, lucernai o tubi di illuminazione mobili, segnaletica per esterno, ma addirittura sculture, dove la capacità di mobilità apparente e di flessibilità espressiva può essere ben sfruttata.

In qualche maniera può essere considerato un materiale sostenibile?

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Il plexiglas è un materiale di vita lunga, in definitiva non molto soggetto a degradazione ambientale, quindi in questo senso ha uno scenario piuttosto favorevole, rispetto ad altre termoplastiche, anche per la possibilità di creare con esso strutture resistenti. Inoltre, ha ormai una lunga tradizione di utilizzo anche in determinati ambiti legati al design, che oltre a garantire una certa varietà di utilizzo, assicurano un possibile alto gradimento da parte del pubblico, che è esso stesso in certo senso sostenibilità.


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È un materiale riciclabile?

Con processi a letto fluidizzato è altamente riciclabile in termini di quantità di materiale, fino a recuperare oltre il 95% di monomero. Tuttavia la qualità del monomero ottenuto è inferiore, specialmente per quanto riguarda la velocità di ripolimerizzazione e l’abbassamento della temperatura di transizione vetrosa, per cui non è ipotizzabile l’esatta riproduzione della situazione di utilizzo precedente. Il plexiglas ha ancora potenzialità inespresse?

Probabilmente sì, come materiale piuttosto performante anche in situazioni nelle quali per esempio le bioplastiche incontrano difficoltà, come nel caso della resistenza al taglio, oppure le altre termoplastiche, come le poli-olefiniche, non hanno sempre la possibilità di venir formate in lastra o di venir modellate con spessori anche notevoli. È pensabile che tale superiorità del plexiglas permetta di procedere con una nuova e anche più vivace stagione di utilizzo, specie pensando a una modularità o al conseguimento di effetti del tipo “vedo-non vedo”, che risultano particolarmente graditi negli ultimi anni, e per i quali poche plastiche tradizionali si prestano.

In Italia viene utilizzato quanto all’estero?

L’utilizzo del plexiglas in Italia è probabilmente più volto a piccoli oggetti di design o anche a un uso in interni, rispetto alla tendenza che c’è in altri paesi, anche con condizioni climatiche più estreme, dove si fa apprezzare molto di più per la sua resilienza all’impiego in esterni e nell’arredo urbano. Forse in Italia l’uso è in termini di volumi di affari più ridotto, ma in termini di qualità progettuale direi che è senz’altro superiore.

20.000 differenti cristalli Swarovski rendono questa scala in plexiglas un vero gioiello: è realizzata da Evonik Performance Materials GmbH (un segmento di Evonik, creativo gruppo industriale tedesco) che si occupa di sviluppo e produzione di materiali polimerici e di prodotti intermedi, destinati soprattutto all’industria della gomma e della plastica

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PAROLA D’ORDINE: RICICLO

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Un designer con una storia atipica alle spalle e con la passione per il plexiglas, con cui realizza soprattutto lampade di diverse dimensioni. Sauro Marchesini racconta la purezza e la leggerezza di questo materiale

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all’essere un bancario a diventare un designer il passo non sembrerebbe breve per niente. È stato brevissimo, però, per Sauro Marchesini, bolognese, che dopo 33 anni di lavoro in banca si dedica oggi, a tempo pieno, all’arte e al design, che sono state da sempre le sue grandi passioni e che adesso sono diventate qualcosa di più. «Ho cominciato a concretizzare delle idee e con l’apprendimento di un po’ di tecnica ho potuto realizzare i primi oggetti: brutti, sproporzionati, ma vivi e migliorabili», si legge sul suo sito. Marchesini lavora con tantissimi materiali diversi, il suo pallino è quello di “resuscitare” i materiali, recuperando scarti di vetro, carta, cartone, plexiglas raccolti in discarica od ovunque si riescano a trovare. Il plexiglas, in particolare, è uno dei suo materiali preferiti: «è un materiale meraviglioso, - racconta - quando l’ho scoperto stavo lavorando con il vetro e ho notato come il plexiglas fosse un materiale molto più affascinante, malleabile e moderno».

Cosa la affascina del plexiglas?

Ho scoperto e amato il plexiglas per la sua estetica, la sua purezza e la sua leggerezza. Bucarlo, smerigliarlo, tagliarlo, e intravedere attraverso i suoi mille usi una capacità versatile e moderna. Amo l’emozione che comunica, dopo avere spazzolato la sua perfetta trasparenza, con segni scomposti, graffiati, incisi, e scoprire che, attraverso la luce di una banale lampadina, ti appare nella sua totalità, una luce morbida e d’atmosfera, che ti fa pensare all’alabastro. Materiale naturale d’eccellenza di cui il plexiglas, nonostante la sua derivazione artificiale, riflette gli stessi effetti luminosi, imitandoli e, a mio parere, da un punto di vista artistico, superandoli. Come non amarlo. Quale percorso l’ha portata a dedicarsi al plexiglas?

Solo la curiosità di capire come avrei potuto utilizzare questo materiale che scoprivo accatastato in un contenitore industriale pronto allo smaltimento. Ritagli di scarti di lavorazione di ogni forma, e la percezione che, da tanti pezzi piccoli assemblati, potevo farne di più grandi. Un patchwork unito con viti e dadi d’acciaio. Si rapporta al plexiglas come a qualsiasi altro materiale o in maniera diversa?

A me piace lavorare molti materiali, e anche per il plexiglas, come per gli altri, quello che amo è l’aspetto dinamico dell’assemblaggio: quando devo unire tante piccole forme nella ricerca di crearne una più grande, e cercare di combinare al meglio gli aspetti scenici ed estetici.

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Quali sono gli aspetti positivi di lavorare con il plexiglas e quali quelli negativi?

È gratificante, nel mio caso, utilizzare questo materiale che altrimenti sarebbe destinato alla discarica. Riabilitarlo a matrice di un oggetto d’uso, che ne assumerà il carattere e l’originalità primitive. L’aspetto “antipatico” sta nella spazzolatura che produce una polverina fastidiosa.

Quando vede un materiale di recupero, come una lastra di plexiglas appunto, e decide di prenderlo, sa già cosa diventerà?

Ho una percezione dell’utilizzo molto lenta. Spesso l’interrogativo si ripresenta più volte, una specie di enigma che si dissolve nel tempo, con una incognita sempre presente, che si ripete su forme che non riesco a integrare all’istante, e vengono accantonate, disponibili per una prossima idea a venire...(forse). Il plexiglas secondo lei è un materiale troppo poco sfruttato nell’ambito del design?

No, è un materiale molto importante, e sempre più usato dai designer. È moderno, pratico, glamour, e secondo me è in continua evoluzione, anche grazie alla ricerca industriale, che “sforna” continuamente prodotti nuovi, con colori e materialità sempre diversi. Qual è il progetto in plexiglas a cui è più legato e perché?

Una parete retroilluminata, di notevoli dimensioni, che ha certamente dato un’atmosfera molto surreale, morbida e positiva a una reception un po' buia e anonima. È un intervento che, dopo tanti dubbi e timori, mi ha soddisfatto per l’aspetto funzionale come punto luce, ma soprattutto dal punto di vista ludico e scenico. Su cosa si concentrano i designer oggi?

Il design nella sua massima espansione, dopo aver riproposto in maniera quasi totale gli oggetti storici dei grandi maestri, penso si stia riappropriando di una nuova ricerca estetica e tecnologica, dovuta alle nuove leve. Ho notato un notevole interesse agli utensili come trapani, seghetti, smerigliatrici: ricerche ergonomiche e studi di colore sempre più importanti ne perfezionano l’estetica e la funzionalità, e hanno reso questi oggetti di uso comune, belli ed eleganti, tanto da far sembrare certe ferramenta che li espongono come boutique del bricolage.

Sauro Marchesini, dopo 33 anni di lavoro in banca oggi si dedica a tempo pieno alle sue vere passioni: l’arte e il design. Il suo sito è www.sauromarchesinisfd.it: sfd è l’abbreviazione di “senza fissa dimora”, che indica la sua voglia di essere il più possibile libero di usare e fare qualsiasi cosa gli piaccia





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