Informa Condominio n. 3

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luglio 2017 anno 1 n.3

Condominio Periodico di Confabitare - Associazione Proprietari Immobiliari, iscritto con l’autorizzazione del Tribunale di Bologna al numero 8461 del 22 maggio 2017

Chi amministra il condominio: un professionista? L’amministratore condominiale oggi ha un ruolo molto importante. È una professione che richiede requisiti vari e obblighi formativi. Mettersi nelle mani di un amministratore competente vuol dire risparmiare tempo e denaro. La riforma del 2012 (entrata in vigore nel giugno del 2013) ha introdotto diverse novità per quanto riguarda la figura dell’amministratore di condominio, rendendolo, di fatto, un professionista e aumentandone, quindi, gli obblighi. La legge dice che l’amministratore è obbligatorio quando i condòmini sono più di otto: in realtà, visti gli obblighi introdotti con la nuova riforma, anche per i condomini più piccoli sembrerebbe importante la presenza di un professionista capace di rappresentare al meglio il condominio, assumendosi oneri e responsabilità della sua gestione. Gli obblighi che spettano all’amministratore riguardano l’ambito burocratico, quello fiscale, quello contributivo, ma non solo. Riguardano anche, per esempio, la sicurezza, oppure il risparmio energetico. «Noi consigliamo sempre di rivolgersi a un professionista anche quando si tratta di gestire condomini piccolissimi», spiega Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare. «Gli adempimenti che sono in capo al condominio sono tanti e stanno aumentando sempre di più, in particolare quelli fiscali sono sempre più complessi. Per fare un esempio, quest’anno era necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate le spese di ristrutturazione e di riqualificazione energetica nelle parti comuni del condominio ai fini della predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata: affidarsi a un professionista, che deve aggiornarsi periodicamente, vuol dire avere la garanzia che questo tipo di comunicazioni vengano fatte nel modo giusto evitando di incorrere in sanzioni». (di Cristiana Zappoli)

Dieci regole da seguire per scegliere l’amministratore

Saper scegliere un amministratore condominiale è un compito difficile e molto importante. Un’attenta analisi da parte dell’assemblea può aiutare nella scelta. Ecco i 10 punti fondamentali da tener presente

Con l’entrata in vigore nel 2013 della Riforma del Condominio la figura dell’amministratore di condominio ha subìto dei cambiamenti radicali. Al momento della scelta dell’amministratore ogni assemblea condominiale deve valutare con cura gli aspiranti candidati facendo attenzione ai requisiti professionali previsti. I punti da verificare per la nomina li possiamo raggruppare in 10 regole: 1) Possesso, da parte dei candidati, di diploma di scuola superiore. 2) Certificazione di frequenza e superamento di un corso propedeutico iniziale di almeno 72 ore. (Solo per amministratori che non abbiano svolto l’attività per almeno un anno nell’arco dei tre anni pre-

cedenti alla data di entrata in vigore della L.220/2012). 3) Certificazione di frequenza e superamento di un corso di aggiornamento annuale di almeno 15 ore. 4) Certificazione, da parte dei candidati, di non aver subìto condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena di reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; di godimento dei diritti civili; di non essere stato sottoposto a misure di prevenzione divenute definitive; di non essere stato interdetto o inabilitato. 5) Sarebbe opportuno, al fine

di evitare i punti 1-2-4 che il candidato fosse in possesso di idonea certificazione UNI 10801, certificazione delle competenze riconosciute della figura dell’amministratore. 6) Curriculum vitae al fine di verificare le capacità per cui l’amministratore è chiamato a occuparsi, quali risparmio energetico, sicurezza degli impianti, ristrutturazioni, fisco,

contabilità, conoscenza legale. 7) Iscrizione a una associazione di categoria che possa certificare il candidato sulla base delle norme che disciplinano la gestione del condominio. In particolare possa certificare gli standard per l’aggiornamento annuale e provvedere, ove richiesto, alla polizza individuale di assicurazione per la responsabilità

Come si legge un preventivo?

Alcuni consigli per interpretare il preventivo di un amministratore di condominio. Scegliere quello all’apparenza più economico non è sempre la scelta giusta

Quando i condòmini si trovano davanti una serie di preventivi di amministratori differenti tra cui scegliere, quasi sempre la prima voce che guardano è il “compenso dell’amministratore”, per scegliere quello con le pretese economiche più basse. In realtà questo è un errore gravissimo. «La prima raccomandazione che mi sento di dare trovandosi davanti al preventivo di un amministratore - spe-

cifica Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare - è di non guardare subito l’ultima riga in basso a destra, ovvero il totale. Non è detto, infatti, che l’amministratore che abbia un costo minore sia anche il più conveniente. Devono contare anche altri fattori come la formazione per esempio, la struttura dell’ufficio, che secondo me dice tanto sulla serietà del lavoro svolto, le referenze di altri con-

domini. Inoltre bisogna anche imparare a ‘leggere’ e interpretare il preventivo. La voce più impegnativa è certamente quella del compenso: bisogna leggere con attenzione cosa comprende la cifra indicata. Alcuni amministratori inseriscono qui anche le spese fiscali, ovvero gli adempimenti che sono obbligati a fare durante l’anno, altri, invece, le indicano a parte. Un’altra voce da valuta-

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civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato. 8) L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina, deve specificare l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta. 9) L’amministratore deve curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare. 10) L’amministratore deve comunicare i giorni e le ore in cui ogni condomino, previa richiesta, può prendere visione dei documenti condominiali e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.

re è quella delle spese di gestione dell’ufficio: spedizioni, fotocopie, cancelleria. Oggi si utilizza molto la pec invece delle raccomandate, quindi questa voce dovrebbe essere più bassa rispetto a qualche anno fa. Un’altra voce da guardare con attenzione sul preventivo sono i compensi extra, per esempio quelli per gli ‘spostamenti’, molti amministratori non li inseriscono, alcuni invece sì. In conclusione mi sembra chiaro che non sia sufficiente limitarsi a guardare solo la cifra del compenso dell’amministratore perché ci sono altre voci che poi potrebbero gonfiare il totale che il condominio dovrà pagare». (di Gianfranco Reggenti)

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Indagine sugli stili abitativi degli italiani

Che conoscenza abbiamo della nostra casa? Come la gestiamo? Siamo soddisfatti? Uno studio indaga attenzioni e disattenzioni degli italiani verso la propria abitazione

Sono stati presentati a inizio giugno a Milano i risultati dell’Osservatorio sulla Casa, l’indagine Doxa nata con l’obiettivo di monitorare gli stili abitativi degli italiani per fotografare lo stato dell’arte e offrire agli addetti ai lavori informazioni su tendenze e caratteristiche della casa del futuro, secondo le aspettative dei loro abitanti. Giunto alla sua quarta edizione, l’Osservatorio sulla Casa 2017 vede per la prima volta Leroy Merlin, ideatore dell’iniziativa, affiancato da Saint-Gobain, in un percorso che mira a coinvolgere nell’indagine un numero sempre crescente di player di spicco del mondo dell’abitare. Lo studio, condotto su un campione di 1500 individui rappresentativo della popolazione

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italiana, è stato sviluppato a partire dalla definizione di 5 pilastri, ovvero 5 aspetti su cui si concentra l’attenzione quando si parla di “casa ideale”. Più in particolare l’indagine ha esaminato: la casa attenta alla salute, la casa comoda da vivere, la casa che fa risparmiare, la casa rispettosa dell’ambiente e la casa smart. Il primo dato significativo indica che, pur restando confermato il ruolo centrale che la casa riveste ancora per gli italiani, il 25% degli intervistati si dichiara soddisfatto della propria abitazione. Ad esempio, se tra le maggiori preoccupazioni sulla salubrità della propria casa ci sono l’inquinamento dell’aria interna (69%) e l’inquinamento acustico (80%), le soluzioni per combattere i

due fenomeni non sono conosciute come si potrebbe immaginare. A questo riguardo, Giulio De Gregorio, direttore habitat di Saint-Gobain in Italia, ha dichiarato: «Pochi sanno che l’inquinamento interno è 5 volte maggiore di quello esterno, ma ciò che sorprende ancora di più è quanto poco siano conosciute le maggiori cause che influiscono sulla qualità interna dell’aria, ovvero gli aldeidi, i VOC - Composti Organici Volatili - (presenti in deodoranti, materiali per la pulizia della casa ma anche in molti materiali da costruzione, come colle, solventi, pitture) e muffe provenienti dall’umidità. Oggi esistono materiali edili che non contengono VOC e soprattutto che sono in grado di neutralizzare quelli

esistenti». Anche per quanto riguarda l’inquinamento acustico, se il 72% degli intervistati dichiara di aver installato i doppi vetri come strumento di difesa, solo l’11% è intervenuto anche con lavori sulla struttura della casa, quali l’isolamento delle pareti perimetrali, del solaio/tetto e dei pavimenti. Il comfort rappresenta anch’esso un tema centrale quando si parla di abitazione ideale. A questo riguardo, se da un lato sono prioritari fattori quali le caratteristiche del quartiere, la vicinanza ai mezzi pubblici e ai negozi, non mancano interessanti insight che rivelano come la casa comoda per l’italiano sia quella che si “modifica”, in base alle sue esigenze (aumento dei membri della famiglia, necessità di ricavare nuovi spazi). L’abbellimento di uno o più ambienti costituisce un modo per amare maggiormente la casa. L’indagine rivela che l’85% degli intervistati ha eseguito almeno uno dei lavori di abbellimento e che la spesa media a essi riferita si aggira intorno ai 3mila euro. Gianni Bientinesi, direttore business intelligence Leroy Merlin Italia, sottolinea: «Il “fai da te” si sta diffondendo sempre più: a differenza di ciò che si potrebbe ipotizzare il 52% di chi lo pratica dichiara di non farlo per combattere la crisi economica, ma perché in questo modo sente la casa più sua e a propria misura. È anche interessante rilevare che c’è un 27% degli intervistati che afferma di occuparsi personalmente dei lavori di manutenzione e ristrutturazione della casa e che questo gruppo è ben rappresentato sia da uomini (58%) che da donne (42%)». Secondo lo studio solo il 24% degli intervistati considera l’efficientamento energetico legato all’isolamento termico un fattore primario nella scelta dell’abitazione. Eppure l’impatto economico dei costi legati al riscaldamento e al raffrescamento della propria casa è più che noto. Anche in questo

caso si riscontra una scarsa conoscenza delle soluzioni esistenti, ad esempio l’isolamento del cosiddetto involucro opaco con appositi materiali, a differenza dell’isolamento termico attraverso le finestre, sicuramente più conosciuto. Sono bassi i coefficienti legati al tema dell’ecosostenibilità: solo il 21% è soddisfatto della qualità dei materiali di costruzione della propria casa e solo il 15% ha installato pannelli fotovoltaici sulla propria abitazione (o è in procinto di farlo). Di fatto, appare chiaro che l’italiano non è interessato al tema in assoluto, ma solo in funzione del proprio benessere. La casa intelligente, ovvero quella dotata di apparecchi comandabili a distanza, non è ancora nel cuore di tutti gli italiani, tuttavia il 16% considera la presenza di sistemi innovativi un elemento molto importante nella scelta della casa. Tra gli apparecchi più desiderati ci sono quelli utilizzati per il monitoraggio a distanza degli ambienti. Note dolenti, infine, per i dati relativi al tema del rischio sismico e a quello dell’utilizzo degli incentivi fiscali. Per quanto riguarda il rischio sismico, nonostante gli accadimenti degli ultimi anni, il 13% degli intervistati non sa se vive in una zona sismica e il 45% non sa se la propria abitazione è stata costruita rispettando norme antisismiche. Poco confortanti i dati sull’utilizzo delle detrazioni fiscali per le opere di ristrutturazione: l’84% del campione ne è a conoscenza, ma il 52% di chi ha realizzato dei lavori ne ha usufruito. Dati interessanti e attuali, considerando il grande piano di investimenti pubblici per le infrastrutture approvato dal premier Paolo Gentiloni, che guarda anche alla messa in sicurezza di edifici pubblici e musei. In conclusione, tuttavia, la ricerca evidenzia quanto ancora ampia sia la distanza tra le scelte fatte oggi dagli italiani e la casa da loro desiderata. (di Mattia Curcio)


Con la recente riforma, tra le parti comuni dell’edificio individuate nell’elenco di cui all’art. 1117 c.c., al punto n°2, è stato inserito anche il riferimento esplicito alle aree destinate a parcheggio. «Il generale principio ispiratore delle regole in questo campo - spiega l’avvocato Fabio Ficcadenti, esperto di diritto immobiliare - è da sempre quello di considerare comuni tutti gli spazi e i locali utili per fornire servizi alla collettività dei condomini, quindi, se da una parte questa specifica può certamente risultare utile per identificare meglio l’elenco, in concreto ha assunto scarsa rilevanza». La normativa sui parcheggi è decisamente complessa. Infatti, a seconda dell’anno

La complessa normativa dei parcheggi condominiali La riforma del condominio ha inserito espressamente le aree destinate a parcheggio tra le aree comuni: cosa ha cambiato questa specifica? Facciamo il punto su un ambito caratterizzato da regole non sempre chiare che hanno subìto variazioni negli anni

Si distinguono parcheggi liberi, anteriori al 1967, e vincolati, costruiti successivamente di costruzione e della categoria di appartenenza, cambia radicalmente la disciplina applicabile. Si possono distinguere parcheggi liberi, cioè sottratti al vincolo di destinazione a standard urbanistico in quanto relativi a costruzioni anteriori al primo settembre 1967, anche se ristrutturate in data successiva, e parcheggi vincolati, cioè quelli costruiti successivamente. Per i primi non sussiste alcun vincolo e il regime di parcheggio è assolutamente libero quanto a proprietà e disponibilità, quindi sono liberamente trasferibili anche separatamente

dall’appartamento. Dal 1967, dopo la cosiddetta legge ponte, tutti gli edifici devono avere degli spazi destinati a parcheggio con il vincolo della destinazione esclusiva: nelle nuove costruzioni e anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione. Dal 2005 questi parcheggi non sono gravati da vincoli pertinenziali e sono trasferibili autonomamente dalle unità immobiliari. Dal 1989 la legge Tognoli «si

pone il fine - spiega l’avvocato Fabio Ficcadenti - di incentivare la realizzazione di posti auto per le costruzioni preesistenti che ne sono sprovviste con le seguenti modalità di realizzazione: nel sottosuolo dei fabbricati, nei locali siti al piano terreno o nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato; su aree comunali o nel loro sottosuolo con concessione del diritto di superficie a singoli privati o a cooperative edili; oppure su aree esterne condominiali, da parte di singoli condòmini. Viene quindi istituito un vincolo di pertinenzialità tra l’unità immobiliare

e il parcheggio realizzato tanto che quest’ultimo non può essere ceduto separatamente dall’unità immobiliare alla quale risulta legato da vincolo pertinenziale a pena di nullità del relativo atto di trasferimento. La legge ha poi conosciuto alcune modifiche nel corso degli anni che hanno riguardato i titoli abilitativi edilizi necessari per la realizzazione di tali parcheggi, nonché la loro circolazione rendendone possibile, ferma l’esclusiva destinazione a parcheggio, la cessione quale pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune». Spesso ac-

cade che i parcheggi condominiali non siano sufficienti a contenere le autovetture di tutti i condòmini. Si tratta di una situazione che si presta ad alimentare molte discussioni, poiché in assenza di diverse previsioni non potrà che valere il principio di dubbia legittimità secondo cui “chi prima arriva prima alloggia”. Il rimedio considerato è quello dell’utilizzo turnario dell’area adibita a parcheggio. «In particolare, - specifica l’avvocato Ficcadenti l’assemblea potrà deliberare l’utilizzabilità dell’area comune adibita a parcheggio, a rota-

zione tra tutti i condomini, fermo restando che gli altri, quelli non beneficiari del turno, non potranno in alcun modo utilizzare il posto auto, anche se in quel momento non occupato dall’effettivo beneficiario. Invece, in mancanza di unanimità, la giurisprudenza ha ritenuto illegittima la delibera di assegnazione dei limitati parcheggi sulla base di altri criteri». Può succedere anche che il giardino condominiale venga trasformato in parcheggio: in tal caso l’area verde perde le sue caratteristiche, venendo sottratta al godimento di tutti condòmini. La trasformazione quindi sarà possibile solo nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 1117 ter c.c. In particolare, è richiesta per l’approvazione una delibera assembleare assunta da una maggioranza pari ai quattro quinti sia dei partecipanti al condominio, sia dei millesimi di proprietà; nonché il rispetto di una serie di atti propedeutici (l’avviso di convocazione deve essere affisso per 30 giorni consecutivi, in uno spazio condominiale ove lo stesso sia visibile, trasmesso ai condomini tramite lettera raccomandata o mezzi equipollenti e ricevuto almeno venti giorni prima dell’assemblea). A pena di nullità, inoltre, l’avviso deve indicare le parti comuni oggetto di modificazione e la nuova destinazione impressa. Diverso, invece, dovrebbe essere il caso in cui la trasformazione dovesse interessare un’estensione limitata dello spazio verde rispetto alla superficie complessiva, nel quale si trovino anche alberi di alto fusto. (di Mercedes Caleffi)

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Vivere senza barriere architettoniche si può Per definizione le barriere architettoniche sono tutti gli ostacoli che possono impedire la mobilità in condizioni di sicurezza e autonomia a una persona; oltre agli ostacoli fisici si include la mancanza di accorgimenti che possano favorire la mobilità e l’orientamento di persone con difficoltà sensoriali, ad esempio legate alla vista o all’udito. Di conseguenza parlando di un condominio, la barriera architettonica può iniziare dall’assenza di un parcheggio riservato, dalla difficoltà di raggiungere un citofono e leggerne i nomi, nel peso di un cancelletto d’ingresso, nella pavimentazione sconnessa del marciapiede, fino ad arrivare al problema più classico, ovvero alla presenza di alcuni gradini nell’atrio di ingresso e/o di un ascensore troppo stretto quando è presente. «La legge italiana sull’accessibilità L. 13/89 e il correlato decreto applicativo D.M. 236/89 - spiega Silvia Trolli, tecnico del CAAD, Centro per l’Adattamento dell’Ambiente Domestico, di Reggio Emilia - stabiliscono che tutti gli edifici privati costruiti o completamente ristrutturati dopo l’entrata in vigore della normativa stessa debbano essere quantomeno visitabili. In ambito di condominio per visitabilità si intende la possibilità per chiunque di raggiungere l’edificio e arrivare fino all’interno dei singoli alloggi. Di conseguenza deve essere presente almeno un percorso privo di gradini o altri ostacoli dal parcheggio fino all’ingresso dell’edificio». All’interno del condominio tutte le parti comu-

ni devono essere accessibili, ovvero rispettare le disposizioni tecniche contenute nel D.M. 236. Viene concessa la deroga all’installazione dell’ascensore agli edifici residenziali con non più di tre piani fuori terra ma

A volte succede che i condòmini si oppongano ai lavori necessari per l’abbattimento delle barriere architettoniche le scale e i pianerottoli devono essere sufficientemente ampi per consentire l’uso di un apparecchio mobile. Inoltre, da progetto, deve essere prevista la possibilità di adattare al bisogno l’edificio con un impianto elevatore. «Oltre alle barriere verti-

Si parla del loro abbattimento ormai da decenni, eppure in Italia il problema non ha ancora trovato una soluzione definitiva. Non solo nei luoghi pubblici, ma anche nelle abitazioni private come i condomini. Ecco cosa dice la legge

cali - prosegue Silvia Trolli - un altro aspetto generalmente poco considerato, ma fondamentale per l’autonomia delle persone disabili, è quello dei varchi (porte, portoni, cancelli) in termini di dimensioni e soprattutto di manovrabilità. Spesso le porte sono molto dure da aprire, oppure manca lo spazio necessario per accostarsi a sufficienza con una carrozzina e compiere la manovra di apertura e chiusura. Per questo sarebbe necessario rispettare le indicazioni del decreto e, quando necessario, ricorrere alla motorizzazione dei serramenti, cosa molto diffusa per i cancelli carrai, ma quasi mai praticata per i cancelletti pedonali o per le porte». Per quanto riguarda gli accorgimenti per la disabilità sensoriale, la normativa prevede che le scale abbiano una buona illuminazione, pos-

sibilmente naturale e laterale. Le rampe dovrebbero essere ben segnalate anche per non vedenti e ipovedenti, tramite cambi di materiali e/o di colori che facilitino la percezione sia della rampa che dei singoli gradini. «Altro elemento previsto per il superamento delle scale sarebbe il doppio corrimano, - specifica Trolli - uno su ogni lato della scala. Uso il condizionale perché è sotto gli occhi di tutti che queste indicazioni, come tante altre, non vengano rispettate». Un altro problema da prendere in considerazione quando si tratta di abbattere le barriere architettoniche in un condominio è che può succedere che alcuni condòmini si oppongano a fare i lavori necessari. «L’argomento non è così semplice», chiarisce Silvia Trolli. «La giurisprudenza è mediamente schierata a favore delle persone con disabilità: alcune recenti sentenze hanno anche richiamato il principio di solidarietà condominiale che implica, al fine dell’ordinato svolgersi della convivenza condominiale, il contemperamento di vari interessi, tra i quali quello delle persone disabili, all’eliminazione delle barriere architettoniche. Tuttavia la normativa rimane ad oggi facilmente interpretabile: si basa sugli articoli del Codice Civile riguardanti le innovazioni, che mirano alla salvaguardia di caratteristiche difficilmente misurabili quali il decoro architettonico o la sicurezza. Di conseguenza, chiunque intentando una causa può bloccare la realizzazione di un’opera». (di Cristiana Zappoli)

Ma chi paga tutte le spese? La legge 13/89 prevede che alcuni interventi sulle parti comuni possano essere realizzati senza il consenso del condominio. Si tratta di opere considerate “facilmente rimovibili” come l’installazione di servoscale, rampe removibili, allargamento delle porte. Benché la persona con disabilità possa realizzare a proprie spese questi interventi deve informare il condominio in modo di dare la possibilità ad altri di partecipare all’innovazione che intende realizzare. Se il condominio rifiuta di assumere le deliberazioni riguardanti tali modifiche, la persona con disabilità può effettuare i lavori a proprie spese. Se l’intervento viene realizzato a carico di un solo condomino deve esserne garantito l’utilizzo separato. Prima di effettuare l’intervento è utile informarsi presso gli uffici del comune (in Emilia Romagna presso i Centri per l’Adattamento dell’Ambiente Domestico) o della propria regione per verificare la presenza di contributi. 1

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Gli interventi di eliminazione di barriere architettoniche beneficiano di Iva agevolata al 4% e sono parificati agli interventi di manutenzione straordinaria ai fini del recupero IRPEF nei 10 anni successivi all’esecuzione.

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Avere tutti i comfort... in una casa su misura

È possibile vivere in 25 metri quadri? Sì. È possibile vivere anche in 7 metri quadri. Parola dell’architetto Martina Margaria, esperta nel progettare case piccolissime. Ecco alcuni consigli per chi vuole ottimizzare spazi mignon Viviamo in case sempre più piccole. È un trend che nelle grandi città americane e nelle capitali europee si è affermato da ormai moltissimi anni e adesso è arrivato anche in Italia. Non stiamo parlando di piccoli bilocali, stiamo parlando di ambienti anche solo di 25 mq dove, sembrerà impossibile a molti, è possibile mettere tutto ciò che serve per vivere: un bagno, una cucina, un letto, un armadio. Certo non è facile. Servono alcuni accorgimenti. Sarà necessario rivolgersi a un esperto: ma alla fine in quei 25 mq sarà possibile vivere tranquillamente anche con qualche comfort. Il Prêt-àhabiter è una formula abitativa ideata a New York diversi decenni fa, poi attuata a ruota nelle piccole case di Parigi: tradotto letteralmente significa “pronto da abitare”, quello che in Italia chiamiamo “chiavi in mano”, rivolto a uno spazio abitativo molto piccolo consegnato all’utente già perfettamente finito, rifinito, arredato e corredato di ogni particolare. L’America per prima, allenata per forma mentis ad anticipare le esigenze del cliente, ha pensato di fornire un prodotto abitativo già pronto, evitando quei processi lunghi e non sempre facili di ragionamento sugli spazi, allo scopo di un loro massimo e intelligente utilizzo.

L’architetto Martina Margaria, 45 anni, milanese, è tra i primi e più originali interpreti italiani del Prêt-à-habiter (www.milanoabita.com): «A Milano è diventata un’esigenza comune perché, più delle altre, è la città della fretta, della gente che corre, sempre impegnatissima, che non ha tempo per fare tutto e che, allo scopo di ottenere tutto, si avvale dei servizi. Pertanto chi negli immobili sa gestire un servizio Prèt-à-habiter bene si coniuga con quella fascia di persone che necessitano di un prodotto finito. E anche rifinito». Parliamo principalmente di ambienti abitativi veramente molto piccoli: 23 - 25 mq. «Mi è capitato di progettare una mansarda in zona Bocconi, a Milano, di 7 mq», spiega l’architetto Margaria. Sembra impossibile, eppure non lo è. «I problemi principali nell’approcciarsi ad ambienti così piccoli sono la regolarità urbanistica e la fattibilità degli impianti (idrico, sanitario, elettrico, etc)». Quando lo spazio è così ridotto ogni particolare diventa importantissimo, anche l’arredamento ovviamente, come spiega Martina Margaria. «Noi, addirittura, a volte costruiamo le pareti in base all’arredo che utilizzeremo, con lo scopo di ottimizzare anche l’ultimo centimetro cubo disponibile. Più lo

spazio è piccolo più l’occhio non si disperde. Anzi ha modo di concentrarsi, notare tutto, e tutto deve essere il più possibile armonico: colori, volumi, forme, stili. Nei castelli affrescati o nelle grandi ville d’epoca l’occhio si perde nell’immensità. Qui abbiamo il problema opposto. Il valore aggiunto viene dato dalla coerenza progettuale, dall’approfondito ragionamento su ogni singolo particolare, dal non dare nulla per scontato, e dall’effetto/stupore. Stupire immediatamente un pubblico che entra in uno spazio piccolo non è per nulla facile: noi lo facciamo con l’incastro ragionato di ogni particolare, con l’utilizzo di materiali non convenzionali e di altissima gamma, con abbinamenti stilistici inaspettati ma

Prêt-à-habiter è ciò che in Italia chiamiamo “chiavi in mano”, rivolto a uno spazio piccolo già finito e arredato comunque in linea col gusto italiano». Per sfruttare al meglio uno spazio così piccolo e renderlo il più confortevole possibile bisogna studiare soluzioni ad hoc, difficile po-

ter dare consigli che valgono per tutti. È vero che alcuni punti fermi utili ci sono: soppalchi, quando l’altezza dell’ambiente lo consente; utilizzo di elettrodomestici compatti; porte a scrigno per non avere il battente lungo i camminamenti; nicchie nel muro dei bagni per collocare asciugamani e cosmetici; arredi reversibili salva spazio per avere maggiore flessibilità nella riduzione degli ingombri. Ma per rendere uno spazio così piccolo accogliente e vivibile è necessario spendere molto? Dipende, risponde l’architetto Margaria, «Si parte da una situazione completamente disastrata o già ragionata? Cambia molto operare o meno sulle strutture portanti, sul tetto, sulle pareti interne, sull’impiantistica. Dipende anche dall’impronta architettonica che si vuole dare: lussuosa o no? Materiali standard o outstanding? È un po’ come chiedere se in Italia per vestirsi si spende molto: dipende da cosa ci si vuole mettere addosso. Ogni situazione ha un carattere e un costo». (di Cristiana Zappoli)

SOPRA: dal sottotetto di un palazzo del 1928 a Milano sono stati ricavati degli appartamenti di 18 e 27 mq. SOTTO: la cucina di un appartamento di 25 mq, in uno stabile anni ’20 sempre a Milano che originariamente era la galleria d’arte più piccola d’Europa. Entrambi i progetti sono di Studio Abita

Come bisogna pulire la nostra camera da letto? Ogni settimana in media gli italiani dedicano 12 ore alle pulizie domestiche. La cucina, con una pulizia quotidiana, è il luogo della casa che riceve più attenzione, seguita dal bagno, mediamente pulito a giorni alterni, mentre la camera da letto, settimanalmente, si piazza all’ultimo posto al pari degli altri locali ritenuti meno di passaggio e meno esposti ad agenti esterni. È quanto emerge da un’indagine condotta su un campione di 1000 italiani da PerDormire, brand italiano leader nella produzione di sistemi letto, in occasione del lancio dell’iniziativa Camere da letto da incubo, per promuovere la pratica del dormire bene e svelare i segreti per ricreare una camera da letto perfetta per il riposo. Complice il sempre minor tempo a disposizione, la camera da letto non solo viene riassettata una volta a settimana ma è anche il luogo dove vengono commessi gli errori di pulizia più comuni. Infatti solo il 30% degli intervistati dichiara di riuscire a far arieggiare la came-

ra ogni giorno, mentre il 52% ammette di non cambiare le lenzuola ogni 7 giorni come auspicabile. Altri errori ricorrenti sono legati alla cura del sistema letto: la pulizia del materasso viene fatta, nel 90% dei casi, una volta all’anno, il cambio delle federe dei cuscini ogni 3 mesi da 1 italiano su due e, infine, 2 intervistati su 3 confessano di rimuovere la polvere sotto il letto durante i cambi di stagione. Quali sono allora le regole per una perfetta pulizia della camera da letto? Ecco il decalogo stilato da PerDormire: arieggiare la camera ogni giorno per mezz’ora; nelle giornate di sole esporre all’aria aperta cuscini, materassi, peluche possibilmente sotto i raggi diretti del

sole: gli acari sono fotofobici cioè muoiono se esposti alla luce solare; sostituire le lenzuola una volta a settimana e lavarle a una temperatura di almeno 60°; privilegiare per piumoni e coperte il lavaggio ad acqua in lavatrice; stendere e far asciugare lenzuola e biancheria all’aria aperta; lavare frequentemente peluche e tende di stoffa, se non potete lavare i peluche potete metterli in un sacchetto di plastica e successivamente metterli in freezer per 12- 24 ore, per uccidere gli acari; per le pulizie di casa usare un panno umido o antistatico per pulire i mobili, almeno una volta a settimana, ed evitare l’impiego della scopa e dello spolverino, che sollevano la polvere senza eliminarla; non utilizzare pulitori al vapore per il materasso, per non aumentare i livelli di umidità; durante la pulizia della casa tenere le finestre aperte; se la casa è dotata di riscaldamento ad aria o di condizionatori i filtri devono essere puliti ogni mese. (di Mercedes Vescio)

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Acquistare una casa all’asta? Cosa fare e a cosa prestare attenzione Con l’aiuto di un esperto, Renzo Corona, cerchiamo di fare chiarezza su come si partecipa a un’asta immobiliare. Specificando le cose a cui bisogna stare attenti per non incorrere in brutte sorprese. Come ad esempio: usufrutti, diritti di abitazione, donazioni o diritti di superficie

una visita in loco, magari accompagnati da un esperto. Tale visita è prenotabile contattando il Custode Giudiziario indicato nell’Avviso di Vendita». Le aste vengono pubblicizzate su molti portali dedicati e di recente anche sui siti più famosi di annunci immobiliari. Inoltre sono esposte in un’apposita bacheca all’interno dei tribunali pro-

Anche lo Stato pignora il bene immobiliare di un cittadino, o di un’azienda, se pagano in ritardo le imposte

La crisi economica ha senza alcun dubbio intaccato il patrimonio immobiliare degli italiani incrementando sensibilmente, di conseguenza, le aste giudiziarie. L’acquisto di un immobile all’asta può essere decisamente molto conveniente ma può nascondere anche diverse insidie difficilmente individuabili da occhi inesperti. Semplificando al massimo, un’asta giudiziaria immobiliare è il modo con cui un tribunale o un delegato alla vendita tenta di far recuperare, tutto o in parte, il debito che un privato ha contratto nei confronti di un altro privato. Di norma si tratta di un cittadino che ha stipulato un contratto di mutuo con una banca per acquistare un immobile, dando in garanzia l’immobile stesso attraverso un vincolo ipotecario, e che poi non è riuscito a pagare le rate concordate. Con la nuova normativa entrata in vigore nel 2016 il debitore può saltare fino a 18 rate consecutive prima che l’immobile gli venga pignorato. Prima erano solo 7. In determinati casi anche lo Stato pignora il bene immobiliare di un cittadino, o di un’azienda, qualora quest’ultima sia in forte ritardo con il pagamento delle imposte. In questo caso si parla di asta esattoriale, un tipo particolare di asta piuttosto azzardato per un investitore immobiliare. Acquistando una casa all’asta il risparmio può essere veramente notevole, nei casi più estremi può superare il 70%. Si può dire che un risparmio che va dal 30% al 50% è la norma. «Nel momento in cui si decide di partecipare a un’asta - spiega Renzo Corona, investitore immobiliare dal 2005 ed esperto di aste immobiliari, è curatore del sito www.consulenzaaste-immobiliari.com - bisogna compilare un apposito modulo (che si scarica gratuitamente dal sito del tribunale di competenza), nel quale si devono riportare i propri dati anagrafici, i dati catastali dell’immobile che si vuole acquistare, il numero della procedura (o R.G.) che identifica l’immobile all’asta, il lotto (la procedura può ri6 INFORMA CONDOMINIO

MA QUANTI IMMOBILI VENGONO BATTUTI NELLE ASTE? Gli immobili finiti all’asta nel 2016 sono stati 267mila contro i 215mila del 2015 (+18,3%). Al primo posto la Lombardia che, con poco più di 54mila esecuzioni, rappresenta il 20% di tutte le aste d’Italia. A seguire la Sicilia (9,4%), il Piemonte (7,9%), il Lazio (7,5%) e il Veneto con il 6,25%. Come città (sempre nel 2016) il record spetta a Milano con il 4,5% del totale delle aste italiane, seguita da Roma (4,3%) e Bergamo (4,1%). I numeri del 2017 non sono consolidati ma possiamo sapere, per

guardare più lotti) e altri dati quali ad esempio se l’immobile che si intende acquistare è prima o seconda casa, se si è sposati in comunione dei beni o in separazione, se si vuole nominare un procuratore (qualcuno che partecipi al posto nostro) ecc...Tale modulo dovrà essere inserito in una busta anonima, ovvero bianca, con dentro un assegno

Banche convenzionate con i tribunali danno l’accesso a mutui con qualche agevolazione in più rispetto alla norma bancario non trasferibile intestato al numero della procedura, pari al 10% della propria offerta, la quale può coincidere con la base d’asta ma può anche essere inferiore, fino a un massimo di -25%. Sempre nella stessa busta bisogna inserire una fotocopia della carta di identità del partecipante, una foto-

esempio, che in questo momento in provincia di Milano ci sono circa 2mila immobili all’asta, oppure che a Roma ce ne sono circa 1.100. Non è detto, però, che tutte le esecuzioni immobiliari siano realmente pubblicizzate sui siti web dei tribunali di competenza, anche se senz’altro la maggioranza di esse lo sono. In teoria la pubblicazione sarebbe obbligatoria, ma tra aste già eseguite ed eliminate dai siti e nuove procedure ancora da pubblicizzare, i numeri non sono mai realistici al 100%.

copia del codice fiscale e una marca da bollo da 16 €». La busta deve essere imperativamente consegnata all’Ufficio Esecuzioni Immobiliari del tribunale, dove si svolgerà l’asta, entro le 12.00 del giorno precedente. Il tribunale può anche nominare un delegato per battere l’asta che può essere un notaio, un avvocato, un commercialista ecc... In questo caso la busta andrà consegnata al delegato. «Il giorno stabilito - prosegue Corona - ci si presenta in aula, o nell'ufficio del delegato, e si assiste all’apertura delle buste. Se si è da soli è probabile che ci si porti a casa l’affare anche se fino alla data del decreto di trasferimento nulla è certo. Se si è in più di uno l’asta viene convertita da senza incanto a con incanto, ovvero con rilanci per alzata di mano. La base di partenza dei rilanci coinciderà in questo caso con l’offerta più alta tra quelle presenti nelle buste. I rilanci dovranno essere aumentati di una cifra minima specificata nell’Avviso di Vendita. Una volta vinta la gara ci sarà un tempo limite per saldare il prezzo

dell’immobile che dipende dal tribunale: si va da 30 giorni a 120 giorni. Se non si paga entro il tempo stabilito si perde la cauzione del 10%». Quindi le aste sono di due tipi: Senza Incanto, che significa sostanzialmente “offerta segreta in busta chiusa”, e Con Incanto, che significa “per alzata di mano con rilancio minimo”. Dal 2016 le aste partono tutte Senza Incanto e si trasformano Con Incanto solamente in presenza di più offerenti. I documenti da prendere in considerazione e quindi da consultare con attenzione prima di partecipare a un’asta sono sostanzialmente due: il primo è l’Avviso di Vendita emanato dal tribunale che riporta la data e l’ora dell’asta e le modalità di partecipazione; Il secondo, importantissimo, è la Perizia redatta da un C.T.U. (Consulente Tecnico d’Ufficio) che riporta la descrizione dettagliata dello stato di fatto dell’immobile, sia dal punto di vista tecnico che giuridico. «Prima di avventurarsi in un acquisto all’asta - specifica Corona - è sempre consigliabile

vinciali. Entro fine anno, per eliminare la frammentazione degli annunci online attuale, verrà varato un sito apposito dove dovranno per legge essere pubblicate tutte le procedure esecutive con i relativi documenti. Se non si hanno a disposizione tutti i soldi per pagare la casa, si può chiedere un mutuo: «ci sono banche - spiega Renzo Corona - convenzionate con i tribunali che consentono di accedere a mutui con qualche agevolazione in più rispetto ai ‘comuni mortali’». Ad esempio, alcuni istituti consentono, con qualche vincolo, di accendere a mutui al 100%. Questo perché il limite dell’80% del valore commerciale dell’immobile, che di solito costituisce un muro invalicabile per chiedere un prestito, può essere superato nel caso delle aste perché il valore di acquisto è normalmente molto inferiore al valore commerciale. Bisogna assolutamente informarsi bene presso l’istituto di credito che si intende coinvolgere nell’operazione prima di partecipare all’asta. «Il mio consiglio a coloro che intendono partecipare a un’asta - specifica Corona - è quello di informarsi molto bene su come funzionano e sui rischi che si corrono nel buttarsi a capofitto in un investimento del genere. Ci sono modi diversi di procedere a seconda che si acquisti la casa per andarci ad abitare, per rivenderla e trarne un profitto immediato o per affittarla e garantirsi una rendita ed è bene sapere prima come muoversi per evitare spiacevoli sorprese, soprattutto fiscali. Un’asta su dieci o su quindici, a seconda della zona, costituisce un affare. Le altre costituiscono per lo più problemi». I rischi sono molti. Dal più banale, ovvero che ci può essere qualcuno che abita l’immobile, di solito l’esecutato, che paradossalmente se è completamente abusivo (ovvero senza contratti di affitto o altro) diventa legalmente quasi inattaccabile. Oppure ci possono essere dei diritti che ne limitano l’uso, quali usufrutti o diritti di abitazione. «Ma anche cose più sconosciute - conclude Corona - e ugualmente insidiose, quali donazioni o diritti di superficie. Il mio consiglio è quello di informarsi molto bene prima di procedere all’acquisto in asta, magari consultando un esperto di fiducia». (di Andrea Giuliani)


Ibiza fa sempre sognare, soprattutto in estate quando le riviste si riempiono con le foto dei vip che trascorrono le loro vacanze in questa affascinante località. Quanti hanno pensato di fare le valigie e partire? Sarebbe fantastico! Ma se non è possibile, si può sempre progettare una terrazza in stile ibizenco a casa propria, anche se si vive lontano dal mare. Basta creatività, voglia di fare e qualche risparmio come dimostra Habitissimo, una piattaforma online che mette in contatto domanda e offerta in tema di edilizia, ristrutturazioni e servizi per la casa, offrendo agli utenti la possibilità di pubblicare gratuitamente richieste di preventivo e ricevere proposte da professionisti o imprese del settore. Ecco tutte le migliori idee di habitissimo.it per una terrazza in stile ibizenco da favola.

trattato che danno un’aria molto naturale all’insieme. Oltre al bianco, il colore che meglio rappresenta e interpreta le terrazze mediterranee è l’azzurro. Quindi va benissimo l’inserimento di elementi di arredo e decorativi di questo colore. La luce di Ibiza

Se si vuole ricreare la luce magica delle serate ibizenche bisogna scegliere un’illuminazione alquanto soffusa. Niente luci potenti o applique squadrate. Per ricreare l’atmosfera perfetta per degustare un digestivo dopo cena o ricreare una zona chill out bisogna puntare su un’illuminazione ambient. Usando soprattutto applique a parete con effetto ombra, candele, sfere o cubi decorativi in stile rustico: illumineranno le zone di passaggio conferendo charme a tutta la terrazza. Senza dimenticare di mettere anche qualche ghirlanda.

Total white

Pareti, pavimento, divano, tende, tessuti. Il bianco è il colore che riassume il design ibizenco. Le case tipiche dell’isola hanno muri molto spessi (a volte fino a quasi un metro) rivestiti di calce o pietra. Per riproporre questa idea nella nostra terrazza il pavimento deve essere rustico, non raffinato. Si può puntare sulla pietra naturale, materiale eterno, oppure scegliere materiali che la imitino, come mattonelle, cotto o resina con effetto ardesia. Oltre ad essere decorativo, il pavimento deve resistere alle intemperie ed essere antiscivolo. L’ombra del portico

Le case di Ibiza hanno origine fenicia: le costruzioni sono infatti cubiche, molto funzionali, con pareti rivestite di calce, tetti piatti e piccole finestre nelle facciate. Dato che non si può modificare completamente la struttura già esistente di una terrazza, in questo caso bisogna lavorare sui complementi per ottenere lo stile che più ci piace.

Come progettare una terrazza in stile ibizenco

L’isola delle Baleari è considerata da molti il luogo dei sogni per eccellenza. E allora perché non portarsi un po’dello stile isolano a casa? Il sito habitissimo.it ha pubblicato alcuni consigli utili per progettare le nostre terrazze in stile Ibiza

Perché non mettere un pergolato? I migliori sono quelli in legno, che daranno un’aria rustica all’ambiente (anche l’alluminio è una soluzione molto valida). Un’altra opzione potrebbe essere quella di costruire un portico in muratura con travi a vista e tegole. Arredi in muratura

Per dare alla terrazza un’aria ibizen-

ca, non devono assolutamente mancare degli arredi in muratura. Sedute, divani ad angolo, nicchie nella parete, alcune panche... L’ideale sarebbe comunque costruire un muretto e, se possibile, aggiungere un angolo cottura o un barbecue interamente in muratura. E abbinare qualche armadio senza ante oppure chiuso da tende bianche o con motivi etnici.

Very glamorous

Tutto ciò che riguarda Ibiza ci fa pensare al divertimento, al relax e al fascino dell’isola. Per avere una terrazza semplice ma suggestiva e ricca di charme, Habitissimo consiglia un pavimento in cotto, un ampio divano in muratura possibilmente con qualche piastrella incastonata, pareti con mensole in muratura e dettagli in legno non

Un tuffo rinfrescante

Per chi se lo può permettere, mettere una piscina in terrazza è il vero lusso. Se la terrazza è tale da sopportarne il peso, una piscina in cemento, legno, poliestere o acciaio è l’ideale. L’importante è che la base su cui poggia sia perfettamente livellata e che la terrazza possa reggere il peso della piscina (considerare il peso a vasca piena: 10 kg per ogni 10 cm di altezza). La più bella di tutte è quella in muratura: si adatta alla forma e alle dimensioni dello spazio disponibile. Rivestita con calce bianca all’esterno per avere una piscina in stile ibizenco al 100%. Se invece va installata in un attico o un balcone non troppo grande, la scelta migliore è una piscina smontabile di circa 30 cm di altezza. Particolare cura andrà dedicata all’aspetto esteriore: si può rivestire con legno, piante o listoni effetto pietra, si otterrà un effetto decisamente esotico.

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Impariamo a fare Contratti di locazione: la spesa senza sprechi ci sono nuove regole Quanto basta di Lisa Casali, edito da Mondadori, è un manuale di consigli utili per non sprecare cibo e denaro. Un’occasione per imparare a ottimizzare al massimo in nostri acquisti alimentari

Dopo diciotto anni ci sono finalmente dei cambiamenti, anche sulle agevolazioni fiscali, per gli affitti a canone concordato. Ci sono inoltre novità sulla cedolare secca, imposte di registro e Imu

Q.b., ovvero “quanto basta”: un’abbreviazione che troviamo comunemente nelle ricette per indicare la dose di un ingrediente. Quanto basta è un manuale pratico che declina questa indicazione in molteplici attività, tanto da renderla uno stile di vita reale e attualizzabile, oltrepassando l’obsoleto e riduttivo utilizzo del “quanto basta” in relazione solo alla corretta dose di un ingrediente. Quanto basta è un supporto esplicativo che aiuta il lettore a comprendere una live attitude, l’invito a consumare e utilizzare in modo consapevole, ottimizzando le risorse ed evitando gli eccessi, poiché ciò apporta e comporta benefici alla salute, al portafogli e all’ambiente. È la rivoluzione raccontata da Lisa Casali, scienziata ambientale nota al mondo radiotelevisivo, nel suo libro precedente, Tutto fa brodo, scritto all’insegna del motto: “In cucina non si butta nulla”. «Una sera di dieci anni fa - racconta Lisa Casali - la mia vita è cambiata grazie a un carciofo che mi ha aperto gli occhi sui paradossi che riguardano il cibo. Da quella sera non ho più smesso di

Il 16 gennaio 2017 è stato emesso il nuovo decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (di seguito, per brevità, denominato “Dm”), che ha tracciato le linee guida per la predisposizione degli accordi territoriali necessari per l’effettiva stipulazione dei tre seguenti tipi di contratto di locazione a uso abitativo: quelli “a canone concordato” (o agevolato), quelli “di natura transitoria” e quelli che interessano gli “studenti universitari”. Cambiano quindi le regole e tornano le agevolazioni per i contratti di locazione a canone concordato. Vediamo cosa prevede il Dm sul tema.

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sperimentare e promuovere le mie idee attraverso le pagine del mio blog Ecocucina, sei libri, e i programmi tv che conduco. Oggi sono una scienziata ambientale attivista per l’alimentazione sostenibile, testimonial wwf». In queste pagine Lisa va oltre e ci suggerisce tanti modi intelligenti per combattere l’usa e getta, a cominciare dal momento più critico (e spesso trascurato): la spesa. Il libro vuole insegnare a pianificare il menu settimanale, con un occhio al risparmio ma senza perdere di vista la qualità degli alimenti, la loro provenienza e tracciabilità, privilegiando produttori locali e frutta e verdura di stagione. E quando la spesa l’abbiamo portata a casa?

Bisogna imparare a gestire le scorte di cibo e conservarlo adeguatamente, sono fasi importanti quanto l’acquisto, scoprendo tutti i trucchi per organizzare e tenere sotto controllo frigorifero e dispensa. Sul libro si leggono anche i metodi di cottura alternativi ed ecologici, nuovi modi per far rivivere gli ingredienti (scarti, avanzi e persino le acque di cottura), dando una nuova, sana e gustosissima chance a ciò che abitualmente finirebbe nella pattumiera. Quanto basta non è il solito saggio sulle nuove scoperte dei nutrizionisti, né il manuale che riporta l’ultima dieta di moda, né un classico ricettario. È un libro interattivo, pieno di test, illustrazioni e infografiche (disegnate dall’autrice stessa), pagine da personalizzare, uno strumento pratico che consente di tracciare il proprio percorso personalizzato e ricco di indicazioni utili a individuare e correggere le cattive abitudini alimentari tenendo conto delle diverse esigenze (lavoro, famiglia, bambini), per conciliare salute, risparmio, rispetto ambientale con la buona tavola.

Imposte dirette e di registro Il Dm ha previsto una riduzione del 30% della base imponibile per le imposte dirette e per l’imposta di registro, spettante esclusivamente per i contratti “per ordinarie esigenze abitative” aventi a oggetto immobili siti nei comuni ad alta tensione abitativa e nei comuni limitrofi e per i contratti per studenti universitari, con esclusione dei contratti transitori, purché nella dichiarazione dei

redditi relativa all’anno in cui si intende usufruire dell’agevolazione siano indicati gli estremi di registrazione del contratto di locazione, l’anno di presentazione della denuncia dell’immobile ai fini dell’imposta comunale sugli immobili e il comune di ubicazione del fabbricato. La base imponibile per la determinazione dell’imposta di registro è data nella misura del 70% del corrispettivo (canone) annuo pattuito.

Cedolare secca Tutte le locazioni a uso abitativo a canone concordato (ivi comprese quelle a uso transitorio) sono ammesse al beneficio della “cedolare secca”, a condizione che abbiano a oggetto abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitativa o in quelli ad alta tensione abitativa individuati dal comitato interministeriale per la programmazione economica (o in quelli che sono stati colpiti da calamità naturali a partire dal 2009 e per i quali sia stato decretato lo stato di emergenza). L’aliquota della cedolare secca, calcolata sul canone pattuito dalle parti, per que-

sto tipo di contratti (cc.dd. “concordati”) viene ridotta al 15% e, per un periodo di tempo però limitato, ulteriormente al 10%. L’aliquota agevolata del 10% è stata fissata dall’articolo 9 del D.L. 47/2014 solo fino al 31 dicembre 2017. In assenza di proroghe, a tali contratti, a partire dal primo gennaio 2018 si applicherà dunque l’aliquota a regime del 15% prevista dal Dm. Qualora il locatore non eserciti l’opzione della cedolare secca sarà possibile prevedere in contratto l’aggiornamento del canone in misura non superiore al 75% della variazione ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo. Imu e Tasi Per quanto riguarda infine l’applicazione dell’Imu e della Tasi relativa agli immobili locati con contratti a canone concordato, il Dm prevede che l’imposta debba essere determinata applicando rispettivamente l’aliquota stabilita dal comune con una riduzione del 25% della stessa. Questa riduzione dell’aliquota deliberata si applica a tutti i contratti per ordinarie esigenze abitative.


L'innovazione e la digitalizzazione stanno cambiando il volto del settore delle costruzioni in tutto il mondo, coinvolgendo tutta la filiera dalla progettazione fino alla gestione in esercizio dell’opera. Su magazine tecnici, sul web e sui social avrete visto o letto di idee e innovazioni tecnologiche in fase di sperimentazione come ad esempio la Robotica, la stampa 3D, mobile tecnologies, connected devices, realtà aumentata, Big Data e, naturalmente, BIM (Building Information Modeling; indica un metodo per l'ottimiz-

L’evento offre incontri, seminari, informazioni tecniche e formazione professionale con figure chiave del settore zazione della pianificazione, realizzazione e gestione di costruzioni tramite aiuto di un software). DIGITAL&BIM Italia è un evento che ha l’obiettivo di far comprendere come usare queste soluzioni e perché, di presentare le piattaforme di progettazione, gli strumenti di rilievo evoluti, le librerie BIM, i protocolli in uso assieme con metodi e strumenti del prossimo futuro. Offre incontri, seminari, informazioni tecniche e formazione professionale con figure chiave del settore che possono offrire anche uno sguardo a ciò che il futuro potrebbe essere. Presentando anche casi ed esempi emblematici sia dall’Italia che dall’estero. Se siete interessati a come implementare il BIM nelle vostre prassi operative, oppure volete conoscere i nuovi protocolli e metodi legati alla nuova legislazione italiana, se volete saperne di più di modellazione sismica, energetica o impiantistica, se volete esplorare le nuove strade del futuro delle costruzioni, o semplice-

Vediamo come si rinnova il settore delle costruzioni DIGITAL&BIM Italia è un evento dedicato al tema della digitalizzazione nel settore delle costruzioni. Si svolgerà a Bologna, in fiera, il 19 e il 20 ottobre mente si vuole imparare a fare rete, a risparmiare tempo, denaro, allora questo è l’evento per voi. Gli esperti oggi più che mai sono alla ricerca di nuovi e funzionali metodi e strumenti per rendere l’intero settore più efficiente, collaborativo, redditizio e anche sostenibile. Anche in nicchie molto specializzate come la classificazione del rischio sismico. La manifestazione si propone, nella duplice modalità convegnistica ed espo-

sitiva, di fare emergere modi, metodi e strumenti che in Italia iniziano ora lentamente ad affermarsi, sia nell’ambito edilizio sia in quello infrastrutturale. E di proporre, presentare buone pratiche ed esempi di successo provenienti da paesi europei che hanno cominciato prima questo processo. I temi che verranno trattati all’interno della manifestazione saranno, oltre al Building Information Modeling, anche tutto ciò che riguarda la digitalizzazione

nelle costruzioni: software di progettazione, rilievo 3D, droni, virtual e augmented reality, procedure digitalizzate e strumenti per il cantiere. L’evento si svolge nell’arco di due giornate, giovedì 19 e venerdì 20 ottobre, ed è articolato in una parte espositiva dedicata alle aziende che propongono tecnologie, sistemi, servizi e soluzioni per il digitale nelle costruzioni, a fianco di spazi dedicati a incontri e formazione. (di Andrea Giuliani)

Una conferenza internazionale, BIM, digitale e l’evoluzione delle costruzioni Italia. Ogni sessione sarà articolata in una parte espositiva con Top Speaker e una parte con una tavola rotonda, condotta da un media partner. Le arene come luogo per dare voce ai casi studio e alle soluzioni innovative delle aziende, in particolare su: a) BIM: metodi, procedure e prassi operative. b) Digitalizzazione e Cantiere, rilievo 3D, GIS, realtà aumentata. c) Digitalizzazione e protezione sismica. d) Digitalizzazione e restauro, recupero energetico e gestione degli edifici. e) Digitalizzazione e networking; g) Digitalizzazione e gestione delle reti.

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Ecco i vantaggi della polizza

Né la polizza dell’amministratore né quella del fabbricato sono obbligatorie per legge. Ma è bene sottoscriverle per una maggiore tutela dei condòmini. Ne parliamo con l’avvocato Giuseppe Marando

Quando si parla di assicurazione relativamente a un condominio, bisogna distinguere fra due tipi di polizze: quella dell’amministratore e quella del fabbricato. La prima è un’assicurazione contro la responsabilità civile professionale dell’amministratore di condominio, un contratto che lo solleva dalle richieste di risarcimento (e anche dalle spese legali) che possono derivare da suoi errori professionali. Si tratta degli eventi pregiudizievoli sul piano pa-

Incendio, scoppio, danni idrici, responsabilità civile, sono le coperture che bisogna inserire nella polizza del fabbricato trimoniale che il condominio dovesse subire per errori, omissioni e fatti colposi (di solito gli assicuratori non accettano le condotte dolose) nello svolgimento del suo incarico. Si pensi, per fare solo qualche esempio, al mancato recupero delle quote condominiali, agli omessi aggiornamenti obbligatori per la sicurezza degli impianti, alla mancata esecuzione delle delibere, all’omissione di interventi urgenti per il fabbricato, alla perdita o

smarrimento di atti e documenti, a inadempienze da cui derivano sanzioni fiscali a carico dei condòmini. «La polizza è utile anche al condominio spiega l’avvocato Giuseppe Marando, autore del Prontuario operativo del nuovo condominio, edito da Maggioli Editori - perché garantisce il risarcimento del danno anche se l’amministratore è insolvente, sia che i danni vengano subiti dal condominio, sia che l’atto illecito colpisca i terzi e il condominio poi debba rispondere dell’operato del suo amministratore in quanto mandatario rappresentante. La legge ne fa cenno per stabilire che l’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore all’accensione da parte sua di una polizza individuale contro la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato». L’assicurazione non è obbligatoria per legge, ma diviene una condizione per la nomina se imposta da una delibera assembleare. Non è stabilito con quale maggioranza vada approvata la delibera che richiede la stipula della suddetta polizza, poiché si tratta di una condizione per procedere alla nomina dell’amministratore, che va fatta con la maggioranza di 500 millesimi (e degli intervenuti alla riunione), deve ritenersi che un tale colle-

gamento porti alla necessità della medesima maggioranza. «A mio parere prosegue Marando - la polizza dell’amministratore è una garanzia molto importante e da non trascurare. Obbligatori sono, invece, per lo stesso art. 1129 cod. civ. l’adeguamento dei massimali se vengono deliberati lavori straordinari e una dichiarazione della compagnia assicuratrice che attesti l’avvenuto adeguamento». A differenza di quanto accade per la polizza dell’amministratore, prevista dalla legge come facoltativa, della polizza fabbricati non vi è alcun cenno. La gestione dei beni comuni e degli interessi dei condòmini rientra nelle facoltà discrezionali dell’assemblea. Uno dei tanti obblighi dell’amministratore è di provvedere alla “conservazione” delle parti comuni dell’edificio; ma secondo la giurisprudenza l’assicurazione del fabbricato non ha gli scopi “conservativi” cui si riferisce la nor-

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ma, poiché è intesa unicamente a evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio. «Secondo me - specifica l’avvocato Marando - le coperture fondamentali da inserire nella polizza del fabbricato sono incendio, scoppio, danni idrici, responsabilità civile e, in generale, quelle previste dalle polizze tipo». La polizza solitamente denominata Globale fabbricati, copre i danni alle parti comuni dell’edificio, alle proprietà e incolumità dei condòmini e di terze persone. La Globale è strutturata in genere con un massimale che abbraccia incendio (fabbricato e relative pertinenze, fissi e infissi), scoppio, rovina ascensori e danni idrici dai tubi al servizio del fabbricato stesso. Vi è sempre, inoltre, la partita di responsabilità civile verso terzi che tutela i condòmini per i numerosi e vari fatti accidentali che possono rendere responsabile il condominio. «Con un’aggiunta di premio - prosegue Ma-

rando - si includono gli eventi atmosferici, gli atti dolosi da incendio e le spese di ricerca per rottura tubazioni al servizio del caseggiato, occlusione tubi e condutture, Rc dei conduttori e altro. Più garanzie si richiedono più i condòmini stanno tranquilli». Non essendo una polizza obbligatoria, l’amministratore può sottoscriverla solo dopo aver avuto l’autorizzazione dell’assemblea con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno 500 millesimi, e costa ad ogni condomino 130/200 euro. «Questa è una stima media generalizzata - conclude Marando - bisogna valutare caso per caso. Il costo dipende da molti fattori che non sono prevedibili in forma assoluta per tutte le situazioni: massimali assicurati, tipologia e numero delle garanzie richieste, valore del fabbricato, e numero dei condòmini e millesimi di cui ciascuno è portatore». (di Giovanna Salerno)

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TERMOIDRAULICA

RETI E TRASMISSIONE DATI


Il termine supercondominio non si trova all’interno del codice civile, ma è stato creato dalla giurisprudenza e dalla dottrina per definire situazioni edilizie più complesse rispetto al singolo fabbricato. In pratica quando parliamo di supercondominio intendiamo gruppi di edifici che, pur avendo una propria indipendenza, hanno in comune alcune parti quali ad esempio: fognature, autorimesse, strade, impianto idrico, campi sportivi, ecc. La costituzione del supercondominio, al pari di quella del condominio, non richiede una pronuncia formale da parte dell’assemblea, ma avviene ex lege con il primo frazionamento. La riforma del 2012 ha affrontato (pur senza mai nominarlo) la figura del supercondominio con l’art. 1117bis in base al quale la disciplina degli articoli dal 1117 c.c. al 1139 c.c. si deve applicare, ove compatibile, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici, ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici, abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c. «Si parla quindi di supercondominio – spiega l’avvocato bresciano Matteo Peroni, curatore del blog di diritto condominiale www.matteoperoni.it - quando più realtà immobiliari (edifici, abitazioni, gruppi di autorimesse…) sono comproprietarie o comunque usufruiscono di uno o più servizi comuni». Il supercondominio e i singoli fabbricati che lo compongono sono realtà ben distinte, pur se parallele. Per questo motivo è opportuno che, al di là degli eventuali regolamenti già esistenti nei singoli fabbricati, l’assemblea plenaria approvi un regolamento ad hoc per le parti “supercondominiali”. Allo stesso modo è necessario nominare un amministratore del supercondominio per la gestione dei beni comuni ai vari condomini del complesso. La rappresentanza sostanziale e giudiziale del supercondominio spetta quindi al suo amministratore e non agli amministratori dei singoli edifici. «Un esempio tipico di supercondominio - spiega l’avvocato Peroni - è quello di un complesso immobiliare costituito da 4 fabbricati indipendenti e da 3 villette, i quali hanno in comune un giardino e la centrale termica. In un contesto come quello descritto, ci si può trovare di fronte a due diverse situazioni. 1) Il costruttore, o i primi condòmini, hanno costituito 4 condomini corrispondenti ai 4 fabbricati e un supercondominio. Prima della riforma venivano convocate 4 assemblee per i singoli corpi e un’assemblea per il supercondominio. A mio avviso nulla vieta che l’amministratore del supercondominio ricopra il ruolo di amministratore nei singoli fabbricati.

L'articolo 1117 bis dice che le disposizioni che disciplinano il condominio si applicano anche al supercondominio partecipanti complessivi sono più di sessanta, ogni condominio deve nominare il proprio rappresentante. La figura del rappresentante opera solo nel caso in cui la delibera tratti di manutenzione ordinaria o della nomina dell’amministratore; in queste specifiche ipotesi tale figura si sostituisce ai partecipanti che l’hanno nominato. L’amministratore si troverà pertanto di fronte alle seguenti ipotesi. Supercondominio avente fino a 60 partecipanti: dovranno essere sempre convocati tutti i condomini e non si dovrà procedere alla nomina dei rappresentanti.

Come bisogna gestire un supercondominio

La disciplina applicabile al supercondominio è molto complessa ed è fonte di diatribe in ambito condominiale. Ma cos’è, come si costituisce e cosa comporta farne parte cercheremo di capirlo con l’aiuto dell’avvocato Matteo Peroni

2) Il costruttore, o i primi condòmini, hanno costituito un unico condominio che comprende tutti i proprietari e che suddivide al suo interno le varie spe-

Il supercondominio è l’insieme di edifici che hanno in comune beni, impianti o servizi in un rapporto di accessorietà se in ragione dei principi del condominio parziale. Prima della riforma l’amministratore era solito convocare un’unica assemblea ove venivano affrontati tutti i problemi sia del supercondominio, che dei singoli fabbricati. Occorre quindi chiedersi cosa cambia a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 220/2012. Per la prima ipotesi valgono le indi-

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cazioni già date circa la gestione delle assemblee di supercondominio. Nella seconda ipotesi parte della dottrina sta sostenendo la necessità di far nominare in ogni edificio un rappresentante, gestendo quindi le assemblee secondo le medesime modalità di cui alla prima ipotesi. A mio avviso nelle tipologie di gestione del secondo tipo nulla cambia con l’avvento della riforma in quanto non siamo di fronte a più condomini (come richiesto dall’art. 67 disp. att.ve c.c.), ma a un unico condominio. Inoltre, ai sensi dell’art. 61 e 62 disp. att.ve c.c., i condòmini hanno sempre la possibilità di sciogliere il condominio costituendo edifici separati (rimarrà comunque fermo il supercondominio per i servizi comuni a tutti)». Sul punto, basti pensare alla pronuncia della Cassazione n. 8066/2005: “(…) Per i complessi immobiliari che comprendono più edifici, anche se “au-

tonomi”, è dunque rimesso all’autonomia privata se dare luogo alla formazione di un unico condominio, oppure di distinti condomini per ogni edificio, cui si affianca in tal caso un supercondominio”. Pensare diversamente potrebbe portare a delle “storture”: in un condominio di quattro scale con più di 60 condòmini bisognerebbe nominare un rappresentante per ogni scala. Per quanto riguarda l’assemblea di supercondominio, devono essere convocati tutti gli aventi diritto; proprio sulla base di tale principio la giurisprudenza costante ritiene nulle le clausole di regolamento che prevedano la partecipazione alle relative assemblee dei soli amministratori delle singole palazzine costituenti il supercondominio medesimo. Tale situazione è però variata a seguito delle modifiche apportate all’art. 67 disp. att.ve c.c. il quale ha previsto che quando i

Supercondominio avente più di 60 partecipanti. In questo caso dovremo distinguere due diverse situazioni a seconda del tipo di delibera: (a) Delibera inerente la gestione ordinaria e la nomina dell’amministratore condominiale: convocazione ai soli rappresentanti. (b) Delibera inerente la gestione straordinaria o comunque inerente materie diverse rispetto a quelle già elencate al punto (a): convocazione a tutti i condomini.

Nel caso in cui l’amministratore debba trattare sia delibere ordinarie che delibere straordinarie è opportuno convocare due distinte assemblee (anche una di seguito all’altra) essendo diversi i soggetti legittimati a votare. «Posto che la figura del rappresentante si sostituisce a quella dei condomini che compongono il suo fabbricato, spiega ancora l’avvocato Matteo Peroni - ritengo che i voti e i millesimi rappresentati siano quelli dell’intero condominio designante; l’assemblea si costituirà e delibererà secondo le maggioranze di legge e ogni rappresentante porterà tante ‘teste’ e tanti ‘millesimi’ quanti sono quelli del condominio che l’ha nominato». Al di là delle norme speciali contenute all’interno dell’art. 67 disp. att.ve c.c. non vi è alcuna differenza in ordine alla disciplina applicabile tra l’assemblea di condominio e quella di supercondominio. Ovviamente l’assemblea di supercondominio delibererà in ordine alle materie attinenti le parti supercondominiali, mentre alle assemblee dei singoli fabbricati è demandata la gestione relativa alle parti comuni ai singoli fabbricati. (di Giovanna Salerno)

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