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La città come epicentro di violenza e fallimenti nei film di Kitano Takeshi
by kotodama
Kitano Takeshi è uno dei registi giapponese degli anni 90 e 2000 più conosciuti all’estero, consolidando la sua fama internazionale con la vittoria di un Leone d’Oro alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 1997 con il film HANA-BI (Kitano, 1997). Regista, attore, sceneggiatore, montatore e produttore della maggior parte dei suoi film, Kitano si può definire come un vero auteur, termine francese che significa autore e viene utilizzato nel linguaggio cinematografico per indicare un regista i cui film presentano delle caratteristiche e uno stile riconoscibile e ricorrente. Nel caso di Kitano infatti, riferirsi a una qualsiasi delle sue opere come “un film di Kitano” ci dice più del film che stiamo per vedere rispetto a descriverlo come una commedia o un road-film o uno yakuza eiga.
Nonostante il suo alter ego (così da lui stesso definito) di Beat Takeshi, ovvero uno dei comici e attori più famosi del Giappone, si lasci intravedere nei suoi film in sporadici momenti umoristici e il perfetto tempismo comico del montaggio, i film di Kitano sono caratterizzati da un sottofondo di malinconia e una visione pessimistica della vita, simboleggiate dalla città. I suoi film sono caratterizzati da inquadrature di lunga durata, prive di montaggio (long-take), che rimangono su un soggetto o una scena più a lungo di quanto “dovrebbero” durante le quali la trama non procede e i personaggi sembrano non star facendo nulla di importante. Come la vita frenetica della città moderna e le onde del mare dove capiteranno molti dei suoi personaggi a un certo punto del film, i momenti di calma sono bruscamente disturbati da improvvisi scoppi di violenza e da un montaggio visibilmente più rapido. L’impatto emotivo e l’estetismo di questi film non è ottenuto con scene grandiose ma attraverso la semplicità delle riprese e il soffermarsi su momenti apparentemente insignificanti. Questi momenti di “dolce far niente”, di gioco e di catarsi, però, possono essere vissuti dai personaggi solo allontanandosi da Tokyo, ovvero dalla vita priva di legami della città moderna.
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La produzione di Kitano regista (e non di Beat Takeshi, il comico) degli anni 90 è composta soprattutto da yakuza eiga o film dove in qualche modo i personaggi sono parte della yakuza o in maniera più o meno centrale alla trama hanno degli scambi con essa. Come i film noir, i film gangster e i film sulla mafia, gli yakuza eiga di Kitano iniziano con la città come sfondo: Tokyo, la città moderna, è un posto solitario, un posto di crimine dove vivono i mafiosi e i criminali e dove questi si trovano come in un limbo, senza essere in grado di creare alcun vero legame con le altre persone e le cose che li circondano. La rappresentazione della città, nei film di Kitano, rispecchia la situazione della società giapponese moderna che il regista critica per aver perso la sua autenticità e i suoi vecchi valori, a favore della modernità e la tecnologia. Nei suoi film è evidente, infatti, la critica alla forzata mascolinità dell’uomo di città e la quasi totale assenza e inaffidabilità della tecnologia che, anche quando presente, spesso tradisce o non funziona come dovrebbe.
In San tai Yon ekkusu Jyūgatsu (Boiling Point, 1990), Sonatine (1993), HANA-BI e Kikujiro no Natsu (1999) inizialmente incontriamo i personaggi a Tokyo, ovvero in città, dove però non rimarranno a lungo. Alcuni poliziotti violenti e corrotti, altri membri della yakuza, ma nessuno di loro, in particolare quelli interpretati da Kitano, ha un vero e proprio scopo nella vita: vagano per la città rassegnati al fatto che l’unica via di fuga e di catarsi sia la morte. Questa visione pessimistica vede una leggera svolta a partire da Kids Return (1996), il primo film dopo un incidente in moto nel 1994 che quasi costò la vita a Kitano e lo lasciò con una parziale paralisi facciale e il tic all’occhio che diventerà il suo marchio. Nella sua filmografia post-incidente, infatti, questo pessimismo assoluto lascia spazio alla ricerca di una sorta di redenzione. I personaggi dei suddetti film riescono a ottenere catarsi e redenzione solo una volta lasciata Tokyo: a Okinawa nel caso di San tai Yon ekkusu Jyūgatsu e Sonatine e nella campagna giapponese in HANA-BI e Kikujiro no Natsu. Uscendo dalla città e avvicinandosi alla natura (soprattutto al mare), riescono a entrare in comunione con essa e ritornare bambini imparando di nuovo a giocare. La città è grigia e violenta, mentre al di fuori regnano il blu (lo stile di Kitano viene definito da molti critici come Kitano-Blue), la calma e il gioco. In questo limbo possono dimenticarsi della loro vita a Tokyo e il tempo si ferma. Lo spettatore e i personaggi sanno benissimo che si tratta solo di effimeri momenti di pace, ma allo stesso tempo sembra che possano durare in eterno. Lo stato d’animo che raggiungono sulla spiaggia gli permette di tornare a giocare come bambini e sembra simboleggiare il raggiungimento della pace dei sensi necessario per accedere al Nirvana buddhista. Questa purificazione/ redenzione che inizia sulla spiaggia può essere completata solo con il tanto sognato ricongiungimento a madre natura che, nella gran maggioranza di questi film, equivale alla morte. La morte per Kitano non ha quindi un significato puramente negativo, ma anche di rinascita e purificazione dalla vita violenta e priva di senso a cui la società e la città moderna ha portato i suoi personaggi.
Come ci dimostra però il personaggio di Kikujiro (Kitano Takeshi) in Kikujiro no Natsu, ci sono anche altri modi per ottenere questa comunione con la natura e redenzione e riuscire così a tornare alla vita in città da persona “rinata”. Kikujiro, allontanatosi da Tokyo, riesce a completare questo processo grazie all’incontro con altri personaggi, anch’essi estraniati dalla città moderna, e all’adempimento al ruolo di figura paterna per il piccolo Masao (Sekiguchi Yusuke). I personaggi di Kitano, incontratisi al di fuori della città dove sono isolati e sconnessi dal resto del mondo, si riconoscono come simili e riescono finalmente a formare delle connessioni che permettono loro di intraprendere due strade: raggiungere la pace dei sensi (morte) o tornare rinati e purificati nella città moderna e tentare nuovamente di rimanere bambini di fronte al caos e violenza che vi troveranno.