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Case perduteEditoriale
by kotodama
di Damiana De Gennaro
Il movimento Metabolista, un gruppo di architetti d’avanguardia formatosi in Giappone negli anni Sessanta, introduce una metafora biologica per definire la struttura urbana di Tokyo: il concetto di Metabolismo si lega alla metamorfosi o alla trasformazione, un processo di continuo cambiamento all’interno degli organismi.
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Ashihara Yoshinobu, in un saggio intitolato L’ordine nascosto, si riferisce alla metropoli nei termini di ameba toshi: la città ameba.
Come si legge ne La metropoli come natura artificiale (Edizioni Scientifiche Italiane, 1992), ciò non deve sorprendere, visto che, se è vero che gli edifici in cemento armato vanno sempre più aumentando, è anche vero che spesso, piuttosto che sostituire impianti elettrici e infrastrutture ormai vecchie, i giapponesi ritengono conveniente abbattere gli edifici e ricostruirli né più e né meno come fanno con quelli costruiti in legno.
La metafora biologica applicata alla città in continuo mutamento fa da sfondo a un racconto di Francesca Scotti, contenuto nella raccolta
Il tempo delle tartarughe (Hacca, 2022). La signora Nakano è la narrazione delicata e pungente del destino di una signora anziana residente a Tokyo. Da alcuni giorni davanti alla sua unica finestra che dà sulla strada è comparso un grosso cartello: rinnovano il quartiere e per farlo distruggeranno lo stabile.
Alla signora Nakano non rimane altra scelta se non quella di trasferirsi in un Centro con altri anziani, ma non ha alcuna intenzione di spostarsi dal proprio luogo di appartenenza. Come fare per restare quando, tuttavia, gli operai si presenteranno con le ruspe?
La signora Nakano risponde così: Ha presente i camaleonti? Ecco, è una cosa molto simile. Molti anziani scoprono di saperlo fare quando non c’è più posto per loro.
Fra gli appunti conservati nell’archivio a lei dedicato, Gae Aulenti annota: Qualunque oggetto dell’uomo non può eludere il suo rapporto con la città, luogo di rappresentazione della condizione umana; la sua analisi è quindi possibile solo se si può definire l’oggetto, forma discontinua dell’insieme: se si può dimostrare in che modo esso vi trovi il suo posto e la sua legge di apparizione. L’esistenza dell’oggetto si precisa nelle positive condizioni di un suo rapporto con la città.
Ogni ora da vivere è buona per parlare / o stare accucciato come un cauto animale / sul divano grigio, contro i doppi vetri, / dai linguaggi ambigui dei moti circondato / e da oscillanti visioni di edifici che mai crollano… / Ogni agone può bruciare tutta un’ora / può bruciare la lingua fin nelle radici. Così il poeta marchigiano Eugenio De Signoribus scrive nella raccolta di poesie intitolata Case Perdute (19761985).
Provare a cogliere la lingua bruciata fin nelle radici della città in continua metamorfosi è la sfida di questo numero di Kotodama.