Corte dei Conti 2022-Diritto,domanda e liquidazione della pensione Corte dei Conti Veneto Sez. giuri

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Corte dei Conti 2022-Diritto,domanda e liquidazione della pensione Corte dei Conti Veneto Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 10/06/2022) 20-07-2022, n. 241

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO in composizione monocratica nella persona del Consigliere Innocenza Zaffina, ai sensi dell'art. 151 del codice della giustizia contabile, di cui al D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174, in esito all'udienza in data 10 giugno 2022, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio iscritto al n. 31627 del registro di Segreteria promosso T.M. Omissis, rappresentato e difeso, giusta procura speciale congiunta telematicamente al ricorso rilasciata in data 22.09.2021, dall'avv. X X RICORRENTE avverso INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, - c.f.: (...)), con Sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Tagliente (c.f.: (...) - PEC: avv.aldo.tagliente@postacert.inps.gov.it), per procura alle liti a rogito del notaio P. C. di R. del (...) rep.n.(...) con domicilio eletto nel proprio ufficio di Avvocatura Regionale di Venezia, Dorsoduro 3500/D. RESISTENTE


LETTO il ricorso introduttivo; ESAMINATI gli atti e i documenti di causa; UDITI all'odierna udienza (tenutasi con l'assistenza della sig.ra N.N.) per il ricorrente l'avv. Anna Fucci su delega dell'avv. Dalla Pietra, e per l'INPS l'avv. Aldo Tagliente; Premesso in Svolgimento del processo 1. Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente - premesso di aver prestato servizio quale pubblico dipendente dapprima nell'OMISSIS (dall'1/12/1976 al 30/06/1978) e poi nel Comune di OMISSIS (dall'1/07/1978 fino al 30/09/2018) lamenta che il proprio trattamento pensionistico sia stato calcolato in misura errata, e impugna quindi l'atto di conferimento della pensione nonché il provvedimento INPS - Direzione OMISSIS comunicato con email del 09.09.2020, la disposizione INPS - sede OMISSIS n. 910000- 20-0084 del 08.10.2020 e la deliberazione INPS n. 113 del 24.06.2021. Dalla documentazione in atti emerge che il ricorrente è cessato dal servizio il 30/09/2018 e con determinazione Omissis del 5.10.2018 gli è stata conferita la pensione anticipata, liquidata ai sensi della L. n. 214 del 2011 a decorrere dal 01/10/2018 per un importo annuo di Euro 46.221,13. Con istanze del 15/04/2020 e del 01/09/2020, respinte da INPS con email 09/09/2020, e con ricorso amministrativo del 27/09/2020, respinto con Disp. del 8 ottobre 2020 e successivo ricorso amministrativo del 26/10/2020, respinto con deliberazione INPS 113/2021, chiedeva di non tenersi conto, ai fini del calcolo della pensione, di alcuni periodi retributivi e contributivi di importo più basso, successivi alla cessazione di un incarico dirigenziale conferitogli a tempo determinato dal comune di OMISSIS


e, con istanza del 23/03/2021 chiedeva l'applicazione dell'art. 3 comma 2 della L. n. 965 del 1965. Il ricorrente chiede, pertanto: 1) In via principale: - accertarsi e dichiararsi il proprio diritto al ricalcolo e/o ricostituzione delle quote A e/o B della pensione di vecchiaia, a far data dal 01.10.2018 ovvero dal 02.01.2020, previa esclusione dal computo della retribuzione pensionabile sia del periodo di retribuzione e contribuzione obbligatoria dal 01.06.2013 al 23.10.2016, sia del periodo di congedo straordinario dal 24.10.2016 al 30.09.2018 ex art. 42, c. 5, D.Lgs. n. 151 del 2001, nel quale veniva erogata l'indennità ai sensi del c. 5-ter del medesimo articolo; e ciò in applicazione analogica del principio giuridico della neutralizzazione dei periodi contributivi successivi al perfezionamento della soglia minima di anzianità contributiva prevista per legge, ove comportanti un trattamento pensionistico deteriore; - in subordine, nella denegata ipotesi in cui il Giudice ritenga non applicabile il principio di neutralizzazione alla quota A della pensione di vecchiaia, accertarsi e dichiararsi il diritto al ricalcolo e/o ricostituzione della quota A della pensione di vecchiaia, a far data dal 01.10.2018 ovvero dal 02.01.2020, applicando l'art. 3, c. 2, L. n. 965 del 1965; - in ogni caso, accertarsi e dichiararsi il diritto al ricalcolo e/o ricostituzione della quota A della pensione anticipata, a far data dal 01.10.2018, applicando il disposto dell'art. 3 comma 2 L. n. 965 del 1965; 2) In via subordinata rispetto alla domanda 1: - sollevarsi preliminarmente la questione sulla legittimità costituzionale: a) dell'art. 3 comma 1 lettere a) e b) L. n. 965 del 1965, in quanto viola gli artt. 3, 36 primo comma, 38 secondo


comma Cost., nella parte in cui non prevede, nell'ipotesi in cui un dipendente di un Comune, che abbia già maturato l'anzianità contributiva minima prescritta per il diritto alla pensione, percepisca alla data di cessazione del servizio una retribuzione annua e/o un'indennità da congedo straordinario ex art. 42 cc. 5 e 5-ter D.Lgs. n. 151 del 2001, di importo inferiore alla retribuzione precedentemente percepita, che la pensione liquidata non possa essere inferiore a quella cui avrebbe avuto diritto, escludendo i periodi di retribuzione e/o di congedo straordinario di importo inferiore non rilevanti per il conseguimento del requisito minimo di anzianità contributiva; b) dell'art. 7 c. 2 D.Lgs. n. 503 del 1982, in quanto viola gli artt. 3, 36 primo comma, 38 secondo comma Cost., nella parte in cui non prevede, nell'ipotesi in cui un dipendente di un Comune, che abbia già maturato l'anzianità contributiva minima prescritta per il diritto alla pensione, percepisca, negli ultimi dieci anni di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione, periodi di retribuzione e/o di indennità da congedo straordinario ex art. 42 commi 5 e 5-ter D.Lgs. n. 151 del 2001, di importi inferiori alla retribuzione precedentemente percepita, che la pensione liquidata non possa essere inferiore a quella cui avrebbe avuto diritto, escludendo i predetti periodi di retribuzione e/o di congedo straordinario di importo inferiore, non rilevanti per il conseguimento del requisito minimo di anzianità contributiva; - sospendersi il presente giudizio sino all'esito della decisione della predetta questione di legittimità costituzionale; - all'esito della predetta decisione, accogliersi le domande svolte sub 1);


3) In ogni caso e per l'effetto: - disapplicarsi e/o annullarsi e/o modificarsi e/o revocarsi, parzialmente e/o totalmente, il provvedimento di conferimento della pensione anticipata (ex anzianità), poi divenuta di vecchiaia, n. 70341665, emesso con atto Omissis dall'Inps, Gestione Dipendenti Pubblici, Cassa Pensione Dipendenti Enti Locali, Direzione Provinciale OMISSIS; disapplicarsi inoltre e/o annullarsi e/o modificarsi e/o revocarsi, parzialmente e/o totalmente, il provvedimento dell'Inps, Direzione OMISSIS, emesso con email del 09.09.2020; la disposizione emessa in autotutela dall'Inps, sede di OMISSIS, n. 910000- 20-0084 del 08/10/2020; la deliberazione n. 113 emessa nella seduta del 24.06.2021 adottata dall'Inps, Comitato di Vigilanza per le prestazioni previdenziali ai dipendenti degli Enti Locali, in quanto asseritamente adottati in violazione del diritto alla neutralizzazione dei periodi contributivi successivi alla maturazione della soglia minima di anzianità contributiva prescritta per legge, determinanti un detrimento del trattamento pensionistico e/o violano l'art. 3 comma 2 L. n. 965 del 1965, per tutti i motivi esposti in narrativa; - dichiararsi tenuto e condannarsi l'Inps a ricostituire, sin dal 01.10.2018 ovvero dal 02.01.2020, le quote A e B della propria pensione di vecchiaia e/o la quota A della pensione anticipata, previa neutralizzazione dei periodi contributivi dal 01.06.2013 al 23.10.2016 e dal 24.10.2016 al 30.09.2018 e/o ricalcolo della quota A ai sensi dell'art. 3 comma 2 L. n. 965 del 1965, per tutti i motivi esposti in narrativa; - dichiararsi tenuto e condannarsi l'Inps a corrispondergli, sin dal 01.10.2018 e/o dal 02.01.2020, a titolo di pensione di vecchiaia, una somma complessiva pari alla differenza tra la pensione di vecchiaia dovuta dalle predette date ad


oggi, in applicazione del principio di neutralizzazione e/o dell'art. 3 comma 2 L. n. 965 del 1965, e la pensione finora erogata al medesimo ricorrente; oltre rivalutazione ed interessi legali sui ratei di pensione arretrati dal dì del dovuto al saldo effettivo; - dichiararsi tenuto e condannarsi l'Inps a corrispondergli, dal 01.10.2018 al 01.01.2020, una somma complessiva pari alla differenza tra la pensione anticipata dovuta applicando l'art. 3 comma 2 L. n. 965 del 1965 alla quota A di pensione, e la pensione erogata al medesimo ricorrente; oltre rivalutazione ed interessi legali sui ratei di pensione arretrati dal dì del dovuto al saldo effettivo; - dichiararsi tenuto e condannarsi l'Inps a corrispondergli, anche per il futuro, la pensione di vecchiaia pari all'importo annuo lordo quantificato applicando alle quote A e B la regola della neutralizzazione dei periodi contributivi dal 01.06.2013 al 23.10.2016 e dal 24.10.2016 al 30.09.2018 e/o applicando alla quota A l'art. 3 comma 2 L. n. 965 del 1965; oltre rivalutazione ed interessi legali sui ratei di pensione arretrati dal dì del dovuto al saldo effettivo, detratti gli eventuali ratei di pensione nel frattempo corrisposti; 2. Con memoria del 24 maggio 2022, si costituiva in giudizio l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), chiedendo di dichiarare, in rito, l'inammissibilità del ricorso per intervenuta dOMISSISdenza ai sensi dell'art. 204 D.P.R. n. 1092 del 1973, e, nel merito, rigettarsi il ricorso poiché infondato, con spese di lite integralmente rifuse. In sintesi, il patrocinio dell'amministrazione resistente argomentava circa l'impossibilità di applicare in via analogica il c.d. principio di neutralizzazione dei periodi contributivi e sulla infondatezza della ipotizzata questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, c. 1 lettere a) e


b) della L. n. 965 del 1965, nonché dell'art. 7 c. 2 D.Lgs. n. 503 del 1982. Non sarebbe altresì applicabile l'art. 3, c. 2, L. n. 965 del 1965, norma che presuppone la cessazione del servizio e la successiva riammissione in servizio, per un periodo non superiore a cinque anni, influente per il diritto a pensione. Nel caso di specie, infatti, non risulterebbe la cessazione dal servizio del ricorrente al termine dell'incarico dirigenziale, e in ogni caso il periodo di lavoro svolto dopo la cessazione di tale incarico è superiore ai cinque anni. 3. All'odierna udienza pubblica, le parti richiamavano le difese in atti e le conclusioni ivi rassegnate. La causa è stata trattenuta in decisione. Considerato in Motivi della decisione I. In via preliminare, giova ricordare che il giudizio pensionistico, per quanto strutturato quale rimedio giurisdizionale di tipo impugnatorio, non ha mai ad oggetto la legittimità del provvedimento assunto dall'Amministrazione, bensì l'accertamento del diritto a pensione (impugnazione-merito), spingendosi il potere del giudice a sindacare il "rapporto" giuridico anziché il mero "atto". Naturale corollario di tale premessa è che i vizi afferenti a presunte violazioni procedimentali o provvedimentali non assumono una rilevanza piena ed autonoma ai fini della decisione della causa a meno che non incidano, direttamente o indirettamente, in ordine all'an o al quantum del diritto a pensione (artt. 13 e 62 del R.D. n. 1214 del 1934). Né il Giudice delle pensioni può modificare o disapplicare, sia pure incidenter tantum, gli atti amministrativi -seppure illegittimi - compresi quelli riguardanti la posizione di status del pubblico dipendente emanati dall'Amministrazione di appartenenza (C.d.c. Sez. III n.


446/2005; Sez. I n. 160/2008; Sez. I n. 127/2008; Sez. I n. 46/2008; Sez. I n. 341/2007; id. Sez. III n. 364/2004; id. Sez. Campania n. 724/2008; Sezioni Riunite, 14 settembre 1994, n. 101/Q.M.; 13 ottobre 1999, n. 26/Q.M. e 17 maggio 2000, n. 6/QM; Sez. II Centr. App. n. 190/2015 e n. 166/2014; Sez. III Centr. App, 14 maggio 2008, n. 167; in sede di legittimità, cfr. Cass., SS.UU., 8317/2010; n. 18076/2009 e n. 12722/2005). II. Sempre in via preliminare, questo Giudice deve disattendere l'eccezione sollevata dal patrocinio di INPS sull'intervenuta dOMISSISdenza del ricorso ai sensi dell'art. 204, D.P.R. n. 1092 del 1973. Ciò in quanto, come affermato da condivisibile giurisprudenza di questa Corte cui si rinvia per relationem ad integrazione della presente motivazione (ex multis, Sezione prima giurisdizionale centrale di appello, sentenza n. 349/2018), non trova applicazione nel caso in esame il combinato disposto degli artt. 204 e 205 del D.P.R. n. 1092 del 1973, "...per un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, la norma si riferisce esclusivamente all'ipotesi in cui l'interessato solleciti l'amministrazione all'esercizio del proprio potere di revocare o modificare d'ufficio un provvedimento di liquidazione di pensione. In tal caso, la norma prevede che la domanda dell'interessato sia sottoposta ad un termine di dOMISSISdenza triennale. Perciò, dalla lettera e dalla ratio della legge si evince chiaramente che la richiesta dell'interessato è sottoposta ad un termine di dOMISSISdenza solo nei confronti dell'amministrazione e non costituisce un presupposto processuale, per di più sottoposto ad un termine di dOMISSISdenza, per l'esercizio del proprio diritto a far valere innanzi al giudice contabile le proprie pretese pensionistiche nei confronti dell'amministrazione. Inoltre, la previsione in esame non


potrebbe, comunque, applicarsi al caso di specie, in quanto la dOMISSISdenza dell'interessato è prevista, in virtù del rinvio stabilito dal comma III del citato art. 205 alle lettere a) e b) dell'art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973, solo nel caso in cui si contesti un errore di fatto o di calcolo dell'amministrazione, mentre, nel caso di specie, si tratta di un presunto errore di diritto di quest'ultima". III. Ciò premesso, il ricorso all'odierno esame è innanzitutto volto al ricalcolo e/o ricostituzione delle quote A e/o B della pensione di vecchiaia, a far data dal 01.10.2018 ovvero dal 02.01.2020, previa esclusione dal computo della retribuzione pensionabile sia del periodo di retribuzione e contribuzione obbligatoria dal 01.06.2013 al 23.10.2016, sia del periodo di congedo straordinario dal 24.10.2016 al 30.09.2018 ex art. 42 comma 5 D.Lgs. n. 151 del 2001, nel quale veniva erogata l'indennità ai sensi del comma 5-ter del medesimo articolo; e ciò in applicazione analogica del principio della c.d. neutralizzazione dei periodi contributivi successivi al perfezionamento della soglia minima di anzianità contributiva prevista per legge, ove comportanti un trattamento pensionistico deteriore. In particolare, secondo parte ricorrente, l'istituto della neutralizzazione, ai fini del calcolo della pensione, di minori retribuzioni o contribuzioni percepite o versate durante l'ultimo quinquennio lavorativo, precedente la data di maturazione del diritto a pensione, costituirebbe principio affermato più volte dalla Corte costituzionale, al fine di preservare e non compromettere la misura della pensione, potenzialmente maturata e consolidatasi durante il periodo lavorativo. Tale principio sarebbe rinvenibile nelle sentenze richiamate nel ricorso (nn. 427/1997, n. 388/1995, n. 264/1994, n. 428/1992, n. 82/2017), relative in particolare all'art. 3, comma 8, L. n. 297 del 1982. Il medesimo principio sarebbe poi stato più


volte ribadito anche dalla Corte di Cassazione. Conseguentemente, il trattamento pensionistico del ricorrente avrebbe dovuto essere calcolato, "neutralizzando" sia il periodo di retribuzione e contribuzione obbligatoria dal 01.06.2013 al 23.10.2016, sia quello di congedo straordinario dal 24.10.2016 al 30.09.2018 ex art. 42 comma 5 D.Lgs. n. 151 del 2001. Il ricorso è infondato e va respinto. IV. Dagli atti di causa si evince che la pensione del ricorrente è stata liquidata tenendo conto della normativa prevista per i dipendenti pubblici iscritti alle casse degli Enti Locali (CPDEL), secondo cui, a far tempo dal 1 gennaio 1992, l'importo della pensione era la risultante di due quote: le cc.dd. quote "A" e "B". La prima, o quota "A", è computata con riguardo alla retribuzione spettante all'atto del collocamento a riposo e all'anzianità maturata al 31 dicembre 1992: è determinata applicando l'aliquota corrispondente all'anzianità maturata a quella data alla retribuzione goduta dal dipendente alla cessazione. La seconda, o quota "B", è liquidata sulla base della media delle retribuzioni, soggiacenti al principio di competenza, dei restanti anni di servizio, alla quale è applicata la differenza tra l'aliquota corrispondente all'anzianità totale e quella utilizzata per il calcolo della quota "A". Con la L. 8 agosto 1995, n. 335, il legislatore introduceva il metodo di computo contributivo, per gli iscritti a decorrere dal 1 gennaio 1996, prevedendo all'art.1, comma 13, un regime transitorio applicabile agli iscritti che alla data del 31 dicembre 1995 potevano vantare 18 anni di contribuzione, come il ricorrente, che fruivano del c.d. sistema retributivo in misura piena. Inoltre, con decorrenza 1 gennaio 1996, l'art. 2, comma 9, della L. n.


335 del 1995 ampliava per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche tutte (compresi, quindi, i dipendenti dei Comuni) la base contributiva e pensionabile estendendo alle pensioni amministrate dall'INPDAP, ora INPS, la disciplina prevista per il settore privato (art. 12, della L. 30 aprile 1969, n. 153 e s.m.i.), secondo la quale "...tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro..." doveva essere considerato in pensione. Aggiungeva, inoltre, l'art. 2, comma 11, della L. n. 335 del 1995, che l'allargamento della base pensionabile operava ai soli fini del calcolo della c.d. quota "B" di pensione, ossia di quella parte della pensione che teneva conto della media delle retribuzioni percepite dal lavoratore con riferimento ai periodi contributivi maturati dal 31 dicembre 1992. Tale norma, che avvantaggiava tutti quei prestatori in regime retributivo pieno consentiva, pertanto, la pensionabilità di tutto quanto il lavoratore riceveva dal datore di lavoro con decorrenza 1 gennaio 1996, con precisazione, per gli statali, che gli emolumenti di natura accessoria non erano computabili in quota "A" ma "B", a meno che non ne fosse riconosciuta la natura stipendiale, e, per il personale degli Enti locali, dell'applicazione dell'art. 15, della L. n. 1077 del 1959, prevedente la computabilità in quiescenza, quota "A", di tutti gli emolumenti aventi natura fissa, continuativa e corrispettiva. Dal 1 gennaio 2012, a tutti i lavoratori che pure godevano del sistema retributivo in misura piena viene applicato il sistema di calcolo contributivo sulla quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio 2012 (art. 24, c. 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 conv. in L. 22 dicembre 2011, n.


214), cosicché, come nel caso di specie, viene in considerazione una terza quota (C) per la determinazione del trattamento pensionistico. Ciò premesso, secondo quanto evincibile dalla documentazione esibita da INPS e non contestata da parte ricorrente, la prima e la seconda quota di pensione (A e B) sono state calcolate sulla base di quanto previsto dalla L. n. 965 del 1965 (art. 3, c. 1, lett. a e b) e, nel dettaglio: la I^ quota (A) sulla base dell'anzianità maturata al 31/12/92 e dell'ultimo stipendio percepito cui è stata applicata il corrispondente coefficiente di cui alla tabella A della L. n. 965 del 1965, la II^ quota (B) è stata liquidata sulla base della media delle retribuzioni (successive al 31.12.1992) alla quale è applicata la differenza tra il coefficiente corrispondente all'anzianità totale e quello utilizzato per il calcolo della quota A. Nel caso di specie, avendo il ricorrente maturato più di 15 anni di anzianità contributiva al 31/12/95, è stato applicato (per come prospettato da INPS) per il calcolo della quota B della pensione, il conteggio previsto del D.Lgs. n. 503 del 1992, che limita il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione agli ultimi dieci anni di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione, anziché dal 1993 (art. 7, c. 2, L. n. 503 del 1992). Infine, la III^ quota (C) è stata calcolata con il metodo contributivo, considerando come base il montante contributivo dal 1/01/2012 in poi e applicando quanto previsto dalla L. n. 335 del 1995 (tabella A). Dal 24.10.2016 al 30.09.2018 (data di cessazione dal servizio), il ricorrente ha usufruito di congedo straordinario, ai sensi dell'art. 42, c. 5, D.Lgs. n. 151 del 2001, cosicché ha trovato applicazione l'art. 42, comma 5ter, del D.Lgs. n. 151 del 2001 e s.m.i., secondo cui "Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a


percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di Euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità...". Il comma 5quinquies prevede poi che "Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 2, della L. 8 marzo 2000, n. 5". Le disposizioni applicabili al caso di specie per il calcolo del trattamento pensionistico non prevedono alcuna "neutralizzazione" dei periodi di congedo straordinario di cui sopra e/o dei periodi in cui si è percepita una retribuzione inferiore, nel quinquennio anteriore al pensionamento, tanto che parte ricorrente chiede, ove non si ritenesse di applicare in via analogica il principio di neutralizzazione, che venga sollevata una questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 c. 1 lettere a) e b), L. n. 965 del 1965, nonché dell'art. 7 c. 2 D.Lgs. n. 503 del 1982, per l'asserita violazione degli artt. 3, 36 primo comma, 38 secondo comma Cost. In relazione alla possibilità di applicazione in via analogica del principio di neutralizzazione, questo Giudice ritiene di richiamare il condivisibile orientamento di questa Corte secondo cui l'art. 3 della L. n. 297 del 1982, sulla cui legittimità si è


espressa la Corte costituzionale, al fine di consentire l'invocata neutralizzazione dei periodi contributivi, esula dall'ambito delle disposizioni applicabili alla fattispecie, trattandosi di norma deputata ad operare nel solo ambito dell'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'INPS, con la conseguenza che risulta infondata la pretesa di parte ricorrente al ricalcolo della propria pensione espungendo dalla relativa base di computo sia l'ultimo periodo di lavoro (dal 01.06.2013 al 23.10.2016), sia il periodo di congedo straordinario (dal 24.10.2016 al 30.09.2018), in applicazione dei predetti principi. E ciò, a fortiori, nel caso di specie laddove il calcolo della pensione non è stato effettuato, come nelle ipotesi prese in considerazione dalla Consulta (tra le altre, sent. nn. 264/1994, 307/1989), avendo riguardo alla somma delle retribuzioni percepite durante il rapporto di lavoro o corrispondenti a periodi riconosciuti figurativamente ovvero ad eventuale contribuzione, risultante dalle sole ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione, ma secondo il diverso (e più complesso) calcolo nel dettaglio in precedenza esposto (Corte dei conti Sez. I App., Sent., sent. n. 242/2018). Né appare pertinente il richiamo ai principi espressi dalla stessa Corte costituzionale con riferimento a fattispecie peculiari, differenti da quella all'esame, poiché la discrezionalità di cui gode il legislatore nella disciplina di situazioni differenti, incidenti su gestioni previdenziali diversi, impedisce di configurare la prospettata disparità di trattamento rispetto ai dipendenti del settore privato (nel medesimo senso, Sez. giurisdizionale per la Toscana, sent. n. 87/2020). Peraltro, nel prospettare la questione di legittimità costituzionale sull'art. dell'art. 7, c.2, D.Lgs. n. 503 del 1982, parte ricorrente intende estendere la neutralizzazione non già agli ultimi 5 anni antecedenti la


pensione, ma agli ultimi 10 anni (periodo che tale norma prende in considerazione quale base per il calcolo della media delle retribuzioni), con ciò ulteriormente evidenziandosi la differente disciplina previdenziale prevista per il caso di specie. L'intervento auspicato si ripercuoterebbe quindi sulla determinazione del periodo di riferimento della retribuzione pensionabile, che esprime una scelta eminentemente discrezionale del legislatore, volta a contemperare le esigenze di certezza con le ragioni di tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori. Peraltro, a fronte del richiamo alla giurisprudenza costituzionale, che ha interessato il meccanismo di calcolo della retribuzione pensionabile per i dipendenti iscritti all'A.G.O. nell'arco temporale indicato, parte ricorrente non illustra le ragioni a sostegno dell'estensione della "neutralizzazione" anche oltre il quinquennio. Questo Giudice osserva inoltre che il principio della neutralizzazione dei contributi ha trovato sinora applicazione, secondo la giurisprudenza costituzionale, in relazione all'art. 5, comma 1, della L. 2 agosto 1990, n. 233 e dell'art. 1, comma 18, della L. 8 agosto 1995, n. 335, per i lavoratori autonomi, oltre che in relazione all'art. 3 della L. n. 297 del 1982, per i lavoratori dipendenti iscritti all'A.G.O. (tra le altre, sentenza n. 822 del 1988, per i lavoratori prossimi alla pensione al momento dell'entrata in vigore della novella del 1982 o già pensionati; sentenza n. 307 del 1989, che fa riferimento ai contributi volontari versati dopo il conseguimento dell'anzianità assicurativa e contributiva utile al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia; sentenza n. 264 del 1994, che fa riferimento ai contributi obbligatori per attività lavorativa meno retribuita


nell'ultimo quinquennio; sentenza n. 388 del 1995, che fa riferimento alla contribuzione figurativa). In un quadro normativo caratterizzato dalla esistenza di diversificati regimi previdenziali, la Corte costituzionale ha più volte affermato che, pur in considerazione di un processo di convergenza dei rispettivi sistemi, la persistenza di "elementi di motivata diversità" (sentenza n. 148 del 2017) giustifica differenti regolazioni di aspetti e punti specifici e ciò anche in relazione alla disciplina previdenziale per le pensioni dei dipendenti iscritti alle casse di previdenza pubbliche, che continua a differenziarsi da quella prevista per i dipendenti privati iscritti all'A.G.O., anche (ma non solo) con riferimento ai requisiti anagrafici e alle modalità di calcolo delle quote utili a fini pensionistici (cit. sent. n. 148/2017). Nel caso di specie, ad avviso di questo Giudice, sussiste pertanto una giustificata diversità dei sistemi pensionistici del settore privato e del settore pubblico, tale da escludere la configurabilità della violazione dell'art. 3 Cost., alla luce dell'orientamento della Consulta, secondo cui la diversità delle situazioni e dei sistemi posti a confronto giustifica, in termini di ragionevolezza, la diversità delle discipline e, conseguentemente, esclude la violazione del principio di uguaglianza (ex plurimis, sentenza n. 146 del 2016). Pertanto, questo Giudice, non ritenendola fondata, ritiene di non promuovere la questione di legittimità costituzionale, nei termini prospettati da parte ricorrente. V. Quanto, infine, alla domanda in subordine prospettata nel ricorso, circa l'applicabilità, al caso di specie, dell'art. 3 comma 2 L. n. 965 del 1965, vanno svolte le seguenti considerazioni. Prevede il cit. art. 3 che: "Nei casi di cessazione dal servizio contemplati dall'articolo 1, il trattamento annuo diretto di quiescenza nella forma della pensione è costituito: a) dalla quota di pensione


determinata sulla parte a)della retribuzione annua contributiva riferita alla data di cessazione dal servizio e diminuita di L. 50.000 con l'applicazione dell'aliquota indicata nell'allegato A della presente legge in corrispondenza agli anni e mesi utili; b) dall'eventuale quota di pensione determinata sulle parti b) della retribuzione annua contributiva attribuite all'iscritto per ogni anno solare dell'intera carriera di servizio con l'applicazione delle norme in vigore alla data di pubblicazione della presente legge. Nel caso di periodo di continuazione di iscrizione o di reiscrizione non superiore a cinque anni influente per il conseguimento del diritto a pensione, qualora il dipendente abbia goduto, per la parte a) definita all'articolo 1, di retribuzione inferiore a quella goduta alla data della precedente cessazione dal servizio, la determinazione della quota di pensione di cui alla lettera a) del comma primo si effettua prendendo a base, in luogo della retribuzione riferita alla data della definitiva cessazione, quella media computata sul triennio di servizio terminante con la parte del periodo sui detto che abbia determinato il raggiungimento della anzianità minima richiesta per il diritto a pensione...". Alla luce di quanto sopra e ai limitati fini della valutazione delle modalità di determinazione del trattamento pensionistico in contestazione, va evidenziato che, al termine dell'incarico dirigenziale, non si è verificata una "precedente cessazione dal servizio" e che il medesimo incarico non ha comportato una vera e propria modifica dello status giuridico del dipendente, come peraltro emergente dall'estratto previdenziale e dagli atti di causa, ivi compresi i cedolini stipendiali esibiti dal ricorrente. L'incarico al ricorrente, già inquadrato nella qualifica di funzionario amministrativo alle dipendenze del Comune di


OMISSIS, è stato infatti attribuito dal Sindaco a tempo determinato (art. 110 Tuel, art. 19, c. 2, D.Lgs. n. 165 del 2001) da dicembre 2006 e riconfermato negli anni successivi sino al 31 maggio 2013 ed era caratterizzato dalla temporaneità. In particolare, come evidenziato da condivisibile orientamento giurisprudenziale, "la posizione di incaricato temporaneo di funzioni dirigenziali, anche se per un periodo di tempo protratto, non può essere equiparata a quella del dirigente, formalmente preposto ad un ufficio all'esito di una regolare procedura concorsuale". Infatti, "i funzionari destinatari di tale incarico continuano ad essere inquadrati nell'originaria area e profilo di appartenenza, di modo che, una volta revocata la reggenza, il funzionario, diversamente dal dirigente, torna a svolgere le mansioni proprie dell'area organica di appartenenza, senza poter rivendicare alcunché", con la conseguenza che "lo svolgimento delle funzioni provvisorie dirigenziali dà si diritto ad un trattamento economico più elevato", "ma mai potrebbe dare titolo ad un inquadramento giuridico automatico nel ruolo dirigenziale..." (Sezione giurisdizionale per la Calabria, sent. n. 124/2021 che richiama Sez. III Appello, sent. n. 421/2016). Pertanto, l'INPS ha (anche sotto tale profilo) correttamente proceduto al calcolo del trattamento pensionistico, non potendosi ritenere che, al termine dell'incarico dirigenziale, si siano verificate le condizioni per l'applicazione dell'art. 3, c. 2 L. n. 965 del 1965 che prevede appunto la "precedente" cessazione dal servizio seguita dalla iscrizione o reiscrizione non superiore a cinque anni influente per il conseguimento del diritto a pensione. In altri termini, nel caso di specie, non può ritenersi, in virtù del venir meno dell'incarico dirigenziale assegnato a tempo determinato, che si sia verificata la "precedente"


cessazione dal servizio al 31.05.2017 (data in cui è terminato l'incarico dirigenziale), essendo invece proseguito il "servizio" (senza soluzione di continuità) alle dipendenze del Comune di OMISSIS e avendo il ricorrente mantenuto lo status giuridico di funzionario amministrativo dalla data di assunzione fino alla cessazione dal servizio (avvenuta, come evincibile dagli stessi cedolini stipendiali e dall'estratto contributivo, solo in data 30/09/2018). Per le ragioni sopra esposte, l'operato dell'INPS, che si è attenuto alle disposizioni sopra esaminate (punti II. e III.), risulta immune da censure, e il ricorso va conseguentemente respinto. VI. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio, in relazione al principio di gratuità posto, per le cause previdenziali, dall'art. 10 della L. 11 agosto 1973, n. 533; principio al quale la giurisprudenza di questa Corte attribuisce carattere di generalità (ex multis, Corte dei conti, Sez. I d'App. sent. n. 76 del 10.2.2016). In considerazione di una giurisprudenza ancora non consolidata rispetto alle questioni dirimenti, si ritiene giustificabile l'integrale compensazione tra le parti (art. 31, c. 3, c.g.c.). P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale regionale per il Veneto, in composizione monocratica ai sensi dell'art. 151 c.g.c., disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso, nei termini di cui in motivazione. Nulla per le spese di giustizia. Spese di lite compensate. Per il deposito della sentenza è fissato il termine di 60 giorni. Manda alla Segreteria per le comunicazioni di rito.


In esecuzione di quanto disposto dal Giudice, ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, rOMISSISnte il "Codice in materia di protezione dei dati personali", in caso di diffusione dovranno essere omesse le generalità e tutti gli ulteriori elementi identificativi delle parti interessate. Il Funzionario Preposto f.to digitalmente Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 10 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2022.


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